˙ Sentenza  44/1977 (ECLI:IT:COST:1977:44)
Giudizio:  GIUDIZIO DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE IN VIA INCIDENTALE
Presidente: ROSSI - Redattore:  - Relatore: ELIA
Udienza Pubblica del 24/11/1976;    Decisione  del 04/01/1977
Deposito del 20/01/1977;    Pubblicazione in G. U.
Norme impugnate:  
Massime:  8753 8754 8755 8756
Atti decisi: 

Pronuncia

N. 44

SENTENZA 4 GENNAIO 1977

Deposito in cancelleria: 20 gennaio 1977.

Pubblicazione in "Gazz. Uff." n. 24 del 26 gennaio 1977.

Pres. ROSSI - Rel. ELIA

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Prof. PAOLO ROSSI, Presidente - Dott. LUIGI OGGIONI - Avv. ANGELO DE MARCO - Avv. ERCOLE ROCCHETTI - Prof. ENZO CAPALOZZA - Prof. VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - Prof. VEZIO CRISAFULLI - Dott. NICOLA REALE - Avv. LEONETTO AMADEI - Dott. GIULIO GIONFRIDA - Prof. EDOARDO VOLTERRA - Prof. GUIDO ASTUTI - Dott. MICHELE ROSSANO - Prof. ANTONINO DE STEFANO - Prof. LEOPOLDO ELIA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570 (testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali), promosso con ordinanza emessa l'11 maggio 1975 dal tribunale di Crotone, nel procedimento civile vertente tra Tavarnese Tommaso ed altri e Cicero Francesco, iscritta al n. 374 del registro ordinanze 1975 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 268 dell'8 ottobre 1975.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 novembre 1976 il Giudice relatore Leopoldo Elia;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Ugo Gargiulo, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto:

Nel corso del procedimento promosso da Tavarnese Tommaso e vertente sulla affermata ineleggibilità di Cicero Francesco a sindaco del comune di Roccabernarda, per la relazione di affinità con persona che occupa l'ufficio di segretario comunale, e sulla conseguente decadenza dalla carica, il tribunale di Crotone, aderendo a conforme eccezione del Cicero, sollevava questione di costituzionalità in ordine all'art. 6 del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, che tale ineleggibilità prevede, in relazione all'art. 51, primo comma, della Costituzione, che sancisce il diritto di tutti i cittadini di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, ritenendo non manifestamente infondato il dubbio sulla compatibilità con tale diritto della preferenza accordata all'interesse alla stabilità del pubblico impiegato.

Nel giudizio avanti a questa Corte interveniva il Presidente del Consiglio dei ministri, attraverso l'Avvocatura dello Stato, che chiedeva si dichiarasse manifestamente infondata la questione, essendo evidenti la ratio e la compatibilità con il sistema della norma di cui si tratta; la causa di ineleggibilità che essa stabilisce, infatti, rientrerebbe in quelle situazioni che, secondo le affermazioni di questa stessa Corte, sono idonee a giustificare una restrizione al diritto elettorale passivo, perché tali da influire sulla libera espressione del voto e sul corretto esercizio delle funzioni pubbliche.

In dibattimento l'Avvocatura dello Stato si riportava all'atto di intervento.

Considerato in diritto:

La questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 del t.u. delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, concerne quella parte dell'articolo che preclude la nomina (o, rectius, l'elezione) a sindaco di chi abbia ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado, che siano titolari dell'ufficio di segretario comunale.

Si denunzia in particolare il contrasto di detta norma con l'art. 51 Cost., in quanto il diritto di accedere alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza non potrebbe essere sacrificato a vantaggio dell'interesse alla sede del pubblico impiegato, e nella specie, del segretario comunale.

La questione non è fondata. Infatti prevale nella disciplina dell'art. 6, per la parte denunziata, la considerazione dei fini posti in rilievo nell'art. 97, primo comma, Cost., e cioè del buon andamento e della imparzialità della amministrazione. Tali obbiettivi, come è noto, non valgono soltanto per la pubblica amministrazione in senso stretto.

Ciò non significa che la disciplina dell'art. 6 adotti il congegno più idoneo allo scopo di conseguire le finalità predette: è anzi da auspicare una soluzione legislativa più equilibrata, che tenga conto oltreché delle esigenze della pubblica amministrazione, anche della espressione della volontà popolare nei riflessi che in fatto possa avere sulla elezione alla carica di sindaco.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6 del t.u. delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali, approvato con d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, nella parte in cui preclude la nomina a sindaco di chi abbia ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado, che siano titolari dell'ufficio di segretario comunale; questione sollevata in riferimento all'art. 51 della Costituzione dal tribunale di Crotone con l'ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 gennaio 1977.

F.to: PAOLO ROSSI - LUIGI OGGIONI - ANGELO DE MARCO - ERCOLE ROCCHETTI - ENZO CAPALOZZA - VINCENZO MICHELE TRIMARCHI - VEZIO CRISAFULLI - NICOLA REALE - LEONETTO AMADEI - GIULIO GIONFRIDA - EDOARDO VOLTERRA - GUIDO ASTUTI - MICHELE ROSSANO - ANTONINO DE STEFANO - LEOPOLDO ELIA.

ARDUINO SALUSTRI - Cancelliere