N. 29
SENTENZA 10 FEBBRAIO 1981
Deposito in cancelleria: 13 febbraio 1981.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 48 del 17 febbraio 1981.
Pres. AMADEI - Rel. DE STEFANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI - Prof. GIUSEPPE FERRARI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio sull'ammissibilità, ai sensi dell'art. 2, comma primo, legge cost. 11 marzo 1953, n. 1, della richiesta di referendum popolare per l'abrogazione degli articoli 1, comma secondo limitatamente alle parole: "delle Forze armate dello stato e", alle parole: "concorrere alla difesa politico - militare delle frontiere e, in caso di guerra, alle operazioni militari", nonché alle parole: "concorrere al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica"; 2; 4, comma primo limitatamente alle parole: "è scelto fra i generali di Corpo d'armata dell'Esercito in servizio permanente effettivo ed", nonché alle parole: "di concerto col Ministro per la Difesa", comma secondo limitatamente alle parole: "Prende accordi con gli stati maggiori delle Forze armate per quanto è necessario in relazione all'addestramento militare e al concorso dei reparti del Corpo alle operazioni militari in caso di emergenza", e comma terzo limitatamente alle parole: "Assume la carica di Comandante in seconda il generale di divisione più anziano della Guardia di finanza"; 5, comma primo limitatamente alle parole: "possono esservi assegnati ufficiali di altre Forze armate, ai sensi del successivo articolo 7", e comma secondo (Per le esigenze addestrative di carattere militare e per il collegamento collo stato maggiore dell'Esercito è assegnato al Comando generale un generale di brigata dell'Esercito in servizio permanente); 7; 8, comma primo limitatamente alle parole: "o di altre Forze armate"; 10 della legge 23 aprile 1959, n. 189 (Ordinamento del corpo della Guardia di finanza)" (n. 21 reg. ref.).
Vista l'ordinanza 2 dicembre 1980 con la quale l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha dichiarato legittima la suddetta richiesta;
udito, nella camera di consiglio del 14 gennaio 1981, il Giudice relatore Antonino De Stefano;
uditi l'avv. Mauro Mellini per il Comitato promotore del referendum e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
L'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione, ha esaminato, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n. 352, e successive modificazioni, la richiesta di referendum popolare, presentata il 26 giugno 1980 da Rippa Giuseppe, Chernbini Laura, Passeri Maria Grazia, Pergameno Silvio, Mellini Mauro e Vigevano Paolo, sul seguente quesito: "Volete voi che siano abrogati gli articoli 1, comma secondo limitatamente alle parole: "delle forze armate dello Stato e", alle parole: "concorrere alla difesa politico-militare delle frontiere e, in caso di guerra, alle operazioni militari", nonché alle parole: "concorrere al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica"; 2; 4, comma primo limitatamente alle parole: "è scelto fra i generali di Corpo d'armata dell'Esercito in servizio permanente effettivo ed", nonché alle parole: "di concerto col Ministro per la Difesa", comma secondo limitatamente alle parole: "Prende accordi con gli stati maggiori delle Forze armate per quanto è necessario in relazione all'addestramento militare e al concorso dei reparti del Corpo alle operazioni militari in caso di emergenza", e comma terzo limitatamente alle parole: "Assume la carica di Comandante in seconda il generale di divisione più anziano della Guardia di finanza"; 5, comma primo limitatamente alle parole: "possono esservi assegnati ufficiali di altre Forze armate, ai sensi del successivo articolo 7", e comma secondo (Per le esigenze addestrative di carattere militare e per il collegamento collo stato maggiore dell'Esercito è assegnato al Comando generale un generale di brigata dell'Esercito in servizio permanente); 7; 8, comma primo limitatamente alle parole: "o di altre Forze armate"; 10 della legge 23 aprile 1959, n. 189 (Ordinamento del corpo della Guardia di finanza)?".
Con ordinanza del 2 dicembre 1980, depositata in pari data, l'Ufficio centrale ha dato atto che la richiesta è stata preceduta dall'attività di promozione conforme ai requisiti di legge, che è stata presentata da soggetti che vi erano legittimati, che il deposito è avvenuto nel termine di tre mesi dalla data di vidimazione dei fogli, che la richiesta di abrogazione delle su indicate norme è stata regolarmente formulata e trascritta nella facciata contenente le firme di ciascun foglio, che il numero definitivo delle sottoscrizioni regolari supera quello di 500.000 voluto dalla Costituzione; e considerato che è indubbio il carattere legislativo dell'atto normativo sottoposto a referendum, e che al riguardo non sono intervenuti atti di abrogazione, né pronunce di illegittimità costituzionale, ha dichiarato legittima la richiesta anzidetta.
Ricevuta comunicazione dell'ordinanza, il Presidente di questa Corte ha fissato per la conseguente deliberazione il giorno 14 gennaio 1981, dandone a sua volta comunicazione ai presentatori della richiesta ed al Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 33, comma secondo, della legge n. 352 del 1970.
In una memoria presentata il 10 gennaio 1981, il Comitato promotore osserva che le disposizioni di legge, di cui propone l'abrogazione, riguardano l'inquadramento della Guardia di finanza tra le Forze armate dello Stato, la caratterizzazione militare del Corpo e l'attribuzione al medesimo di compiti prettamente militari. La richiesta di referendum mira dunque alla smilitarizzazione di un Corpo con appartenenti di alta qualificazione tecnica e con funzioni peculiari, che si integrano con quelle del settore civile dell'Amministrazione finanziaria, e non sono quindi necessariamente e naturalmente riconducibili a quelle delle Forze armate, dal cui ambito, del resto, già si sta procedendo ad escludere il Corpo delle Guardie di pubblica sicurezza. Non può sostenersi, dunque, che si tratti di una normativa a contenuto costituzionalmente vincolato, né di una serie di disposizioni non omogenee. E perciò nessun dubbio dovrebbe sorgere sulla ammissibilità del referendum.
Di diverso avviso, in una memoria, anch'essa presentata, per il Presidente del Consiglio dei ministri, il 10 gennaio 1981, è l'Avvocatura dello Stato. Secondo l'Avvocatura, infatti, la richiesta di referendum dovrebbe essere dichiarata inammissibile, per diverse ragioni. Anzitutto in riferimento al principio della omogeneità del quesito da sottoporre al corpo elettorale, e che appare violato sotto un duplice aspetto: perché la richiesta investe globalmente temi diversi ed eterogenei - e rispetto ai quali il corpo elettorale potrebbe voler assumere posizioni differenziate - quali sono, da una parte, la sottrazione del Corpo della Guardia di finanza a compiti di difesa militare e dall'altra la sottrazione ai compiti - che le norme di cui si propone l'abrogazione anche gli assegnano - di sicurezza interna. In secondo luogo perché, se è certamente ammissibile, ai sensi dell'art. 75 Cost., l'abrogazione parziale della legge attraverso il referendum popolare, la parte della legge di cui si chiede la abrogazione deve avere una sua autonomia, tale da non incidere, fino a stravolgerla, sull'economia generale della disciplina della materia. Secondo l'Avvocatura dello Stato, inoltre, la richiesta di referendum abrogativo dovrebbe ritenersi inammissibile anche in riferimento al principio indefettibile, posto dall'art. 52 della Costituzione, della esistenza e conservazione delle Forze armate dello Stato; principio con il quale la smilitarizzazione di un Corpo armato con lo strumento della abrogazione referendaria sarebbe sicuramente incompatibile. Anche ammesso, infatti, che il legislatore possa colmare la lacuna che verrebbe inevitabilmente a prodursi, per effetto della smilitarizzazione referendaria della Guardia di finanza, nella consistenza delle Forze armate, va rilevato, secondo l'Avvocatura, che la reintegrazione del numero non varrebbe a sostituire la specializzazione di un Corpo, alimentata dallo spirito della tradizione storica.
Ad integrazione del contraddittorio espressamente previsto dall'art. 33, comma terzo, della legge n. 352 del 1970, nella camera di consiglio del 14 gennaio 1981 sono stati uditi l'avvocato Mauro Mellini, per il Comitato promotore, e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri, i quali hanno rispettivamente insistito per l'ammissibilità e per l'inammissibilità del referendum.
Considerato in diritto:
La richiesta di referendum abrogativo, dichiarata legittima con ordinanza del 2 dicembre 1980 dall'Ufficio centrale costituito presso la Corte di cassazione, e sulla cui ammissibilità la Corte è ora chiamata a pronunciarsi, investe, come si rileva dal quesito, sette articoli della legge 23 aprile 1959, n. 189, relativa all'ordinamento del Corpo della Guardia di finanza. Per alcuni articoli (2, 7 e 10) si propone al corpo elettorale l'abrogazione dell'intero testo; per altri (1, 4, 5 ed 8) l'abrogazione limitata a commi o a parte di commi.
Nella memoria presentata dal Comitato promotore si precisa trattarsi di "articoli relativi all'inquadramento del Corpo stesso tra le Forze armate dello Stato, alla caratterizzazione militare ed all'attribuzione al medesimo di compiti prettamente militari"; l'abrogazione che di essi si propone al corpo elettorale "mira alla smilitarizzazione di un Corpo", le cui peculiari funzioni "non sono necessariamente e naturalmente riconducibili a quelle delle Forze armate".
L'Avvocatura dello Stato eccepisce, però, che appare anzitutto violato il principio della "omogeneità" del quesito referendario, affermato da questa Corte con la sentenza n. 16 del 1978, "perché la richiesta investe temi diversi ed eterogenei, quali la sottrazione del Corpo della Guardia di finanza a compiti di difesa militare nonché a compiti di sicurezza interna, rispetto ai quali il corpo elettorale potrebbe voler assumere posizioni differenziate".
L'obiezione è fondata. La Corte, prendendo in considerazione le disposizioni oggetto del quesito, riconosce che alcune di esse sono direttamente collegate all'attuale carattere militare del Corpo: come l'art. 1, comma secondo, a norma del quale esso fa parte integrante "delle Forze armate dello Stato", ed ha, fra gli altri compiti, quello di "concorrere alla difesa politico - militare delle frontiere, e, in caso di guerra, alle operazioni militari"; come l'intero art. 2, che elenca i gradi gerarchici in cui è ordinato il suo "personale militare"; come l'intero art. 10, che rende applicabile "ai militari del Corpo" "il regolamento di disciplina militare per l'Esercito e la legge penale militare". Anche di altri articoli, poi, si potrebbero citare espressioni ed incisi, investiti dal quesito, egualmente riconducibili al carattere militare del Corpo. Ma va nel contempo rilevato che altra disposizione, pur essa proposta per l'abrogazione, disciplina, invece, un aspetto diverso e non necessariamente conseguente alle funzioni militari del Corpo: è lo stesso comma secondo dell'art. 1, che, nello specificare distintamente i compiti che il Corpo è chiamato ad assolvere, affianca a quello prettamente militare dianzi ricordato, ed agli altri rimasti estranei al quesito, quello di "concorrere al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica".
Ora la Corte osserva che siffatto compito non verrebbe necessariamente meno per effetto della perseguita smilitarizzazione del Corpo: esso ben può essere svolto da un corpo che non sia militarmente organizzato, come è dimostrato, per tacer di altri, dalla progettata strutturazione civile, permanendo i compiti attualmente svolti, del Corpo delle Guardie di pubblica sicurezza, la cui smilitarizzazione è all'esame del Parlamento. Né può dirsi che nella specie si tratti di un compito che sia stato demandato alla Guardia di finanza in via accessoria e complementare a seguito della intervenuta sua integrazione tra le Forze armate dello Stato, risalente alla legge 8 aprile 1881, n. 149; perché ancor prima, con la legge 13 maggio 1862, n. 616, il Corpo (allora denominato delle Guardie doganali), pur nella sua struttura civile, già veniva chiamato a far parte integrante della "forza pubblica", e in tale qualità, appunto, posto fin da allora a disposizione dell'autorità per l'attuazione dell'ordine giuridico e per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica.
Il quesito referendario non riveste, pertanto, il necessario carattere di univocità, articolandosi su due temi distinti e non omogenei (difesa militare e sicurezza interna), suscettibili di determinare atteggiamenti differenziati nel corpo elettorale, la cui possibilità di scelta risulterebbe coartata dalla obbligata unicità della risposta.
Ma il quesito non pecca soltanto sotto il profilo della omogeneità. Come la Corte, svolgendo principi già enunciati nella sentenza n. 16 del 1978, ha affermato nella sentenza n.27 di data pari alla presente, con la quale è stata dichiarata inammissibile la coeva richiesta di referendum per l'abrogazione parziale della legge 27 dicembre 1977, n. 968, sulla disciplina della caccia, la imprescindibile esigenza della univocità, chiarezza e semplicità del quesito, rimane insoddisfatta anche là dove si riscontrino contraddittorietà ed incoerenza, tra la proposta abrogazione di alcune norme e la prevista permanenza di altre nello stesso contesto normativo. quanto ricorre appunto nella richiesta referendaria in esame. Nella quale, lasciandosi persistere, nel comma secondo dell'art. 1 della legge n. 189 del 1959, la integrazione del Corpo nella "forza pubblica", si richiede, invece, la eliminazione, nello stesso comma, del suo concorso "al mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica": proprio alle funzioni, cioè, alle quali è precipuamente preordinato il ricorso alla "forza pubblica", ed il cui esercizio, nell'ipotesi di un esito positivo del referendum, potrebbe nondimeno continuare ad essere richiesto al Corpo, stante il suo permanere nell'ambito della medesima "forza pubblica", in virtù di quella parte del comma secondo dell'art. 1 non toccata dalla richiesta di abrogazione. Come è fatto palese, a titolo di esempio, dall'art.24 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773, che demanda alla "forza pubblica" l'esecuzione dell'ordine di scioglimento di riunioni o assembramenti che mettano in pericolo l'ordine pubblico è la sicurezza dei cittadini; dall'art. 5 dello stesso testo unico, che autorizza l'impiego della "forza pubblica" per l'esecuzione dei provvedimenti dell'autorità di pubblica sicurezza; dall'art.20 del testo unico della legge comunale e provinciale, approvato con r.d.3 marzo 1934, n.383, che autorizza l'impiego della "forza pubblica" per l'esecuzione delle ordinanze di urgenza che il prefetto può adottare, fra l'altro, per motivi di sicurezza pubblica. Appare evidente la contraddittorietà di un quesito con il quale viene proposto all'elettore, e ad un tempo escluso dalla proposta, che cessi la possibilità dell'impiego del Corpo per il mantenimento dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Conclusivamente, la Corte dichiara inammissibile la richiesta di referendum per l'abrogazione parziale della legge n. 189 del 1959, relativa all'ordinamento del Corpo della Guardia di finanza, non riscontrando nel relativo quesito i necessari caratteri di omogeneità, coerenza ed univocità. Resta, pertanto, assorbito l'esame delle altre eccezioni formulate al riguardo dall'Avvocatura dello Stato.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione parziale della legge 23 aprile 1959, n. 189 (Ordinamento del Corpo della Guardia di finanza), nei termini indicati in epigrafe, dichiarata legittima con ordinanza del 2 dicembre 1980 dall'Ufficio centrale per il referendum, costituito presso la Corte di cassazione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 1981.
F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere