N. 15
SENTENZA 12 FEBBRAIO 1980
Deposito in cancelleria: 15 febbraio 1980.
Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 50 del 20 febbraio 1980.
Pres. AMADEI - Rel. MALAGUGINI
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, comma secondo, della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (modifiche agli ordinamenti degli istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro) promosso con due ordinanze emesse il 13 giugno 1975 dalla Corte dei conti - Sezione III giurisdizionale, sui ricorsi di Cianfrocca Angela ved. Bosmani e Ravagli Maria Angela rispettivamente iscritte ai nn. 569 e 726 del registro ordinanze 1976 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 260 del 29 settembre 1976 e n. 10 del 12 gennaio 1977.
Udito nella camera di consiglio dell'11 ottobre 1979 il Giudice relatore Alberto Malagugini.
Ritenuto in fatto:
1. - Con decreto n. 11041 in data 17 giugno 1971, il Direttore generale degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro respinse la domanda di pensione di riversibilità di Cianfrocca Angela, vedova di un dipendente del Comune di Roma, motivando che "il matrimonio dal quale non è nata prole, è stato contratto dall'ex pensionato dopo il compimento del 72 anno di età, venendo così a mancare una delle condizioni di cui all'art. 6 della legge 22 novembre 1962, n. 1646 ".
La Corte dei conti - Sez. III giurisdizionale - investita del ricorso della Cianfrocca, con ordinanza in data 13 giugno 1975 ha osservato che mentre il nuovo Testo Unico sulle pensioni dei dipendenti statali, d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, ha disposto all'art. 81, terzo comma, che nessun limite di età fosse lasciato a carico del pensionato statale che avesse contratto tardivo matrimonio, il limite del 72 anno di età è rimasto invece in vigore per i pensionati degli Istituti di previdenza in quanto gli Istituti stessi, almeno a tutt'oggi, non hanno ancora recepito nel loro ordinamento la corrispondente innovazione in favore dei propri iscritti. Ne risulta una diversificazione di situazioni (quella dei pensionati statali e quella dei pensionati di Enti locali) che, rese parallele in virtù delle leggi n. 46 del 1958 e n. 1646 del 1962, si sono successivamente trovate differenziate senza alcuna razionale giustificazione. Al giudice a quo sembra infatti chiaro che, in ordine alle condizioni di rilevanza del matrimonio a fini pensionistici, non possono avere rilievo le differenze fra sistemi pensionistici, posto che la questione in esame riconduce a criteri "di carattere sociale e naturalistico" ugualmente riferibili a qualsiasi sistema pensionistico. L'apposizione di condizioni alla rilevanza del matrimonio intendeva garantire l'erario nelle non infrequenti ipotesi dei cosiddetti matrimoni tardivi o di comodo, in cui la tarda età tra i coniugi e la troppo breve distanza di tempo fra la celebrazione e la morte del pensionato, davano adito a legittimi sospetti, autorizzanti a ravvisare, nelle particolari situazioni del vincolo così contratto, una deviazione della funzione tipica dell'istituto matrimoniale, derivante dall'intendimento del pensionato di assicurare con malizia in limine vitae la riversibilità della pensione in favore di altra persona, cui con tale precipuo fine egli si univa. Successivamente, col mutare dei tempi e l'evoluzione sociale, con la sempre più consapevole valutazione dei diritti dell'uomo da parte dei pubblici poteri, il legislatore ha avvertito l'esigenza di rinunciare a certe cautele in sé stesse mortificanti specie se riguardate sotto il profilo di più umanizzati rapporti fra lo Stato e i dipendenti. Con il Testo Unico sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, il limite di età, previsto per gli anziani pensionati che contraevano tardo coniugio, è stato ritenuto superato e abrogato per i dipendenti statali. Da ciò l'ingiustificata discriminazione del perpetuarsi delle precedenti restrizioni a carico di altre categorie, come quella dei pensionati degli Istituti di previdenza, e quindi la censura d'illegittimità costituzionale della norma nella specie applicabile (il citato art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646) per violazione del principio di uguaglianza.
2. - Analoghe considerazioni e conclusioni sono state prospettate dalla medesima Corte dei conti - Sez. III giurisdizionale - con ordinanza in pari data su ricorso di Ravagli Maria Angela, in relazione ad altre condizioni di rilevanza del matrimonio tardivo dei pensionati degli Istituti di previdenza, previste dal medesimo art. 6 sopra citato in funzione della differenza di età fra i coniugi.
Le ordinanze sono state ritualmente comunicate, notificate e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale.
Nei giudizi davanti alla Corte costituzionale non vi è stata costituzione di parti.
Considerato in diritto:
1. - Le questioni sottoposte dalla Corte dei conti, Sez. III giurisdizionale, con due distinte ordinanze in pari data, hanno per oggetto l'identica disposizione di legge due giudizi possono, perciò, essere riuniti e decisi con unica sentenza.
2. - Il giudice a quo dubita della legittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, nella parte in cui, ai fini del trattamento di quiescenza di riversibilità delle Casse pensioni facenti parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro, il matrimonio (dal quale non sia nata prole anche se postuma) si considera rilevante a condizione che sia stato contratto dal pensionato prima del compimento del settantaduesimo anno di età, sia durato almeno due anni e la differenza di età tra i coniugi non superi gli anni venti.
Il dubbio di costituzionalità sollevato dalla Corte dei conti non investe le condizioni di rilevanza ai fini anzidetti del matrimonio del pensionato delle Casse pensioni, facenti parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro, in sé considerate, ma nasce dalla comparazione di esse con le condizioni di rilevanza del matrimonio del pensionato statale, che sono fissate, ai medesimi fini, dall'art. 1 della legge 14 maggio 1969, n. 252, e dall'art. 81, secondo e terzo comma, T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, approvato con d.P.R.. 29 dicembre 1973, n. 1092.
Si avrebbe, cioè, una disciplina legislativa irrazionalmente diversificata per i due settori pensionistici dal momento che:
a) mentre il matrimonio contratto dal pensionato statale prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età è rilevante ai fini del trattamento di quiescenza di riversibilità, prescindendosi, in tale ipotesi, da ogni altro requisito, uguale condizione non è prevista per la rilevanza del matrimonio del pensionato dalle Casse pensioni;
b) si richiede per la rilevanza del matrimonio, dal quale non sia nata prole anche postuma, del pensionato delle Casse pensioni (e non del matrimonio del pensionato statale) che il pensionato lo abbia contratto prima del compimento del settantaduesimo anno di età;
c) si richiede per la rilevanza del matrimonio, dal quale non sia nata prole anche postuma, del pensionato delle Casse pensioni che la differenza di età tra i coniugi non superi gli anni venti, mentre per l'uguale rilevanza del matrimonio del pensionato statale che l'abbia contratto dopo il sessantacinquesimo anno di età la differenza di età tra i coniugi non deve superare gli anni venticinque.
Le questioni sono fondate.
3. - In effetti, con la legge 15 febbraio 1958, n. 46, recante norme sulle pensioni a carico dello Stato (art. 11), e con la legge 22 novembre 1962, n. 1646, portante modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro (art. 6, secondo comma), era stata dettata una disciplina uniforme per le due categorie di pubblici dipendenti delle condizioni di rilevanza, ai fini del trattamento di quiescenza di riversibilità, del matrimonio del pensionato.
Il matrimonio cioè rilevava sempre quando da esso fosse nata prole, anche postuma, mentre non verificandosi tale ipotesi, era necessario che il matrimonio fosse stato contratto dal pensionato prima del compimento del settantaduesimo anno di età, fosse durato almeno due anni e la differenza di età tra i coniugi non superasse gli anni venti.
In questa scelta si esprimeva la diffidenza del legislatore verso i matrimoni cosiddetti tardivi, presumendosi che la avanzata età (tale considerata secondo i dati all'epoca emergenti) del pensionato al momento del matrimonio, una notevole differenza di età fra i coniugi e la durata men che biennale del matrimonio stesso, in mancanza di prole anche postuma, fossero indici di una volontà diretta più ad assicurare il diritto a pensione di riversibilità in favore di un determinato soggetto che ad assumere gli obblighi ed esercitare i diritti coniugali nei suoi confronti.
La normativa in questione ha superato il vaglio di costituzionalità e questa Corte (sent. n. 3 del 1975) l'ha ritenuta giustificata sul rilievo "che i criteri limitativi per le pensioni di riversibilità derivanti da matrimoni conclusi da già pensionati sono dettati, in via generale dal legislatore" anche "a tutela del pubblico erario contro maliziose e fraudolenti iniziative".
Ad una tale concezione, una prima deroga veniva portata con la legge 14 maggio 1969, n. 252 che modificava l'art. 11, secondo comma, della legge 46 del 1958, nel senso di prescindere da ogni altra condizione di rilevanza quando il matrimonio fosse stato contratto dal pensionato prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età.
Infine, il T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato approvato con il D.P.R. n. 1092 del 1973, all'art. 81, ha recepito, nel secondo comma, la disposizione di cui all'art. 1 della legge n. 252 del 1969, e, nel terzo comma, ha escluso il limite del settantaduesimo anno di età elevando quello della differenza massima di età tra i coniugi - da venti - a venticinque anni, mentre, all'art. 258, primo comma, lettera f), ha reso tale disposizione applicabile alla vedova, che ne faccia domanda, del pensionato deceduto anteriormente all'entrata in vigore del T.U. medesimo.
4. - Proprio il ritenuto fondamento e la portata generale delle disposizioni limitative del diritto a pensione di riversibilità, ancorate a criteri naturalistici ed obiettivi, escludono che le stesse fossero e possano essere rapportate ad elementi specifici di questo o quel sistema pensionistico: concretamente a quello dettato per i dipendenti civili e militari dello Stato rispetto a quello vigente per i dipendenti di Enti locali.
La disparità di trattamento denunziata dalla Corte dei conti deve, quindi, ritenersi priva di qualsiasi razionale giustificazione e la disciplina del diritto a pensione di riversibilità del coniuge superstite del pensionato delle Casse pensioni facenti parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro, diversa e meno favorevole rispetto a quella applicabile al coniuge superstite del pensionato statale - frutto della vischiosità dei processi di adeguamento legislativo che, pure, andrebbero sollecitati per il generale riordino e la necessaria sostanziale parificazione dei sistemi pensionistici - va dichiarata costituzionalmente illegittima per contrasto con l'articolo 3, primo comma, della Costituzione.
5. - Le medesime considerazioni e conclusioni vanno riferite, in applicazione dell'art. 27 della legge n. 87 del 1953, all'altra ipotesi prevista dal medesimo art. 6, secondo comma: quella del titolare di pensione privilegiata, per il quale il limite del settantaduesimo anno, ai fini della rilevanza del matrimonio dal quale non sia nata prole, è innalzato al settantacinquesimo anno, mantenendosi peraltro una differenziazione di trattamento che in questo come in ogni altro caso è priva di razionale giustificazione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, nella parte in cui, ai fini del trattamento di quiescenza di riversibilità delle Casse pensioni facenti parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro:
a) non prevede la rilevanza del matrimonio contratto dal pensionato prima del compimento del sessantacinquesimo anno di età, prescindendosi in questa ipotesi da ogni altro requisito;
b) richiede che il matrimonio, dal quale non sia nata prole, anche postuma, sia stato contratto dal pensionato prima del compimento del settantaduesimo anno di età, e che la differenza di età tra i coniugi non superi gli anni venti, anziché venticinque;
dichiara - in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, - l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge 22 novembre 1962, n. 1646, nella parte in cui, ai fini del trattamento di quiescenza di riversibilità delle Casse pensioni facenti parte degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro, qualora si tratti di titolare di pensione di privilegio, fermi i restanti requisiti di rilevanza, richiede che il matrimonio, dal quale non sia nata prole, anche postuma, sia stato contratto dal pensionato prima del compimento del settantacinquesimo anno di età.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 febbraio 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere