SENTENZA N. 174
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 22, commi 1, lettera a), e 2, della legge della Regione Campania 29 luglio 1998, n. 10 (Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania), promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, nel giudizio di parificazione del rendiconto regionale per l’esercizio finanziario 2023, con ordinanza del 3 marzo 2025, iscritta al n. 53 del registro ordinanze 2025 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2025.
Visti l’atto di costituzione della Regione Campania, nonché l’atto di intervento del Procuratore generale della Corte dei conti;
udito nell’udienza pubblica del 21 ottobre 2025 il Giudice relatore Marco D’Alberti;
uditi il Vice procuratore generale della Corte dei conti Giulio Stolfi per il Procuratore generale della Corte dei conti e l’avvocato Almerina Bove per la Regione Campania;
deliberato nella camera di consiglio del 21 ottobre 2025.
Ritenuto in fatto
1.– La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, nel giudizio di parificazione del rendiconto regionale per l’esercizio finanziario 2023, con ordinanza del 3 marzo 2025, iscritta al n. 53 reg. ord. del 2025, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 22, commi 1, lettera a), e 2, della legge della Regione Campania 29 luglio 1998, n. 10 (Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania).
Tali disposizioni, nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 40, comma 1, lettera b), della legge della Regione Campania 30 dicembre 2024, n. 25 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione finanziario per il triennio 2025-2027 della Regione Campania - Legge di stabilità regionale per il 2025), dettavano norme sul finanziamento dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania (di seguito: ARPAC, o Agenzia) nei seguenti termini:
«1. Il finanziamento dell’A.R.P.A.C. avviene attraverso:
a) quota del fondo sanitario regionale da definirsi sulla base della spesa storica di personale e di attività delle funzioni trasferite all’A.R.P.A.C., di cui all’articolo 17 della presente legge, nonché delle attività previste dai piani di lavoro; […]
2. L’entità delle assegnazioni di cui alla lettera a), comma 1, viene determinata con la legge di approvazione del bilancio regionale o di sue variazioni».
Le questioni sono sollevate in riferimento agli artt. 3, 32, 81, 97, primo comma, 117, commi secondo, lettere e) e m), e terzo, nonché all’art. 119, primo comma, della Costituzione.
1.1.– Dopo avere affermato la legittimazione delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti a sollevare questioni di legittimità costituzionale nell’ambito del giudizio di parificazione del rendiconto delle regioni, richiamando la giurisprudenza costituzionale in materia, il rimettente osserva che nel caso di specie il requisito della rilevanza è strettamente connesso all’attuale conformazione del giudizio di parificazione, conseguente alla «rinnovata funzione» del bilancio pubblico.
A tale bilancio, con la riforma introdotta dalla legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale), sarebbe stata riconosciuta la natura di bene pubblico, funzionale a sintetizzare e rendere certe le scelte dell’ente territoriale, in ordine sia all’acquisizione delle entrate, sia alla individuazione degli interventi attuativi delle politiche pubbliche.
Dall’esigenza di verificare la correttezza e la sincerità del saldo del risultato di amministrazione deriverebbe la necessità che le scritture contabili rispondano a requisiti di chiarezza, veridicità e trasparenza, perché un risultato di amministrazione infedele pregiudicherebbe anche gli esercizi finanziari futuri.
Tale accertamento, pertanto, non potrebbe «non interessare incidentalmente la legittimità del titolo che ha generato la posta di spesa». Da qui la rilevanza delle questioni, perché se il rimettente procedesse alla parificazione del rendiconto applicando l’art. 22, commi 1, lettera a), e 2, della legge reg. Campania n. 10 del 1998 – che avrebbe consentito di impiegare in modo indistinto risorse del Fondo sanitario regionale, registrate sul capitolo di entrata E00166, per il finanziamento delle attività dell’ARPAC, in mancanza della definizione preventiva del fabbisogno esclusivamente collegato alle attività afferenti ai livelli essenziali di assistenza (LEA) – «finirebbe inammissibilmente per validare risultanze contabili […] derivanti dall’indebito impiego di risorse vincolate».
Ad avviso del giudice a quo, qualora le norme sospettate di illegittimità costituzionale fossero espunte dall’ordinamento, ne conseguirebbe «l’illegittimità delle spese concernenti il finanziamento dell’Agenzia nell’anno 2023 (registrate sul capitolo di spesa U07020)».
1.2.– Il rimettente passa poi a illustrare il quadro normativo di riferimento, richiamando innanzi tutto le disposizioni statali che, dopo il referendum abrogativo del 18 aprile 1993, hanno riorganizzato i controlli ambientali, tra le quali in particolare quelle del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496 (Disposizioni urgenti sulla riorganizzazione dei controlli ambientali e istituzione della Agenzia nazionale per la protezione dell’ambiente), convertito, con modificazioni, nella legge 21 gennaio 1994, n. 61, e della legge 28 giugno 2016, n. 132 (Istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente e disciplina dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale).
Da tale quadro normativo emergerebbe chiaramente che l’istituzione delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente ha comportato, in coerenza con le risultanze referendarie, il passaggio alle stesse delle sole competenze in materia ambientale già attribuite alle aziende sanitarie (ex unità sanitarie locali), «ma non anche delle funzioni relative alla prevenzione collettiva, rientranti nei LEA, che restano comunque affidate alle ASL sebbene le stesse debbano essere svolte in modo integrato con le agenzie competenti in materia ambientale».
La legge reg. Campania n. 10 del 1998, nell’istituire l’ARPAC, avrebbe trasferito alla medesima le funzioni in materia ambientale prima esercitate dalle strutture facenti capo alle ex unità sanitarie locali, senza tuttavia «alcuna precisa definizione delle funzioni “trasferite” né dei parametri per la definizione delle risorse da impiegare». Lo confermerebbe il testo dell’art. 17 della stessa legge regionale – richiamato dall’art. 22, comma 1, lettera a), oggetto di censura –, che non distingue «tra funzioni ambientali e funzioni sanitarie e nell’ambito di queste, quelle riferibili ai LEA».
Secondo il rimettente, pertanto, non sarebbe ragionevole che «l’84% del fabbisogno complessivo dell’Agenzia campana ammontante ad euro 58.056.710,00 – pari allo 0,53% del FSR [Fondo sanitario regionale] – sia soddisfatto attraverso il sistematico impiego delle risorse vincolate derivanti dal Fondo sanitario regionale in assenza della previa individuazione puntuale delle attività svolte dalla stessa Agenzia e riconducibili ai LEA».
Le funzioni esercitate dalle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, infatti, sarebbero solo in minima parte riconducibili a funzioni sanitarie, sicché il loro finanziamento dovrebbe mantenersi distinto da quello degli enti del settore sanitario, come ritenuto da questa Corte nella sentenza n. 172 del 2018.
1.3.– L’indifferenza della norma regionale censurata «verso un meccanismo di correlazione immediata e diretta tra il quantum del trasferimento e il fabbisogno per le attività rientranti nei LEA», insieme alla mancanza di un sistema di registrazione di contabilità analitica – al fine di rilevare esclusivamente i costi associati ai processi relativi alla tutela della salute stricto sensu intesa – aprirebbero «al rischio di un uso promiscuo di risorse ontologicamente funzionali alle prestazioni essenziali di assistenza, per finanziare anche attività che non vi rientrano». Rischio non arginabile, secondo il giudice a quo, dalla circostanza che l’art. 22, comma 1, della legge reg. Campania n. 10 del 1998 prevede, alle lettere c) e d), ulteriori fonti di finanziamento dell’ARPAC, «comunque molto marginali in termini quantitativi ed eventuali, come quelle collegate a specifiche convenzioni o incarichi assegnati all’Agenzia».
L’assenza di un meccanismo di correlazione, nei termini sopra esposti, emergerebbe anche dal contenuto del comma 2 dello stesso art. 22, che si limita ad affidare alla legge di approvazione del bilancio regionale, o di sue variazioni, la quantificazione delle risorse relative alla quota del Fondo sanitario indistinto. Né, peraltro, alcuna connessione fra tali risorse ed eventuali attività dell’ARPAC riconducibili ai LEA sarebbe rinvenibile nella legge della Regione Campania 29 dicembre 2022, n. 19 (Bilancio di previsione finanziario per il triennio 2023-2025 della Regione Campania), che ha approvato per il 2023 gli stanziamenti di spesa articolati in missioni e programmi, senza previsioni specifiche sui criteri di determinazione del trasferimento in favore dell’ARPAC.
In definitiva, dalla mancata previsione di un sicuro ancoraggio tra risorse vincolate del FSR e funzioni dell’Agenzia riconducibili ai LEA sarebbe «scaturito un meccanismo di finanziamento dell’ARPAC essenzialmente affidato al sistematico trasferimento di risorse del fondo sanitario regionale per sostenere indistintamente e genericamente le funzioni trasferite alla stessa Agenzia […], determinando un concreto sviamento dell’uso di risorse vincolate per legge a presidio del bene incomprimibile salute».
1.4.– Sulla base di tali considerazioni, sarebbe violato, innanzi tutto, l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
Al riguardo, il giudice a quo richiama la sentenza n. 1 del 2024, con la quale questa Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione di legge della Regione siciliana alla stregua della quale le spese per il funzionamento dell’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente potevano trovare copertura, in maniera indistinta, nel Fondo sanitario regionale. Questa Corte ha ritenuto che tale disposizione violasse la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione alla norma interposta rappresentata dall’art. 20 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42). Quest’ultima norma, infatti, richiede alle regioni di garantire, nell’ambito del bilancio, un’esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del Servizio sanitario regionale, stabilendo così le condizioni indefettibili nella individuazione e allocazione delle risorse inerenti ai livelli essenziali delle prestazioni, al fine di evitare opacità contabili e indebite distrazioni dei fondi destinati alla garanzia dei LEA.
Secondo il rimettente, anche l’art. 22, commi 1, lettera a), e 2, della legge reg. Campania n. 10 del 1998 violerebbe l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, benché «in via sopravvenuta, essendo il testo normativo antecedente non solo al d.lgs. n. 118/2011, ma anche alla riforma costituzionale del 2001».
Il rimettente non ritiene persuasive le contrarie argomentazioni difensive della Regione, secondo cui il finanziamento dell’ARPAC a valere sul Fondo sanitario regionale sarebbe in concreto sempre finalizzato a esigenze riconducibili ai LEA. Ciò, in quanto il possibile coinvolgimento dell’ARPAC nelle funzioni di «Prevenzione Collettiva e Sanità Pubblica», di cui all’Allegato 1 al d.P.C.m. 12 gennaio 2017 (Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502), non sarebbe «tale da pervadere tutto il lavoro dell’Agenzia, al punto da legittimare un indistinto finanziamento delle sue funzioni attraverso risorse vincolate ai LEA, comprendendo anche quelle attività non riferibili ai medesimi».
1.5.– Il giudice a quo prospetta anche la violazione, in relazione alla medesima norma interposta, dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., che riserva alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, tra i quali diritti rientra anche quello alla salute, «presidiato dall’art. 32 Cost.» e «da assicurarsi su tutto il territorio nazionale a garanzia dell’eguaglianza sostanziale dei cittadini (art. 3 Cost.)».
La destinazione a favore del funzionamento dell’ARPAC di risorse vincolate del perimetro sanitario sarebbe suscettibile di pregiudicare l’effettiva erogazione dei LEA, minando la stessa tutela del diritto alla salute e distraendo ad altri fini risorse destinate alla sua garanzia, con conseguente lesione anche dei citati artt. 32 e 3 Cost.
1.6.– Sarebbero violati, inoltre, gli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., posti a garanzia dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità della spesa, a causa dell’ampliamento della capacità di spesa ordinaria derivanti dall’aver destinato risorse riservate ai LEA a finalità estranee al perimetro sanitario, che la Regione avrebbe dovuto soddisfare attraverso risorse ordinarie di bilancio.
1.7.– Le censurate disposizioni regionali contrasterebbero altresì con il principio di coordinamento della finanza pubblica, per essere la Regione Campania sottoposta ai vincoli del piano di rientro dal disavanzo sanitario. Sarebbe violata, pertanto, la competenza legislativa concorrente dello Stato di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.
Il rimettente richiama, al riguardo, la costante giurisprudenza costituzionale secondo cui le regioni in piano di rientro dai disavanzi sanitari non possono erogare livelli ulteriori di assistenza rispetto a quelli previsti dalla normativa statale e, nel caso di violazione del predetto divieto, sono tenute a rimuovere i provvedimenti anche legislativi e a non adottarne di nuovi che siano di ostacolo alla piena attuazione del piano di rientro (sono citate le sentenze n. 20 del 2023, n. 14 del 2017, n. 266 del 2016 e n. 278 del 2014).
1.8.– Non sarebbe possibile, infine, fornire una interpretazione costituzionalmente orientata della disposizione censurata, dato il suo chiaro tenore letterale. In essa mancherebbe una previsione che subordini con certezza la misura del trasferimento, da un lato, a una preventiva attività di programmazione delle prestazioni dell’Agenzia riconducibili ai LEA e, d’altro lato, a una successiva rendicontazione dell’effettivo impiego delle risorse destinate all’erogazione di servizi sanitari, fondata su criteri di rilevazione analitica dei fatti di gestione.
2.– Con atto depositato il 10 aprile 2025 si è costituita in giudizio la Regione Campania, chiedendo che le questioni siano dichiarate inammissibili o non fondate.
3.– Con atto depositato il 16 aprile 2025 è intervenuto in giudizio il Procuratore generale della Corte dei conti.
A sostegno dell’ammissibilità della propria partecipazione al giudizio, il PM contabile rammenta il diritto degli organi dello Stato e delle regioni a intervenire nei procedimenti innanzi a questa Corte (art. 20, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, recante «Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale»), secondo la disciplina contenuta nell’art. 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
L’interveniente richiama le pronunce di questa Corte nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti, che hanno affermato l’ammissibilità dell’intervento del Procuratore generale della Corte dei conti (sentenze n. 184 e n. 90 del 2022), e rileva che l’esito del giudizio di legittimità costituzionale sarebbe suscettibile di incidere sul potere del PM contabile di agire in giudizio per la tutela degli interessi dell’intera collettività alla corretta gestione delle risorse pubbliche e, in particolare, sul potere di impugnare la decisione di parificazione del rendiconto generale regionale.
Osserva, altresì, che nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale instaurato nell’ambito delle attribuzioni di controllo della magistratura contabile – come nel caso della parificazione del rendiconto generale della regione, dove non vi sono parti in senso processuale, in assenza di un “giudizio” in senso tecnico – l’ingresso del Procuratore generale della Corte dei conti potrebbe essere validamente riconosciuto come espressione di un interesse diretto e qualificato rispetto alla questione di legittimità costituzionale, tendente a una esplicazione piena del diritto di difesa.
Richiama, infine, la sentenza 19 settembre 2024, n. 34, della Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale, dalla quale si evincerebbe che il ruolo del PM contabile nel giudizio di parifica è un ruolo di garanzia nell’esclusivo interesse dell’ordinamento, senza che gli possa essere attribuito in alcun modo un profilo giurisdizionale.
Nel merito, l’interveniente condivide le considerazioni svolte nell’ordinanza di rimessione.
4.– Il 30 settembre 2025 la Regione Campania ha depositato una memoria, in cui ha esposto le ragioni delle conclusioni formulate nell’atto di costituzione in giudizio.
4.1.– Secondo la Regione, come da essa sostenuto nelle controdeduzioni difensive svolte nella fase istruttoria del giudizio di parificazione a quo, le attività riconducibili a funzioni stricto sensu sanitarie non costituirebbero una minima parte delle complessive attività svolte dall’ARPAC. Al contrario, il finanziamento posto a carico del Fondo sanitario regionale non avrebbe nemmeno coperto per intero i costi sostenuti dall’Agenzia per le attività istituzionali afferenti ai LEA, sicché non sarebbe irragionevole, come ha invece ritenuto il rimettente, che circa l’84 per cento delle risorse dell’ARPAC provengano dal Fondo sanitario destinato per legge a finanziare i LEA.
D’altra parte, lo stesso rimettente non negherebbe che l’ARPAC possa svolgere anche attività afferenti ai LEA, imperniando tutte le censure sul mero «rischio di un uso promiscuo di risorse ontologicamente funzionali alle prestazioni essenziali di assistenza». Da ciò deriverebbe l’inammissibilità per irrilevanza, prim’ancora che la non fondatezza, delle sollevate questioni.
4.2.– A sostegno di tali difese, la Regione richiama la recente sentenza delle Sezioni riunite, in sede giurisdizionale in speciale composizione, della Corte dei conti 1° agosto 2025, n. 12, che ha riformato la decisione di mancata parifica del rendiconto generale del Molise per l’esercizio finanziario 2022, nella parte relativa al finanziamento dell’agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. Di tale sentenza è richiamato, in particolare, il rilievo secondo cui «[l]a circostanza che una parte delle attività delle Agenzie di protezione ambientale sia correlata ai LEA, non è una “tesi”, ma deriva direttamente dalla legge», in quanto «tra le attività istituzionali delle Agenzie rientrano […] anche le attività (LEPTA) correlate ai LEA», come si desumerebbe dagli artt. 7 e 9 della legge n. 132 del 2016, istitutiva del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente, e dal citato Allegato 1 al d.P.C.m. 12 gennaio 2017, che tratta, come visto, di «Prevenzione Collettiva e Sanità Pubblica», includendovi le attività e le prestazioni volte a tutelare la salute e la sicurezza della comunità da rischi infettivi, ambientali e legati alle condizioni di lavoro.
Considerato in diritto
1.– La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, nel giudizio di parificazione del rendiconto regionale per l’esercizio finanziario 2023, con l’ordinanza indicata in epigrafe (reg. ord. n. 53 del 2025), dubita della legittimità costituzionale dell’art. 22, commi 1, lettera a), e 2, della legge reg. Campania n. 10 del 1998, in riferimento agli artt. 3, 32, 81, 97, primo comma, 117, commi secondo, lettere e) e m), e terzo, nonché all’art. 119, primo comma, Cost.
Secondo il rimettente, tali disposizioni, che dettano norme sul finanziamento dell’ARPAC, avrebbero consentito il trasferimento indistinto di risorse del Fondo sanitario regionale per finanziare genericamente tutti i compiti assegnati all’ARPAC, nella misura determinata, per l’esercizio finanziario 2023, dagli stanziamenti di bilancio approvati con la legge reg. Campania n. 19 del 2022.
Per questa ragione, sussisterebbe la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione alla norma interposta di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, «in via sopravvenuta, essendo il testo normativo antecedente non solo al d.lgs. n. 118/2011, ma anche alla riforma costituzionale del 2001».
Il rimettente, richiamata la sentenza di questa Corte n. 1 del 2024, sostiene che le disposizioni censurate altererebbero la struttura del perimetro sanitario prescritto dal citato art. 20, che impone un’esatta individuazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del Servizio sanitario regionale, vanificando così gli obiettivi di armonizzazione contabile che la disposizione normativa statale persegue.
Il giudice a quo prospetta anche la violazione, in relazione alla medesima norma interposta, dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., che riserva allo Stato la competenza legislativa sulla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, in quanto la destinazione a generico favore del funzionamento dell’ARPAC di risorse del perimetro sanitario sarebbe suscettibile di pregiudicare l’effettiva erogazione dei LEA, minando la stessa tutela del diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost., da assicurare su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’art. 3 Cost.
Si sarebbe anche concretizzata la lesione degli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost., posti a garanzia dell’equilibrio di bilancio e della sostenibilità della spesa, a causa dell’ampliamento della capacità di spesa ordinaria derivante dall’aver destinato risorse riservate ai LEA a finalità estranee al perimetro, che la Regione avrebbe dovuto soddisfare attraverso risorse ordinarie di bilancio.
Infine, sarebbe violato l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto la Regione Campania, sottoposta ai vincoli del piano di rientro dal disavanzo sanitario, utilizzerebbe risorse strettamente correlate ai LEA anche per attività “extra LEA”, determinando l’assunzione di oneri aggiuntivi, in contrasto con gli obiettivi di risanamento del piano di rientro e violando quindi l’obbligo di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica.
2.– In via preliminare, va ribadita l’inammissibilità dell’intervento spiegato nel presente giudizio dal Procuratore generale della Corte dei conti, per le ragioni indicate nell’ordinanza letta all’udienza del 21 ottobre 2025, allegata alla presente sentenza.
3.– Sempre in via preliminare, va rilevato che l’art. 40, comma 1, lettera b), della legge reg. Campania n. 25 del 2024 ha sostituito la lettera a) del comma 1 dell’art. 22 della legge reg. Campania n. 10 del 1998 con la seguente: «a) quota del Fondo sanitario regionale determinata annualmente sulla base delle attività e dei costi riferibili, direttamente e indirettamente, alla prevenzione e al controllo dei rischi sanitari correlati all’erogazione dei LEA in coerenza con le previsioni del programma di attività di cui al comma 1-bis dell’articolo 6. L’Agenzia, entro il 28 febbraio di ciascun anno, rendiconta analiticamente l’impiego delle risorse a valere sulla quota assegnata, sottoponendone le risultanze alla verifica della cabina di regia di cui al comma 1-bis dell’articolo 6».
Con tale modifica normativa, entrata in vigore il 1° gennaio 2025, si è introdotto un meccanismo di finanziamento dell’ARPAC che stabilisce, nei sensi auspicati dal rimettente, una correlazione tra la quota del Fondo sanitario regionale destinata annualmente al finanziamento di tale Agenzia e l’erogazione, da parte della stessa, di servizi afferenti ai LEA.
La novella, tuttavia, non influisce sulla rilevanza delle questioni.
Da un lato, è inequivoco che il rimettente abbia censurato l’art. 22, comma 1, lettera a), nel testo antecedente alla citata modifica, secondo cui il finanziamento dell’Agenzia avveniva attraverso una «quota del fondo sanitario regionale da definirsi sulla base della spesa storica di personale e di attività delle funzioni trasferite all’A.R.P.A.C., di cui all’articolo 17 della presente legge, nonché delle attività previste dai piani di lavoro».
D’altro lato, per la corretta determinazione del risultato di amministrazione dell’esercizio finanziario 2023, cui si riferisce il giudizio di parificazione a quo, vengono in rilievo le previsioni vigenti pro tempore, tra le quali rientra la disposizione regionale nella formulazione oggetto di censura da parte del rimettente (in senso analogo, sentenza n. 1 del 2024, che richiama la sentenza n. 233 del 2022).
Va precisato che la descritta modifica normativa non influisce neppure sulla rilevanza delle questioni concernenti il comma 2 dello stesso art. 22, alla stregua del quale «[l]’entità delle assegnazioni di cui alla lettera a), comma 1, viene determinata con la legge di approvazione del bilancio regionale o di sue variazioni».
Nonostante la natura mobile del rinvio alla lettera a) del comma 1 dell’art. 22 previsto nel comma 2 dello stesso articolo, in mancanza di elementi espressi o taciti che inducano a qualificarlo come rinvio fisso, la modifica della norma richiamata non viene in rilievo nel giudizio di parificazione a quo, per le ragioni sopra esposte. In tale giudizio, dunque, il medesimo comma 2 è applicabile ratione temporis nella parte in cui rinviava alla lettera a) del comma 1 nel testo antecedente alla modifica apportata dal citato art. 40, comma 1, lettera b), della legge reg. Campania n. 25 del 2024.
4.– Sempre in via preliminare, infine, la Regione Campania ha eccepito l’inammissibilità delle questioni, per difetto di rilevanza, in quanto lo stesso rimettente non negherebbe che l’ARPAC possa svolgere anche attività afferenti ai LEA, imperniando tutte le censure sul mero «rischio di un uso promiscuo di risorse ontologicamente funzionali alle prestazioni essenziali di assistenza».
Il rimettente avrebbe errato nel ritenere che le attività riconducibili ai LEA costituiscano una minima parte delle complessive attività svolte dall’ARPAC, come dimostrerebbe il fatto che i costi sostenuti da quest’ultima per i LEA non sono interamente coperti dalla quota del Fondo sanitario regionale ad essa destinata. Di conseguenza, il medesimo rimettente avrebbe errato nel considerare irragionevole il fatto che l’84 per cento circa delle risorse dell’ARPAC per l’anno 2023 provenga dal fondo sanitario vincolato a finanziare i LEA.
L’eccezione è infondata.
Secondo la costante giurisprudenza costituzionale, ai fini dell’ammissibilità delle questioni è sufficiente che la norma censurata sia applicabile nel giudizio a quo e che la pronuncia di accoglimento possa influire quantomeno sul percorso argomentativo che sostiene la decisione del processo principale. Il giudizio sulla rilevanza, quindi, è riservato al rimettente e, rispetto a esso, questa Corte effettua un controllo meramente esterno, limitato ad accertare che la motivazione non sia implausibile, non sia palesemente erronea e non sia contraddittoria, senza spingersi fino a un esame autonomo degli elementi che hanno portato il giudice a quo a determinate conclusioni, potendo sindacare tale valutazione solo se essa, a prima vista, appaia assolutamente priva di fondamento (tra le tante, sentenze n. 129 del 2025, n. 164, n. 160 e n. 139 del 2023).
Il rimettente ha esposto con chiarezza le ragioni che rendono necessaria l’applicazione, nel giudizio di parifica a quo, della disposizione regionale censurata, costituente il titolo legislativo che ha generato la spesa relativa al funzionamento dell’ARPAC. Inoltre, sulla scorta di una completa ricostruzione del quadro normativo di riferimento, ha interpretato tale disposizione nel senso che essa consente di destinare una quota del Fondo sanitario regionale al finanziamento indistinto e generico di tutti i compiti assegnati dalla stessa legislazione regionale all’Agenzia, compiti che solo in minima parte consistono nell’erogazione dei LEA. In base a queste premesse, e a seguito di un approfondito contraddittorio svoltosi in fase istruttoria (sull’importanza di una accurata istruttoria in sede di giudizio di parifica sul finanziamento delle agenzie regionali per la protezione dell’ambiente, si veda Corte dei conti, sez. riun., n. 12 del 2025), il rimettente ha poi ritenuto irragionevole concludere, come sostenuto dalla Regione, che l’intera quota del Fondo sanitario regionale trasferita all’ARPAC, pari all’84 per cento circa del finanziamento totale, fosse connessa ai LEA, stante l’assenza di un meccanismo legislativo in grado di assicurare tale correlazione.
In questo complessivo quadro motivazionale, il riferimento al «rischio di un uso promiscuo di risorse ontologicamente funzionali alle prestazioni essenziali di assistenza» non rivela un difetto di motivazione sulla rilevanza, come eccepito dalla Regione, bensì evidenzia gli effetti “patologici” consentiti dalla disposizione censurata.
In assenza di implausibilità, palese erroneità e contraddittorietà della motivazione, eventuali difetti o lacune dell’accertamento compiuto dal rimettente, all’esito dell’istruttoria svolta, non riguarderebbero la rilevanza delle questioni, ma il merito dello stesso giudizio a quo, che è sottratto al sindacato di questa Corte.
5.– Nel merito, la questione sollevata in riferimento alla competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, in relazione alla norma interposta sul perimetro sanitario di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, è fondata.
6.– Vanno richiamate, al riguardo, le considerazioni già svolte da questa Corte nella sentenza n. 1 del 2024 – e confermate dalla recente sentenza n. 150 del 2025, che ha definito una questione analoga, avente per oggetto disposizioni legislative della Regione Umbria – riguardanti la norma interposta di cui all’art. 20, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011. Essa richiede alle regioni di garantire, nell’ambito del bilancio, «un’esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale», al dichiarato fine di consentire la confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie iscritte nel bilancio regionale e le risorse indicate negli atti di programmazione finanziaria sanitaria. Per conseguire tale obiettivo, nello stesso comma 1 si prevede l’adozione di un’articolazione di capitoli di bilancio che consenta di garantire «separata evidenza» delle grandezze ivi tipizzate, la prima delle quali, nella sezione A) «[e]ntrate» (lettera a), indica il «finanziamento sanitario ordinario corrente quale derivante» dalle richiamate fonti di programmazione, cui corrisponde, alla lettera a) della sezione B) «[s]pesa», la «spesa sanitaria corrente per il finanziamento dei LEA [...]». Per il perimetro sanitario così portato ad evidenza, sono poi fissate specifiche regole contabili che, come precisa il successivo comma 2, sono volte a «garantire effettività al finanziamento dei livelli di assistenza sanitaria».
La più volte citata sentenza n. 1 del 2024 ha, quindi, affermato che la disposizione della Regione siciliana in quell’occasione censurata, riguardante il meccanismo di funzionamento della locale agenzia per la protezione dell’ambiente, «nel prevedere che tutte le spese per il funzionamento dell’Agenzia potessero trovare copertura, in maniera indistinta, nel Fondo sanitario regionale, si pone in contrasto con la norma interposta di cui al menzionato art. 20, poiché, nel testo vigente ratione temporis, assegnava risorse all’ARPA in maniera indiscriminata, senza distinguere tra quelle necessarie a garantire le prestazioni afferenti ai LEA e quelle destinate a prestazioni dell’Agenzia di natura non sanitaria, come tali non finanziabili attraverso il Fondo sanitario regionale».
Questa Corte ha aggiunto che «l’assegnazione all’ARPA di funzioni non riferibili esclusivamente alla protezione dell’ambiente e riguardanti anche l’ambito sanitario non può giustificare il mancato rispetto della citata disciplina statale sul “perimetro sanitario”, che impone di individuare puntualmente le risorse destinate a garantire i LEA, a pena di violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici».
7.– Tornando al presente giudizio, anche l’art. 22 della legge reg. Campania n. 10 del 1998 prevede, alla lettera a) del comma 1, nel testo applicabile ratione temporis, una assegnazione indiscriminata di risorse all’ARPAC, senza distinguere tra quelle sanitarie – e, al loro interno, quelle necessarie a garantire le prestazioni afferenti ai LEA – e quelle destinate a prestazioni dell’Agenzia di natura non sanitaria, come tali non finanziabili attraverso il Fondo sanitario regionale.
Inoltre, il comma 2 del medesimo art. 22 stabilisce, nel rinviare alla lettera a) del comma 1 sempre nel testo applicabile ratione temporis, come determinare annualmente l’entità della quota del Fondo sanitario regionale destinata a finanziare in modo indistinto e generico tutti i compiti assegnati all’Agenzia.
Dunque, le disposizioni censurate, prevedendo che tutte le spese per il funzionamento dell’Agenzia possano trovare copertura, in maniera indistinta, nel Fondo sanitario regionale, senza differenziare le attività sanitarie da quelle ad esse estranee, e stabilendo altresì che l’ammontare di tali indiscriminate assegnazioni di risorse sia determinato con la legge di approvazione del bilancio regionale o di sue variazioni, hanno violato la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, avuto riguardo all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011.
Ne consegue la fondatezza della questione sollevata dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.
8.– Deve, pertanto, essere dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 1, lettera a), della legge reg. Campania n. 10 del 1998, nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 40, comma 1, lettera b), della legge reg. Campania n. 25 del 2024.
Deve essere dichiarata altresì l’illegittimità costituzionale del comma 2 dello stesso art. 22, nella parte in cui rinviava alla lettera a) del comma 1 del medesimo articolo nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 40, comma 1, lettera b), della legge reg. Campania n. 25 del 2024.
Restano assorbite le ulteriori questioni sollevate in riferimento agli artt. 3, 32, 81, 97, primo comma, 117, commi secondo, lettera m), e terzo, nonché all’art. 119, primo comma, Cost.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 1, lettera a), della legge della Regione Campania 29 luglio 1998, n. 10 (Istituzione dell’Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania), nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 40, comma 1, lettera b), della legge della Regione Campania 30 dicembre 2024, n. 25 (Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione finanziario per il triennio 2025-2027 della Regione Campania - Legge di stabilità regionale per il 2025);
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 22, comma 2, della legge reg. Campania n. 10 del 1998, nella parte in cui rinviava alla lettera a) del comma 1 dello stesso art. 22 nel testo antecedente alle modifiche apportate dall’art. 40, comma 1, lettera b), della legge reg. Campania n. 25 del 2024.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 ottobre 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Marco D’ALBERTI, Redattore
Igor DI BERNARDINI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2025
Il Cancelliere
Igor DI BERNARDINI
Allegato:
Ordinanza letta all'udienza del 21 ottobre 2025
ORDINANZA
Rilevato che nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 22, commi 1, lettera a), e 2, della legge della Regione Campania 29 luglio 1998, n. 10 (Istituzione dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Campania), sollevato dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, con ordinanza del 3 marzo 2025, iscritta al n. 53 del registro ordinanze 2025 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell'anno 2025, il Procuratore generale della Corte dei conti, nella asserita qualità di titolare di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio, ha chiesto di intervenire con atto depositato il 16 aprile 2025.
Considerato che, per costante giurisprudenza di questa Corte, sono ammessi a intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale (artt. 3 e 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale) i soli soggetti parti del giudizio a quo, oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (tra le molte, sentenze n. 59 e n. 39 del 2024, quest'ultima con allegata ordinanza letta all'udienza pubblica del 24 gennaio 2024; n. 206 del 2019, con allegata ordinanza letta all'udienza pubblica del 4 giugno 2019, e n. 173 del 2019, con allegata ordinanza letta all'udienza pubblica del 18 giugno 2019);
che nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale l'intervento di soggetti estranei al giudizio principale (art. 4, comma 3, delle Norme integrative) è ammissibile soltanto per i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (come si evince dalle medesime sentenze citate supra).
Ritenuto che i principi evocati a sostegno dell'ammissibilità dell'intervento del Procuratore generale della Corte dei conti, affermati nella giurisprudenza di questa Corte nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti, si rivelano estranei e, conseguentemente, irrilevanti nell'ipotesi in esame;
che il Procuratore generale della Corte dei conti, nel caso specifico, non è parte del giudizio a quo e, pertanto, non può ritenersi titolare di un interesse qualificato, idoneo a legittimarne l'intervento nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale, secondo quanto stabilito dall'art. 4, comma 3, delle Norme integrative.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile l'intervento del Procuratore generale presso la Corte dei conti, spiegato nel presente giudizio di legittimità costituzionale promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania.
F.to: Giovanni Amoroso, Presidente