Reg. ord. n. 91 del 2025 pubbl. su G.U. del 28/05/2025 n. 22
Ordinanza del Tribunale di Firenze del 26/10/2024
Tra: Associazione Studi Giuridici sull'Immigrazione - A.S.G.I. C/ Comune di Arezzo
Oggetto:
Edilizia residenziale pubblica – Assegnazione di alloggi – Norme della Regione Toscana – Formazione delle graduatorie per l’assegnazione degli alloggi – Condizioni per l’assegnazione dei punteggi – Condizioni di storicità di presenza – Assegnazione da 1 a 4 punti in caso di residenza anagrafica o prestazione di attività lavorativa continuativa di almeno un componente del nucleo familiare nell’ambito territoriale di riferimento del bando da almeno tre anni fino a oltre venti anni alla data di pubblicazione del bando – Denunciata incoerenza dell’assegnazione di un punteggio premiale e graduato per la residenza (o attività lavorativa) protratta rispetto al fine perseguito – Effetto discriminatorio – Irragionevolezza – Violazione dei vincoli derivanti dal diritto dell’Unione europea – Irragionevole diseguaglianza sia nei confronti dei cittadini dell’Unione europea, sia nei confronti dei cittadini di Paesi terzi, che siano soggiornanti di lungo periodo.
Norme impugnate:
legge della Regione Toscana del 02/01/2019 Num. 2 Art. 10
legge della Regione Toscana del 02/01/2019 Num. 2
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
direttiva CE Art. 11 Co.
direttiva CE Art. 11 Co.
direttiva CE Art. 24 Co.
direttiva UE Art. 12 Co.
direttiva UE Art. 12 Co.
Udienza Pubblica del 5 novembre 2025 rel. PATRONI GRIFFI
Testo dell'ordinanza
N. 91 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 ottobre 2024
Ordinanza del 26 ottobre 2024 del Tribunale di Firenze nel
procedimento civile promosso dall'Associazione studi giuridici
sull'immigrazione - A.S.G.I. e L'Altro Diritto O.D.V. contro Comune
di Arezzo e Regione Toscana.
Edilizia residenziale pubblica - Assegnazione di alloggi - Norme
della Regione Toscana - Formazione delle graduatorie per
l'assegnazione degli alloggi - Condizioni per l'assegnazione dei
punteggi - Condizioni di storicita' di presenza - Assegnazione da 1
a 4 punti in caso di residenza anagrafica o prestazione di
attivita' lavorativa continuativa di almeno un componente del
nucleo familiare nell'ambito territoriale di riferimento del bando
da almeno tre anni fino a oltre venti anni alla data di
pubblicazione del bando.
- Legge della Regione Toscana, 2 gennaio 2019, n. 2 (Disposizioni in
materia di edilizia residenziale pubblica (ERP)), art. 10, lettera
c-1), Allegato B (recte: art. 10, in combinato disposto con
l'Allegato B, lettera c-1) della medesima legge regionale).
(GU n. 22 del 28-05-2025)
TRIBUNALE ORDINARIO DI FIRENZE
IV Sezione civile
Nella causa civile iscritta al n. R.G. 1108/2023;
A.S.G.I. - Associazione studi giuridici sull'immigrazione
(97086880156) rappresentato e difeso da avv. Guariso Alberto e da
avv. Roberta Randellini;
L'Altro Diritto O.D.V. - Centro di ricerca interuniversitario su
carcere, devianza, marginalita' e governo delle migrazioni
(94093950486) rappresentato e difeso da avv. Alida Surace e avv.
Silvia Ventura - ricorrenti;
contro Comune di Arezzo (00176820512) rappresentato e difeso da
avv. Rulli Lucia e avv. Stefano Pasquini;
Regione Toscana (01386030488) rappresentato e difeso da avv.
Flora Neglia - resistenti.
Il Giudice dott. Luca Minniti, all'esito dell'udienza del 12
marzo 2024, ha emesso la seguente ordinanza:
Oggetto: art. 28, decreto legislativo n. 150/2011 -
Controversia in materia di discriminazione.
1. Con ricorso ex art. 28, decreto legislativo n. 150/2011 le
associazioni ASGI - Associazione per gli studi giuridici
sull'immigrazione e L'Altro Diritto O.D.V. - Centro di ricerca
interuniversitario su carcere, devianza, marginalita' e governo delle
migrazioni (di seguito solo ASGI e L'Altro Diritto) hanno convenuto
in giudizio il Comune di Arezzo e la Regione Toscana per ivi sentire
accogliere le seguenti conclusioni:
in via preliminare:
dichiarare rilevante e non manifestamente infondata la
questione di costituzionalita' dell'allegato B, art. 10, lett. C-1),
L.R. Toscana 2/2019 e successive modifiche e integrazioni laddove
prevede l'assegnazione di un punteggio da 1 a 4 in caso di residenza
anagrafica o prestazione lavorativa continuativa di almeno un
componente del nucleo familiare nell'ambito territoriale di
riferimento del bando da almeno 3 anni e fino ad oltre venti anni,
per contrasto con l'art. 3 della Costituzione e con l'art. 117, comma
1 della Costituzione quest'ultimo in riferimento all'art. 11,
direttiva 2003/109 e art. 12 direttiva 2011/98 e occorrendo degli
articoli 21 (non discriminazione) e 34 (Diritto all'assistenza
abitativa) della CDFUE;
per l'effetto sospendere il presente giudizio rinviando gli
atti alla Corte costituzionale.
In via principale: successivamente, anche all'esito del predetto
giudizio di costituzionalita':
a. accertare e dichiarare il carattere discriminatorio della
condotta tenuta:
dal Comune di Arezzo consistente nella introduzione nel bando
ERP 2022 della clausola di cui all'art. 4, sub. C-1 relativa
all'assegnazione del punteggio basata sulle condizioni di «storicita'
di presenza»;
dal Comune di Arezzo consistente nella introduzione del
regolamento in materia di utilizzo autorizzato di alloggi ERP in via
emergenziale, delle clausole relative al requisito della pregressa
residenza quinquennale e (per i soli stranieri) all'esercizio di una
regolare attivita' di lavoro subordinato o di lavoro autonomo (art.
2);
b. ordinare al Comune di Arezzo di modificare il bando ERP 2022
e il regolamento per le assegnazioni emergenziali (e relativo bando),
eliminando le clausole censurate;
c. ordinare al Comune di Arezzo di modificare le graduatorie
relative al bando ERP 2022 e al regolamento per le assegnazioni
emergenziali (previo annullamento della graduatoria eventualmente
gia' emessa nelle more del giudizio) e di riformularla senza
considerazione della anzianita' di residenza o attivita' lavorativa
nell'area di efficacia del bando;
d. ordinare al Comune di Arezzo di riaprire i termini di
presentazione delle domande di partecipazione al bando ERP 2022 e a
quello relativo al regolamento per le assegnazioni emergenziali
secondo le nuove regole risultanti dalla eliminazione delle predette
clausole;
e. dato atto che le statuizioni richieste attengono a obblighi
di fare infungibili, condannare l'amministrazione convenuta a pagare
alle associazioni ricorrenti, in solido tra loro e ai sensi dell'art.
614-bis c.p.c., euro 100,00 per ogni giorno di ritardo
nell'adempimento integrale con decorrenza dal trentesimo giorno
successivo alla emananda ordinanza;
f. condannare la Regione Toscana e il Comune di Arezzo, in
solido fra loro o, in subordine, in via disgiuntiva per la parte di
rispettiva competenza a risarcire alle ricorrenti il danno non
patrimoniale derivante dalla discriminazione di cui al punto a),
danno da liquidarsi in via equitativa, anche in relazione ai criteri
indicati al par. 7, indicandosi sin d'ora la somma di euro 10.000,
per ciascuna associazione, con riserva di precisazione in relazione
alle circostanze esposte al punto 7;
g. ordinare la pubblicazione dell'emanando provvedimento sulla
home page del sito istituzionale dell'amministrazione per un minimo
di giorni trenta, o su un giornale che il Tribunale vorra' indicare,
con caratteri doppi di quelli normalmente utilizzati;
h. Con vittoria di spese, ivi compreso il rimborso del
contributo unificato, da distrarsi in favore dei procuratori
antistatari.
1.1. A sostegno delle proprie domande i ricorrenti hanno
rappresentato:
che con determinazione dirigenziale n. 2387 del 19 settembre
2022 il Comune di Arezzo ha approvato il bando ERP 2022 (bando
generale di concorso, indetto ai sensi della LRT n. 2/2019 e del
regolamento dei Comuni del Lode di Arezzo) «sulle modalita' di
accesso, di assegnazione e di utilizzo successivo all'assegnazione
degli alloggi di Edilizia residenziale pubblica (E.R.P.), per formare
la graduatoria degli aspiranti assegnatari di alloggi di edilizia
residenziale pubblica E.R.P., periodicamente disponibili nel Comune
di Arezzo»;
che il predetto bando conteneva tra le condizioni di accesso e
le modalita' di attribuzione del punteggio le medesime previste
dall'allegato B della L.R. Toscana 2 gennaio 2019, n. 2, oggetto di
modifica, unitamente all'allegato A, ad opera della L.R. 21 settembre
2021, n. 35;
che detta modifica si era resa necessaria a seguito di due
sentenze della Corte costituzionale:
la sentenza n. 44 del 9 marzo 2020 che, con riferimento a una
legge regionale lombarda, aveva dichiarato l'incostituzionalita' del
requisito di residenza quinquennale per accedere agli alloggi ERP
(anche la L.R. Toscana prevedeva identico requisito);
la sentenza n. 9 del 12 gennaio 2021 che, con riferimento a
una legge regionale della Regione Abruzzo, aveva dichiarato
incostituzionale sia la richiesta ai soli cittadini stranieri di
documenti aggiuntivi - rispetto a quanto richiesto agli italiani -
per comprovare la «impossidenza» di immobili all'estero (e anche la
L.R. Toscana n. 2 prevedeva analogo onere), sia la valorizzazione
della pregressa residenza nella Regione nell'attribuzione dei
punteggi per la formazione della graduatoria;
che nel recepire le citate sentenze, tuttavia, la Regione (e
conseguentemente il Comune di Arezzo replicando le condizioni ed i
criteri di attribuzione del punteggio nel bando in esame) ha operato,
nella nuova lettera c) dell'allegato B, una «valorizzazione» della
residenza pregressa che non pare, ad avviso delle associazioni
ricorrenti, conforme alle indicazioni rese dalla Consulta nella
citata sentenza n. 9/2021.
In particolare, secondo la prospettazione dei ricorrenti, i
criteri di attribuzione del punteggio basati su condizioni di durata
della presenza (residenza o prestazione di attivita' lavorativa)
rivestirebbero una rilevanza eccessiva rispetto agli altri criteri
(basati invece sulle condizioni socio-economiche e familiari e sulle
situazioni di grave disagio abitativo) maggiormente coerenti alla
ratio ed al bisogno che la normativa residenziale pubblica tende a
soddisfare (1) (2)
che l'applicazione di tali criteri di punteggio, pur essendo
prevista per la generalita' dei richiedenti, ha determinato una
consistente riduzione della presenza dei cittadini stranieri nelle
graduatorie per l'accesso agli alloggi ERP.
1.2. Le associazioni ricorrenti lamentano inoltre una ulteriore
condotta discriminatoria, in questo caso del solo Comune di Arezzo,
che attiene al regolamento in materia di utilizzo autorizzato in via
emergenziale di alloggi ERP ai sensi della L.R.T. 2/2019 modificato
da ultimo con delibera del Consiglio comunale n. 65 del 2021 e avente
ad oggetto le «modalita' ed i criteri di conferimento provvisorio di
alloggi ERP a nuclei familiari non assegnatari in via ordinaria e che
necessitino di risolvere in via emergenziale il proprio disagio
abitativo».
In particolare, a dispetto della normativa regionale in materia
di assegnazioni emergenziali (3) , nel regolamento in parola del
Comune di Arezzo, che disciplina l'utilizzo temporaneo per 1 anno
rinnovabile e le modalita' di inserimento nelle graduatorie per
assegnazioni emergenziali, si prevede:
all'art. 2, il requisito di cinque anni di residenza o lavoro
nel Comune e tale requisito e' riportato anche nel modulo di istanza
risultante dal sito del Comune;
per gli stranieri, l'onere di documenti aggiuntivi nella
formulazione soppressa dalla L.R. n. 35/2021 ma tale onere
documentale e' poi riportato nel modulo di domanda nella formulazione
corretta;
che il cittadino extra UE, ove titolare del permesso di
soggiorno almeno biennale, debba «esercitare una regolare attivita'
lavorativa di lavoro subordinato o di lavoro autonomo» e anche tale
requisito e' riportato come obbligatorio nella domanda online (che,
tra l'altro, e' formulata in modo tale da rendere difficoltosa la
dichiarazione dei lavoratori autonomi: «dichiara di essere titolare
di permesso di soggiorno almeno biennale e contestuale attivita'
lavorativa presso...»);
che la domanda deve essere presentata utilizzando
esclusivamente il predetto modulo reperibile online. Conseguentemente
chi non ha i requisiti richiesti nel modulo non potrebbe neppure
ottenere un provvedimento di diniego perche' la domanda non verrebbe
neppure ammessa.
1.3. Alla luce di quanto sostenuto i ricorrenti concludevano
chiedendo di rimuovere la discriminazione e ripristinare le
condizioni di eguaglianza e parita' di trattamento, previa rimessione
alla Corte costituzionale, del criterio discriminatorio della
«residenzialita' storica» dalla normativa regionale e la conseguente
disapplicazione dei relativi atti amministrativi; nonche' di
ripristinare la parita' di trattamento anche per il bando del 2022,
riformulando la graduatoria senza considerare il punteggio della
residenza pregressa, ed eventualmente adottando, in caso di
inadempienza, provvedimenti coercitivi ex art. 614-bis c.p.c.
considerando la natura del diritto dedotto e la gravita' degli
effetti dell'inadempimento; di risarcire il danno non patrimoniale
derivante dalla discriminazione in favore delle associazioni
ricorrenti, sottolineando l'importanza dissuasiva di tale rimedio.
2. Si costituiva in giudizio in data 7 settembre 2023 il Comune
di Arezzo chiedendo in via preliminare ed in diritto di dichiarare
l'inammissibilita' del ricorso per difetto di giurisdizione e per
carenza di interesse, di dichiarare il difetto di legittimazione
attiva di Asgi e l'Altro Diritto O.D.V. e, nel merito, di rigettare
le domande di parte ricorrente.
2.1. L'amministrazione comunale di Arezzo ha dedotto in fatto:
che il Comune, in applicazione della L.R. Toscana n. 2/2019,
procede nell'assegnazione di alloggi ERP in due modalita', in via
ordinaria e provvisoria:
A. Assegnazione alloggi in via ordinaria, mediante bando periodico
almeno quadriennale
che il Comune ha approvato con provvedimento n. 3272 del 2
dicembre 2019 il bando E.R.P.;
che la legge regionale n. 2/2019 e' stata oggetto di modifica
con Legge Regionale n. 35/2021 che ha modificato:
l'allegato A n. 2, lett. b) che prevedeva tra i requisiti per
partecipare al bando per l'assegnazione dell'alloggio E.R.P. il
possesso della residenza anagrafica da almeno 5 anni; ora, non e'
piu' richiesto il requisito quinquennale della residenza, ma e' stato
previsto quale requisito solo la residenza anagrafica o sede di
attivita' lavorativa stabile ed esclusiva o principale nell'ambito
territoriale del comune o dei comuni a cui si riferisce il bando
cosi' conformandosi alle due pronunce della Corte costituzionale n.
44/2020 e n. 9/2021;
l'allegato B, lett. c 1) della legge Regione Toscana n.
2/2019 in merito ai punteggi da attribuire alle condizioni di
storicita' di presenza;
che con provvedimento n. 2387 del 19 settembre 2022 il Comune
di Arezzo ha pertanto provveduto ad approvare il nuovo bando
adeguandolo alle modifiche introdotte dalla legge regionale n.
35/2021, che e' stato pubblicato dal 19 settembre 2022 al 18 novembre
2022;
che, scaduto il termine per la presentazione delle domande, il
Servizio Patrimonio del Comune di Arezzo, ha effettuato apposita
istruttoria in ordine al possesso dei requisiti di partecipazione da
parte dei candidati, la Commissione giudicatrice ha valutato le
domande ed ha assegnato i relativi punteggi in conformita' a quanto
previsto dal bando, procedimento poi conclusa con decisione n. 1176
dell'11 maggio 2023 di approvazione della graduatoria definitiva;
B. Assegnazioni alloggi in via provvisoria tramite autorizzazione
all'utilizzo degli alloggi
che gli articoli 7 e 14 della legge regionale n. 2/2019
disciplinano l'assegnazione provvisoria di alloggi ERP a favore di
nuclei familiari, in possesso dei requisiti previsti per l'accesso
agli alloggi ERP, non assegnatari in via ordinaria e che necessitino
di risolvere in via emergenziale il proprio disagio abitativo (c.d.
utilizzo autorizzato degli alloggi) (4)
che in attuazione della legge regionale n. 2/2019 il Comune di
Arezzo con delibera del Consiglio comunale n. 65 del 29 aprile 2021
ha approvato il regolamento in materia di utilizzo autorizzato di
alloggi ERP che all'art. 2 individua i requisiti di accesso che sono
i medesimi di quelli previsti per l'accesso all'alloggio ordinario;
che tale articolo ad oggi non risulta adeguato alla nuova
previsione dell'allegato A n. 2, lett. b) della legge Regione Toscana
n. 2/2019 nella versione modificata da ultimo con legge regionale n.
35/2021 (che ha abrogato il requisito di accesso rappresentato
dall'anzianita' almeno quinquennale della residenza anagrafica);
che tuttavia il Servizio Patrimonio del Comune di Arezzo a
decorrere dall'entrata in vigore delle modifiche apportate alla Legge
regionale, ha sempre disapplicato l'art. 2 del regolamento
rifacendosi alle prescrizioni contenute nell'atto normativo di rango
piu' elevato (rectius legge regionale) come emerge dai verbali delle
sedute della Commissione Comunale per l'utilizzo autorizzato degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica (costituita ai sensi
dell'art. 7, comma 1, lettera c, della L.R.T. n. 02/2019 e dell'art.
7 del regolamento dei Comuni del Lode di Arezzo sulle modalita' di
accesso, di assegnazione e di utilizzo successivo all'assegnazione
degli alloggi di edilizia residenziale pubblica) riunitasi in data 7
marzo 2022, 10 ottobre 2022 e 21 marzo 2023;
che con provvedimento n. 1901 del 14 luglio 2023 il Servizio
Patrimonio ha poi disposto formalmente la disapplicazione dell'art. 2
del regolamento, nelle more dell'aggiornamento del regolamento
stesso, dandone pubblicizzazione tramite la pagina del proprio sito
web.
2.2. Alla luce dei fatti esposti, il Comune di Arezzo argomentava
in diritto eccependo - in via preliminare:
a) l'inammissibilita' del ricorso per difetto di giurisdizione,
poiche' in materia di edilizia residenziale pubblica il riparto di
giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo soggiace
alle comuni regole correlate alla posizione fatta valere in giudizio;
giacche' nel caso di specie, il giudice ordinario non potrebbe
ordinare alla P.A. di modificare o annullare il proprio provvedimento
amministrativo (il bando ERP adottato esercitando un potere
legalmente previsto) essendo rimessa questa possibilita' solo al
Giudice Amministrativo, l'interesse leso a non subire trattamenti
discriminatori per effetto delle disposizioni discriminatorie del
bando rappresenta un interesse legittimo tutelabile dinanzi al
giudice amministrativo;
b) il difetto di legittimazione attiva di ASGI e di L'Altro
Diritto legittimate solo nelle ipotesi di discriminazione diretta o
indiretta per razza o origine etnica (per effetto combinato dell'art.
5, comma 3, e dell'art. 2, decreto legislativo n. 215/2003) e non per
ragioni di nazionalita' - come nel caso di specie, e non nel caso di
discriminazione collettiva (nelle quali ipotesi sono legittimate
all'azione le rappresentanze locali delle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative a livello nazionale).
Nel merito:
a) quanto alla non conformita' dell'All. B, lett. c) L.R.T. n.
2/2019 alla sentenza della Corte della costituzione n. 9 del 12
gennaio 2021:
che la disposizione contenuta nella L.R.T. 2/2019 non e'
identica a quella prevista dalla Regione Abruzzo censurata dalla
Corte costituzionale con sentenza n. 9/2021;
che il criterio di attribuzione del punteggio basato sulla
residenza nel territorio comunale e' idoneo a bilanciare
l'assegnazione degli alloggi ERP a soggetti che offrono garanzie di
stanzialita', senza che vi sia una sopravvalutazione di tale
presupposto rispetto allo stato di bisogno, in conformita' ai
principi dettati da Corte costituzionale n. 9/2021 e 145/2023;
che in ogni caso il Comune nell'adozione del bando ERP e'
tenuto a dare attuazione alla disciplina della legge regionale non
potendo prevedere requisiti o criteri premianti diversi;
b) quanto alla previsione all'art. 2 quale requisito di
partecipazione alla procedura per l'utilizzo di tali alloggi in via
emergenziale della residenza almeno quinquennale nel Comune di Arezzo
e dell'attivita' lavorativa;
che la disposizione regolamentare deve essere adeguata alla
nuova previsione della legge regionale, e tuttavia nelle more il
Comune di Arezzo ha, di fatto, sempre disapplicato tale norma
regolamentare;
c) l'inammissibilita' della richiesta di condanna ex art.
614-bis c.p.c. poiche' nessuna obbligazione di fare infungibile puo'
essere ordinata al Comune di Arezzo e comunque non e' in alcun modo
provato il danno e l'entita' della richiesta risarcitoria.
3. Anche la Regione Toscana si costituiva in giudizio in data 7
settembre 2023 chiedendo il rigetto di tutte le domande svolte dai
ricorrenti nei confronti della Regione Toscana.
3.1. Sosteneva nel merito:
che non vi e' identita' tra la legge della Regione Toscana e la
legge della Regione Abruzzo oggetto della sentenza n. 9/2021 della
Corte costituzionale;
che la stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 145/2023
ha stabilito che dalla previsione di elementi espressione della
«prospettiva di stabilita'» non consegue in maniera automatica alcuna
illegittimita' costituzionale nei termini lamentati dalle ricorrenti;
che con la modifica del 2021, la Regione Toscana ha elaborato
un sistema complesso articolato e bilanciato per contemplare i vari
aspetti in cui si esprime il bisogno abitativo, in particolare:
inserendo come alternativa alla residenza la «prestazione di
attivita' lavorativa continuativa»; ridimensionando il criterio della
residenza storica attraverso la sua graduazione in un maggior numero
di fasce di punteggio; prevedendo la prevalenza del punteggio
attribuibile per le condizioni sociali rispetto al punteggio
conseguibile con la residenza storica;
quanto al rispetto del principio di non discriminazione: che
puo' parlarsi solo di discriminazione indiretta e comunque l'effetto
discriminatorio non sarebbe provato dai documenti prodotti dalle
associazioni ricorrenti ed in ogni caso contestando il valore dei
dati statistici portati a fondamento delle argomentazioni di parte
ricorrente;
che alla luce della giurisprudenza eurounitaria ed europea
relativa ai dati statistici e alla presunzione di discriminazione,
solo in presenza di dati statistici ufficiali relativi a percentuali
molto alte di appartenenti ad una data categoria, in genere, e'
riconosciuta una discriminazione indiretta (5)
che una percentuale pari al 62% del totale degli stranieri
presenti in Provincia di Arezzo, peraltro indimostrata - che
sarebbero colpiti dall'effetto discriminatorio non e' sufficiente a
fornire un principio di prova di discriminazione;
quanto alla domanda di risarcimento del danno, che tale domanda
sarebbe inammissibile alla stregua di Cass. n. 23730 del 22 novembre
2016 che ha evidenziato come non sia configurabile una
responsabilita' dello Stato (e quindi anche del legislatore
regionale) per «illecito legislativo» cio' sia nel caso di omissione
che di ritardo nell'attivita' legislativa ed anche nell'ipotesi di
illegittimita' costituzionale;
che in ogni caso non sarebbero stati provati gli elementi
costitutivi della domanda di risarcimento e difetterebbe in
particolare l'elemento della colpevolezza della Regione;
quanto all'infondatezza della domanda di condanna degli enti
convenuti al pagamento di una somma ex art. 614-bis c.p.c, che
«trattandosi di enti pubblici e di adempimenti amministrativi che
richiedono (in particolare per la modifica regolamentare e l'esame
delle graduatorie) tempi non preventivabili, non puo' trovare
accoglimento la domanda di condanna degli enti convenuti al pagamento
di una somma ex art. 614-bis c.p.c., poiche' cio' si rivelerebbe non
equo» ( come si ricaverebbe dalla decisione del Tribunale Sez. Lav. -
Udine, 2 marzo 2021.
4. All'udienza del 16 gennaio 2024 fissata per la trattazione
della causa, il Comune di Arezzo confermava che il regolamento
censurato non veniva di fatto applicato e che sarebbe stata in corso
una procedura abrogativa. Il Giudice su richiesta delle parti che
discutevano a fondo il merito, concedeva trenta giorni per memorie
conclusionali e fissava per la trattenuta in decisione l'udienza
all'esito della quale tratteneva la causa in decisione.
5. Preliminarmente va evidenziato che sussiste la giurisdizione
del giudice ordinario in ordine alla presente controversia.
Si tratta, infatti, di controversia in materia di discriminazione
che spetta alla cognizione del Giudice ordinario in quanto involge la
tutela di una posizione di diritto soggettivo, anche nel caso in cui
la discriminazione sia attuata attraverso un provvedimento della
pubblica amministrazione. (6)
L'assunto puo' ritenersi pacifico, tenuto conto dell'orientamento
piu' volte espresso dalla giurisprudenza di legittimita' in base al
quale «il diritto a non essere discriminati si configura, in
considerazione del quadro normativo costituzionale (art. 3 della
Costituzione), sovranazionale (direttiva 2000/43/CE) ed interno
(articoli 3 e 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215,
nonche' art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286), come
un diritto soggettivo assoluto tutelabile dal giudice ordinario, a
nulla rilevando che il dedotto comportamento discriminatorio consista
o meno nell'emanazione di un atto amministrativo. (7)
A cio' si aggiunga la conferma ricavabile dal dato normativo,
posto che l'art. 28 del decreto legislativo n. 150/2011 stabilisce al
comma 1 che «Le controversie in materia di discriminazione di cui
all'art. 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, quelle di
cui all'art. 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, quelle
di cui all'art. 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216,
quelle di cui all'art. 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67, e quelle
di cui all'art. 55-quinquies del decreto legislativo 11 aprile 2006,
n. 198, sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non
diversamente disposto dal presente articolo» e al comma 5 che «Con
l'ordinanza che definisce il giudizio il giudice puo' condannare il
convenuto al risarcimento del danno anche non patrimoniale e ordinare
la cessazione del comportamento, della condotta o dell'atto
discriminatorio pregiudizievole, adottando, anche nei confronti della
pubblica amministrazione, ogni altro provvedimento idoneo a
rimuoverne gli effetti».
Deve ritenersi sussistente, pertanto, la giurisdizione del
Tribunale adito in relazione a tutte le domande proposte dai
ricorrenti e non assorbente l'eccezione proposta.
6. In secondo luogo, il Comune di Arezzo contesta l'interesse e
la legittimazione ad agire delle associazioni ricorrenti.
6.1. Va osservato che nel caso di specie si verte in ipotesi di
azione contro la discriminazione, per sua natura caratterizzata da un
petitum volto all'accertamento del carattere discriminatorio di un
comportamento, di una condotta o di un atto e alla rimozione degli
effetti pregiudizievoli di conseguenza prodotti. Gli enti ricorrenti
hanno agito in giudizio, per la generalita' dei soggetti
illegittimamente pregiudicati nell'assegnazione degli alloggi di
edilizia residenziale pubblica, denunciando l'effetto discriminatorio
derivante dalla previsione della legge regionale e del bando comunale
che attribuisce un punteggio sproporzionato alla residenza storica
nel territorio comunale. In particolare, le associazioni ricorrenti
hanno esercitato l'azione antidiscriminatoria collettiva prevista
dall'art. 5 del decreto legislativo. n. 215/2003 e dall'art. 5 del
decreto legislativo n. 216/2003 (come modificato con legge 23
dicembre 2021, n. 238) al fine di tutelare l'interesse di tutti i
soggetti, non immediatamente e direttamente identificabili, a non
subire discriminazioni nell'accesso a beni e servizi, incluso
l'alloggio, in ragione della nazionalita'.
Tanto premesso, va osservato che l'interesse ad agire di ASGI e
di L'Altro Diritto deve ritenersi sussistente nella misura in cui
l'accoglimento del ricorso - previa declaratoria di
incostituzionalita' dell'art. 10, Lett. C-1), allegato B della legge
regionale Toscana n. 2/2019, comporterebbe la rimozione
dell'attribuzione di punteggi attribuiti sulla base della mera
residenza storica nella formazione delle graduatorie per l'accesso
agli alloggi di edilizia residenziale pubblica, nonche'
l'accertamento dell'obbligo a carico delle amministrazioni convenute
di procedere alla revisione della normativa secondaria e delle
relative graduatorie con ripristino di una situazione di pari
trattamento per tutti coloro che sono risultati privi dei requisiti
ritenuti discriminatori.
In altre parole, il risultato vantaggioso, giuridicamente
apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice che
sorregge l'azione collettiva degli enti ricorrenti va ravvisato
proprio nella rimozione della condotta discriminatoria, attuata
tramite la riproduzione del contenuto della norma ritenuta
incostituzionale nell'Allegato alla legge regionale e nel bando
emanato dal Comune di Arezzo, e delle conseguenze pregiudizievoli
dalla stessa derivanti in capo a tutti i soggetti esclusi o
pregiudicati dal bando, perche' privi di requisiti di residenza
storica duratura.
L'eccezione di difetto di interesse ad agire degli enti
ricorrenti deve dunque ritenersi allo stato degli atti non
assorbente.
6.2. Quanto alla legittimazione attiva dei ricorrenti,
preliminarmente si evidenzia che la legitimatio ad causam «si risolve
nella titolarita' del potere o del dovere (rispettivamente per la
legittimazione attiva o passiva) di promuovere o subire un giudizio
in ordine al rapporto sostanziale dedotto in causa, indipendentemente
dalla questione dell'effettiva titolarita' del lato attivo o passivo
del rapporto controverso» (cfr. Cass., sentenza n. 16678 del 12
agosto 2005).
E' noto che la questione della titolarita' del rapporto (tanto
attiva che passiva) attiene al merito della decisione e quindi alla
fondatezza della domanda in concreto proposta. E' dunque questione da
esaminarsi in detta sede all'esito della valutazione della rilevanza
e non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita'
costituzionale prospettate dal ricorrente, nonche' all'esito della
decisione della questione di legittimita' costituzionale che si
solleva nel presente provvedimento.
Deve tuttavia rilevarsi fin d'ora l'infondatezza dell'argomento
svolto dall'amministrazione comunale convenuta. Invero, ad avviso del
Comune di Arezzo le associazioni ricorrenti sarebbero legittimate
solo nelle ipotesi di discriminazione diretta o indiretta per razza o
origine etnica (per effetto combinato dell'art. 5, comma 3, e
dell'art. 2, decreto legislativo n. 215/2003) e non per ragioni di
nazionalita'.
L'argomento e' privo di pregio. Come risulta dagli atti del
procedimento entrambe le associazioni sono iscritte nell'elenco di
cui all'art. 5 decreto legislativo n. 215/03. La questione della
limitazione della legittimazione attiva delle organizzazioni iscritte
all'elenco ex art. 5 decreto legislativo n. 215/03 alle sole
discriminazioni per etnia, e' stata risolta in senso negativo da
consolidata giurisprudenza di legittimita' (cfr. Cass. sentenze nn.
11165/2017, 11166/2017, 28745/2019) che ha ritenuto che la
legittimazione attiva delle associazioni di cui all'elenco art. 5
d.lgs. 215/03 nell'azione discriminatoria in parola vada estesa anche
alla tutela contro condotte discriminatorie per «nazionalita'» e non
solo per «etnia».
Non pare sussistere, pertanto, il difetto di legittimazione ad
agire in capo alle associazioni ricorrenti.
7. Tanto premesso in ordine alle eccezioni pregiudiziali
sollevate dai convenuti, nel merito va osservato che i ricorrenti
lamentano l'esistenza di una condotta discriminatoria della Regione
Toscana e del Comune di Arezzo.
Occorre fin da subito osservare che le questioni sottoposte
all'attenzione di questo Giudice possono essere separate in due
gruppi di domande.
Il primo gruppo di domande, rivolte esclusivamente nei confronti
del Comune di Arezzo, riguardano clausole del bando
dell'amministrazione comunale relativo all'assegnazione emergenziale
degli alloggi; trattandosi di questione che puo' essere risolta da
questo Giudice allo stato degli atti, sara' oggetto di provvedimento
decisorio all'esito del giudizio di costituzionalita' rilevante per
le altre domande, dalle quali per economia di giudizio non e'
opportuno separarle.
La presente ordinanza ha invece ad oggetto la proposta questione
di legittimita' costituzionale delle norme di legge regionali che
utilizzano nella formazione delle graduatorie il criterio della
residenza protratta nel tempo.
In particolare, secondo i ricorrenti la condotta discriminatoria
lamentata consisterebbe, rispettivamente, nell'avere approvato ed
emanato la legge regionale toscana n. 2/2019, con particolare
riferimento all'art. 10, della legge regionale Toscana n. 2/2019
nella parte in cui richiama le condizioni per l'attribuzione dei
punteggi determinate all'allegato B, Lett. C-1).
La questione e' ammissibile perche' ha ad oggetto norme di legge
soggette al controllo di costituzionalita' ai sensi dell'art. 134 e
117 della Costituzione.
Nello specifico le disposizioni dell'allegato B, come richiamato
dall'art. 10 della legge regionale n. 2/2019, prevedono
l'attribuzione di punteggi nelle modalita' che seguono:
«a) Condizioni sociali, economiche e familiari:
a-1. Reddito annuo complessivo del nucleo familiare
costituito esclusivamente da pensione sociale, assegno sociale,
pensione minima INPS, da pensione di invalidita': punti 2;
a-1 bis. Reddito fiscalmente imponibile pro capite del nucleo
familiare non superiore all'importo annuo di una pensione minima INPS
per persona: punti 1;
a-2. Nucleo familiare composto da una sola persona che abbia
compiuto il sessantacinquesimo anno di eta' alla data di
pubblicazione del bando o da una coppia i cui componenti abbiano
entrambi compiuto il sessantacinquesimo anno di eta' alla suddetta
data, anche in presenza di minori a carico o di soggetti di cui ai
successivi punti a-4 o a-4 bis: punti 1;
a-3. Nucleo familiare composto da coppia coniugata,
convivente more uxorio, unita civilmente ovvero convivente di fatto
ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle
unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle
convivenze), anagraficamente convivente e che viva in coabitazione
con altro nucleo familiare, ovvero convivente nell'ambito di un
nucleo familiare piu' ampio, alla data di pubblicazione del bando:
punti 1; con uno o piu' figli minori a carico: punti 2. Il punteggio
e' attribuibile a condizione che nessuno dei due componenti la coppia
abbia compiuto il trentaquattresimo anno di eta' alla data di
pubblicazione del bando;
a-4. Nucleo familiare in cui sia presente un soggetto
riconosciuto invalido ai sensi delle vigenti normative:
con eta' compresa fra 18 anni e 65 anni alla data di
pubblicazione del bando, riconosciuto invalido in misura pari o
superiore al 67%: punti 1;
con eta' compresa fra 18 anni e 65 anni alla data di
pubblicazione del bando, riconosciuto invalido in misura pari al
100%: punti 2;
che non abbia compiuto il diciottesimo anno di eta' o che
abbia compiuto il sessantacinquesimo anno di eta' alla data di
pubblicazione del bando: punti 2;
a-4 bis. Nucleo familiare in cui sia presente un soggetto
riconosciuto invalido al 100% con necessita' di assistenza continua
e/o un portatore di handicap riconosciuto in situazione di gravita'
tale da rendere necessario un intervento assistenziale permanente,
continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di
relazione: punti 3. Nel caso in cui nel nucleo familiare siano
presenti due o piu' situazioni di invalidita' di cui ai precedenti
punti a-4 e a-4 bis, non possono comunque essere attribuiti piu' di
punti 4;
a-5. Richiedente in condizione di pendolarita' per distanza
tra il luogo di lavoro e il luogo di residenza superiore a km 70:
punti 1. Il punteggio si applica limitatamente al bando pubblicato
dal comune nel quale il richiedente lavora;
a-6. Nucleo familiare composto da due persone con tre o piu'
familiari fiscalmente a carico: punti 2;
a-7. Nucleo familiare composto da una sola persona con: uno o
piu' figli maggiorenni fiscalmente a carico, purche' non abbiano
compiuto il ventiseiesimo anno di eta' alla data di pubblicazione del
bando: punti 1;
un figlio minore fiscalmente a carico o un minore in
affidamento preadottivo a carico: punti 2;
due o piu' figli minori fiscalmente a carico o due o piu'
minori in affidamento preadottivo a carico: punti 3;
uno o piu' soggetti fiscalmente a carico di cui ai punti
a-4 o a-4 bis: punti 4.
Nel caso in cui nel nucleo familiare siano presenti piu'
situazioni tra quelle sopra indicate, non possono comunque essere
attribuiti piu' di punti 6. Il punteggio di cui al punto a-7, ultimo
capoverso, non e' cumulabile con i punteggi di cui ai punti a-4 e a-4
bis.
a-8. Richiedente separato o divorziato legalmente su cui
grava l'obbligo disposto dall'autorita' giudiziaria del pagamento
mensile di un assegno di mantenimento a favore del coniuge e/o dei
figli: punti 1.
b) Condizioni abitative dovute a situazioni di grave disagio
abitativo, accertate dall'autorita' competente, per i seguenti
motivi:
b-1. Permanenza effettiva e continuativa, documentata dalle
autorita' pubbliche competenti, in ambienti impropriamente adibiti ad
abitazione, aventi caratteristiche tipologiche e/o igienico-sanitarie
di assoluta ed effettiva incompatibilita' con la destinazione ad
abitazione: punti 3. Ai fini di cui al presente punto b-1,
l'eventuale classificazione catastale dell'unita' immobiliare non ha
valore cogente. Tale situazione deve sussistere da almeno un anno
alla data di pubblicazione del bando. Dopo la formazione della
graduatoria, gli uffici trasmettono apposita segnalazione dei casi in
cui risulta attribuito il punteggio di cui al presente punto b-1 al
comune e alla prefettura per la verifica in ordine alle eventuali
conseguenze o responsabilita' derivanti dal suddetto accertamento ai
sensi delle vigenti disposizioni di legge;
b-2. Abitazione in alloggio avente barriere architettoniche
tali da determinare grave disagio abitativo, e non facilmente
eliminabili, in presenza di nucleo familiare con componente affetto
da handicap, invalidita' o minorazioni congenite o acquisite,
comportanti gravi e permanenti difficolta' di deambulazione: punti 2;
b-3. Abitazione in alloggi o altre strutture abitative
assegnati a titolo precario dai servizi di assistenza del comune o da
altri servizi assistenziali pubblici, regolarmente occupati, o
abitazione in alloggi privati procurati dai servizi di assistenza del
comune, regolarmente occupati, il cui canone di locazione e'
parzialmente o interamente corrisposto dal comune stesso: punti 3;
b-4. Abitazione in alloggio di proprieta' privata con un
contratto di locazione registrato il cui canone annuo relativo
all'anno di produzione del reddito sia superiore ad un terzo del
reddito imponibile, e risulti regolarmente corrisposto: punti 3; in
caso di canone uguale o superiore al 50% del reddito imponibile:
punti 4. Ai fini del suddetto calcolo, eventuali contributi percepiti
a titolo di sostegno alloggiativo devono essere scomputati
dall'ammontare del canone corrisposto;
b-5. Abitazione che debba essere rilasciata a seguito di
provvedimento esecutivo di sfratto per finita locazione o per
morosita' incolpevole come definita all'art. 14, comma 3, o di
provvedimento di espropriazione forzata a seguito di pignoramento. Il
suddetto sfratto e la relativa convalida devono avere data certa,
anteriore alla data di pubblicazione del bando, comunque non
superiore ad anni due: punti 2;
b-6. Coabitazione in uno stesso alloggio con altro o piu'
nuclei familiari, ciascuno composto da almeno due unita', o
situazione di sovraffollamento con oltre due persone per vano utile:
punti 2. Le due condizioni non sono cumulabili.
c) Condizioni di storicita' di presenza:
c1. Residenza anagrafica o prestazione di attivita'
lavorativa continuativa di almeno un componente del nucleo familiare
nell'ambito territoriale di riferimento del bando, da almeno tre anni
alla data di pubblicazione del bando: punti 1; da almeno cinque anni
alla data di pubblicazione del bando: punti 2; da almeno dieci anni
alla data di pubblicazione del bando: punti 3; da almeno quindici
anni alla data di pubblicazione del bando: punti 3,5; da almeno venti
anni alla data di pubblicazione del bando: punti 4; (grassetto
dell'estensore);
c-2. Presenza continuativa del richiedente nella graduatoria
comunale o intercomunale per l'assegnazione degli alloggi, ovvero
presenza continuativa del nucleo richiedente nell'alloggio con
utilizzo autorizzato: punti 0,50 per ogni anno di presenza in
graduatoria o nell'alloggio. Il punteggio massimo attribuibile non
puo' comunque superare i 6 punti. Le condizioni di storicita' di
presenza devono essere in ogni caso dichiarate nella domanda dal
richiedente. Il comune, ai fini dell'attribuzione del relativo
punteggio, ha la facolta' di verificare d'ufficio le suddette
dichiarazioni;
c-3. Periodo di contribuzione al Fondo GESCAL non inferiore
ad anni 5: punti 1; Periodo di contribuzione al fondo GESCAL non
inferiore ad anni 10: punti 2. I punteggi di cui al punto c) non
possono essere attribuiti ai nuclei familiari gia' assegnatari di
alloggi di ERP».
7.1. In primo luogo, va osservato che la controversia in esame ha
ad oggetto un ambito materiale che rientra nella sfera di competenza
che il TFUE attribuisce all'Unione. L'esame della questione di
compatibilita' con il diritto dell'Unione europea costituisce un
prius logico e giuridico rispetto alla questione di legittimita'
costituzionale in via incidentale, poiche' investe la stessa
applicabilita' della norma censurata nel giudizio principale (e,
pertanto, la rilevanza della questione).
Tanto premesso, non pare inutile ricordare che il contrasto con
il diritto dell'Unione europea condiziona l'applicabilita' della
norma censurata nel giudizio a quo - e di conseguenza la irrilevanza
o la diversa rilevanza (alla luce della sentenza n. 15/2024 della
Corte della Costituzione di cui infra) delle questioni di
legittimita' costituzionale che si intendano sollevare sulla medesima
- soltanto quando la norma europea sia dotata di effetto diretto o
sia direttamente applicabile.
Al riguardo, come ribadito dalla Corte costituzionale nella
sentenza n. 269/2017, «deve richiamarsi l'insegnamento di questa
Corte, in base al quale «conformemente ai principi affermati dalla
sentenza della Corte di giustizia 9 marzo 1978, in causa C-106/77
(Simmenthal), e dalla successiva giurisprudenza di questa Corte,
segnatamente con la sentenza n. 170 del 1984 (Granital), qualora si
tratti di disposizione del diritto dell'Unione europea direttamente
efficace, spetta al giudice nazionale comune valutare la
compatibilita' comunitaria della normativa interna censurata,
utilizzando - se del caso - il rinvio pregiudiziale alla Corte di
giustizia, e nell'ipotesi di contrasto provvedere egli stesso
all'applicazione della norma comunitaria in luogo della norma
nazionale; mentre, in caso di contrasto con una norma comunitaria
priva di efficacia diretta - contrasto accertato eventualmente
mediante ricorso alla Corte di giustizia - e nell'impossibilita' di
risolvere il contrasto in via interpretativa, il giudice comune deve
sollevare la questione di legittimita' costituzionale, spettando poi
a questa Corte valutare l'esistenza di un contrasto insanabile in via
interpretativa e, eventualmente, annullare la legge incompatibile con
il diritto comunitario (nello stesso senso sentenze n. 284 del 2007,
n. 28 e n. 227 del 2010 e n. 75 del 2012)» (ordinanza n. 207 del
2013)". Nella pronuncia in esame, con considerazioni rilevanti nel
caso di specie, e' affermato che: «quando una disposizione di diritto
interno diverge da norme dell'Unione europea prive di effetti
diretti, occorre sollevare una questione di legittimita'
costituzionale, riservata alla esclusiva competenza di questa Corte,
senza delibare preventivamente i profili di incompatibilita' con il
diritto europeo. In tali ipotesi spetta a questa Corte giudicare la
legge, sia in riferimento ai parametri europei» (con riguardo alle
priorita', nei giudizi in via di azione, si veda ad esempio la
sentenza n. 197 del 2014, ove si afferma che «la verifica della
conformita' della norma impugnata alle regole di competenza interna
e' preliminare al controllo del rispetto dei principi comunitari
(sentenze n. 245 del 2013, n. 127 e n. 120 del 2010)». Da ultimo
occorre considerare il portato della significativa recente sentenza
n. 15/2024 del 12 febbraio 2024 con la quale la Corte costituzionale
e' tornata sul rapporto tra ordinamenti sotto il profilo dei rimedi
attivabili in caso di contrasto tra norma interna e obbligo derivante
dal diritto dell'Unione europea.
Sul punto il richiamo e' al par. 7.3. del Considerato in diritto
ove si legge:
«Nel caso in cui, invece, la discriminazione compiuta dalla
pubblica amministrazione trovi origine nella legge, in quanto e'
quest'ultima a imporre, senza alternative, quella specifica condotta,
allora l'attivita' discriminatoria e' ascrivibile alla pubblica
amministrazione soltanto in via mediata, in quanto alla radice delle
scelte amministrative che si e' accertato essere discriminatorie sta,
appunto, la legge (...). In evenienze del genere, il giudice
ordinario non puo' allora ordinare la modifica di norme regolamentari
che siano riproduttive di norme legislative, in quanto ordinerebbe
alla pubblica amministrazione di adottare atti regolamentari
confliggenti con la legge non rimossa.
L'esercizio di un siffatto potere e', dunque, subordinato
all'accoglimento da parte di questa Corte della questione di
legittimita' costituzionale sulla norma legislativa che il giudice
ritenga essere causa della natura discriminatoria dell'atto
regolamentare. (...)
In quest'ottica, laddove la norma regolamentare sia
sostanzialmente riproduttiva di norma legislativa, ordinarne la
rimozione implica che sia sollevata questione di legittimita'
costituzionale sulla seconda. La non applicazione per contrasto con
il diritto dell'Unione europea a efficacia diretta - necessaria per
l'attribuzione immediata del bene della vita negato sulla base
dell'accertata discriminazione - non rimuove, infatti, la legge
dall'ordinamento con immediata efficacia, ma impedisce soltanto «erga
omnes che tale norma venga in rilievo per la definizione della
controversia innanzi al giudice nazionale» (sentenza n. 170 del
1984). L'ordine di rimozione della norma regolamentare - che proietta
i suoi effetti, per espressa scelta del legislatore compiuta con
l'art. 28 del decreto legislativo n. 150 del 2011, oltre il caso che
ha originato il giudizio antidiscriminatorio - richiede, allora, che
sia dichiarata l'illegittimita' costituzionale della legge, la quale,
ancorche' non applicata nel caso concreto, e' ancora vigente,
efficace e, sia pure in ipotesi erroneamente, suscettibile di
applicazione da parte della pubblica amministrazione o anche di altri
giudici che ne valutino diversamente la compatibilita' con il diritto
dell'Unione europea. Sono, dunque, tanto l'ordinato funzionamento del
sistema delle fonti interne, e, nello specifico, i rapporti tra legge
e regolamento regionali, anche in relazione al diritto dell'Unione
europea, quanto l'esigenza che i piani di rimozione della
discriminazione siano efficaci a richiedere che il giudice ordinario,
se correttamente intenda ordinare la rimozione di una norma
regolamentare al fine di evitare il riprodursi della discriminazione
de futuro, sollevi questione di legittimita' costituzionale sulla
norma legislativa sostanzialmente riprodotta dall'atto regolamentare,
anche dopo che si sia accertata l'incompatibilita' di dette norme
interne con norme di diritto dell'Unione europea aventi efficacia
diretta.
Cio' premesso, una norma eurounitaria puo' essere ritenuta ad
efficacia diretta quando, a prescindere dall'atto della Unione
Europea in cui e' contenuta imponga ai destinatari un comportamento
preciso ed incondizionato e contenga una disciplina completa che non
necessiti di una normativa ulteriore di attuazione da parte degli
Stati Membri, o comunque individui un diritto soggettivo o prescriva
un obbligo che possano essere immediatamente fatti valere in un
giudizio.
La Corte di Giustizia ha da tempo chiarito che in tutti i casi in
cui le disposizioni di una direttiva appaiano chiare,
sufficientemente precise ed incondizionate, i singoli possono
invocarle dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato
membro, vuoi qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in
diritto nazionale entro i termini, vuoi qualora l'abbia recepita in
modo non corretto (v., in particolare, sentenze 19 novembre 1991,
cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich, punto 11, e 11 luglio
2002, causa C-62/00, Marks & Spencer, punto 25; sentenza 5 ottobre
2004, cause riunite C-397/01 a C-403/01, Pfeiffer e a., punto 103).
Ma, alla luce della citata giurisprudenza, deve ritenersi che le
disposizioni della direttiva 2003/109 - nella parte rilevante ai fini
del caso in esame, non possano essere ritenute ad efficacia diretta
se si ritenga che lo stato si sia avvalso della facolta' di deroga.
Questo perche', dovrebbero, a tal fine, essere considerati i
seguenti elementi: l'art. 11, primo paragrafo, lettera f) della
direttiva prevede espressamente che il soggiornante di lungo periodo
goda dello stesso trattamento dei cittadini nazionali anche per
l'accesso alla «procedura per l'ottenimento di un alloggio», ma, allo
stesso tempo, prevede che lo Stato membro possa limitare la parita'
di trattamento ai casi in cui il richiedente ha eletto dimora o
risiede abitualmente nel suo territorio (art. 11, par. 2); le
previsioni in esame, pur essendo chiare e precise, non sono
incondizionate, in quanto prevedono la possibilita' di un intervento
limitativo dello Stato membro; la direttiva in esame e' stata attuata
con il decreto legislativo n. 3/2007 (cfr. in particolare art. 9,
comma 12, lettera c).
Parimenti dovrebbe concludersi anche in relazione all'art. 12,
direttiva 2011/98 ove si prevede che «I lavoratori dei paesi terzi di
cui all'art. 3, paragrafo 1, lettere b e c), (8) beneficiano dello
stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui
soggiornano per quanto concerne: (...); g) l'accesso a beni e servizi
a disposizione del pubblico e all'erogazione degli stessi, incluse le
procedure per l'ottenimento di un alloggio, conformemente al diritto
nazionale, fatta salva la liberta' contrattuale conformemente al
diritto dell'Unione e al diritto nazionale» e tuttavia al paragrafo
successivo prevede che gli Stati membri possano limitare la parita'
di trattamento «d) in ordine al paragrafo 1, lettera g): i)
limitandone l'applicazione ai lavoratori di paesi terzi che svolgono
un'attivita' lavorativa; ii) limitando l'accesso per quanto concerne
l'assistenza abitativa».
Le stesse integrano, pertanto, quali norme interposte il
parametro costituzionale espresso dall'art. 117, primo comma della
Costituzione, nella parte in cui impone la conformazione della
legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi
internazionali.
Ma e' vero anche che, come afferma la Corte di Giustizia dell'UE
24 aprile 2012 (C 2012:233) ai paragrafi par. 87 e 88 della sentenza,
«occorre rilevare che un'autorita' pubblica, sia essa di livello
nazionale, regionale o locale, puo' invocare la deroga prevista
all'art. 11, paragrafo 4, della direttiva 2003/109 unicamente qualora
gli organi competenti nello Stato membro interessato per l'attuazione
di tale direttiva abbiano chiaramente espresso l'intenzione di
avvalersi della deroga suddetta».
E va considerato che, nel caso in esame, allo stato degli atti
non risulta che «la Repubblica italiana abbia manifestato la propria
intenzione di ricorrere alla deroga al principio della parita' di
trattamento prevista dall'art. 11, paragrafo 4, della direttiva
2003/109».
Del resto, quand'anche, il Giudice si trovi nell'ipotesi di dover
disapplicare la norma nazionale in contrasto con l'obbligo
dell'Unione direttamente applicabile o idoneo a produrre effetti
diretti, la questione di legittimita' costituzionale della norma
disapplicata rimarrebbe comunque ammissibile alla luce dei recenti
approdi della Corte costituzionale (sentenza 15/2024), che ha
consentito il cumulo dei due strumenti della disapplicazione della
legge con la rimessione alla Corte di una questione di legittimita'
costituzionale sulla medesima legge, nell'ottica di garantire un
piano di rimozione delle discriminazioni effettivo e pro futuro (art.
28, comma 5, decreto legislativo n. 150/2011), comprensivo della
rimozione dell'atto normativo in contrasto con le norme eurounitarie
e tuttavia conseguente alla dichiarazione di incostituzionalita'
adottata dalla Corte costituzionale.
Per queste ragioni la questione appare al giudicante, nel caso in
esame ed in ogni caso, ammissibile.
7.2 Quanto alla rilevanza, ossia alla prevedibile necessita' che
la norma sulla quale verte il dubbio di costituzionalita' debba
trovare applicazione nel giudizio a quo, va richiamato quanto
osservato in ordine all'interesse ad agire dei ricorrenti.
Del resto, basti a tal proposito osservare che ASGI e L'Altro
Diritto hanno proposto, in proprio, l'azione collettiva ex art. 5 del
decreto legislativo n. 215/2003 volta ad accertare il carattere
discriminatorio della condotta tenuta dalla regione Toscana
consistente nell'aver emanato l'art. 10, L.R. Toscana n. 2/2019
laddove, nel rinvio all'allegato B, Lett. C-1) prevede l'assegnazione
di un punteggio da 1 a 4 in caso di residenza anagrafica o
prestazione lavorativa continuativa di almeno un componente del
nucleo familiare nell'ambito territoriale di riferimento del bando da
almeno tre anni e fino ad oltre venti anni, per contrasto con l'art.
3 della Costituzione e con l'art. 117, comma 1 della Costituzione
quest'ultimo in riferimento all'art. 11, direttiva 2003/109 ed
all'art. 12 della direttiva 2011/98.
7.3. Ad avviso di questo giudice, in definitiva, il presente
giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla risoluzione
della questione di legittimita' costituzionale che, pertanto, si
sottopone in relazione all'art. 10, Lett. C-1), dell'allegato B alla
L.R. Toscana n. 2/2019, per contrasto con l'art. 3 della
Costituzione, nonche' per contrasto con l'art. 117, comma 1 della
Costituzione, in relazione alla direttiva 2003/109 e direttiva
2011/98.
Appare, pertanto, riscontrabile anche il presupposto della
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale.
8. A parere di questo giudice, inoltre, la questione di
conformita' a Costituzione appare non manifestamente infondata.
In primo luogo perche' non appare possibile l'interpretazione
delle disposizioni della L.R. Toscana n. 2/2019 in senso conforme
alle disposizioni costituzionali.
E' noto, infatti, che prima di sollevare l'incidente di
costituzionalita' il giudice a quo deve verificare la possibilita' di
interpretare la disposizione censurata in modo da renderla rispettosa
della Costituzione; soltanto nel caso in cui il giudice ritenga
impossibile fornire una interpretazione secundum constitutionem della
norma, diviene necessaria la rimessione della questione alla Corte
costituzionale (cfr., fra le altre, Corte costituzionale nn.
356/1996; 308/2008; 113/2015).
L'art. 10 rinvia all'allegato B della legge regionale n. 2/2019
per la determinazione delle modalita' della formazione della
graduatoria secondo i criteri illustrati nel paragrafo precedente,
criteri che attribuiscono alla mera residenza un determinato
punteggio con un meccanismo che pur essendo di dubbia conformita'
costituzionale, tuttavia non lascia spazio ad interpretazioni diverse
o alternative.
La chiara lettera della legge, confermata anche dall'utilizzo di
espressioni dal senso univoco, non consente alcuna interpretazione
idonea a fugare il dubbio di conformita' all'art. 3 della
Costituzione.
8.1. La questione di costituzionalita' dell'art. 10 della L.R.T.
2/2019 nella parte in cui rinvia all'Allegato B Condizioni per
l'attribuzione dei punteggi (art. 10) lett. c1. appare, ad avviso di
questo giudice, non manifestamente infondata in relazione, in primo
luogo, all'art. 3 della Costituzione.
L'articolo in parola attribuisce un punteggio in graduatoria da
uno a quattro punti nel massimo a tutti i soggetti che possano far
valere una residenza protratta nel territorio comunale (ovvero la
prestazione di un'attivita' lavorativa continuativa) secondo un
meccanismo premiale e graduato che aumenta con l'aumentare degli anni
di residenza (o lavoro continuativo).
A tale proposito i ricorrenti richiamando le considerazioni
svolte dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 44/2020 e n.
9/2021 sostengono che il meccanismo di assegnazione dei punteggi
congegnato dal legislatore regionale risulti illegittimo in quanto
l'attribuzione di un punteggio sulla base della mera residenza e'
totalmente svincolato dal bisogno abitativo che la legge regionale
intende soddisfare. I ricorrenti censurano, in particolare,
l'attribuzione di punteggi aggiuntivi in ragione della prolungata
residenza in Toscana, sproporzionati rispetto ai punteggi attribuiti
dalle altre condizioni (sociali, economiche e familiari e di cd.
disagio abitativo) che appaiono invece maggiormente aderenti alla
ratio cui la normativa ERP appare ispirata.
Per vero le richiamate sentenze non si sono occupate della
questione qui in esame (anche se la sentenza n. 9/2021 aveva ad
oggetto una questione assai simile a quella del caso di specie),
cioe' della rilevanza della durata della residenza ai fini della
attribuzione della posizione in graduatoria, e tuttavia in esse e'
possibile estrapolare principi generali che al giudicante appaiono
pertinenti anche al caso in esame.
Anzitutto deve essere osservato che, come si legge al punto 3
della sentenza 44/2020: "il diritto all'abitazione «rientra fra i
requisiti essenziali caratterizzanti la socialita' cui si conforma lo
Stato democratico voluto dalla Costituzione» ed e' compito dello
Stato garantirlo, contribuendo cosi' «a che la vita di ogni persona
rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l'immagine universale della
dignita' umana» (sentenza n. 217 del 1988; nello stesso senso
sentenze n. 106 del 2018, n. 168 del 2014, n. 209 del 2009 e n. 404
del 1988). Benche' non espressamente previsto dalla Costituzione,
tale diritto deve dunque ritenersi incluso nel catalogo dei diritti
inviolabili (fra le altre, sentenze n. 161 del 2013, n. 61 del 2011 e
n. 404 del 1988 e ordinanza n. 76 del 2010) e il suo oggetto,
l'abitazione, deve considerarsi «bene di primaria importanza»
(sentenza n. 166 del 2018; si vedano anche le sentenze n. 38 del
2016, n. 168 del 2014 e n. 209 del 2009").
L'edilizia residenziale pubblica e' diretta ad assicurare in
concreto il soddisfacimento di questo bisogno primario, perche' serve
a «garantire un'abitazione a soggetti economicamente deboli nel luogo
ove e' la sede dei loro interessi» (sentenza n. 176 del 2000), al
fine di assicurare un'esistenza dignitosa a tutti coloro che non
dispongono di risorse sufficienti (art. 34 della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea), mediante un servizio pubblico
deputato alla «provvista di alloggi per i lavoratori e le famiglie
meno abbienti» (sentenza n. 168 del 2014).
Orbene la Corte costituzionale ha, a piu' riprese, chiarito che
«i criteri adottati dal legislatore per la selezione dei beneficiari
dei servizi sociali devono presentare un collegamento con la funzione
del servizio (ex plurimis, sentenze n. 166 e n. 107 del 2018, n. 168
del 2014, n. 172 e n. 133 del 2013 e n. 40 del 2011) (grassetto
dell'estensore).
Il giudizio sulla sussistenza e sull'adeguatezza di tale
collegamento, fra finalita' del servizio da erogare e caratteristiche
soggettive richieste ai suoi potenziali beneficiari - muove
dall'identificazione della ratio della norma di riferimento e passa
poi attraverso la verifica della coerenza con tale ratio, del filtro
selettivo introdotto, secondo la struttura tipica del sindacato
svolto ai sensi dell'art. 3, primo comma, della Costituzione.
Se dunque la ratio della normativa di edilizia residenziale
abitativa e' quella di assicurare il soddisfacimento del bisogno
primario ad una abitazione, il requisito della residenza pregressa
non appare di per se' collegato alla funzione del servizio. Ed in
effetti, se e' vero che e' certamente ragionevole che i servizi
sociali erogati da un comune si rivolgano a persone residenti nel
comune stesso, se e' vero che e' certamente coerente con la funzione
della norma che i servizi siano erogati a persone che assicurino una
certa stabilita' sul territorio, e' altrettanto vero - come rilevato
dalla Corte costituzionale che «La previa residenza (...) non e' di
per se' indice di un'elevata probabilita' di permanenza in un
determinato ambito territoriale, mentre a tali fini risulterebbero
ben piu' significativi altri elementi sui quali si puo'
ragionevolmente fondare una prognosi di stanzialita'. In altri
termini, la rilevanza conferita a una condizione del passato, quale
e' la residenza [...], non sarebbe comunque oggettivamente idonea a
evitare il "rischio di instabilita'" del beneficiario dell'alloggio
di edilizia residenziale pubblica, obiettivo che dovrebbe invece
essere perseguito avendo riguardo agli indici di probabilita' di
permanenza per il futuro. In ogni caso, si deve osservare che lo
stesso "radicamento" territoriale, quand'anche fosse adeguatamente
valutato (non con riferimento alla previa residenza protratta), non
potrebbe comunque assumere importanza tale da escludere qualsiasi
rilievo del bisogno. Data la funzione sociale del servizio di
edilizia residenziale pubblica, e' irragionevole che anche i soggetti
piu' bisognosi siano esclusi a priori dall'assegnazione degli alloggi
solo perche' non offrirebbero sufficienti garanzie di stabilita'
(par. 3.1. Corte costituzionale, sentenza n. 44/2020») (grassetto
dell'estensore).
In termini piu' generali la Corte costituzionale ha affermato «il
principio che se al legislatore, sia statale che regionale (e
provinciale), e' consentito introdurre una disciplina differenziata
per l'accesso alle prestazioni assistenziali al fine di conciliare la
massima fruibilita' dei benefici previsti con la limitatezza delle
risorse finanziarie disponibili» (sentenza n. 133 del 2013), tuttavia
«la legittimita' di una simile scelta non esclude che i canoni
selettivi adottati debbano comunque rispondere al principio di
ragionevolezza» (sentenza n. 133 del 2013) e che, quindi, debbano
essere in ogni caso coerenti ed adeguati a fronteggiare le situazioni
di bisogno o di disagio, riferibili direttamente alla persona in
quanto tale, che costituiscono il presupposto principale di
fruibilita' delle provvidenze in questione (sentenza n. 40 del 2011)»
(sentenza n. 168 del 2014). Ha inoltre affermato che «l'introduzione
di regimi differenziati e' consentita solo in presenza di una causa
normativa non palesemente irrazionale o arbitraria, che sia cioe'
giustificata da una ragionevole correlazione tra la condizione cui e'
subordinata l'attribuzione del beneficio e gli altri peculiari
requisiti che ne condizionano il riconoscimento e ne definiscono la
ratio» (sentenza n. 172 del 2013).
Orbene, la Corte non ha escluso ed ha anzi affermato che «la
prospettiva della stabilita' puo' rientrare tra gli elementi da
valutare in sede di formazione della graduatoria» ma ha altresi'
precisato che le norme che introducono tale requisito [della
residenza] vanno «vagliate con particolare attenzione, in quanto
implicano il rischio di privare certi soggetti dell'accesso alle
prestazioni pubbliche solo per il fatto di aver esercitato il proprio
diritto di circolazione o di aver dovuto mutare regione di residenza»
(sentenza n. 107 del 2018) (grassetto dell'estensore).
Nel presente giudizio non sono impugnate norme regionali che
prevedono, come requisito per la partecipazione, la residenza
protratta nel tempo. Viene invece in rilievo la previsione,
introdotta dalla legge regionale Toscana n. 2/2019, che, come
correttamente osserva la Regione, introduce, non un requisito di
accesso, ma un meccanismo premiale in ragione della residenza
prolungata nell'ambito territoriale di riferimento del bando.
Questo Giudice e' quindi chiamato a valutare «in concreto» (come
indica la stessa sentenza n. 44 del 2020) se l'assegnazione di un
determinato punteggio alla residenza protratta per un certo periodo
sia coerente con il fine perseguito (di garanzia di un'adeguata
stabilita' nell'ambito della Regione), e se cio' non sia
discriminatorio.
Come chiarito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 9 del
2021 «La previsione deve dunque essere sottoposta a uno scrutinio che
ne valorizzi gli elementi di contesto in relazione ai profili
indicati: in altri termini essa deve essere valutata all'interno del
sistema costituito dalle norme che stabiliscono i punteggi da
assegnare ai richiedenti in ragione delle loro condizioni soggettive
e oggettive, e da quelle che definiscono i requisiti di accesso al
servizio».
Muovendo da questa prospettiva, dalla disciplina regionale si
deduce che il punteggio massimo da attribuire alle «Condizioni
economiche, sociali e familiari» e' di 6 punti; quello per le
condizioni oggettive riferibili alla gravita' del disagio abitativo
e' nel massimo di 4 punti; quello per le «Condizioni di storicita'
della presenza» e' nel massimo di 4 punti; nella specie quello
attribuito ad una persona residente nel territorio comunale da almeno
venti anni (condizione nient'affatto eccezionale per un cittadino
toscano ) e' di 4 punti.
Se si considera, dunque, il complessivo punteggio attribuibile ai
fini della selezione degli assegnatari, e se solo si raffronta il
punteggio massimo assegnabile per le condizioni soggettive del
richiedente con quello massimo ottenibile in base alla residenza
protratta, non si puo' non constatare l'evidente «sopravvalutazione»,
operata dal legislatore regionale, della situazione connessa
all'anzianita' di residenza rispetto al rilievo conferito alle altre
condizioni, e segnatamente a quelle che piu' rispecchiano la
situazione di bisogno alla quale il servizio tende a porre rimedio.
In applicazione dei criteri anzidetti, infatti, si perverrebbe,
solo per fare un esempio, all'irragionevole conseguenza che un
«Nucleo familiare in cui sia presente un soggetto riconosciuto
invalido al 100% con necessita' di assistenza continua e/o un
portatore di handicap riconosciuto in situazione di gravita' tale da
rendere necessario un intervento assistenziale permanente,
continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di
relazione (punti 3)», dotato di un alloggio inadeguato o fatiscente,
ma non in grado di far valere il punteggio aggiuntivo connesso alla
residenza ultraventennale, verrebbe sopravanzato in graduatoria da un
«Nucleo familiare composto da una sola persona con uno o piu' figli
maggiorenni fiscalmente a carico, purche' non abbiano compiuto il
ventiseiesimo anno di eta' alla data di pubblicazione del bando (1
punto)», dotato di analogo alloggio, solo perche' in grado di vantare
una durata di residenza idonea a produrre tutti e quattro i punti
aggiuntivi a tale scopo assegnati.
Per riprendere l'ipotesi esemplificativa utilizzata dai
ricorrenti: la valutazione della residenza e' in grado di
sopravanzare sempre situazioni di bisogno e disagio anche
drammatiche: basti considerare che una coppia con un figlio il cui
richiedente risieda da venti anni in Arezzo (situazione nient'affatto
eccezionale per una persona nata ad Arezzo) sopravanza, per il solo
fatto della residenza (che gli conferisce 4 punti), una famiglia
residente da due anni e trecentosettanyaquattro giorni, in identiche
situazioni economiche ma con cinque figli (2 punti); sopravanza un
nucleo di 4 persone che viva con una sola pensione minima (punti 2);
sopravanza una coppia con due bimbi che viva da due anni in una
abitazione avente caratteristiche tipologiche e/o igienico sanitarie
di assoluta incompatibilita' con la destinazione ad abitazione (punti
3): una situazione quest'ultima che, a logica, dovrebbe dar luogo a
assoluta preferenza rispetto a qualsiasi altra ipotesi.
Emerge quindi un assetto normativo che tende a «sopravvalutare»
una «condizione del passato» (sentenza n. 44 del 2020) rispetto alle
condizioni (soggettive e oggettive) del presente (bisogno attuale),
senza peraltro che dalla residenza protratta nel tempo possa trarsi
alcun ragionevole indice di probabilita' della permanenza nel futuro.
Come affermato dalla Corte costituzionale: «il legislatore
regionale ben puo' dare rilievo, ai fini della determinazione del
punteggio per la formazione della graduatoria di accesso, alla
"prospettiva della stabilita'", ma tale aspetto, se puo' concorrere a
determinare la posizione dei beneficiari, deve nondimeno conservare
un carattere meno rilevante rispetto alla necessaria centralita' dei
fattori significativi della situazione di bisogno alla quale risponde
il servizio, quali sono quelli che indicano condizioni soggettive e
oggettive dei richiedenti. E quale potrebbe invece essere, in
ipotesi, un'"anzianita' di presenza" del richiedente, non
genericamente nel territorio regionale, ma precisamente nella
graduatoria degli aventi diritto, giacche' questa circostanza darebbe
evidenza a un fattore di bisogno rilevante in funzione del servizio
erogato, e quindi idoneo a combinare il dato del radicamento con
quello dello stesso bisogno». (sentenza 9/2021 par. 4.2.2.)
(grassetto dell'estensore).
Ed ancora "la stessa residenza protratta costituisce solo un
indice debole di quella stessa «prospettiva della stabilita'», alla
quale, nei termini anzidetti, puo' essere dato legittimo rilievo in
ponderata concorrenza con i fattori che dimostrano invece l'effettivo
grado di necessita' dell'alloggio da parte dei richiedenti.". La
Corte conclude pertanto che: "il peso esorbitante assegnato al dato
del radicamento territoriale nel piu' generale punteggio per
l'assegnazione degli alloggi, il carattere marginale del dato
medesimo in relazione alle finalita' del servizio di cui si tratta, e
la stessa debolezza dell'indice della residenza protratta quale
dimostrazione della prospettiva di stabilita', concorrono a
determinare l'illegittimita' costituzionale della previsione in
esame, in quanto fonte di discriminazione di tutti coloro che - siano
essi cittadini italiani, cittadini di altri Stati UE o cittadini
extracomunitari, risiedono in Abruzzo da meno di dieci anni rispetto
ai residenti da almeno dieci anni.»
Infine: "E' il «pieno sviluppo della persona umana» (art. 3,
secondo comma, della Costituzione) la bussola che deve orientare
l'azione del legislatore, sia statale sia regionale, specie quando e'
chiamato a erogare prestazioni e servizi connessi ai bisogni vitali
dell'individuo, come quello abitativo. Ogni tentativo di far
prevalere sulle condizioni soggettive e oggettive del richiedente
valutazioni diverse, quali in particolare quelle dirette a
valorizzare la stabile permanenza nel territorio, sia nazionale sia
comunale, deve essere quindi oggetto di uno stretto scrutinio di
costituzionalita' che verifichi la congruenza di siffatte previsioni
rispetto all'obiettivo di assicurare il diritto all'abitazione ai non
abbienti e ai bisognosi." (grassetto dell'estensore).
Il ragionamento della Corte negli estratti evidenziati, che
questo Giudice non puo' che integralmente condividere, solleva
indubbie criticita' anche con riguardo alle previsioni adottate dal
legislatore regionale toscano.
8.2.2. La questione appare, inoltre, non manifestamente
infondata, anche con riferimento all'art. 117 della Costituzione, in
relazione alla direttiva 2003/109/CE (e, segnatamente, all'art. 11)
ed alla direttiva n. 2011/98/CE (art. 12).
Come noto nell'ambito di competenza in materia di immigrazione,
l'Unione europea ha adottato le appena citate direttive che obbligano
gli Stati ad assicurare la parita' di trattamento dei cittadini di
Paesi terzi con i cittadini degli Stati membri nei quali soggiornano.
Il richiamo e' all'art. 11 della direttiva 2003/109/CE che prevede:
«Il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso trattamento dei
cittadini nazionali per quanto riguarda: (...) lett. f) l'accesso a
beni e servizi a disposizione del pubblico e all'erogazione degli
stessi, nonche' alla procedura per l'ottenimento di un alloggio». Il
secondo comma dispone: «Per quanto riguarda le disposizioni del
paragrafo 1, lettere b), d), e), f) e g), lo Stato membro interessato
puo' limitare la parita' di trattamento ai casi in cui il
soggiornante di lungo periodo, o il familiare per cui questi chiede
la prestazione, ha eletto dimora o risiede abitualmente nel suo
territorio».
Nella disposizione legislativa regionale in esame non si prevede
solo una limitazione della parita' di trattamento per chi «dimora o
risiede abitualmente», ma si prevede un meccanismo di attribuzione
dei punteggi che assegnando una rilevanza molto significativa al
criterio della residenza storica, puo' estromettere soggetti che
evidenziano uno stato soggettivo di forte bisogno abitativo a
vantaggio di chi puo' semplicemente far valere una residenza
prolungata nel tempo, anche se non possa fare valere particolari
situazioni soggettive di bisogno.
In relazione ai requisiti di residenza prolungata, la Corte di
giustizia dell'Unione europea ha affermato che «una siffatta
normativa nazionale, che svantaggia taluni cittadini di uno Stato
membro per il solo fatto che essi hanno esercitato la loro liberta'
di circolare e di soggiornare in un altro Stato membro, costituisce
una restrizione alle liberta' riconosciute dall'art. 21, n. 1, TFUE
ad ogni cittadino dell'Unione», e che «una simile restrizione puo'
essere giustificata, con riferimento al diritto dell'Unione, solo se
e' basata su considerazioni oggettive indipendenti dalla cittadinanza
delle persone interessate ed e' proporzionata allo scopo
legittimamente perseguito dal diritto nazionale» (sentenza 21 luglio
2011, in causa C-503/09, Stewart, punti 86 e 87; si vedano anche le
sentenze 26 febbraio 2015, in causa C-359/13, B. Martens; 24 ottobre
2013, in causa C-220/12, Andreas Ingemar Thiele Meneses (punti
22-29); 15 marzo 2005, in causa C-209/03, The Queen, ex parte di Dany
Bidar, punti 51-54; 23 marzo 2004, in causa C-138/02, Brian Francis
Collins; 30 settembre 2003, in causa C-224/01, Gerhard Köbler; si
vedano infine CGUE 14.6.2012, Commissione c. Paesi Bassi, causa
C-542/09; CGUE 20.6.02 Commissione c. Lussemburgo, causa C- 299/01).
La Corte di giustizia non esclude a priori l'ammissibilita' di
requisiti di residenza per l'accesso a prestazioni erogate dagli
Stati membri, ma richiede che la norma persegua uno scopo legittimo,
che sia idonea e proporzionata a perseguire tale scopo e che il
criterio adottato non sia «troppo esclusivo», potendo sussistere
altri elementi rivelatori del «nesso reale» tra il richiedente e lo
Stato (si vedano le citate sentenze Stewart, punti 92 e 95, e Thiele
Meneses, punto 36).
Orbene, la norma in esame, alla luce delle considerazioni sopra
espresse, non puo' ritenersi che sia idonea a perseguire uno scopo
legittimo. Se, infatti, oggetto della legge e' quello di «soddisfare
il fabbisogno abitativo primario e di ridurre il disagio abitativo
dei nuclei familiari, nonche' di particolari categorie sociali in
condizioni di svantaggio» (art. 1, della legge n. 16/2016), non si
comprende come tale scopo possa essere raggiunto attraverso l'elevata
valorizzazione della residenza pregressa, criterio che come detto non
offre alcuna prognosi sulla stanzialita' futura del soggetto che puo'
farla valere, e con la postergazione automatica nella graduatoria per
l'assegnazione di alloggi di persone che possono far valere fattori
di bisogno soggettivo rilevanti a vantaggio di chi tali fattori non
li possegga.
Quand'anche si ritenesse legittimo lo scopo del legislatore di
attribuire un beneficio soltanto a coloro che possano manifestare una
prognosi di radicamento futuro nel territorio, resterebbe comunque da
valutare la proporzionalita' della misura utilizzata per realizzare
tale scopo. Come si e' visto il requisito della residenza prolungata
come criterio di attribuzione del punteggio appare sproporzionato sia
nella misura (attribuzione di un punteggio equivalente o superiore a
diverse condizioni che esprimono condizioni di bisogno soggettivo o
di disagio abitativo), sia perche' e' ben possibile considerare
misure alternative e piu' proporzionate per raggiungere lo stesso
obiettivo che si prefigge il legislatore attribuendo rilevanza
all'anzianita' di graduatoria, oppure utilizzando il criterio della
residenzialita' storica come criterio di preferenza residuale, a
parita' dei bisogni soggettivi ed oggettivi evidenziati dai
richiedenti.
La Corte costituzionale, peraltro ha gia' censurato, per
violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, e
dell'art. 21 TFUE, una norma che annoverava, fra i requisiti di
accesso all'edilizia residenziale pubblica, la «residenza nella
Regione da almeno otto anni, maturati anche non consecutivamente»
(sentenza n. 168 del 2014; si vedano anche le sentenze n. 190 del
2014 e n. 264 del 2013).
Nella citata sentenza, sebbene relativa all'utilizzo del criterio
della residenza prolungata quale limite all'accesso e non quale
criterio di attribuzione di punteggi in graduatoria, la Corte
costituzionale ha offerto alcune argomentazioni che, nella parte
relativa alla valutazione del principio di ragionevolezza, ben
possono essere valutate nel caso in esame.
In particolare, il giudice delle leggi ha ravvisato nel requisito
della residenza protratta un'irragionevole discriminazione sia nei
confronti dei cittadini dell'Unione, sia nei confronti dei cittadini
di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo. Nella
pronuncia in esame si legge: «Quanto ai primi, risulta evidente che
la norma regionale in esame li pone in una condizione di inevitabile
svantaggio in particolare rispetto alla comunita' regionale, ma anche
rispetto agli stessi cittadini italiani, che potrebbero piu'
agevolmente maturare gli otto anni di residenza in maniera non
consecutiva, realizzando una discriminazione vietata dal diritto
comunitario (oggi «diritto dell'Unione europea», in virtu' dell'art.
2, numero 2, lettera a, del Trattato di Lisbona, che modifica il
trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la
Comunita' europea, firmato a Lisbona il 13 dicembre 2007), in
particolare dall'art. 18 del TFUE, in quanto determina una
compressione ingiustificata della loro liberta' di circolazione e
soggiorno, garantita dall'art. 21 del TFUE. Infatti, il requisito
della residenza protratta per otto anni sul territorio regionale
induce i cittadini dell'Unione a non esercitare la liberta' di
circolazione abbandonando lo Stato membro cui appartengono (Corte di
giustizia, sentenza 21 luglio 2011, in causa C-503/09, Stewart),
limitando tale liberta' in una misura che non risulta ne'
proporzionata, ne' necessaria al pur legittimo scopo di assicurare
che a beneficiare della provvidenza siano soggetti che abbiano
dimostrato un livello sufficiente di integrazione nella comunita'
presso la quale risiedono (Corte di giustizia, sentenza 23 marzo
2004, in causa C-138/02, Collins), anche al fine di evitare oneri
irragionevoli onde preservare l'equilibrio finanziario del sistema
locale di assistenza sociale (Corte di giustizia, sentenza 2 agosto
1993, in cause riunite C-259/91, C-331/91 e C-332/91, Allue'). Non
e', infatti, possibile presumere, in termini assoluti, che i
cittadini dell'Unione che risiedano nel territorio regionale da meno
di otto anni, ma che siano pur sempre ivi stabilmente residenti o
dimoranti, e che quindi abbiano instaurato un legame con la comunita'
locale, versino in stato di bisogno minore rispetto a chi vi risiede
o dimora da piu' anni e, per cio' stesso siano estromessi dalla
possibilita' di accedere al beneficio. Sulla base di analoghe
argomentazioni, e' agevole ravvisare la portata irragionevolmente
discriminatoria della norma regionale impugnata anche con riguardo ai
cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo.
L'art. 11 della direttiva 2003/109/CE stabilisce, alla lettera f) del
paragrafo 1, che il soggiornante di lungo periodo gode dello stesso
trattamento dei cittadini nazionali per quanto riguarda «l'accesso a
beni e servizi a disposizione del pubblico e all'erogazione degli
stessi, nonche' alla procedura per l'ottenimento di un alloggio».
Tale previsione, che e' stata recepita dall'art. 9, comma 12, lettera
c), del decreto legislativo n. 286 del 1998 (nel testo modificato dal
decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3, recante «Attuazione della
direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi
terzi soggiornanti di lungo periodo»), mira ad impedire qualsiasi
forma dissimulata di discriminazione che, applicando criteri di
distinzione diversi dalla cittadinanza, conduca di fatto allo stesso
risultato, a meno che non sia obiettivamente giustificata e
proporzionata al suo scopo».
Deve ritenersi che, anche nel caso di specie, la
sopravvalutazione della residenza prolungata, che agisce fattore
discriminatorio per chi non puo' farla valere, rivelandosi
presupposto necessario per concorrere a parita' di mezzi
all'ammissione al beneficio dell'accesso all'edilizia residenziale
pubblica (e non, quindi, come mera regola di preferenza a parita' di
bisogni evidenziati), determini un'irragionevole diseguaglianza sia
nei confronti dei cittadini dell'Unione, ai quali deve essere
garantita la parita' di trattamento rispetto ai cittadini degli Stati
membri (art. 24, par. 1, della direttiva 2004/38/CE), sia nei
confronti dei cittadini di Paesi terzi che siano soggiornanti di
lungo periodo, i quali, in virtu' dell'art. 11, paragrafo 1, lettera
f), della direttiva 2003/109/CE, godono dello stesso trattamento dei
cittadini nazionali per quanto riguarda anche l'accesso alla
procedura per l'ottenimento di un alloggio.
La giurisprudenza costituzionale appena richiamata ad avviso del
giudicante sembra imporre di ritenere che il requisito di residenza
prolungata non possa giustificarsi in ragione dell'esigenza di
evitare di assegnare i servizi abitativi pubblici a persone che non
hanno un legame sufficientemente stabile con il territorio, atteso
che richiedere una residenza prolungata si appalesa in contrasto con
le finalita' della legge sull'edilizia residenziale pubblica e
risulta irragionevole e del tutto sproporzionato rispetto allo scopo
perseguito.
9. Per i motivi sinora esposti, ritenuta la sussistenza dei
presupposti della rilevanza e della non manifesta infondatezza della
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, L.R. Toscana
n. 2/2019 nella parte in cui richiama l'allegato B, Lett. C-1), che
attribuisce un punteggio aggiuntivo a chi possa far valere la mera
residenza nel territorio di riferimento del bando secondo le seguenti
modalita' «c1. residenza anagrafica o prestazione di attivita'
lavorativa continuativa di almeno un component e del nucleo familiare
nell'ambi to territoriale di riferimento del bando, da almeno tre
anni alla data di pubblicazione del bando: punti 1; da almeno cinque
anni alla data di pubblicazione del bando punti 2; da almeno dieci
anni alla data di pubblicazione del bando punti 3; da almeno quindici
anni alla data di pubblicazione del bando punti 3,5; da almeno venti
anni alla data di pubblicazione del bando punti 4» per contrasto con
l'art. 3 della Costituzione, va sollevata questione di
costituzionalita' in via incidentale, al fine di ottenere dalla Corte
costituzionale, la valutazione della conformita' della norma a
Costituzione.
(1) Rappresentano i ricorrenti che i criteri di attribuzione del
punteggio sono raggruppati secondo le seguenti macrocategorie: A.
Condizioni sociali-economiche-familiari: attribuiscono da 1 a 3
punti per ogni condizione di svantaggio. Solo in alcuni casi le
condizioni possono essere considerate in modo cumulativo e in tal
caso il limite massimo arriva a 6 punti; B. Condizioni abitative
dovute a situazioni di grave disagio abitativo, accertate
dall'autorita' competente: attribuiscono da 1 a 4 punti per ogni
condizione di svantaggio C. Condizioni di storicita' di presenza:
che attribuiscono da 1 a 4 punti secondo la seguente graduazione:
residenza anagrafica o prestazione di attivita' lavorativa
continuative di almeno un componente del nucleo familiare
nell'ambito territoriale di riferimento del bando: da almeno tre
anni alla data di pubblicazione del bando: punti 1; da almeno
cinque anni alla data di pubblicazione del bando: punti 2; da
almeno dieci anni alla data di pubblicazione del bando: punti 3;
almeno quindici anni alla data di pubblicazione del bando: punti
3,5; almeno venti anni alla data di pubblicazione del bando:
punti 4.
(2) La previgente formulazione dell'allegato C prevedeva
l'assegnazione di 2 punti in caso di residenza nell'ambito
territoriale del bando per almeno 10 anni, 3 punti per almeno 15
anni, 4 punti per almeno 20 anni. In pratica, il nuovo testo
incrementa la rilevanza della residenza decennale (che passa da 2
a 3 punti) e quella della residenza quindicennale (che passa da 3
a 3,5 punti) e lascia immutata la rilevanza della residenza
ventennale (4 punti); oltre a valorizzare anche la residenza di
durata inferiore a 10 anni, che nel precedente testo era
irrilevante.
(3) La materia delle assegnazioni temporanee e' disciplinata
dall'art. 7, c. 7, L.R. 2/2019 a norma del quale «I comuni
possono riservare, previa informazione alla Giunta regionale,
un'aliquota non superiore al 40 per cento degli alloggi da
assegnare annualmente nel proprio ambito territoriale, con bandi
speciali o attraverso la formulazione di apposite graduatorie, a
soggetti in possesso dei requisiti di cui alla presente legge,
per i seguenti motivi: a) specifiche e documentate situazioni di
emergenza abitativa, di cui all'art. 14, comma 2 (...». A sua
volta tale ultima norma prevede, nell'ambito della predetta quota
del 40%, che i Comuni possano riservare una quota ad «utilizzo
provvisorio autorizzato» della durata massima di 4 anni per le
famiglie che si trovino in specifiche situazioni emergenziali
indicate appunto dall'art. 14, comma 2, (a. pubbliche calamita';
b. situazioni emergenziali accertate con ordinanza; c. sfratti
esecutivi non prorogabili, inseriti negli appositi elenchi per
l'esecuzione con la forza pubblica, che siano stati intimati per
finita locazione o per morosita' incolpevole come definita al
comma 3 del presente articolo; d. provvedimenti di espropriazione
forzata o seguito di pignoramento che comportano il rilascio di
alloggi di proprieta' privata; e. grave disabilita' e temporanea
impossibilita' nell'abbattimento delle barriere architettoniche
dell'alloggio utilizzato; f. provvedimento di separazione,
omologato dal tribunale, o sentenza passata in giudicato con
obbligo di rilascio dell'alloggio; g. verbale di conciliazione
giudiziale con l'obbligo di rilascio dell'alloggio; h. presenza
nel nucleo familiare di un soggetto riconosciuto invalido al 100%
con necessita' di assistenza continua e/o un soggetto, portatore
di handicap o affetto da disagio psichico, riconosciuto in
situazione di gravita' tale da rendere necessario un intervento
assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera
individuale o in quella di relazione, la cui situazione non possa
essere altrimenti presa in carico a livello socio-sanitario. La
citata L.R. n. 35/2021 ha aggiunto all'art. 14 il comma 3 che ha
specificato cosa debba intendersi (ai fini della sopra trascritta
lettera c) per «morosita' incolpevole». Trattasi della morosita'
derivante dalle seguenti situazioni che il comma 3 indica «in via
esemplificativa»: a) perdita del lavoro per licenziamento; b)
accordi aziendali o sindacali con consistente riduzione
dell'orario di lavoro; c) cassa integrazione ordinaria o
straordinaria che limiti notevolmente la capacita' reddituale; d)
mancato rinnovo di contratti a termine o di lavoro atipici; e)
cessazione di attivita' libero-professionali o di imprese
registrate, derivanti da cause di forza maggiore o da perdita di
avviamento in misura consistente; f) malattia grave, infortunio o
decesso di un componente del nucleo familiare che abbia
comportato, o la consistente riduzione del reddito complessivo
del nucleo medesimo, o la necessita' dell'impiego di parte
notevole del reddito per fronteggiare rilevanti spese mediche ed
assistenziali. Sempre l'art. 14 prevede, al comma 4, che il
Comune rediga una apposita graduatoria per l'utilizzo provvisorio
autorizzato (o altrimenti dette «assegnazioni emergenziali»)
(4) La procedura viene cosi' esplicata dal Comune convenuto: In tale
caso non viene pubblicato un bando ma il cittadino che e'
interessato ed e' in possesso dei requisiti per richiedere
l'assegnazione provvisoria dell'alloggio puo' inoltrare la
domanda in qualsiasi momento dell'anno. Le domande, previa
istruttoria da parte dei competenti uffici, vengono trasmesse
alla Commissione Comunale per l'utilizzo autorizzato degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica, la quale provvede alla
formulazione delle graduatorie ordinate sulla base dei punteggi
assegnati. Il Comune aggiorna le graduatorie due volte all'anno,
nei mesi di marzo e settembre relativamente alle domande
pervenute entro i mesi di gennaio e luglio di ciascun anno
solare. L'utilizzo autorizzato degli alloggi consente soltanto
sistemazioni provvisorie e il Comune non emette atti di
assegnazione, bensi' atti di autorizzazione all'utilizzo
temporaneo, sotto forma di determinazione dirigenziale.
L'utilizzo e' autorizzato per un periodo massimo di un anno,
rinnovabile esclusivamente nel caso di documentata permanenza
delle situazioni che ne hanno determinato la sistemazione
provvisoria e, comunque, fino ad un termine massimo di due anni.
(5) l'87%, nella causa CGUE C-5/02 Hilde Schönheit c. Stadt Frankfurt
am Main e Silvia Becker c. Land Hessen, 23.10.2003 (doc. 5); il
97% nella causa Di Trizio c. Svizzera (CEDU, Requête no 7186/09,
04.07.2016) (doc. 6); l'89% nella causa CGUE C-171/88, Ingrid
Rinner-Kühn c. FWW Spezial-Gebäudereinigung GmbH & Co. KG, 13
luglio 1989 (docc. 7A e 7B). Alla luce di tali pronunce, come
evidenziato nelle conclusioni dell'avvocato generale Leger del 31
maggio 1995, punti 57-58, nella causa CGUE Inge Nolte c.
Landesversicherungsanstalt Hannover, 14 dicembre 1995 «la cifra
del 60 % di per se' [...] probabilmente sarebbe insufficiente per
lasciar presumere una discriminazione» (doc. 8).
(6) Come da tempo chiarito dalla Suprema Corte, l'indagine sulla
sussistenza di un «trattamento favorevole connesso al fattore
vietato» rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, anche
quando - come nel caso di specie - sia posta in essere mediante
l'adozione di atti amministrativi (cfr. Cass. SS.UU. 7186/2011).
(7) La Suprema Corte (cfr. Cass. SS.UU. 7186/2011), infatti, ha
definitivamente chiarito che: «in presenza di normative che, al
fine di garantire parita' di trattamento, in termini
particolarmente incisivi e circostanziati, e correlativamente
vietare discriminazioni ingiustificate, con riferimento a fattori
meritevoli di particolare considerazione sulla base di
indicazioni costituzionali o fonti sovranazionali articolano in
maniera specifica disposizioni di divieto di determinate
discriminazioni contemporaneamente istituiscono strumenti
processuali speciali per la loro repressione, affidati al giudice
ordinario, deve ritenersi che il legislatore abbia inteso
configurare, a tutela del soggetto potenziale vittima delle
discriminazioni, una specifica posizione di diritto soggettivo, e
specificamente un diritto qualificabile come «diritto assoluto»
in quanto posto a presidio di una area di liberta' e
potenzialita' del soggetto, rispetto a qualsiasi tipo di
violazione della stessa. Il fatto che la posizione tutelata
assurga a diritto assoluto, e che simmetricamente possano
qualificarsi come fatti illeciti i comportamenti di mancato
rispetto della stessa, fa si' che il contenuto e l'estensione
delle tutele conseguibili in giudizio presentino aspetti di
atipicita' e di variabilita' in dipendenza del tipo di condotta
lesiva che e' stata messa in essere e anche della preesistenza o
meno di posizioni soggettive di diritto o interesse legittimo del
soggetto leso a determinate prestazioni. Di cio' si trova
riscontro nel dettato normativo, secondo cui il giudice puo'
«ordinare la cessazione del comportamento pregiudizievole e
adottare ogni altro provvedimento idoneo, secondo le circostanze,
a rimuovere gli effetti della discriminazione» (decreto
legislativo n. 2876 del 1998, art. 44, comma 1), oltre che
condannare il responsabile al risarcimento del danno (comma 7).
Risulta quindi spiegabile, in particolare, come, in relazione a
discriminazioni del genere di quelle in esame, anche quando esse
siano attuate nell'ambito di procedimenti per il riconoscimento
da parte della pubblica amministrazione di utilita' rispetto a
cui il soggetto privato fruisca di una posizione di interesse
legittimo e non di diritto soggettivo, la tutela del privato
rispetto alla discriminazione possa essere assicurata secondo il
modulo del diritto soggettivo e delle relative protezioni
giurisdizionali». Il giudice ordinario deve, infatti, limitarsi
«a decidere la controversia valutando il provvedimento
amministrativo denunziato, disattendendolo "tamquam non esset" e
adottando i conseguenti provvedimenti idonei a rimuoverne gli
effetti, ove confermato lesivo del principio di non
discriminazione od integrante gli estremi della illegittima
reazione, senza tuttavia interferire nelle potesta' della p.a.,
se non nei consueti e fisiologici limiti ordinamentali della
disapplicazione incidentale ai fini della tutela dei diritti
soggettivi controversi» (cfr. Cassazione civile n. 3842/2021, che
riprende Cassazione sentenza unica n. 3670/2011).
(8) L'art. 3 della direttiva 2011/98, per la parte rilevante, cosi'
definisce all'art. 3 l'ambito di applicazione soggettivo: (...)
b) ai cittadini di paesi terzi che sono stati ammessi in uno
Stato membro a fini diversi dall'attivita' lavorativa a norma del
diritto dell'Unione o nazionale, ai quali e' consentito lavorare
e che sono in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del
regolamento (CE) n. 1030/2002; e c) ai cittadini di paesi terzi
che sono stati ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a
norma del diritto dell'Unione o nazionale.
P. Q. M.
Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953,
ritenuta la questione rilevante e non manifestamente infondata,
solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10,
Lett. C-1), allegato B, L.R. Toscana 2/2019 per contrasto con l'art.
3 della Costituzione e con l'art. 117, comma 1 della Costituzione,
quest'ultimo in riferimento alla direttiva 2003/109, nella parte in
cui prevede l'assegnazione di un punteggio da 1 a 4 in caso di
residenza anagrafica o prestazione lavorativa continuativa di almeno
un componente del nucleo familiare nell'ambito territoriale di
riferimento del bando da almeno tre anni e fino ad oltre venti anni;
dichiara sospeso il presente giudizio sino all'esito del giudizio
davanti alla Corte costituzionale;
ordina che la presente ordinanza sia notificata a cura della
Cancelleria alle parti, al Presidente della Giunta Regionale della
Toscana e sia comunicata al Presidente del Consiglio regionale della
Toscana;
dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale, a cura della cancelleria, unitamente alla presente
ordinanza e alla prova delle predette notificazioni e comunicazioni.
Firenze, 26 ottobre 2024
Il Giudice: Minniti