N. 123
SENTENZA 17 LUGLIO 1980
Deposito in cancelleria: 23 luglio 1980.
Pres. AMADEI - Rel. LA PERGOLA
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRRSSEN - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio promosso con ricorso del Presidente della Regione Sardegna, notificato il 13 ottobre 1975, depositato in cancelleria il 23 successivo ed iscritto al n. 35 del registro 1975, per conflitto di attribuzione nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, sorto a seguito della determinazione 29 luglio 1975, n. 0211, del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, avente per oggetto "Convenzione di Ramsar - Saline di Macchiareddu e Stagno di Santa Gilla (Cagliari)".
Udito nell'udienza pubblica del 16 gennaio 1980 il Giudice relatore Antonio La Pergola;
uditi l'avvocato Marco Vitucci, per la Regione Sardegna e l'avvocato dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto:
1. - La Regione autonoma della Sardegna ha, con ricorso in data 13 ottobre 1975, promosso conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato, per sentir dichiarare l'invasione della sfera di competenza ad essa costituzionalmente garantita. La ricorrente impugna avanti a questa Corte la determinazione del Ministero dell'agricoltura e foreste del 29 luglio 1975 e ne chiede l'annullamento. Il provvedimento impugnato dispone che le zone del demanio marittimo delle Saline di Macchiareddu e dello Stagno di Santa Gilla siano - con la sola eccezione delle aree interessate dal primo lotto funzionale dei lavori per la realizzazione del porto industriale di Cagliari - vincolate ai sensi della Convenzione di Ramsar. Nel ricorso si osserva che tale Convenzione, firmata dal rappresentante italiano presso l'UNESCO in data 10 gennaio 1975, non è stata ancora ratificata dall'Italia. Ciascuno Stato che ne diviene parte è tenuto a designare entro il proprio territorio, soprattutto come habitat di certe specie di uccelli acquatici, almeno una zona umida di importanza internazionale, la quale viene così sottoposta a vincolo di salvaguardia. La suddetta determinazione del Ministero dell'agricoltura e foreste, prosegue la ricorrente, è adottata in via definitiva: il Ministero degli affari esteri è infatti invitato a darne comunicazione al rappresentante italiano presso l'UNESCO, perché le zone ivi indicate siano designate come zone umide e conseguentemente assoggettate al regime previsto dall'anzidetta Convenzione.
Ciò premesso, la difesa della Regione deduce, tuttavia, che nella specie non viene in questione il rispetto degli obblighi internazionali. La Convenzione di Ramsar, si dice, non è ancora ratificata, e in ogni caso essa non elenca tassativamente, né indica altrimenti le zone da tutelare, ma lascia a ciascun contraente di individuarle discrezionalmente: dove si tratta di zone incluse nel territorio sardo, la proposta di assoggettarle a vincolo potrebbe, quindi, emanare esclusivamente dagli organi regionali. La ricorrente assume, precisamente, che gli interessi ecologici ed ornitologici perseguiti dall'accordo internazionale corrispondono a materie di competenza della Regione: urbanistica, caccia e pesca, esercizio dei diritti demaniali sulle acque pubbliche e le saline, industria, commercio ed esercizio industriale delle saline (art. 3, lett. f, i, l, m, art. 4, lett. a, st. Sardegna). Il vincolo previsto dalla Convenzione verrebbe, allora, necessariamente e sotto vario riguardo, a pregiudicare l'esercizio dei relativi poteri di autonomia. Né il Ministero dell'agricoltura e foreste, né il Ministero della marina mercantile avrebbero, poi, alcun titolo per interloquire, essendo già state trasferite alla Regione le loro competenze per le suddette materie. Il Ministero degli affari esteri dovrebbe attenersi, sempre per le zone ricadenti nel territorio sardo, alla proposta degli organi regionali. Anche a voler ammettere che nel vincolo siano coinvolti residui ed autonomi interessi di competenza statale, ne seguirebbe la necessità di un'intesa tra la Regione ed altri organi della amministrazione centrale, diversi da quelli che sono intervenuti nella specie. In nessun caso sussisterebbe la competenza che lo Stato ha preteso di esercitare unilateralmente. Del resto, si soggiunge, la determinazione impugnata confligge con i provvedimenti regionali concernenti il piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Cagliari, in cui è previsto che parte delle zone soggette a vincolo sia viceversa destinata agli impianti del porto industriale di Cagliari; essa non sarebbe stata preceduta o giustificata da serie indagini istruttorie né da alcuna ponderazione degli interessi protetti in sede internazionale con altri interessi, di rilievo anche nazionale, ed egualmente meritevoli di tutela, quali gli interessi che si connettono con la realizzazione del porto industriale di Cagliari: opera, questa, che il provvedimento impugnato priverebbe di una parte dell'indispensabile superficie funzionale. Inoltre, la determinazione impugnata sarebbe totalmente immotivata: e la carenza di motivazione costituirebbe causa di invasione della competenza, offrendo la prova del pregiudizio, che deriva alla Regione dall'omessa valutazione degli interessi ricadenti nella sua sfera.
2. - Il Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, deduce l'infondatezza del ricorso. Il Ministero dell'agricoltura e foreste, si osserva, ha emesso il provvedimento ora impugnato dalla Regione, anche in base ad altra determinazione del Ministero della marina mercantile, in adempimento dell'obbligo internazionale, posto dalla Convenzione di Ramsar, di includere in apposito elenco i terreni paludosi da assoggettare a tutela. Con ciò, non vi sarebbe invasione o menomazione della sfera della Regione. Si tratta, dice l'Avvocatura, di materia che non ricade nello ambito delle competenze regionali, e che comunque sicuramente lo trascende, in quanto abbraccia interessi di importanza, oltretutto, internazionale. Le materie previste nello statuto sardo, che vengono in considerazione nella specie, non avrebbero diversa estensione dalle altre elencate nell'art. 117 della Costituzione con riguardo alle competenze delle regioni a statuto ordinario: come per le une, si afferma, così per le altre, il trasferimento alle regioni delle relative funzioni non include gli interventi in materia di protezione della natura. L'art. 4, lettera h), del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 - "Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative e statali in materia di caccia e pesca" - configura espressamente, in proposito, una riserva di competenza statale, la quale si giustifica per la dimensione necessariamente generale e statuale dell'interesse alla protezione della natura e della fauna, costantemente affermata nella giurisprudenza di questa Corte, e nel limite che ne risulta quanto all'ambito delle competenze regionali.
Inammissibile, infine, sarebbe la censura concernente il difetto di motivazione dell'impugnata determinazione del Ministero dell'agricoltura e foreste: la Regione non rivendicherebbe, qui, attribuzioni proprie. D'altra parte, l'obbligo di motivare non sarebbe nemmeno previsto, e risulterebbe comunque soddisfatto dall'anzidetta determinazione: la quale, si dice, dovendo il vincolo ai fini della Convenzione di Ramsar insistere su aree del demanio marittimo, richiama una precedente delibera del Ministero della marina mercantile. In tal richiamo starebbe appunto, per relazione, la motivazione del provvedimento impugnato.
3. - Con ordinanza n. 17 del 1979, la Corte ha stabilito di dover acquisire ulteriori elementi per il presente giudizio. Con detto provvedimento, sospesa ogni pronunzia anche di natura istruttoria, si ordina alla Presidenza del consiglio e alla Regione Sardegna di esibire gli atti e i documenti richiamati nei rispettivi scritti difensivi; al Ministero dell'agricoltura e foreste, di far pervenire gli atti ed i documenti in base ai quali è stata adottata la determinazione impugnata, nonché la planimetria cui essa si riferisce; al Ministero degli affari esteri, di produrre la documentazione atta a chiarire se lo Stagno di Santa Gilla debba o no ritenersi incluso nell'elenco delle zone umide previsto dalla Convenzione di Ramsar: nella parte motiva dell'ordinanza è infatti detto che, secondo la comunicazione del Ministero degli affari esteri relativa all'entrata in vigore della Convenzione di Ramsar, pubblicata nella G.U. n. 130 del 14 maggio 1977, l'elenco delle zone umide di importanza internazionale, depositato dal rappresentante italiano presso l'UNESCO insieme con lo strumento di ratifica ed ai sensi dell'art. 2 n. 4, della Convenzione stessa, si riferisce testualmente alle Saline di Macchiareddu, ma non allo Stagno di Santa Gilla; laddove, ai fini del giudizio, occorre individuare con esattezza le aree nelle quali il vincolo a tutela delle zone umide sarebbe destinato ad operare.
In esecuzione dell'ordinanza testé richiamata ed entro il termine, in essa fissato, di centoventi giorni dalla comunicazione della medesima, la Regione Sardegna ha esibito in giudizio: 1) estratto del verbale della deliberazione della Giunta regionale del 21 aprile 1972, che riguarda, fra le altre cose, progetti speciali di interventi organici, ai sensi degli artt. 2 e 3 della legge 6 ottobre 1971, n. 853, con particolare riferimento al porto industriale di Cagliari, all'utilizzazione delle risorse idriche, all'assetto territoriale della zona di industrializzazione, e alla valorizzazione dei parchi e delle riserve naturali; 2) decreto del Presidente della Giunta regionale dell'11 settembre 1973, con il quale si approva la variante del piano regolatore territoriale dell'area di sviluppo industriale di Cagliari. Il Ministero degli affari esteri ha dal canto suo prodotto una nota, con annessa documentazione, in data 2 agosto 1979. Ne risulta che: le Saline di Macchiareddu e lo Stagno di Santa Gilla figurano nell'elenco notificato dal rappresentante italiano presso l'UNESCO contemporaneamente al deposito dello strumento della ratifica della Convenzione di Ramsar, in data 14 dicembre 1976; la relativa planimetria, già trasmessa alla UNESCO il 16 settembre 1975, corrisponde a quella intitolata "Stagno di Cagliari" ed allegata al decreto 1 agosto 1977, con il quale il Ministero dell'agricoltura e foreste riconosce l'importanza internazionale di quest'ultima zona, sempre ai sensi della Convenzione di Ramsar; in data 13 marzo 1979 il Ministero degli affari esteri ha, dietro richiesta del Ministero dell'agricoltura e foreste, provveduto a notificare nelle competenti sedi internazionali la nuova confinazione dello Stagno di Cagliari, per rettificare gli errori materiali di quella precedente, mantenendo tuttavia inalterata la superficie complessiva della zona, pari ad ettari 3363. La nuova planimetria corrisponde a quella intitolata, pure qui, Stagno di Cagliari, e allegata al decreto 20 maggio 1978, col quale è stata disposta la suddetta rettifica della confinazione della zona. Le denominazioni Stagno di Santa Gilla, Stagno di Cagliari, Saline di Macchiareddu - comunica, in conclusione, il Ministero degli affari esteri - sono indifferentemente adoperate per designare la stessa zona umida, inclusa fra quelle dichiarate d'importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Ramsar, e notificate, anche nella nuova e corretta confinazione, al depositario della medesima.
4. - Il 16 gennaio 1980 ha avuto luogo una seconda udienza pubblica. Nella discussione orale le difese della Regione e dello Stato hanno sviluppato e precisato le conclusioni già prese.
Considerato in diritto:
1. - Il presente conflitto di attribuzione è sollevato dalla Regione Sardegna con l'impugnare la determinazione adottata il 29 luglio 1975 dal Ministero dell'agricoltura e foreste. Il provvedimento impugnato richiama precedenti determinazioni del Ministero della marina mercantile (nota 5177107 dell'8 luglio 1975 e nota 5176731 del 6 giugno 1975), le quali avevano riconosciuto l'opportunità di vincolare, ai fini della Convenzione di Ramsar, e con la sola eccezione delle aree interessate dal primo lotto funzionale dei lavori per il porto industriale di Cagliari, le zone del demanio marittimo delle Saline di Macchiareddu e dello Stagno di Santa Gilla.
Il Ministero dell'agricoltura e foreste aggiunge che tale posizione deve ritenersi definitiva, ed invita in conseguenza il Ministero degli affari esteri a dare comunicazione delle aree così individuate al depositario degli strumenti di ratifica dell'anzidetta Convenzione, perché, ai sensi di questa, esse siano incluse nell'apposito elenco delle zone umide tutelate. La ricorrente ha così dedotto l'invasione della sfera ad essa costituzionalmente garantita:
a) pur essendo il provvedimento in questione connesso con la partecipazione dell'Italia alla Convenzione di Ramsar, il rispetto degli obblighi internazionali da parte della Regione non verrebbe in questione: sia, si dice, perché detta Convenzione non risulta ratificata (al momento, beninteso, in cui è sollevato il conflitto); sia, e soprattutto, perché essa non elenca tassativamente né indica per altra via le aree soggette a vincolo, ma lascia agli Stati contraenti di individuarle discrezionalmente, fissando l'unica condizione che ciascun contraente designi almeno una zona umida del proprio territorio, da salvaguardare ai sensi della Convenzione;
b) ciò posto, l'individuazione delle aree nelle quali il vincolo astrattamente previsto dalla Convenzione può esser reso operante competerebbe non allo Stato, ma alla Regione: alla quale, si assume, sono state trasferite le attribuzioni delle due branche dell'amministrazione, le quali avrebbero senza titolo interloquito nella specie, il Ministero dell'agricoltura e foreste ed il Ministero della marina mercantile. La Convenzione di Ramsar, si osserva dalla ricorrente, è ispirata ad interessi ecologici ed ornitologici corrispondenti a materie di competenza della Regione. Di qui si fa discendere che il vincolo posto dallo Stato a tutela di tali interessi pregiudica, necessariamente e sotto vario riguardo, l'esercizio dei relativi poteri di autonomia. Ammesso pure, si soggiunge, che nel vincolo siano coinvolti altri interessi di residua competenza statale, la proposta di assoggettamento delle aree in questione al regime previsto in sede internazionale dovrebbe comunque risultare da un'intesa fra Stato e Regione, invece che dalla sola determinazione degli organi centrali;
c) infine, il provvedimento impugnato sarebbe totalmente immotivato, e la carenza di motivazione costituirebbe un'autonoma causa di invasione di competenza, comprovando l'omessa valutazione, e così il necessario pregiudizio, degli interessi che ricadono nella sfera costituzionalmente garantita alla Regione.
2. - Il ricorso non è fondato. L'invasione della sfera riservata alla Regione scaturirebbe da una determinazione del Ministero dell'agricoltura e foreste, che la stessa ricorrente assume connessa con la firma, da parte dell'Italia, della Convenzione di Ramsar. Detta Convenzione, relativa alle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici, prevede, invero, quel vincolo a tutela delle zone umide, al quale la determinazione impugnata assoggetta lo Stagno di Cagliari (alias, com'è spiegato in narrativa, le Saline di Macchiareddu o lo Stagno di Santa Gilla), e della cui imposizione la Regione si duole. L'assunto centrale del ricorso è che il provvedimento impugnato preclude alla Regione di individuare le zone umide da tutelare, valutando, in virtù e nell'ambito della propria autonomia, gli interessi ornitologici ed ecologici protetti dalla Convenzione in relazione agli altri interessi, dei quali essa è portatrice. Ora, se da un canto il conflitto è così prospettato, dall'altro, però, si assume che sia "fuori questione" il rispetto degli obblighi internazionali da parte della Regione: e per ciò stesso si assume - va subito precisato - che nella specie non venga in considerazione nemmeno la competenza dello Stato ad obbligarsi internazionalmente. Nessuno degli argomenti addotti dalla ricorrente può, tuttavia, essere accolto.
3. - Inconferente, prima di tutto, è il rilievo che, al momento in cui è stata instaurata la presente controversia, la Convenzione di Ramsar non fosse ancora ratificata dall'Italia. La ricorrente trascura che la determinazione, qui considerata, del Ministero dell'agricoltura e foreste è espressamente preordinata all'instaurazione di un vincolo internazionale sulle aree in essa contemplate; essa è stata, dunque, impugnata precisamente in quanto preparatoria, rispetto a quell'atto - la ratifica - con cui lo Stato ha poi, come si era riservato, manifestato la definitiva volontà di divenir parte della Convenzione di Ramsar. Detta Convenzione - firmata per l'Italia il 10 gennaio 1975 - è stata infatti resa esecutiva con d.P.R. n. 448 del 13 marzo 1976, e lo strumento di ratifica è stato depositato il 14 dicembre 1976. Quattro mesi dopo, a norma del suo art. 10, la Convenzione è, infine, entrata in vigore per l'Italia. Gli obblighi internazionali, assunti dallo Stato con il sottoscrivere l'accordo di cui ci occupiamo, sono così ormai perfetti, ed anche internamente efficaci. Ma tutto ciò non toglie - anzi implica - che il provvedimento impugnato, sebbene emesso di fronte alla semplice firma della Convenzione, ancora soggetta a ratifica, affermasse già la pretesa dello Stato di individuare le zone umide ai fini previsti nella Convenzione stessa: che è, poi, la pretesa di esercitare quella determinata competenza, della quale la Regione rivendica in questa sede l'attribuzione. Se così non fosse, difetterebbe, del resto, un atto statale idoneo a determinare il conflitto di attribuzione, e il presente ricorso non sarebbe nemmeno ammissibile, laddove esso deve ritenersi sicuramente tale. E appena il caso di ricordare, in merito, la giurisprudenza di questa Corte: il regolamento di competenza può essere esperito anche mediante impugnazione di un atto non definitivo, o altrimenti inidoneo a ledere immediatamente la sfera della parte ricorrente, quando l'organo che lo emana abbia con sufficiente chiarezza manifestato l'intento di esercitare come propria l'attribuzione, della quale si controverte (fra le altre, v. sentt. nn. 171/71, 49/72, 81 e 87/73 e più recentemente 72/78).
4. - La Convenzione di Ramsar, si deduce inoltre nel ricorso, non contiene alcuna autentica o tassativa elencazione delle zone umide da tutelare: di guisa che - incidendo il vincolo previsto in sede internazionale su materie, si dice, attribuite alla Regione - spetterebbe a quest'ultima, non allo Stato, individuare le zone suddette. Senonché, l'inconsistenza dell'assunto risulta chiaramente dalle disposizioni della stessa Convenzione, alla quale si riferisce la Regione. Di esse occorre dunque far cenno, per quel che interessa l'indagine della specie.
In conformità dello scopo enunciato nel preambolo - tutela delle risorse internazionali costituite dalle zone umide e dalla loro flora e fauna, in particolare degli uccelli acquatici nel periodo delle migrazioni stagionali - l'art. 1 della Convenzione definisce le caratteristiche di tali zone, e dispone che gli uccelli acquatici sono quelli che da esse dipendono ecologicamente. L'art. 2 detta a sua volta - nei numeri dal primo al terzo - i criteri secondo i quali ciascuna parte contraente opera, entro il proprio territorio, la scelta e la confinazione delle zone umide, da inserire in un elenco, che, ai sensi dell'art. 8, è affidato ad apposito ufficio; e il numero 4 del citato art. 2 recita poi: "Ciascuna parte contraente designa almeno una zona umida da inserire nell'elenco all'atto della firma della presente Convenzione, oppure al momento del deposito dello strumento di ratifica o di adesione, conformemente all'art. 9". Ciò significa che la designazione di almeno una zona umida assurge necessariamente ad elemento integrante della manifestazione di volontà, mediante la quale ogni successivo contraente viene a far parte della Convenzione. Ciascuna parte dell'accordo mantiene tuttavia il diritto di aggiungere zone nuove all'elenco suddetto, o viceversa, "per urgenti interessi nazionali", di cancellare o restringere una zona, in precedenza designata come umida. Solo che, in quest'ultimo caso, essa dovrà compensare, "nei limiti del possibile, ogni conseguente perdita di risorse in zone umide e, in particolare, dovrà creare nuove riserve naturali per gli uccelli acquatici e per la tutela, nella stessa regione o altrove, di una adeguata porzione dell'habitat originario" (art. 4, n. 2). (E altresì previsto che la gestione delle zone umide serva a favorire non solo la conservazione ma anche l'incremento della fauna tutelata: art. 4, n. 4). In questo modo, l'instaurazione, le modificazioni, l'estinzione del vincolo, indispensabile per la tutela delle zone umide, e della fauna che ne dipende, sono rimesse alle determinazioni degli Stati contraenti. Lo schema del trattato aperto è nella specie così congegnato, che ogni parte sopravveniente si sottopone alle regole contenute nella Convenzione, mentre gli Stati già venuti a far parte dell'accordo accettano - dal canto loro, in anticipo - la designazione delle zone umide, fatta unilateralmente da nuovo contraente, allo atto, secondo i casi, della firma, o della ratifica o dell'adesione: le scelte discrezionali, in cui tale designazione si concreta, possono solo formare oggetto di raccomandazione da parte delle conferenze deliberanti a maggioranza semplice di voti, ex artt. 6 e 7 della Convenzione. Le finalità ispiratrici del sistema testé descritto esigono, quindi, che a stabilire quale e quanta parte dei rispettivi territori meriti di essere tutelata siano, in seno ad ogni Stato contraente, gli organi competenti ad apprezzare le esigenze e gli interessi ecologici non di singole regioni, ma dell'intera collettività nazionale. Non vi è dubbio, in alcun caso, che l'individuazione, a norma della Convenzione, di almeno una zona umida - senza la quale nessun vincolo o rapporto pattizio può sorgere fra il nuovo aderente e le rimanenti parti dell'accordo - spetti agli organi chiamati ad impegnare lo Stato nei confronti degli altri soggetti di diritto internazionale. In definitiva, si tratta della competenza a concludere i trattati, o ad aderirvi; e nel nostro ordinamento costituzionale tale competenza costituisce una necessaria ed esclusiva attribuzione dello Stato, solo sovrano e solo responsabile degli eventuali illeciti internazionali, anche quando - è stato in altra pronunzia chiarito - l'accordo internazionale riguardi materie attribuite alla Regione (sentenza n. 170/75). Diversamente, si dovrebbe ritenere che l'ambito costituzionalmente riservato all'autonomia regionale resti, per definizione, escluso dalla sfera, nella quale si svolgono le relazioni esterne dello Stato: con l'insostenibile conseguenza - come dice la Corte Suprema degli Stati Uniti, significativamente in un caso per più versi analogo al nostro (Missouri versus Holland, U.S. Supreme Court 1920, 252 U.S. 416) - di creare un vuoto, dove, invece, deve risiedere un "potere della massima importanza" - quello, appunto, di stipulare i trattati - che "appartiene a qualsiasi governo civile".
5. - La ricorrente, assume poi, in via subordinata, che l'individuazione delle zone umide nel territorio sardo debba risultare da un'intesa tra organi centrali e Regione. Ma una simile soluzione non trova alcun fondamento nello statuto speciale per la Sardegna, né in altra fonte normativa, che possa rilevare nel presente giudizio. Del resto, quando il legislatore - in considerazione dello speciale regime di autonomia concesso all'isola - ha previsto un qualche diritto della Regione ad esser sentita, anche con riferimento alla conclusione di accordi internazionali, esso lo ha espressamente sancito. Così, infatti, l'art. 52, comma primo, dello statuto sardo recita:
"la Regione è rappresentata nell'elaborazione dei progetti dei trattati di commercio che il governo intenda stipulare con Stati esteri in quanto riguardino scambi di specifico interesse per la Sardegna". La disposizione testé citata concerne, pero, solo i trattati che ricadono nelle categorie testualmente contemplate, e non copre il caso di specie. In punto di fatto, comunque, il Ministero dell'agricoltura e foreste non ha mancato di sentire la Regione interessata, ed ha anzi provveduto ad eccettuare dal vincolo le aree destinate al primo lotto funzionale dei lavori per il porto industriale di Cagliari.
6. - Resta da considerare l'ulteriore censura, formulata dalla ricorrente sotto il riflesso che il provvedimento impugnato sarebbe lesivo dell'autonomia regionale perché totalmente immotivato. L'Avvocatura ne eccepisce l'inammissibilità, deducendo che, con essa, la Regione non rivendica proprie competenze. Anche a voler prescindere da quest'eccezione, l'assunto in esame non è fondato, giacché nessun obbligo di motivazione è qui costituzionalmente imposto agli organi statuali. Peraltro, il provvedimento in questione è stato, in effetti, motivato, mediante il richiamo di altre rilevanti determinazioni del Ministero della marina mercantile e della stessa Convenzione di Ramsar, ai sensi della quale le aree dello Stagno di Cagliari, individuate come zone umide, vengono assoggettate a tutela. Identica motivazione è d'altronde adottata dal successivo decreto ministeriale del 1 agosto 1977, che rettifica la confinazione, ma conferma il valore internazionale dell'anzidetta zona umida, rilevandone la piena e puntuale rispondenza, sia per le caratteristiche dell'area biogeografica interessata, sia per i risultati delle indagini ornitologiche condotte in loco dai biologi, ai criteri di definizione delle zone umide, stabiliti, in conformità della Convenzione di Ramsar, dalla Conferenza internazionale di Heiligenhafen (2-6 dicembre 1974).
7. - Vi è un'ultima osservazione, che soccorre nel concludere per l'infondatezza del presente ricorso. Il provvedimento impugnato non potrebbe considerarsi lesivo della competenza regionale, quand'anche si negasse che esso vada ascritto alla competenza, propria degli organi centrali, di impegnare internazionalmente lo Stato. Nemmeno allora, infatti, l'individuazione e la salvaguardia delle zone umide verrebbero, come assume la ricorrente, a ricadere in alcuna delle materie elencate dallo statuto sardo, e delle corrispondenti attribuzioni della Regione. Giova in proposito por mente alla legislazione in vigore quando l'atto censurato nel ricorso è stato emesso: il Ministero dell'agricoltura e foreste ha in quel momento agito nel presupposto che nessun ostacolo di ordine costituzionale impedisse di ritenere operante, anche riguardo alla Sardegna, la riserva di competenze a favore degli organi centrali in tema di interventi per la protezione della natura, "salvi gli interventi regionali non contrastanti con quelli dello Stato", posta dall'art. 4, lettera h), del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 ("Trasferimento alle Regioni a statuto ordinario delle funzioni amministrative statali in materia di agricoltura e foreste, di caccia e pesca nelle acque interne e dei relativi personali ed uffici"). Proprio questa riserva di legge è richiamata, con riferimento al nostro caso, dal successivo decreto del Ministero dell'agricoltura e foreste 1 agosto 1977, sopra citato; e di essa la Corte ha in altre occasioni ritenuto la legittimità, riconoscendo il rilievo nazionale degli interessi, perseguiti dal legislatore nel configurarla (sentt. nn. 71/67, 142/72, 145/75 e 175/76). Vero è che, più di recente, l'art. 6 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, emesso in attuazione della delega di cui all'art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382, include, tra le funzioni amministrative trasferite alle Regioni a statuto ordinario in materia di agricoltura e foreste, "gli interventi di protezione della natura, compresa l'istituzione di parchi e riserve naturali e la tutela delle zone umide". Senonché, sempre il decreto n. 616, sotto il titolo V "assetto e utilizzazione del territorio", e nella disposizione appositamente dedicata agli interventi per la protezione della natura (art. 83, comma secondo), rimette la disciplina generale delle riserve naturali dello Stato già esistenti ad una legge statale, e fa altresì salva, al terzo comma, la potestà per il governo, "nell'ambito delle funzioni di indirizzo e di coordinamento, di individuare i nuovi territori nei quali istituire riserve naturali". D'altra parte la Regione Sardegna non può oggi invocare, in materia, più larghe attribuzioni di quelle spettanti alle Regioni ordinarie, in assenza di norme di attuazione statutaria che definiscano diversamente l'ambito delle funzioni ad essa trasferite. Il legislatore ha voluto lasciar ferma la competenza dello Stato, delimitando correlativamente le funzioni trasferite alle Regioni, in ordine, appunto, a quella prima e delicata fase dell'intervento degli organi pubblici per la protezione della natura, che consiste nell'individuare le aree da tutelare, tenendo conto degli interessi e delle esigenze ecologiche nazionali. Siffatta attribuzione, si deve allora ritenere, residua agli organi centrali, com'è previsto dalle norme che reggono il trasferimento delle funzioni amministrative alle Regioni; nella specie, essa si atteggia come piena ed esclusiva, per l'altra considerazione che il provvedimento impugnato è stato posto in funzione di un vincolo internazionale sulle zone umide da esso individuate: vincolo, che spettava allo Stato di instaurare, mediante trattato.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara che spetta allo Stato il potere di vincolare, per la tutela del patrimonio faunistico e ambientale ai fini della Convenzione di Ramsar, le zone del demanio marittimo delle Saline di Macchiareddu e dello Stagno di Santa Gilla.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 luglio 1980.
F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE - Cancelliere