˙ Sentenza  62/1980 (ECLI:IT:COST:1980:62)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: ANDRIOLI
Udienza Pubblica del 13/02/1980;    Decisione  del 16/04/1980
Deposito del 22/04/1980;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  11474
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 62

SENTENZA 16 APRILE 1980

Deposito in cancelleria: 22 aprile 1980.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 118 del 30 aprile 1980.

Pres. AMADEI - Rel. ANDRIOLI

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 415 e 416 cod.proc.civ., promosso con ordinanza, emessa il 10 dicembre 1975 dal Pretore di Napoli nel procedimento civile Vertente tra Daniele Giovanni e la Società Grandi Traghetti, iscritta al n. 130 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 78 del 24 marzo 1976.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 13 febbraio 1980 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

udito l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto:

Con decreto 9 ottobre 1975, stilato in calce al ricorso depositato nell'interesse di Giovanni Daniele il 6, e notificato alla convenuta s.p.a. Grandi Traghetti, in una con copia del ricorso, il 13 ottobre 1975 in Napoli, Via Marchese Campodisola 13, il Pretore di Napoli fissò per la discussione l'udienza del 26 novembre 1975. Oggetto della controversia: dichiarazione di annullamento del licenziamento intimato al Daniele con raccomandata 26 settembre 1975 e i conseguenti ordine di reintegra nel posto di lavoro e liquidazione del risarcimento dei danni a norma degli artt. 7 e 18, comma secondo, legge 20 maggio 1970, n. 300, e, in ipotesi, dell'art. 2 legge 15 luglio 1966, n. 604.

La convenuta si costituì mediante memoria difensiva 26 novembre 1975, in cui si limitò a sollevare questione di costituzionalità dell'art. 415 c.p.c., nella parte in cui dispone che tra la data di notificazione al convenuto di copia del ricorso e del decreto di fissazione della udienza di discussione e la data della udienza deve intercorrere termine non minore di trenta giorni, per il contrasto con la gradualità dei termini per la comparizione del convenuto in relazione al luogo della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di cui all'articolo 163 bis c.p.c. per il rito ordinario.

Con ordinanza 10 dicembre 1975, debitamente comunicata e notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 78 del 24 marzo 1976 (n. 130 reg. ord. 1976), il Pretore, precisato che, stante la decadenza in cui la convenuta era incorsa, la questione non poteva non essere sollevata d'ufficio, l'ha ritenuta non manifestamente infondata sulla base di diffusa motivazione, in cui pone in rilievo le distinzioni correnti tra il convenuto in processo a rito ordinario e il convenuto in controversia individuale di lavoro; distinzioni, che suonerebbero offesa agli artt. 3 e 24 Cost. "specie con riferimento all'ipotesi di notificazione da eseguirsi fuori del distretto di corte d'appello".

Nell'atto di intervento, depositato il 24 marzo 1976, la Presidenza del Consiglio dei ministri dubita della rilevanza della proposta questione nella presente specie, in cui la notificazione del ricorso e del decreto pretorile è stata eseguita nella circoscrizione della corte d'appello, e, al fine di dimostrarne la infondatezza, sottolinea le esigenze sostanziali che giustificano le peculiarità del rito speciale del lavoro. Nessuna delle parti si è costituita.

Alla udienza pubblica del 13 febbraio 1980, in cui il giudice Andrioli ha svolto la relazione, la Presidenza ha insistito nelle già prese conclusioni.

Considerato in diritto:

Posto che il ricorso in copia e il decreto pretorile di fissazione della udienza di discussione sono stati notificati nella stessa città in cui ha sede l'adita Pretura, è agevole constatare che, ove fosse applicabile l'art. 313 c.p.c., il termine per la comparizione sarebbe stato di soli quattro e non di venti giorni, quanti ne richiede il combinato disposto degli artt. 415, comma quinto, e 416, commi secondo e terzo, c.p.c.

Senonché il Pretore, ampliando la prospettazione della convenuta, non si è limitato a dubitare della congruità dei termini di comparizione in riferimento alle distanze tra la sede del giudice adito e i luoghi di notificazione del ricorso, ma dubita della sufficienza dei termini previsti nel rito speciale del lavoro per la preparazione della difesa del convenuto e, pertanto, la questione non può dirsi irrilevante sebbene sia lecito annotare che la specie, quale risulta dagli atti della controversia, non è tra le più idonee a suscitar dubbi sulla conformità degli artt. 415, comma quinto, e 416, commi secondo e terzo, c.p.c. all'art. 24, comma secondo, Cost.

Ma, pur assumendo a base della cognizione la notifica del ricorso effettuata fuori del distretto di corte d'appello, in cui ha sede il giudice adito (il che - lo si ripete - non è avvenuto nella specie che ne occupa), la Corte giudica, in conformità della sentenza n. 13/1977, non fondata la questione.

Non solo il rito ordinario, quale vige a seguito della Novella del' 50, non può essere ragionevolmente assunto ad esempio di "giusto procedimento" (le leggi successive al 1950 e recente progetto di riforma depongono in opposto senso) e, pertanto, il sospetto di violazione dell'art. 3 è ingiustificato, ma dottrina e giurisprudenza offrono del secondo comma dell'art. 416 interpretazione correttamente restrittiva, intesa ad assoggettare a preclusione soltanto le tardive eccezioni in senso proprio, alla stessa guisa che l'art. 420, comma quinto, consente al convenuto, costituitosi all'udienza di discussione, e allo stesso attore di proporre mezzi di prova, che non han potuto proporre prima. A tacere dell'arricchimento, previsto nell'art. 421, dei poteri istruttori del giudice del lavoro il cui esercizio - nel superiore interesse della giustizia - ben può colmare eventuali lacune di difesa delle parti.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità degli articoli 415 e 416 C.P.C., come sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 Cost., dal Pretore di Napoli con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 1980.

F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere