˙ Sentenza  58/1980 (ECLI:IT:COST:1980:58)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: BUCCIARELLI DUCCI
Udienza Pubblica del 07/11/1979;    Decisione  del 16/04/1980
Deposito del 22/04/1980;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  9817 9818
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 58

SENTENZA 16 APRILE 1980

Deposito in cancelleria: 22 aprile 1980.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 118 del 30 aprile 1980.

Pres. AMADEI - Rel. BUCCIARELLI DUCCI

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale degli artt. 59, comma primo, n. 1 e 61 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (Disciplina delle locazioni di immobili urbani), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 22 novembre 1978 dal Giudice conciliatore di Genova nel procedimento civile vertente tra Di Vincenzo Domenico e Cevasco M. Angela, iscritta al n. 217 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 133 del 16 maggio 1979;

2) ordinanza emessa il 26 gennaio 1979 dal Giudice conciliatore di Caltanissetta nel procedimento civile vertente tra Cosentino Francesco e Di Benedetto Andrea ed altri, iscritta al n. 262 del registro ordinanze 1979 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 154 del 6 giugno 1979.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto:

1. - IL Giudice conciliatore di Genova, nel corso di un procedimento promosso dal sig. Di Vincenzo Domenico per ottenere il rilascio di una sua casa condotta in locazione dalla signora Cevasco Maria Angela, ha sollevato, in riferimento agli artt. 42, secondo comma, e 47 della Cost., questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 59, n. 1, e 61 della legge n. 392/1978, nella parte in cui subordinano il diritto del proprietario della casa di ottenerne la disponibilità alla prova della necessità di adibirla ad uso proprio, ed alla condizione di esserne proprietario da almeno un biennio.

Secondo il giudice a quo i predetti vincoli vanificherebbero il diritto di proprietà e contrasterebbero con gli invocati principi costituzionali secondo cui, rispettivamente, "la proprietà è riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i modi di acquisto e di godimento ed i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti" (art. 42) e "La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme ... Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione ..." (art. 47).

È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto di deduzioni depositato il 29 maggio 1979, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione sollevata.

Ad avviso della difesa dello Stato l'asserita violazione degli artt. 42, secondo comma, e 47 della Costituzione, è destituita da ogni fondamento.

Invero la subordinazione della facoltà di recesso all'aver acquistato la casa da almeno un biennio, va inquadrata in un'attenta e ponderata valutazione degli interessi contrapposti, razionalmente effettuata dal legislatore, ed insindacabile nel merito da questa Corte, attesoché lo stesso art. 42 rimette al legislatore la disciplina dei modi di acquisto e di godimento della proprietà, mentre la norma impugnata non pare neppure porsi in puntuale contrasto con l'indirizzo segnato dall'art. 47 della Costituzione.

2. - Il Giudice conciliatore di Caltanissetta, nel corso di un procedimento promosso da tale Cosentino Francesco nei confronti di vari conduttori di uno stabile, al fine di ottenerne il rilascio per demolire l'immobile per "realizzare le opere di urbanizzazione prescritte dalla Commissione edilizia comunale", ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,42,47 della Costituzione, questione incidentale di legittimità costituzionale del combinato disposto dagli artt. 61, 59, n. 1 e 4, della legge n. 392 del 1978, secondo cui il diritto di recesso del proprietario spetta immediatamente, qualora il proprietario intenda procedere a demolizione o a trasformazione dell'immobile, mentre può essere esercitato soltanto decorso un biennio dall'acquisto, se venga fatto valere per destinare l'immobile a propria necessità abitativa.

Secondo il giudice a quo il vizio dovrebbe essere eliminato - sembra di capire argomentando anche dalla rilevanza della questione - introducendo il requisito del biennio anche per coloro che vogliono far valere il recesso a fini di ricostruzione.

La normativa denunciata, infatti, contrasterebbe con il principio di eguaglianza favorendo i proprietari costruttori e discriminando negativamente i conduttori più poveri, che abitano i quartieri fatiscenti; nel contempo viene tuttavia asserito che l'impugnato limite del biennio vanificherebbe il diritto di proprietà con violazione degli artt. 42 e 47 della Costituzione.

È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto di deduzioni depositato il 21 giugno 1979, chiedendo dichiararsi l'infondatezza della questione proposta.

Invero secondo la difesa dello Stato, la condizione del biennio è stata introdotta per evitare che la collusione tra il locatore ed un terzo costituisca il mezzo per eludere la legge e per recare un indebito pregiudizio al conduttore. Il diverso trattamento riservato alle altre ipotesi di recesso deriva dalla loro natura intrinsecamente diversa, oggettivamente meglio accertabile e tale quindi da giustificare la disciplina differenziata, mancando la medesima ratio ed una omogeneità di situazioni comparabili.

Quanto alla disparità che le norme denunciate realizzerebbero in relazione alla qualità di costruttori di taluni locatori o alla condizione di inquilini di stabili fatiscenti, si tratta, secondo la difesa dello Stato, di una regolamentazione adeguata alla diversità delle situazioni di fatto, come tale priva di alcun vizio per violazione del principio di eguaglianza.

La pretesa, infine, che l'impugnata disciplina del requisito del biennio violi gli artt. 42 e 47 Cost., viene ritenuta dall'Avvocatura come formulata al livello di mera enunciazione, e in quanto tale non meritevole di specifica confutazione.

Considerato in diritto:

1. - Le ordinanze 217 e 262 del 1979, meglio descritte in narrativa, prospettano questioni tra loro connesse, sicché i relativi giudizi possono essere riuniti e definiti con unica sentenza.

2. - La Corte costituzionale è chiamata a decidere se gli artt. 59, primo comma, n. 1, e 61 della legge sull'equo canone n. 392 del 1978 - secondo cui il proprietario locatore di una casa ha diritto di ottenerne la disponibilità nei confronti di un conduttore che gode del regime vincolistico, subordinatamente al requisito di esserne proprietario da almeno un biennio, ed alla condizione che provi la necessità di destinare l'immobile a proprio uso abitativo o commerciale - contrastino, o meno, con gli artt. 42 e 47, secondo comma, della Costituzione, dubitandosi che le suddette limitazioni violino la garanzia costituzionale assicurata all'acquisizione e al godimento del diritto di proprietà, nonché la particolare tutela del risparmio popolare, sancita per favorire l'accesso all'abitazione.

3. - Il medesimo art. 61 è altresì denunciato, nella parte in cui stabilisce che il diritto di recesso può essere esercitato immediatamente dal proprietario, nel caso intenda procedere a demolizione o trasformazione dell'immobile (art. 59, n. 4, citata legge), mentre spetta solo dopo il decorso di un biennio dall'acquisto, nel caso di destinazione dell'immobile per propria necessità, per asserito contrasto con gli artt. 3, 42, 47 Cost.

È infatti prospettato il dubbio che l'indicata disparità sia ingiustificata, in quanto danneggerebbe gli inquilini poveri costretti a vivere in immobili antiquati, e privilegerebbe i proprietari costruttori o muratori che potrebbero più facilmente rientrare nel possesso dei loro immobili. Nel contempo l'inaccessibilità per un biennio alla propria abitazione, e la mancanza di godimento che ne consegue, rappresenterebbero dei limiti che eccessivamente condizionerebbero la proprietà e l'uso della casa sviando il risparmio dall'investimento in beni abitativi.

4. - Le questioni non sono fondate e non meritano accoglimento.

La Corte costituzionale, con la sentenza 29 del 1975 ha già ritenuta non fondata la censura mossa, in riferimento agli artt. 3 e 47 della Costituzione, ad una norma di contenuto analogo a quella oggi impugnata e secondo la quale chi acquistava un appartamento già locato a un inquilino avente diritto alla proroga, non poteva far valere l'azione di necessità prima che fosse decorso un certo lasso di tempo dall'acquisto stesso, (all'epoca fissato in un triennio).

Nel passato, dunque, tale termine era più lungo dell'attuale ed il decorso dello stesso costituiva - quanto meno a seguito degli artt. 2 quarter e 1 quinquies delle leggi n. 351 del 1974 e 363 del 1975 - condizione di proponibilità della domanda giudiziale.

La norma oggi denunciata con l'ordinanza 217/79 si limita a stabilire che la facoltà di recesso, nel caso previsto dall'art. 59, n. 1, citata legge, non può essere esercitata dall'acquirente per atto tra vivi, finché non siano decorsi almeno due anni dalla data dell'acquisto (art. 61 stessa legge 392/1978).

Ad avviso della Corte il legislatore ha voluto in tal modo contemperare l'interesse del conduttore con quello del proprietario che, acquistato un appartamento condotto da altri in locazione, invochi poi il recesso per necessità, stabilendo un periodo minimo di intangibilità del rapporto locatizio, variamente graduato, a tutela della parte economicamente più debole. Tale disciplina appare ragionevole esplicazione dell'esercizio di discrezionalità legislativa, non in contrasto con gli artt. 42, secondo comma, e 47 della Costituzione.

Invero essendo rimesso al legislatore di determinare i modi di acquisto e di godimento della proprietà, non può certo affermarsi che essa venga vanificata, con conseguente violazione dell'invocato art. 42 Cost., sol perché il proprietario non può ottenere una decisione giudiziale in ordine al diritto di recesso prima che siano decorsi i prescritti due anni. Pertanto tale limite del biennio, così come configurato, non produce affatto l'asserita vanificazione del diritto di proprietà che già era stata esclusa nella precedente sentenza n. 29/1975 di questa Corte in riferimento ad una più grave limitazione. La riconosciuta utilità e ragionevolezza di tale norma vale altresì ad escludere che sia imputabile alla medesima il paventato effetto di allontanare il risparmio dal bene casa, risultando così infondata anche la denunciata violazione dell'art. 47 Cost. Quanto poi alla prospettata violazione dell'art. 42 Cost. per effetto della previsione che il locatore possa recedere dal contratto solo in caso di necessità, è sufficiente osservare che tale limitazione è giustificata nel regime transitorio dal contemperamento degli opposti interessi del locatore e del conduttore come è ampiamente ricordato nella sentenza n. 22 del 1980.

5. - La censura formulata con l'ordinanza 262/1979 non tiene conto della diversità oggettiva delle situazioni poste in comparazione, (considerate rispettivamente ai nn. 1 e 4 dell'art. 59 citata legge), erroneamente prospettando l'illegittimità della norma che, nell'ultimo dei casi indicati, non pone il decorso del biennio dall'acquisto come condizione dell'azione di recesso. Invero nel caso in cui il proprietario, ottenuta l'apposita autorizzazione amministrativa, intenda procedere ad un'opera di ricostruzione o di notevole trasformazione dell'immobile per eseguire nuove costruzioni, si verte in un'ipotesi particolare che il legislatore ha disciplinato tenendo conto, oltreché del rapporto locatore - conduttore (tutelato mediante il prescritto preavviso di sei mesi), anche degli ulteriori interessi connessi alle esigenze di incremento e miglioria del patrimonio edilizio. Sotto tale profilo va rilevato che condizione per l'azione di rilascio è il possesso della licenza o della concessione richieste dalle rigorose leggi vigenti in proposito, e che può escludersi, oggi, la possibilità che la norma favorisca intenti di speculazione edilizia del proprietario locatore. Invero è ben noto che quest'ultimo potrà ricavare dalla successiva locazione degli immobili, così ricostruiti, non più un libero prezzo di mercato bensì il reddito locatizio stabilito autoritativamente dalla legge sull'equo canone.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1. - dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 59, n. 1 e 61 della legge sull'equo canone n. 392 del 1978, sollevate, in riferimento agli artt. 42 e 47 della Costituzione con l'ordinanza n. 217 del 1979, in epigrafe descritta;

2. - dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 61 - in relazione all'art. 59, n. 4 - della citata legge 392 del 1978, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 42, e 47 della Costituzione, con l'ordinanza n. 262 del 1979, anch'essa in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 aprile 1980.

F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere