˙ Sentenza  12/1980 (ECLI:IT:COST:1980:12)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: ROEHRSSEN
Udienza Pubblica del 13/06/1979;    Decisione  del 12/02/1980
Deposito del 15/02/1980;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  9655
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 12

SENTENZA 12 FEBBRAIO 1980

Deposito in cancelleria: 15 febbraio 1980.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 50 del 20 febbraio 1980.

Pres. AMADEI - Rel. ROEHRSSEN

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge della Regione siciliana 7 dicembre 1973, n. 45 (Norme interpretative della legge regionale 23 marzo 1971, n. 7, sull'ordinamento degli uffici e del personale dell'Amministrazione regionale), e degli artt. 56, 75 e 90 della legge della stessa Regione 23 marzo 1971, n. 7, promosso con ordinanza emessa il 14 novembre 1974 dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sui ricorsi riuniti proposti da Torregrossa G. Battista, Niceta Antonino e Buccellato Girolamo contro il Presidente della Regione siciliana e l'Assessore alla Presidenza della Regione stessa, iscritta al n. 114 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 140 del 28 maggio 1975.

Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana e dell'Assessore alla presidenza della detta Regione;

udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1979 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Renato Carafa, per il Presidente della Regione siciliana e per l'Assessore alla presidenza medesima.

Ritenuto in fatto:

Nel corso di un giudizio promosso da tre funzionari della Regione siciliana - aventi qualifiche di Segretario generale, Ragioniere generale e Direttore regionale - a seguito del diniego dell'Assessorato alla Presidenza della Regione di riconoscere ad essi il trattamento giuridico ed economico previsto per i dirigenti generali dello Stato dall'art. 47 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1972, n. 748, il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con ordinanza 14 novembre 1974, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 14, lett. q), dello statuto speciale siciliano, dell'art. 1 della legge reg. sic. 7 dicembre 1973, n. 45, e degli artt. 56,75 e 90 della legge reg. sic. 23 marzo 1971, n. 7.

Si osserva nell'ordinanza di rimessione che, in base al disposto delle norme anzidette, le norme statali sul pubblico impiego conseguenti alle leggi di delegazione in base alle quali fu emanato il d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, non sono applicabili ai dipendenti regionali.

Premesso che le funzioni svolte dal Segretario generale, dal Ragioniere generale e dal Direttore regionale sarebbero equivalenti a quelle svolte dai dirigenti generali dell'amministrazione statale - come si evincerebbe da espresse norme, quali gli artt. 7,12 e 30 della legge reg. n. 7/1971 e la legge reg. n. 28/1962 - secondo il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, sopravvenuta la nuova disciplina statale sulla dirigenza, si sarebbe determinata una disparità di trattamento a sfavore dei dipendenti regionali delle qualifiche sopra indicate rispetto ai funzionari statali di pari grado. Ciò in dipendenza della suddetta normativa regionale che ha dichiarato inapplicabile in toto a tutti i dipendenti regionali le disposizioni dei decreti legislativi statali emanati in base alla delega contenuta nella legge 18 marzo 1968, n. 249 e successive modificazioni, senza d'altra parte provvedere autonomamente ad adeguare il trattamento economico degli anzidetti impiegati ai miglioramenti intervenuti per gli statali.

Secondo l'ordinanza di rimessione, ne deriverebbe un contrasto fra le norme regionali sopra menzionate ed il precetto dell'art. 14, lett. q), dello statuto regionale, il quale vuole sia assicurato in ogni caso agli impiegati e funzionari della Regione un trattamento non inferiore a quello del personale dello Stato.

In particolare - si osserva - tale contrasto riguarderebbe l'art. 1 della legge reg. sic. n. 45 del 1973, ove si ritenga che da esso derivi la non applicabilità ai dipendenti regionali delle disposizioni dei decreti legislativi statali di cui sopra, ovvero il combinato disposto di tale art. 1 della legge reg. n. 45 del 1973 e degli artt. 56, 75 e 90 della legge reg. n. 7 del 1971.

Si è costituita in giudizio l'Avvocatura generale dello Stato per la Regione siciliana, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Nell'atto di costituzione si osserva in proposito che non vi è affatto parità di funzioni fra personale regionale e statale, cosicché non è possibile istituire un parallelismo fra qualifiche e funzioni del personale direttivo statale e regionale, essendo quest'ultimo articolato in modo del tutto diverso.

Pertanto, proprio in presenza di tale diversità sostanziale il legislatore regionale, con la legge n. 7 del 1971, ha provveduto alla organizzazione degli uffici dell'Amministrazione regionale, distinguendo il personale addetto agli stessi uffici in determinate qualifiche (art. 10) e determinando le attribuzioni delle singole qualifiche (artt. 12 e segg.), nonché il trattamento economico dello stesso personale (stabilito con la Tabella "N", annessa alla legge stessa).

Deduce la difesa della Regione siciliana che per quanto riguarda l'ordinamento degli uffici e lo stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione, questa ha legislazione esclusiva, cosicché legittimamente con l'art. 90 della citata legge n. 7 del 1971 vennero abrogate tutte le disposizioni delle leggi regionali concernenti la estensione ai dipendenti dell'Amministrazione regionale dei miglioramenti economici dei dipendenti statali, ponendosi il principio che il trattamento economico degli impiegati e funzionari della Regione, in conseguenza dell'ordinamento generale degli uffici e della determinazione delle attribuzioni delle qualifiche del personale, andava stabilito esclusivamente con la legge regionale. Legittimamente, altresì, con la legge 7 dicembre 1973, n. 45, contenente "Norme interpretative della legge regionale 23 marzo 1971, n. 7", veniva precisato che "per il combinato disposto degli artt. 75, 86, 87 e 90 della legge reg. 23 marzo 1971, n. 7, ai dipendenti dell'Amministrazione regionale e ai dipendenti dello Stato transitati nei ruoli della Regione non si applicano, perché incompatibili, le disposizioni dei decreti legislativi emanati ai sensi della legge 18 marzo 1968, n. 249 e successive modifiche e integrazioni".

Tali norme non contrastano, quindi, con la norma di cui alla lett. q), dell'art. 14 dello statuto regionale, ma costituiscono l'estrinsecazione in concreto dell'autonomia regionale a livello legislativo esclusivo nella materia in questione.

Considerato in diritto:

1. - Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana, con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato, in riferimento all'art. 14, lett. q), dello Statuto speciale siciliano, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge regionale siciliana 7 dicembre 1973, n. 45 ovvero - ove non si ritenesse derivante dal su detto articolo, ma dal combinato disposto di esso e degli artt. 56, 75 e 90 della legge regionale siciliana 23 marzo 1971, n. 7, la non applicabilità ai dipendenti regionali delle disposizioni dei decreti legislativi statali emanati ai sensi della legge 18 marzo 1969, n. 249 e successive modificazioni - del combinato disposto dell'art. 1 della legge regionale siciliana 7 dicembre 1973, n. 45 e degli artt. 56, 75 e 90 della legge regionale siciliana 23 marzo 1971, n. 7. Nella ordinanza si deduce che in forza di tale normativa i funzionari regionali esercitanti nella Regione le più elevate funzioni amministrative (segretario generale, ragioniere generale e direttori regionali) fruiscono di un trattamento economico inferiore a quello dei corrispondenti funzionari dell'Amministrazione statale, in violazione dell'anzidetto art.14 lett. q), dello Statuto siciliano.

La questione non è fondata.

2. - L'art. 14 dello Statuto speciale per la Regione siciliana attribuisce alla Regione stessa potestà legislativa esclusiva, fra l'altro, per quanto riguarda l'ordinamento degli uffici e degli enti regionali (lett. p) e per quanto riguarda lo stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione (lett. q).

Ma per quanto attiene all'ordinamento degli uffici in generale la. potestà legislativa esclusiva è piena, incontrando il solo limite delle leggi costituzionali dello Stato (art. 14, principio); per il secondo aspetto, che pure rientra in quello della organizzazione degli uffici (sent. n. 40/ 1972), la medesima norma aggiunge che lo stato economico deve essere "in ogni caso non inferiore a quello del personale dello Stato".

Non è dubbio, ad avviso della Corte, che questo ulteriore limite, il quale condiziona soltanto la legislazione concernente il personale regionale, operi sol quando sia possibile effettuare fra i vari livelli del personale dello Stato e della Regione una equiparazione per quanto concerne le funzioni da essi espletate in conformità alle leggi sia statali sia regionali che disciplinano l'assetto degli uffici e le mansioni del personale ad essi addetto.

È nell'ambito di questo principio che occorre esaminare la consistenza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana in ordine prima all'art. 90 della legge regionale 23 marzo 1971, n. 7 (nel quale si compendiano i precedenti artt. 56 e 75) e poi all'art. 1 della legge regionale 7 dicembre 1973, n. 45.

3. - Con la cennata legge regionale n. 7/1971 la Regione siciliana - la quale si era precedentemente attenuta al modello statale sia per quanto riguarda l'assetto organizzativo dei suoi uffici amministrativi sia per quanto riguarda la disciplina dello stato giuridico ed economico del proprio personale - si allontanò profondamente da questo modello tanto per il primo quanto per il secondo aspetto, adottando norme sostanzialmente diverse.

Basti considerare, per quel che riguarda la organizzazione amministrativa, che la legge regionale n. 7 fa leva su organi completamente differenziati da quelli propri della Amministrazione statale, e cioè sulle conferenze dei dirigenti, sui consigli di direzione e, soprattutto, sui gruppi di lavoro, che costituiscono gli elementi essenziali della organizzazione e formati da personale appartenente ai diversi livelli, rappresentano - nelle previsioni del legislatore siciliano - il momento centrale del funzionamento della Amministrazione.

In coerenza con questo nuovo assetto, la stessa legge dettò una disciplina anch'essa nuova per quel che concerne lo stato giuridico ed economico del personale addetto, che risulta ripartito nelle qualifiche di direttore regionale, dirigente, assistente, archivista - dattilografo, agente tecnico, commesso, operaio. Solo per i dirigenti è prevista la possibilità di conseguire, dopo 15 anni di servizio, la qualifica di direttore regionale, mentre nell'ambito di ciascuna qualifica si ha soltanto una progressione economica.

Due tra i dirigenti assumono, per le funzioni ad essi affidate, denominazione diversa e cioè quella di segretario generale della presidenza della Regione e di ragioniere generale.

Per l'art. 12 della legge il direttore regionale "esercita le funzioni demandategli dalle leggi e dai regolamenti, provvede sulle materie a lui delegate dall'assessore e lo coadiuva nello svolgimento dell'attività amministrativa; propone all'assessore i provvedimenti di carattere generale nelle materie di competenza dell'Amministrazione; coordina l'attività dei gruppi di lavoro, partecipa a commissioni, comitati o collegi". Il che sta ad indicare che al direttore regionale sono affidate attribuzioni notevolmente diverse ed inferiori rispetto a quelle proprie dei direttori generali dell'Amministrazione statale, quali, come è noto, assumono anche la qualità di organi esterni dell'Amministrazione medesima.

Trova, allora, piena giustificazione l'art. 90 della ripetuta legge n. 7, il quale ha stabilito che "sono abrogate le disposizioni delle leggi regionali concernenti la estensione ai dipendenti dell'Amministrazione regionale dei miglioramenti economici dei dipendenti statali".

La disposizione, che peraltro non esclude in maniera assoluta la possibilità di equiparazioni fra personale statale e regionale laddove, ovviamente, se ne presentino gli elementi caratterizzatori, costituisce la logica conseguenza della nuova disciplina: allontanandosi questa dalla regolamentazione propria dell'Amministrazione statale, la disposizione ha escluso la possibilità di una automatica estensione al personale regionale delle norme sul trattamento economico proprie del personale statale, e cioè ha escluso la ulteriore applicabilità del principio precedentemente seguito dalla legislazione regionale, che invece trovava fondamento nella identità o, quanto meno, somiglianza della regolamentazione dei due personali. Va ribadito, ad ogni modo, che l'art. 90, se esclude l'applicabilità automatica delle norme statali in argomento, non esclude certamente, come appare evidente dalla sua lettera e dalla sua ratio, la possibilità di applicare al personale regionale un trattamento economico analogo a quello del personale statale, sempre che si verifichi il cennato presupposto per una tale applicazione.

Consegue che le denunciate norme della legge regionale n. 7 del 1971 non violano l'art. 14, lett. q), dello Statuto siciliano.

4. - In prosieguo di tempo, come è noto, lo Stato, con il d.P.R. 30 giugno 1972, n. 748 (emanato in virtù della delega conferita al Governo con la legge 18 marzo 1968, n. 249 e successive modificazioni), ha adottato nuove disposizioni che non hanno toccato soltanto l'ordinamento del personale con la istituzione della c.d. dirigenza, ma hanno riguardato anche la struttura medesima dell'Amministrazione dello Stato.

Infatti, anche limitando la indagine ai soli dirigenti generali, dall'art. 7 del d.P.R. n. 748 risulta chiaramente che su costoro sono stati decentrati, dando ai relativi provvedimenti carattere di definitività, compiti di notevolissima importanza (fra i quali l'approvazione di progetti per lavori e forniture, la conclusione di transazioni relative a detti lavori e forniture la disapplicazione di clausole penali, la promozione di liti l'adozione di provvedimenti di concessione e autorizzazione, ecc.), già di competenza del Ministro, tanto che si è ritenuto necessario (art. 3 del d.P.R. n. 748) creare appositi istituti intesi a consentire al Ministro la possibilità giuridica di revisione degli atti del dirigente generale e di loro eliminazione, se viziati

Nulla di tutto ciò si rinviene nell'ambito della Regione siciliana, la quale, in virtù dell'amplissima potestà legislativa riconosciutale dalla citata lett. p) dell'art. 14 dello Statuto era ed è pienamente libera di accogliere o meno norme e principi simili a quelli propri dell'Amministrazione statale.

Ora, come emerge dagli atti, la Regione siciliana non ha omesso di portare la sua attenzione su questo punto: la legge n. 45 del 1973 ha infatti anche questo significato, perché da essa risulta che l'Assemblea regionale non ha ignorato il nuovo ordinamento delle carriere statali, ma è pervenuta alla conclusione che fra ordinamento amministrativo statale ed ordinamento amministrativo regionale non esistono punti di contatto tali da giustificare la estensione al secondo delle disposizioni recentemente dettate per il primo. Il che è stato riassunto nella espressione secondo cui le norme del d.P.R. n. 748 del 1973 sarebbero "incompatibili" con quelle proprie della Regione.

Sia o meno innovativa rispetto all'art. 90 della legge regionale n. 7 del 1971, l'ultima norma regionale - del resto pienamente rispondente alla reale situazione legislativa dei due soggetti in parola (Stato e Regione) - rientra senz'altro nell'ampia facoltà legislativa della Regione siciliana attribuitale dall'art. 14 lettere p) e q), dello Statuto. Infatti, avendo la Regione siciliana un proprio ordinamento completamente differenziato rispetto a quello degli uffici statali ed essendo venuto meno ogni parallelismo fra detti uffici in forza dell'esercizio di una competenza legislativa attribuita dallo Statuto alla Regione, ben può la Regione stessa stabilire in piena autonomia gli emolumenti dei propri dirigenti, non più comparabili con quelli dei dipendenti statali, stante la diversità delle rispettive funzioni corrispondente alla diversità dei relativi ordinamenti.

Ne deriva che la questione sollevata va dichiarata non fondata.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell'art. 1 della legge regionale siciliana 7 dicembre 1973, n. 45 ("Norme interpretative della legge regionale 23 marzo 1971, n. 7, sull'ordinamento degli uffici e del personale dell'Amministrazione regionale", e degli artt. 56, 75 e 90 della legge regionale siciliana 23 marzo 1971, n. 7 ("ordinamento degli uffici e del personale dell'Amministrazione regionale"), sollevata con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento all'art. 14, lett. q), dello Statuto speciale siciliano.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 febbraio 1980.

F.to: LEONETTO AMADEI - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere