˙ Sentenza  183/1980 (ECLI:IT:COST:1980:183)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: MALAGUGINI
Camera di Consiglio del 30/10/1980;    Decisione  del 16/12/1980
Deposito del 22/12/1980;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  12131
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 183

SENTENZA 16 DICEMBRE 1980

Deposito in cancelleria: 22 dicembre 1980.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 357 del 31 dicembre 1980.

Pres. AMADEI - Rel. MALAGUGINI

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCA RONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 177 bis dei codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 10 marzo 1976 dal tribunale di Milano sull'istanza di incidente di esecuzione proposta dal Lazic Milomir, iscritta al n. 481 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 246 del 15 settembre 1976.

Udito nella camera di consiglio del 30 ottobre 1980 il Giudice relatore Alberto Malagugini.

Ritenuto in fatto:

Il tribunale di Milano, in sede di incidente di esecuzione promosso da Lazic Milomir avverso ordine di carcerazione emesso a seguito di sentenza di condanna in contumacia, con ordinanza in data 10 marzo 1976, ha osservato che all'imputato il decreto di citazione era stato notificato col rito degli irreperibili; che il domicilio all'estero dell'imputato stesso era noto al giudice del dibattimento; che tuttavia l'imputato, già sottoposto a custodia preventiva, né all'atto della scarcerazione per libertà provvisoria, né successivamente, era stato invitato a dichiarare od eleggere domicilio per le notificazioni, non essendo previsto un simile adempimento dall'art. 177 bis c.p.p. Questa disciplina, secondo il tribunale, sarebbe sospetta di contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. (e la questione sarebbe rilevante nell'incidente di esecuzione, concernendo la validità del giudizio e quindi del titolo esecutivo).

L'argomentazione muove dalla sentenza n. 31 del 1965, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il citato art. 177 bis c.p.p., nei limiti in cui consente che il decreto di irreperibilità sia emesso prima di un congruo termine per la elezione di domicilio. La previsione di un tale termine - osserva il giudice a quo - "ha come ovvio presupposto la conoscenza da parte dell'interessato dell'esistenza della facoltà medesima".

Ciò non si verifica nel caso dell'imputato che dimori all'estero in pendenza di un procedimento penale a suo carico, di cui abbia già avuto comunicazione: allo stesso le norme previste dall'art. 177 bis c.p.p. riservano un trattamento differenziato rispetto all'imputato che sì trovi all'estero prima dello inizio del procedimento a suo carico (nell'ovvio presupposto per entrambi i casi, che tale domicilio sia noto).

A quest'ultimo, infatti, l'organo procedente è tenuto a trasmettere non solo avviso di procedimento ma altresì "invito" a dichiarare o eleggere domicilio per la notificazione degli atti.

Né l'art. 177 bis c.p.p., né altre norme, peraltro, prevedono simile invito all'imputato che dimori all'estero successivamente, sì che l'art. 177 bis c.p.p., come formulato, consente un indebolimento del diritto di difesa di quest'ultimo, e una disparità di trattamento rispetto ai primo.

Considerato in diritto:

1. - Il tribunale di Milano dubita della legittimità costituzionale dell'art. 177 bis del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che l'imputato dimorante allo estero (ad indirizzo conosciuto) e che in qualunque modo sia già informato della pendenza a suo carico di un procedimento penale sia avvisato dall'autorità procedente anche della facoltà di dichiarare o eleggere domicilio ai fini delle notificazioni.

La questione è stata sollevata nel corso di un incidente di esecuzione proposto da imputato che, già detenuto in attesa di giudizio e rimesso in libertà provvisoria, era stato giudicato in contumacia, dopo che il decreto di citazione gli era stato notificato nei modi previsti dall'art. 170 cod. proc. pen.

La questione non è fondata.

2. - Il vigente sistema processuale penale è informato alla esigenza di garantire la possibilità di instaurare il contraddittorio con le parti interessate, in particolare con l'imputato, per l'esercizio del diritto di difesa.

Essenziale, a tale fine, è che la notizia del procedimento sia portata nella sfera di conoscibilità dell'imputato stesso per l'esercizio delle facoltà che, in ragione di tale sua qualità, gli sono riconosciute dall'ordinamento.

Specificatamente, con riferimento alla fattispecie in esame, l'imputato detenuto che debba essere scarcerato per causa diversa dal proscioglimento definitivo, nell'atto della scarcerazione ha l'obbligo di dichiarare od eleggere domicilio per le notificazioni; dichiarazione che, ricevuta dal direttore dello stabilimento carcerario, deve essere immediatamente comunicata all'autorità giudiziaria che ha disposto la scarcerazione (art. 171, terzo comma, c.p.p.).

Del pari, il giudice, nel primo atto del procedimento in cui è presente l'imputato, oltre ad invitarlo a scegliere un difensore, ovvero, in difetto, a nominargliene uno d'ufficio, lo invita a dichiarare o eleggere il domicilio per le notificazioni a norma dell'art. 171 c.p.p. (art. 304 c.p.p.).

Infine, nel caso di imputato dimorante all'estero ad indirizzo conosciuto, l'art. 177 bis, primo comma, c.p.p. impone l'invio dell'avviso di procedimento con il contestuale invito a dichiarare od eleggere domicilio nel territorio nazionale.

3. - Evidente è la specificità della fattispecie disciplinata dal primo comma dell'art. 177 bis c.p.p., che impone l'invio dell'avviso di procedimento con il contestuale invito a dichiarare od eleggere domicilio nel territorio nazionale all'imputato dimorante all'estero ad indirizzo conosciuto, nel presupposto che costui non sia già entrato in contatto con l'autorità giudiziaria procedente a suo carico.

Il secondo comma del medesimo art. 177 bis c.p.p. disciplina (oltre a quella, che qui non interessa, dell'imputato dimorante all'estero ad indirizzo sconosciuto) l'ipotesi dell'imputato dimorante all'estero ad indirizzo noto al quale sia stata inviata e risulti pervenuta la raccomandata contenente l'avviso di procedimento e l'invito a dichiarare od eleggere domicilio nel territorio nazionale per le notificazioni e che non abbia aderito all'invito O, pur aderendovi, abbia reso dichiarazioni insufficienti o inidonee. Soltanto all'inerzia o all'incuria dell'imputato che abbia ricevuto avviso ed invito consegue il ricorso all'art. 170 c.p.p. (in modo assolutamente identico a quanto previsto dall'art. 171, quinto comma, c.p.p., per l'ipotesi in cui manchino o siano insufficienti o inidonee la dichiarazione o l'elezione di domicilio, nel qual caso le notificazioni sono eseguite mediante deposito nella cancelleria o segreteria dell'ufficio giudiziario procedente e con immediato avviso al difensore).

Sotto il profilo denunziato, di una ingiustificata disparità di trattamento, per ciò che attiene all'esercizio del diritto di difesa, tra l'imputato dimorante all'estero ad indirizzo noto che non abbia avuto previa conoscenza del procedimento pendente a suo carico e quello dell'imputato anch'esso dimorante allo estero ad indirizzo noto che tale conoscenza, invece, abbia avuto, in uno dei modi previsti dal codice di rito, la questione non è, quindi, fondata. Evidente, è, infatti, la differenza tra le situazioni considerate, mentre va tenuto presente, altresì, che, in entrambi i casi, il decreto previsto dall'art. 170 viene emesso soltanto quando l'imputato, posto a conoscenza del procedimento a suo carico, ha omesso di avvalersi o si è avvalso in modo insufficiente o inidoneo della facoltà di dichiarare od eleggere domicilio nel territorio nazionale.

Affermata la legittimità costituzionale della norma denunziata, non spetta, invece, a questa Corte, giudice delle leggi, né individuare le violazioni di norme processuali, eventualmente verificatesi nel procedimento a quo, né indicare se e quali rimedi siano adottabili per ovviare ad esse.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 177 bis del codice di procedura penale sollevata dal tribunale di Milano, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1980.

F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere