N. 153
SENTENZA 20 NOVEMBRE 1980
Deposito in cancelleria: 27 novembre 1980.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 332 del 3 dicembre 1980.
Pres. AMADEI - Rel. ANDRIOLI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
ha pronunciato la Seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 119, comma secondo, del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) promosso con ordinanza emessa il 2 dicembre 1975 dalla Corte d'appello di Roma, nel procedimento civile vertente tra la Soc. I.A.S.M. e la Soc. Castelli d'Italia, iscritta al n. 204 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 112 del 28 aprile 1976.
Visto l'atto di costituzione della Soc. I.A.S.M.;
udito nell'udienza pubblica del 29 ottobre 1980 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;
udito l'avv. Dario Di Gravio per la Soc. I.A.S.M.
Ritenuto in fatto:
Provvedendo sul reclamo presentato dalla soc. I.A.S.M., che si assumeva creditrice avente diritto a prededuzione, il 19 settembre 1975 avverso il decreto 31 luglio 1975 di chiusura del fallimento della soc. Castelli d'Italia, emesso dal Tribunale di Roma e affisso il 2 agosto 1975, la Corte d'appello di Roma ha giudicato rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 119, secondo comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, per il quale il decreto di chiusura, emesso dal tribunale su istanza del curatore o del debitore o d'ufficio e pubblicato nelle forme prescritte nell'art. 17 dello stesso decreto, è soggetto a reclamo entro quindici giorni dalla data di affissione, per contrasto con l'art. 24 Cost., nella parte in cui fa decorrere il termine per la proposizione del reclamo dalla data di affissione del decreto; contrasto, per evidenziare il quale ha richiamato la sentenza n. 255/1974 di questa Corte, dichiarativa della incostituzionalità dell'art. 183, primo comma, dello stesso decreto per la parte in cui detta norma faceva decorrere il termine per l'impugnazione avverso la sentenza di omologazione o di rigetto del concordato non dalla data di ricezione della comunicazione, ma dalla data di affissione della sentenza stessa.
L'ordinanza di rimessione, resa il 2 dicembre 1975, è stata comunicata e notificata nei modi di legge, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 112 del 28 aprile 1976 e iscritta al n. 204 R.O. 1976.
Avanti la Corte non ha spiegato intervento la Presidenza del Consiglio dei ministri; si è invece costituita la I.A.S.M. mediante comparsa 18 febbraio 1976, nella quale l'avv. Di Gravio, suo difensore giusta procura in margine, ha sottolineato la stretta analogia tra il caso e la specie decisa dalla Corte costituzionale con sent. n. 255/1974. Argomenti, per l'ipotesi di accoglimento dei quali il difensore, nella memoria aggiuntiva, ha sollevato questione di costituzionalità dell'art. 30 legge 11 marzo 1953, n. 87, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 70 Cost., ravvisato in ciò che il sistema normativo del sindacato di costituzionalità delle leggi in genere e il menzionato art. 30 in particolare non prevederebbero il modo con cui far fronte al vuoto legislativo provocato da pronuncia d'incostituzionalità, e nella offesa che ne seguirebbe al principio di parità tra cittadini e al diritto di difesa dei medesimi.
Alla pubblica udienza del 29 ottobre 1980, in cui il Giudice Andrioli ha svolto la relazione, l'avv. Di Gravio, difensore della I.A.S.M., ha ampiamente svolto le ragioni esposte nelle scritture.
Considerato in diritto:
La Corte, giudicando, con sent. n. 151/1980, lesivo dell'art. 24, secondo comma Cost. l'art. 18, primo comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, che individua nell'affissione il dies a quo per fare opposizione alla sentenza dichiarativa di fallimento sol quando opponente sia il fallito, ha gettato le premesse per dire infondata la questione di costituzionalità dell'art. 119, secondo comma, dello stesso r.d. n. 267/1942 nella parte in cui fa decorrere dall'affissione del decreto di chiusura del fallimento, che il tribunale pronuncia d'ufficio o su istanza del debitore o del curatore, il termine per il reclamo, legittimati a proporre il quale non sono il fallito e il curatore; esclusioni imposte non solo dallo stesso art. 119, a sensi del quale la Corte d'appello provvede sul reclamo sentiti il reclamante, il curatore e il fallito, ma anche dall'art. 18, secondo comma, che non consente a chi ha chiesto la dichiarazione di fallimento di opporsi alla sentenza dichiarativa.
La difficoltà di identificare coloro che hanno interesse a proporre reclamo contro il decreto di chiusura (ragione sulla quale non incide la sentenza n. 255/1974, resa dalla Corte sul termine per proporre appello avverso sentenza di omologazione o di rigetto della proposta di concordato, pronunciata tra parti costituite, esclusivamente legittimate all'impugnazione), in una con la esigenza di riunire in unica trattazione camerale più reclami è di per sé sufficiente a non dire lesiva del diritto di difesa degli interessati alla continuazione della procedura fallimentare la scelta del legislatore. Ma non è inopportuno soggiungere che nella ipotesi di chiusura, della quale si presenta come possibile alternativa la continuazione della procedura fallimentare (si vuol dire la ipotesi descritta nel n. 4 dell'art. 118), l'art. 121 somministra il rimedio della riapertura a chi si sente pregiudicato dal mancato reclamo avverso il decreto di chiusura.
Il rigetto della denuncia di incostituzionalità proposta dalla Corte d'appello di Roma rende superfluo l'esame della eccezione d'incostituzionalità prospettata in questa sede dalla reclamante soc. I.A.S.M.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 119, secondo comma, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, nella parte in cui fa decorrere il termine per la proposizione del reclamo dalla data di affissione del decreto di chiusura del fallimento, sollevata in riferimento all'art. 24 Cost. dalla Corte d'appello di Roma con ordinanza 2 dicembre 1975 (n. 204/1976).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere