˙ Sentenza  8/1980 (ECLI:IT:COST:1980:8)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: GIONFRIDA
Udienza Pubblica del 10/10/1979;    Decisione  del 25/01/1980
Deposito del 30/01/1980;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  9944
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 8

SENTENZA 25 GENNAIO 1980

Deposito in cancelleria: 30 gennaio 1980.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 36 del 6 febbraio 1980.

Pres. AMADEI - Rel. GIONFRIDA

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 e dell'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153 promosso con ordinanza emessa il 14 febbraio 1976 dal pretore di Trieste, nel procedimento civile vertente tra Borri Nella e l'INPS, iscritta al n. 290 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 145 del 3 giugno 1976.

Visto l'atto di costituzione dell'INPS;

udito nell'udienza pubblica del 10 ottobre 1979 il Giudice relatore Giulio Gionfrida;

udito l'avv. Paolo Boer per l'INPS.

Ritenuto in fatto:

1. - Con ordinanza del 14 febbraio 1976, emessa in causa Borri c/ INPS, il Pretore di Trieste ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, nel testo modificato dall'art. 2 legge 1952 n. 218 e sostituito dall'art. 22 legge 1965 n. 903, e dell'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui dette norme subordinano il diritto a pensione di riversibilità, dei fratelli e sorelle superstiti permanentemente inabili al lavoro, alla condizione che l'inabilità sussista "al momento della morte del dante causa".

La violazione del precetto dell'eguaglianza si verificherebbe, secondo il giudice a quo, all'interno stesso della categoria dei collaterali, per la irrazionale ed ingiustificata esclusione, dalla detta forma di tutela previdenziale, dei collaterali divenuti inabili "successivamente" al decesso del familiare assicurato.

Del carattere immotivato di tale esclusione avrebbe, appunto, tenuto conto la Corte nel dichiarare illegittime, con sentenza n. 36 del 1975, norme della legislazione pensionistica di guerra (art. 77 legge 1950 n. 648 e art. 75 legge 1968 n. 313) contenenti disciplina analoga a quella ora denunziata.

2. - Nel giudizio innanzi alla Corte si è costituito l'INPS ed ha eccepito l'infondatezza della questione, sul rilievo che la diversità di trattamento, tra collaterali inabili alla morte del familiare assicurato o pensionato INPS. e collaterali divenuti inabili successivamente a tale evento, trarrebbe giustificazione dalla sostanziale differenza delle situazioni poste a raffronto.

Considerato in diritto:

1. - Vengono, come in narrativa detto, denunciati per dubbio di illegittimità costituzionale l'art. 13 r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, nel testo ora risultante dall'art. 22 legge 1965 n. 903, e l'art. 24 della legge 1969 n. 153, per la parte in cui dette norme subordinano il diritto a pensione, di fratelli e sorelle superstiti permanentemente inabili al lavoro, alla condizione che l'inabilità sussista "al momento della morte del dante causa".

Tale disciplina, ad avviso del pretore di Trieste che ha sollevato la questione, confliggerebbe con l'art. 3 della Costituzione, dando luogo ad una ingiustificata disparità di trattamento all'interno della categoria dei collaterali superstiti ed inabili al lavoro, con il farne dipendere la tutela previdenziale esclusivamente da un requisito temporale, quale il momento di insorgenza dell'inabilità lavorativa, del tutto inidoneo a creare sostanziali differenze tra le due fattispecie.

Ulteriore argomento a conferma della denunciata incostituzionalità della normativa impugnata si trarrebbe, sempre secondo il giudice a quo, dalla declaratoria di illegittimità di cui alla sentenza della Corte n. 36 del 25 febbraio 1975, relativa a disposizione analoga contenuta nella legislazione pensionistica di guerra, ritenuta appunto in contrasto con l'art. 3 della Costituzione e proprio con riguardo alla omessa previsione di rilevanza, per i collaterali, della inabilità successiva.

2. - La questione non è fondata.

Valgono, invero - a motivare l'infondatezza dei rilievi di illegittimità prospettati in merito all'esclusione, dalla pensione di riversibilità, dei collaterali inabili al lavoro, divenuti tali dopo la morte del familiare assicurato o pensionato - le stesse considerazioni svolte nella sentenza n. 7 in pari data, emessa da questa Corte, relativamente ad analoga esclusione del trattamento previdenziale (desumibile da altra disposizione del medesimo art. 13 del r.d.l. n. 636 del 1939) per gli orfani maggiorenni superstiti divenuti inabili al lavoro successivamente al decesso del loro genitore.

È appena il caso qui di ripetere che, anche per i collaterali, l'invalidità successivamente insorta evidenzia una eventuale situazione di bisogno che non è in collegamento temporale e causale con la morte del familiare assicurato o pensionato, onde si pone fuori delle esigenze di garanzia di "continuità" di sostentamento cui risponde l'istituto della riversibilità.

E tale disciplina non è comparabile con quella della pensione indiretta di guerra (come risultante dalla menzionata sentenza 1975 n. 36 della Corte), che è stata ritenuta rispondente ad esigenze di ordine naturale ed etico peculiari di quel regime.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 13 r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidità e la vecchiaia, per la tubercolosi e la disoccupazione involontaria), modificato dall'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218 e poi sostituito dall'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903 (Avviamento alla riforma e miglioramento dei trattamenti di pensione della previdenza sociale), e dell'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), per la parte in cui subordinano il diritto a pensione di riversibilità dei collaterali permanentemente inabili al lavoro alla condizione che tale invalidità sussista "al momento della morte del dante causa", sollevata, con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 1980.

F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere