˙ Sentenza  165/2025 (ECLI:IT:COST:2025:165)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMOROSO - Redattore:  D'ALBERTI
Udienza Pubblica del 07/10/2025;    Decisione  del 08/10/2025
Deposito del 04/11/2025;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  Art. 23, c. 12° ter e quater, della legge della Regione Campania 27/01/2012, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012 - 2014 della regione Campania (legge finanziaria regionale 2012)», aggiunti dall'art. 3, c. 1°, della legge della Regione Campania 04/03/2021, n. 2, recante «Modifiche alla legge regionale 14/10/2015, n. 11 (Misure urgenti per semplificare, razionalizzare e rendere più efficiente l’apparato amministrativo, migliorare i servizi ai cittadini e favorire l’attività di impresa. Legge annuale di semplificazione 2015), alla legge regionale 21/04/2020, n. 7 (Testo Unico sul commercio ai sensi dell’art. 3, c. 1° della legge regionale 14/10/2015, n. 11) e alla legge regionale 27/01/2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012 – 2014 della Regione Campania - legge finanziaria regionale 2012)».
Massime: 
Atti decisi: ord. 51/2025

Pronuncia

SENTENZA N. 165

ANNO 2025

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 23, commi 12-ter e 12-quater, della legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012 - 2014 della regione Campania (legge finanziaria regionale 2012)», aggiunti dall’art. 3, comma 1, della legge della Regione Campania 4 marzo 2021, n. 2, recante «Modifiche alla legge regionale 14 ottobre 2015, n. 11 (Misure urgenti per semplificare, razionalizzare e rendere più efficiente l’apparato amministrativo, migliorare i servizi ai cittadini e favorire l’attività di impresa. Legge annuale di semplificazione 2015), alla legge regionale 21 aprile 2020, n. 7 (Testo Unico sul commercio ai sensi dell’articolo 3, comma 1 della legge regionale 14 ottobre 2015, n. 11) e alla legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012 – 2014 della Regione Campania - legge finanziaria regionale 2012)», promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, nel giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Campania per l’esercizio finanziario 2023, con ordinanza del 3 marzo 2025, iscritta al n. 51 del registro ordinanze 2025 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2025.

Visto l’atto di costituzione della Regione Campania, nonché l’atto di intervento del Procuratore generale della Corte dei conti;

udito nell’udienza pubblica del 7 ottobre 2025 il Giudice relatore Marco D’Alberti;

uditi il Vice Procuratore generale Giulia De Franciscis per la Procura Generale della Corte dei conti e l’avvocato Almerina Bove per la Regione Campania;

deliberato nella camera di consiglio dell’8 ottobre 2025.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 3 marzo 2025, iscritta al n. 51 reg. ord. del 2025, la Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, nell’ambito del giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Campania per l’esercizio finanziario 2023, ha sollevato – in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera l), 119, primo comma, e 136 della Costituzione – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23, commi 12-ter e 12-quater, della legge della Regione Campania 27 gennaio 2012, n. 1, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012 - 2014 della Regione Campania (legge finanziaria regionale 2012)», aggiunti dall’art. 3, comma 1, della legge della Regione Campania 4 marzo 2021, n. 2, recante «Modifiche alla legge regionale 14 ottobre 2015, n. 11 (Misure urgenti per semplificare, razionalizzare e rendere più efficiente l’apparato amministrativo, migliorare i servizi ai cittadini e favorire l’attività di impresa. Legge annuale di semplificazione 2015), alla legge regionale 21 aprile 2020, n. 7 (Testo Unico sul commercio ai sensi dell’articolo 3, comma 1 della legge regionale 14 ottobre 2015, n. 11) e alla legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012 - 2014 della Regione Campania - legge finanziaria regionale 2012)».

Il comma 12-ter dell’art. 23 della legge reg. Campania n. 1 del 2012 ha istituito, per il personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione degli organi politici del Consiglio regionale, un unico emolumento onnicomprensivo, sostitutivo di tutte le voci del trattamento economico accessorio, comprensive dei compensi per la produttività collettiva e la qualità delle prestazioni individuali, nonché della remunerazione del lavoro straordinario e di ogni altra indennità di funzione.

Il successivo comma 12-quater del medesimo art. 23 ha attribuito all’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale la determinazione dei criteri di individuazione dell’ammontare dell’emolumento e delle modalità di erogazione, stabilendo che esso debba essere calcolato tenendo conto del complessivo trattamento economico accessorio fissato dai contratti collettivi integrativi di lavoro per il personale di ruolo del Consiglio regionale.

2.– In via preliminare, la Corte dei conti ha dedotto la propria legittimazione a sollevare questioni di legittimità costituzionale di leggi regionali, non soltanto in riferimento a parametri attinenti agli equilibri finanziari, ma anche a norme costituzionali sul riparto delle competenze (sono richiamate le sentenze di questa Corte n. 185 del 2024, n. 253 del 2022, n. 244 e n. 112 del 2020, n. 146 e n. 138 del 2019, n. 196 del 2018, n. 213 del 2008 e n. 244 del 1995).

2.1.– In punto di fatto, la Corte dei conti ha riferito che l’emolumento onnicomprensivo previsto dalle disposizioni censurate è stato determinato dalle deliberazioni dell’Ufficio di presidenza n. 22 e n. 23 del 29 aprile 2021 che hanno previsto un salario accessorio in alcuni casi addirittura equivalente al trattamento fondamentale della rispettiva categoria di appartenenza, così duplicando il trattamento stipendiale base.

Peraltro, a differenza di quanto previsto dall’art. 40, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), tale emolumento, in quanto non contemplato dai contratti di comparto, non è stato imputato al fondo salario accessorio del personale del comparto.

La Corte dei conti ha evidenziato che l’importo corrisposto fino al 23 aprile 2023, ossia fino all’entrata in vigore dell’art. 3 del decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44 (Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche), convertito, con modificazioni, nella legge 21 giugno 2023, n. 74, è pari a euro 813.688,612. Esso trova evidenza nel rendiconto generale della Regione Campania 2023 nel capitolo di spesa U00008, intestato al trasferimento al Consiglio regionale delle spese di funzionamento. In totale, le somme erogate nel triennio ammontano a euro 7.492.565,56.

La copertura per l’esercizio 2023 della spesa in questione è stata assicurata dall’art. 65, comma 9, della legge della Regione Campania 29 giugno 2021, n. 5 (Misure per l’efficientamento dell’azione amministrativa e l’attuazione degli obiettivi fissati dal DEFR 2021 - 2023 - Collegato alla stabilità regionale per il 2021). Tale disposizione, nel testo all’epoca vigente, ha stabilito che «[a]ll’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 23, commi 12-bis e seguenti, della legge regionale 27 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale 2012 e pluriennale 2012-2014 della Regione Campania - legge finanziaria regionale 2012) e successive modifiche, si provvede, a decorrere dall’annualità 2021, per un importo massimo di euro 5.900.000,00, a valere sulle risorse del bilancio del Consiglio regionale della Campania per il triennio 2021-2023». Pertanto, l’importo effettivamente corrisposto nel triennio 2021-2023, pari a euro 7.492.565,56, non risulterebbe conforme alla suddetta autorizzazione di spesa.

Inoltre, tali risorse hanno trovato copertura direttamente nel bilancio, senza essere imputate al fondo salario accessorio, così determinando un’espansione della spesa di parte corrente di importo pari a quello corrisposto, con incidenza sui saldi finali e sul risultato di amministrazione.

La questione sarebbe dunque rilevante poiché la sua definizione condizionerebbe il giudizio di parificazione del rendiconto della Regione Campania per l’esercizio 2023. Infatti, ove si procedesse alla parifica applicando le disposizioni censurate, si finirebbe per validare risultanze contabili (in primis, il risultato di amministrazione) derivanti dall’indebito impiego di risorse per il finanziamento di tali emolumenti.

2.2.– Quanto alla non manifesta infondatezza delle questioni, il giudice a quo ritiene che i commi 12-ter e 12-quater dell’art. 23 della legge reg. Campania n. 1 del 2012 si pongano in contrasto innanzitutto con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., che attribuisce al legislatore statale la competenza legislativa esclusiva nella materia «ordinamento civile», poiché istituiscono un trattamento accessorio non previsto dalla contrattazione collettiva e dalla legge statale, uniche fonti legittimate a disciplinare il trattamento economico dei dipendenti pubblici.

Al contempo, le disposizioni censurate avrebbero determinato l’«espansione della spesa per il personale, in violazione dei “beni-valori” della contabilità pubblica», presidiati dagli artt. 81, 97, primo comma, e 119, primo comma, Cost.

La Corte dei conti prospetta anche l’«elusione dei principi affermati […] con la sentenza n. 146/2019», che ha dichiarato costituzionalmente illegittima la previsione della stessa Regione Campania di un trattamento economico accessorio per il personale regionale, ritenuto «similare» a quello istituito dalle disposizioni censurate.

2.3.– Dopo avere escluso la praticabilità di un’interpretazione adeguatrice delle disposizioni censurate, in considerazione del loro univoco tenore letterale, la Corte dei conti ha evidenziato che l’art. 3, comma 1, del successivo d.l. n. 44 del 2023, come convertito, ha consentito alle regioni di «applicare, senza aggravio di spesa, l’articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, secondo i principi di cui all’articolo 27 del medesimo decreto legislativo», e, dunque, di adeguare i propri ordinamenti alla disciplina statale sugli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico.

Tuttavia, come affermato da questa Corte nella sentenza n. 185 del 2024, la norma introdotta dal richiamato art. 3, comma 1, ha portata innovativa e trova, quindi, applicazione solo dalla sua entrata in vigore.

Pertanto, prima di tale data, il legislatore regionale non avrebbe potuto disciplinare autonomamente il trattamento accessorio del personale degli uffici di diretta collaborazione, essendo il rapporto di impiego del personale delle regioni regolato dalla legge statale e dalla contrattazione collettiva (è richiamata la sentenza n. 154 del 2019 di questa Corte). La richiamata giurisprudenza costituzionale, prosegue la Corte dei conti, ha infatti riconosciuto che – pur trattandosi di una particolare categoria di personale regionale – la disciplina del trattamento economico accessorio, sino all’entrata in vigore dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, risultava, come per tutti gli altri dipendenti pubblici, quella dettata dalle disposizioni di legge statale, dal codice civile e dalla contrattazione collettiva, cui la legge dello Stato rinvia, restando esclusa una competenza legislativa regionale.

2.4.– D’altra parte, con le disposizioni censurate il legislatore regionale avrebbe introdotto, nella forma di «unico emolumento mensile», un trattamento economico accessorio similare a quello dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza n. 146 del 2019, per violazione degli artt. 81, 97, primo comma, e 117, secondo comma, lettera l), Cost. Anche in questo caso, infatti, la Regione Campania avrebbe riservato ai propri uffici di staff un trattamento accessorio non previsto dalla legge statale, né dai contratti collettivi nazionali di comparto, così eludendo i principi affermati dalla citata sentenza n. 146 del 2019.

3.– Con atto depositato il 10 aprile 2025, la Regione Campania si è costituita nel presente giudizio chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata inammissibile e comunque non fondata.

3.1.– La compiuta illustrazione degli argomenti difensivi è avvenuta con la memoria depositata il 16 settembre 2025, in cui la Regione Campania ha chiesto che gli atti siano restituiti al giudice a quo, al fine di verificare l’influenza del sopravvenuto art. 8, comma 3, del decreto-legge 14 marzo 2025, n. 25 (Disposizioni urgenti in materia di reclutamento e funzionalità delle pubbliche amministrazioni), convertito, con modificazioni, nella legge 9 maggio 2025, n. 69. Tale disposizione ha inserito nell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, la previsione secondo la quale «[s]ono fatti salvi gli atti e i provvedimenti adottati dalle regioni in adeguamento alle disposizioni del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi».

3.2.– Quanto al merito delle questioni, la difesa regionale – riportando ampi stralci della requisitoria depositata dalla Procura regionale della Corte dei conti nel giudizio a quo – ha dedotto l’insussistenza del denunciato contrasto con i principi affermati dalla citata sentenza n. 146 del 2019, in considerazione delle significative differenze tra le disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime in tale pronuncia e quelle oggetto di censura nel presente giudizio.

La difesa regionale ha evidenziato, inoltre, la non fondatezza delle questioni anche alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata, secondo la quale le disposizioni censurate non avrebbero istituito alcun nuovo emolumento, ma si sarebbero limitate ad affidarne la determinazione all’Ufficio di presidenza nell’ambito degli istituti previsti e regolati dalla contrattazione collettiva nazionale e decentrata.

D’altra parte, ad avviso della difesa regionale, la Corte dei conti non avrebbe effettuato alcuno scrutinio degli atti attuativi delle disposizioni censurate, omettendo in particolare di verificare se le voci che hanno concorso alla determinazione dell’emolumento accessorio fossero in linea con il contratto integrativo decentrato del personale inquadrato nel ruolo del Consiglio regionale.

4.– Nel giudizio dinnanzi a questa Corte, ha chiesto di intervenire il Procuratore generale della Corte dei conti, deducendo l’illegittimità costituzionale delle disposizioni censurate alla luce degli argomenti illustrati dal giudice a quo.

Quanto all’ammissibilità del proprio intervento, il Procuratore generale ha dedotto il diritto degli organi dello Stato e delle regioni a intervenire nei procedimenti innanzi alla Corte costituzionale (art. 20, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, recante «Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale»), secondo la disciplina contenuta nell’art. 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Il pubblico ministero contabile sarebbe titolare di un interesse concreto e attuale a una declaratoria di illegittimità costituzionale delle disposizioni regionali censurate (sono richiamate le sentenze n. 184 e n. 90 del 2022 di questa Corte). Infatti, l’esito del giudizio di legittimità costituzionale sarebbe suscettibile di incidere sul potere del pubblico ministero contabile di agire in giudizio per la tutela degli interessi dell’intera collettività alla corretta gestione delle risorse pubbliche e, in particolare, sul potere di impugnare la decisione di parificazione del rendiconto generale regionale.

Il Procuratore generale ha aggiunto che, se le Norme integrative consentono l’intervento nel giudizio costituzionale anche di soggetti terzi, a fortiori questo dovrebbe essere consentito alle parti originarie del giudizio a quo.

Considerato in diritto

1.– La Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, con l’ordinanza indicata in epigrafe (iscritta al n. 51 reg. ord. del 2025), ha sollevato, in riferimento agli artt. 81, 97, primo comma, 117, secondo comma, lettera l), 119, primo comma, e 136 Cost., questioni di legittimità costituzionale dell’art. 23, commi 12-ter e 12-quater, della legge reg. Campania n. 1 del 2012, aggiunti dall’art. 3, comma 1, della legge reg. Campania n. 2 del 2021.

Per il personale assegnato agli uffici di diretta collaborazione degli organi politici del Consiglio regionale, il comma 12-ter dell’art. 23 della legge reg. Campania n. 1 del 2012 introduce un unico emolumento onnicomprensivo, sostitutivo di tutte le voci del trattamento economico accessorio, comprensive dei compensi per la produttività collettiva e la qualità delle prestazioni individuali, nonché della remunerazione del lavoro straordinario e di ogni altra indennità di funzione.

Il successivo comma 12-quater attribuisce all’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale la determinazione dei criteri di individuazione dell’ammontare dell’emolumento e le modalità di erogazione, stabilendo che esso debba essere calcolato tenendo conto del complessivo trattamento economico accessorio fissato dai contratti collettivi integrativi di lavoro riconosciuto al personale di ruolo del Consiglio regionale.

2.– Nell’istituire un nuovo trattamento economico accessorio riservato a una particolare categoria di dipendenti regionali, le disposizioni regionali censurate si porrebbero in contrasto, anzitutto, con l’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. Il legislatore regionale, sostituendosi alla contrattazione collettiva e regolando direttamente alcuni aspetti della retribuzione, avrebbe invaso la sfera di competenza legislativa statale esclusiva nella materia «ordinamento civile».

Infatti, sino all’entrata in vigore dell’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, la disciplina del trattamento economico accessorio dei dipendenti regionali risultava, come per tutti gli altri dipendenti pubblici, quella dettata dalle disposizioni di legge statale, dal codice civile e dalla contrattazione collettiva, cui la legge dello Stato rinvia, restando viceversa esclusa una competenza legislativa regionale.

È inoltre denunciata la violazione degli artt. 81, 97 e 119, primo comma, Cost., perché le disposizioni censurate avrebbero determinato un aumento della spesa per il personale regionale, così incidendo negativamente sugli equilibri di bilancio, «in violazione dei “beni-valori” della contabilità pubblica».

Infine, ad avviso del giudice a quo, sarebbe violato l’art. 136 Cost., per l’«elusione dei principi affermati […] con la sentenza n. 146/2019», che ha dichiarato costituzionalmente illegittima la previsione, da parte della stessa Regione Campania, di un trattamento economico accessorio per il personale regionale ritenuto «similare» a quello oggetto di censura.

3.– In via preliminare, va richiamato l’univoco orientamento di questa Corte, secondo cui sussiste la legittimazione della Corte dei conti, sezione regionale di controllo, a sollevare questioni di legittimità costituzionale di leggi che la stessa si trovi ad applicare nel corso del giudizio di parificazione del rendiconto delle regioni, per motivi che abbiano una incidenza – diretta o mediata – sugli equilibri di bilancio (in questo senso, da ultimo, sentenze n. 59 e n. 39 del 2024 e n. 89 del 2023).

4.– Va poi ribadita l’inammissibilità dell’intervento spiegato nel presente giudizio dal Procuratore generale della Corte dei conti, per le ragioni indicate nell’ordinanza letta all’udienza pubblica del 7 ottobre 2025, allegata alla presente sentenza.

5.– Quanto al quadro normativo, occorre innanzitutto sottolineare che l’art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, ha consentito alle regioni, senza aggravio di spesa, di adeguare i propri ordinamenti all’art. 14 del d.lgs. n. 165 del 2001, sugli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico. Come riconosciuto da questa Corte nella sentenza n. 185 del 2024, la disciplina introdotta dal richiamato art. 3 ha natura innovativa e pertanto si applica a partire dalla sua entrata in vigore, ossia dal 23 aprile 2023. Da quella data, dunque, le regioni possono dettare norme in adeguamento alla disciplina statale degli uffici di cui si tratta.

Successivamente all’ordinanza di rimessione, è intervenuto l’art. 8, comma 3, del d.l. n. 25 del 2025, come convertito. Tale disposizione, nel modificare il richiamato art. 3, comma 1, del d.l. n. 44 del 2023, come convertito, vi ha aggiunto la previsione secondo la quale «[s]ono fatti salvi gli atti e i provvedimenti adottati dalle regioni in adeguamento alle disposizioni del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base degli stessi». Si tratta, quindi, di una legge di sanatoria, che non è preclusa al legislatore (sentenze n. 116 del 2020, n. 14 del 1999 e n. 1 del 1996).

5.1.– L’ampiezza di questa disposizione sopravvenuta è tale da ricomprendere anche i provvedimenti attuativi delle disposizioni censurate e, in particolare, le delibere dell’Ufficio di presidenza della Regione Campania n. 22 e n. 23 del 29 aprile 2021, che hanno determinato l’ammontare dell’emolumento istituito dal censurato art. 23, comma 12-ter, della legge reg. Campania n. 1 del 2012.

Alla luce di questa sopravvenienza normativa, tali atti potrebbero ritenersi idonei a giustificare gli esborsi sostenuti dalla Regione Campania, come riportati nel rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2023, oggetto del giudizio di parificazione dinnanzi alla Corte dei conti.

In quanto riferibile ai provvedimenti attuativi e agli effetti prodotti dalle disposizioni censurate, la novità introdotta dall’art. 8, comma 3, del d.l. n. 25 del 2025, come convertito, ha determinato un sostanziale mutamento del quadro normativo di riferimento. Spetta quindi alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, rivalutare, su questa base, la legittimità delle imputazioni contabili effettuate dalla Regione Campania ai fini del giudizio di parificazione del rendiconto generale regionale per il 2023 e se permangano tuttora i dubbi di legittimità costituzionale originariamente espressi nell’ordinanza di rimessione.

6.– Si impone pertanto la restituzione degli atti al giudice a quo, cui compete la rinnovata valutazione circa la rilevanza e la non manifesta infondatezza delle questioni sollevate alla luce del mutato quadro normativo.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti alla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 ottobre 2025.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Marco D'ALBERTI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 4 novembre 2025

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Roberto MILANA

Allegato:

ordinanza letta all'udienza del 7 ottobre 2025

ORDINANZA

Rilevato che nel giudizio promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania, iscritto al n. 51 del registro ordinanze 2025, il Procuratore generale della Corte dei conti, nella asserita qualità di titolare di un interesse qualificato, immediatamente inerente al rapporto sostanziale dedotto in giudizio ha chiesto di intervenire con atto depositato il 15 aprile 2025.

Considerato che, per costante giurisprudenza di questa Corte, sono ammessi a intervenire nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale (art. 4 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale) i soli soggetti parti del giudizio a quo, oltre al Presidente del Consiglio dei ministri e, nel caso di legge regionale, al Presidente della Giunta regionale (tra le molte, sentenze n. 59 e n. 39 del 2024, con allegata ordinanza letta all'udienza del 24 gennaio 2024; n. 206 del 2019, con allegata ordinanza letta all'udienza del 4 giugno 2019, e n. 173 del 2019, con allegata ordinanza letta all'udienza del 18 giugno 2019);

che nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale l'intervento di soggetti estranei al giudizio principale (art. 4, comma 3, delle Norme integrative) è ammissibile soltanto per i terzi titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto sostanziale dedotto in giudizio (tra le molte, le citate sentenze n. 59 e n. 39 del 2024, con allegata ordinanza letta all'udienza del 24 gennaio 2024; n. 206 del 2019, con allegata ordinanza letta all'udienza del 4 giugno 2019, e n. 173 del 2019, con allegata ordinanza letta all'udienza del 18 giugno 2019).

Ritenuto che i principi evocati a sostegno dell'ammissibilità dell'intervento del Procuratore generale della Corte dei conti affermati nella giurisprudenza di questa Corte nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti rivelano la loro estraneità e la conseguente irrilevanza nell'ipotesi in esame;

che il Procuratore generale della Corte dei conti nel caso specifico non è parte del giudizio a quo e non può ritenersi titolare di un interesse qualificato, idoneo a legittimarne l'intervento nel giudizio incidentale di legittimità costituzionale, secondo quanto stabilito dall'art. 4, comma 3, delle Norme integrative.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non ammissibile l'intervento del Procuratore generale presso la Corte dei conti, spiegato nel presente giudizio di legittimità costituzionale promosso dalla Corte dei conti, sezione regionale di controllo per la Campania.

F.to: Giovanni Amoroso, Presidente