N. 176
SENTENZA 16 DICEMBRE 1980
Deposito in cancelleria: 22 dicembre 1980.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 357 del 31 dicembre 1980.
Pres. AMADEI - Rel. BUCCIARELLI DUCCI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma primo, della legge 17 agosto 1974, n. 386 (conversione in legge, con modificazione, del d.l. 8 luglio 1974, n. 264, recante norme per l'estinzione dei debiti degli enti mutualistici nei confronti degli enti ospedalieri, il finanziamento della spesa ospedaliera e l'avvio della riforma sanitaria), promosso con ordinanza emessa il 9 novembre 1976 dal tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sul ricorso proposto da Saccinto Francesco ed altri contro l'Ente ospedaliero provinciale "Caduti in guerra" di Canosa di Puglia, iscritta al n. 197 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 148 del 1 giugno 1977.
Visti l'atto di costituzione di Saccinto Francesco ed altri e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 15 ottobre 1980 il Giudice relatore Brunetto Bucciarelli Ducci;
uditi l'avv. Mario Troccoli per Saccinto Francesco ed altri e l'avvocato dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
1. - Con ordinanza di rimessione iscritta al registro generale al n. 197 r.o. 1977, emessa il 9 novembre 1976 dal T.A.R. per la Puglia, è sollevata, in riferimento agli artt. 36, primo comma, e 3, primo comma, Cost., questione incidentale di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma primo, legge 17 agosto 1974, n. 386, nella parte in cui esclude la corresponsione di compensi agli amministratori e ai dipendenti degli enti ospedalieri per l'attività svolta quali componenti delle commissioni giudicatrici dei concorsi per l'assunzione del personale degli enti stessi.
In particolare il giudice a quo dubita che la norma impugnata violi il principio della proporzionalità della retribuzione alla quantità e qualità del lavoro prestato (art. 36, primo comma, Cost.), nel presupposto che la mancata corresponsione di compensi ai dipendenti ospedalieri membri di commissioni di concorso li privi della retribuzione che loro spetterebbe per un'attività lavorativa - come quella svolta in seno alle commissioni - che esorbita dalle loro funzioni istituzionali.
La violazione dell'art. 3, primo comma, Cost., viene invece prospettata, con riguardo all'esclusione dei compensi sia per i dipendenti che per gli amministratori degli enti ospedalieri, sotto due profili: da un lato - secondo il T.A.R. - tale divieto determinerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento retributivo tra componenti delle stesse commissioni, negando il compenso a quelli tra essi che sono amministratori o dipendenti degli ospedali e riconoscendolo a quelli che non lo sono, malgrado svolgano tutti, all'interno dell'organo collegiale, funzioni identiche sul piano della quantità e qualità, ugualmente dirette al conseguimento di un unico interesse omogeneo; b) dall'altro il divieto di compenso realizza un'irrazionale disparità di trattamento tra gli stessi amministratori e dipendenti degli enti ospedalieri, dei quali alcuni, in quanto membri delle commissioni, svolgono un'attività lavorativa supplementare, mentre gli altri, non essendo chiamati a tale incarico, hanno un impegno minore, pur percependo tutti identica retribuzione; cosicché i primi verrebbero ad essere discriminati perché obbligati a svolgere un lavoro superiore per quantità e qualità senza riceverne alcun compenso.
2. - E intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto di deduzioni depositato il 13 giugno 1977, concludendo per l'infondatezza delle questioni.
Quanto alla violazione dell'art. 36 Cost. - assume l'Avvocatura - essa non sussiste, rientrando l'attività di membro di commissione giudicatrice nelle funzioni istituzionali dei dipendenti ospedalieri, in quanto la migliore effettuazione delle operazioni concorsuali soddisfa gli interessi dell'Amministrazione ospedaliera, di cui i predetti dipendenti fanno parte. Né sussiste - secondo l'Avvocatura - alcuna violazione dell'art. 3 Cost., in quanto da un lato l'attività predetta non si aggiunge, ma si sostituisce, a quella normalmente esplicata da amministratori e dipendenti ospedalieri, cosicché nessuna discriminazione si verificherebbe a danno di quanti tra essi sono chiamati a far parte delle commissioni; dall'altro la disparità di trattamento tra membri delle stesse commissioni non è irrazionale, dal momento che la non compensabilità riguarda coloro che esplicano nelle commissioni funzioni istituzionali, a differenza degli altri componenti, per i quali l'attività svolta nelle commissioni non rientra nelle funzioni istituzionali loro proprie e quindi effettivamente si aggiunge (e non si sostituisce) a quella normalmente esplicata. Le due posizioni non sono pertanto omogenee e la previsione di un diverso trattamento da parte del legislatore trova giustificazione in tale diversità obiettiva.
3. - Nel giudizio si sono costituite altresì le parti private Francesco Saccinto, Ignazio Marceca, Paolo Puglisi e Saverio Di Gennaro, rappresentati e difesi dall'avv. Mario Troccoli, con atto depositato il 9 maggio 1977, concludendo per l'illegittimità della norma impugnata.
Con successive brevi deduzioni, depositate il 2 ottobre 1980, la difesa delle parti private ha contestato la tesi dell'Avvocatura dello Stato, assumendo che, alla stregua della normativa vigente, non si possa in alcun modo far rientrare tra le funzioni istituzionali degli amministratori e dei dipendenti degli ospedali la partecipazione alle commissioni di concorso.
Alla pubblica udienza le parti hanno ampiamente illustrato le rispettive argomentazioni, insistendo entrambe nelle conclusioni prese.
Considerato in diritto:
1. - Davanti alla Corte costituzionale viene denunciato l'art. 7, primo comma, d.l. 8 luglio 1974, n. 264 (nel testo risultante dalla legge di conversione del 17 agosto 1974, n. 386), nella parte in cui stabilisce che non debbono essere corrisposti compensi agli amministratori ed ai dipendenti degli enti ospedalieri, chiamati a far parte di commissioni per esami di concorso per l'assunzione di personale presso gli enti stessi.
La Corte è chiamata a decidere su due questioni: 1) se la norma impugnata contrasti con l'art. 36, primo comma, della Costituzione, per il dubbio che il suddetto divieto di compenso ad amministratori e dipendenti ospedalieri violi il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato; 2) se la norma stessa contrasti con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, dubitandosi che da tale divieto derivi per gli amministratori e i dipendenti ospedalieri un'ingiustificata disparità di trattamento retributivo rispetto ai componenti delle stesse commissioni che non rivestano tale qualifica - e ai quali invece il compenso è riconosciuto -e rispetto agli altri amministratori e dipendenti dell'ente che, non essendo membri delle commissioni, svolgono una minore attività lavorativa, pur percependo identica retribuzione.
2. - Le questioni non sono fondate.
Invero, riguardo alla prima questione, questa Corte, con altre sue precedenti decisioni relative al principio della giusta retribuzione, garantito dall'art. 36 Cost., ha affermato che la tutela costituzionale non si estende ad ogni compenso che sia il corrispettivo di un qualsiasi tipo di prestazione, ma intende piuttosto assicurare al lavoratore e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa mediante una retribuzione che, costituendo la fonte principale di sostentamento, deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato (sent. n. 82 del 1973).
Nella specie la prestazione richiesta agli amministratori o ai dipendenti degli enti ospedalieri, nominati membri di commissioni per esami di concorso, benché istituzionale riveste carattere di occasionalità. Essa, infatti, mentre è collegata al rapporto con l'Ente in quanto la legge prescrive che alcuni componenti della commissione debbono essere amministratori o dipendenti dell'ente interessato alle assunzioni, si rivela d'altra parte del tutto eventuale, giacché da un lato ricorre solo in caso di provvista di nuovo personale, dall'altro per effetto della rotazione non incombe sempre sulle stesse persone. Di tal che un apposito emolumento non si porrebbe quale fonte ordinaria e continuativa di retribuzione tesa ad assicurare al lavoratore un'esistenza libera e dignitosa, bensì come un'ulteriore utilità, la cui concessione è rimessa al giudizio discrezionale del legislatore, non ricadendo nell'ambito della tutela disposta dall'art. 36 della Costituzione.
3. - Per quanto riguarda la seconda questione, che investe il principio di uguaglianza, è evidente la diversità di situazione in cui versano gli amministratori e i dipendenti degli enti ospedalieri rispetto ai membri "esterni" componenti la stessa commissione di concorso, in quanto solo questi ultimi - a differenza dei primi - sono chiamati a svolgere un'attività del tutto aliena dai compiti da essi espletati istituzionalmente. Sicché, se la legge prevede la corresponsione di emolumenti solo in favore di tali soggetti, escludendola per i componenti "interni" della commissione, non può dirsi che il trattamento preordinato dal legislatore sia sprovvisto di ragionevolezza o che costituisca una diversificazione arbitraria nei confronti del personale ospedaliero.
Infine, la prospettata disparità "interna" tra amministratori o dipendenti a seconda che siano chiamati o meno a far parte della commissione non sussiste, in quanto il già richiamato sistema della rotazione previsto dal legislatore realizza una sostanziale equiparazione di prestazioni lavorative all'interno di ogni qualifica, cosicché non si verifica alcuna discriminazione a parità di retribuzione ordinaria connessa alla qualifica stessa.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 7, comma primo, d.l. 8 luglio 1974, n. 264 (convertito con legge 17 agosto 1974, n. 386), sollevate, in riferimento agli artt. 36 e 3 della Costituzione, con l'ordinanza del T.A.R. per la Puglia indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere