Reg. ord. n. 69 del 2025 pubbl. su G.U. del 23/04/2025 n. 17
Ordinanza del Tribunale per i minorenni di Bari del 17/01/2025
Tra: G.P. C/ Francesca Arciuli (nella qualità di curatrice speciale del minore D. C.)
Oggetto:
Nome – Adozione e affidamento – Adozione di minori in casi particolari (nella specie: adozione del figlio del coniuge) – Cognome dell’adottato – Anteposizione del cognome dell’adottante rispetto a quello dell’adottato – Preclusione della possibilità di consentire, con la sentenza di adozione in casi particolari, la sostituzione del cognome originario del minore con il cognome dell’adottante (nel caso di specie: il padre biologico è stato dichiarato decaduto dalla responsabilità genitoriale) – Contrasto con il diritto all’identità personale e al nome – Violazione del principio del superiore interesse del minore alla tutela dell’identità personale e della sua vita privata e familiare – Irragionevole disparità di trattamento del minore rispetto al caso in cui il minore sia riconosciuto in via successiva dal padre e al caso dell’adozione del maggiorenne – Violazione dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali in relazione alla lesione del diritto al rispetto della vita privata e familiare, affermato dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).
Norme impugnate:
legge del 04/05/1983 Num. 184 Art. 55
codice civile del Num. Art. 299 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 2 Co.
Costituzione Art. 3 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 8 Co.
Udienza Pubblica del 22 ottobre 2025 rel. NAVARRETTA
Testo dell'ordinanza
N. 69 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 2025
Ordinanza del 17 gennaio 2025 del Tribunale per i minorenni di Bari
nel procedimento civile vertente tra G. P. e Francesca Arciuli (nella
qualita' di curatrice speciale del minore D. C.).
Nome - Adozione e affidamento - Adozione di minori in casi
particolari - Cognome dell'adottato - Anteposizione del cognome
dell'adottante rispetto a quello dell'adottato - Preclusione della
possibilita' di consentire, con la sentenza di adozione in casi
particolari, la sostituzione del cognome originario del minore con
il cognome dell'adottante.
- Legge 4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia),
art. 55, in relazione all'art. 299, primo comma, del codice civile.
(GU n. 17 del 23-04-2025)
TRIBUNALE PER I MINORENNI DI BARI
Il Tribunale per i minorenni di Bari, riunito in Camera di
consiglio nelle persone dei signori:
1) dott.ssa Valeria Montaruli Presidente rel.;
2) dott.ssa Francesca Stilla giudice;
3) dott.ssa Maria Vurchio... giudice onoraria;
4) dott. Nicola Perta ... giudice onorario.
Ordinanza interlocutoria su ricorso proposto ai sensi dell'art.
44, lettera b), della legge n. 184 del 1983 dal sig. P. G. nato a ...
il..., rappresentato e difeso dagli avv.ti Donato Di Reda e Rosa La
Forgia, in relazione al minore D. C. nato a ..., il..., di cui
chiedeva farsi luogo all'adozione;
madre: S. R. nata a ... il ...;
padre: S. C. nato ad ... il ....
La curatrice speciale del minore avv. Francesca Arciuli si
costituiva con comparsa di costituzione datata 10 gennaio 2025 e
concludeva in via pregiudiziale, previa sospensione del procedimento,
affinche' fosse sollevata la questione di costituzionalita' dell'art.
299 del codice civile nella parte in cui disponendo che l'adottato
assume il cognome dell'adottante e lo antepone al proprio, non
consente con sentenza di adozione, la scelta tra l'uso del cognome
originario e di quello dell'adottante, a seconda delle situazioni
concrete e avuto riguardo all'interesse del minore; nel merito, per
l'accoglimento del ricorso proposto dal sig. P.;
Con parere emesso in data 13 novembre 2024 il PMM dichiarava di
non opporsi alla richiesta adozione.
In fatto
In data 12 aprile 2024 il sig. P. G. proponeva istanza di
adozione in casi particolari ex art. 44, lettera b), della legge n.
184/1983 nei confronti del minore D. C., nato da una relazione more
uxorio precedentemente avuta dalla madre sig.ra S. R., moglie del
ricorrente, con il sig. S. C., decaduto dalla responsabilita'
genitoriale sul minore.
Il sig. P. ha rappresentato e allegato di avere contratto
matrimonio con la madre del minore in data ... e che il padre
biologico non avrebbe mantenuto alcun rapporto con il figlio.
Infatti, in data ..., il Tribunale di Trani ha pronunciato
l'affidamento esclusivo di D. alla signora R., in virtu' del
persistente disinteresse del sig. C. e successivamente, sempre su
ricorso della madre, con decreto del 22 novembre 2023 il Tribunale
per i minorenni di Bari aveva emesso una pronuncia ablativa della
responsabilita' genitoriale del padre biologico.
All'udienza del 18 settembre 2024 il ricorrente confermava
l'istanza, con il consenso della moglie e entrambi i coniugi
chiedevano che il bambino assumesse il solo cognome «P», in deroga
alla disciplina prevista dall'art. 299 del codice civile, alla luce
del totale disinteresse manifestato dal padre biologico e della
volonta' espressa dal minore. Il piccolo, pur non avendo raggiunto
l'eta' prevista per l'ascolto del minore, ha avuto un breve colloquio
con i giudici onorari, dicendo loro: «mi chiamo D. P.».
All'udienza del 12 novembre 2024 si prendeva atto dell'assenza
del sig. C., nonostante fosse stato ritualmente convocato.
Contestualmente, la coppia ribadiva la propria volonta' che il minore
assumesse il solo cognome «P.», essendosi il padre biologico,
dichiarato decaduto dalla responsabilita' genitoriale con sentenza
del Tribunale per i minorenni di Bari n. 144/2023 in data 22 novembre
2023, sempre disinteressato del minore e, sentiti sul punto,
condividevano l'opportunita' di sollevare una questione di
legittimita' costituzionale al fine di superare, in caso di suo
accoglimento, la rigida formulazione dell'art. 299 del codice civile
nell'ambito dell'adozione in casi particolari di minori.
Il PMM esprimeva parere favorevole alla richiesta adozione.
Con il decreto del 30 dicembre 2024 il Tribunale nominava
l'avv.ta Francesca Arciuli curatrice speciale del minore. La
curatrice speciale si costituiva tempestivamente e rassegnava le
conclusioni in epigrafe riportate.
In diritto
Dalla ricostruzione dei fatti emerge la rilevanza della questione
nel giudizio a quo, in quanto la pronuncia sull'attribuzione del
cognome e' strettamente connessa alla pronuncia di adozione in casi
particolari.
Nel caso di specie, il ricorrente e la madre del minore hanno
concordemente richiesto che con la sentenza di adozione fosse
disposta la sostituzione del cognome del padre naturale con quello
del padre adottivo del minore, in deroga rispetto all'art. 299 del
codice civile la cui disciplina si applica al caso di specie in forza
del richiamo contenuto nell'art. 55 della legge n. 184/1983 e in
analogia con quanto previsto dall'art. 27 della legge n. 184/1983. Le
argomentazioni addotte dai coniugi, ovvero il prolungato disinteresse
del padre biologico, dichiarato decaduto dalla responsabilita'
genitoriale, sono condivisibili e supportate dalle risultanze
istruttorie. Il sig. C. ha confermato il proprio disinteresse per il
figlio, non essendo comparso senza giustificato impedimento,
nonostante la regolarita' della notifica. Trova peraltro applicazione
l'art. 46 della legge n. 184/1983 per il quale, essendo il genitore
decaduto dalla responsabilita' genitoriale, non e' necessario il suo
assenso ai fini della sentenza di adozione in casi particolari.
Va peraltro evidenziato che dal colloquio dei giudici onorari con
il minore di appena cinque anni, e' emerso che il medesimo identifica
il proprio cognome con quello del ricorrente, il che conferma
l'estraneita' del padre rispetto al suo percorso di crescita, e
l'identificazione come figura paterna del ricorrente, che per lui
rappresenta insieme alla madre biologica una figura primaria di
riferimento.
Qualora mantenesse il cognome paterno, e' dunque prevedibile che,
crescendo, avvertira' la non corrispondenza di questo cognome con il
proprio contesto familiare e ambientale. Non sembra peraltro che
possa essere satisfattiva la possibilita' di ricorrere alla procedura
amministrativa di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.
396/2000, che e' un rimedio succedaneo e non assimilabile al regime
primario dell'adozione.
Non pare, inoltre, possibile accogliere la domanda sulla base di
un'interpretazione evolutiva delle norme vigenti, atteso il carattere
perentorio dell'art. 299 del codice civile, che non lascia spazio
alla possibilita' della sostituzione del cognome originario. In tal
senso depone la recente sentenza della Corte costituzionale n. 135
del 2023, che, con riferimento all'istituto dell'adozione dei
maggiorenni, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.
299, 1 comma del codice civile nella parte in cui non consente, con
la sentenza di adozione, di aggiungere, anziche' anteporre, il
cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore di eta', se
entrambi hanno espresso il loro consenso a tale effetto. La Corte con
questa pronuncia ha implicitamente disatteso, peraltro in un'ipotesi
meno radicale di quella in esame in cui si chiede la sostituzione del
cognome, la possibilita', pure praticata nella prassi dei tribunali
per i minorenni, di aderire a un'interpretazione costituzionalmente
orientata, avendo emesso non gia' una sentenza interpretativa di
rigetto, ma una pronuncia di accoglimento.
Al fine di argomentare in via preliminare, pare utile ricostruire
l'evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale che
attribuisce al diritto all'identita' personale copertura
costituzionale assoluta, ai sensi dell'art. 2 della Costituzione e
che considera il nome come primario segno distintivo della
personalita'.
Secondo la sentenza della Corte costituzionale 31 maggio 2022 n.
131, il cognome, insieme con il prenome, rappresenta il nucleo
dell'identita' giuridica e sociale della persona: le conferisce
identificabilita', nei rapporti di diritto pubblico, come di diritto
privato, e incarna la rappresentazione sintetica della personalita'
individuale, che nel tempo si arricchisce progressivamente di
significati.
E' costante nella giurisprudenza della Corte l'affermazione
secondo cui il nome e' «autonomo segno distintivo della [... ]
identita' personale» (sentenza n. 297 del 1996), nonche' «tratto
essenziale della [...] personalita'» (sentenza n. 268 del 2002; nello
stesso senso, sentenza n. 120 del 2001)» (sentenza n. 286 del 2016),
«riconosciuto come un "bene oggetto di autonomo diritto dall'art. 2
della Costituzione» [e, dunque, come] «diritto fondamentale della
persona umana» (sentenze n. 13 del 1994, n. 297 del 1996 e, da
ultimo, sentenza n. 120 del 2001 e sentenza n. 268 del 2002). Essa e'
intervenuta, oltre che sull'art. 262 del codice civile anche
sull'art. 299 terzo comma del codice civile, dichiarandone
l'incostituzionalita', nella parte in cui prevedeva che l'adottato
assumesse il cognome del marito, anziche' prevedere che l'adottato
assumesse i cognomi degli adottanti, nell'ordine dai medesimi
concordato, fatto salvo l'accordo, raggiunto nel procedimento di
adozione, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto.
Questa fondamentale pronuncia si pone in linea con la sentenza n.
286 del 2016, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale,
oltre che dell'art. 262 del codice civile dell'art. 299 del codice
civile nella parte in cui non consentiva ai coniugi, in caso di
adozione compiuta da entrambi, di attribuire, di comune accordo,
anche il cognome materno al momento dell'adozione. Tale sentenza
muove dal presupposto che il cognome, quale fulcro - insieme al
prenome - dell'identita' giuridica e sociale, collega l'individuo
alla formazione sociale che lo accoglie tramite lo status
filiationis. Il cognome deve, pertanto, radicarsi nell'identita'
familiare e, al contempo, riflettere la funzione che riveste, anche
in una proiezione futura, rispetto alla persona. Il valore
dell'identita' della persona, nella pienezza e complessita' delle sue
espressioni, e la consapevolezza della valenza, pubblicistica e
privatistica, del diritto al nome, quale punto di emersione
dell'appartenenza del singolo ad un gruppo familiare, portano ad
individuare nei criteri di attribuzione del cognome del minore,
profili determinanti della sua identita' personale, che si proietta
nella sua personalita' sociale, ai sensi dell'art. 2 della
Costituzione.
E' proprio in tale prospettiva che Corte ha, da tempo,
riconosciuto il diritto al mantenimento dell'originario cognome del
figlio, anche in caso di modificazioni del suo status derivanti da
successivo riconoscimento o da adozione. Sotto il primo profilo, la
Corte ha ritenuto conciliabili la tutela dell'identita' personale del
minore e il suo stato di filiazione, entrambi di rilievo
costituzionale, senza necessita' di sacrificare alcuno dei due, con
l'attribuzione al figlio naturale, che assume il cognome del genitore
che lo ha riconosciuto, del diritto di conservare - aggiungendolo o
anteponendolo, a sua scelta, a questo - il cognome precedentemente
conferitogli con atto formalmente legittimo, quando tale cognome -
secondo il prudente apprezzamento del giudice - sia da ritenersi
divenuto autonomo segno distintivo della sua identita' personale
(sentenza n. 297 del 1996), nonche' «tratto essenziale della sua
personalita'». In particolare, la sentenza n. 120 del 2001 ha
dichiarato illegittimo l'art. 299 secondo comma del codice civile,
nella parte in cui prevedeva che, in caso di figlio naturale non
riconosciuto, l'adottato assumesse solo il cognome dell'adottante,
sulla base dell'art. 2 della Costituzione, dovendosi ormai ritenere
principio consolidato quello per cui il diritto al nome - inteso come
primo e piu' immediato segno distintivo che caratterizza l' identita'
personale - costituisce uno dei diritti inviolabili protetti dalla
menzionata norma costituzionale. Lo stesso principio, sempre in
relazione all'art. 299 del codice civile, e' stato affermato dalla
sentenza n. 268 del 2002, che pure sotto altro profilo ha disatteso
la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 299 del codice
civile.
Il processo di valorizzazione del diritto all'identita' personale
e' culminato nella recente affermazione, da parte di questa Corte,
del diritto del figlio a conoscere le proprie origini e ad accedere
alla propria storia parentale, quale «elemento significativo nel
sistema costituzionale di tutela della persona» (sentenza n. 278 del
2013).
In questa stessa cornice si inserisce anche la giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell'uomo, che ha ricondotto il
diritto al nome nell'ambito della tutela offerta dall'art. 8 della
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 e
resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (cfr. le sentenze
contro Italia, del 7 gennaio 2014 e Leon Madrid contro Spagna del 26
ottobre 2021, in relazione alla possibilita' di attribuzione del
cognome materno).
In definitiva, il diritto all'identita' personale si declina in
questa materia su un duplice versante relativo al principio di
uguaglianza tra i genitori, da un lato, e del consolidamento del
cognome come segno distintivo dell'identita' personale, qualora
insorga la possibilita' o necessita' di acquisire un ulteriore
cognome, nei casi di successivo riconoscimento o accertamento
giudiziale del rapporto di filiazione, ovvero in caso di adozione di
un maggiorenne. In tali ipotesi e' rimessa al figlio maggiorenne la
scelta circa l'assunzione del nuovo cognome e/o l'anteposizione o
sostituzione del cognome originario. Questo secondo aspetto muove dal
pregiudizio che si determinerebbe per l'interessato la cui identita'
si e' strutturata sull'originario cognome, che magari e' stato
trasmesso alla prole, qualora fosse preclusa la possibilita' di
mantenerlo.
Va considerato, con riferimento alla fattispecie in esame, che
l'evoluzione normativa e il diritto vivente hanno dato sempre piu'
spazio al riconoscimento della soggettivita' e
dell'autodeterminazione del minore. E' ormai consolidato il
convincimento che il minore e' titolare di tutti i diritti e le
liberta' riconosciuti all'essere umano, in quanto indispensabili al
proprio sviluppo e alla piena esplicazione della propria personalita'
sociale. Naturalmente, l'esplicazione di tale liberta' e' connessa
all'esercizio della funzione educativa del genitore, che non e'
intesa come un potere assoluto sul figlio, ma e' funzionale alla
costruzione armonica della personalita' del minore, sicche' i diritti
di liberta' del medesimo non possono non trovare un limite nella
necessita' di garantire un sano sviluppo della persona. Numerose sono
le disposizioni del codice civile (articoli 145, 244, 250, 252, 264,
273 284, 363, 774, 1389), e in alcune leggi speciali, come la legge
1º dicembre 1970, n. 898 in materia di divorzio, che danno rilievo
alla volonta' di soggetti minori, facendo in alcuni casi riferimento
al compimento del sedicesimo anno di eta' e in altri casi al generico
parametro della capacita' di discernimento. Un riferimento al
compimento del dodicesimo anno di eta' o alla capacita' di
discernimento del minore di eta' inferiore, in conformita' con l'art.
12 della Convenzione di New York, e' contenuto nel previgente art.
336-bis del codice civile (ora art. 473-bis 5 del codice di procedura
civile) sull'ascolto del minore, oltre che negli articoli 4, 10 e 25
della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adozione.
La giurisprudenza da tempo afferma che i criteri di
individuazione del cognome del minore si pongono in funzione
esclusiva del suo interesse, che e' essenzialmente quello di evitare
un danno alla sua identita' personale, intesa anche come proiezione
della sua personalita' sociale (cfr. Cassazione civ. sez. I, n. 12670
del 2009). Dal momento in cui il minore assume il proprio cognome,
unitamente al prenome, inizia progressivamente a formarsi l'identita'
personale, in relazione alla quale si radicano le ragioni della sua
tutela. Tali ragioni insorgono in modo particolare nel caso di
assunzione di un ulteriore cognome.
La possibilita' per il figlio di acquisire un secondo cognome e'
normativamente prevista dall'art. 262 del codice civile, che rimette
al figlio maggiore di eta' la scelta circa l'assunzione del nuovo
cognome e, ove lo assuma, quella relativa all'anteposizione o alla
sostituzione del precedente cognome. In caso di figlio minore, il
legislatore affida la decisione al giudice, previo ascolto del minore
che abbia compiuto l'eta' di dodici anni o anche di eta' inferiore se
sia capace di discernimento.
L'assunzione del secondo cognome si prospetta anche nell'adozione
di persona maggiorenne, la cui disciplina, ex art. 299, 1 comma del
codice civile, assegna all'adottato il cognome dell'adottante che
viene anteposto al cognome originario. L'art. 62 della legge n.
184/1983 ha modificato l'art. 299 del codice civile nel senso di
prevedere l'anteposizione del cognome dell'adottante al cognome
originario dell'adottato, invece che la sua aggiunta, prevista dal
codice civile del 1942.
L'adozione dei maggiorenni era in origine concepita come distinta
dall'adozione dei minori, pur se la legge n. 184/1983 ha reso
applicabili alcune disposizioni codicistiche alla disciplina
dell'adozione in casi particolari. Anche sotto il profilo funzionale,
dall'originaria accezione di tipo patrimonialistico dell'istituto,
legata all'esigenza di dare una successione a persone prive di
discendenza, e' prevalsa la funzione di tipo solidaristico, che, in
conformita' con le finalita' delle riforme in materia di famiglia, si
declina nella valorizzazione del riconoscimento di un rapporto umano
di tipo familiare, sicche' la disciplina dell'anteposizione del
cognome dell'adottante, che mira a dare visibilita' al rapporto
adottivo, non e' piu' connessa alla finalita' di prosecuzione della
stirpe dell'adottante, ma alla connotazione dell'identita' della
persona adottata. La ragione giustificatrice dell'anteposizione del
cognome adottivo a quello di origine prevista dalla norma veniva
dunque individuata nell'esigenza di dare visibilita' al legame
giuridico che si viene a instaurare con l'adottante, preservando, al
contempo, il cognome originario dell'adottato.
Su tale aspetto si e' pronunciata la sentenza della Corte
costituzionale n. 135 del 2023, che ha dichiarato costituzionalmente
illegittimo l'art. 299, comma 1, del codice civile, nella parte in
cui non consente, con la sentenza di adozione, di aggiungere,
anziche' di anteporre, il cognome dell'adottante a quello
dell'adottato maggiore d'eta', se entrambi nel manifestare il
consenso all'adozione si sono espressi a favore di tale effetto.
Proprio sotto il profilo dell'identita' personale, la Corte ha
ravvisato una irragionevolezza nell'automaticita' e rigidita' del
meccanismo di attribuzione del cognome dell'adottante, laddove
preclude all'adottato maggiorenne la scelta di posporre il cognome
dell'adottante a quello originario, rispetto al quale si e' sino a
quel momento stratificata la sua personalita', cosi' estendendo
quanto statuito dalla precedente sentenza n. 120 del 2001, che ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 299, secondo
comma, del codice civile, nella parte in cui non prevedeva che,
qualora fosse figlio naturale non riconosciuto dai propri genitori,
l'adottato potesse aggiungere al cognome dell'adottante quello
originariamente attribuitogli, disattendendo invece la questione di
costituzionalita' del primo comma, in relazione all'adozione dei
minorenni.
Con riferimento all'adozione in casi particolari dei minori di
eta', la Corte costituzionale, con sentenza n. 268 del 2002 ha
altresi' rigettato la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 55 della legge 4 maggio 1983, n. 184 sollevata, in
riferimento agli articoli 2, 3, secondo comma, 30, terzo comma, e 31,
secondo comma, della Costituzione, che, per l'attribuzione del
cognome al minore adottato in casi particolari, rinvia all'art. 299
del codice civile, norma dettata per l'adozione di persone maggiori
d'eta'; in forza di tale rinvio «l'adottato assume il cognome
dell'adottante e lo antepone al proprio», senza quindi che il minore,
o i suoi legali rappresentanti, o gli adottanti possano chiedere al
tribunale per i minorenni, nell'interesse del minore, che questi dopo
l'adozione mantenga il suo precedente cognome, anteponendolo, o
aggiungendolo a quello dell'adottante, o sostituisca il cognome di
quest'ultimo al suo.
La Corte argomentava che l'adozione in casi particolari, prevista
dagli articoli 44 e seguenti della legge n. 184 del 1983, e' un
istituto diverso sia dall'adozione legittimante sia da quella tra
persone maggiori di eta', pur avendo in comune con la prima la
finalita' di perseguire l'esclusivo interesse del minore e con la
seconda l'effetto non legittimante del provvedimento, col quale non
vengono rescissi i rapporti dell'adottato con la sua famiglia di
origine. Argomenta la sentenza: «il legislatore, nello stabilire la
disciplina dell'adozione in casi particolari, ha quindi compiuto una
"non facile composizione" di esigenze diverse, tra le quali quella di
"evitare che l'instaurazione del nuovo rapporto comporti la rottura
di quello esistente con l'altro genitore biologico e/o con i di lui
parenti, pur quando con costoro il minore abbia instaurato e mantenga
legami significativi" (sentenza n. 27 del 1991, cit.), operando una
scelta del tutto conforme alle finalita' dell'istituto», concludendo
che rientra nella discrezionalita' del legislatore la scelta di non
eliminare il legame del minore con il proprio passato, ritenendo tale
scelta rispettosa dell'identita' personale del minore e non
irragionevole.
Orbene, alla luce della descritta evoluzione del quadro normativo
e giurisprudenziale, si ritiene invece che non consentire
nell'adozione in casi particolari di accogliere la volonta' del
minore capace di discernimento, dell'adottante o del rappresentante
legale, di ottenere, in deroga all'art. 299 primo comma del codice
civile, di posporre o di sostituire il cognome dell'adottante a
quello originario, violi il diritto all'identita' personale del
minore. La rigida previsione normativa non tiene conto della varieta'
delle situazioni concrete in cui si va formando la personalita' del
minore, rispetto alle quali va adeguata in modo conforme
l'attribuzione del cognome, come fondamentale segno distintivo della
personalita', anche alla luce della diversita' delle ipotesi in cui
si declina l'adozione in casi particolari.
La considerazione del superiore interesse del minore, secondo la
giurisprudenza costituzionale, in sintonia con la giurisprudenza EDU,
impone una valutazione pienamente aderente alle esigenze del caso
concreto, come viene segnalato, seppure sotto il diverso profilo
della continuita' affettiva, dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 183 del 2023 che esclude la praticabilita' di «una
presunzione assoluta che postuli immancabilmente una corrispondenza
biunivoca fra la radicale cancellazione di ogni relazione
socio-affettiva del minore con i propri familiari d'origine e il suo
interesse a crescere serenamente nella nuova famiglia adottiva».
La primazia dell'interesse del minore e' richiamata dalla
sentenza della Corte costituzionale n. 33 del 2021, par. 53 nella
quale si argomenta, con richiami alla giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell'uomo: «questa Corte ha recentemente avuto
modo di rammentare (sentenza n. 102 del 2020) che il principio
secondo cui in tutte le decisioni relative ai minori di competenza
delle pubbliche autorita', compresi i tribunali, deve essere
riconosciuto rilievo primario alla salvaguardia dei "migliori
interessi" (best interests) o dell'"interesse superiore" (interet
superieur) del minore, secondo le formule utilizzate nelle rispettive
versioni ufficiali in lingua inglese e francese, fu espresso
anzitutto nella Dichiarazione universale dei diritti del fanciullo,
adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 20 novembre
1959. Di qui tale principio e' confluito - tra l'altro - nell'art. 3,
comma 1, della Convenzione sui diritti del fanciullo e nell'art. 24,
comma 2, CDFUE. Tale principio e' stato altresi' considerato dalla
giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo come
specifica declinazione del diritto alla vita familiare di cui
all'art. 8 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (ex multis. Grande camera,
sentenza 26 novembre 2013, X contro Lettonia, paragrafo 96). Il
principio in parola e' stato felicemente riformulato da una risalente
sentenza di questa Corte, con riferimento all'art. 30 della
Costituzione, come necessita' che nelle decisioni concernenti il
minore venga sempre ricercata «la soluzione ottimale "in concreto"
per l'interesse del minore, quella cioe' che piu' garantisca,
soprattutto dal punto di vista morale, la miglior "cura della
persona"» (sentenza n. 11 del 1981); ed e' stato ricondotto da
plurime pronunce di questa Corte altresi' all'ambito di tutela
dell'art. 31 della Costituzione (sentenze n. 272 del 2017, n. 76 del
2017, n. 17 del 2017 e n. 239 del 2014). Analoghe considerazioni sono
contenute nella sentenza gemella n. 32 del 2021.
Di conseguenza, se nell'adozione del maggiorenne, appare piu'
pregnante l'interesse pubblico alla certezza dell'attribuzione del
cognome, da bilanciarsi con il bene primario dell'identita'
personale, sicche' la Corte ha limitato la censura di illegittimita'
dell'art. 299 primo comma del codice civile alla sola inversione
dell'ordine dei cognomi, senza prevedere la possibilita' della
sostituzione, invece, con riferimento al minore, entra nel giudizio
di bilanciamento la tutela del suo superiore interesse, sicche'
massima dovrebbe essere la discrezionalita' consentita
nell'individuazione del cognome per lui piu' confacente, si' da
estenderla anche alla possibilita' della sostituzione del cognome
originario, ove cio' sia ritenuto dal giudice conforme all'interesse
del minore da valutarsi in concreto.
Nel caso di specie, che rientra nella lettera b), dell'art. 44,
non rileva tanto l'esigenza di salvaguardare la precedente
appartenenza del minore, attesa l'estraneita' di un genitore che e'
stato sempre assente dalla vita del figlio in tenera eta' e nel cui
cognome il medesimo non riconosce, ma piuttosto quella di dare pieno
riconoscimento al rapporto di tipo genitoriale instaurato in via
esclusiva con il coniuge della madre biologica, che il minore
riconosce come padre. Molte altre sono le situazioni in cui nessun
rilievo puo' avere la disciplina del doppio cognome come salvaguardia
della pregressa appartenenza, prima tra tutte la figura di recente
creazione giurisprudenziale della stepchild adoption, in cui il
minore nasce nell'ambito di un progetto di genitorialita' condivisa
tra un genitore (o una genitrice) biologico/a e un genitore o una
genitrice sociale o intenzionale e non viene in considerazione un
pregresso assetto familiare.
La disciplina univocamente scelta dal legislatore viola dunque
l'art. 2 della Costituzione, per il mancato riconoscimento del
diritto del minore al cognome piu' opportuno per la formazione della
sua personalita' nella famiglia adottiva e l'art. 3, secondo comma,
della Costituzione, per l'impedimento al pieno sviluppo della
personalita' del minore con l'uso di un cognome che identifichi la
sua appartenenza familiare o adottiva; assume anche rilievo un
profilo di irragionevolezza nel diverso trattamento rispetto al
minore che sia riconosciuto in via successiva dal padre e rispetto al
quale il giudice dispone dell'ampio ventaglio di possibilita' della
sostituzione o dell'anteposizione del cognome paterno e, a seguito
della sentenza n. 135 del 2023, dell'adozione del soggetto
maggiorenne, con la paradossale conseguenza, in quest'ultimo caso, di
attribuire un trattamento deteriore nei confronti del minore, in
violazione del principio del superiore interesse del medesimo. Non
puo' in proposito argomentarsi che il maggiorenne ha un'identita'
personale gia' consolidata, in quanto il diritto vivente ha
attribuito crescente rilievo alla soggettivita' e al principio di
autodeterminazione del minore, come dimostra la valenza assoluta
dell'obbligo dell'ascolto del minore dodicenne o comunque capace di
discernimento e, in mancanza, al rilievo attribuito alla volonta'
espressa dal suo rappresentante legale, fermo restando, comunque, che
l'interesse del minore viene salvaguardato anche mediante il libero
apprezzamento del giudice rispetto alla soluzione meglio rispondente
al suo soddisfacimento. Si e', peraltro, gia' argomentato in ordine
al progressivo avvicinamento della funzione di costruzione di legami
familiari dell'adozione dei maggiorenni rispetto all'adozione dei
minorenni, sicche' anche sotto questo profilo non troverebbe
giustificazione una sperequazione tra le due ipotesi.
Ne' puo' ritenersi che la previsione della possibilita' di
sostituzione del cognome di origine con quello adottivo assimilerebbe
in modo surrettizio l'adozione in casi particolari all'adozione
legittimante, atteso che i rigidi confini tra i due istituti sono
gia' stati sensibilmente attenuati dalla nota sentenza n. 79 del
2022, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 55
della legge n. 184/1983, nella parte in cui, mediante rinvio all'art.
300, secondo comma, del codice civile, prevedeva che l'adozione in
casi particolari non inducesse alcun rapporto civile tra l'adottato e
i parenti dell'adottante.
E' ravvisabile in senso analogo anche una violazione della Carta
europea dei diritti dell'uomo.
La giurisprudenza EDU, con le sentenze... contro Italia, del 7
gennaio 2014 e Leon Madrid contro Spagna del 26 ottobre 2021, hanno
ricondotto il diritto al nome nel perimetro dell'art. 8 della CEDU.
In entrambe le sentenze viene in considerazione il tema del diritto
all'attribuzione del cognome materno, che veniva disconosciuto dalle
corti nazionali. Si configura in tali casi innanzitutto la violazione
del principio di non discriminazione di cui all' art. 14, ma si
ravvisa al contempo una violazione dell'art. 8 CEDU, che pure non
prevede alcuna disposizione esplicita in materia di cognome.
Argomenta la Corte che, in quanto mezzo determinante di
identificazione personale e di ricongiungimento ad una famiglia, il
cognome ha a che fare con la vita privata e familiare. Il fatto che
lo Stato e la comunita' abbiano interesse a regolamentarne l'uso non
e' sufficiente ad escludere la questione del cognome dal campo della
vita privata e familiare, intesa come diritto della persona ad
allacciare relazioni interpersonali. Occorre, dunque, compiere una
delicata opera di bilanciamento tra l'interesse pubblicistico alla
certezza delle regole in materia di attribuzione dei cognomi e la
salvaguardia del diritto al nome come principale elemento di
individualizzazione di una persona nella societa' (cfr. sentenza
Jacquinet e Embarek Ben Mohamed c. Belgio del 7 febbraio 2023).
Nel caso in esame, la tutela del nome come segno distintivo della
personalita' rileva ai sensi dell'art. 8 CEDU, anche in relazione al
riconoscimento dei «best interests of the child», che pur non essendo
tipizzato, e' stato costruito dalla Corte europea dei diritti
dell'uomo in via interpretativa (cfr. sentenza Neulinger e Shuruk c.
Svizzera, 6 luglio 2010, par.135 che recita «the Court notes that
there is currently a broad consensus - including in international
law- in support of the idea that in all decisions concerning
children, their best interests must be paramount»), inteso come
posizione soggettiva che va considerata in via primaria in ogni
decisione attinente la vita pubblica e privata. Un elemento del best
interests e' proprio l'interesse allo sviluppo dell'identita'
personale quale tratto imprescindibile del soggetto in formazione -
ma, piu' in generale, di qualunque essere umano. Tale aspetto e'
ricondotto alla cornice normativa dell'art. 8 Cedu, considerato
questa volta sotto il profilo della «vita privata» (cfr. in tal senso
la pronuncia... c. Italia 25 settembre 2012 relativa al diritto di
accesso alle origini).
Nel caso di specie, la previsione normativa dell'art. 299, primo
comma del codice civile, che preclude la possibilita' di ottenere con
la sentenza di adozione in casi particolari la sostituzione del
cognome del padre biologico, estraneo alla vita del minore e in cui
lo stesso non si riconosce, con il cognome dell'adottante, che il
minore identifica come figura paterna, configura una lesione della
vita privata e familiare e si pone in contrasto con il «best
interest» del minore.
In conclusione, si ritiene rilevante e non manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 55
della legge 4 maggio 1983, n. 184, in relazione all'art. 299 del
codice civile, per violazione degli articoli 2, 3 e 117 della
Costituzione, in relazione all'art. 8 della CEDU, nella parte in cui
non consente con sentenza di adozione in casi particolari, di
derogare alla previsione che impone di anteporre il cognome
dell'adottante a quello dell'adottato minorenne, consentendone anche
la sostituzione, cosi' escludendo la valutazione in concreto del
preminente interesse del minore alla tutela dell'identita' personale
e della sua vita privata e familiare.
P.Q.M.
Visti l'art. 134 della Costituzione e l'art. 23 della legge n. 87
del 1953, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in
riferimento agli articoli 2,3, e 117 della Costituzione in relazione
all'art. 8 della Carta europea dei diritti dell'uomo, la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 55 della legge 4 maggio 1983 n.
184, in relazione all'art. 299, primo comma del codice civile, nella
parte in cui non consente con sentenza di adozione in casi
particolari, di derogare alla previsione che impone di anteporre il
cognome dell'adottante a quello dell'adottato minorenne,
consentendone anche la sostituzione, cosi' escludendo la valutazione
in concreto del preminente interesse del minore alla tutela
dell'identita' personale e della sua vita privata e familiare.
Dispone la sospensione del presente giudizio; ordina che, a cura
della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al
ricorrente, ai genitori, alla curatrice speciale del minore, al
pubblico ministero e al Presidente del Consiglio dei ministri;
ordina, altresi', che l'ordinanza venga comunicata dal cancelliere ai
presidenti delle due Camere del Parlamento; dispone l'immediata
trasmissione degli atti, comprensivi della documentazione attestante
il perfezionamento delle prescritte notificazioni e comunicazioni,
alla Corte costituzionale.
Cosi' deciso in Bari, nella Camera di consiglio del 15
gennaio 2025
La Presidente est.: Montaruli