N. 43
SENTENZA 5 MARZO 1981
Deposito in cancelleria: 23 marzo 1981.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 91 del 1 aprile 1981.
Pres. AMADEI - Rel. LA PERGOLA
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI - Prof. GIUSEPPE FERRARI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale dell'Emilia - Romagna 21 gennaio 1974, n. 5 (Organizzazione del territorio nella Regione Emilia - Romagna ai fini della protezione della fauna selvatica e per l'esercizio controllato della caccia) promosso con ordinanza emessa il 9 febbraio 1977 dal Pretore di Fornovo di Taro, nei procedimenti penali riuniti a carico di Camporesi Amanzio ed altri, Percudani Mario e Cenci Gelmino ed altri, iscritta al n. 141 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 113 del 1977 e nel Bollettino ufficiale della Regione Emilia-Romagna n. 61 del 1977.
Udito nella camera di consiglio del 27 novembre 1980 il Giudice relatore Antonio La Pergola.
Ritenuto in fatto:
Con ordinanza emessa il 9 febbraio 1977, nel corso di procedimenti penali riuniti a carico di Amanzio Camporesi ed altri, il Pretore di Fornovo di Taro (Parma) ha sollevato questione di legittimità costituzionale della legge regionale della Emilia - Romagna 21 gennaio 1974, n. 5, in riferimento agli artt. 42, 3 e 39 della Costituzione.
La citata legge regionale, che viene impugnata nella sua interezza, vulnererebbe il disposto dell'art. 42 Cost. per avere sottoposto il godimento del diritto di proprietà a limiti invece riservati alla competenza del legislatore nazionale, e comunque per avere disatteso i principi che, dettati dalla normazione statale con riguardo alle riserve di caccia, avrebbero dovuto venire in rilievo nella specie. Tali principi il giudice a quo assume di poter enucleare dal sistema del t.u. della legge sulla caccia 5 giugno 1939, n. 1016. Essi esigerebbero che l'instaurazione del tipo di regime operante nelle zone di caccia autogestite sia subordinato al consenso del proprietario ovvero, dove manchi detto consenso, ad un provvedimento coattivo della autorità, al quale consegue il diritto del proprietario all'indennizzo stabilito dalla legge. Sotto il profilo della asserita violazione degli artt. 3 e 39 Cost., la questione è prospettata alla Corte, deducendo che la legge censurata discrimina arbitrariamente: 1) i cacciatori residenti fuori del territorio regionale, che non sarebbero ammessi all'attività venatoria, rispetto a coloro che risiedono nelle zone autogestite; 2) i proprietari che non sono rappresentati nei comitati previsti per la gestione della caccia, rispetto alle altre categorie - cacciatori, imprenditori e lavoratori agricoli - che lo sono; nell'ambito, poi, delle categorie rappresentate - in questo caso, anche in riferimento all'art. 39 - gli aderenti alle associazioni diverse da quelle "maggiormente rappresentative" rispetto agli aderenti a queste ultime, le sole abilitate a designare i propri rappresentanti in seno ai detti comitati; ovvero, e a maggior ragione,
chi è iscritto ad un'associazione rispetto a chi non lo è.
L'ordinanza è stata regolarmente notificata e pubblicata. Non essendovi stata costituzione di parte né avendo spiegato intervento il Presidente del Consiglio, la questione viene decisa in camera di consiglio ai sensi dell'art. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
Considerato in diritto:
Il pretore di Fornovo (Parma) prospetta alla Corte, sotto i profili descritti in narrativa, la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dell'Emilia - Romagna 21 gennaio 1974, n. 5.
Nell'ordinanza di rinvio non vi è, tuttavia, un benché minimo cenno del caso di specie, e delle ragioni per le quali si assume che la soluzione della proposta questione rilevi ai fini del decidere. Ora, qui non si può non ripetere ciò che è stato in altre occasioni affermato: il giudice che solleva la questione di legittimità costituzionale è tenuto a delibarne la non manifesta infondatezza e la rilevanza, precisamente come esige il nostro sistema. Il radicale difetto di motivazione testé rilevato implica dunque che la questione sia dichiarata inammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale della legge regionale dell'Emilia - Romagna 21 gennaio 1974, n. 5, sollevata con l'ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 marzo 1981.
F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRTOLI - GIUSEPPE FERRARI.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere