˙ Sentenza  14/1980 (ECLI:IT:COST:1980:14)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: LA PERGOLA
Udienza Pubblica del 10/10/1979;    Decisione  del 12/02/1980
Deposito del 15/02/1980;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  10066
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 14

SENTENZA 12 FEBBRAIO 1980

Deposito in cancelleria: 15 febbraio 1980.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 50 del 20 febbraio 1980.

Pres. AMADEI - Rel. LA PERGOLA

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Pensione di riversibilità al coniuge separato per propria colpa), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 28 aprile 1976 del Tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Colli Rosa e Scapuzzi Angelo e INPS, iscritta al n. 649 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 333 del 15 dicembre 1978;

2) ordinanza emessa il 22 settembre 1978 dal pretore di Genova nel procedimento civile vertente tra Bendinelli Santuzza e INPS, iscritta al n. 596 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45 del 14 febbraio 1979;

Visto l'atto di costituzione di Bendinelli Santuzza nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 10 ottobre 1979 il Giudice relatore Antonio La Pergola.

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto:

1. - Con ordinanza emessa il 28 aprile 1976 il Tribunale di Milano, nel corso del procedimento promosso da Colli Rosa contro Scapuzzi Angelo e l'I.N.P.S., sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153, nella parte in cui detta norma dispone che il coniuge separato per propria colpa non ha diritto alla pensione di reversibilità.

La disposizione citata è censurata per asserito contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost. Il principio costituzionale di eguaglianza sarebbe leso in quanto il diritto pensionistico negato al coniuge separato per propria colpa è invece riconosciuto al coniuge separato incolpevole: e ciò, senza che l'elemento della colpa nella separazione abbia nesso razionale con le finalità previdenziali della pensione. Ne seguirebbe un'ingiustificata disparità di trattamento fra i soggetti obbligati ex art. 433 codice civile nei confronti del coniuge superstite, secondo che egli sia separato per propria colpa, o no. Conseguenza, questa, rilevante nella specie: Colli Rosa aveva infatti convenuto innanzi al giudice a quo il figlio, Scapuzzi Angelo, per ottenere gli alimenti; lo Scapuzzi aveva, dal canto suo, eccepito l'incostituzionalità della norma in esame, sull'assunto che l'eventuale pronunzia di illegittimità costituzionale sarebbe valsa a riconoscere il diritto dell'attrice alla pensione di reversibilità e avrebbe così potuto rimuovere lo stato di bisogno, in considerazione del quale egli era chiamato a corrispondere gli alimenti.

La questione è prospettata alla Corte anche sotto il riflesso della pretesa violazione dell'art. 38, comma primo, Cost. La disposizione costituzionale testé citata statuisce che ogni cittadino invalido al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. Provvedono al riguardo - ai sensi del penultimo comma dello stesso art. 38 - organi o istituti predisposti o integrati dallo Stato. Tale, nella specie, sarebbe l'I.N.P.S. Senonché, si soggiunge, il coniuge superstite è escluso dal godimento della pensione anche quando, come nel caso in esame, egli si trovi nello stato di invalidità al lavoro e di indigenza che dovrebbe comunque legittimare il trattamento previdenziale.

Nel giudizio si è costituita la Presidenza del Consiglio. rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, per dedurre l'infondatezza della questione. La lesione dell'art. 3 andrebbe esclusa versando il coniuge separato per sua colpa in altra situazione rispetto al coniuge incolpevole; la separazione per colpa rileva, si dice, nel vigente ordinamento, dal momento che il codice civile riconosce al coniuge incolpevole il diritto al mantenimento e a quello colpevole il semplice diritto agli alimenti; il legislatore avrebbe dunque tenuto conto di siffatta rilevanza, ed adottato con ciò un criterio che discrimina ragionevolmente il coniuge colpevole dall'incolpevole ai fini del trattamento previdenziale.

Quanto, poi, all'asserita violazione dell'art. 38, comma primo, si deduce che il diritto alla reversibilità non è riconducibile al diritto al mantenimento e all'assistenza sociale: il quale ultimo, ricorrendone le condizioni, sarebbe direttamente garantito ad ogni cittadino mediante appositi strumenti del trattamento previdenziale.

2. - Analoga questione è sollevata con ordinanza 22 settembre 1978 dal Pretore di Genova, in riferimento agli articoli 38, comma secondo, e 3, Cost.

Si assume dal giudice a quo che la pensione di reversibilità estende al coniuge e ai componenti del nucleo familiare i diritti riconosciuti al lavoratore nelle ipotesi previste dall'art. 38, comma secondo, Cost. Il diritto così sancito dalla legge, di natura previdenziale ed inerente alla sicurezza e alla dignità della vita, non tollererebbe limitazioni connesse con le vicende interne del rapporto matrimoniale, laddove nella specie, esso verrebbe disconosciuto, con il risultato di discriminare ingiustificatamente il separato colpevole dagli altri coniugi separati, ammessi a godere del trattamento pensionistico. La violazione del principio costituzionale di eguaglianza è denunziata sotto l'ulteriore profilo della disparità di trattamento che nella specie sussisterebbe tra il coniuge separato per colpa, ed il coniuge, al quale la separazione sia addebitabile ai sensi dell'art. 151 nuovo testo del codice civile. Si osserva, precisamente, che la riforma del diritto di famiglia ha eliminato l'elemento della colpa dalla disciplina della separazione, in conformità dell'evoluzione intervenuta nel costume sociale e nella stessa concezione del rapporto matrimoniale. Il diritto alla pensione reversibile dovrebbe dunque indistintamente spettare a tutti i coniugi separati, mentre permane la denunziata discriminazione a carico del coniuge colpevole, sulla base della mera e accidentale circostanza che la sentenza di separazione è stata pronunziata nei suoi confronti prima dell'entrata in vigore del nuovo diritto di famiglia.

Il Presidente del Consiglio ha spiegato intervento per il tramite dell'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata. Nessuna violazione del principio di eguaglianza risulterebbe dalla diversità di trattamento del coniuge separato per sua colpa rispetto sia al coniuge incolpevole sotto il vecchio regime, sia al coniuge cui la separazione è addebitabile dopo l'entrata in vigore del nuovo diritto di famiglia. L'addebitabilità della separazione che produce conseguenze anche nella sfera dei rapporti patrimoniali dei coniugi, non avrebbe, per quel che concerne il presente giudizio, sostanzialmente innovato il precedente testo dell'art. 151 del codice civile. Non sussisterebbe nemmeno la dedotta violazione dell'art. 38, comma secondo, Cost.: tale norma, si dice, è posta ad esclusiva garanzia del lavoratore e non tutela il coniuge superstite nel nostro caso, né altri soggetti, diversi da quello individuato nel testo costituzionale, i quali potrebbero, peraltro, risultare provvisti di reddito di lavoro o di capitali. La parte privata, che avanti al Pretore di Genova aveva eccepito la incostituzionalità della norma in esame, si è costituita nel presente giudizio, deducendo, sostanzialmente con gli stessi argomenti prospettati nell'ordinanza di rinvio, la violazione dell'art. 3, ed, insieme, dell'art. 38, comma secondo, Cost.

All'udienza pubblica del 10 ottobre 1979 l'Avvocatura generale dello Stato ha insistito nelle già prese conclusioni.

Considerato in diritto:

1. - Le ordinanze di rinvio del Tribunale di Milano e del Pretore di Genova sollevano, sia pure sotto profili parzialmente diversi, la medesima questione di legittimità costituzionale conseguenti giudizi possono pertanto essere riuniti e congiuntamente decisi.

2. - L'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153 ("Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale") così testualmente dispone, con riguardo al trattamento di reversibilità: "non ha diritto alla pensione il coniuge, quando sia passata in giudicato la sentenza di separazione per sua colpa". Tale disposizione è censurata per asserito contrasto con gli artt. 38, commi primo e secondo, e 3 Cost.

In riferimento all'art. 38, la questione è prospettata sotto un duplice profilo.

Nell'ordinanza del Tribunale di Milano si denunzia la violazione del primo comma di detta norma costituzionale, che riconosce ad ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi per vivere il diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. Il diritto alla pensione di reversibilità, si deduce, è sempre e comunque negato al coniuge separato per sua colpa: non importa se egli versi, come accade nella specie sottoposta al giudizio del Tribunale di Milano, nelle condizioni di inabilità al lavoro e di non abbienza contemplate dal citato precetto costituzionale; ma in presenza di tali condizioni - si assume d'altra parte - deve operare il trattamento pensionistico dell'I.N.P.S., che è istituto predisposto al perseguimento dei fini assistenziali e previdenziali, a norma dello stesso art. 38, comma quarto, Cost. Si lamenta così la lesione di un diritto garantito al soggetto in quanto cittadino, a prescindere dalla sua appartenenza al nucleo familiare del pensionato o dell'assicurato.

Nell'ordinanza di rimessione del Pretore di Genova è invece dedotta la lesione del secondo comma dell'art. 38, nel presupposto che l'assistenza garantita al lavoratore viene, mediante il trattamento pensionistico in questione, necessariamente a riversarsi sulla sua famiglia. Il coniuge superstite sarebbe pertanto illegittimamente spogliato di una tutela che, secondo Costituzione, si estende ai componenti del nucleo familiare.

Si deduce, infine, la violazione dell'art. 3 Cost. La norma censurata avrebbe, senza giustificata o razionale connessione con le finalità del regime previdenziale, implicato una disparità nel trattamento dei coniugi superstiti, secondo che essi siano separati per propria colpa o no. L'istituto della separazione per colpa sarebbe, del resto, scomparso dal nostro ordinamento con l'entrata in vigore del nuovo testo dell'art. 151 del codice civile, che rispecchia il mutato assetto dei rapporti tra i coniugi. La nuova norma, si soggiunge, prevede soltanto che il giudice, pronunziando la separazione, dichiari, ove ne ricorrano le circostanze e ne sia richiesto, a quale dei coniugi sia addebitabile la separazione. Il coniuge cui la separazione è addebitabile, diversamente dal coniuge separato per propria colpa sotto il previgente regime, avrebbe dunque diritto alla pensione di reversibilità. La violazione del disposto dell'art. 3 Cost. è denunziata, in conseguenza, anche sotto il riflesso della diseguaglianza che il legislatore avrebbe introdotto nel trattamento del coniuge separato per propria colpa, e rispettivamente del coniuge al quale è addebitabile la separazione. Si tratterebbe infatti di un'irragionevole disparità di discipline, connessa con la mera ed accidentale circostanza che la pronunzia di separazione sia intervenuta nell'un caso prima, e nell'altro dopo l'entrata in vigore del nuovo diritto di famiglia.

3. - La questione non è fondata. Anzitutto, la norma censurata non lede, sotto alcuno dei profili prospettati alla Corte, né il primo né il secondo comma dell'art. 38 Cost. Nel presente giudizio, occorre subito avvertire, viene in considerazione il diritto alla pensione di reversibilità, che ha carattere e contenuto diversi dai mezzi assistenziali e previdenziali previsti nelle citate disposizioni costituzionali, con riguardo vuoi ad ogni cittadino inabile al lavoro e indigente, vuoi al lavoratore, in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia, e disoccupazione involontaria. La pretesa violazione del comma primo dell'art. 38 Cost. starebbe in ciò, che il coniuge superstite è privato di un'assistenza immediatamente ed indistintamente garantita a tutti i cittadini, della quale ricorrerebbero nella specie le condizioni, e sempre nell'implicito presupposto che dalla norma costituzionale discenda, in materia di previdenza e assistenza, un principio generale, operante per ogni forma del trattamento pensionistico. Così non è, tuttavia. L'attribuzione della pensione di reversibilità presuppone, ovviamente, che sussista un legame familiare fra il beneficiario e l'assicurato o il pensionato. D'altra parte, l'art. 38, comma primo, Cost. non impone certo al legislatore di adoperare siffatto trattamento pensionistico anche in quelle ipotesi di inabilità al lavoro e di indigenza, per le quali è con altri appositi mezzi garantita l'assistenza del cittadino da parte degli organi o degli istituti predisposti o integrati a tal fine dallo Stato.

Parimenti, è da escludere che sia violato il secondo comma dell'art. 38. Il giudice a quo erra nell'assumere che qui vi sia un diritto direttamente garantito dalla Costituzione alla famiglia del lavoratore, e che questo diritto la norma censurata abbia poi indebitamente compresso. Titolare del diritto assistenziale, come testualmente configurato nell'art. 38, comma secondo, Cost., è, esclusivamente, il lavoratore; la tutela del nucleo familiare resta affidata alla legge ordinaria. Ciò non toglie che lo strumento normativo della reversibilità si rifletta nella sfera in cui vengono garantiti fondamentali valori del nostro ordinamento costituzionale: tali, appunto, sono la famiglia - alla quale deve "in ogni caso" essere assicurata un'"esistenza libera e dignitosa", in forza del precetto che concerne specificamente la retribuzione del lavoratore (art. 36 Cost.) - il lavoro, l'assistenza e la previdenza sociale. Ma nessuna delle disposizioni dell'art. 38 Cost., che si assumono violate, impedisce al legislatore di definire discrezionalmente l'ambito di applicazione del trattamento previdenziale di cui si discute, e così di escludere dal godimento della pensione di reversibilità il coniuge separato per propria colpa.

4. - Non sussiste, poi, nemmeno la pretesa violazione dell'art. 3 Cost. A questo proposito, giova considerare la posizione riservata al coniuge nella disciplina dettata o richiamata dalla legge che contiene la disposizione impugnata. Al pari dei figli minori, il coniuge superstite - e così il vedovo come la vedova (sentenza n. 6 del 1980) - gode di un trattamento, che non è subordinato alle condizioni prescritte con riguardo agli altri beneficiari. Peraltro, il coniuge concorre soltanto con i figli, e precede nell'ordine stabilito dalla legge le rimanenti categorie di superstiti; ha diritto ad una pensione, il cui ammontare, pari al 60% della pensione già liquidata, o che sarebbe spettata all'assicurato, non subisce riduzioni nell'ipotesi di concorso con i figli, ed è del resto superiore alle aliquote, di varia entità, corrisposte a tutti gli altri aventi diritto, figli inclusi; la sua situazione è, quindi. la meglio protetta, per quel che qui importa osservare, in seno al nucleo familiare del pensionato.

Se dal regime testé descritto è eccettuato il solo caso del coniuge separato per sua colpa, ciò si spiega perché il legislatore ha giudicato di trovarsi di fronte ad un soggetto, di cui si è rivelata ed acclarata - attraverso il suo stesso contegno, e la conseguente pronunzia del giudice - la disaffezione e l'estraneità alla vita e all'attività lavorativa del coniuge deceduto. Rispetto al caso della separazione incolpevole, vi è qui un più pronunziato allentamento del vincolo matrimoniale: al punto che, è stato ritenuto, viene a mancare l'interesse della collettività alla tutela pensionistica del coniuge superstite. ora, questa differenza nel trattamento del coniuge separato per propria colpa e delle altre situazioni in cui versa il coniuge superstite non può ritenersi ingiustificata, né, dunque, lesiva del principio costituzionale di eguaglianza. Infatti la separazione per colpa è istituto che, in varia guisa, già rileva, secondo il codice civile, anche nella sfera dei rapporti patrimoniali fra i coniugi. Basta ricordare che il coniuge separato per sua colpa perde il diritto al mantenimento, mentre il coniuge incolpevole lo mantiene integro. Il legislatore ha inteso così di conferire rilevanza all'istituto della separazione anche nel regime pensionistico, quando ha riconosciuto il diritto alla reversibilità del coniuge separato senza colpa ed ha adottato l'opposta soluzione nel nostro caso: non vi è stato un irragionevole od arbitrario esercizio della discrezionalità legislativa, che questa Corte possa censurare sotto il profilo ora considerato.

Altrettanto deve ritenersi, se si ha riguardo alla pretesa discriminazione fra il coniuge separato per sua colpa prima dell'entrata in vigore del nuovo diritto di famiglia, ed il coniuge separato secondo l'attuale ordinamento. Si assume nell'ordinanza di rinvio che, una volta espunto l'istituto della separazione per colpa dal testo dell'art. 151 del codice civile, sia venuto a cadere il presupposto logico perché la norma censurata continui a ricevere applicazione: e questo, prosegue il giudice a quo, se non si voglia addirittura ritenere che la norma stessa sia stata implicitamente abrogata, per incompatibilità con la sopravvenuta disciplina dei rapporti fra i coniugi. L'assunto non ha, però, fondamento. L'art. 151 del codice civile dispone, anche nel nuovo testo, che il giudice possa dichiarare a quale dei due coniugi sia addebitabile la separazione, "in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio". La dichiarazione, resa in tal senso dal giudice nel pronunziare la separazione, produce, fra le altre conseguenze, quella di privare il coniuge che ne è colpito del diritto al mantenimento. Permane allora una evidente e razionale giustificazione per differenziare il trattamento pensionistico del coniuge superstite, secondo che nei suoi confronti sia intervenuta, o no, la dichiarazione di addebitabilità della separazione, attualmente prevista dal codice civile. Posto ciò, si deve escludere - non essendo intervenuta una contraria statuizione del legislatore - che il coniuge, al quale è addebitabile la separazione, abbia diritto alla pensione di reversibilità. Il trattamento al quale egli è soggetto è sempre quello disposto per il coniuge separato per sua colpa prima della riforma del diritto di famiglia. Nemmeno qui, dunque, ricorre la denunziata violazione dell'art. 3 Cost.

5. - In conclusione: i principi costituzionali invocati nella presente controversia non esigono che il coniuge separato per sua colpa riceva la stessa tutela pensionistica del coniuge incolpevole. Spetta daltronde al legislatore stabilire come al coniuge colpevole possano essere corrisposti un assegno o una pensione alimentari, e perciò condizionati allo stato di bisogno. Sarebbe, anche questa, una soluzione ispirata al criterio, tenuto fermo dal codice civile, di riconoscere al coniuge separato per propria colpa, e ora al coniuge cui è addebitabile la separazione, il diritto agli alimenti. Soluzione del resto accolta, già prima della riforma del diritto di famiglia, in altro settore dell'ordinamento pensionistico, negli artt. 81, comma quarto, e 88, commi quarto e quinto, del t.u. 29 dicembre 1973, n. 1092 ("Trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato"). Tali norme prevedono, a favore del coniuge separato per sua colpa, un assegno alimentare, ne determinano l'importo, e regolano il concorso fra il beneficiario e gli altri superstiti del dipendente o del pensionato statale. Analoghe disposizioni soccorrerebbero utilmente agli organi legislativi nella disciplina del nostro caso.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata, in riferimento agli artt. 38, commi primo e secondo, e 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 24 della legge 30 aprile 1969, n. 153, sollevata con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 febbraio 1980.

F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere