˙ Sentenza  110/1980 (ECLI:IT:COST:1980:110)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: AMADEI - Redattore:  - Relatore: DE STEFANO
Udienza Pubblica del 07/11/1979;    Decisione  del 10/07/1980
Deposito del 16/07/1980;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  9831
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 110

SENTENZA 10 LUGLIO 1980

Deposito in cancelleria: 16 luglio 1980.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 201 del 23 luglio 1980.

Pres. AMADEI - Rel. DE STEFANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

Composta dai signori: Avv. LEONETTO AMADEI, Presidente - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA - Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN - Avv. ORONZO REALE - Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - Avv. ALBERTO MALAGUGINI - Prof. LIVIO PALADIN - Dott. ARNALDO MACCARONE - Prof. ANTONIO LA PERGOLA - Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo comma, della legge 22 dicembre 1973, n. 841 (proroga dei contratti di locazione e di sublocazione degli immobili urbani e degli immobili destinati ad uso di albergo, pensione e locanda), promosso con ordinanza emessa il 6 maggio 1977 dal tribunale di Padova, nel procedimento civile vertente tra Tomea Giovanni ed altra e Cavallini Gastone, iscritta al n. 522 del registro ordinanze 1977 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25 del 25 gennaio 1978.

Visti l'atto di costituzione di Tomea Giovanni ed altra e l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri:

udito nell'udienza pubblica del 7 novembre 1979 il Giudice relatore Antonino De Stefano;

udito l'avvocato dello Stato Renato Carafa, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto:

Con ordinanza emessa il 6 maggio 1977 nel procedimento civile, in grado di appello, vertente tra Tomea Giovanni ed altra e Cavallini Gastone, ed avente ad oggetto l'applicabilità o meno della proroga prevista dall'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, ad un rapporto di locazione con scadenza contrattuale al 31 maggio 1974, il tribunale di Padova ha sollevato d'ufficio, ritenendola rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, di detta norma, "per aver concesso la proroga ai soli contratti di locazione già prorogati con il decreto legge 24 luglio 1973, n. 426, convertito nella legge 4 agosto 1973, n. 495, e non anche ai contratti, concernenti situazioni identiche a quelle considerate dal decreto legge 24 luglio 1973, n. 426, che venissero a scadere entro il periodo di proroga previsto dalla legge 22 dicembre 1973, n. 841".

Osserva il tribunale di Padova che al contratto di locazione di immobile urbano portato al suo esame, avente durata novennale con scadenza contrattuale al 31 maggio 1974, non poteva applicarsi il primo comma dell'art. 1 del d.l. 24 luglio 1973, n. 426, convertito nella legge 4 agosto 1973, n. 495, con il quale si disponeva la proroga dei contratti di locazione sino alla data del 31 gennaio 1974, in quanto la scadenza naturale del contratto in parola era fissata a una data successiva. Né poteva conseguentemente applicarsi l'art. 1 della successiva legge 22 dicembre 1973, n. 841, atteso che questa, come chiaramente emerge dalla sua espressione letterale, disponeva la ulteriore proroga, fino al 30 giugno 1974, dei soli contratti di locazione che erano stati "già prorogati" con il citato d.l. n. 426 del 1973, e non anche dei contratti che, pur essendo "in corso" alla data di entrata in vigore del ripetuto decreto legge, o della stessa legge n. 841 del 1973, non avevano beneficiato della proroga anzidetta.

Né può condividersi, secondo il giudice a quo, la diversa interpretazione data all'art. 1 della legge n. 841 del 1973 dal pretore di Padova, con la sentenza appellata, secondo la quale "l'infelice espressione" usata dal legislatore (contratti "già prorogati") andava rettamente intesa - per evitare un inspiegabile e immotivato vuoto nel continuum delle proroghe legali ed essere così immune da vizio di incostituzionalità ex art. 3 della Costituzione - nel senso che la proroga fosse concessa, oltre che ai contratti "già prorogati", anche ai contratti per i quali il conduttore fosse in possesso dei requisiti previsti dallo stesso d.l. n. 426 del 1973 per ottenerne la proroga (reddito complessivo netto non superiore ai 4 milioni di lire). Il raffronto tra l'espressione adoperata nell'art. 1 della legge n. 841 del 1973, e quelle corrispondenti contenute negli altri testi legislativi, precedenti e successivi, appalesa in maniera evidente la diversa volontà del legislatore, diretta talora a concedere una ulteriore proroga ("sono ulteriormente prorogati") a contratti che già ne avevano beneficiato in precedenza, ed altre volte, invece, a concederla a tutti quelli "in corso", che riguardassero determinate categorie di conduttori, avessero o no beneficiato di precedenti proroghe.

Ritenendo, pertanto, che la norma denunciata non possa essere interpretata in modo diverso da quello risultante dalla sua letterale espressione, il tribunale di Padova ne ha denunciato l'illegittimità costituzionale, in quanto non è dato spiegare perché il legislatore si sia preoccupato di accordare la proroga soltanto ai contratti già prorogati con il d.l. n. 426 del 1973, e non anche a quelli che, pur riguardando situazioni soggettivamente ed oggettivamente identiche a quelle considerate nel d.l. n. 426 del 1973, sarebbero venuti a scadere entro il periodo di proroga previsto dalla legge n. 841 del 1973.

Nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocato generale dello Stato, il quale ha concluso per l'infondatezza della proposta questione, rilevando che l'unica interpretazione corretta della norma denunciata, siccome conforme ai principi fissati dalla Costituzione, è quella data dal pretore di Padova con l'appellata sentenza. A non diversa conclusione di infondatezza, secondo l'Avvocatura dello Stato, si perviene anche seguendo l'interpretazione data dal giudice a quo, in quanto l'ipotizzata esclusione dalla proroga di contratti non prorogati da precedenti leggi, non confliggerebbe con il principio di eguaglianza, una volta che il legislatore, nella sua discrezionalità, avesse ritenuto di non ricomprendere nella proroga i contratti "non prorogati" e scadenti, in base ad una espressa previsione contrattuale, nel periodo in questione.

Nel giudizio si sono costituiti anche gli appellanti Tomea Giovanni e Seresin Luigina, rappresentati e difesi dagli avvocati Luciano Salmazo e Achille Pietrantoni, i quali hanno concluso per l'infondatezza della questione, sostenendo che con la legge n. 841 del 1973 il legislatore ha inteso prendere in considerazione soltanto i contratti prorogati con il d.l. n. 426 del 1973, spostandone la scadenza, in origine stabilita al 31 gennaio 1974, al 30 giugno dello stesso anno. Il legislatore avrebbe potuto prendere in considerazione anche gli altri contratti con scadenza successiva al 31 gennaio 1974, ma ciò non ha fatto, e a nulla rileva stabilire se siasi trattato di precisa scelta legislativa o di mera dimenticanza, dal momento che nella differenziazione venutasi a creare non sussiste violazione di principi costituzionali.

Considerato in diritto:

1. Con l'ordinanza del tribunale di Padova la Corte è chiamata ad accertare se sia costituzionalmente illegittimo - per contrasto con l'art. 3 della Costituzione - l'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, nella parte in cui avrebbe disposto la proroga fino al 30 giugno 1974 soltanto dei contratti di locazione di immobili urbani "già prorogati" fino al 31 gennaio 1974 con il d.l. 24 luglio 1973, n. 426, convertito in legge 4 agosto 1973, n. 495, e non anche dei contratti - concernenti situazioni soggettivamente ed oggettivamente identiche a quelle considerate dal d.l. n. 426 del 1973 - che venissero a scadere dopo la data del 31 gennaio 1974 ed entro il periodo di proroga previsto dalla denunciata norma.

2. L'ordinanza è stata emessa anteriormente all'entrata in vigore (30 luglio 1978) della legge 27 luglio 1978, n. 392, che ha dettato nuova disciplina delle locazioni di immobili urbani. Peraltro, la Corte rileva che, in virtù dell'art. 82 della sopravvenuta legge, ai giudizi in corso alla data anzidetta continuano ad applicarsi ad ogni effetto le norme precedenti, come quella denunciata, sulla quale, quindi, ritiene di portare il suo esame, senza richiedere al giudice a quo conferma della rilevanza della sollevata questione.

3. La Corte, disattendendo la opposta interpretazione, cui si richiamano, come accennato in narrativa, sia l'Avvocatura dello Stato che la parte privata, si attiene alla lettura della impugnata norma, quale motivatamente proposta, con il sostegno dei comuni canoni ermeneutici, nella ordinanza di rimessione. Ad essa conforta tanto il significato proprio delle espressioni adoperate, quanto l'uso che il legislatore ne ha fatto nei vari provvedimenti emanati in materia. Di particolare rilievo, in proposito, la contrapposizione che è dato riscontrare tra l'analoga dizione ("i contratti... già prorogati a norma dell'art. 1 della legge 22 dicembre 1973, n. 841, sono ulteriormente prorogati fino alla data del 31 dicembre 1974") adoperata nell'art. 1, comma primo, del d.l. 19 giugno 1974, n. 236, immediatamente successivo alla norma impugnata, e quella ad essa sostituita in sede di conversione di tale decreto legge con la legge 12 agosto 1974, n. 351, ("i contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, sono prorogati fino alla data del 30 giugno 1975"). Non si tratta, evidentemente, di espressioni equipollenti, e non può, dunque, ritenersi che la denunciata norma, con il riferirsi ai contratti "già prorogati" con il d.l. n. 426 del 1973, comprenda anche quelli "in corso", che per identità di situazioni avrebbero potuto essere prorogati per effetto dello stesso decreto, ma che in fatto non lo erano stati, essendo la loro scadenza posteriore al dies ad quem della disposta proroga.

4. La questione è fondata.

La norma denunciata comporta, nell'accolta interpretazione, una diversità di disciplina, nei sensi sopra indicati, a giustificar la quale non vale far appello alla discrezionalità del legislatore. Ben vero che, sempre in materia di proroga dei contratti di locazione di immobili urbani, in una questione sotto alcuni aspetti similare la Corte ha ritenuto che il legislatore avesse operato non irrazionalmente, nell'ambito della sua discrezionalità. Infatti, con la sentenza n. 4 del 1976, nella quale si richiamavano anche le precedenti n. 132 del 1972 e n. 29 dei 1975, venne dichiarata non fondata la questione di legittimità dell'art. 1, comma secondo, della legge 26 novembre 1969, n. 833, e dell'art. 56 del d.l. 26 ottobre 1970, n. 745 (convertito in legge 18 dicembre 1970, n. 1034), denunciati, nel loro combinato contesto, in riferimento al precetto costituzionale dell'eguaglianza, per aver prorogato i contratti di locazione "in corso" alla data (1 dicembre 1969) di entrata in vigore della legge n. 833 del 1969, escludendo dal regime di proroga i contratti stipulati successivamente a tale data e "in corso" al momento dell'entrata in vigore del sopravvenuto d.l. n. 745 del 1970. Ma in quell'occasione la Corte considerò che il legislatore si era a ciò determinato, ritenendo che la congiuntura economica a lui sottoposta consentisse, in materia di locazioni, una risposta articolata, tradottasi, per un verso, nel prolungamento di durata della proroga per i contratti che a questa già fossero soggetti per effetto della legge n. 833 del 1969, e, per altro verso, nel mantenimento del regime libero per le locazioni stipulate successivamente all'entrata in vigore della predetta legge.

Invece, nella questione che viene adesso all'esame della Corte (e che non concerne, oltre tutto, contratti stipulati in epoche diverse, bensì contratti stipulati tutti prima dell'entrata in vigore del d.l. n. 426 del 1973, ma con scadenze diverse), non è dato desumere, né dai lavori parlamentari, né dalla stessa mens legis, alcun argomento a sostegno della esposta diversità di regime. Ché anzi la norma, come ben sottolinea il giudice a quo, esplicitamente enuncia il proposito del legislatore di pervenire entro breve termine ad una "disciplina organica delle locazioni", a ciò preordinando il perdurare, nel frattempo "e comunque non oltre il 30 giugno 1974", del regime vincolistico in atto. Se in tale prospettiva agevolmente si colloca la proroga dei contratti di locazione in favore dei conduttori con reddito annuo fino a quattro milioni di lire, allo scopo di far coincidere il venir meno del vecchio regime con il subentrare della imminente (nel disegno del legislatore) nuova disciplina, palesemente irrazionale, per converso, appare la limitazione della proroga stessa ai soli contratti già prorogati fino al 31 gennaio 1974 per effetto del precedente d.l. n. 426 del 1973, restandone esclusi quelli che, pur sussistendo i medesimi presupposti ed essendo egualmente in corso alla data di entrata in vigore del ripetuto decreto, nella proroga da quest'ultimo concessa non erano rientrati unicamente perché in scadenza dopo la indicata data del 31 gennaio 1974. Si configura così una indubbia disparità di trattamento tra i conduttori beneficiari e della precedente e dell'ulteriore proroga, e i conduttori che, pur versando nelle medesime condizioni, dal beneficio della proroga disposta dall'art. 1 della legge n. 841 del 1973 rimangono esclusi per motivi puramente temporali, dovendo perciò attendere la instauranda disciplina organica in una posizione ingiustificatamente diversa. Viene con ciò ad essere vulnerato il principio di eguaglianza, dalla cui osservanza, nell'ambito del regime vincolistico, ovviamente non dispensano i riconosciuti caratteri di straordinarietà e temporaneità della relativa normativa.

Per le suesposte ragioni va dichiarata la illegittimità, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, dell'art. 1, primo comma, della legge n. 841 del 1973, nella parte in cui non assoggetta alla medesima proroga ivi prevista per i contratti di locazione e di sublocazione di immobili urbani già prorogati con il d.l. n. 426 del 1973, i contratti aventi gli stessi requisiti ed egualmente in corso alla data di entrata in vigore di tale decreto, ma non prorogati per suo effetto in ragione della loro scadenza successiva al 31 gennaio 1974.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 1, primo comma, della legge 22 dicembre 1973, n. 841 (proroga dei contratti di locazione e di sublocazione degli immobili urbani e degli immobili destinati ad uso di albergo, pensione e locanda), nella parte in cui non assoggetta alla medesima proroga ivi prevista per i contratti già prorogati con il decreto legge 24 luglio 1973, n. 426, convertito nella legge 4 agosto 1973, n. 495, i contratti aventi gli stessi requisiti ed egualmente in corso alla data di entrata in vigore di tale decreto, ma non prorogati per suo effetto in ragione della loro scadenza successiva al 31 gennaio 1974.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 1980.

F.to: LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA - GUGLIELMO ROEHRRSSEN - ORONZO REALE - BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI - ALBERTO MALAGUGINI - LIVIO PALADIN - ARNALDO MACCARONE - ANTONIO LA PERGOLA - VIRGILIO ANDRIOLI.

GIOVANNI VITALE - Cancelliere