SENTENZA N. 163
ANNO 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta da: Presidente: Giovanni AMOROSO; Giudici : Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI, Massimo LUCIANI, Maria Alessandra SANDULLI, Roberto Nicola CASSINELLI, Francesco Saverio MARINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi per conflitto di attribuzione tra enti sorti a seguito degli artt. 2, comma 1, lettere a), b), d), e), f), g), h), m), o), q), s), t), z), aa), bb) ed ee), 3, commi 1, 2 e 3, da 4 a 10 nonché l’Allegato 2, richiamato dall’art. 4, l’Allegato 3 (Modello C), richiamato dall’art. 5, e l’Allegato 5, richiamato dall’art. 7, lettera c), del decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, 16 ottobre 2024, n. 226 (Modalità di tenuta e compilazione del foglio di servizio elettronico di cui all’articolo 11, comma 4, legge 15 gennaio 1992, n. 21, ai fini dello svolgimento del servizio di noleggio con conducente effettuato esclusivamente mediante autovettura o motocarrozzetta), adottato di concerto con il Ministero dell’interno; dei punti da 2 a 6 della circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 3 dicembre 2024, prot. n. 34247 (Chiarimenti in ordine alle modalità di funzionamento del sistema informatico per la compilazione e gestione del Foglio di Servizio elettronico, disciplinato con Decreto Interministeriale 26 ottobre 2024, n. 226), e delle fasi 2, 3 e 4 della circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 23 dicembre 2024, prot. n. 36861 (Programma progressivo di rilascio delle funzionalità del Registro Elettronico NCC e Taxi e del Foglio di Servizio Elettronico), promossi dalla Regione Calabria con ricorsi notificati il 16 dicembre 2024 e il 10 febbraio 2025, depositati in cancelleria il 30 dicembre 2024 e il 1° marzo 2025, rispettivamente iscritti ai numeri 3 del registro conflitti tra enti 2024 e 1 del registro conflitti tra enti 2025 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 3 e 11, prima serie speciale, dell’anno 2025.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udita nell’udienza pubblica del 23 settembre 2025 la Giudice relatrice Emanuela Navarretta;
uditi l’avvocato Domenico Gullo per la Regione Calabria e l’avvocata dello Stato Beatrice Gaia Fiduccia per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 24 settembre 2025.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 16 dicembre 2024 e depositato il successivo 30 dicembre, iscritto al n. 3 reg. confl. enti del 2024, la Regione Calabria ha promosso conflitto di attribuzione tra enti nei confronti dello Stato, in relazione al decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (MIT), adottato di concerto con il Ministero dell’interno, 16 ottobre 2024, n. 226 (Modalità di tenuta e compilazione del foglio di servizio elettronico di cui all’articolo 11, comma 4, legge 15 gennaio 1992, n. 21, ai fini dello svolgimento del servizio di noleggio con conducente effettuato esclusivamente mediante autovettura o motocarrozzetta).
La ricorrente chiede a questa Corte di dichiarare che non spettava allo Stato e, per esso, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’interno, introdurre nuovi obblighi o divieti per l’esercizio dell’attività di noleggio con conducente.
Conseguentemente, chiede l’annullamento in parte qua del decreto.
1.1.– La Regione Calabria premette che il servizio NCC rientra nella materia «trasporto pubblico locale», ascrivibile alla competenza legislativa residuale e a quella regolamentare delle regioni, ai sensi dell’art. 117, commi quarto e sesto, della Costituzione.
La ricorrente precisa che il decreto interministeriale impugnato è stato adottato sul fondamento dell’art. 11, comma 4, della legge 15 gennaio 1992, n. 21 (Legge quadro per il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea), come sostituito dall’art. 10-bis, comma 1, lettera e), del decreto-legge 14 dicembre 2018, n. 135 (Disposizioni urgenti in materia di sostegno e semplificazione per le imprese e per la pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, nella legge 11 febbraio 2019, n. 12, e sottolinea che tale norma è stata parzialmente dichiarata costituzionalmente illegittima da questa Corte con la sentenza n. 56 del 2020.
1.2.– Secondo la Regione, il decreto impugnato non si sarebbe limitato a fissare le specifiche tecniche del foglio di servizio elettronico, ma – nel disciplinare le «modalità di compilazione e di tenuta» dello stesso da parte del conducente – avrebbe imposto ulteriori obblighi all’esercente il servizio e avrebbe regolato l’esercizio dell’attività NCC, determinando plurime interferenze con le competenze legislative e amministrative assegnate dalla Costituzione alle regioni.
In particolare, vi sarebbe stata una invasione delle materie «trasporto pubblico locale», «turismo» e «polizia amministrativa locale», di cui all’art. 117, commi quarto e sesto, Cost.; sarebbe stato leso, inoltre, il principio di leale collaborazione e sarebbe stato violato l’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, con contestuale incidenza sulla competenza attribuita alle regioni dall’art. 117, quinto comma, Cost.
2.– Il ricorso si appunta su tre profili della disciplina introdotta dall’atto impugnato.
2.1.– In primo luogo, la Regione contesta quanto previsto dall’art. 4, comma 3, in raccordo con gli artt. 2, comma 1, lettere s), t) ed ee), e 7, lettera c), del d.interm. n. 226 del 2024, concernente i servizi resi con partenza da un luogo diverso dalla rimessa o dalle aree di cui all’art. 11, comma 6, della legge n. 21 del 1992 (Modello B).
La ricorrente illustra le richiamate norme, in base alle quali l’applicativo informatico consente la registrazione della prenotazione come «bozza di servizio» solo se essa viene effettuata sino a venti minuti prima dell’inizio del servizio che parte da fuori rimessa, cui si aggiunge l’ulteriore vincolo a far coincidere la partenza di tale prestazione con l’arrivo del servizio precedente.
La Regione Calabria desume da tale disciplina l’imposizione di un «obbligo di sospendere il servizio per venti minuti, tra una corsa e l’altra», che non solo non troverebbe supporto nell’art. 11, comma 4, della legge n. 21 del 1992, ma tornerebbe, nella sostanza, a riproporre la previsione di un vincolo a ritornare in rimessa, fra l’una e l’altra prestazione. Quest’ultimo era stato dapprima introdotto, nella richiamata disposizione di legge, dall’art. 10-bis, comma 1, lettera e), del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, e poi dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 56 del 2020.
La ricorrente riferisce che, secondo questa Corte, la previsione che imponeva l’«interruzione del servizio attraverso l’introduzione dell’obbligo di rientro in rimessa» evidenziava un contrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalità, sì da eccedere rispetto alla competenza statale nella materia «tutela della concorrenza». Il decreto, pertanto, avrebbe indebitamente riproposto, «su diverso piano, l’intento di perseguire analogo effetto, in via diretta, mediante l’imposizione […] di una attesa minima, tra una corsa e l’altra».
A giudizio della Regione Calabria, ciò comporterebbe una interferenza con la materia «trasporto pubblico locale», attribuita alla competenza legislativa e regolamentare delle regioni dall’art. 117, commi quarto e sesto, Cost., e si porrebbe in contrasto con il diritto dell’Unione europea (art. 49 TFUE), determinando anche un vulnus alle prerogative assegnate alle regioni dall’art. 117, quinto comma, Cost.
2.2.– In secondo luogo, la ricorrente impugna la disciplina dei «contratti di durata», di cui all’art. 5 del d.interm. n. 226 del 2024, che, nel coordinamento sia con le definizioni previste dall’art. 2, comma 1, lettere f), h), m), q), t), z), aa), bb), ee), sia con l’Allegato 3, Modello C, richiamato dal medesimo art. 5, conduce a escludere che il committente possa esercitare «anche in via indiretta attività di intermediazione tra la domanda e l’offerta di servizi NCC».
Simile preclusione impedirebbe la stipula di contratti di durata con operatori quali alberghi, agenzie di viaggio e tour operator, incidendo sulle condizioni di accesso al mercato e sulle modalità di espletamento del servizio, il che comporterebbe una interferenza con le attribuzioni regionali nelle materie «trasporto pubblico locale» e «turismo».
2.3.– L’ultimo profilo della disciplina su cui si appuntano le doglianze del ricorso attiene all’obbligo di registrazione e gestione dei fogli di servizio tramite l’«utilizzo, in via esclusiva, dell’“applicazione informatica”», istituita e gestita dal MIT. Tale aspetto è regolato dall’art. 3 del d.interm. n. 226 del 2024, da leggere in correlazione con l’Allegato 1 e con le norme definitorie di cui all’art. 2, comma 1, lettere a), b), d), e), f), g), o), t), z), aa), bb) ed ee), del medesimo decreto, ed è altresì disciplinato, quanto a profili di dettaglio, dagli artt. 4, 5, 6, 7, 8, 9 e 10 sempre dello stesso decreto, nonché dagli Allegati 2, 3 e 5, richiamati rispettivamente dagli artt. 4, 5 e 7, lettera c).
Secondo la Regione, il richiamato obbligo eccederebbe quanto previsto dall’art. 11, comma 4, della legge n. 21 del 1992, che non farebbe alcun riferimento all’istituzione dell’applicazione informatica presso il Ministero, né al carattere esclusivo del sistema informatico e telematico per poter compilare il foglio di servizio.
Il ricorso evidenzia, inoltre, come la disciplina introdotta non sia funzionale a prevenire elusioni delle regole concorrenziali poste a tutela degli esercenti il servizio taxi. A tal fine, viceversa, sarebbe preposto l’art. 6, comma 2, del d.interm. n. 226 del 2024, il quale dispone che «[i]l conducente, in occasione del controllo su strada da parte degli organi di cui all’articolo 12 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, comunica agli stessi il codice identificativo del foglio di servizio e ne esibisce copia, su richiesta degli stessi, anche in modalità digitale».
I vincoli imposti dal decreto interministeriale eccederebbero, dunque, a detta della ricorrente, i limiti della ragionevolezza e proporzionalità nel perseguimento di obiettivi riconducibili a finalità concorrenziali, il che comporterebbe una indebita invasione delle competenze regionali nelle materie «trasporto pubblico locale» e «polizia amministrativa locale».
3.– Sotto il profilo procedimentale e delle relazioni interistituzionali, la Regione deduce, inoltre, la violazione del principio di leale collaborazione, assumendo che l’adozione del d.interm. n. 226 del 2024, sebbene incida su ambiti di competenza regionale, non sia stata preceduta da idonee forme di coinvolgimento regionale, riconducibili al «sistema delle Conferenze Stato-Regioni e autonomie locali», secondo quanto la ricorrente ricava dalla giurisprudenza costituzionale (in specie dalla sentenza n. 31 del 2006).
Il mancato rispetto del principio di leale collaborazione comporterebbe, pertanto, la violazione degli artt. 5, 114, 117, 118, terzo comma, 119 e 120 Cost.
4.– Da ultimo, la Regione propone istanza cautelare di sospensione dell’efficacia del decreto impugnato, ai sensi dell’art. 40 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale).
Con riferimento al periculum, rappresenta l’aggravamento, specie nel territorio calabrese, delle note carenze del servizio non di linea, rispetto alle quali richiama le considerazioni svolte da questa Corte nella sentenza n. 137 del 2024.
Relativamente al fumus, rinvia, invece, ai motivi di ricorso.
5.– Con successivo ricorso, notificato il 10 febbraio 2025 e depositato il 1° marzo 2025, iscritto al n. 1 reg. confl. enti del 2025, la Regione Calabria ha promosso conflitto di attribuzione tra enti nei confronti dello Stato anche in relazione a: i) i punti da 2 a 6 della circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, 3 dicembre 2024, prot. n. 34247 (Chiarimenti in ordine alle modalità di funzionamento del sistema informatico per la compilazione e gestione del Foglio di Servizio elettronico, disciplinato con Decreto Interministeriale 26 ottobre 2024, n. 226); ii) le fasi 2, 3 e 4 della circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, 23 dicembre 2024, prot. n. 36861 (Programma progressivo di rilascio delle funzionalità del Registro Elettronico NCC e Taxi e del Foglio di Servizio Elettronico).
La ricorrente chiede a questa Corte di dichiarare che non spettava allo Stato e, per esso, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti introdurre nuovi obblighi o divieti per l’esercizio dell’attività di noleggio con conducente.
Conseguentemente, chiede l’annullamento in parte qua delle citate circolari.
6.– La Regione premette che entrambe le circolari sono state emanate «in attuazione» dell’art. 10, comma 2, del d.interm. n. 226 del 2024 e che, per la loro natura esecutiva e consequenziale, resterebbero, comunque, caducate nell’eventualità dell’annullamento del decreto.
Cionondimeno, ritiene che esse presentino autonomi profili lesivi, in quanto inciderebbero direttamente sulle modalità di svolgimento del servizio NCC e sull’organizzazione degli operatori. Anche la disciplina prevista dalle citate circolari comporterebbe, dunque, relativamente ai profili già contestati nel precedente ricorso: i) l’invasione delle materie di competenza regionale, legislativa e regolamentare, «trasporto pubblico locale», «turismo» e «polizia amministrativa locale», di cui all’art. 117, commi quarto e sesto, Cost.; ii) la lesione dell’art. 117, quinto comma, Cost., in relazione all’art. 49 TFUE; iii) la violazione del principio di leale collaborazione, di cui agli artt. 5, 114, 117, 118, 119 e 120 Cost.
6.1.– In particolare, la Regione deduce che la circ. MIT n. 34247 del 2024 riproduce e rafforza le regole del decreto interministeriale, dimostrando che, nella disciplina dei tre profili già contestati nel primo ricorso, emerge una eccedenza rispetto alla competenza legislativa statale nella materia «tutela della concorrenza» e una invasione di competenze regionali residuali, legislative e regolamentari, a partire dalla materia «trasporto pubblico locale», nonché una violazione dell’art. 117, comma quinto, Cost., in relazione all’art. 49 TFUE.
Con riferimento ai servizi NCC resi con partenza da un luogo diverso dalla rimessa, ovvero dalle aree di cui all’art. 11, comma 6, della legge n. 21 del 1992, il punto 4 della circolare dedicherebbe apposite istruzioni in ordine alla generazione del FDSE, così riproponendo e integrando la previsione dell’obbligo di attesa di venti minuti tra la prenotazione e l’inizio del relativo servizio.
Con riguardo, poi, alla disciplina dei contratti di durata, la circolare, sempre al citato punto 4, imporrebbe l’utilizzo del Modello C, la cui disciplina preclude ad alcune categorie di soggetti di stipulare contratti di durata con l’esercente il servizio NCC.
Infine, quanto all’introduzione e all’imposizione dell’utilizzo dell’applicazione informatica per la generazione, la compilazione e la tenuta del foglio elettronico, la circolare – nel regolare le modalità di accesso, la struttura, la gestione e la consultazione del FDSE, rispettivamente ai punti 2, 3, 4, 5 e 6 – imporrebbe l’utilizzo esclusivo dell’applicazione informatica istituita e gestita dal MIT.
6.2.– La Regione rileva, inoltre, che anche la circ. MIT n. 36861 del 2024 disciplina i richiamati profili, prevedendo la scansione delle tempistiche, nonché le modalità attuative del sistema informatico centralizzato, e confermando, altresì, l’esclusività dello strumento applicativo ministeriale per la generazione, compilazione e tenuta del foglio elettronico.
La richiamata circolare contemplerebbe anche ulteriori obblighi e andrebbe a incidere sull’organizzazione del servizio, nonché sulle funzioni amministrative di controllo, in tal modo invadendo competenze legislative e regolamentari regionali, a partire dalla materia «polizia amministrativa locale».
6.3.– Il ricorso aggiunge che le circolari impugnate sarebbero state adottate senza il doveroso rispetto del principio di leale collaborazione.
6.4.– La Regione Calabria chiede, pertanto, a questa Corte di dichiarare che non spettava allo Stato adottare tale disciplina e di annullare in parte qua le circolari.
7.– Con atto depositato il 27 gennaio 2025, si è costituito in giudizio, con riferimento al primo conflitto, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ritiene il ricorso inammissibile, per carenza del tono costituzionale, in quanto non sarebbe vòlto al ripristino dell’ordine costituzionale delle competenze, bensì alla rimozione di un ostacolo alla migliore competitività delle imprese.
7.1.– Nel merito, dopo aver riepilogato il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, la difesa statale sostiene che la disciplina contestata con il primo motivo di ricorso sarebbe finalizzata a garantire esclusivamente la preventiva prenotazione del servizio NCC, sì da assicurare che quest’ultimo si rivolga solo a un’utenza specifica e differenziata.
In tal senso, il decreto interministeriale si sarebbe conformato ai principi espressi da questa Corte con la sentenza n. 56 del 2020, che non avrebbe «travolto l’obbligo del rientro in rimessa tout court, bensì l’obbligo di rientro in rimessa fissato necessariamente al termine di ogni singolo servizio, con preclusione assoluta di svolgimento di servizi successivi senza prima aver fatto ritorno anche “a vuoto” alla rimessa, “se non altro per l’ipotesi in cui il vettore sia chiamato a effettuare un servizio proprio dal luogo in cui si è concluso il servizio precedente”».
In particolare, l’Avvocatura precisa che nessun vincolo temporale è previsto per i Modelli A e C, mentre per il Modello B l’intervallo minimo che deve decorrere tra la prenotazione e l’inizio del servizio collegato sarebbe funzionale a dimostrare che il vettore NCC non rientra in rimessa, perché vi è un servizio collegato al precedente. In tal modo, l’intervallo temporale renderebbe possibile effettuare controlli al fine di evitare condotte abusive e non comporterebbe inconvenienti sul piano pratico, in quanto non sarebbe «immaginabile che – soprattutto nelle grandi città – un cliente possa prenotare il proprio noleggiatore di fiducia entro un lasso temporale più ridotto rispetto a quello previsto dal Decreto», che legittima la continuità nello svolgimento dell’attività di trasporto.
La difesa statale, nel sostenere che non sarebbe stata invasa la competenza, legislativa e regolamentare, residuale della Regione, fa perno sul carattere finalistico e trasversale della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «tutela della concorrenza» e, a tal fine, richiama sia la sentenza n. 206 del 2024 di questa Corte, sia la sentenza del Consiglio di Stato, sezione quinta, 28 aprile 2022, n. 3381.
Quanto alla compatibilità con il diritto dell’Unione europea, l’Avvocatura segnala che il Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 11 luglio 2022, n. 5756, ha deciso di non disapplicare la normativa italiana, ritenendo il regime autorizzatorio compatibile con gli artt. 49 e 56 TFUE. Inoltre, sostiene che le controversie in tema di servizio NCC non avrebbero a oggetto la natura transfrontaliera del servizio, evocando, a supporto di tale conclusione, le sentenze della Corte di giustizia 13 febbraio 2014, cause riunite C-419/12 e C-420/12, Crono Service e altri.
7.2.– Con riguardo poi ai contratti di durata (Modello C), l’Avvocatura generale dello Stato sostiene che, ove si ampliasse il regime semplificato di tale modello a un interlocutore che svolgesse attività di intermediazione, anche indiretta, si finirebbe per estendere l’offerta del servizio NCC a un’utenza indifferenziata, ambito proprio del servizio di piazza dei taxi.
Rileva, inoltre, che non sarebbe precluso agli NCC «stipulare “contratti con alberghi, agenzie di viaggi, operatori turistici”», ma che, in tal caso, non potrebbe operare il Modello C, concernente la stipula di contratti di durata.
7.3.– Infine, quanto all’obbligo di utilizzare in via esclusiva l’applicazione informatica, la difesa statale contesta la genericità della censura, che renderebbe oscuro il senso della ritenuta interferenza con attribuzioni assegnate alla Regione.
In ogni caso, l’Avvocatura generale dello Stato sottolinea che la normativa primaria di riferimento non vieta l’adozione di strumenti digitali di coordinamento e che questi sarebbero conformi al principio generale di buon andamento e di semplificazione dell’azione amministrativa, di cui all’art. 97 Cost.
7.4.– Da ultimo, con riferimento alla supposta violazione del principio di leale collaborazione, la difesa dello Stato segnala che il foglio di servizio è stato già previsto dalla normativa primaria e che l’atto amministrativo non avrebbe perciò alcun impatto innovativo, se non per la sua digitalizzazione. Di conseguenza, non risulterebbe chiaro come possa concretizzarsi la violazione del principio di leale collaborazione.
In ogni caso, il resistente richiama la sentenza n. 56 del 2020 che avrebbe riconosciuto la natura prevalente della materia «tutela della concorrenza» di competenza legislativa esclusiva dello Stato, prevalenza che renderebbe superflua l’applicazione del principio di leale collaborazione.
7.5.– Quanto all’istanza cautelare, il Presidente del Consiglio dei ministri deduce l’assenza di periculum, evidenziando che il FDSE non sarebbe (ancora) operativo e che la circolare n. 36861 del 2024 prevede un rilascio per fasi; il termine dell’art. 10, comma 2, del d.interm. n. 226 del 2024 è inteso come ordinatorio e, in mancanza dell’applicazione pienamente funzionante, l’obbligo di tenuta del FDSE non sarebbe attuale.
8.– Con atto depositato il 21 marzo 2025, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, si è costituito in giudizio anche nel conflitto di attribuzione tra enti promosso con il secondo ricorso della Regione Calabria.
A parere della difesa dello Stato, il conflitto sarebbe inammissibile, poiché «le circolari impugnate si limit[erebbero] a confermare il dettato del Decreto interministeriale n. 226 del 16.10.2024 di cui costituiscono applicazione e s[arebbero] perciò prive di autonoma attitudine lesiva rispetto a questo».
Riproduce, inoltre, con le medesime argomentazioni dell’atto di costituzione in giudizio avverso il primo ricorso, anche l’eccezione di inammissibilità concernente il difetto di tono costituzionale.
Parimenti, ripropone nel merito le stesse motivazioni sviluppate avverso l’accoglimento del primo ricorso.
9.– In data 4 febbraio 2025, l’Associazione nazionale imprese trasporto viaggiatori (ANITRAV) ha depositato, relativamente al primo conflitto promosso dalla Regione Calabria, opinione scritta, che è stata ammessa con decreto del Presidente della Corte costituzionale il 4 marzo 2025.
L’Associazione sostiene che il d.interm. n. 226 del 2024 travalica le «specifiche tecniche» del foglio elettronico, incidendo sulle modalità operative del servizio NCC e ripristinando, in via surrettizia, effetti analoghi all’obbligo di rientro in rimessa dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla sentenza n. 56 del 2020, con violazione delle competenze regionali e dei principi di sussidiarietà e di leale collaborazione (artt. 118 e 120 Cost.). Rileva, in particolare, che le regioni sarebbero state private della possibilità di adottare strumenti normativi adeguati alle specificità territoriali e deduce, inoltre, profili di irragionevolezza e di non proporzionalità (art. 3 Cost.), specie in pregiudizio della libertà di iniziativa economica (art. 41 Cost.) e dei vincoli imposti dal diritto dell’Unione europea (art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 49 e 56 TFUE).
10.– Con memoria del 4 agosto 2025, la difesa statale si è confrontata con gli argomenti spesi dall’amicus curiae e ha ribadito la distinzione strutturale tra l’attività propria dei taxi e il servizio NCC, tornando a sottolineare come la previsione del limite di venti minuti, concernente il Modello B, sia funzionale ad accertare la condotta regolare del vettore e a evitare atti di concorrenza sleale.
Infine, l’Avvocatura generale specifica che la legge n. 21 del 1992 regola gli autoservizi pubblici non di linea, con l’obiettivo di «bilanciare le istanze concorrenziali poste a fondamento dell’intero sistema economico con le imprescindibili esigenze di tutela degli utenti e di garanzia della qualità del servizio». Riconosce, poi, ampie competenze alle regioni, in relazione agli autoservizi pubblici non di linea, ma precisa che su di esse il decreto non produrrebbe effetti, sicché, per questo motivo, le regioni non sarebbero state coinvolte nella sua elaborazione.
Ancora sulla misura cautelare, l’Avvocatura insiste sulla non operatività del sistema e sul carattere progressivo dell’attuazione, ribadendo l’insussistenza del pregiudizio grave e irreparabile.
11.– Con due distinti atti, depositati il 2 settembre 2025, la Regione Calabria ha presentato memorie in relazione ad ambedue i conflitti. In entrambi, segnala che medio tempore è intervenuta la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza, 4 agosto 2025, n. 15273, che ha annullato il d.interm. n. 226 del 2024 e le circolari oggetto del secondo conflitto.
Ribadisce, nondimeno, il persistente interesse della Regione al ricorso.
Nella prima memoria, replica all’eccezione di inammissibilità dell’Avvocatura generale dello Stato, adducendo la precisa individuazione di profili di lesione delle competenze regionali.
Nel merito, sostiene che la difesa statale non si è confrontata con le effettive ragioni della portata lesiva delle singole contestazioni e torna a sottolineare che il decreto non si sarebbe limitato a prevedere le “specifiche” del foglio di servizio, ma avrebbe disciplinato le modalità di svolgimento del servizio, compito che rientrerebbe nella sfera di attribuzioni regionali. Riafferma, inoltre, che la previsione di obblighi aggiuntivi a carico degli esercenti il servizio NCC, senza alcun coinvolgimento della Regione, comporterebbe una violazione del principio di leale collaborazione.
Nella seconda memoria, la Regione replica a entrambi i profili di inammissibilità eccepiti dall’Avvocatura. In particolare, quanto al ritenuto carattere non lesivo delle circolari, obietta che nei confronti di queste ultime «il ricorso solleva autonomi rilievi». Con riguardo, poi, sia all’eccezione di rito concernente la mancanza di tono costituzionale sia agli argomenti inerenti al merito, la Regione ripropone argomentazioni identiche a quelle spese con riferimento al primo ricorso e sottolinea che l’Avvocatura generale non si sarebbe soffermata sulle autonome e specifiche censure sollevate in merito alle circolari in oggetto.
12.– Nell’udienza pubblica del 23 settembre 2025, sono intervenute la difesa della Regione Calabria e l’Avvocatura generale dello Stato, che hanno insistito per le conclusioni rassegnate negli scritti difensivi.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso depositato il 30 dicembre 2024, iscritto al n. 3 reg. confl. enti del 2024, la Regione Calabria ha promosso conflitto di attribuzione tra enti nei confronti dello Stato, chiedendo che questa Corte dichiari che non spettava a quest’ultimo e, per esso, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’interno, adottare il d.interm. n. 226 del 2024. Tale provvedimento, nel disciplinare le modalità di tenuta e compilazione del FDSE e nell’individuare le specifiche tecniche, introduce nuovi obblighi e divieti per l’esercizio dell’attività di noleggio con conducente, che andrebbero a interferire con competenze legislative e amministrative regionali.
Con successivo ricorso, depositato il 1° marzo 2025, iscritto al n. 1 reg. confl. enti del 2025, la medesima ricorrente ha chiesto che questa Corte dichiari che non spettava allo Stato e, per esso, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, adottare le seguenti circolari ministeriali: n. 34247 del 2024, contenente chiarimenti sulle modalità di funzionamento del sistema informatico per la gestione del FDSE, e n. 36861 del 2024, riguardante il programma progressivo di rilascio delle funzionalità del registro elettronico NCC e taxi. Tali circolari, nel dare attuazione al richiamato decreto interministeriale, andrebbero a riprodurre e a rafforzare gli obblighi e i divieti posti a carico degli operatori NCC e comporterebbero, anch’esse, una invasione delle competenze regionali.
La Regione Calabria ha chiesto, pertanto, l’annullamento, in parte qua, dei su citati atti, oltre a presentare un’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia del decreto impugnato.
2.– I due ricorsi si focalizzano su tre profili della disciplina impugnata: i) l’imposizione di un vincolo temporale di almeno venti minuti tra la prenotazione e l’inizio del servizio NCC, per i casi in cui questo non abbia inizio dalla rimessa; ii) l’esclusione dalla possibilità di stipulare contratti di durata per il trasporto NCC di coloro che esercitano, anche solo in via indiretta, attività di intermediazione; iii) l’obbligo per gli esercenti il servizio NCC di avvalersi esclusivamente dell’applicazione informatica ministeriale per la compilazione del FDSE.
Secondo la Regione, gli atti impugnati non si sarebbero limitati a fissare le specifiche tecniche del foglio di servizio elettronico, ma avrebbero imposto obblighi all’esercente il servizio non idonei a perseguire finalità antielusive delle regole di concorrenza poste a favore dei titolari di licenze taxi.
Pertanto, a giudizio della ricorrente, la disciplina impugnata, nell’occuparsi delle modalità di esercizio del trasporto NCC, invaderebbe le materie «trasporto pubblico locale», «turismo» e «polizia amministrativa locale», di competenza legislativa e amministrativa regionale, ai sensi dell’art. 117, commi quarto e sesto, Cost.; violerebbe, inoltre, il principio di leale collaborazione e inciderebbe sulla competenza attribuita alle regioni dall’art. 117, quinto comma, Cost., sul presupposto della lamentata lesione dell’art. 49 TFUE.
3.– I due ricorsi in esame contemplano argomentazioni pienamente sovrapponibili e attengono a provvedimenti che, sebbene distinti, sono tra loro collegati.
L’identità sostanziale del contenuto dei ricorsi e il loro riferirsi alla medesima vicenda giuridica giustificano, secondo un costante orientamento di questa Corte (ex plurimis, sentenza n. 260 del 2020), la riunione dei procedimenti, affinché siano decisi con un’unica sentenza.
4.– In via preliminare, occorre esaminare l’ammissibilità dei ricorsi.
4.1.– L’Avvocatura generale dello Stato eccepisce, con riferimento a entrambi, il difetto di tono costituzionale del conflitto.
Rileva, in proposito, che «[i]l presupposto fondante un ricorso per conflitto di attribuzione da parte della Regione avverso lo Stato è dato dall’inconfutabile dimostrazione [dell’]interesse al ricorso, che si concretizza nell’attualità della lesione della propria sfera di competenza e nell’idoneità del ricorso a ripristinare l’assetto costituzionale delle attribuzioni». Nel caso di specie, nessuno dei due ricorsi sarebbe «volto al ripristino dell’ordine costituzionale delle competenze quanto [piuttosto] alla pretesa rimozione di un ostacolo ad una migliore competitività delle imprese di noleggio, estranea all’ordine costituzionale delle competenze».
Sempre la difesa statale, nell’atto di costituzione in giudizio relativo al secondo ricorso, eccepisce, inoltre, che «le circolari impugnate si limit[erebbero] a confermare il dettato del Decreto [...] di cui costituiscono applicazione e [sarebbero pertanto] prive di autonoma attitudine lesiva».
4.2.– Entrambe le eccezioni sono non fondate.
Va rammentato, in premessa, che le regioni possono proporre ricorso per conflitto di attribuzione tra enti, ai sensi dell’art. 39, primo comma, della legge n. 87 del 1953, quando lamentino non una qualsiasi violazione di principi costituzionali, bensì la lesione di una propria competenza legislativa o regolamentare (ex plurimis, sentenze n. 173 del 2023, n. 90 del 2022 e n. 22 del 2020). Tale effetto può discendere sia da un atto sia da un comportamento (sentenze n. 122 del 2013, n. 332 del 2011, n. 382 del 2006 e n. 211 del 1994) – purché dotati di efficacia e di rilevanza esterna – che siano vòlti a esprimere, in modo chiaro e inequivoco, la pretesa di esercitare una particolare competenza, lesiva della sfera di attribuzione costituzionale del ricorrente (sentenza n. 259 del 2019).
4.2.1.– Sulla base di tali presupposti deve rigettarsi, anzitutto, l’eccezione che lamenta il difetto di tono costituzionale dei conflitti.
La Regione Calabria sostiene che il d.interm. n. 226 del 2024 e le correlate circolari introducono obblighi e divieti che eccederebbero non solo dai limiti stabiliti dall’art. 11, comma 4, della legge n. 21 del 1992, ma anche dal perimetro della competenza legislativa statale nella materia «tutela della concorrenza», andando a interferire con le attribuzioni costituzionali regionali, legislative e regolamentari, nelle materie «trasporto pubblico locale», «turismo» e «polizia amministrativa locale» (art. 117, commi quarto e sesto, Cost.).
Ebbene, in linea con la giurisprudenza di questa Corte, è sufficiente la prospettazione, da parte della ricorrente, che siano state lese le sue competenze costituzionali, per conferire al ricorso il necessario tono (sentenze n. 164 del 2021 e n. 259 del 2019). Basta, infatti, simile doglianza a far emergere l’interesse a ricorrere, qualificato dalla finalità di ripristinare l’integrità della sfera di attribuzioni costituzionali, che si assumono menomate (ancora, sentenza n. 259 del 2019).
4.2.2.– Parimenti non fondata è la seconda eccezione dell’Avvocatura, che adduce rispetto alle circolari impugnate la carenza di autonoma portata lesiva.
La circ. MIT n. 34247 del 2024, pur presentandosi formalmente come strumento interpretativo, non si limita a fornire indirizzi generali o soluzioni ermeneutiche, ma rivela un evidente intento dispositivo nei confronti dei destinatari, definendo specifiche modalità operative, che si traducono in una regolamentazione del servizio NCC.
Si manifesta, in tal modo, una chiara volontà dello Stato di esercitare la competenza rispetto alla quale la Regione lamenta una indebita interferenza (sentenze n. 245 e n. 174 del 1996).
Anche la circ. MIT n. 36861 del 2024 non si limita a riportare una descrizione sintetica delle fasi del percorso di implementazione dei servizi, ma, nel delineare un programma di attuazione, secondo modalità e tempi prestabiliti, assume portata dispositiva ed è espressione della volontà dello Stato di esercitare una propria competenza.
Se poi le lamentate interferenze siano effettivamente riscontrabili è una valutazione che attiene al merito, che non inficia, tuttavia, l’ammissibilità dei conflitti.
4.3.– A ciò si aggiunga che non incide sull’ammissibilità dei ricorsi l’avvenuto annullamento da parte del TAR Lazio, sezione terza, sentenze 4 agosto 2025, n. 15272, n. 15273, n. 15284 e n. 15288, del d.interm. n. 226 del 2024 e delle circolari attuative.
Secondo costante giurisprudenza costituzionale, il mero annullamento dell’atto impugnato non è di per sé sufficiente a determinare la cessazione della materia del contendere, là dove persista «l’interesse del ricorrente a ottenere una decisione sull’appartenenza del potere contestato» (sentenza n. 15 del 2024, che richiama la sentenza n. 224 del 2019).
Il giudizio concernente la tipologia di conflitto in esame è, infatti, diretto «a definire l’ambito delle sfere di attribuzione dei poteri confliggenti al momento della sua insorgenza, restando di regola insensibile agli sviluppi successivi delle vicende che al conflitto abbiano dato origine» (sentenza n. 106 del 2009).
Deve rilevarsi, allora, che, nel caso in esame, sussiste «un interesse all’accertamento, il quale trae origine dall’esigenza di porre fine […] ad una situazione di incertezza in ordine al riparto costituzionale delle attribuzioni» (sentenza n. 9 del 2013). Simile interesse, per un verso, trova conferma in quanto sostenuto nelle memorie e in udienza dalla stessa Regione Calabria e, per un altro verso, risulta ulteriormente suffragato dalla possibile impugnazione delle sentenze che hanno annullato gli atti oggetto dei medesimi conflitti.
5.– Nel merito, i ricorsi sono fondati, con assorbimento dell’istanza cautelare.
6.– In via preliminare, occorre richiamare il riparto di competenze costituzionali implicate, con riferimento alla regolamentazione oggetto degli atti impugnati.
6.1.– La disciplina del servizio NCC rientra, in via generale, nell’ambito di competenza riferibile alla materia «trasporto pubblico locale». A seguito della riforma introdotta con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), essa è ascritta alle competenze legislative regionali residuali, di cui all’art. 117, quarto comma, Cost., e a quelle regolamentari regionali, di cui all’art. 117, sesto comma, Cost., come più volte sottolineato da questa Corte (ex multis, sentenze n. 183 del 2024, n. 137 e n. 78 del 2018, n. 30 del 2016 e n. 452 del 2007), anche con specifico riferimento al settore del «servizio pubblico di trasporto, di linea e non di linea» (sentenze n. 56 del 2020 e n. 5 del 2019).
6.2.– L’inquadramento sopra richiamato non esclude la possibilità che lo specifico ambito tematico intersechi discipline finalizzate al perseguimento di finalità concorrenziali, suscettibili di essere attratte dalla competenza legislativa esclusiva dello Stato, di natura finalistica e trasversale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. (ex plurimis, sentenza n. 206 del 2024).
In particolare, nella regolamentazione del servizio di trasporto NCC, può ben essere implicata la materia «tutela della concorrenza», là dove la disciplina statale persegua l’obiettivo di identificare un punto di equilibrio fra l’esercizio della libera iniziativa economica privata da parte dell’esercente il servizio NCC e la garanzia a favore dei titolari di licenze per taxi di potersi rivolgere a un’utenza indifferenziata. Solo questi ultimi, infatti, sono vincolati a un regime di obbligatorietà della prestazione e al rispetto di tariffe fisse determinate amministrativamente, a tutela dell’interesse pubblico «alla capillarità e doverosità del trasporto non di linea a costo contenuto» (sentenza n. 56 del 2020).
Se, dunque, la materia «tutela della concorrenza» – che l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. declina in chiave funzionale – può intersecare, finanche con interventi di carattere analitico, materie di competenza regionale, compreso il trasporto pubblico locale, cionondimeno, l’esercizio della competenza legislativa statale trasversale non può eccedere i limiti della ragionevolezza e proporzionalità nel perseguimento della finalità che delimita il suo stesso perimetro.
Come questa Corte ha già in passato evidenziato, «il riferimento alla tutela della concorrenza non può essere così pervasivo da assorbire, aprioristicamente, le materie di competenza regionale» (sentenza n. 98 del 2017), sicché «l’esercizio della competenza legislativa trasversale in materia, quando interseca titoli di potestà regionale, deve rispettare i limiti dell’adeguatezza e della proporzionalità rispetto al fine perseguito e agli obiettivi attesi» (sentenze n. 62 del 2025 e n. 206 del 2024; nello stesso senso, sentenza n. 56 del 2020). Il principio di proporzionalità «tanto più deve trovare rigorosa applicazione nel contesto delle relazioni fra Stato e regioni, quanto più la previsione statale comporti una significativa compressione […] dell’autonomia regionale» (sentenza n. 272 del 2015; nello stesso senso, sentenze n. 56 del 2020 e n. 206 del 2024), richiedendo di valutare se la norma, «tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi» (ex plurimis, sentenze n. 56 del 2020, n. 137 del 2018 e n. 272 del 2015).
Innestato nel contesto dei conflitti di attribuzione tra enti, il vaglio di ragionevolezza e di proporzionalità dell’esercizio di competenze legislative trasversali statali traccia la linea di demarcazione che consente di determinare l’eccedenza da tali competenze e l’interferenza con quelle regionali correlate alla specifica materia implicata (si è avvalsa del giudizio di proporzionalità, nell’ambito di conflitti di attribuzione fra Stato e regioni, la sentenza n. 374 del 2007 e, in termini simili, le sentenze n. 255 del 2019 e n. 207 del 2012).
7.– Alla luce dei richiamati principi, devono essere esaminati i vari profili oggetto dei due ricorsi.
7.1.– Il primo aspetto controverso discende dalla disciplina, di cui all’art. 4, comma 3, del d.interm. n. 226 del 2024, e dal correlato punto 4 della circ. MIT n. 34247 del 2024, che, relativamente ai servizi svolti con Modello B (partenza da luogo diverso dalla rimessa), prevedono la generazione di una “bozza” del FDSE e il vincolo temporale di almeno venti minuti che devono intercorrere tra la prenotazione e l’inizio della prestazione.
Tale obbligo a carico dell’esercente il servizio NCC non trova alcun riscontro nella base legale costituita dall’art. 11, comma 4, della legge n. 21 del 1992, che si limita a demandare al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con decreto adottato di concerto con il Ministero dell’interno, la definizione delle «specifiche tecniche» del foglio di servizio elettronico.
Inoltre, e soprattutto, l’introduzione di un tempo minimo operativo tra la prenotazione e la corsa risulta una misura sproporzionata rispetto alla finalità antielusiva, volta a evitare che il servizio NCC possa rivolgersi a una utenza indifferenziata, riservata ai soli titolari di licenze per taxi. Simile obiettivo, infatti, è già adeguatamente presidiato dal citato art. 11, comma 4, della legge quadro n. 21 del 1992, là dove prevede l’obbligo per l’esercente del servizio NCC di ricevere le richieste di servizio presso la rimessa o la sede, anche mediante l’utilizzo di strumenti tecnologici, nonché quello di compilare e tenere il foglio di servizio elettronico e di esibirlo in caso di controlli.
Per converso, la regola dei venti minuti fra la prenotazione e la prestazione del servizio determina un aggravio organizzativo e gestionale che travalica il limite della stretta necessità e, surrettiziamente, consegue lo stesso risultato sotteso alla disciplina che questa Corte ha già dichiarato costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 56 del 2020.
Da un lato, infatti, l’intervallo minimo di venti minuti tra la prenotazione e l’inizio del servizio (art. 4, comma 3, lettera a, del d.interm. n. 226 del 2024), unitamente alla previsione secondo cui la partenza di quello nuovo deve coincidere con l’arrivo del precedente (lettera b, del comma appena citato), finisce per consentire l’inizio di un nuovo servizio, senza rientro in rimessa, solo nei casi in cui sul FSDE siano «registrate, sin dalla partenza dalla rimessa o dal pontile d’attracco, più prenotazioni di servizio oltre la prima» (art. 11, comma 4-bis, della legge n. 21 del 1992). Sennonché, una tale restrizione della possibilità di effettuare la prestazione di trasporto NCC, senza rientro in rimessa, coincide proprio con la disciplina prevista dal citato art. 11, comma 4-bis, introdotto dall’art. 10-bis, comma 1, lettera f), del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, e dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla citata sentenza n. 56 del 2020.
Da un altro lato, fuori dai casi di più prenotazioni registrate sin dalla partenza da rimessa, la combinazione di tre vincoli – ovverosia, del divieto di stazionamento su suolo pubblico (art. 11, comma 3, della legge n. 21 del 1992), dell’intervallo minimo di venti minuti tra la prenotazione e l’inizio del servizio, nonché della necessaria coincidenza della partenza del nuovo servizio con l’arrivo del precedente (art. 4, comma 3, del d.interm. n. 226 del 2024) – comporta gravose conseguenze.
Il vettore, che riceva una specifica prenotazione dopo la partenza dalla rimessa o durante il rientro, non può stazionare sul suolo pubblico, poiché non è in attesa del cliente (il che sarebbe consentito dall’art. 11, comma 4-ter, della legge n. 21 del 1992), bensì deve aspettare che decorra il tempo imposto dal decreto interministeriale e dalla circolare attuativa sopra richiamata. Di conseguenza, è costretto a circolare “a vuoto” oppure a rientrare in rimessa. In ambo i casi si generano inefficienze sistemiche e conseguenze negative per l’ambiente e, con il rientro in rimessa, si riproduce indirettamente quel medesimo vincolo, che era stato introdotto dall’art. 10-bis, comma 1, lettera e), del d.l. n. 135 del 2018, come convertito, nell’art. 11, comma 4, secondo periodo, della legge n. 21 del 1992, dichiarato costituzionalmente illegittimo sempre dalla sentenza n. 56 del 2020.
In sostanza, la violazione del principio di proporzionalità – attuata peraltro con una indiretta riproposizione di vincoli che questa Corte ha già reputato eccedenti la materia «tutela della concorrenza» – comporta una deviazione dal corretto esercizio della richiamata competenza statale trasversale, da cui discende una indebita interferenza con la competenza regionale residuale «trasporto pubblico locale», alla quale afferisce la regolamentazione delle modalità di esercizio del servizio NCC.
7.2.– Il secondo profilo censurato con i due ricorsi è collegato alla disciplina prevista dagli artt. 2, comma 1, lettere h) ed m), e 5 del d.interm. n. 226 del 2024, nonché dal correlato punto 4 della circ. MIT n. 34247 del 2024.
La prima disposizione contempla la definizione normativa sia del «contratto di durata», quale «contratto di trasporto stipulato da un vettore NCC con un committente che non esercita anche in via indiretta attività di intermediazione tra la domanda e l’offerta di servizi NCC» (art. 2, comma 1, lettera m, del d.interm. n. 226 del 2024), sia del «committente», quale «soggetto che conclude con un vettore NCC un contratto di trasporto di persone a favore di sé stesso o comunque di una utenza differenziata» (lettera h del medesimo comma).
Dal coordinamento ermeneutico fra le richiamate previsioni e la disciplina concernente la compilazione del foglio di servizio per i contratti di durata (art. 5 del d.interm. n. 226 del 2024 e punto 4 della circ. MIT n. 34247 del 2024) si evince un divieto per l’esercente il servizio NCC di stipulare contratti di trasporto di durata con soggetti che svolgano, «anche in via indiretta», attività di intermediazione.
Una espressione così lata finisce per abbracciare non solo ipotesi potenzialmente orientate a perseguire lo scopo antielusivo di evitare che l’intermediario svolga l’attività vietata all’esercente NCC, ovverosia che cerchi di intercettare una clientela indifferenziata, ma anche fattispecie non ascrivibili a tale finalità.
A titolo esemplificativo, il richiamo a chi svolga solo indirettamente attività di intermediazione è tale da inibire anche ad alberghi, agenzie di viaggio o tour operator di concludere contratti di durata per assicurare ai propri clienti servizi di trasporto certi, rapidi e a prezzi concordati, posto che sicuramente tali soggetti finiscono per svolgere, quanto meno indirettamente, una attività di intermediazione.
Sennonché, non può ritenersi che pregiudichi l’interesse pubblico sotteso alla distinzione tra il servizio taxi e quello NCC consentire a taluni di negoziare le condizioni di un servizio di trasporto da assicurare ai propri clienti.
Di conseguenza, la disciplina impugnata, nel riferirsi a coloro che svolgono, anche in maniera indiretta, attività di intermediazione, travalica il fine concorrenziale e comprime indebitamente l’autonomia contrattuale, che della concorrenza è naturale strumento.
La violazione del principio di proporzionalità nel perseguimento del fine che legittima il richiamo alla competenza legislativa statale, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., determina, anche in questo caso, una indebita interferenza con la materia di competenza regionale residuale «trasporto pubblico locale».
7.3.– Infine, l’ultimo profilo censurato con i due ricorsi si focalizza sulla disciplina che impone in via esclusiva l’uso dell’applicazione informatica per la generazione, compilazione e tenuta del FDSE istituita presso il MIT. È quanto si evince dall’art. 2, comma 1, lettera b) e dall’art. 3 del d.interm. n. 226 del 2024 e dai correlati punti delle circolari ministeriali (in specie il punto 2 della circ. MIT n. 34247 del 2024 e le fasi 2, 3 e 4 della circ. MIT n. 36861 del 2024).
La scelta di imporre un sistema centralizzato, sviluppato dallo Stato, risulta eccedente rispetto alla finalità di assicurare la verifica telematica dei dati contenuti nel foglio di servizio. Le attività di controllo, infatti, possono ben essere garantite attraverso soluzioni alternative più rispettose della libera iniziativa economica privata e dell’autonomia organizzativa degli operatori economici. Basti evocare, a riguardo, l’adozione di sistemi aperti o interoperabili gestiti da soggetti certificati e accessibili alle autorità su richiesta, secondo modelli già consolidati in altri settori regolati.
Per converso, l’imposizione di un’applicazione proprietaria, accessibile solo mediante Sistema pubblico di identità digitale (SPID) o Carta d’identità elettronica (CIE) e non interoperabile con altri strumenti tecnologici, non solo non persegue con strumenti proporzionati la finalità concorrenziale di tutelare l’attività di chi esercita il servizio di trasporto tramite taxi, ma si pone in contrasto con il principio di neutralità tecnologica. Quest’ultimo è stato riconosciuto da diversi atti normativi europei: anzitutto, la direttiva (UE) 2018/1972 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che istituisce il codice europeo delle comunicazioni elettroniche; inoltre, il regolamento (UE) n. 2024/1689 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 giugno 2024, che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale e modifica i regolamenti (CE) n. 300/2008, (UE) n. 167/2013, (UE) n. 168/2013, (UE) 2018/858, (UE) 2018/1139 e (UE) 2019/2144 e le direttive 2014/90/UE, (UE) 2016/797 e (UE) 2020/1828 (regolamento sull’intelligenza artificiale), il regolamento (UE) n. 2024/1624 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 maggio 2024, relativo alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, il regolamento n. 2024/1309 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2024, recante misure volte a ridurre i costi dell’installazione di reti di comunicazione elettronica Gigabit, che modifica il regolamento (UE) 2015/2120 e abroga la direttiva 2014/61/UE (regolamento sull’infrastruttura Gigabit) e la direttiva (UE) n. 2024/1275 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 aprile 2024, sulla prestazione energetica nell’edilizia. Ebbene, tale principio – in quanto ispirato all’esigenza di non avvantaggiare un sistema tecnologico su altri parimenti capaci di realizzare il medesimo obiettivo normativo – sottende esso stesso la tutela della concorrenza. Dunque, in base a esso, l’amministrazione, nel definire le specifiche tecniche, avrebbe potuto e dovuto evitare soluzioni proprietarie o escludenti, con i relativi vincoli, favorendo invece l’interoperabilità e la flessibilità.
Anche rispetto a tale ultimo profilo emerge, di riflesso, un’interferenza con la competenza regionale, legislativa e regolamentare, nella materia «trasporto pubblico locale», derivante da una disciplina delle modalità di esercizio del trasporto tramite NCC, che trascende i limiti della competenza legislativa statale trasversale nella materia «tutela della concorrenza».
8.– Accertata la carenza di competenza statale con riferimento a tutti i profili di disciplina oggetto dei due ricorsi, deve essere disposto l’annullamento in parte qua degli atti impugnati.
9.– Restano assorbite le doglianze concernenti l’invasione delle competenze regionali residuali, legislative e regolamentari, nelle materie «turismo» e «polizia amministrativa locale», di cui all’art. 117, commi quarto e sesto, Cost.; l’interferenza con la competenza regionale di cui all’art. 117, quinto comma, Cost., in relazione al ritenuto vulnus all’art. 49 TFUE, e la lesione del principio di leale collaborazione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara che non spettava allo Stato e, per esso, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell’interno, adottare il decreto 16 ottobre 2024, n. 226, recante la disciplina delle modalità di tenuta e di compilazione del foglio di servizio elettronico (FDSE) per il servizio di noleggio con conducente (NCC), limitatamente a:
a) l’art. 4, comma 3, che introduce il vincolo temporale di almeno venti minuti tra la prenotazione e l’inizio del servizio NCC, per i casi in cui questo non inizi dalla rimessa o dalle aree di cui all’art. 11, comma 6, della legge n. 21 del 1992;
b) gli artt. 2, comma 1, lettere h) ed m), e 5, che impediscono la stipula di contratti di durata con operatori NCC a soggetti che svolgono anche in via indiretta attività di intermediazione;
c) gli artt. 2, comma 1, lettera b), e 3, che impongono all’esercente NCC l’utilizzo esclusivo dell’applicazione informatica ministeriale per la compilazione del foglio di servizio elettronico;
2) dichiara che non spettava allo Stato e, per esso, al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti adottare:
a) la circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 3 dicembre 2024, prot. n. 34247 (Chiarimenti in ordine alle modalità di funzionamento del sistema informatico per la compilazione e gestione del Foglio di Servizio elettronico, disciplinato con Decreto Interministeriale 26 ottobre 2024, n. 226), nei punti da 2 a 6, là dove danno attuazione agli artt. 2, comma 1, lettere b), h) ed m), 3, 4, comma 3, e 5 del d.interm. n. 226 del 2024;
b) la circolare del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti 23 dicembre 2024, prot. n. 36861 (Programma progressivo di rilascio delle funzionalità del Registro Elettronico NCC e Taxi e del Foglio di Servizio Elettronico), limitatamente alle fasi 2, 3 e 4;
3) annulla per l’effetto le richiamate disposizioni degli atti impugnati.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 settembre 2025.
F.to:
Giovanni AMOROSO, Presidente
Emanuela NAVARRETTA, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 4 novembre 2025
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA