˙ Sentenza  142/1980 (ECLI:IT:COST:1980:142)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: ANDRIOLI
Udienza Pubblica del 23/04/1980;    Decisione  del 18/07/1980
Deposito del 30/07/1980;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  9964 9965
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 142

SENTENZA 18 LUGLIO 1980

Deposito in cancelleria: 30 luglio 1980.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 215 del 6 agosto 1980.

Pres. AMADEI - Rel. ANDRIOLI

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12 (Norme per l'applicazione dell'indennità di contingenza) convertito in legge 31 marzo 1977, n. 91, e degli artt. 1, 2, 3 e 4 dei d.l. 11 ottobre 1976, n. 699 (Disposizioni sulla corresponsione degli aumenti retributivi dipendenti da variazioni del costo della vita) secondo il testo della legge di conversione 10 dicembre 1976, n. 797, promossi con ordinanze emesse il 7 luglio 1977, l'8 maggio 1978 e il 25 maggio 1979 rispettivamente dai pretori di Messina, Milano e Terni, iscritte al n. 444 del registro ordinanze 1977, al n. 420 del registro ordinanze 1978 e al n. 758 del registro ordinanze 1979 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 327 del 1977, n. 320 del 1978 e n. 353 del 1979.

Visti gli atti di costituzione di Gullino Francesco e Di Cara Angelo e del Credito Italiano; nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 23 aprile 1980 il Giudice relatore Virgilio Andrioli;

uditi l'avv. Elio Fazzalari per il Credito Italiano e l'avvocato dello Stato Giovanni Albisinni per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto:

1. - Con ricorso 23 maggio 1977 Gullino Francesco e Di Cara Angelo chiesero in via preliminare dichiararsi non manifestamente infondata la questione di costituzionalità del d.l. 699/1976 e della legge 797/1976, del d.l. 12/1977 e della legge 91/1977, in relazione agli artt. 3, 36, 39 e 53 Cost. e, nel merito, a) dichiarare che i miglioramenti retributivi dipendenti da variazioni del costo della vita spettanti, a far tempo dal 1 febbraio 1977 (data sotto la quale il Gullino aveva attinto il limite della quiescenza), al Gullino medesimo erano da conglobarsi nella retribuzione allo stesso dovuta dal Banco, ai finì della 13, 14 e 15 mensilità, ai finì del trattamento di quiescenza, e ad ogni altro fine afferente a ricalcoli previsti in tempi differiti, e b) condannare il convenuto Banco di Sicilia al pagamento a favore del Di Cara con moneta avente valore legale degli aumenti dipendenti da variazioni del costo della vita determinatesi successivamente al 30 settembre 1976, da corrispondersi secondo l'indicizzazione stabilita dal vigente contratto collettivo per i dipendenti delle aziende di credito e finanziarie e con gli interessi di legge; produssero copia del contratto collettivo nazionale di lavoro per gli impiegati, i commessi e gli ausiliari delle aziende di credito e finanziarie, stipulato in Roma il 23 luglio 1976.

Nella memoria 25 giugno 1977, in cui osservò tra l'altro che alla data di entrata in vigore del d.l. 12/1977 la materia della scala mobile non era regolata da alcun accordo per essere stato disdettato dalle associazioni sindacali sin dal 25 settembre 1975 l'accordo 11 gennaio 1968, che la disciplinava, il Banco ritenne di non poter disapplicare il d.l. 12/1977, convertito in legge 91/1977, nonché il d.l. 699/1976, convertito in legge 797/1976, anche per le sanzioni comminate a carico dei datori di lavoro, e concluse per la manifesta infondatezza delle questioni e per il rigetto delle domande attrici.

Con ordinanza 7 luglio 1977, comunicata e notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 327 del 30 novembre 1977 (n. 444 R.O. 1977), in cui è riportata in virgolato la esposizione dei fatti e degli argomenti di diritto proposti dagli attori, l'adito pretore di Messina ha giudicato rilevante senza peraltro motivare sulla eccezione del Banco e non manifestamente infondata la questione di legittimità degli articoli 1, 2 e 3 del d.l. 12/1977 secondo il testo risultante dalla legge 91/1977, e degli artt. 1, 2, 3 e 4 del d.l. 699/1976 secondo il testo risultante dalla legge 797/1976, in riferimento agli artt. 3, 4, 36, 38, 39, 45 e 53 Cost., nei limiti di cui in premessa di fatto e di diritto.

Avanti la Corte ha spiegato intervento la Presidenza del Consiglio dei ministri con atto 19 dicembre 1977 concludendo per l'infondatezza della proposta questione e si sono costituiti il Gullino e il Di Cara, rappresentati e assistiti dall'avv. Luigi Brancati in virtù di procura in calce, con atto 28 luglio 1977 in cui han concluso per la declaratoria di fondatezza della questione.

Alla pubblica udienza del 23 aprile 1980, nel corso della quale il Giudice Andrioli ha svolto la relazione, l'avv. dello Stato Albisinni ha illustrato le già prese conclusioni con particolare riferimento all'art. 1 d.l. 12/1977 così come modificato nella legge di conversione.

2. - Con ricorso 24 gennaio 1978 Garzolini Natale, il fascicolo di merito del quale non è pervenuto alla Corte, chiese al pretore di Milano a) trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale per l'esame della questione di legittimità, sotto vari profili, della legge 31 marzo 1977, n. 91, e, nel merito, b) dichiarare il convenuto datore di lavoro Credito Italiano tenuto a calcolare gli aumenti per la contingenza nella misura prevista dall'accordo collettivo 11 gennaio 1968 condannandolo al pagamento della relativa differenza versata in meno e, inoltre, c) dichiarare doversi comprendere nella retribuzione da prendere a base per il calcolo dell'indennità di anzianità, dovutagli per essere stato egli collocato in quiescenza il 31 agosto 1977, tutti gli aumenti contrattuali per punti di contingenza intervenuti dopo il 31 gennaio 1977 e calcolati secondo gli accordi in vigore.

Il convenuto Credito Italiano, costituitosi con memoria 7 aprile 1978, eccepì preliminarmente l'irrilevanza della questione di legittimità dell'art. 2 d.l. 12/1977 sul riflesso che l'accordo il gennaio 1 968, sul quale il Garzolini si fondava, più non vigeva al 1 febbraio 1977 per essere stato disdettato dalle associazioni sindacali delle aziende di credito con lettera 25 settembre 1975, di cui esibiva copia, e rimasto in vigore, per determinazione unilaterale di dette associazioni, sino al 31 dicembre 1976, e soggiunse che, sebbene in pendenza delle trattative di cui era riscontro nella dichiarazione 18 giugno 1976 del Ministro per il lavoro di cui esibiva copia, le aziende di credito avessero, a far tempo dal 1 febbraio 1977, attribuito al personale dipendente un importo di lire 2.389 per ogni punto di variazione del costo della vita, tale circostanza non era sufficiente a sostituire la carente contrattazione collettiva, e che il vigente contratto collettivo di lavoro 23 luglio 1976 non era idoneo a mantenere in vita l'accordo 11 gennaio 1968 già scaduto di diritto; produsse in copia il contratto collettivo nazionale 27 luglio 1977 per il personale direttivo delle aziende di credito e finanziarie, per l'art. 23 del quale "in materia di scala mobile le parti fanno riferimento alle rispettive e diverse posizioni assunte sull'argomento, dandosi peraltro atto che resta fuori discussione il riconoscimento del diritto alla scala mobile per il personale direttivo"; infine chiese dichiararsi improponibili, improcedibili o manifestamente infondate le sollevate eccezioni d'incostituzionalità. Peraltro, l'adito pretore, con ordinanza 8 maggio 1978, a sensi di legge comunicata e notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 320 del 15 novembre 1978 (n. 420 R.O. 1978), - disattese l'eccezione d'irrilevanza per avere l'accordo 11 gennaio 1968 continuato di fatto ad essere applicato anche dopo la disdetta, e l'eccezione di difetto di legittimazione passiva perché il datore di lavoro, ove fosse ritenuta fondata la questione di costituzionalità, avrebbe diritto a rivalsa, nei confronti del Ministero per il tesoro, di quanto corrisposto ai dipendenti - dispose l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per l'esame della questione di legittimità delle disposizioni del d.l. 12/1977 e della legge di conversione 91/1977 riguardanti l'abolizione delle scale mobili anomale in relazione agli artt. 3, 36, 39 e 53 Cost., e la esclusione dal computo delle indennità di anzianità degli aumenti di contingenza successivi al 31 gennaio 1977 in relazione all'art 36 della Costituzione.

Avanti la Corte si è costituito il Credito Italiano, rappresentato e assistito dagli avvocati Elio Fazzalari, Massimo Severo Giannini, Giacomo Molle e Riccardo Tornabuoni in virtù di procura speciale autenticata il 2 novembre 1978 rep. 6204 per notaio Ajello, con atto 4 novembre 1978, in cui ha concluso per la irrilevanza della proposta questione; conclusione illustrata nella memoria 10 aprile 1980, in allegato alla quale si è depositato il testo del contratto collettivo 9 giugno 1978, della dichiarazione 18 giugno 1976 del Ministro per il lavoro, della disdetta dell'accordo 11 gennaio 1968 notificata il 25 settembre 1975 e della sentenza n. 8646/1979 del tribunale di Roma (documenti, di cui sono stati esibiti avanti il pretore di Milano soltanto il secondo e il terzo).

Ha spiegato intervento con atto 2 dicembre 1978 la Presidenza del Consiglio dei ministri concludendo per l'infondatezza della questione.

Alla pubblica udienza del 23 aprile 1980, nel corso della quale il Giudice Andrioli ha svolto la relazione, l'avv. Fazzalari ha sostenuto le ragioni del Credito Italiano e l'avv. dello Stato Albisinni ha illustrato le già prese conclusioni.

3. - Con ricorso 3 gennaio 1979 Giuliani Ada chiese condannarsi il datore di lavoro soc. Terni per l'industria e l'elettricità al pagamento di lire 3.445.107, in una con gli interessi, a titolo aggiuntivo della indennità di anzianità percepita al momento della risoluzione del rapporto di lavoro, avvenuta il 30 giugno 1978 per raggiunti limiti di età.

Con ordinanza 25 maggio 1979, regolarmente comunicata e notificata e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 353 del 29 dicembre 1979 (n. 758 R.O. 1979), l'adito pretore di Terni, nel contraddittorio della convenuta che aveva chiesto respingersi le domande attrici, giudicò rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 1 d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, convertito, con modificazioni, in legge 31 marzo 1977, n. 91, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione.

Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita; ha invece spiegato intervento con atto 16 gennaio 1980 la Presidenza del Consiglio dei ministri concludendo per l'infondatezza della questione.

Alla pubblica udienza del 23 aprile 1980 il Giudice Andrioli ha svolto la relazione e l'avv. dello Stato Albisinni ha illustrato le già prese conclusioni.

Considerato in diritto:

1. - I tre giudici non solo sottopongono alla Corte questioni riflettenti le normative del 1977 e, per l'ordinanza iscritta al n. 444 R.O. 1977, del 1976, relative al divieto di conglobamento nella retribuzione e di ricalcolo in tempi differiti dei miglioramenti retributivi dei lavoratori dipendenti per effetto di variazioni del costo della vita e di altre forme di indicizzazione per la massima parte esaminate con sentenza n. 141/1980 e giudicate infondate, ma denunciano altresì l'illegittimità dell'art. 1 del d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, convertito, con modificazioni che non interessano l'art. 2121 c.c., nella legge 91/1977 per aver aggiunto nel secondo comma dell'or menzionato testo la frase ("a partire dal 1 febbraio 1977, di quanto dovuto come ulteriori aumenti di indennità di contingenza e di emolumenti di analoga natura scattati posteriormente al 31 gennaio 1977"); novellazione, la quale fa sì che tali entità più non faccian parte della indennità di anzianità, disciplinata dall'art. 2120 c.c. e da successive disposizioni normative.

L'identità della norma impugnata e la continenza dei parametri, evidenziata da ciò che con l'incidente, iscritto al n. 444 R.O. 1977, si denuncia, recependo, in conforme testo, le argomentazioni dei ricorrenti, la violazione degli artt. 3, 36, 38, 39, 45 e 53 Cost., con l'incidente, iscritto al n. 758 R.O. 1979, si lamenta attentato agli artt. 3 e 36 Cost. e con l'incidente, iscritto al n. 420 R.O. 1978, si prospetta la violazione del solo art. 36, giustificano la riunione dei tre procedimenti, alla quale non è d'ostacolo il fatto che con la ordinanza, iscritta al n. 444 R.O. 1977, siano assunti a parametri d'illegittimità della normativa del 1976 relativa alla parziale munerazione dei compensi, effettuata mediante buoni del tesoro, anche gli artt. 38 e 45 della Costituzione.

2. - Prendendo l'avvio dalla prospettazione da ultimo riassunta, rileva la Corte che il pretore di Messina ha mosso accusa all'art. 1 d.l. 699/1976, così come convertito nella legge 797/1976, di violazione degli artt. 4, primo comma, 38 e 45 Cost., per ciò che "lungi dal promuovere le condizioni che rendono effettivo il diritto al lavoro, l'assistenza sociale e la mutualità, mortifica tali diritti perché snatura per i soli redditi di puro lavoro, in tutto quanto a quelli di importo lordo annuo superiore a lire 8.000.000, o in parte quanto a quelli di importo superiore a 6.000.000 ma non a 8.000.000, la natura retributiva degli aumenti collegati al costo della vita ai quali la recente legge 11 agosto 1973 n. 533, modificativa del procedimento del lavoro ha dato con l'art. 429 c.p.c. una particolare tutela, redditi per i quali le leggi restrittive denunciate di incostituzionalità impongono con un sistema di imposizione fiscale occulta a carico delle forze attive del lavoro subordinato una imposizione di trattenuta totale o parziale del 50% delle quote di indennità di contingenza e di indennità integrativa speciale a vantaggio congiunto della generalità dei cittadini ed a vantaggio particolare aggiunto e specifico della speculazione privata dei datori di lavoro, che in relazione agli esborsi per liquidazione dell'indennità di buonuscita - che per giurisprudenza costante ha natura previdenziale ed assistenziale e che come tale non può essere oggetto di limitazione o di esproprio - alla cessazione del rapporto di lavoro sono soggetti a minori aggravi".

Queste argomentazioni, sebbene siano state precedute dalla denuncia di violazione degli artt. 38 e 45 Cost., pongono mente all'art. 1 d.l. 12/1977 assai più che alla normativa del 1976, e comunque non traggono dagli artt. 38 e 45, che vorrebbero rappresentare il novum rispetto ai parametri, con la menzionata sentenza n. 141/1980 giudicati indenni da violazione, ragioni, che si aggiungano alle altre, che questa Corte non ha reputato idonee a dire offesi gli artt. 1, 3, 4, 23, 36, 59, 53 della Costituzione.

3. - La Corte non può fare buon viso alla eccezione d'irrilevanza, nella illustrazione della quale la parte datrice nell'incidente iscritto al n. 420 R.O. 1978 ha esaurito le proprie difese confortandole con la produzione di documenti, alcuni dei quali esibiti, avanti la Corte, in rispetto all'art. 3 delle norme integrative 16 marzo 1956 per i giudizi avanti la Corte costituzionale (G.U. 24 marzo 1956, n. 71), perché il giudice a quo ha fornito adeguata motivazione del rigetto dell'eccezione di irrilevanza; ferma - si ripete - la possibilità per il Credito Italiano di giovarsi della sostanza assertiva e probatoria della eccezione ai fini della decisione della controversia.

4. - Il più ampio ventaglio di parametri è stato prospettato nell'incidente iscritto al n. 444/1977, in cui sono posti a base della censura d'illegittimità dell'art. 1 d.l. 12/1977 gli artt. 3, 4, 36, 38, 39, 45 e 53, sebbene - lo si è or ora rilevato - gli artt. 38 e 45 siano invocati per giustificare il sospetto d'illegittimità dell'art. 1 d.l. 699/1976 e sol nel dispositivo della ordinanza vengano collegati all'art. 1 d.l. 12/1977.

Nelle difese delle parti, che hanno affrontato il merito della questione di legittimità, molto si è discusso sulla natura - se retributiva o indennitaria - della indennità di anzianità, e non si è mancato di trarre da sentenze di questa Corte, nelle quali risuona la eco della più che semisecolare disputa, argomenti agli opposti mulini, ma la Corte non può né deve ancorare la decisione della questione, che più di ogni altra è stata fonte di preoccupazioni, all'accoglimento dell'una o dell'altra delle qualificazioni (qualificazioni, tra le quali si sono assai di recente avanzate proposte di contemperamento; il che è assai significativo), senza dire che l'indagine qualificatoria si svolge su diverse direttrici a seconda che essa sia riferita alle retribuzioni di carattere continuativo ovvero ad attribuzioni di fine rapporto.

Né può la Corte accontentarsi della ricorrente constatazione della progressiva sostituzione, anche al di là dei patrii confini, di altri istituti più idonei ad adempiere alla funzione dell'indennità, ma deve prendere atto di ciò che questa non può essere ridotta ad unum, perché, per contro, si fraziona in numerose specie disegnate nella contrattazione in più o meno vasta misura collettiva, la cui valutazione rappresenta il quotidiano ministero dei giudici delle controversie individuali di lavoro e, non sempre di rimbalzo, delle controversie previdenziali e assistenziali (esempio perspicuo è offerto dalle indennità calcolate a scaglioni).

In sì varia fenomenologia la Corte, richiamato quanto motivato e deciso in riferimento alle retribuzioni nella sentenza n. 141/1980 con la quale sono stati presi in esame parametri di legittimità comuni alla presente vicenda (artt. 3, 36, 39, 53 Cost.) reputa che non sia precluso al legislatore di ristrutturare l'indennità di anzianità per cui l'eliminazione o il ridimensionamento di particolari componenti dell'indennità stessa non concretano di per sé soli lesione dell'art. 36 Cost. Resta fermo però che innovazioni del genere debbono tener conto della quantità e della qualità del lavoro prestato dagli interessati, agli effetti del combinato disposto degli artt. 3 e 36 Cost. Ora la progressiva esclusione dal computo dell'indennità del punto di contingenza, ad un triennio dall'entrata in vigore della normativa del 1977 che l'ha sancita, non arreca offesa in misura censurabile da questa Corte al criterio della quantità del lavoro, assunto come durata del rapporto a componente di calcolo del quantum dell'indennità, in tali sensi garantito dall'art. 36. Nel futuro l'esclusione stessa, in difetto di congrue compensazioni, rischierebbe di determinare squilibri più gravi di quelli già in atto. Ciò persuaderà i reggitori della cosa pubblica a por mano in domani anche non mediato ad adeguati bilanciamenti al fine di evitare offesa non solo agli artt. 3 e 36, ma anche all'art. 38, opportunamente richiamato dal pretore di Messina (sent. n. 26/1980).

È, insomma, la progressività del novellato art. 2121, comma secondo, c.c., che può e deve suonare allarme per i conditores legum anche in relazione alle diverse conseguenze che potrebbero prodursi a carico dei lavoratori penalizzando coloro che percepiscono retribuzioni meno elevate.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) riunisce i tre procedimenti;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità degli artt. 1, 2 e 3 d.l. 1 febbraio 1977, n. 12, secondo il testo risultante dalla legge 31 marzo 1977, n. 91, e degli artt. 1, 2, 3 e 4 d.l. 11 ottobre 1976, n. 699, secondo il testo della legge 10 dicembre 1976, n. 797, per contrasto con gli artt. 3, 4, 36, 38, 39, 45 e 53 Cost., sollevate dal pretore di Messina con ordinanza 7 luglio 1977 (n. 444 R.O. 1977) nonché le questioni di legittimità, sollevate con le ordinanze di varia data iscritte ai nn. 420 R.O. 1978 e 758 R.O. 1979.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1980.

F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere