˙ Sentenza  184/1980 (ECLI:IT:COST:1980:184)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: MALAGUGINI
Camera di Consiglio del 30/10/1980;    Decisione  del 16/12/1980
Deposito del 22/12/1980;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  12132
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 184

SENTENZA 16 DICEMBRE 1980

Deposito in cancelleria: 22 dicembre 1980.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 357 del 31 dicembre 1980.

Pres. AMADEI - Rel. MALAGUGINI

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 177 bis del codice di procedura penale promosso con ordinanza emessa il 17 febbraio 1978 dal pretore di Milano, nel procedimento penale a carico di Had Hassan Mustafà, iscritta al n. 252 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 208 del 26 luglio 1978.

Udito nella camera di consiglio del 30 ottobre 1980 il Giudice relatore Alberto Malagugini.

Ritenuto in fatto:

In un procedimento penale contro Had Hassan Mustafà, residente all'estero e comprovatamente avvisato ex art. 177 bis c.p.p. (con raccomandata con ricevuta di ritorno, restituita sottoscritta), il pretore di Milano, con ordinanza in data 17 febbraio 1978, ha osservato che - non essendo stata fatta dall'imputato elezione di domicilio in Italia - le ulteriori notifiche dovrebbero essere fatte con il rito degli irreperibili. Simile procedura appare in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost.

"Infatti, a fronte di una inerzia di limitata proporzione dello interessato - nel caso di specie straniero -, in forza dell'art. 177 bis si hanno conseguenze processuali di gravità sproporzionata alla predetta inattività, vale a dire la mancata comunicazione al medesimo dell'atto fondamentale di apertura della fase più importante del procedimento penale, quella dibattimentale, in cui in dettaglio sono articolati e descritti i termini di fatto e temporali dell'accusa, per quanto siffatta comunicazione sia materialmente possibile. Noto è il domicilio all'estero dell'imputato, tecnicamente possibile è, a mezzo di plico postale raccomandato, l'invio dell'atto di "vocatio in iudicium", che così potrebbe giungere a diretta conoscenza dell'imputato, lo porrebbe in condizione di apprendere nell'indispensabile dettaglio l'imputazione e di avere notizia degli altri dati relativi allo svolgimento del giudizio (luogo e data del dibattimento ed altre indicazioni obbligatorie per legge).

Altrettanto deve dirsi per gli altri atti che segnano il progredire del procedimento penale ed alla cui comunicazione le regole di rito legano il costituirsi del giudicato. Si pensi all'estratto contumaciale, la conoscenza legale del quale determina il decorrere dei termini di impugnazione per l'imputato".

Il legislatore, secondo il giudice a quo, ha trascurato l'"evidente parallelismo" fra la situazione dell'imputato all'estero con domicilio noto, e quella ora regolata dal primo capoverso dell'art. 4 della legge 8 agosto 1977, n. 534, modificativo dell'art. 171 c.p.p. L'imputato, nel primo atto cui partecipi o nel primo atto notificatogli, è invitato a dichiarare o eleggere domicilio per le notificazioni; ed "è altresì avvertito che, in caso di mancanza, di insufficienza o di inidoneità della dichiarazione o dell'elezione, le successive notificazioni verranno eseguite nel luogo in cui l'atto è stato notificato". L'escludere per l'imputato residente all'estero tale disciplina - con il necessario adattamento, derivante dalla possibilità di comunicare solo per posta - comporterebbe invero "gravissime ed irragionevoli conseguenze: lo straniero, sulla base dei sintetici dati contenuti nell'avviso di procedimento (di solito l'articolo di legge violato, la data e il luogo del fatto) non è normalmente in grado di rendersi conto di che cosa sia accusato (e, sovente, di essere accusato di qualcosa) e di svolgere la relativa difesa. Né può avere all'estero facile ausilio tecnico da avvocati o conoscitori della normativa penale, ordinaria e speciale, italiana".

Considerato in diritto:

1. - Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dell'art. 177 bis del codice di procedura penale nella parte in cui prescrive che, nei confronti dell'imputato dimorante all'estero ad indirizzo conosciuto, al quale sia stata inviata e risulti recapitata la lettera raccomandata contenente l'avviso del procedimento pendente a suo carico con l'invito a dichiarare od eleggere domicilio nel territorio nazionale e che non abbia provveduto in proposito, decorso un congruo termine, sia emesso il decreto previsto dall'art. 170 dello stesso codice, per effetto del quale le (ulteriori) notificazioni sono eseguite mediante deposito nella cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario nel quale si procede.

La questione non è fondata.

2. - Con le precedenti sentenze n. 31 del 1965, n. 70 del 1967, n. 177 del 1974 e n. 178 del 1980, questa Corte, pur incidendo sulla normativa dell'art. 177 bis c.p.p., non ha mai negato che il fatto di risiedere all'estero pone l'imputato in una situazione particolare ed anzi ha affermato che, proprio per questo, il legislatore è tenuto a predisporre, discrezionalmente, una disciplina specifica atta a garantire l'esercizio del diritto di difesa, senza, però, compromettere quello della giurisdizione penale, in armonia con il principio della territorialità della giurisdizione stessa.

Il sistema definito dall'art. 177 bis c.p.p., che esige l'invio, a mezzo di lettera raccomandata, all'imputato residente all'estero ad indirizzo conosciuto, dell'avviso di procedimento e dell'invito a dichiarare od eleggere domicilio nel territorio nazionale, con l'avvertimento che, in difetto, sarà provveduto ai sensi dell'art. 170 c.p.p.; le ulteriori garanzie derivanti dalle pronunzie di questa Corte, per cui occorre la prova dell'avvenuta ricezione della raccomandata, contenente l'avviso e l'invito, e non può provvedersi ai sensi dell'art. 170 c.p.p. se non decorso un congruo termine; tutto ciò assicura in modo adeguato l'esercizio del diritto di difesa, dal momento che l'imputato è posto in grado, con l'elezione o dichiarazione di domicilio nel territorio nazionale, di venire a conoscenza degli ulteriori atti e del corso del procedimento.

I rilievi mossi dal giudice a quo, in ordine alle difficoltà derivanti all'imputato dalla sinteticità dei dati contenuti nell'avviso di procedimento che, normalmente, non gli consentirebbero di "rendersi conto di che cosa sia accaduto e sovente di essere accusato di qualche cosa" non sono certo riferibili alla norma denunziata, ma, se mai, ai modi burocratici della sua applicazione, che nulla impedisce al giudice di modificare rendendo più facilmente comprensibile l'indicazione dei fatti addebitati e (l'oggetto) degli articoli della legge sostanziale e processuale menzionati nell'avviso stesso.

3. - Come già ha ritenuto questa Corte con la sentenza n. 178 del 1974, la specificità della situazione in cui versa l'imputato dimorante all'estero, ad indirizzo conosciuto, giustifica una altrettanto specifica disciplina normativa del modo con cui l'imputato stesso viene posto in condizione di conoscere l'esistenza di un procedimento penale pendente nei suoi confronti per l'esercizio del diritto di difesa. Non pertinente appare, di conseguenza, la comparazione, operata dal giudice a quo, con la situazione dell'imputato dimorante nel territorio nazionale, ai fini della dichiarazione o elezione di domicilio per le notificazioni, quale disciplinata dall'art. 171, primo cpv. del codice di procedura penale, come modificato dall'articolo 4 della legge 8 agosto 1977, n. 534.

Vero è che il legislatore - ma soltanto il legislatore -, tenendo conto delle possibilità offerte dal servizio postale nazionale e dalle convenzioni internazionali in materia nonché di quelle consentite dalle convenzioni internazionali di assistenza giudiziaria in materia penale recepite nell'ordinamento interno - e quindi sin d'ora praticabili - (tra le quali si può citare la Convenzione europea firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, ratificata e resa esecutiva con legge 23 febbraio 1961, n. 215), ben potrebbe disciplinare anche in modo diverso il rapporto tra l'autorità procedente e l'imputato dimorante all'estero ad indirizzo conosciuto. Questa considerazione non incide però sulla legittimità costituzionale della norma in vigore e qui denunziata, che garantisce in modo adeguato e su un piano di uguaglianza tra tutti i soggetti che versano nella medesima situazione, l'esercizio del diritto di difesa.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 177 bis c.p.p. sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, Cost. dal pretore di Milano con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1980.

F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere