˙ Ordinanza 180/1983 (ECLI:IT:COST:1983:180)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: ELIA - Redattore:  - Relatore: PALADIN
Camera di Consiglio del 27/04/1983;    Decisione  del 08/06/1983
Deposito del 16/06/1983;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  16225
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 180

ORDINANZA 8 GIUGNO 1983

Deposito in cancelleria: 16 giugno 1983.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 170 del 22 giugno 1983.

Pres. ELIA - Rel. PALADIN

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Prof. LEOPOLDO ELIA, Presidente - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI - Prof. GIUSEPPE FERRARI - Dott. FRANCESCO SAJA - Prof. GIOVANNI CONSO - Prof. ETTORE GALLO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. unico della legge 7 novembre 1957, n. 1051; dell'art. 1 della legge 3 agosto 1949, n. 536; dell'art. 3 del d.l.lgt. 22 febbraio 1946, n. 170; dell'art. unico della legge 22 gennaio 1934, n. 36; degli artt. 57, 58, 59, 60 e 61 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (Norme disciplinanti la determinazione delle tariffe professionali di avvocati e procuratori) promosso con ordinanza emessa il 20 settembre 1978 dal Pretore di Carpi nel procedimento civile vertente tra Righi Clodo ed altra e Gualdi Maurizio, iscritta al n. 403 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 196 del 1979.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1983 il Giudice relatore Livio Paladin.

Ritenuto che il Pretore di Carpi, con ordinanza emessa il 20 settembre 1978, nel corso di un giudizio sulla liquidazione delle spese di causa, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. unico della legge 7 novembre 1957, n. 1051, dell'art. 1 della legge 3 agosto 1949, n. 536, dell'art. 3 del d.l.lgt. 22 febbraio 1946, n. 170; dell'art. unico della legge 22 gennaio 1934, n. 36; degli artt. 57, 58, 59, 60 e 61 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578: sostenendo che le norme stesse, là dove demandano al Consiglio nazionale forense la determinazione delle tariffe professionali, con la potestà di stabilire i massimi ed i minimi entro i quali l'autorità giudiziaria deve contenere la liquidazione, si porrebbero in contrasto con gli artt. 1, secondo comma, 2, 3, 24, primo, secondo e terzo comma, 25, primo comma, 41, 101, 104, primo comma, della Costituzione;

e che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo nel senso della non fondatezza.

Considerato che la Corte si è già pronunciata in proposito - sia pure con riferimento agli artt. 70, 76 e 23 Cost.- mediante le sentenze n. 20 del 1960 e n. 163 del 1971: in cui si è negato che la materia in questione formi l'oggetto di "alcuna riserva costituzionale di legge" e si è specificato che "i criteri per la fissazione dei compensi e le relative tariffe hanno tale natura che è opportuno rivederli periodicamente": donde "la convenienza d'affidarne l'aggiornamento ad un organo tecnico che sia in grado di prendere tempestive decisioni";

considerato, d'altronde, che il giudice a quo non tiene conto di tali precedenti, trascura il penultimo comma dell'art. 60 del r.d.l. n. 1578 del 1933 (in base al quale l'autorità giudiziaria, nei casi indicati dal comma medesimo, "può oltrepassare il limite massimo" od anche "attribuire l'onorario in misura inferiore al minimo") e comunque non aggiunge motivi che possano indurre la Corte a modificare il predetto orientamento; tanto più che la gran parte dei parametri costituzionali invocati non rileva affatto ai fini della soluzione del problema in esame o addirittura concorre a far ritenere del tutto infondata la proposta impugnativa (come nel caso del terzo comma dell'art. 24 Cost., per cui "sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione").

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. unico della legge 7 novembre 1957, n. 1051; 1 della legge 3 agosto 1949, n. 536; 3 del d.l.lgt. 22 febbraio 1946, n. 170; unico della legge 22 gennaio 1934, n. 36; 57, 58, 59, 60 e 61 del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 - in riferimento agli artt. 1, secondo comma, 2, 3, 24, primo, secondo e terzo comma, 25, primo comma, 41, 101, 104, primo comma, Cost. - sollevata dal Pretore di Carpi con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 1983.

F.to: LEOPOLDO ELIA - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI - FRANCESCO SAJA - GIOVANNI CONSO - ETTORE GALLO.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere