N. 59
SENTENZA 16 APRILE 1980
Deposito in cancelleria: 22 aprile 1980.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 118 del 30 aprile 1980.
Pres. AMADEI - Rel. BUCCIARELLI DUCCI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 2, lett. a), del d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413 (concessione di amnistia e indulto) promossi con le seguenti ordinanze:
1) n.3 ordinanze emesse il 17, il 10 e il 24 gennaio 1979 dal Pretore di Reggio Emilia rispettivamente nei procedimenti penali a carico di Menozzi Giovanni ed altro, Repetti Sebastiano ed altri e Oleari Benito, iscritte ai numeri 202,203 e 263 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 102 dell'11 aprile 1979 e n. 154 del 6 giugno 1979;
2) ordinanza emessa il 20 febbraio 1979 dal Pretore di Correggio nel procedimento penale a carico di Branchetti William ed altri, iscritta al n. 291 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 168 del 20 giugno 1979;
3) ordinanza emessa il 23 settembre 1978 dal Pretore di Chieri nel procedimento penale a carico di Vasino Giuseppe, iscritta al n. 406 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 196 del 18 luglio 1979.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 5 dicembre 1979 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;
udito il vice avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
1. - Con cinque ordinanze emesse dai Pretori di Reggio Emilia, di Correggio e di Chieri, iscritte rispettivamente ai nn. 202, 203, 263, 291 e 406 del registro ordinanze del 1979, è stata sollevata, in riferimento all'art. 3, primo comma, Cost., questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 2, lett. a) del d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, nella parte in cui esclude l'applicazione dell'amnistia ai reati di lesioni colpose gravi e gravissime, commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma n. 2 (indebolimento permanente di un senso o di un organo) o dal secondo comma dell'art. 583 cod. pen. (lesioni personali gravissime).
Ad avviso dei giudici a quibus non si giustificherebbe il trattamento differenziato disposto dalla norma impugnata in raffronto alle ipotesi perfettamente corrispondenti di reato di lesioni colpose commesse con violazione delle norme sulla disciplina stradale, per le quali è invece concessa amnistia.
Dall'identità del bene giuridico protetto (incolumità personale), dalla pena edittale, e dalla omogeneità di disciplina giuridica, avrebbe dovuto conseguire, secondo le ordinanze di rimessione, una parità di trattamento, onde la denunciata violazione del principio di eguaglianza.
Dalla censurata esclusione del beneficio, il solo Pretore di Reggio Emilia deduce altresì una corrispondente carenza di tutela processuale, con violazione, altresì, dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione.
Nelle ordinanze di rimessione si riconosce che la scelta dei reati da ricomprendere tra quelli amnistiabili rientra nella discrezionalità legislativa, fatto salvo però il limite della ragionevolezza, il cui controllo è rimesso alla Corte costituzionale.
2. - È intervenuto in tutti i giudizi il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con unico atto di deduzioni, depositato il 30 aprile 1979, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione sollevata.
Osserva la difesa dello Stato che i criteri della eguale obiettività giuridica del reato e della identità della pena edittale non sarebbero decisivi per dimostrare l'irrazionalità della diversità di disciplina denunziata. Invero nei delitti colposi le modalità della condotta possono esser diverse quanto a disvalore giuridico ed il legislatore può aver ragionevolmente ritenuto che la violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro meritasse un trattamento più severo di quello riservato all'infrazione delle regole di circolazione stradale, anche se produttiva della lesione degli stessi beni tutelati.
Considerato in diritto:
1. - Le ordinanze di rimessione descritte in narrativa propongono sostanzialmente la medesima questione, sicché i relativi giudizi vanno definiti con unica sentenza.
2. - La Corte costituzionale è chiamata a decidere se contrasti, o meno, con l'art. 3 della Costituzione, l'art. 2 lett. a) del d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, nella parte in cui esclude l'applicazione dell'amnistia ai reati di lesioni colpose gravi e gravissime commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro (che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo comma, n. 2, o dal secondo comma, dell'art. 583 c.p.), per il dubbio che ciò realizzi un'ingiustificata disparità di trattamento rispetto allo stesso reato di lesioni colpose compiuto con violazione delle norme sulla circolazione stradale, rientrante, invece, nell'ambito dell'amnistia.
La norma impugnata è denunciata altresì - dal solo pretore di Reggio Emilia - per l'ipotesi che contrasti anche con la garanzia del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, Cost.), senza una specifica formulazione dei profili di illegittimità da cui sarebbe affetta.
3. - La questione non è fondata.
Va ricordato che secondo la giurisprudenza della Corte "compete esclusivamente al legislatore la scelta del criterio di discriminazione tra reati amnistiabili e non, e che le relative valutazioni non possono essere sindacate, salvo che ricorrano casi in cui la sperequazione normativa tra figure omogenee di reati assuma dimensioni tali da non potersi considerare sorretta da alcuna ragionevole giustificazione" (da ultimo sentenza 214/1975).
Nella specie risulta dai lavori preparatori della legge di delegazione che il legislatore ha voluto consapevolmente escludere dall'ambito dell'amnistia i reati sopra descritti. Ciò non rappresenta, ad avviso della Corte, una scelta irrazionale, sol che si consideri che la rilevante diffusione di certi reati in un determinato momento ed il conseguente allarme sociale causato dai medesimi, può costituire ragionevole motivo di discriminazione ai fini dell'amnistia (cfr. anche sentenza n. 175 del 1971). Né va ignorato che la condotta del datore di lavoro, il quale non abbia osservato le norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, può essere determinata, secondo una ragionevole presunzione, da motivi di lucro, a differenza di quella del soggetto che abbia contravvenuto alle norme sulla circolazione stradale, onde la possibilità che il legislatore disponga con maggior rigore nel primo dei casi considerati.
Potrebbe infine osservarsi che dalla affermazione della Corte secondo cui "la diversità del bene giuridico tutelato consente sempre una diversa valutazione politico - sociale ed un diverso trattamento ai fini della amnistia" non può dedursi automaticamente, dato il carattere non esaustivo del principio invocato dai giudici a quibus, che a parità dei beni giuridici protetti, dovrebbe conseguire necessariamente, in ogni caso, una pari disciplina.
4. - Del tutto priva di motivazione è la censura mossa alla norma impugnata per asserita violazione dell'art. 24, secondo comma, Cost., attesa l'assenza di una qualsiasi formulazione di profili di illegittimità prospettati.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, lett. a) d.P.R. 4 agosto 1978, n. 413, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, con le ordinanze del pretore di Reggio Emilia;
2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale della stessa norma, indicata sub 1), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, con le ordinanze in epigrafe descritte.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere