˙ Sentenza  12/1981 (ECLI:IT:COST:1981:12)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: GIONFRIDA
Udienza Pubblica del 12/11/1980;    Decisione  del 29/01/1981
Deposito del 10/02/1981;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  9399
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 12

SENTENZA 29 GENNAIO 1981

Deposito in cancelleria: 10 febbraio 1981.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 44 del 13 febbraio 1981.

Pres. AMADEI - Rel. GIONFRIDA

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI - Prof. GIUSEPPE FERRARI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della Tabella unica, quadro II, sezione D, allegato al d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1079 (determinazione dei parametri spettanti al personale dell'Amministrazione autonoma delle Poste e Telecomunicazioni), promosso con ordinanza emessa l'8 luglio 1977 dal Consiglio di Stato - Sezione VI giurisdizionale - sui ricorsi riuniti proposti da Erdini Onorio ed altri e da Onesti Giulio ed altri, iscritta al n. 534 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18 del 1978.

Visti gli atti di costituzione di Tedeschi Nicola, Ciampini Giuseppe, Del Colle Vincenzo, De Carolis Francesco e del Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni;

visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 12 novembre 1980 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;

uditi l'avv. Giuseppe Guarino per Tedeschi Nicola e Ciampini Giuseppe e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni e per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto:

- Con ordinanza emessa l'8 luglio 1977, sui ricorsi riuniti rispettivamente proposti da Erdini Onorio ed altri e da Onesti Giulio ed altri, il Consiglio di Stato - dopo aver ritenuto inammissibile il ricorso Erdini - ha sollevato questione di legittimità costituzionale della Sezione D del quadro II della Tabella unica degli stipendi allegata al d.P.R. 28 dicembre 1970 n. 1079 - nella parte in cui determina i parametri spettanti al personale dell'Amministrazione Autonoma delle Poste e Telecomunicazioni, inquadrato nella categoria del personale dell'esercizio di cui alla Tabella XI dell'art. 118 d.P.R. n. 1077 del 1970 con le qualifiche, terminale e intermedia, rispettivamente, di "dirigente superiore di esercizio ed ispettore superiore di ragioneria" e di "dirigente di esercizio ed ispettore capo di ragioneria" - per contrasto con l'articolo 76 della Costituzione, in relazione all'art. 10 legge 28 ottobre 1970 n. 775, sostitutivo dell'art.13 legge delega 18 marzo 1968 n. 249, sul riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti pubblici.

Nella parte narrativa dell'ordinanza di rinvio, il Consiglio di Stato, riassumendo i termini del giudizio a quo, ha ricordato come i ricorrenti, tutti dipendenti dell'Amministrazione PP.TT. - con l'impugnativa proposta, avverso il d.m. 31 marzo 1972, che aveva respinto il pregresso ricorso gerarchico inteso ad ottenere l'annullamento della circolare n. 10 del 1 marzo 1971 e di tutti i provvedimenti attuativi dei decreti delegati nn. 1077 e 1079 del 28 dicembre 1970 - avessero in sostanza lamentato che la carriera - da essi definita speciale cui appartenevano, degli ex Direttori ed Ispettori di Ragioneria dell'Amministrazione postale, implicante l'esercizio di funzioni di "dirigenza" di uffici e di reparti contabili - come testualmente previsto dall'art. 33 della legge 1958, n. 119, che ciò non ostante aveva qualificato "di concetto" la carriera stessa - fosse stata quindi disciplinata e retribuita dai citati decreti del 1970 con aperta violazione dei principi direttivi delle leggi di delega n. 249 del 1968 e n. 775 del 1970: venendo (ancora una volta), - inquadrata come carriera di concetto e non direttiva - , come invece avrebbe dovuto essere, ove le relative qualifiche fossero state effettivamente valutate in base al contenuto delle rispettive attribuzioni e responsabilità.

Di fronte a tale complessa doglianza, il Consiglio di Stato ha ritenuto, in premessa, inammissibile qualsiasi censura relativa a provvedimenti applicativi della legge n. 119 del 1958, per non essere stati questi tempestivamente impugnati e per non essere comunque le disposizioni della detta legge ormai più in vigore.

Ha dato (in parte), invece, spazio alle censure concernenti la normativa delegata del 28 dicembre 1970, nei termini appunto di una ipotesi di violazione dei principi direttivi fissati dal legislatore delegante e di contrasto, quindi, con l'art. 76 della Costituzione.

Nel precisare ulteriormente la portata ed i limiti della questione di costituzionalità, il Consiglio ha, per altro, ancora premesso che questa non investe il preteso inquadramento in carriera di concetto invece che nella (rivendicata) carriera direttiva:

- sia, innanzitutto, perché il legislatore delegato non era affatto vincolato ... da locuzioni o definizioni (nel caso di specie consistenti nelle parole "dirigente" o "dirigenziale") contenute in leggi precedenti; - sia perché, in realtà, i ricorrenti, se pur non erano stati inquadrati, secondo le loro aspirazioni, nella carriera direttiva, non erano stati, però neppure inquadrati, come invece da essi affermato, nella carriera di concetto, sibbene (tabella XI del d.P.R. n. 1077 del 1970) in carriera di esercizio: e ciò proprio in applicazione del criterio fondamentale della riforma voluta dal legislatore delegante, di istituire carriere "funzionali", ed in considerazione del dato di fatto, costituito dalla assoluta peculiarità ed atipicità delle mansioni pertinenti alle qualifiche rivestite dal detto personale rispetto a quelle pertinenti alle qualifiche corrispondenti del personale delle altre amministrazioni pubbliche;

- sia, infine, perché il passaggio a carriera direttiva neppure poteva considerarsi postulato dall'art. 147 d.P.R. n. 1077 del 1970 (che prevede l'inquadramento, per altro non automatico, del personale delle carriere speciali nella carriera direttiva), in quanto "le carriere cui appartenevano i ricorrenti prima della entrata in vigore della nuova normativa, non costituivano carriere speciali, disciplinate nella II parte, titolo V del t.u. n. 3 del 1957".

Stabilito, in tal modo, "che non è dato ravvisare contrasto fra leggi deleganti e decreti delegati, laddove questi istituiscono (art. 115 del d.P.R. n. 1077 del 1970) una carriera particolare e differenziata (dell'esercizio) per il personale delle Poste e delle Telecomunicazioni addetto alle mansioni espletate dai ricorrenti; e laddove in tale carriera dell'esercizio inquadrano (art. 118 dello stesso d.P.R. n. 1077 del 1970) le qualifiche prima ricomprese nella tabella F, all. 1 della legge 11 febbraio 1970 n. 27". E rilevato, anzi, che "così facendo, il legislatore delegato si è evidentemente uniformato ad uno dei criteri fondamentali del riassetto (riordinamento delle carriere in base alla qualifica funzionale)" il Consiglio ha, a questo punto, individuato il possibile vizio di incostituzionalità della normativa delegata nel punto in cui questa (Sez. D quadro II Tabella allegata al d.P.R. n. 1079) stabilisce i parametri spettanti ai ricorrenti: per il dubbio che ciò concreti una violazione - come già detto - dell'art. 76, in relazione ai principi stabiliti dal legislatore delegante.

Nel dare conto delle ragioni di tale conclusione, il giudice a quo ha invero osservato:

- "che l'art. 10 della legge delega n. 775 del 1970 dispone, nel terzo comma, che ai fini della determinazione dei parametri, la valutazione delle attribuzioni relative ai singoli gradi e qualifiche e delle conseguenti responsabilità, deve essere effettuata in modo che a parità o equivalenza di mansioni corrisponda eguale trattamento qualunque sia l'Amministrazione e l'Azienda di appartenenza;

- che lo stesso articolo, nel suo secondo comma, consente differenziazioni anche rispetto ai parametri massimi e minimi previsti dal legislatore delegante in relazione alle varie carriere, sicché il fatto che i ricorrenti non abbiano titolo ad essere inquadrati nella carriera direttiva non esclude, di per sé, che i Dirigenti superiori di esercizio e qualifiche equiparate e i Dirigenti dell'esercizio potessero, in astratto, conseguire anche parametri superiori a quelli loro assegnati;

- che le mansioni attribuite agli impiegati in questione e le conseguenti responsabilità, non appaiono sostanzialmente dissimili o non equivalenti a quelle che sono proprie di funzionari per i quali è prevista la possibilità di conseguire parametri più elevati, quali, ad es. gli appartenenti a molte carriere ex speciali, in particolare alle carriere di ragioneria";

- che, in tale contesto appunto acquista rilievo (a livello di questione di legittimità riservata alla competenza della Corte costituzionale) la ipotesi di lesione degli interessi dei ricorrenti, derivante dunque non tanto dal non essere stati ricompresi nella carriera direttiva, quanto dall'essere stati inquadrati in una carriera che consente uno sviluppo parametrico inferiore a quello per detta carriera direttiva previsto.

2. - Nel giudizio innanzi alla Corte si sono costituiti, per le parti private, Nicola Tedeschi e Giuseppe Ciampini, difesi dall'avv. Guarino; Vincenzo Del Colle e Francesco De Carolis, difesi dall'avv. Caroselli; i quali tutti hanno concluso per la declaratoria di incostituzionalità della normativa denunziata, riportandosi alle argomentazioni svolte dal Consiglio di Stato e ribadendo quelle proprie già illustrate in sede di ricorso.

In particolare, nel riaffermare il convincimento che la carriera dei ricorrenti fosse la più qualificata fra tutte le carriere speciali istituite e sostituite poi con ordinarie carriere direttive di ragioneria presso le varie Amministrazioni dello Stato, le difese hanno sottolineato la varietà e complessità delle attribuzioni demandate agli uffici che possono essere diretti da

- gestione del bilancio dell'Amministrazione;

- vigilanza, direzione e coordinamento delle molteplici attività del personale dipendente dei più grandi uffici di movimento nei centri ferroviari;

- direzione degli uffici vaglia e risparmi, nelle principali città d'Italia, svolgenti servizi di vaglia postali interni ed internazionali, riscossione di crediti, conti correnti postali, cassa;

- direzione delle Casse Provinciali, nelle quali si svolge l'ingente movimento di numerario concernente i vari e numerosi servizi "a danaro" nei rapporti con gli uffici della Provincia e con la Sezione di Tesoreria Provinciale;

- direzione di Uffici Principali promiscui, che si trovano nelle più grandi città e disimpegnano contemporaneamente servizi di movimenti di pacchi e corrispondenza e servizi "a danaro".

3. - Si è altresì costituito il Ministero resistente ed è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri: entrambi per il tramite dell'Avvocatura dello Stato.

La quale ha concluso per l'infondatezza delle questioni sollevate.

All'uopo ha sottolineato la profonda diversità ed anzi l'assoluta atipicità delle strutture degli uffici e dell'attività svolta dall'Amministrazione delle Poste.

E da ciò ha tratto argomento per ritenere non determinanti i rilievi formulati nell'ordinanza in relazione alla presunta violazione dell'art. 10 della legge di delegazione, poiché il legislatore delegato sarebbe "l'unico soggetto il quale conosce alla perfezione mansioni e responsabilità, ed è l'unico soggetto avente la idoneità, la capacità, di effettuare quel raffronto che la legge di delegazione gli ha affidato".

Non determinante sarebbe, poi, il riferimento alle carriere "ex speciali". Ed invero - nota l'Avvocatura - "per i ruoli di concetto, derivanti dal riordinamento delle ex carriere speciali, il parametro massimo di stipendio è 370, identico a quello riconosciuto al personale delle Poste che qui interessa".

E d'altra parte "le carriere speciali erano disciplinate da una normativa preesistente alla legge delega, e la sistemazione del troncone di personale di concetto nella carriera direttiva deriva dalla estrinsecazione del principio già contenuto in quella normativa particolare. In più, dato che i parametri superiori al 370 sono stati attribuiti solo ad appartenenti alle carriere direttive provenienti da carriere ex speciali, ogni riferimento a queste carriere non si arresta alla determinazione del parametro di stipendio, ma coinvolge - necessariamente - il problema dell'inquadramento dei ricorrenti nella carriera direttiva, e cioè un problema che la stessa ordinanza esclude che sia da discutere in questo processo".

Considerato in diritto:

1. - Con l'ordinanza del Consiglio di Stato in epigrafe indicata, la Corte è chiamata a decidere se contrasti con l'articolo 76 della Costituzione - in quanto non conforme ai criteri della delega di cui all'art. 10 della legge n. 775 del 1970, sostitutivo dell'art. 13 della legge n. 249 del 1968 - la Sezione D quadro II della Tabella unica degli stipendi allegata al d.P.R. 28 dicembre 1970 n. 1079, nella parte in cui determina i parametri spettanti alle qualifiche terminale (dirigente - ispettore superiore) e intermedia (dirigente - ispettore capo) del personale della carriera "dell'esercizio" dell'Amministrazione delle Poste e Telecomunicazioni, di cui alla tabella XI dello art. 118 del d.P.R. n. 1077 del 1970.

Come in narrativa detto, l'ipotesi di violazione della delega legislativa non è riferita al preteso mancato inquadramento delle qualifiche suddette nella carriera "direttiva", avendo, anzi, al riguardo il giudice a quo ritenuto - in difformità dalla prospettazione dei ricorrenti - che l'attuato inquadramento in carriera dell'"esercizio", attesa l'inerenza alle qualifiche stesse di mansioni assolutamente peculiari e tipiche dell'azienda, rispondesse proprio al criterio fondamentale della riforma voluta dal legislatore delegante, del riordinamento, cioè, secondo qualifiche funzionali.

Il criterio direttivo che si dubita violato è, invece, in particolare quello - soltanto - che si rinviene nell'inciso finale del comma secondo del citato art. 10, secondo cui, rispetto ai parametri minimo e massimo stabiliti per le varie categorie dalla stessa normativa di delega, "... differenziazioni ... potranno essere ammesse in relazione a diverse od a particolari collocazioni funzionali".

A motivo dell'ipotesi di incostituzionalità così delineata deduce testualmente il Consiglio di Stato che "le mansioni attribuite agli impiegati in questione e le conseguenti responsabilità, non appaiono sostanzialmente dissimili o non equivalenti a quelle che sono proprie di funzionari per i quali è prevista la possibilità di conseguire parametri più elevati, quali ad esempio gli appartenenti a molte carriere ex speciali, in particolare alle carriere di ragioneria .

2. - La questione non è fondata.

Va, invero, considerata l'area di discrezionalità in cui incide la scelta, qui censurata, del legislatore delegato - alla cui valutazione appunto è stato rimesso dal delegante l'eventuale superamento ("differenziazioni potranno essere ammesse") dei parametri (minimi e) massimi, stabiliti in via generale per le varie carriere, in presenza di "particolari collocazioni funzionali" - e va tenuto presente che il potere di intervento della Corte in relazione a scelte siffatte non può andare oltre il controllo di ragionevolezza.

Ora, appunto, la normativa impugnata appare non irragionevole in rapporto sia al contenuto della disciplina adottata che al trattamento comparativo di situazioni sia pur latamente analoghe.

Relativamente al primo profilo, va premesso che il legislatore delegato, con riguardo al personale dell'Amministrazione postale, di cui trattasi, si è trovato a dover valutare - nel contesto globale del riordinamento delle carriere di tutti i dipendenti dello Stato ed aziende pubbliche - mansioni ed attribuzioni assolutamente peculiari ed atipiche, per di più estremamente eterogenee anche nell'ambito della stessa qualifica.

Ed invero, i direttori ed ispettori di cui alla tabella F (carriera di concetto) allegata alla legge 1958 n. 119 (già gruppo B della L categoria ex lege 18 aprile 1940 n. 288), ai sensi della normativa indicata e dei connessi regolamenti e circolari di esecuzione (DM 14 marzo 1942, circ. 3 febbraio 1965 n. 2834 ecc.) potevano (e tale situazione non è in seguito mutata) essere alternativamente ed indifferentemente preposti alle Ragionerie provinciali aventi competenza in materia di riscontro e vigilanza contabile; ovvero invece agli Economati, che si limitano a curare la gestione di immobili e la fornitura di materiali, o alle Casse provinciali, che provvedono al movimento e custodia di fondi; agli uffici "Conti correnti", "Vaglia e risparmi"; agli uffici di Movimento postale, svolgenti esclusivo servizio di raccolta, avviamento e distribuzione di corrispondenza; agli uffici c.d. promiscui, ecc.

A ciò va aggiunta l'esistenza di rilevanti differenze dimensionali, nell'ambito dello stesso tipo di ufficio, in relazione alla diversa ampiezza dell'area di competenza territoriale delle relative sedi. Al punto che effettivamente, per talune di tali sedi considerate di maggiore importanza (Roma, Napoli, Torino ecc.) vi è stato - come dedotto dalle parti e confermato dalla istruttoria svolta dal giudice a quo - un avvicendamento tra personale con la qualifica dei ricorrenti e personale della carriera direttiva.

In tale complesso ed articolato contesto ha appunto operato il legislatore delegato.

Ed una volta che - come si è detto - la disciplina attuata non viene in discussione sotto il profilo della esistenza (anzi motivatamente esclusa) di un eventuale titolo del personale in questione ad essere inquadrato nella carriera direttiva, l'alternativa rispetto alla quale la scelta normativa va verificata è quella che in sostanza residuava al legislatore tra l'attribuire all'introdotta carriera dell'esercizio del personale delle PP.TT. (già carriera di concetto ed ex gruppo B) parametri esattamente corrispondenti a quelli del rimanente personale di concetto delle altre pubbliche amministrazioni; ovvero parametri anche superiori, ravvisando, nella specie, particolari collocazioni funzionali ex art. 10 comma terzo legge 1970 n. 775 cit.

In questa seconda evenienza non è escluso ovviamente che il legislatore potesse anche spingersi (in risposta alle aspettative della categoria interessata) fino al punto di fissare parametri più o meno equipollenti a quelli conseguiti dai ragionieri del troncone direttivo delle ex carriere speciali di altre amministrazioni dello Stato (di cui all'art. 195 t.u. 1957 n. 3 ed alle successive leggi 29 giugno 1960 n. 650; 23 ottobre 1960 n. 1196; 20 dicembre 1961 n. 1345; d.P.R. 18 novembre 1965 n. 1479 ecc.); i quali - per il meccanismo di trasformazione previsto dagli artt. 22 legge 1970 n. 775; 147 d.P.R. 1970 n. 1077 e d.P.R. 1972 n. 319 - avevano raggiunto, con l'inquadramento nella carriera direttiva ordinaria, i livelli parametrici a questa relativi.

Ma, com'è altrettanto ovvio, il legislatore poteva anche - pur di fronte ad una ritenuta non coincidenza di collocazioni funzionali tra l'introdotta carriera dell'esercizio del personale delle PP.TT. ed una normale carriera di concetto - valutare la relativa differenza in termini meno netti ed addirittura sfumati.

Quest'ultima soluzione appunto è stata in concreto adottata, articolando la scala parametrica della detta carriera dello esercizio in modo che alla qualifica iniziale ("Revisore") ed intermedia (Dirigente - ispettore) sono attribuiti parametri (173 a 232 e 262 a 302) leggermente superiori a quelli (160 a 218 e 255 e 297) delle corrispondenti qualifiche (segretario; segretario principale) della carriera ordinaria di concetto; mentre le rispettive qualifiche di vertice (dirigente superiore per l'esercizio; segretario capo, per il concetto) raggiungono il medesimo parametro terminale (370) a sua volta intermedio tra i parametri (307 e 387) assegnati al direttore di divisione ed al direttore di sezione nella carriera direttiva.

Tale soluzione può anche essere discutibile sul piano del merito.

Certo è che essa però non può dirsi intrinsecamente irragionevole; essendo coerente - ad anzi, sia pure relativamente, migliorativa - rispetto alla disciplina pregressa: che del resto, nell'arco di tempo che va dalla legge n. 119 del 1958 al 1970, il legislatore ha mantenuto ferma, nonostante i progetti ed i disegni di modifica ripetutamente portati alla sua attenzione.

Né l'irragionevolezza della normativa impugnata emerge sul piano comparativo. Ché anzi, sotto tale aspetto - che investe il secondo dei due profili innanzi accennati - appare coerente l'attribuzione al personale in questione di parametri puntualmente identici a quelli stabiliti per il personale dello esercizio di tutte le altre aziende autonome, preposte a compiti (v., ad esempio, i c.d. Dirigenti delle Stazioni, nell'Amministrazione delle Ferrovie dello stato) anch'essi particolarmente impegnativi.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della Sezione D del Quadro II della Tabella Unica degli stipendi, paghe e retribuzioni, allegata al d.P.R. 28 dicembre 1970 n. 1079, nella parte in cui determina i parametri spettanti al personale dell'esercizio dell'Amministrazione PP.TT. sollevata, con ordinanza 8 luglio 1977 del Consiglio di stato - Sezione VI giurisdizionale, per contrasto con l'art. 76 della Costituzione, in relazione all'art. 10 legge 28 ottobre 1970 n. 775, sostitutivo dell'art. 13 della legge di delega 18 marzo 1968 n. 249 (sul riassetto delle carriere e delle retribuzioni dei dipendenti pubblici).

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 29 gennaio 1981.

F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI - GIUSEPPE FERRARI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere