Reg. ord. n. 35 del 2025 pubbl. su G.U. del 05/03/2025 n. 10
Ordinanza del Tribunale di Civitavecchia del 17/01/2025
Tra: M.L. D.S. C/ J. N.M.
Oggetto:
Adozione e affidamento - Adozione di maggiorenni – Condizioni – Previsione che consente l’adozione alle persone che non hanno discendenti – Interpretazione, all’esito delle sentenze della Corte costituzionale n. 577 (recte: 557) del 1988 e n. 345 del 1992, nel senso che il divieto di adozione di maggiorenni si applica a coloro che hanno figli minori o figli maggiorenni (capaci e) non consenzienti - Deroga al divieto, in assenza di pregiudizio ai discendenti minori derivante dall’adozione, rimessa alla valutazione del giudice – Omessa previsione - Denunciato automatismo del divieto – Irragionevole e non proporzionata ingerenza dello Stato nei rapporti privati e familiari in contrasto con le previsioni della CEDU sul diritto dell'individuo al rispetto della propria vita privata e familiare – Violazione dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali – Lesione del diritto all’identità personale nelle formazioni sociali.
Norme impugnate:
codice civile del Num. Art. 291 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 2 Co.
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 8 Co.
Camera di Consiglio del 20 ottobre 2025
rel. SAN GIORGIO
Testo dell'ordinanza
N. 35 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 gennaio 2025
Ordinanza del 17 gennaio 2025 del Tribunale di Civitavecchia nel
procedimento civile vertente tra M.L. d.S., C. P. e J. N. M. e C. R.
nella qualita' di curatore speciale dei minori S.P. e C.P..
Adozione e affidamento - Adozione di maggiorenni - Condizioni -
Previsione che consente l'adozione alle persone che non hanno
discendenti - Interpretazione, all'esito delle sentenze della Corte
costituzionale n. 577 (recte: 557) del 1988 e n. 345 del 1992, nel
senso che il divieto di adozione di maggiorenni si applica a coloro
che hanno figli minori o figli maggiorenni (capaci e) non
consenzienti - Deroga al divieto, in assenza di pregiudizio ai
discendenti minori derivante dall'adozione, rimessa alla
valutazione del giudice - Omessa previsione.
- Codice civile, art. 291, primo comma.
(GU n. 10 del 05-03-2025)
TRIBUNALE ORDINARIO DI CIVITAVECCHIA
Sezione civile
Il Tribunale Ordinario di Civitavecchia, in composizione
collegiale, riunito in Camera di consiglio, in persona di:
dott. Gianluca Gelso - Presidente;
dott.ssa Silvia Vitelli - Giudice;
dott. Andrea Barzelletti - Giudice Rel.;
a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 1° ottobre
2024, ha emesso la seguente
Ordinanza
nell'ambito del procedimento iscritto al n. 1052 del registro
degli affari di volontaria giurisdizione per l'anno 2024, vertente
tra M.L. d.S. e C.P. elettivamente domiciliati in Civitavecchia
(RM), viale Guido Baccelli n. 9, presso lo studio dell'avv. Adriano
Sansonetti, che li rappresenta e difende, giusta procura rilasciata
su foglio separato e unito telematicamente al ricorso depositato il 3
luglio 2024. Ricorrente e J. N. M. , elettivamente domiciliato in
Civitavecchia (RM), viale Guido Baccelli n. 1, presso lo studio
dell'avv. Tiziana Piccinini, che lo rappresenta e difende, giusta
procura rilasciata su foglio separato e unito telematicamente alla
memoria di costituzione depositata il 16 luglio 2024. Resistente e
C. R. nella qualita' di curatore speciale dei minori S. P. e
C. P. rappresentata e difesa da se' stessa ex art. 86 c.p.c.,
elettivamente domiciliata presso il suo studio in Civitavecchia (RM),
via G. Marconi n. 34.
Intervenuto e pubblico ministero in sede.
Intervenuto e PM in sede.
Intervenuto
1. Giudizio a quo e individuazione della disposizione ritenuta
incostituzionale
M.L. d.S. con ricorso presentato il 3 luglio 2024 - hanno
domandato a questo Tribunale di adottare il maggiorenne J.N.M.,
nato a ( ) il .
Si rileva che a fronte della domanda di adozione presentata dai
ricorrenti M.L. d.S. veniva iscritto il procedimento n.r.g.
1052/2024.
Preliminarmente, si richiama l'orientamento risalente - ma
confermato nel tempo - della giurisprudenza della Corte
costituzionale che ha ritenuto ammissibile sollevare questione di
legittimita' costituzionale anche in sede di volontaria giurisdizione
(cfr. sentenza n. 129 del 1957).
L'adottando J.N.M. con memoria presentata il 16 luglio 2024 - si
e' costituito nel detto procedimento e ha aderito alla domanda della
sua adozione presentata dai ricorrenti.
Risulta regolarmente instaurato il contraddittorio nei confronti
dei genitori dell'adottando che non si sono costituiti nel
procedimento (cfr. nota presentata il 13 agosto 2024 di parte
ricorrente).
I ricorrenti sono genitori dei figli S.P., nato
a il e C.P., nata a
il .
Pertanto, questo Tribunale ha ritenuto - per consentire
l'adeguata rappresentanza processuale dei minori nell'ambito del
detto procedimento - la nomina di un curatore speciale individuato
nell C.R. che - con memoria presentata il 31 agosto 2024 - si e'
costituita nel detto procedimento.
Ne discende che viene di immediata applicazione la disposizione
ex art. 291, I co., c.c. che dispone «l'adozione e' permessa alle
persone che non hanno discendenti, che hanno compiuto gli anni
trentacinque e che superano di diciotto anni l'eta' di coloro che
intendono adottare».
Pertanto, il profilo che viene di interesse alla presente
questione di legittimita' costituzionale e' l'inciso del primo
periodo della disposizione ex art. 291, I co., c.c. «l'adozione e'
permessa alle persone che non hanno discendenti» dalla quale si
ricava la norma che l'adozione del maggiorenne non e' consentita -
salvo quanto si dira' nel paragrafo 3 - alle persone che hanno
discendenti.
2. Sulla necessaria applicazione della disposizione
L'indagine eseguita attraverso il Servizio Sociale del Comune
di ha dato conto che la ricorrente M.L. d.S. impiegata
presso la scuola di ha
conosciuto, J.N.M. nell'ambito di un progetto per l'inclusione
organizzato presso detto istituto scolastico, ove l'adottanda
frequentava un corso professionale per elettricista e che «In tale
contesto la sig.ra D. S., nell'approfondire sia la conoscenza con il
ragazzo ed il suo vissuto di solitudine nel contesto territoriale che
strutturando con lo stesso un rapporto empatico basato sul rispetto e
la fiducia reciproca, ha espresso il desiderio di fornire ospitalita'
a J confrontandosi con il suo nucleo familiare. Quest'ultimo dopo
aver conosciuto gradualmente il ragazzo ha aderito al desiderio della
sig.ra D. S., di fornire ospitalita' in casa al giovane
concretizzando in seguito il desiderio di adottarlo anche se
maggiorenne».
Il Servizio Sociale ha rappresentato di aver incontrato anche
adottando e che J. , durante il colloquio e' apparso un ragazzo
rispettoso, tranquillo, timido e riservato, ha risposto alle domande
poste dalla scrivente rispetto ai suoi rapporti con la famiglia
d'origine che vive in con la quale sembra non
avere alcun tipo di relazione, ed ha raccontato la sua storia, di
essere giunto in Italia quando aveva solamente quattordici anni di
eta' e di essere stato collocato dapprima presso la
Comunita' « » di per poi
essere inserito presso la di dove e'
rimasto fino al compimento del diciottesimo anno di eta' per poi
trasferirsi presso l'abitazione dei sig.ri P.D.S. «e che» «J. ha
riferito di non avere figure parentali in Italia e la
famiglia P. rappresenta per lui un saldo punto di riferimento
affettivo al quale si mostra significativamente legato».
In merito al rapporto tra l'adottando J.N.M. e le figlie
minori degli adottanti, il Servizio Sociale ha rilevato che «Per
quanto riguarda le figure minori della coppia genitoriale
P.S. di anni e P.C. di sono apparse molto legate a J. e
hanno espresso gioia rispetto alla presenza del ragazzo nella loro
vita. Anche per loro inizialmente la relazione affettiva con
J. sarebbe nata gradualmente per poi stabilizzarsi nel tempo.
Durante il colloquio con le minori non sono emersi elementi di
disagio e/o pregiudizievoli rispetto alla presenza del giovane in
casa percepito come il fratello maggiore».
L'istruttoria ha rilevato che gli adottanti M.L. d.S. e C.P. sono
risultati soggetti incensurati e che non risultano gravati nemmeno da
annotazioni di P.S.
All'udienza del 1° ottobre 2024 l'adottante M.L. d. ha
ricostruito le modalita' con le quali ha conosciuto
l'adottando J.N.M. rappresentando «ho conosciuto quando lui andava a
scuola, era un centro di formazione professionale della
Regione . Si trovava qui a .
Lui aveva sedici anni, lui aveva gia' vissuto in una comunita'
a lui si era trasferito alla
. Lavoravo li' a scuola e ero una referente per l'integrazione, la
scuola era molto piccola e era facile conoscersi. Il rapporto con J.
e' nata con il gioco. A lui piace molto il calcio e aveva difficolta'
per tesserarsi in quanto la FIGC ha difficolta' a tessere ragazzi
minori non cittadini specie se giunti in Italia con i flussi
migratori, quindi io e mio marito abbiamo offerto a J. la
possibilita' di fare la residenza a casa nostra una volta uscito
dalla comunita'. Questo momento e' coinciso con l'inizio del lavoro e
lui ha scelto di andare a lavorare in quanto gli impegni di lavoro
non erano compatibili con un impegno sportivo professionistico. In
quel periodo, io e mio marito abbiamo scoperto la possibilita' di
fare l'adozione anche del maggiorenne. Preciso che J. ha iniziato a
vivere a casa nostra quando lui ha compiuto la maggiore eta' e e'
uscito dalla struttura. Lui poteva continuare a stare in struttura».
La volonta' di adottare e' stata confermata anche dal
ricorrente C.P. che ha rappresentato che «J. ha conosciuto prima mia
moglie dopo l'ho conosciuto anche io e le bambine circa due anni e
mezzo fa. La scelta di adottare J. e' stata una conclusione naturale
perche' lo abbiamo sentito come parte della nostra famiglia fin dal
primo momento. La domanda che ci siamo posti non e' perche' farlo ma
perche' non farlo. Con le bambine, ricordo che ci fu un momento in
cui si studiano ma ora ci sta confidenza. Le bambine
ritengono J. un fratello».
Ricostruzione che e' stata confermata - a detta udienza - anche
dall'adottando J.N.M. , che ha ricordato le difficolta' vissute
per giungere dal suo paese di origine in Italia e di aver trovato nel
nucleo familiare degli adottanti un polo affettivo.
Peraltro, a detta udienza anche il Servizi Sociale - in persona
della dott.ssa S.L. - ha dato conto del riconoscibile rapporto
affettivo tra gli adottanti e l'adottando, posto che ha riferito che
«ho conosciuto la famiglia dopo la richiesta del Tribunale e ho fatto
colloqui con le bambine, confermo quanto indicato in relazione e non
e' emerso alcun profilo di pregiudizio per le bambine. E' emerso
che J. non ha relazioni con la sua famiglia di origine tanto che si
e' svincolato molto presto dal nucleo familiare di origine.
I ricorrenti hanno strutturato la loro vita con questa scelta e
hanno comprato una nuova casa piu' idonea e ampia per le figlie e
per J. . Non ho avuto sentore di elementi di pregiudizio. Anche le
bambine non hanno manifestato situazioni di disagio derivante dal
percorso adottivo tanto che hanno riferito che la loro vita non
sarebbe la stessa senza J. . Ho sentito anche gli operatori della
struttura e anche loro non hanno mai ravvisato situazioni di
pregiudizio derivante dall'inclusione di J. nella famiglia dei
ricorrenti».
All'udienza del 1° ottobre 2024, il Giudice relatore ha ascoltato
le minori S.P. e C.P. , le quali - secondo il grado
discernimento in relazione alla loro eta' - hanno rappresentato:
C.P. «ricordo di aver conosciuto J. circa tre anni fa, ricordo
che eravamo usciti. vive a casa mia, lui ha una stanza sua. Ho
sentito J. come parte della famiglia» e che con mamma e papa' le cose
vanno bene. Faccio la quarta elementare a , mi
piace matematica e scienze e vorrei fare da grande la maestra e la
scienziata. Faccio pattinaggio. Mamma e papa' mi hanno detto di voler
adottare J. e so che cosi' lui fara' parte della famiglia» e che
«ricordo che inizialmente lui veniva e andava da casa e che lui e'
venuto a vivere a casa nostra dopo che mamma e papa' hanno comprato
casa nuova»;
S.P. «Confermo che mamma e papa' mi hanno informato sulla
volonta' di adottare J. e so che questo lui entrera' a far parte
della mia famiglia» e che «faccio la terza media e faccio pattinaggio
artistico. A me piacciono le materie umanistiche e vorrei fare il
liceo linguistico. Ricordo di aver conosciuto J. circa tre anni fa,
ero con mamma, papa' C. e stavamo al .
Mamma gia' lo conosceva da tempo e ci parlava di lui a casa. Quando
l'ho incontrato ero felice perche' mi sembrava una brava persona.
Inizialmente quando vivevamo a , stavamo in affitto,
lui veniva a casa e poi andava via. Circa due anni fa quando abbiamo
cambiato casa lui ha iniziato a vivere con noi. Oggi vive con noi.
Noi abbiamo una casa grande, lui vive al piano di sotto e noi al
piano di sopra. I rapporti con J. sono buoni. Mi sono trovata bene
fin da subito e lo sento come un fratello. Lui non e' aggressivo o
violento e mi farebbe piacere che lui faccia parte della mia
famiglia».
All'udienza del 1° ottobre 2024 il curatore speciale delle minori
ha rappresentato che «ho incontrato il 17 luglio le bambine che
rispetto alla presenza di J. nella loro casa e nella loro vita si
sono dimostrate felici e serena della sua presenza che ritengono un
loro fratello. Loro sono due bambine e possono essere prese dalla
situazione, unica perplessita' e' la tenuta futura di questa
situazione inclusiva. Ritengo questa una considerazioneche di per se'
ritengo non ostativa all'eventuale adozione. Dopo, ho preso contezza
della relazione del Servizio Sociale e che J. ha avuto
sempre un buon comportamento e che e' un ragazzo tranquillo e non ho
nulla da opporre nel merito».
Questo Tribunale ritiene che la valutazione ex art. 312 c.c. per
quanto concerne la convenienza dell'adozione, in una lettura
costituzionalmente orientata, alla luce del principio
dell'inviolabilita' della liberta' di autodeterminazione individuale
anche in relazione alla sfera familiare (artt. 2 e 29 Cost.), non
deve e non puo' essere compiuta dal giudice, posto che - diversamente
- il giudice si sovrapporrebbe alla volonta' degli adottandi che,
unitamente a quella degli adottanti, concorre alla formazione di un
negozio giuridico (sul punto, dott. Cassazione 16 aprile 1992, n.
4694) rispetto al quale lo stesso giudice non puo' essere chiamato ad
una valutazione «intrinseca» essendo invece tenuto, secondo uno
schema autorizzatorio, ad una mera valutazione «estrinseca», come
tale incentrata sull'esistenza delle volonta' e dei presupposti di
legge
Nondimeno, risulta utile rappresentare che l'istruttoria ha
rilevato l'esistenza di un concreto e rilevante rapporto affettivo
tra gli adottanti M.L. d. S. - C.P. , e l'adottando J. N. M. .
Rapporto affettivo che si e' strutturato nell'ambito di un
rapporto duraturo, sorto in occasione di un progetto per l'inclusione
frequentato dall'adottando - quando era ancora minorenne - che lo ha
posto in contatto con M. L. d. S. per evolversi in una significativa
quotidianita'.
Apprezzabile e' il profilo dell'investimento affettivo che gli
adottanti sono stati capaci di offrire, posto che se inizialmente
hanno avuto un ruolo di supporto per J. N. M. che era impegnato in
diversi progetti di inclusione, successivamente detto rapporto e'
divenuto esso stesso fattore di inclusione dell'adottando.
Adottando che si e' allontanato dal paese origine per cercare una
vita migliore e che ha trovato negli adottandi M.L. d.S. un polo
affettivo che lo ha incluso nella loro famiglia fino a diventarne
parte.
Rilevante e' anche il profilo che gli adottanti D.S.P. o hanno
adeguato il loro quotidiano per consentire l'ingresso di J. N. M.
nella loro famiglia ma senza che detto inserimento potesse avere un
esito negativo sulle loro figlie minori, di talche' gli stessi si
sono impegnati nel trovare un'abitazione piu' grande e idonea alle
esigenze di crescita delle minori (dr. relazione del Servizio Sociale
del Comune .
Le minori S.P. e C.P. hanno rappresentato il loro buon rapporto
con J. N. M. , che lo vedono come un fratello, e che
detto riconoscimento risulta presente anche nell'adottando.
Pertanto, l'istruttoria ha confermato la presenza di un sincero
rapporto affettivo tra gli adottanti e l'adottando e l'assenza - come
anche rilevato dal curatore speciale delle minori e dal Servizio
Sociale - di eventuali profili di pregiudizio per le minori derivanti
dal progetto adottivo a fronte del quale i loro genitori intendono
adottare il maggiorenne: J. N. M..
Sennonche', ritiene il Collegio la presenza di un ostacolo di
legge al farsi luogo detta adozione a fronte della richiamata
disposizione ex art. 291, I co., c.c. nella parte che prevede il
divieto di adottare da parte di coloro che hanno discendenti.
Peraltro, il divieto concerne solo coloro che hanno discendenti
minori a fronte del fatto che detta disposizione e' stata dichiarata
incostituzionale nella parte che non consente l'adozione del
maggiorenne a chi abbia discendenti maggiorenni e consenzienti
all'adozione (Corte Cost., sentenza 19 maggio 1988 n. 557).
Ne discende che ove detto divieto non fosse presente e/ o fosse
calibrato su un divieto relativo - del tipo l'assenza in concreto di
un pregiudizio per il discendente minore da valutare caso per caso -
potrebbe farsi luogo all'adozione a fronte della riscontrata presenza
della volonta' degli adottanti e dell'adottando; dell'assenza di
opposizione da parte dei genitori dell'adottando che non si sono
costituiti nel procedimento; la presenza di un effettivo e valido
rapporto affettivo tra adottanti e adottando e tra adottando e le
figlie minori degli adottanti e l'assenza di eventuali profili di
pregiudizio per le figlie minori degli adottanti derivanti dalla
detta adozione; l'avvenuta rappresentanza dei minori con la nomina di
un curatore speciale che ha rappresentato l'assenza di pregiudizi per
i minori e la mancata opposizione all'adozione da parte dei genitori
dell'adottando.
Questo Tribunale non ignora che parte della giurisprudenza del
distretto di riferimento - Corte di Appello di Roma (cfr. sentenza n.
2637 del 2020) e Tribunale Ordinario di Roma - dispongono il farsi
luogo all'adozione del maggiorenne pur in presenza di figli minori
degli adottanti attraverso un'interpretazione costituzionalmente
orientata della disposizione ex art. 291 c.c. attraverso la
valorizzazione della tutela del rapporto affettivo in ragione delle
disposizioni ex articoli 2 e 3 Cost. e 8 Carta EDU.
Nondimeno, questo Tribunale - per quanto ritenga condivisibile
l'approdo ermeneutico espresso dalla giurisprudenza del distretto -
ritiene non condivisibile la metodologia attraverso la quale si e'
raggiunto detto approdo, posto che detto approdo - ritiene il
Collegio - non risulta raggiungibile se non attraverso il
sollevamento di una questione di legittimita' costituzionale.
Peraltro, la disciplina dell'adozione di maggiorenne e' stata
oggetto di recenti interventi della giurisprudenza costituzionale
posto che:
art. 299, I co., c.c. dichiarato incostituzionale nella parte
che non consente con la sentenza di adozione di aggiungere anziche'
anteporre il cognome dell'adottante a quello dell'adottato maggiore
d'eta' (Corte Cost., sentenza 4 luglio 2023 n. 135);
art. 291, I co., c.c. nella parte che non consente al giudice
di ridurre - nei casi di esigua differenza e sempre che sussistano
motivi meritevoli, l'intervallo di eta' di diciotto anni fra
adottante e adottando (Corte Cost., sentenza n. 18 gennaio 2024 n.
5).
Detta ultima decisione risulta rilevante anche al fine di
apprezzare l'approdo di questo Tribunale di sollevare questione di
legittimita' costituzionale, a fronte del fatto chela giurisprudenza
di legittimita' aveva da diversi anni ritenuto legittimo il farsi
luogo all'adozione pur a fronte dell'assenza del divario di eta'
previsto dalla disposizione ex art. 291, I co., c.c. ove fosse
presente l'interesse della tutela del rapporto affettivo tra le parti
(Cass., Sez. I civile, 3 aprile 2020 n. 7667), ma che - nondimeno -
la Corte costituzionale ha ritenuto dover comunque dichiarare - a
fronte della ritenuta fondatezza della questione di legittimita'
costituzionale - l'illegittimita' costituzionale della disposizione
che frapponeva limiti d'eta' all'adozione del maggiorenne con
sacrificio della tutela dei rapporti affettivi tra le parti.
Peraltro, ritiene il Collegio che il dover sollevare questione di
legittimita' costituzionale e' modo di procedere coerente con la
natura del giudizio di legittimita' costituzionale del nostro
ordinamento che prevede un giudizio di legittimita' costituzionale
accentrato e attribuito alla Corte costituzionale.
3. Sulla ritenuta incostituzionalita' della disposizione ex art.
291, I co., c.c. per il divieto di adottare a chi abbia discendenti
minori.
a. premessa
Questo Tribunale rileva preliminarmente che il divieto di
adottare a chi abbia discendenti e' limitato a chi abbia discendenti
minori posto che la disposizione e' stata dichiarata incostituzionale
nella parte che non consente l'adozione a chi abbia discendenti
maggiorenni e consenzienti (Corte Cost., sentenza 19 maggio 1988 n.
557).
Tracciata la linea di partenza, si rileva che la Corte
costituzionale si e' pronunciata con sentenza 7 luglio 1992 n. 345
sulla questione di legittimita' costituzionale» in riferimento
all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 291 del codice civile, nella
parte in cui non consente che si possa procedere all'adozione di
persone maggiori di eta', in presenza di figli legittimi o
legittimati dell'adottante, incapaci di esprimere il consenso perche'
interdetti» a fronte di quanto deciso dalla Corte costituzionale con
sentenza n. 557 del 1988.
La Corte costituzionale ha ritenuto che «La questione ora
sollevata dalla Corte di appello di Napoli ha per logico presupposto
la ritenuta necessita' ed inderogabilita' della manifestazione di
volonta', da parte del figlio legittimo o legittimato, in ordine alla
adozione di altra persona maggiorenne voluta dal proprio genitore. Si
tratta di una prospettazione che non tiene adeguatamente conto della
specifica disciplina normativa dettata dall'art. 297, secondo comma
ultima parte, del codice civile, per il caso in cui sia impossibile
ottenere l'assenso all'adozione, per incapacita' delle persone
chiamate ad esprimerlo. In tal caso il Tribunale puo' egualmente
pronunziare l'adozione, con le modalita' previste dall'art. 297 del
codice civile, apprezzando gli interessi indicati nella stessa
disposizione. Questa specifica disciplina, pur se inserita nel
contesto delle disposizioni relative all'assenso del coniuge e dei
genitori, assume, nel rispetto del tenore letterale del testo
normativo che si riferisce a tutte le persone chiamate ad esprimere
il proprio assenso alla adozione, un significato ed un contenuto
generale e quindi, a seguito della sentenza di questa Corte n. 557
del 1988, deve essere applicata anche ai discendenti legittimi o
legittimati dell'adottante, quando e' impossibile ottenere il loro
assenso per incapacita'», dichiarando non fondata la questione di
legittimita' costituzionale.
Ne discende che all'esito delle richiamate decisioni risulta
conservato il divieto di adottare il maggiorenne a chi abbia
discendenti minori.
Peraltro, la Corte costituzionale sul divieto di adozione da
parte di chi abbia discendenti sia stata la sentenza 20 luglio 2004
n. 245 che ha dichiarato l'incostituzionalita' della disposizione ove
limitava il divieto a chi avesse discendenti minori legittimi o
legittimati e quindi estendo il divieto anche a chi avesse
discendenti naturali per quanto la diversificazione sia venuta meno
con l'introduzione dello status unitario di figlio in ragione della
disposizione ex art. 315 c.c. introdotto con legge 10 dicembre 2012
n. 219.
Nondimeno, detta decisione rilevava limitatamente all'esistenza
di un profilo discriminatorio tra figli legittimi e legittimati con i
figli naturali, tanto che la decisione non approfondiva la
costituzionalita' del divieto in se' esulando detta valutazione dalla
questione di legittimata' costituzionale sollevata.
Sul divieto di adozione del maggiorenne da parte di chi abbia
discendenti minori risulta:
Corte costituzionale 23 febbraio 1994 n. 54 che ha dichiarato
non fondata la questione di legittimita' costituzionale della
disposizione ex art. 291, I co., c.c. a fronte della ritenuta
diversita' di situazioni derivanti dalla presenza di discendenti
minori e discendenti maggiorenni ma incapaci di prestare il consenso;
Corte costituzionale 16 luglio 1996 n. 252 che dichiaro'
inammissibile la questione di legittimita' costituzionale ritenendo
che la pronuncia richiesta invadesse le attribuzioni del Legislatore
ma rilevando in via incidentale che all'adozione del maggiorenne
doveva riconoscersi una funzione nuova rispetta a quella tradizionale
di consentire di avere discendenti a chi non ne avesse avuti;
Corte costituzionale 23 maggio 2003 n. 170 che ha ritenuto
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale
della detta disposizione posto «che, come piu' volte affermato da
questa Corte, l'adozione di persone maggiori di eta', anche dopo
l'entrata in vigore della legge 4 maggio 1983, n. 184, che ha
riformato la disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori,
continua ad essere caratterizzata, diversamente dall'adozione dei
minorenni, dalla originaria finalita' di «procurare un figlio a chi
non lo ha avuto da natura mediante il matrimonio (adoptio in
hereditatem)» il che comporta sensibili ricadute in merito ai
relativi effetti (v. sentenze n. 89 del 1993, n. 53 del 1994, n. 252
del 1996, n. 240 del 1998, n. 500 del 2000, n. 120 del 2001); che
tale situazione e' rimasta inalterata anche dopo l'entrata in vigore
della legge 28 marzo 2001, n. 149, la quale, oltre a modificare la
citata legge n. 184 del 1983, ha inciso sulla disciplina codicistica
dell'adozione di persone maggiori di eta' soltanto per alcuni aspetti
processuali; che la suddetta struttura dell'istituto presuppone, fra
l'altro, la necessita' che i membri della famiglia legittima
dell'adottante (coniuge e figli) siano adeguatamente posti in
condizione di valutare le conseguenze che, sia sul piano morale sia
sul piano patrimoniale, ha l'adozione di una persona maggiorenne da
parte del loro congiunto; che siffatta valutazione e' assicurata
dalla prestazione del rispettivo assenso; che tale sistema non e'
stato modificato dalle sentenze di questa Corte n. 557 del 1988 e n.
345 del 1992, la seconda delle quali si e' limitata a ritenere
applicabile ai figli legittimi o legittimati maggiorenni la norma
dettata dall'art. 297, secondo comma, ultima parte, codice civile,
per l'ipotesi di impossibilita' di ottenere l'assenso all'adozione da
parte delle persone chiamate ad esprimerlo, a causa della loro
incapacita'; che, nel caso ora in esame, si chiede alla Corte un
intervento di revisione della suddetta normativa di tipo diverso,
perche' diretto ad escludere l'assenso dei figli minori anziche' a
far fronte alla relativa incapacita' di esprimere la loro volonta',
in linea con quanto deciso da questa Corte nella sentenza da ultimo
citata».
Peraltro, dette decisioni della Corte costituzionale furono
richiamate dalla giurisprudenza di legittimita' nella decisione che
espresse il seguente principio di diritto» in tema di adozione di
persone maggiori di eta', la presenza di figli minori (legittimi,
legittimati o naturali) dell'adottante, come tali incapaci, per
ragioni di eta', di esprimere un valido consenso, costituisce, di
norma, ai sensi dell'art. 291 codice civile, un impedimento alla
richiesta adozione. Ove, tuttavia, l'adozione di maggiorenne riguardi
un soggetto, il figlio del coniuge, che gia' appartenga, insieme al
proprio genitore naturale ed ai fratelli, minorenni, ex uno latere,
al contesto affettivo della famiglia di accoglienza dell'adottante,
la presenza dei figli minori dell'adottante non preclude in assoluto
l'adozione, fermo restando il potere - dovere del Giudice del merito
di procedere alla audizione personale di costoro, se aventi capacita'
di discernimento, e del loro curatore speciale, ai fini della
formulazione del complessivo giudizio di convenienza nell'interesse
dell'adottanda, richiesto dall'art. 312 c.c. , comma 1, numero 2),
giacche' tale convenienza in tanto sussiste in quanto l'interesse
dell'adottanda trovi una effettiva e reale rispondenza -
eventualmente da apprezzare all'esito dell'acquisizione anche delle
opportune informazioni - nella comunione di intenti di tutti i membri
della famiglia, compresi i figli dell'adottante».
Approdo ritenuto dalla giurisprudenza di legittimita' a fronte
del fatto che «Alla stregua del quadro normativo come sopra
ricostruito, deve pertanto ritenersi (e convenirsi con la Corte
milanese) che, normalmente, la presenza di figli minori (legittimi,
legittimati o naturali) dell'adottante e' di ostacolo alla adozione
ordinaria di un maggiorenne. 3.5. - Occorre tuttavia considerare che
l'istituto dell'adozione di persone maggiori di eta' non persegue
soltanto la funzione tradizionale di trasmissione del nome e del
patrimonio. L'adozione ordinaria - figura estremamente duttile -
viene utilizzata nella prassi anche per consentire il raggiungimento
di funzioni nuove, come quella di consolidamento dell'unita' gia'
sperimentato e concretamente vissuto: evenienza nient'affatto esclusa
ne' resa improbabile dal raggiungimento della soglia dei diciotto
anni da parte dell'adottanda, sensibilmente piu' lungo essendo oggi,
di regola, il periodo di permanenza dei figli presso i genitori. E'
quanto avviene nel caso all'esame del Collegio, dove l'elemento
specifico e al contempo qualificante e dato dal fatto che
l'adottanda, non riconosciuta dall'altro genitore, e' figlia naturale
del coniuge dell'adottante, sorella da parte di madre delle figlie
legittime di questo e affettivamente partecipe della vita del nucleo
familiare, nel quale l'adozione la immetterebbe anche formalmente. In
altri termini, l'adottanda maggiorenne e' non solo figlia del coniuge
dell'adottante, ma parte integrante - insieme all'adottante stesso,
alla madre ed alle sorelle uterine - di un comune nucleo familiare,
ove e' stata inserita sin da quando l'adottante e la di lui madre si
sono uniti in matrimonio. In un caso siffatto, l'adozione ordinaria
viene chiamata ad assolvere quella stessa funzione espressamente
prevista dal legislatore nell'ipotesi di adozione di minori in casi
particolari (ai sensi della legge n. 184 del 1963, art. 44, comma 1,
lettera b); sicche' fra adozione di maggiorenne e adozione di minore
in casi particolari si crea una notevole vicinanza sul piano dei
valori, l'una e l'altra, mirando a favorire la coesione affettiva e
l'unita' della famiglia come comunita'. Proprio facendo leva sui
profili personalistici della figura, presenti nel caso di adozione
del figlio maggiorenne del coniuge che sia gia' partecipe del
contesto affettivo ed organizzativo della famiglia di accoglienza,
questa Corte (sentenza 14 gennaio 1999, n. 354, cit.) ha ritenuto che
il Giudice, previo attento esame delle circostanze del caso concreto
(allora consistenti nel fatto che l'adottanda era orfano dell'altro
genitore, aveva un fratello germano minorenne, adottabile ai sensi
del citato art. 44, comma 1, lettera b, edera stabilmente inserito,
insieme a tale fratello e ad altri due fratelli consanguinei minori,
nella famiglia costituita dall'altro genitore e dall'adottante), puo'
accordare una ragionevole riduzione della differenza minima di eta'
di diciotto anni tra adottante e adottando, sempre che tale divario
rientri dell'ambito dell'imitatio naturae, in tal modo riconoscendo
ammissibile l'adozione, pur in presenza di una differenza di eta' tra
adottante ed adottando inferiore a quella stabilita dall'art. 291
c.c. Nella medesima pronuncia, la Corte ha giudicato non ostativa la
contestuale presenza di figli legittimi minorenni dell'adottante,
osservando che questi ultimi «beneficeranno dei riflessi morali,
sociali ed affettivi dell'intervenuto vincolo personale tra la loro
madre e gli altri figli dello stesso padre, in quanto i rapporti
derivanti dall'adozione sono da porsi ad ogni effetto sullo stesso
piano delle relazioni della famiglia biologica ove hanno importanza
preminente solo i vincoli personali ed affettivi. 3.6. - II Collegio
intende dare continuita' a questa giurisprudenza. Il consenso
all'adozione dei figli (legittimi, legittimati o naturali)
maggiorenni dell'adottante, di cui all'art. 291 codice civile,
rappresenta lo strumento per realizzare un bilanciamento di interessi
la tutela dei membri della famiglia legittima o naturale, da un lato;
il favor verso l'istituto dell'adozione, dall'altro. La Corte
costituzionale, facendo cadere le limitazioni irragionevoli
all'ammissibilita' dell'adozione, ha affidato (alla stregua di quanto
gia' previsto dal codice per il coniuge dell'adottante) la
salvaguardia dei diritti dei membri della famiglia biologica
all'autorizzazione privata di coloro che, essendo interessati, sia
sotto l'aspetto patrimoniale che sotto quello morale, alla
costituzione del vincolo, risentirebbero degli effetti del rapporto
senza essere parti dello stesso. Ma quando l'adozione di maggiorenne
riguardi un soggetto, il figlio del coniuge, che gia' sia membro
della comunita' di affetti della famiglia dell'adottante, non v'e'
spazio per un consenso dei figli (legittimi, legittimati o naturali)
dell'adottante medesimo, inteso come condizione di ammissibilita'
dell'adozione. Tale consenso infatti, cessando di fungere da
strumento di compatibilita' tra interessi contrapposti, verrebbe a
preservare l'uniti e l'esclusivita' di un gruppo, non nei confronti
di un terzo estraneo, ma nei riguardi di un soggetto gia' inserito
nel contesto di quel nucleo familiare, al quale, con l'adozione, lo
si vuole anche formalmente ascrivere. In una tale situazione
peculiare, l'interesse patrimoniale dei figli dell'adottante deve
ritenersi subordinato rispetto alla finalita' di assicurare legami
piu' stabili all'interno della famiglia di accoglienza, nello
specifico interesse anche di costoro, oltre che dell'adottanda,
sebbene l'adozione costituisca un rapporto personale tra adottato ed
adottante (ancora, Cassazione n. 354 del 1999, cit.)» (Cass., Sez. I
civile, 3 febbraio 2006 n. 2426).
Pertanto, all'esito del percorso giurisprudenziale ora richiamato
il divieto di adozione del maggiorenne da parte di chi abbia
discendenti e' stato eroso dalla formulazione originale con l'approdo
che il divieto non risulta applicabile a chi abbia discendenti
maggiorenni e consenzienti e/o minori ma figli del coniuge
dell'adottante.
b. Ritenuta incostituzionalita' e norma parametro
Questo Tribunale ritiene che la disposizione ex art. 291 c.c. per
quanto concerne il divieto di adottare il maggiorenne a chi abbia
discendenti minorenni sia incostituzionale per violazione delle
disposizioni ex articoli 2,3 Cost. e 8 Carta EDU in relazione alla
disposizione ex art. 117, I co., Cost.
La ritenuta illegittimita' costituzionale del divieto e' data
dalla perentorieta' del divieto posto che impedisce di graduare il
divieto alla situazione concreta che puo' richiedere il farsi luogo
all'adozione per tutelare i rapporti affettivi e familiari
dell'adottante e dell'adottando ma anche i rapporti affettivi tra i
membri della famiglia dell'adottante - che possono essere minori
legati affettivamente all'adottando come nel caso in esame dinanzi a
questo Tribunale - e dell'adottando.
La ritenuta incostituzionalita' del divieto della disposizione ex
art. 291 c.c. di adottare il maggiorenne in presenza di figli minori
e' dato quindi dall'impossibilita' digradare il divieto nel caso di
specie, di talche' si ritiene la disposizione incostituzionale nella
parte in cui, per quanto concerne il divieto di adottare il
maggiorenne in presenza di discendenti - minori -, non preveda
l'inciso o indicazione «salvo che emerga nel caso concreto l'assenza
di profili di pregiudizio per i minori» e quindi nella parte che non
consente al giudice di valutare caso per caso se farsi luogo
all'adozione se in concreto non emerga alcun profilo di pregiudizio
per i minori.
Pertanto, non e' l'equiparazione della disciplina dell'adozione
del maggiorenne alla disciplina dell'adozione del minore - che
manifestamente hanno profili di diversita' - ma e' l'assenza del
profilo di merito con la quale consentire al giudice una valutazione
caso per caso se farsi luogo all'adozione del maggiorenne in presenza
di discendenti minorenni dell'adottante.
Ne discende che il divieto di adozione in presenza di figli
minori si risolve in un automatismo che non consente alcuna
valutazione da parte del giudice.
Peraltro, il richiamo al pregiudizio del minore non e' concetto
indefinito in quanto - allo stato - ampiamente declinato dalla
giurisprudenza di legittimita' per il profilo rilevante in ragione
delle disposizioni ex articoli 330 e 333 c.c. e in particolare della
disposizione ex art. 333, I co., c.c. che utilizza il termine
«pregiudizio» per il minore (cfr. Cassazione, Sez. I civile, 16
settembre 2024 n. 24708).
Il divieto risulta, allo stato, interpretato in quanto i minori -
quali soggetti incapaci - non sono in grado di esprimere un consenso
proprio e informato rispetto alla prospettata adozione che i loro
genitori intendano ottenere come ha indicato la Corte costituzionale
con la richiamata - per quanto risalente - giurisprudenza che ha
rilevato che «che la suddetta struttura dell'istituto presuppone, fra
l'altro, la necessita' che i membri della famiglia legittima
dell'adottante (coniuge e figli) siano adeguatamente posti in
condizione di valutare le conseguenze che, sia sul piano morale sia
sul piano patrimoniale, ha l'adozione di una persona maggiorenne da
parte del loro congiunto; che siffatta valutazione e' assicurata
dalla prestazione del rispettivo assenso; che tale sistema non e'
stato modificato dalle sentenze di questa Corte n. 557 del 1988 e n.
345 del 1992, la seconda delle quali si e' limitata a ritenere
applicabile ai figli legittimi o legittimati maggiorenni la norma
dettata dall'art. 297, secondo comma, ultima parte, codice civile,
per l'ipotesi di impossibilita' di ottenere l'assenso all'adozione da
parte delle persone chiamate ad esprimerlo, a causa della loro
incapacita'» (Corte Cost. 170 del 2003).
Il Collegio ritiene che la giustificazione del divieto a fronte
del fatto che il minore sia un soggetto incapace - quindi non in
grado di esprimere in modo consapevole il consenso all'adozione - sia
un eccessivo pregiudizio rispetto all'esigenza di tutelare i rapporti
affettivi e di quotidianita' che legano adottante e adottando - e
anche i rapporti tra i membri della famiglia dell'adottante con
l'adottando, posto che il divieto - cosi' interpretato - si puo'
esaurire pertanto nella sterile attesa del decorso del tempo in
attesa che il discendente minore diventi maggiorenne e posto che
detto discendente potrebbe - come nel caso in esame - essere legato
da un rapporto affettivo con l'adottando e che pertanto - diventato
maggiorenne - ben prestera' il suo consenso all'adozione.
Questo Tribunale ritiene che la rappresentanza processuale e
sostanziale del minore - nell'ambito del procedimento di adozione del
maggiorenne - puo' e/o deve essere assicurata attraverso la nomina di
un curatore speciale coerentemente alla disciplina internazionale,
sovranazionale e nazionale.
La disposizione ex art. 10 Convenzione europea sull'esercizio dei
diritti dei minori impone l'adeguata rappresentanza dei minori nei
procedimenti che li interessano e l'approdo che considera la nomina
di un curatore speciale provvedimento obbligatorio - in presenza di
un conflitto di interessi tra minore e esercenti la responsabilita'
genitoriale - a pena di nullita' della decisione (Cass., Sez. I
civile, 29 novembre 2023 n. 33185).
Peraltro, ritiene il Collegio che l'espressione dell'eventuale
consenso all'adozione risulta costituire atto di rappresentanza
sostanziale ma che l'ordinamento conosce l'esistenza della figura del
curatore speciale del minore che puo' esercitare - oltre un ruolo di
rappresentanza processuale - anche di rappresentanza sostanziale per
il compimento di attivita' negoziali come il curatore previsto dalle
disposizioni ex articoli 316 e 320 c.c. e anche in modo generalizzato
- con la riforma eseguita con legge 10 ottobre 2022 n. 149 - con la
disposizione ex art. 473-bis. 7, II comma lettera «b», c.p.c.
Ne discende che il consenso all'adozione per il discendente
minore - ex art. 297 c.c.- puo' costituire oggetto di incarico a un
curatore speciale che possa rappresentare il minore per la cura dei
suoi interessi del minore nel procedimento di adozione del
maggiorenne e quindi poter rappresentare anche gli elementi ostativi
al farsi luogo all'adozione che - allo stato - risultano irrilevanti
a fronte dell'assenza di ogni spazio di valutazione del merito in
ragione dell'automatismo del divieto ex art. 291, I co., c.c.
Ritiene quindi il Collegio che il divieto di adozione del
maggiorenne a chi abbia discendenti minori risulta costituzionalmente
compatibile ove interpretato quale misura protettiva per il minore,
ossia ove l'adozione del maggiorenne possa arrecare pregiudizio alla
cura, all'educazione e all'istruzione dei minori a fronte del rilievo
costituzionale - ex articoli 2, 3 e 32 Cost. - della funzione
educativa dei minori.
Ne discende che in caso di assenza di un concreto pregiudizio
alla cura, alla crescita e all'educazione nonche' al patrimonio dei
minori derivante dall'adozione del maggiorenne compiuta dai genitori
esercenti la responsabilita' genitoriale possa farsi luogo
all'adozione.
Peraltro, ritiene il Collegio che la valutazione dell'assenza di
un profilo di pregiudizio per i discendenti minori derivanti
dall'adozione del maggiorenne non pregiudichi la competenza del
Tribunale per i Minorenni.
La decisione dell'adozione del maggiorenne concerne un
maggiorenne e che risulta quindi esulante da profili concernenti
l'emissione di provvedimenti ablativi o limitativi la responsabilita'
genitoriale o l'adozione di un minorenne.
Peraltro, la dottrina e la giurisprudenza che in passato aveva
sollevato - per quanto concerne la disciplina dell'adozione del
maggiorenne - un possibile conflitto di competenze tra Tribunale
Ordinario e Tribunale per i Minorenni risulta datata e superata in
quanto opinione espressa prima della riforma eseguita con legge 219
del 2012, in un contesto che vedeva ampie ed esclusive competenze del
Tribunale per i Minorenni che - allo stato - sono venute meno o sono
in concorso con il Tribunale Ordinario, concorso che peraltro si
risolve - ex art. 38 disp. att. c.c.- a favore del Tribunale
Ordinario per la riconosciuta preminenza della sua competenza
funzionale quale strumento per la prospettata unificazione della
giurisdizione per le famiglie, per i minori e per le persone.
La ritenuta illegittimita' costituzionale e' quindi derivante
dall'automatica applicazione del divieto che - non consentendo
valutazioni caso per caso - costituisce una gravosa ingerenza dello
Stato nei rapporti privati e familiari con la conseguente
incompatibilita' con le disposizioni ex articoli 2 e 3 Cost. e 8
Carta EDU in riferimento alla disposizione ex art. 117 Cost.
L'aggregazione affettiva tra adottante e adottando e tra i membri
della famiglia dell'adottante e dell'adottando - ex articoli 2 e 29
Cost. - costituisce ambito rientrante nella definizione di vita
privata a familiare rilevante ex art. 8 Carta EDU, di talche'
l'esistenza di un divieto automatico a dare una forma giuridica - e
quindi di tutela giuridica - al rapporto affettivo cosi' formato
costituisce un'evidente e non proporzionale ingerenza dello Stato nei
rapporti privati e familiari.
4. L'adozione del maggiorenne e sul tertium comparationis
L'adozione del maggiorenne e' stata tradizionalmente qualificata
con il riconoscimento di una finalita' patrimoniale, ricostruzione
tradizionale secondo cui l'interesse dell'adozione del maggiorenne
sia diretta a realizzare l'interesse economico e morale
dell'adottando quanto l'interesse dell'adottante a perpetuare la
discendenza in assenza di filiazione biologica.
Eppure il riscontro alla natura di istituzione con finalita'
patrimoniali dell'adozione del maggiorenne e in termini piu' generale
dell'adozione puo' risultare - ove riguardata alla sua complessiva
storia - come un qualcosa che semmai puo' arricchire la natura
dell'istituto e non anche definirlo nella sua completezza.
L'adozione nella storia moderna conosce nuovo sviluppo
applicativo con il decreto del 18 gennaio 1792 quando il legislatore
rivoluzionario introduce nell'ordinamento l'istituzione
dell'adozione, approdo questo dell'apporto del pensiero illuministico
di coloro che ritenevano l'adozione un dovere sacro e ineludibile per
i cittadini privi di figli e per coloro - pensiero riportato al
rapporto del 9 agosto 1793 al primo progetto di Code civil - che
consideravano l'adozione un'istituzione ammirevole che consentiva la
divisione della fortuna senza crisi- liti - e di coloro che
ritenevano l'adozione un atto di liberalita' e di beneficienza per
proteggere fanciulli privi di genitori e che l'ammettevano anche per
coloro che avessero figli.
Cosi' nel detto rapport del 9 agosto 1793 il relatore
rappresentava l'adozione «L'adoption est tout a' la fois une
institution de bienfaisance et la vivante image de la nature. I.e
respect dû a' cette double qualite' a determine' le mode que nous
venons de vous soumettre. L'adoption donne plus d'etendue a' la
paternite', plus d'activite' a' l'amour filial; elle vivifie la
Famille par l'emulation; ella la repare par de nouveaux choix; et en
corrigeant les erreurs de la nature, elle en acquitte la dette en
agrandissant son empire. C'est le rameau etranger ente' sur un tronc
antique; il en ranime la seve; il embellit la tige de nouveaux
rejetons; et, par cette insertion heureuse, elle couronne l'arbre
d'une nouvelle moisson de fleurs et de fruits: admirable institution
que vous avez eu la gloire de renouveler, et qui se lie si
naturellement a' la constitution de la republique, puisque elle amene
sans crise la division des grandes fortunes».
Il travagliato percorso rivoluzionario dell'adozione approda alla
data fondamentale del 5 dicembre 1801 ove il primo Console di Francia
ritenne doveroso confermare l'adozione quale «une espece de nouveau
sacrement» rafforzato dal potere legislativo posto che «Le
legislateur, comme un pontife, donnera le caractere sacre'».
Cosi' la disciplina del Code Civil. - diventante a partire dal
1806 il codice del Regno d'Italia - articoli 343 - 360 consentiva -
in particolare - l'adozione in presenza del fatto che l'adottante sia
nell'impossibilita' di avere figli, abbia almeno cinquanta anni e che
la differenza di eta' tra quest'ultimo e l'adottato sia di almeno
quindici anni, che l'adottato sia maggiore di eta' e, se ha il padre
e la madre, o uno solo di essi, ottenga, fino ai venticinque anni, il
loro consenso e, dopo questa eta', il loro «consiglio» mediante
l'atto rispettoso, che infine (in tal caso si deroga alla rigidita'
di principi prima affermata riguardo alla minore eta') l'adottante
abbia avuto, almeno per un periodo di sei anni, durante l'eta' minore
del pupillo, cura di lui «con somministrargli sussidi».
La natura duale dell'adozione - tra interesse patrimoniale e
interessi personalistici della cura della persona - affiorano anche
nella dottrina italiana che lavoro' al progetto del c.c.del Regno
d'Italia - 1806 - e di quella che lavoro' al codice parmense - lavori
1814 e 1815 e 1820 - specie di quelli esitati dalla c.d. commissione
milanese - articoli 189 - 218 - che escludevano l'adozione «se avendo
avuto figli anteriormente all'adozione fosse incorso nella perdita, o
privazione della patria podesta' nei casi contemplati dagli articoli
135, e 137, quelli che volontariamente si fossero privati della
potenza di generare, quelli che fossero stati condannati per delitti
di procurato aborto, di esposizione d'infante, d'infanticidio, di
omicidio in linea discendente o nel coniuge» rivelando quindi
l'aspirazione del legislatore a qualificare l'adozione quale
strumento diretto alla cura della persona e non solo alla tutela di
interessi di natura patrimoniale.
Il discrimine tra i due punti di vista dell'adozione fu
individuata da parte della dottrina in una ritenuta sovrapposizione
tra adoptio - arrogatio di diritto romano con l'adozione che il
legislatore illuministico intendeva introdurre, tanto che il
redattore del codice parmense ammoni' l'assemblea legislativa da
deviazioni rispetto al modello romanistico, rilevando che «le
adozioni dovevano ritenersi nel nuovo Codice non gia' per l'uso di
esse fra noi, ma pel rispetto dovuto ad una istituzione romana",
sebbene il codice definitivo parmense - per quanto riducesse
l'apporto innovativo dei lavori della commissione milanese
adeguendosi al modello offerto dal Code civil - nondimeno riconosceva
l'importanza della presenza dell'idoneita' dell'adottante alla cura
della persona dell'adottanda.
Peraltro, il divieto di adottare in presenza di discendenti
risulta oggetto di ermeneusi da parte di eccellente dottrina
formatasi sotto il Codice delle leggi civili del Regno delle Due
Sicilie del 1819 che rilevava che l'adozione era «solo in sollievo di
coloro che non hanno figli, si' perche' essa non dev'essere di
pregiudizio a' diritti de' figliuoli legittimi».
La dualita' delle finalita' dell'adozione trova un apparente
blocco nei lavoratori preparatori del codice unitario del 1865, ove
il Guardasigilli ritenne di non introdurre nel progetto l'adozione,
ritenendo che detto istituto rispecchiasse un'idea aristocratica di
beneficienza - quindi distante dalla predominante ideologia borghese
dell'epoca - e nel timore che l'istituto potesse consentire la
legittimazione di figli naturali, ma trovando l'opposizione
dell'assemblea e in particolare di eccellente opinione che rilevava
che «L'adozione, gia' nota agli Egiziani, agli Ebrei, ai Greci e ad
altri popoli dell'antichita' piu' remota, trovo' il massimo favore
presso il popolo di Roma, che le diede anche carattere d'istituzione
politica, carattere che, caduta la Repubblica, scomparve a poco a
poco sotto l'Impero, finche' nel diritto pretorio, e piu' ancora nel
nuovissimo diritto giustinianeo, l'adozione null'altro divenne che un
atto di beneficenza che non muta i rapporti dell'adottato colla sua
famiglia naturale. Questa indole conserva ancora al di' d'oggi, dopo
avere traversato presso alcuni popoli diverse vicende. Nel diritto
italico si puo' affermare che sempre si sono conservate intorno
all'adozione le ultime tradizioni romane, e se le adozioni piu' non
si possono dire frequenti, non sono neppure tanto rare che non ne
resti ancora viva e gradita la memoria nell'opinione generale. Un
puro sentimento di beneficenza che avra' l'umanita', e il desiderio
naturale all'uomo di vivere nei posteri hanno in origine ispirato
questa imitazione della natura a sollievo di coloro che figli non
ebbero, o ne rimasero orbati... Mentre si muove accusa, forse non del
tutto immeritata, di freddo egoismo agli uomini del nostro secolo,
improvvido consiglio sarebbe l'avvalorarla collo spegnere una
istituzione filantropica, la quale nutre ed avviva i piu' nobili
sentimenti di generosita' e di beneficenza ... L'adozione non altera,
non falsa, ma favoreggia e supplisce la natura. E' una invenzione
pietosa della legge, la quale e' destinata a colmate un vuoto che una
sorte avara ed avversa lascia non di rado nella vita dell'uomo» e che
per il timore che con l'adozione si potessero legittimare figli
naturali che «rimane vietato ai genitori l'adozione di figli nati
fuori di matrimonio, e sebbene la loro ricerca sia interdetta,
possono tuttavia e debbono i magistrati chiamati ad approvare le
adozioni, indagare e vegliare che a tale divieto non si faccia
frode».
La disciplina che esitava dai lavori - ex articoli 202 e segg.
Cod. abr. - prevedeva, per i fini che interessano, il divieto di
adozione da parte di chi avesse discendenti legittimi e legittimati e
che l'adozione era prevista anche per il maggiorenne - posto che le
disposizioni ex articoli 206, 207 e 208 Cod. abr. avevano la funzione
di specificare che il minore potesse essere adotto purche' avesse
compiuto diciotto anni - la maggiore eta' era a ventuno anni ex art.
240 Cod. abr. - e vi fosse il consenso dei genitori o del tutore e
del consiglio di famiglia (in tal senso la disposizione ex art. 208,
II co., Cod. abr. prevedeva il consenso del coniuge dell'adottato con
la conseguenza che l'adozione non era limitata solo ai minorenni
maggiori di anni diciotto ma che le disposizioni ex artt. 207 e segg.
avevano la funzione di specificare che anche i minori potessero
essere adottati con la specificazione che l'eta' per contrarre
matrimonio era fissata all'epoca a quindici anni).
La breve ricostruzione storica e' utile a veicolare -
preliminarmente - l'ermeneusi dalla disciplina dell'adozione
attraverso un criterio interpretativo che tenga conto delle origini
storiche dell'istituto.
L'adozione pertanto originariamente non prevedeva un taglio netto
- come il nostro ordinamento - tra adozione del maggiorenne e
adozione del minorenne, ma condivideva una ricostruzione
interpretativa che - pur non disconoscendo la funzione di
perpetuazione della discendenza al fine di conservare il patrimonio e
il cognome dell'adottante - nondimeno conosceva una funzione di
istituto per la cura degli aspetti strettamenti personalistici e
anche con finalita' umanitarie.
Questo Tribunale ritiene - al fine di contenere il dato
motivazionale della ritenuta illegittimita' costituzionale della
disposizione ex art. 291, I co., c.c. - non utile soffermarsi sulla
legge 5 giugno 1967 n. 431 che introdusse - articoli 314/1 - 314/28
c.c. - l'adozione speciale a favore di minori dichiarati in stato di
adottabilita' e poi abrogata a fronte della riforma operata con legge
4 maggio 1983 n. 184 e modificata legge 28 marzo 2001 n. 149 se non
al fine di rilevare il dato che la giurisprudenza ha ritenuto la
diversita' dell'adozione del minorenne rispetto a quella del
maggiorenne.
Il Collegio non ignora che la giurisprudenza costituzionale ha
rilevato che «L'organica disciplina della adozione dei minori,
dettata dalla legge n. 184 del 1983, ha come essenziale e dominante
obiettivo - in conformita' alle convenzioni internazionali volte a
disciplinare e proteggere in modo specifico i minori (si veda in
proposito la Convenzione di Strasburgo sulla loro adozione,
ratificata in forza della legge 22 maggio 1974, n. 357) - l'interesse
dei minori stessi ad un ambiente familiare stabile ed armonioso, nel
quale si possa sviluppare la loro personalita', godendo di un
equilibrato contesto affettivo ed educativo che ha come riferimento
idonei genitori adottivi. Coessenziali all'adozione dei minori sono
l'inserimento nella famiglia di definitiva accoglienza ed il rapporto
con i genitori adottivi, i quali assumono la responsabilita'
educativa dei minori adottati. Ne deriva l'attribuzione ad essi delle
potesta' e dei doveri che caratterizzano la posizione dei genitori
nei confronti dei figli, anche quando, come nella adozione in casi
particolari (art. 48 della legge n. 184 del 1983), il minore non
sempre versi in stato di abbandono e non cessino del tutto i rapporti
con i genitori di origine. In questo contesto, che implica di
necessita' il pieno inserimento del minore nella comunita' familiare
adottiva, si colloca l'obbligo dell'adottante di mantenere, istruire
ed educare l'adottato, in conformita' a quanto prescritto dall'art.
147 del c.c.per i figli nati nel matrimonio (art. 48 della legge n.
184 del 1983). La specialita' di questa disciplina legislativa
risponde alla specificita' delle esigenze di protezione del minore.
In funzione dell'interesse di quest'ultimo il provvedimento di
adozione e' circondato di particolari cautele ed e' pronunciato
all'esito di un procedimento che implica un incisivo controllo del
Tribunale per i minorenni, volto a verificare, al di la' della
volonta' delle parti interessate, se l'adozione realizza il
preminente interesse del minore» e che «L'adozione di persone
maggiori di eta' si caratterizza in modo ben diverso da come in
precedenza delineato. Essa non implica necessariamente l'instaurarsi
o il permanere della convivenza familiare, non determina la
soggezione alla potesta' dei genitori adottivi, ne' impone
all'adottante l'obbligo di mantenere, istruire ed educare l'adottato.
Inoltre l'adozione di persone maggiori di eta' e' essenzialmente
determinata dal consenso dell'adottante e dell'adottanda, giacche' il
controllo del Tribunale verte sui requisiti che legittimano
l'adozione, essendo rimesso al giudice il ristretto potere di
valutare se l'adozione «conviene» all'adottanda (art. 312 del codice
civile). Nell'adozione di persone maggiori di eta' al giudice non e'
attribuito alcun discrezionale apprezzamento dell'interesse della
persona dell'adottanda; ne' possono essere effettuati quegli incisivi
controlli previsti per l'adozione di minori, che significativamente
rispecchiano la diversita' di presupposti e di finalita' dei due
istituti» (Corte Cost., sentenza 8 marzo 1993 n. 89).
L'approdo richiamato ritenne - all'epoca - che fosse coerente con
il sistema - a fronte della diversita' tra adozione del minorenne e
del maggiorenne - consentire la derogabilita' dei divieti di adozioni
concernenti di eta' solo per l'adozione del minorenne secondo la
disciplina della disposizione ex art. 44 legge 184 del 1983 dopo la
parziale dichiarazione di incostituzionalita' nella parte che non
consentiva al giudice di ridurre l'intervallo temporale per
l'adozione in presenza di «validi motivi» per la realizzazione
dell'unita' familiare (Corte Cost., sentenza 2 febbraio 1990 n. 44;
cfr. per la deroga ai limiti temporali Corte Cost. 18 marzo 1992 n.
148).
Nondimeno, la linea ermeneutica tracciata da Corte Cost. 89 del
1993 risulta si' condivisa dal recente orientamento della
giurisprudenza di legittimita' - che ha ritenuto non dover sollevare
questione di legittimita' costituzionale - ma ha rilevato che
l'adozione «nell'accezione e configurazione sociologica assunta
dall'istituto negli ultimi decenni, in cui - come e' indiscusso sia
in dottrina che nella giurisprudenza - ha perso la sua originaria
connotazione diretta ad assicurare all'adottante la continuita' della
sua casata e del suo patrimonio, per assumere la funzione di
riconoscimento giuridico di una relazione sociale, affettiva ed
identitaria, nonche' di una storia personale, di adottante e
adottando, con la finalita' di strumento volto a consentire la
formazione di famiglie tra soggetti che, seppur maggiorenni, sono tra
loro legati da saldi vincoli personali, morali e civili. In sostanza,
l'istituto ha perso la sua originaria natura di strumento volto a
tutelare l'adottante per assumere una valenza solidaristica che,
seppure distinta da quella inerente all'adozione di minori, non e'
immeritevole di tutela. In tale mutato contesto sociale, il suddetto
limite di (Omissis) anni appare un ostacolo rilevante ed
ingiustificato all'adozione dei maggiorenni, un'indebita ed
anacronistica ingerenza dello Stato nell'assetto familiare in
contrasto con l'art. 8 Cedu, interpretato nella sua accezione piu'
ampia riguardo ai principi del rispetto della vita familiare e
privata. Infatti, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha piu'
volte affermato che, al di la' della protezione contro le ingerenze
arbitrarie, l'art. 8, pone a carico dello Stato degli obblighi
positivi dl rispetto effettivo della vita familiare. In tal modo,
laddove e' accertata l'esistenza di un legame familiare, lo Stato
deve in linea di principio agire in modo tale da permettere a tale
legame di svilupparsi» (Sentenza CEDU del 13 ottobre 2015, su ricorso
n. 52557/14)» (Cass., Sez. I civile, 3 aprile 2020 n. 7667).
La decisione di legittimita' risulta fondamentale perche' a
fronte della riconosciuta natura dell'adozione di maggiorenne di
istituto diretto a completare e tutelare la vita privata e familiare
della persona - ex art. 8 Carta EDU - la giurisprudenza di
legittimita' ha ritenuto legittimo il superamento del limite d'eta'
ex art. 291 c.c. all'adozione da parte del giudice al fine di
tutelare situazioni familiari consolidatesi nel tempo.
Questo Tribunale ritiene che il tracciato evolutivo dell'adozione
e - in particolare - dell'adozione del maggiorenne ora data sia stata
recepita anche dal condivisibile orientamento della giurisprudenza di
legittimita' con la sentenza del 18 gennaio 2024 n. 5.
Preme a questo Collegio rilevare che la detta decisione ha
interessato la stessa disposizione oggetto della presente ordinanza,
ossia la disposizione ex art. 291, I co., c.c. che pone i divieti e/
o limitazioni per l'adozione del maggiorenne che si richiama:
«l'adozione e' permessa alle persone che non hanno discendenti,
che hanno compiuto gli anni trentacinque e che superano di diciotto
anni l'eta' di coloro che intendono adottare».
La Corte ha affrontato preliminarmente la questione se la
disposizione ex art. 291, I co., c.c. potesse essere oggetto di
interpretazione costituzionalmente orientata a fronte del fatto che
il giudice remittente ritenne non condivisibile la richiamata
decisione 3 aprile 2020 n. 7667 limitatamente alla ritenuta
possibilita' di interpretare detto divieto in modo costituzionalmente
orientato.
La Corte ha quindi ritenuto che «Deve, al riguardo,
preliminarmente darsi atto che correttamente il giudice a quo ha
escluso la possibilita' di un'interpretazione costituzionalmente
orientata della disposizione censurata, cosi' sottoponendo allo
scrutinio di questa Corte il proprio dubbio. Secondo la costante
giurisprudenza costituzionale, infatti, «l'onere di interpretazione
conforme viene meno, lasciando il passo all'incidente di
costituzionalita', allorche' il giudice rimettente sostenga, come nel
caso di specie, che il tenore letterale della disposizione non
consenta tale interpretazione» (sentenza n. 104 del 2023; nello
stesso senso, sentenze n. 102 del 2021, n. 253 del 2020 e n. 232 del
2013). Nella specie, la formula perentoria del primo comma dell'art.
291 codice civile, nella parte in cui legittima l'adozione dei
maggiorenni ai richiedenti che «superano di almeno diciotto anni
l'eta' di coloro che essi intendono adottare», integra all'evidenza
detto limite all'onere di interpretazione conforme».
Peraltro, la Corte ha anche rilevato che «Questa Corte ha
ripetutamente affermato che l'ammissibilita' delle questioni di
legittimita' costituzionale risulta condizionata non tanto
dall'esistenza di un'unica soluzione costituzionalmente obbligata,
quanto dalla presenza nell'ordinamento di una o piu' soluzioni
costituzionalmente adeguate, che si inseriscano nel tessuto normativo
coerentemente con la logica perseguita dal legislatore (ex plurimis,
sentenze n. 221 del 2023, n. 252 e n. 224 del 2020). Solo «se manca
una soluzione costituzionalmente adeguata o se «il superamento dei
prospettati dubbi di legittimita' costituzionale esige un intervento
di sistema del legislatore» (sentenza n. 47 del 2023), allora la
questione e' inammissibile» (sentenza n. 221 del 2023, che cita, in
termini, le sentenze n. 202, n. 143, n. 100 e n. 1 del 2022, n. 151,
n. 59, n. 33 e n. 32 del 2021, n. 80 e n. 47 del 2020)».
La Corte ha quindi ritenuto che «La censura relativa alla
violazione dell'art. 2 Cost. e' fondata. Induce alla rimeditazione
dell'illustrato orientamento della giurisprudenza costituzionale -
peraltro sviluppatosi essenzialmente sul solo tema delle differenze
di struttura, funzione ed effetti tra l'adozione del maggiorenne e
quella del minore in casi particolari - la descritta linea evolutiva
della stessa giurisprudenza costituzionale e di quella di
legittimita' in relazione anche alla mutata configurazione
sociologica dell'adozione del maggiorenne, sottolineata dal giudice a
quo. In siffatto quadro complessivo, in cui l'istituto ha da ultimo
assunto anche la funzione di riconoscimento giuridico di nuove
formazioni sociali in cui vivano relazioni identitarie ed affettive,
il giudice a quo - senza contestare il significato sotteso alla
generale previsione di un tendenziale divario di eta' tra adottante e
adottato - correttamente si duole dell'automatismo del meccanismo
che, nella sua fissita', che prescinde completamente
dall'apprezzamento della esiguita' dello scostamento rispetto alla
differenza minima di eta' prescritta, sacrifica aprioristicamente il
diritto alla identita' della persona. 6.2. L'adozione di persone
maggiori di eta' non persegue piu', e soltanto, per come vive
attualmente nell'ordinamento, la funzione tradizionale di
trasmissione del cognome e del patrimonio, con conseguenze destinate
a riverberarsi sul mero piano di disciplina relativa agli alimenti e
alle successioni, ma e' divenuto uno strumento duttile e sensibile
alle sollecitazioni della societa', in cui assumono crescente
rilevanza i profili personalistici, accanto a quelli patrimoniali.
L'istituto - suggellando sovente l'effettiva e definitiva coincidenza
tra situazione di fatto e status - formalizza legami
affettivo-solidaristici che, consolidatisi nel tempo e preesistenti
al riconoscimento giuridico, sono rappresentativi dell'identita'
dell'individuo».
Pertanto, la Corte ha rilevato che «L'attuale conformazione
dell'istituto rende, anche in questo caso, «palese l'irragionevolezza
di una regola priva di un margine di flessibilita'» (sentenza n. 135
del 2023, punto 7.2. del Considerato in diritto), in quanto destinata
ad entrare in frizione, nell'assolutezza della previsione, con il
diritto costituzionale inviolabile all'identita' personale.
7. L'esigenza della temperata derogabilita' dei limiti di eta'
nell'adozione ha gia' trovato ripetuta affermazione nella
giurisprudenza di questa Corte (vedi supra, punto 5.4.1.).
L'ordinario divario di eta' tra adottante e adottato mantiene
intatta, del resto, la sua valenza. E' la assoluta inderogabilita' di
esso che entra in frizione con i richiamati principi costituzionali.
Il punto di equilibrio e' nell'accertamento rimesso al giudice (come
previsto, in tema di assensi, dall'art. 297, secondo comma, codice
civile), che, caso per caso e nel bilanciamento degli interessi
coinvolti, individuati in ragione della nuova funzionalita'
dell'istituto, provvedera' ad apprezzare se esistano motivi
meritevoli che consentano di derogarvi nel caso in cui la riduzione
di quel divario risulti esigua. Non e' necessario che la nozione di
esiguita' sia ulteriormente definita tramite l'indicazione di criteri
piu' specifici, ai quali il giudice dovrebbe ispirarsi nel valutare i
singoli casi in cui il limite minimo dei diciotto anni possa essere
derogato. Essa rappresenta una clausola generale, e/te richiama la
necessita' di conservare una ragionevole imitazione del divario
esistente in natura tra genitore e figlio, la cui impellenza e'
destinata ad affievolirsi via via che aumenta l'eta' dell'adottato.
8. L'art. 291, primo comma, cod. civ. deve essere pertanto dichiarato
costituzionalmente illegittimo nella parte in cui, per l'adozione del
maggiorenne, non consente al giudice di ridurre, nei casi di esigua
differenza e sempre che sussistano motivi meritevoli, l'intervallo di
eta' di diciotto anni fra adottante e adottando».
Peraltro, questo Tribunale richiama - quale ritenuto utile
precedente per il tertium comparationis per censurare l'automatismo
del divieto di adottare il maggiorenne a chi abbia discendenti minori
la decisione della Corte costituzionale con la quale e' stata
dichiarata l'incostituzionalita' della disposizione ex art. 569
codice penale «nella parte in cui stabilisce che, in caso di condanna
pronunciata contro il genitore per il delitto di alterazione di
stato, previsto dall'art. 567, secondo comma, del codice penale,
consegua di diritto la perdita della potesta' genitoriale, cosi'
precludendo al giudice ogni possibilita' di valutazione
dell'interesse del minore nel caso concreto» (Corte Cost., sentenza
23 febbraio 2012 n. 31).
La disposizione comportava automaticamente la pena accessoria
della sospensione della responsabilita' genitoriale per coloro che
fossero stati condannati per uno dei delitti previsti dalle
disposizioni ex articoli 566 e segg. c.p.
L'approdo ermeneutico della Corte costituzionale ha rilevato che
la sanzione automatica fosse una eccessiva ingerenza del potere dello
Stato nei rapporti privati e familiari posto che l'automatismo
impediva' di valutare il caso concreto in quanto i delitti cui
accedeva non recavano in se' l'inidoneita' del soggetto all'esercizio
del ruolo genitoriale.
Questo Tribunale ritiene che pena e divieto siano limiti alla
sfera del privato e che per essere legittimi devono anche essere
proporzionali all'interesse che sono diretti a tutelare.
Ritiene il Collegio che il divieto di adottare a chi abbia
discendenti abbia l'origine nella tutela della trasmissione del
patrimonio ai discendenti legittimi e legittimati - impedendo la
dispersione del patrimonio familiare - e quale strumento rafforzativo
il divieto di legittimare figli naturali quale afflato di un'epoca
che teneva in grande considerazione la presenza della discendenza
legittima e che faceva quindi da sfondo a un'opinione dottrinaria e
storica di ostilita' all'adozione, per quanto la costruzione e la
conservazione dell'adozione sia stata realizzata attraverso
l'opionione liberal - illuministica di coloro che ne hanno
evidenziato la finalita' umanitaria.
Questo Tribunale ritiene che il giudice investito della domanda
di adozione del maggiorenne da parte di chi abbia discendenti minori
debba poter modulare la finalita' della conservazione del patrimonio
familiare con la tutela dei legami familiari e affettivi e che detta
modulazione e' - allo stato - impedito dalla perentorieta' del
divieto posto dalla disposizione ex art. 291, I co., c.c.
L'origine del divieto per un verso delinea anche l'assenza di
poter conservare detto divieto sulla base dell'inidoneita' del
discendente minore a esprimere un consenso proprio per la sua
incapacita', posto che detta situazione risulta obliterabile con la
sola attesa del decorso del tempo - in attesa del raggiungimento
della maggiore eta' - e in quanto volonta' veicolabile attraverso un
soggetto esterno e indipendente dai soggetti coinvolti quale un
curatore speciale.
Ritiene quindi il Collegio che il divieto di adottare il
maggiorenne in presenza di discendenti minori e' compatibile se
interpretato quale misura di protezione del minore da eventuali
pregiudizi derivanti dall'adozione ma che risulta nondimeno
illegittimo nella sua portata automatica che preclude ogni
valutazione caso per caso da parte del Giudice.
Ne discende che la portata automatica del divieto di adottare il
maggiorenne a chi abbia discendenti minori in ragione della
disposizione ex art. 291, I co., c.c. e' incompatibile con le
disposizioni ex articoli 2 e 3 Cost. e art. 8 Carta EDU in
riferimento alla disposizione ex art. 117, I co., Cost.
P.Q.M.
Il Tribunale di Civitavecchia, in composizione collegiali, cosi
provvede:
Dichiara rilevante nel presente giudizio e non manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale dalla
disposizione ex art. 291, I co., c.c. nella parte che prevede che
«l'adozione e' permessa alle persone che non hanno discendenti» -
come interpretata all'esito della sentenza n. 577 del 1988 e della
sentenza n. 345 del 1992 della Corte costituzionale - nella parte in
cui non consente una deroga al divieto in assenza di pregiudizio ai
discedenti minori derivante dall'adozione rimessa alla valutazione
del giudice a fronte dell'automatismo del divieto per la violazione
delle disposizioni ex articoli 2 e 3 Cost. e 8 Carta EDU in
riferimento alla disposizione ex art. 117, I co., Cost.;
sospende il giudizio;
dispone che la presente ordinanza sia notificata, a cura della
cancelleria, alle parti e alla Presidenza del Consiglio dei ministri,
e sia comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della
Camera dei deputati;
ordina l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della
presente ordinanza e degli atti del giudizio insieme con la prova
delle comunicazioni e notificazioni di cui al precedene capoverso.
Cosi' deciso nella Camera di consiglio in Civitavecchia, il 13
gennaio 2025.
Il Presidente: Gelso
Il giudice: Barzellotti