N. 174
SENTENZA 16 DICEMBRE 1980
Deposito in cancelleria: 22 dicembre 1980.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 357 del 31 dicembre 1980.
Pres. AMADEI - Rel. REALE
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: AVV. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - AVV. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - AVV. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 26, lett. b) e 30, lett. a) e b), del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 36 (Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore), promosso con ordinanza emessa il 13 ottobre 1977 dalla Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili - sul ricorso proposto dal Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Roma contro Mirelli di Teora Luigi ed altri, iscritta al n. 237 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 164 del 14 giugno 1978.
Visti gli atti di costituzione di Mirelli di Teora Luigi e del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati e Procuratori di Roma;
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 15 ottobre 1980 il Giudice relatore Oronzo Reale;
uditi gli avvocati Giuseppe Valensise e Fernando della Rocca per il Consiglio dell'ordine degli Avvocati e Procuratori di Roma, gli avvocati Leopoldo Mazzarolli e Franco Gaetano Scoca per Mirelli di Teora Luigi e l'avvocato dello Stato Renato Carafa per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
Con ordinanza emessa il 13 ottobre 1977, le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione sollevavano, in via incidentale, questione di legittimità costituzionale degli artt. 26, lett. b) e 30, lett. a) e b) del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578 (convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 36), "Ordinamento delle professioni di avvocato e di procuratore", nella parte in cui dette norme prevedono l'iscrizione di diritto nell'albo dei procuratori e degli avvocati di magistrati militari aventi particolari requisiti, per preteso contrasto con l'art. 33, comma quinto, della Costituzione.
Il Dr. Luigi Mirelli di Teora, laureato in giurisprudenza e già componente e presidente f.f. del Tribunale Supremo militare nella sua qualità di generale di divisione dell'Esercito in s.p.e., aveva chiesto, nel 1974, al Consiglio dell'Ordine degli avvocati e procuratori di Roma l'iscrizione di diritto negli albi Professionali, in applicazione degli artt. 26, 30 e 34 del citato r.d.l. n. 1578 del 1933.
Sul ricorso del Mirelli, avverso la negativa decisione del Consiglio dell'Ordine di Roma, il Consiglio Nazionale Forense, dopo aver dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale delle norme citate in riferimento allo art. 33, quinto comma, della Costituzione, ordinò, con decisione in data 20 dicembre 1974, l'iscrizione del Mirelli negli Albi professionali.
A sua volta, il Consiglio romano proponeva ricorso per Cassazione; e, come mezzo al fine di ottenere la cassazione senza rinvio della decisione di cui si è detto, chiedeva alle Sezioni Unite di dichiarare non manifestamente infondata (e per conseguenza di rimettere all'esame della Corte costituzionale) la questione di legittimità costituzionale delle norme in base alle quali il Consiglio Nazionale Forense aveva ordinata l'iscrizione di diritto del Mirelli negli Albi professionali, per asserito contrasto con l'art. 33, comma quinto, della Costituzione.
Premesso che le norme (artt. 26, lett. a) e 30, lett. a) e b) del r.d.l. n. 1578/1933) della cui aderenza alla Costituzione si discute devono essere, nel caso concreto, richiamate unicamente nella parte in cui disciplinano l'iscrizione di diritto dei magistrati militari negli Albi professionali; rilevato ancora che " ogni distinzione circa l'appartenenza alle categorie dei componenti del Tribunale Supremo militare" non ha formato oggetto di specifica censura, che l'Ordine ricorrente non contesta in alcun modo al Mirelli la sua provenienza dalla magistratura militare; le Sezioni Unite hanno ritenuto la proposta questione di costituzionalità rilevante e non manifestamente infondata.
Rifacendosi alla giurisprudenza della Corte costituzionale relativa all'esame di Stato, le Sezioni Unite Civili hanno da un lato rilevato come la Corte abbia escluso la necessità dell'esame di Stato per talune categorie di persone in quanto esercenti attività che non hanno natura tipicamente professionale; mentre non si sono avute pronunce della Corte con riguardo a norme che, per ordinamenti professionali in cui l'esame di Stato sia previsto, " ne esonerino... particolari categorie di soggetti".
Per escludere che un siffatto sistema si ponga in contrasto con l'art. 33 della Costituzione occorrerebbe, ad avviso del Supremo Collegio remittente, interpretare la norma costituzionale nel senso che questa " malgrado la sua rigorosa formulazione" consentirebbe al legislatore ordinario di disporre che l'accertamento in concreto del possesso da parte dell'interessato della preparazione, attitudine e capacità tecnica necessarie per l'esercizio pubblico della professione prescelta possa essere effettuato anche mediante " strumenti alternativi" quali, come nella specie, esami precedentemente sostenuti od attività espletate in concreto.
Pur senza respingere una siffatta interpretazione (peraltro contrastata dalla " lettura immediata" del testo del parametro costituzionale e dalla mancanza di " puntuali interventi esplicativi della Corte costituzionale"), le Sezioni Unite ritengono che l'eventuale accoglimento di essa dovrebbe passare attraverso un'analisi dell'art. 33 Cost. " tanto approfondita e penetrante" da travalicare il limite della delibazione della manifesta infondatezza della questione, questa sola consentita al giudice ordinario.
L'ordinanza veniva ritualmente notificata e comunicata e si costituivano il Consiglio dell'Ordine degli avvocati e procuratori di Roma e il Mirelli; spiegava altresì intervento il Presidente del Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale dello Stato.
Nel suo atto di costituzione, il Consiglio di Roma osserva che la norma di cui al quinto comma dell'art. 33 della Costituzione è " chiara e tassativa" nel prescrivere la necessità dell'esame di Stato per l'accesso a determinate categorie professionali; e che la giurisprudenza della Corte non ha ammesso possibilità di deroga a tale principio.
La normativa vigente, nella parte in cui prevede l'iscrizione di diritto di magistrati della giustizia militare aventi particolari requisiti, sarebbe quindi in deciso contrasto con il precetto costituzionale; si conclude pertanto per l'accoglimento della proposta questione di costituzionalità.
Con una diffusa memoria di costituzione, il Mirelli chiede che la Corte addivenga ad una pronuncia di infondatezza della questione. A sostegno di tale tesi, vengono svolte più argomentazioni, atte ad integrarsi tra loro.
In primo luogo si respinge la tesi secondo cui solo una norma di rango costituzionale potrebbe ovviare alla prescrizione concernente l'obbligatorietà dell'esame di Stato.
Si prospetta poi, ricordata mediante l'elencazione di numerosi esempi legislativi la "politica degli equipollenti", come la norma di cui all'art. 33 Cost. sia stata interpretata dal legislatore come non preclusiva di strumenti alternativi all'esame di Stato.
Sotto tale profilo si osserva che nell'ambito stesso della legge professionale forense si prescinderebbe dall'esame di Stato per i procuratori che intendano conseguire la qualifica di avvocato e che sarebbe da considerarsi prossima l'emanazione di una legge nazionale che consenta agli avvocati degli altri Paesi della Comunità Europea di esercitare liberamente in Italia.
Si nega poi validità all'argomento che il Consiglio di Roma desume dall'esame del terzo comma dell'art. 106 Cost. se letto in relazione al primo comma e cioè che occorrerebbe una norma pariordinata per derogare ad una regola generale contenuta nella Costituzione.
Si conclude asserendo che una corretta interpretazione del parametro costituzionale invocato, tale da allargarne l'ambito letterale e perciò la pratica applicazione, sarebbe consentita siccome improntata a criteri di ragionevolezza.
L'atto di intervento dell'Avvocatura dello Stato si apre con una eccezione di irrilevanza: le norme impugnate si riferirebbero infatti ai magistrati militari, non ai giudici militari, quali il Mirelli, a cui deve riconoscersi uno "status" diverso da quello dei primi e che inoltre non sono sottoposti all'esame di concorso per l'ingresso nella Magistratura militare.
Nel merito si ritiene corretta la soluzione adottata dal legislatore, in quanto la stessa consente l'iscrizione all'Albo di qualificati operatori del diritto, in grado di far valere il superamento di severi esami concorsuali nonché il continuato esercizio di funzioni giudiziarie.
Con memorie depositate per l'udienza del 21 maggio, poi differita a quella odierna, sia il Mirelli che il Consiglio dell'Ordine di Roma hanno insistito nelle rispettive tesi.
In particolare, la difesa del Consiglio forense di Roma insiste sulla natura precettiva della norma costituzionale di riferimento.
La difesa del Mirelli, nel ribadire nel merito le tesi già esposte, respinge anche l'eccezione di irrilevanza sollevata dall'Avvocatura dello Stato. Sul punto, si osserva da un lato che tale questione sarebbe preclusa, come del resto già ritenuto nell'ordinanza di rimessione, atteso che al riguardo non venne formulata censura alcuna; e che comunque " magistrato dell'ordine militare" non può che indicare chi" abbia svolto funzioni giurisdizionali" nell'ambito della giustizia militare.
Considerato in diritto:
1. - L'ordinanza delle Sezioni Unite della Cassazione di cui in narrativa chiama la Corte a decidere se l'art. 33, comma quinto, della Costituzione, il quale prescrive un esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio professionale, consenta che quell'accertamento preventivo, fatto con serie garanzie, il quale " assicuri nell'interesse della collettività e dei clienti che il professionista abbia i requisiti di preparazione e di capacità occorrenti per il retto esercizio professionale" possa essere effettuato anche mediante strumenti alternativi e "in particolare mediante la valorizzazione di prove altra volta sostenute in vista di un esercizio di un'attività - professionale o anche non professionale - diversa" (nella specie: "esame di concorso per l'ingresso nella magistratura militare"). Di ciò, stante la " rigorosa formulazione letterale" dell'art. 33, comma quinto, della Costituzione, le Sezioni Unite della Cassazione dubitano, e perciò sollevano questione di legittimità costituzionale degli artt. 26 lett. b) e 30 lett. a) e b) del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, nelle "parti in cui attribuiscono ai magistrati militari aventi particolari requisiti il diritto di essere iscritti negli Albi professionali forensi senza il preventivo superamento di un esame di Stato".
2. - Di tale questione di legittimità costituzionale nei termini detti, le Sezioni Unite della Cassazione hanno dichiarato la rilevanza, considerando che la provenienza del dott. Mirelli dalla Magistratura militare non era contestata né dal Consiglio Nazionale Forense, nella decisione oggetto del ricorso innanzi le Sezioni Unite, né dal ricorrente Consiglio dell'Ordine di Roma; sicché la questione di legittimità costituzionale che veniva sollevata doveva riferirsi, ed esclusivamente, ai magistrati militari.
Innanzi alla Corte, tuttavia, l'Avvocatura dello Stato ha contestato la rilevanza della questione adducendo che il Mirelli aveva, sì, esercitato le funzioni di Vice Presidente del Tribunale Supremo militare in quanto ufficiale generale, ma senza avere lo status di magistrato militare.
La Corte non ritiene di poter prendere in considerazione tale contestazione, una volta che, come si è visto, la rilevanza della questione è stata affermata nei termini detti dal giudice a quo. E ciò in conformità della propria giurisprudenza che fissa nel giudizio di rilevanza espresso e motivato dal giudice che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale i limiti del controllo che la Corte può esercitare.
3. - Un esame di Stato è prescritto dall'art. 33, comma quinto, della Costituzione per l'abilitazione all'esercizio professionale. Il termine, preciso ed incisivo, usato dal Costituente ("prescritto"), toglie ogni pregio alle dispute intorno al carattere precettivo o programmatico della norma: non può essere posta in dubbio la necessità di un esame di Stato per accertare l'attitudine all'esercizio di una professione. Il legislatore ordinario è vincolato da questa prescrizione costituzionale. Peraltro, prescrivendo "un esame di Stato", senza alcuna specificazione in ordine ad esso, la norma costituzionale demanda al legislatore ordinario di determinare i criteri e il contenuto di questo esame, purché, si intende, esso soddisfi ragionevolmente l'esigenza " che un accertamento preventivo, fatto con serie garanzie, assicuri, nell'interesse della collettività e dei committenti, che il professionista abbia i requisiti di preparazione e di capacità occorrenti per il retto esercizio professionale" (sentenza n. 77 del 1964).
Se, dunque, non può disconoscersi che la legge ordinaria, cioè quella forense (artt. 21 e 29), ancorché precedente alla Costituzione, potesse determinare concretamente la portata e le modalità degli esami per l'accesso alle professioni di procuratore e di avvocato (esami che la stessa legge, artt. 20 e 28, definisce quali esami di Stato), deve ritenersi che la medesima legge ordinaria potesse stabilire la congruità, ai fini dell'accertamento della capacità professionale, dell'esame di Stato sostenuto - e sempre preceduto dalla laurea in giurisprudenza - nel concorso per l'accesso alla magistratura, nella specie quella militare. Il che, appunto, fanno gli artt. 26 lett. b) e 30 lett. a) e b), della cui legittimità costituzionale è questione, quando dispongono che, nel concorso di altri requisiti di esperienza pratica, possono essere iscritti, rispettivamente nell'Albo dei procuratori e in quello degli avvocati, " i magistrati dell'Ordine... militare", i quali, per accedere alla detta magistratura hanno dovuto sostenere un esame di concorso in materie giuridiche, ovvero provengono dalla magistratura ordinaria nella quale sono entrati superando gli esami di concorso prescritti appunto per l'accesso alla magistratura ordinaria (artt. 12 r.d. 19 ottobre 1923, n. 2316 e 20 r.d. 30 dicembre 1923, n. 2903).
Contro questa conclusione non sembra possa ricavarsi un argomento decisivo dall'art. 106, terzo comma, della Costituzione, il quale stabilisce che " su designazione del Consiglio Superiore della magistratura, possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti agli albi professionali per le giurisdizioni superiori". Si argomenta da questa disposizione che, dunque, quando volle derogare al primo comma dello stesso art. 106 che prescrive il concorso per le nomine dei magistrati, il Costituente lo scrisse nella Costituzione, il che non ha fatto per derogare dalla prescrizione dell'esame di Stato per l'esercizio professionale forense.
L'argomento potrebbe avere peso contro la pretesa di sostituire l'esame di Stato con equipollenti generici, quali l'esercizio di un'attività e di una funzione che si pretende puramente e semplicemente assimilabile a quella della professione forense, prescindendo dall'avvenuto superamento di un esame di Stato. Ma non ne ha quando il legislatore ha in sostanza, come si è detto, preso in considerazione l'appartenenza ad una magistratura che presuppone un esame di Stato di concorso sostanzialmente equiparato a quello prescritto dalla legge forense, che, per il conseguimento dell'abilitazione alla professione di procuratore, è pur esso un " esame di concorso" con " valore di esame di Stato" (art. 20 della legge forense).
In questo caso non c'è deroga al precetto dell'art. 33, quinto comma, della Costituzione, ma sua sostanziale osservanza da parte del legislatore ordinario il quale, con un giudizio che la Corte potrebbe censurare solo se irragionevole (e tale non è per le considerazioni innanzi svolte), ha riconosciuto nella legge forense l'esame di Stato concorsuale per l'accesso alla magistratura atto, al pari di quello previsto nella stessa legge, ad assicurare quell'accertamento della capacità professionale, successivamente suffragato dall'esercizio delle funzioni per il periodo previsto dalla legge, del quale innanzi si è parlato.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 26, lett. b) e 30 lett. a) e b) del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito nella legge 22 gennaio 1934, n. 36, nelle parti in cui stabiliscono che hanno diritto di essere iscritti nell'albo dei procuratori e nell'albo degli avvocati "coloro che per cinque anni almeno" e rispettivamente "coloro che per otto anni almeno" "siano stati magistrati dell'Ordine... militare", questione come in narrativa sollevata dalla Corte di Cassazione - Sezioni Unite Civili - con riferimento allo art. 33, comma quinto, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere