˙ Sentenza  113/1980 (ECLI:IT:COST:1980:113)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: ROEHRSSEN
Udienza Pubblica del 16/01/1980;    Decisione  del 10/07/1980
Deposito del 16/07/1980;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  10081
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 113

SENTENZA 10 LUGLIO 1980

Deposito in cancelleria: 16 luglio 1980.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 201 del 23 luglio 1980.

Pres. AMADEI - Rel. ROEHRSSEN

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge 6 luglio 1939, n. 1035 (Approvazione del regolamento della Cassa di previdenza per le pensioni dei sanitari) promosso con ordinanza emessa il 29 ottobre 1975 dalla Corte d'appello di Roma, nel procedimento civile vertente tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale e il Pio Istituto S. Spirito e Ospedali Riuniti di Roma e Tripodi Mario, iscritta al n. 36 del registro ordinanze 1976 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 72 del 17 marzo 1976.

Visto l'atto di costituzione dell'Istituto nazionale della previdenza sociale;

udito nell'udienza pubblica del 16 gennaio 1980 il Giudice relatore Guglielmo Roehrssen

Ritenuto in fatto:

Con ordinanza emessa il 29 ottobre 1975, la Corte d'appello di Roma - nel corso di un giudizio promosso dall'Istituto nazionale della previdenza sociale nei confronti del Pio Istituto di S. Spirito ed OO.RR. di Roma per ottenerne la condanna al pagamento di contributi per le assicurazioni sociali obbligatorie relativi al rapporto di lavoro del prof. Mario Tripodi, primario medico del Pio Istituto - ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, dell'art. 11 della legge 6 luglio 1939, n. 1035, che secondo la Corte d'appello "esonera dal pagamento di detti contributi le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza per i medici già provvisti di pensione, i quali possono iscriversi facoltativamente alla Cassa di previdenza, corrispondendo, oltre il proprio, anche il contributo dell'Ente, a meno che quest'ultimo se ne assuma volontariamente l'onere".

Ritenuta la rilevanza nel giudizio a quo, la Corte di appello ha dedotto, a sostegno della non manifesta infondatezza della questione, la disparità di trattamento derivante dalla suddetta normativa fra sanitari che già usufruiscano di una pensione, a seconda che prestino servizio presso istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, ovvero presso altro datore di lavoro, con conseguente contrasto con il principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione) e con quello della tutela del lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni (art. 35 della Costituzione).

Davanti a questa Corte si è costituito l'INPS deducendo che la legge 6 luglio 1939, n. 1035, regolamenta la "Cassa per le pensioni ai sanitari", ente previdenziale che cura l'erogazione del trattamento di pensione ai sanitari dipendenti dagli enti locali o dallo Stato, allorché non godano di altro trattamento di quiescenza a carico dello Stato. Pertanto tale legge non riguarda né il trattamento di quiescenza dei sanitari liberi professionisti, né quello dei sanitari che siano lavoratori subordinati e non siano iscritti a detta Cassa, mentre in base agli artt. 37 e 38 del r.d.l. 4 ottobre 1935, n. 1827, tutti i lavoratori subordinati debbono essere obbligatoriamente assicurati presso l'INPS, esclusi i dipendenti pubblici cui sia già assicurato altrimenti un trattamento di previdenza e di quiescenza. Conseguentemente il prof. Tripodi, non potendo godere della copertura assicurativa presso la "Cassa per le pensioni ai sanitari" per la preclusione derivante dall'art. 11 della legge 6 luglio 1939, n. 1035, doveva essere assicurato presso l'INPS.

Se ne dovrebbe dedurre - secondo la difesa dell'INPS - che l'art. 11 della legge n. 1035 del 1939, non è applicabile nel giudizio a quo e la questione dovrebbe essere dichiarata inammissibile per difetto di rilevanza.

Solo in subordine, ove essa non venga dichiarata inammissibile, l'INPS ha chiesto che sia dichiarata fondata.

Nessuna altra parte privata si è costituita dinanzi a questa Corte, né è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto:

1. - Nel corso di un giudizio promosso dall'Istituto nazionale della previdenza sociale nei confronti del Pio Istituto di S. Spirito e OO.RR. di Roma, per ottenerne la condanna al pagamento di contributi, la Corte di appello di Roma, con l'ordinanza indicata in epigrafe, ha ritenuto non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge 6 luglio 1939, n. 1035 (recante "Approvazione del regolamento della Cassa di previdenza per le pensioni ai sanitari"), a norma del quale "le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza sono esonerate da ogni contributo per i medici in servizio già provvisti di pensione, che non sia di guerra né privilegiata ordinaria, o che appartengano a quelle categorie per le quali le leggi o regolamenti prevedano un trattamento di quiescenza obbligatorio o facoltativo. I medici anzidetti possono iscriversi facoltativamente alla Cassa di previdenza, corrispondendo oltre il proprio anche il contributo dell'ente, a meno che quest'ultimo se ne assuma volontariamente l'onere".

2. - La questione è inammissibile per irrilevanza.

Invero l'azione promossa dall'INPS, fondata sul presupposto che in mancanza di altra copertura assicurativa, i lavoratori debbano godere della previdenza affidata ad esso Istituto, tende ad ottenere il pagamento, da parte del Pio Istituto di S. Spirito in Roma, dei contributi previdenziali per il personale sanitario cui si riferisce il citato art. 11 della legge n. 1035 del 1939.

Ciò posto occorre osservare che la previdenza per i sanitari trova una disciplina sua propria nella legge n. 1035 del 1939, la quale si discosta dal sistema generale posto dal r.d. 4 ottobre 1935, n. 1827 (recante "Perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale"), ed ha istituito all'uopo una apposita Cassa di previdenza, alla quale affluiscono i contributi relativi ai sanitari stessi: l'art. 6 di detta legge statuisce in linea di principio che la iscrizione alla Cassa è obbligatoria per i sanitari contemplati "dal precedente art. 1", fra i quali sono i "medici chirurghi ed i veterinari dipendenti dai Comuni, dalle Province e dalle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza".

A tale regola generale fa eccezione l'art. 11, del quale qui si discute, per quanto attiene ai sanitari dipendenti dalle I.P.A.B. e già godenti di altri trattamenti pensionistici.

E, allora, evidente, in tale sistema normativo, che la eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale dell'art. 11 produrrebbe l'unica conseguenza di ripristinare la obbligatorietà della iscrizione alla Cassa in questione dei sanitari ivi preveduti, ai sensi degli artt. 1 e 6.

Ne consegue che una tale declaratoria d'illegittimità costituzionale non dispiegherebbe nessun effetto nel giudizio a quo, promosso non già dalla Cassa di previdenza per le pensioni ai sanitari (la quale non è neppure parte nel giudizio a quo), ma dall'INPS nei confronti del Pio Istituto di S. Spirito ed OO.RR. di Roma, per ottenere, come si è detto, la condanna al pagamento di contributi in proprio favore per un primario medico dipendente dal Pio Istituto.

Sussiste pertanto un difetto di rilevanza della questione constatabile prima facie dall'esame degli atti, che, secondo, la consolidata giurisprudenza di questa Corte, rende la questione sollevata inammissibile (sentenze nn. 1 del 1977; 122 del 1976; 20, 139 e 301 del 1974; 1 e 171 del 1973).

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 11 della legge 6 luglio 1939, n. 1035 (recante "Approvazione del regolamento della Cassa di previdenza per le pensioni dei sanitari"), sollevata dalla Corte di appello di Roma con l'ordinanza di cui in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 35 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1980.

F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO - ANTO- NINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRSSEN - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere