˙ Sentenza  9/1980 (ECLI:IT:COST:1980:9)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: ANDRIOLI
Udienza Pubblica del 10/10/1979;    Decisione  del 25/01/1980
Deposito del 30/01/1980;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  9947 10064 10065
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 9

SENTENZA 25 GENNAIO 1980

Deposito in cancelleria: 30 gennaio 1980.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 36 del 6 febbraio 1980.

Pres. AMADEI - Rel. ANDRIOLI

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 69 della legge 10 agosto 1950, n. 648 e dell'art. 59 della legge 18 marzo 1968, n. 313 (riordinamento della legislazione pensionistica di guerra) promosso con ordinanza emessa il 3 giugno 1975 dalla Corte dei conti - Sezione IV giurisdizionale per le pensioni di guerra, sul ricorso proposto da Salato Giuseppe, iscritta al n. 184 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 99 del 14 aprile 1976.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 ottobre 1979 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

udito il vice avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto:

1. - Provvedendo sul ricorso, iscritto al n. 617706, proposto da Giuseppe Salato, nato a S. Maria di Castellabate (SA) il 12 febbraio 1903, avverso il decreto 9 febbraio 1963, n. 2002109, con cui il Ministro del Tesoro gli aveva negato, tra l'altro, la riversibilità della pensione di guerra diretta, di cui fruiva, quale infortunata civile di seconda categoria, la moglie Elvira Sessa deceduta il 5 febbraio 1962 per cause diverse da quella che avevano determinato la mutilazione, la Corte dei conti - Sezione IV giurisdizionale per le pensioni di guerra, in parziale conformità alle orali conclusioni del p.m., ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento (non tanto all'art. 29 quanto) all'art. 3 Cost., la questione di costituzionalità degli artt. 69, legge 10 agosto 1950, n. 648 e 59, legge 18 marzo 1968, n. 313 (riordinamento della legislazione pensionistica di guerra); norme di cui la prima annovera la vedova e gli orfani, e non anche il vedovo fra i soggetti, cui può spettare la riversibilità di una parte della pensione fruita dal dante causa, e la seconda non annovera il vedovo tra i soggetti, cui può spettare il trattamento economico stabilito nella tabella L annessa alla stessa legge.

Nella ordinanza, emessa il 3 giugno 1975, debitamente notificata e comunicata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 99 del 14 aprile 1976 (iscritta al n. 184 ord. 1976), il giudice a quo ha richiamato alcune sentenze della Corte, che avevano disatteso questioni di legittimità relative al diverso trattamento del vedovo rispetto alla riversibilità di pensione ordinaria civile, in riferimento alle pensioni ordinarie dello Stato (sent. 119/ 1972), al trattamento di pensione della previdenza sociale (sent. 201/1972) e ai trattamenti pensionistici, amministrati dalle Casse pensioni (sent. 202/ 1972); sentenze, alle quali è comune la ratio decidendi, individuata dalla più recente in ordine di data in ciò che "nonostante l'esistenza di un'ampia e articolata normativa (soprattutto costituzionale) diretta a rendere possibile e realizzare l'eguaglianza, morale e giuridica dei cittadini, senza distinzione di sesso, è avvertita nella realtà sociale la minore probabilità che sia il marito anziché la moglie a dipendere economicamente dal coniuge".

Questa giustificazione non ha convinto la Corte dei conti, la quale per un verso esclude che a giustificare il diverso trattamento fatto al vedovo sia idoneo il carattere bellico della pensione, dato che l'esperienza della ultima guerra mondiale non ha fatto distinzione tra uomini e donne sia per quel che concerne i protagonisti sia per quel che attiene alle vittime, e per altro verso ritiene che come "l'orientamento della Corte costituzionale e quello politico-sociale odierno tendono ad eliminare ogni norma che limiti i diritti della donna in quanto tale rispetto a quelli dell'uomo in quanto tale", "così nessuna norma costituzionale o dottrina politico-sociale intende affermare che analoghi principi di eguaglianza non debbano essere seguiti nel senso opposto ossia - in altri termini - che nella legge e nel diritto la donna dev'essere uguale all'uomo ma l'uomo non può essere uguale alla donna".

2. - Avanti la Corte il Salato non si è costituito; ha invece spiegato intervento per la Presidenza del Consiglio dei ministri l'Avvocatura generale dello Stato, la quale, nell'atto depositato il 6 aprile 1976, ha concluso per l'infondatezza della prospettata questione di costituzionalità sia per due ordini di argomentazioni incentrate sul tema della pensione indiretta di guerra, sia perché a) il trattamento di riversibilità non ha carattere particolare d'ordine prevalentemente alimentare, ma si sostanzia in un diritto di natura derivativa strettamente legato alla pensione diretta fruita dal dante causa, considerato unicamente sotto l'aspetto patrimoniale, b) il fenomeno della moglie che lavora, della cui pensione in sede di riversibilità possa godere il vedovo bisognoso, è frequente nella vita sociale attuale, mentre non lo è quello della moglie invalida di guerra, della cui pensione in sede di riversibilità non ha di regola, bisogno il vedovo.

Conclude l'Avvocatura che, ove si venisse nella determinazione di riconoscere al vedovo di donna pensionata di guerra il diritto al trattamento di riversibilità, sia pure se in istato di bisogno, si creerebbe una situazione di disparità rispetto alla categoria (genitori, collaterali), cui il vedovo è attualmente equiparato, con conseguente possibile proliferazione di questioni di costituzionalità in una prospettiva di crescente "assistenzialismo".

3. - Alla pubblica udienza del 10 ottobre 1979 l'Avvocatura dello Stato si è rimessa alla giustizia della Corte in ordine alla incidenza del t.u. delle norme in materia di pensioni di guerra approvato con d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, entrato in vigore il 29 gennaio 1979 (e segnatamente degli artt. 8, 51, 55 e 133) sulla questione di costituzionalità, nella dichiarazione d'infondatezza della quale ha insistito.

Considerato in diritto:

1. - L'entrata in vigore del t.u. delle norme sulle pensioni di guerra approvato con d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, il quale tra l'altro dispone la equiparazione alla vedova del vedovo della donna deceduta a causa del servizio di guerra o attinente alla guerra o peri fatti contemplati negli artt. 8 e 9 nonché al vedovo della donna mutilata o invalida di guerra, deceduta per cause diverse da quelle che hanno determinato la invalidità, non rende necessaria la rimessione dell'incidente alla Corte dei conti perché questa verifichi la rilevanza della questione soprariferita: l'art. 133 del testo unico, invero, fa salvi gli eventuali diritti quesiti (comma lo) e accorda i nuovi o maggiori benefici, riconosciuti dal testo unico sol a far tempo dal 1 gennaio 1979 (comma 2).

2. - La questione è fondata perché non altro che la diversità di sesso, in palese contrasto con l'art. 3 Cost., motiva il deteriore trattamento fatto al vedovo della donna mutilata o invalida di guerra, poi deceduta per cause diverse da quelle che ne determinarono l'invalidità, rispetto alla condizione riservata alla vedova dalle norme impugnate. Né maggiore attendibilità è da riconoscere al rilievo, peraltro non convalidato da attendibili dati di esperienza, della minore frequenza di casi di vedovi di donne infortunate civili, decedute per le ripetute vicende.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara:

1) l'illegittimità costituzionale dell'art. 69 della legge 10 agosto 1950, n. 648, nella parte in cui non prevede, accanto alla vedova, anche il vedovo quale soggetto di diritto alla riversibilità di pensione di guerra già fruita dal coniuge;

2) l'illegittimità costituzionale dell'art. 59 della legge 18 marzo 1968, n. 313, nella parte in cui non prevede accanto alla vedova, anche il vedovo quale soggetto di diritto del trattamento economico stabilito dall'annessa tabella L.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale. Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 1980.

F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere