Reg. ord. n. 205 del 2025 pubbl. su G.U. del 29/10/2025 n. 44

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio  del 28/08/2025

Tra: James Barry Fine Art Limited  C/ Ministero della Cultura



Oggetto:

Beni culturali - Uscita dal territorio nazionale – Previsione che è soggetta ad autorizzazione l’uscita definitiva dal territorio delle cose, a chiunque appartenenti, che presentino interesse culturale, siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, il cui valore, tranne le previste eccezioni, sia superiore ad euro 13.500 – Previsione che non è soggetta all’autorizzazione l’uscita delle medesime cose, il cui valore sia inferiore a euro 13.500 e che in tali casi l'interessato ha l'onere di comprovare al competente ufficio di esportazione, mediante dichiarazione ai sensi del testo unico di cui al d. P.R n. 445 del 2000, che le cose da trasferire all'estero rientrino nelle ipotesi per le quali non è prevista l'autorizzazione – Previsione che colui che intende far uscire in via definitiva dal territorio della Repubblica le cose indicate nell'art. 65, comma 3, del d. lgs. n. 42 del 2004, deve farne denuncia e presentarle al competente ufficio di esportazione, indicando, contestualmente e per ciascuna di esse, il valore venale, al fine di ottenere l'attestato di libera circolazione – Previsione che l’ufficio esportazione, qualora non abbia già provveduto al rilascio o diniego dell’attestato di libera circolazione, può proporre al Ministero dei ben culturali l’acquisto coattivo della cosa per la quale è richiesto tale attestato – Denunciata disparità di trattamento rispetto a situazioni analoghe sia sotto il profilo oggettivo della differente tipologia di beni di interesse culturale, sia sotto il profilo soggettivo avuto riguardo ai relativi possessori, detentori, proprietari, operatori economici del settore – Individuazione di un valore sottosoglia aleatorio e irrazionale che affievolisce la promozione e la tutela del patrimonio culturale nazionale, consentendo la più agevole circolazione privata dei beni in parola – Irragionevole inibizione del potere discrezionale dell’amministrazione di individuare elementi che giustificano l’imposizione di una particolare tutela, finanche quella di acquisizione coattiva, anche di beni di valore relativamente o presuntivamente modesto – Violazione del principio del buon andamento – Lesione del principio di ragionevolezza.

- Decreto-legislativo 22 gennaio 2004, n 42, artt. 70, 68 e 65, comma 3, lettera a), secondo periodo, nonché commi 4 e 4-bis.

- Costituzione, artt. 3, comma 1, 9, commi primo e secondo, e 97, secondo comma.

Beni culturali – Ingresso nel territorio nazionale – Previsione che la spedizione in Italia da uno Stato membro dell'Unione europea o l'importazione da un Paese terzo delle cose o dei beni indicati nell'art. 65, comma 3, del decreto legislativo n. 42 del 2004 sono certificati, a domanda, dall'ufficio di esportazione – Denunciata omessa applicazione di tale regime normativo ai beni di cui all’art. 65, commi 4 e 4-bis del d.lgs. n. 42 del 2004 il cui valore sia inferiore ad euro 13.500 – Disparità di trattamento che si determina in relazione ai beni importati di valore superiore alla soglia, i quali appaiono beneficiare di una esenzione rispetto agli interventi di tutela statale, qualora siano stati oggetto di dichiarazione di importazione – Disposizione discriminatoria, e palesemente irragionevole - Sacrificio imposto all’iniziativa economica privata e alla proprietà sproporzionato rispetto al necessario, dato che verrebbero ostacolati gli scambi culturali e commerciali oltre che le attività di restauro e valorizzazione e conservazione dei beni di valore culturale – Irragionevolezza dell’intervento pubblico che lede il principio di buon andamento – Lesione dell’autonomia negoziale ritenuto uno dei diritti inviolabili dell’uomo come singolo.

- Decreto-legislativo 22 gennaio 2004, n 42, artt. 72 e 65, comma 3, lettera a), secondo periodo, nonché commi 4 e 4-bis.

- Costituzione, artt. 2, 3, 41, 42 e 97.

Norme impugnate:

decreto legislativo  del 22/01/2004  Num. 42  Art. 65  Co. 3

decreto legislativo  del 22/01/2004  Num. 42  Art. 65  Co. 4

decreto legislativo  del 22/01/2004  Num. 42  Art. 65  Co. 4

decreto legislativo  del 22/01/2004  Num. 42  Art. 68

decreto legislativo  del 22/01/2004  Num. 42  Art. 70

decreto legislativo  del 22/01/2004  Num. 42  Art. 72



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.

Costituzione  Art. 41   Co.  

Costituzione  Art. 42   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.




Testo dell'ordinanza

                        N. 205 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 agosto 2025

Ordinanza del 28 agosto 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da James  Barry  Fine  Art  Limited
contro  Ministero  della   cultura,   Musei   reali   di   Torino   e
Soprintendenza archeologica belle arti  e  paesaggio  per  la  Citta'
metropolitana di Milano. 
 
Beni culturali - Uscita dal territorio nazionale - Previsione che  e'
  soggetta ad autorizzazione l'uscita definitiva dal territorio delle
  cose, a chiunque appartenenti, che presentino interesse  culturale,
  siano opera di autore non piu' vivente e la cui esecuzione  risalga
  ad  oltre  settanta  anni,  il  cui  valore,  tranne  le   previste
  eccezioni, sia superiore ad euro 13.500 -  Previsione  che  non  e'
  soggetta all'autorizzazione l'uscita delle medesime  cose,  il  cui
  valore sia inferiore a euro 13.500 e che in tali casi l'interessato
  ha l'onere di comprovare al  competente  ufficio  di  esportazione,
  mediante dichiarazione ai sensi del testo unico di cui al d.P.R  n.
  445 del 2000, che le cose da trasferire all'estero rientrino  nelle
  ipotesi per le quali non e' prevista l'autorizzazione -  Previsione
  che colui che intende far uscire in via definitiva  dal  territorio
  della Repubblica le cose indicate nell'art. 65, comma 3, del d.lgs.
  n. 42 del 2004, deve farne denuncia  e  presentarle  al  competente
  ufficio di esportazione, indicando, contestualmente e per  ciascuna
  di esse, il valore venale,  al  fine  di  ottenere  l'attestato  di
  libera  circolazione  -  Previsione  che  l'ufficio   esportazione,
  qualora  non  abbia  gia'  provveduto   al   rilascio   o   diniego
  dell'attestato di libera circolazione, puo' proporre  al  Ministero
  dei beni culturali l'acquisto coattivo della cosa per la  quale  e'
  richiesto tale attestato. 
- Decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n  42  (Codice  dei  beni
  culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge  6
  luglio 2002, n. 137), artt. 70, 68  e  65,  comma  3,  lettera  a),
  secondo periodo, nonche' commi 4 e 4-bis. 
Beni culturali - Ingresso nel territorio nazionale -  Previsione  che
  la spedizione in Italia da uno Stato membro dell'Unione  europea  o
  l'importazione da un Paese terzo delle cose  o  dei  beni  indicati
  nell'art. 65, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004 sono  certificati,
  a  domanda,  dall'ufficio  di  esportazione  -  Denunciata   omessa
  applicazione di tale regime normativo ai beni di cui  all'art.  65,
  commi 4 e 4-bis, del d.lgs. n. 42  del  2004,  il  cui  valore  sia
  inferiore ad euro 13.500. 
- Decreto  legislativo  22  gennaio  2004,  n  42  (Codice  dei  beni
  culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge  6
  luglio 2002, n. 137), artt. 72 e 65, comma 3, lettera  a),  secondo
  periodo, nonche' commi 4 e 4-bis. 


(GU n. 44 del 29-10-2025)

 
          IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO 
 
                       Sezione seconda quater 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 5349 del 2022, proposto da  James  Barry  Fine  Art
Limited,  in  persona  del   legale   rappresentante   pro   tempore,
rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Antonio Marchesi, Marco
Sgroi, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia  e
domicilio eletto presso  lo  studio  Marco  Sgroi  in  Piacenza,  via
Giordani 15/F; 
    contro  Ministero  della  cultura,   Musei   reali   di   Torino,
Soprintendenza archeologia belle  arti  e  paesaggio  per  la  Citta'
metropolitana di Milano, in persona  del  legale  rappresentante  pro
tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato,
domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    per l'annullamento del decreto del 2 aprile  2021  del  Ministero
della cultura, Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio,
Servizio IV, prot. DG-ABAP_02/04/2021_DECRETO 258, con cui  e'  stato
disposto  l'acquisto  coattivo  all'esportazione   del   dipinto   di
Francesco Trevisani  (1656-1746)  noto  come  «Ritratto  del  pittore
Claudio Francesco  Beaumont»,  e  di  ogni  altro  atto  presupposto,
implicito, conseguente e connesso,  ivi  espressamente  inclusi,  per
quanto occorrer possa, la nota del Ministero della cultura, Direzione
generale  archeologia  belle  arti   e   paesaggio,   Servizio   IV -
Circolazione       del       2       aprile        2021,        prot.
MIC_DG-ABAP_SERV_IV_UO1_02/04/2021_0011123-P, la nota  del  31  marzo
2021 del Ministero della cultura, Soprintendenza  archeologia,  belle
arti e paesaggio per  la  Citta'  metropolitana  di  Milano,  Ufficio
esportazione, prot. 3609 SABAP MI, e la nota del 23  marzo  2021  del
Ministero    della    cultura,    Musei    reali    Torino,     prot.
MIBACT_MIBACT_MR-TO_23/03/2021_0000726-P,   nonche'    del    decreto
ministeriale MIBACT 17 maggio 2018, n. 246, art. 7,  comma  V;  e  di
ogni  altro  atto  ad  essi  presupposto,  implicito,  conseguente  e
connesso; 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio  del  Ministero  della
cultura, dei Musei reali di Torino e della Soprintendenza archeologia
belle arti e paesaggio per la Citta' metropolitana di Milano; 
    Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.; 
    Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento  dell'arretrato
del giorno 11 luglio 2025 il dott. Giovanni Caputi  e  uditi  per  le
parti i difensori come specificato nel verbale. 
1. Profili essenziali della controversia. 
    1.1. Con l'atto introduttivo del presente giudizio la  ricorrente
espone di essere una societa' di diritto irlandese con sede a Dublino
(Irlanda) che, in data 19 novembre 2020, partecipava, presso la  casa
d'aste tedesca Van Ham Kunstauktionen GmbH, con sede a Colonia  (DE),
alla vendita all'asta di una serie di oggetti di interesse artistico.
In tale  contesto  essa  si  aggiudicava  un  dipinto  realizzato  da
Francesco Trevisani, risalente al XVIII sec., noto come «Ritratto  di
Claudio Francesco Beaumont». 
    Successivamente  all'acquisto,  il  dipinto   veniva   trasferito
temporaneamente in Italia al fine precipuo di effettuare, da parte di
tecnici specializzati, un esame diagnostico propedeutico  ad  un  suo
eventuale restauro. 
    Concluse tali  operazioni,  la  ricorrente  intendeva  trasferire
l'opera presso la propria sede in  Irlanda,  a  tal  fine  conferendo
l'incarico  ad  una  societa'  italiana  operante  nel   ramo   delle
spedizioni internazionali. 
    La societa' incaricata del trasporto, in data  8  febbraio  2021,
dopo che il dipinto era stato liberamente introdotto nello Stato come
previsto  per  le  opere  di  valore  inferiore  ad  euro  13.500,00,
presentava all'Ufficio esportazione di Milano - come  disposto  dalla
legge -  apposita  dichiarazione  per  l'uscita  di  oggetti   d'arte
eseguiti da piu' di settant'anni e del predetto valore  inferiore  ad
euro 13.500,00, allegando la documentazione all'uopo richiesta. 
    1.2. Tuttavia, il Ministero, in persona  del  direttore  generale
archeologia belle arti e paesaggio, su proposta dei  Musei  reali  di
Torino resa con nota del 23 marzo  2021,  rispondeva  alle  richieste
dell'Ufficio  esportazione   di   Milano   disponendo   con   decreto
l'acquisizione coattiva, ai sensi dell'art. 70 del  codice  dei  beni
culturali  di  cui  al  decreto  legislativo  n.  42/2004  successive
modificazioni ed integrazioni (infra «Codice»), del predetto  dipinto
di proprieta' della ricorrente. 
    1.3. Avverso tale provvedimento viene proposta l'impugnazione  di
cui in epigrafe, notificata in data 2 aprile 2021. 
    Il  ricorso   veniva   inizialmente   depositato   al   Tribunale
amministrativo  regionale  Lombardia   che   pero',   con   ordinanza
collegiale  n.   894/2022,   dichiarava   la   propria   incompetenza
territoriale, rilevando  che  la  presente  controversia  afferirebbe
all'impugnazione di un atto statale, promanante dal Ministro dei beni
culturali e del turismo, di natura regolamentare  ed  avente  effetti
diretti non limitati al territorio della Regione Lombardia. Pertanto,
al lume dell'art. 13, commi 1, 3 e 4-bis del c.p.a., veniva affermata
la competenza del Tribunale amministrativo regionale  Lazio,  innanzi
al quale la causa e' stata riassunta nei termini. 
    1.4.  All'udienza  indicata  in  epigrafe  la  causa   e'   stata
trattenuta in decisione. 
    1.5. Preliminarmente deve darsi atto che il collegio,  come  dato
avviso in udienza senza  eccezioni  formulate  dalle  parti  ad  essa
presenti ed in particolare senza  opposizione  della  ricorrente,  ha
ritenuto di acquisire alla presente causa  l'intero  fascicolo  degli
atti e documenti depositati  al  Tribunale  amministrativo  regionale
Lombardia, Milano, nel giudizio n. r.g. 890/2021 sia dalla ricorrente
sia dall'amministrazione. 
    In  effetti,  l'amministrazione  ha  omesso  di  depositare   nel
giudizio presso lo scrivente Tribunale alcuni degli  atti  presentati
invece presso  il  Tribunale  amministrativo  regionale  dichiaratosi
territorialmente incompetente: circostanza  di  cui  il  collegio  ha
preso conoscenza mediante l'esame  delle  ultime  memorie  depositate
dalla ricorrente. Ma l'art. 13, comma 4, c.p.a., prevede che in  caso
di  riassunzione  a  seguito   di   dichiarazione   di   incompetenza
territoriale il processo «continua davanti al nuovo giudice», sicche'
deve  ritenersi   quantomeno   consentito   al   giudice   competente
l'acquisizione  dei  menzionati  atti,  tanto  piu'  in  assenza   di
opposizione delle parti. 
    1.6. Premesso quanto sopra, il ricorso e' parzialmente  infondato
e, pertanto, da respingere con riguardo al secondo motivo di ricorso,
afferente  alla  presunta  sussistenza   di   alcune   illegittimita'
procedimentali che vizierebbero gli atti impugnati, ed  a  parte  del
terzo motivo, come da  separata  sentenza  parziale  in  cui  vengono
motivate  le  ragioni  della   menzionata   reiezione;   mentre,   in
riferimento al primo ed a parte del terzo dei motivi di  ricorso,  il
collegio ritiene di dover sollevare  due  questioni  di  legittimita'
costituzionale, nei sensi di cui appresso. 
2. Le questioni di costituzionalita'  e  la  relativa  non  manifesta
infondatezza. 
    2.1. Il primo motivo di ricorso  denunzia:  «Violazione  e  falsa
applicazione degli articoli 65, 68 e 70 del  decreto  legislativo  22
gennaio 2004, n. 42. Violazione e falsa applicazione del decreto  del
Ministero della cultura n. 246/2018. Violazione e falsa  applicazione
della legge n. 124/2017, con particolare ma  non  esclusivo  riguardo
all'art. 1, comma 176. Violazione e falsa applicazione  dell'art.  23
della Costituzione. Violazione di legge. Eccesso di potere per  falsa
ed errata interpretazione ed applicazione  di  norme  di  legge,  per
errore   sui    presupposti.    Illogicita',    irragionevolezza    e
contraddittorieta'.». 
    Con tale  mezzo  di  gravame  la  ricorrente  ha  sostanzialmente
contestato la legittimita' dell'acquisizione coattiva del  menzionato
dipinto perche' si tratterebbe  di  opera  «sotto  soglia»  ossia  di
valore  inferiore  a  13.500  euro,   che   la   speciale   normativa
escluderebbe  ai  fini  dell'esercizio  del  potere  di  acquisizione
coattiva da parte dell'amministrazione. 
    Il collegio e' dell'avviso che  tale  doglianza  sia  fondata  ma
nutre dubbi sulla legittimita' costituzionale degli articoli 65, 68 e
70 del codice che costituiscono la  base  normativa  del  rilievo  in
questione. 
    Nello specifico, alla stregua del richiamato art.  70,  rubricato
«Acquisto coattivo»: «1. Entro il termine indicato all'art. 68, comma
3, l'ufficio di esportazione, qualora non abbia  gia'  provveduto  al
rilascio o al diniego dell'attestato  di  libera  circolazione,  puo'
proporre al Ministero l'acquisto coattivo della cosa per la quale  e'
richiesto l'attestato di  libera  circolazione,  dandone  contestuale
comunicazione alla  regione  e  all'interessato,  al  quale  dichiara
altresi' che l'oggetto gravato dalla proposta di  acquisto  resta  in
custodia presso l'ufficio medesimo fino alla conclusione del relativo
procedimento. In tal caso il termine per il  rilascio  dell'attestato
e' prorogato di sessanta giorni. 
    2. Il Ministero ha la facolta'  di  acquistare  la  cosa  per  il
valore indicato nella  denuncia.  Il  provvedimento  di  acquisto  e'
notificato all'interessato entro il  termine  perentorio  di  novanta
giorni dalla denuncia. Fino a quando non sia intervenuta la  notifica
del  provvedimento  di  acquisto,   l'interessato   puo'   rinunciare
all'uscita dell'oggetto e provvedere al ritiro del medesimo. 
    3. Qualora il Ministero non intenda  procedere  all'acquisto,  ne
da' comunicazione, entro sessanta giorni dalla denuncia, alla regione
nel cui territorio si trova l'ufficio di esportazione proponente.  La
regione ha facolta' di acquistare la  cosa  nel  rispetto  di  quanto
stabilito all'art. 62, commi 2 e  3.  Il  relativo  provvedimento  e'
notificato all'interessato entro il  termine  perentorio  di  novanta
giorni dalla denuncia.». 
    Pertanto, conformemente all'appena citato  articolo,  che  e'  la
base giuridica su cui il Ministero ha esercitato il  proprio  potere,
possono essere oggetto di una proposta di acquisto  coattivo  i  beni
per i quali e' richiesto l'attestato di libera circolazione. 
    Tale attestato e' disciplinato dall'art. 68 del  codice  che,  al
comma 1, rinvia all'art. 65, comma 3, sempre della  sopra  menzionata
fonte normativa. 
    Il predetto art. 65, comma 3, prevede, per quanto qui  interessa,
che: «Fuori dei casi previsti  dai  commi  1  e  2,  e'  soggetta  ad
autorizzazione, secondo le modalita' stabilite nella presente sezione
e nella sezione II di questo Capo, l'uscita definitiva dal territorio
della  Repubblica:  a)  delle  cose,  a  chiunque  appartenenti,  che
presentino interesse  culturale,  siano  opera  di  autore  non  piu'
vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta  anni,  il  cui
valore, fatta eccezione per le cose di cui all'allegato A, lettera B,
numero 1, sia superiore ad euro 13.500; ». 
    Quindi, deve concludersi che  le  opere  di  valore  inferiore  a
13.500  euro,  come  quella  di  cui   alla   presente   causa,   non
rientrerebbero nell'ambito di applicazione del predetto art. 70, come
in effetti ha dedotto la ricorrente. 
    2.2. Il collegio - come si e' sopra preannunciato -  reputa  che,
nella  specie,   siano   violati   alcuni,   fondamentali,   precetti
costituzionali sottesi alle citate disposizioni  codicistiche  (oltre
che dei connessi commi 4 e 4-bis dell'art. 65 del codice  di  cui  si
dira' meglio infra) in particolare  con  riguardo  agli  articoli  3,
comma 1, 9, commi 1 e 2, 97, comma 2, della Costituzione. 
    Quanto all'art. 3 della Costituzione,  deve  notarsi  che  alcune
tipologie di beni non contemplano l'esenzione  «sotto  soglia»  sopra
ricordata, in particolare, facendo riferimento all'art. 65, comma  3,
si tratta: «b) degli archivi e dei singoli documenti, appartenenti  a
privati, che presentino interesse culturale; c) delle cose rientranti
nelle categorie di cui all'art. 11, comma 1, lettere f), g) ed h),  a
chiunque appartengano.». 
    Si prospetta, pertanto, una disparita' di trattamento rispetto  a
situazioni analoghe, sia sotto il profilo oggettivo della  differente
tipologia di beni  di  interesse  culturale,  sia  sotto  il  profilo
soggettivo  avuto  riguardo  ai   relativi   possessori,   detentori,
proprietari, operatori economici del settore: una disparita' che,  ad
avviso del collegio, non pare  trovare  ragionevole  motivazione,  in
sintonia con il quadro di tutela complessiva  che  e'  proprio  della
disciplina dei beni culturali; ne' il Ministero, negli atti di causa,
ha  giustificato,  sotto  il   profilo   dell'adeguatezza   e   della
proporzionalita', la  predetta  disciplina  legislativa,  sostenendo,
piuttosto, con argomento che non sembra persuasivo, anche per  quanto
appresso di precisera', che la citata  disposizione  legislativa  non
prevedrebbe delle soglie-limite. 
    Con riguardo all'art. 9, commi 1 e 2, della Costituzione,  appare
evidente  che  l'individuazione   di   un   valore   «sotto   soglia»
affievolisce la promozione  e  la  tutela  del  patrimonio  culturale
nazionale, consentendo la piu' agevole circolazione privata dei  beni
in parola. 
    In riferimento all'art. 97, comma  2,  della  Costituzione,  deve
rilevarsi  come  non  risulti   rispettato   dal   corpus   normativo
precedentemente riassunto il principio del buon andamento, nel  senso
delineato tra l'altro nella sentenza della  Corte  costituzionale  n.
132 del 2024, e, con specifico riferimento ai beni  culturali,  nella
sentenza n.  88  del  2025:  pronunce  che  veicolato  e  riaffermano
l'esigenza che l'amministrazione persegua il  risultato  della  piena
tutela dell'interesse pubblico, seguendo criteri di  economicita'  ed
efficacia,  nel  bilanciamento   di   tutti   gli   altri   interessi
costituzionali ed unionali. 
    Difatti,   risulta   irragionevolmente    inibito    il    potere
discrezionale  dell'amministrazione  di  individuare   elementi   che
giustifichino  l'imposizione  di  una  particolare  tutela,  finanche
quella  di  acquisizione  coattiva,   anche   di   beni   di   valore
relativamente o presuntivamente modesto. 
    Non dubita il  collegio  che,  in  linea  generale  ed  astratta,
l'individuazione in  via  legislativa  di  soglie  de  minimis  possa
risultare  funzionale  alla  migliore  selezione   degli   interventi
dell'amministrazione e, in tal modo, favorire  l'affermazione  di  un
assetto definito del  regime  di  circolazione  dei  beni  stessi  e,
comunque, fermo restando il caso di eccezionale interesse ex art. 65,
comma 4-bis, del codice. 
    Cosi' come il collegio ben considera il principio  per  il  quale
gli  interessi  ed  i  valori  costituzionali  devono  essere  sempre
bilanciati tra di loro. 
    Nondimeno, occorre notare che la fissazione di un presunto valore
economico  o  di  mercato  per  consentire,  o   meno,   l'intervento
acquisitorio,  nella  materia  che  occupa,   appare   manifestamente
aleatorio ed irrazionale. 
    Invero, e la considerazione vale anche al fine  di  confermare  i
dubbi  gia'  sollevati  con  riguardo  agli  articoli  3  e  9  della
Costituzione,  il   valore   venale   di   un   bene   non   riflette
necessariamente quello culturale e puo' facilmente risultare mutevole
ed anzi volatile nel tempo, perche' anche  in  un  breve  periodo  un
autore  o  un  artista  puo'  risultare  piu'  o  meno  apprezzato  o
rilevante, cosi' come puo' dipendere dai soggetti interessati  in  un
determinato contesto, oppure dagli eventi storici contingenti. 
    Inoltre, l'acquisto di un bene in sede di asta, come nel caso  di
specie, nella perfetta buona fede e correttezza di tutti  i  soggetti
protagonisti, puo' condizionare il conferimento  allo  stesso  di  un
determinato  valore   venale,   che   pero'   potrebbe   non   essere
condivisibile dal punto di vista dell'interesse pubblico alla  tutela
del patrimonio culturale o in un altro contesto commerciale. 
    In     altre     parole,     le     valutazioni     discrezionali
dell'amministrazione in materia paiono  necessitare  di  una  portata
prospettica o comunque di vedute ampie  e  scevre  da  preconcetti  e
condizionamenti normativi aprioristici, e le condizioni  del  mercato
privato   potrebbero   facilmente   risultare   opache,    per    cui
l'individuazione di una rigida soglia di valore de minimis non sembra
risultare in linea con gli articoli 3, comma 1, 9, commi 1 e  2,  97,
comma 2, della Costituzione. 
    Per giunta l'obiettivo di  semplificare  l'azione  amministrativa
appare comunque vanificato (almeno  parzialmente)  dalla  circostanza
per cui, in ogni caso, il  titolare  del  bene  «sotto  soglia»,  per
esportarlo, deve notificare  l'intendimento  all'amministrazione  con
dichiarazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, sicche' appaiono  persistere  non  trascurabili  oneri
procedimentali sia a carico dell'amministrazione  sia  a  carico  del
privato. 
    2.3. Va soggiunto che, in un caso parzialmente analogo, in cui la
parte ricorrente aveva fatto  opposizione  all'acquisizione  coattiva
rinunciando all'uscita dell'opera, ed il procedimento era  stato  poi
avviato come dichiarazione  di  interesse  culturale  particolarmente
importante dell'opera, ai sensi dell'art. 10, comma  3,  lettera  a),
nonche' degli articoli 13 e 14 del codice,  oltre  che  dell'art.  7,
comma 3, decreto ministeriale n. 246/2018, il Consiglio di  Stato  ha
sollevato questione  di  legittimita'  costituzionale  con  ordinanza
collegiale n. 363/2025. 
    Ad avviso della Sezione rimettente: «il comma 4-bis dell'art.  65
del decreto legislativo  n.  42  del  2004,  nella  sua  formulazione
letterale, preclude all'amministrazione la possibilita' di avviare il
procedimento ex art. 13 del decreto legislativo n. 42  del  2004  (e,
quindi,  per  cio'  che  piu'  interessa  nell'ottica  della   tutela
dell'integrita' del patrimonio storico-artistico  della  Nazione,  di
impedire l'uscita dell'opera dal territorio della Repubblica  facendo
scattare il divieto di cui al  comma  1  dell'art.  65)  per  ragione
diversa da quella dell'eccezionale interesse ogni qual volta, venendo
in rilievo opere di cui al precedente comma 4  (cioe'  "cose  di  cui
all'art. 11, comma 1, lettera d)" ovvero, come nel caso  che  occupa,
"cose che presentino interesse culturale, siano opera di  autore  non
piu' vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta  anni,  il
cui valore sia inferiore ad euro 13.500, fatta eccezione per le  cose
di cui all'allegato A, lettera B, numero  1"),  sia  applicabile  (ed
avviato) il procedimento semplificato di cui al primo  periodo  dello
stesso comma 4-bis dell'art. 65 del  decreto  legislativo n.  42  del
2004 (id est la presentazione di una dichiarazione ai sensi del testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica  28  dicembre
2000,  n.  445  in  luogo  del  previo  rilascio  di   autorizzazione
all'uscita dal territorio della Repubblica).». 
    Il contrasto rilevato nella citata  ordinanza  del  Consiglio  di
Stato, in relazione a norme del codice che seguono  la  stessa  ratio
rispetto a quelle qui in considerazione, riguarda anche esso, mutatis
mutandis, gli articoli 3, comma 1, 9, commi 1 e 2, 97, comma 2, della
Costituzione, e non risulta al momento attuale che il caso sia  stato
deciso. 
    Come visto, alla stessa stregua, nella presente fattispecie  deve
sollevarsi il medesimo dubbio di  costituzionalita'  della  normativa
applicabile. 
    2.4. Il terzo motivo di ricorso  denunzia:  «Violazione  e  falsa
applicazione degli articoli 2, 3 e ss., 7 e ss. della legge 7  agosto
1990, n. 241. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo
n. 42/2994, con particolare ma non esclusivo riguardo  agli  articoli
65, commi  IV  e  IV-bis,  10,  14,  70  e  72.  Violazione  e  falsa
applicazione degli articoli  3,  41,  42  e  97  della  Costituzione.
Violazione  e  falsa  applicazione  della  legge  n.  124/2017,   con
particolare  ma  non  esclusivo  riguardo  all'art.  1,  comma   176.
Violazione e falsa applicazione della circolare n. 13/2019  "Atto  di
indirizzo, ai sensi dell'art. 2, I comma,  secondo  periodo,  decreto
ministeriale n. 44/2016 emanato dal  direttore  generale  archeologia
belle arti e paesaggio del Ministero della  cultura".  Violazione  di
legge ed eccesso di potere per  violazione  dei  termini  iniziale  e
finale  del  procedimento.  Difetto  di  istruttoria  e  difetto   di
motivazione. Violazione dei principi  generali  in  materia  di  buon
andamento dell'amministrazione, di  procedimento  amministrativo,  di
tutela dell'affidamento dei destinatari dei provvedimenti.». 
    In particolare, il mezzo di gravame in questione - oltre che  una
serie di argomenti a  sostegno  del  primo  motivo  e/o  del  secondo
nonche'  finalizzati  a  confutare   che,   nel   caso   di   specie,
l'amministrazione possa attivare il procedimento di notifica ex  art.
14 del codice - ha inteso evidenziare la  peculiarita'  del  caso  in
cui,  come  nel  presente  giudizio,  venga  in   considerazione   la
riesportazione di un bene gia' proveniente dall'estero. 
    In tali circostanze, ai sensi del combinato disposto dell'art. 72
del codice (che disciplina l'importazione temporanea,  individuandone
altresi' l'ambito  di  applicabilita')  e  dell'art.  173  del  regio
decreto n. 363/1913, vigente all'epoca dei fatti, il bene oggetto  di
causa dovrebbe, nell'impostazione ricorsuale,  sfuggire  a  qualsiasi
vincolo. 
    Tuttavia, il regime previsto dalle menzionate norme, nel caso  di
specie, non ha potuto trovare applicazione  in  quanto,  per  effetto
della riforma apportata al  codice  nel  2017,  che  tra  l'altro  ha
previsto la ricordata categoria dei beni «sotto soglia», l'art. 72 fa
rinvio all'art. 65, comma 3, del codice, che pero',  come  ampiamente
veduto, esclude ora dal suo  ambito  precettivo  le  cose  di  valore
inferiore  a  13.500  euro,   che   non   sono   piu'   soggette   ad
«autorizzazione». 
    In altri termini, non e' piu' possibile effettuare, e infatti  la
ricorrente non ha effettuato, la dichiarazione  di  importazione  del
bene oggetto di causa, per cui non  e'  stato  ottenuto  il  relativo
certificato dell'Ufficio di esportazione, con la conseguenza  che  il
bene stesso, al contrario di beni di valore anche superiore che siano
stati previamente  «dichiarati»  in  sede  di  importazione,  non  e'
rimasto  assoggettato  ad  un  regime  di  esenzione  da   interventi
acquisitivi o comunque tutelativi. 
    Anche tale motivo di ricorso appare  al  collegio  meritevole  di
accoglimento, ma a cio' osta la disciplina positiva, alla cui stregua
il regime dei beni «sotto soglia» non beneficia delle  previsioni  di
cui al combinato disposto degli articoli 72  del  codice  e  173  del
regio decreto n. 363/1913, che de  iure  e  de  facto  diventano  non
applicabili per tali cose. 
    La ricorrente ha dedotto,  a  tal  riguardo,  la  violazione  dei
principi costituzionali  in  materia  di  eguaglianza,  tutela  della
proprieta' privata, liberta'  economica,  libera  circolazione  delle
merci, imparzialita' della pubblica amministrazione (articoli 3,  41,
42 e 97 della Costituzione). 
    Il collegio condivide tale postulazione nei sensi che seguono. 
    Per cio' che  concerne  l'art.  3  della  Costituzione,  evidente
risulta la disparita' di trattamento  che  viene  a  determinarsi  in
relazione ai beni importati di valore superiore alla soglia, i  quali
appaiono beneficiare di una esenzione  rispetto  agli  interventi  di
tutela statale  qualora  siano  stati  oggetto  di  dichiarazione  di
importazione. 
    Si   tratta   di   una   previsione   normativa,    all'evidenza,
discriminatoria, palesemente irragionevole ed anzi paradossale. 
    Anche con riguardo agli articoli 41 e 42  della  Costituzione  il
collegio rinviene una seria criticita', perche' il sacrificio imposto
alla  iniziativa  economica  privata  ed  alla   proprieta'   risulta
sproporzionato rispetto  al  necessario,  dovendosi  considerare  che
verrebbero ostacolati gli scambi culturali e commerciali oltre che le
attivita' di restauro, valorizzazione e  conservazione  dei  beni  di
valore culturale. 
    La normativa, peraltro, risulta di dubbia compatibilita' unionale
in considerazione del rilievo che le regole  di  libera  circolazione
(in sintesi) ostano a  misure  nazionali  che  impongano  restrizioni
sproporzionate agli scambi nel mercato interno, il che rileva in sede
interpretativa dell'art. 41 della Costituzione  e  piu'  in  generale
sotto il profilo dell'esegesi  sistematica  e  conforme  ai  principi
europei degli articoli 41 e 42. 
    Nel caso di specie, facendo riferimento ai tre parametri  in  cui
si articola il giudizio  di  proporzionalita'  nell'ottica  unionale,
potrebbe dubitarsi, da un lato,  della  «idoneita'»  della  misura  a
conseguire l'interesse pubblico di tutela del  patrimonio  nazionale,
perche' gli operatori privati saranno indotti, semplicemente, non far
transitare il bene in Italia, e, dall'altro lato, della  «necessita'»
della misura, perche' con mezzi meno restrittivi, quali  obblighi  di
messa a disposizione temporale,  assistiti  eventualmente  da  idonee
garanzie, potrebbe ottenersi lo stesso risultato. 
    Non pare rispettato neppure il parametro della «adeguatezza», nel
senso che il sacrificio per l'interesse privato e ancor di  piu'  per
quello della libera circolazione appare «assoluto» nel  caso  in  cui
l'amministrazione,  peraltro  senza  la  preventiva  indicazione   di
criteri che ne garantiscano l'imparzialita', decida di sottoporre  un
bene «sotto soglia» in transito a interventi acquisitivi ex  art.  70
del codice, ovvero, in caso di opposizione, ad interventi finalizzati
all'apposizione  di  vincoli  a  seguito   della   dichiarazione   di
particolare interesse di cui all'art. 14 del codice. 
    In ogni caso, non essendo stato formulato un motivo di  doglianza
specifico in relazione alle norme dell'Unione, il collegio  non  puo'
procedere oltre nell'analisi della questione, ne'  puo'  disapplicare
d'ufficio la normativa ritenuta  divergente  rispetto  ai  menzionati
principi. 
    Come gia' accennato,  dunque,  le  considerazioni  che  precedono
valgono solo ai limitati fini della  corretta  interpretazione  delle
norme costituzionali  invocate  e  come  conferma  sotto  il  profilo
sistematico  della  legittimita'  della  normativa  che  dispone  uno
«scudo» da interventi tutori per le opere «in  transito»,  almeno  se
provenienti da paesi UE, oltre  che  come  conferma  della  manifesta
irragionevolezza dell'esclusione da  tale  beneficio  dei  beni  c.d.
«sotto soglia», come invece appare previsto dalle norme applicabili. 
    Appaiono dunque sussistere i presupposti per ritenere  la  misura
in esame in contrasto con gli articoli 41 e  42  della  Costituzione,
sotto  il  profilo  dello  sproporzionato  sacrificio  della   libera
circolazione (elemento essenziale della libera iniziativa  economica)
e della proprieta', nonche' con l'art. 97 della Costituzione sotto il
profilo della irragionevolezza di un intervento pubblico nel contesto
in parola (fatto salvo eventualmente il caso  di  bene  culturale  di
«eccezionale» valore). 
    Gli articoli 41 e 42 della Costituzione, peraltro, secondo  parte
della dottrina, si ricollegano anche all'art. 2  della  Costituzione,
ritenendosi  l'autonomia  negoziale  uno  dei   diritti   inviolabili
dell'uomo «come singolo», ferma  ovviamente  la  solidarieta'  ed  il
bilanciamento con gli altri diritti ed interessi di pari valore. 
3. La rilevanza delle questioni sollevate. 
    Per cio' che concerne la rilevanza della  prima  questione  (i.e.
illegittimita' costituzionale della previsione di un limite di valore
per l'intervento acquisitivo) il collegio ritiene che  l'accoglimento
o il rigetto del primo motivo  di  ricorso  dipenda  direttamente  ed
immediatamente dall'esito della stessa. 
    Se le disposizioni di cui all'art. 70, 68 e 65 del codice,  nella
parte in cui prevedono una soglia di valore pari a  13.500  euro  per
l'intervento dell'amministrazione, fossero dichiarate  conformi  alla
Costituzione, il primo motivo dovrebbe essere accolto; viceversa, ove
fossero dichiarate incostituzionali, il motivo andrebbe respinto. 
    La seconda questione (i.e.  illegittimita'  costituzionale  della
assenza di esenzione per le opere «sotto soglia»  che  risultino  «in
transito»),  invece,  incide  (in  parte   sul   primo   motivo,   ma
soprattutto) sul terzo motivo di ricorso che risulta  intrinsecamente
condizionato dall'esito della stessa. Se l'art. 72,  e/o  l'art.  65,
del codice fossero dichiarati  conformi  a  Costituzione,  il  motivo
andrebbe respinto; mentre, in caso di declaratoria di illegittimita',
il motivo dovrebbe essere accolto. 
    3.1. Le due questioni appaiono  al  collegio  entrambe  autonome,
dirimenti e comunque strettamente intrecciate. 
    Il  quadro  normativo  appare  chiaro  e  non   suscettibile   di
interpretazione che lo allinei ai valori costituzionali. 
    Difatti, a seguito della riforma del codice operata nel  2017,  i
beni c.d. «sotto soglia» non sono soggetti  agli  interventi  di  cui
all'art. 70 del codice. 
    Sicche', in caso di dichiarazione  di  incostituzionalita'  delle
norme di cui  alla  prima  questione,  riespandendosi  il  potere  di
intervento  dell'amministrazione,  appare  evidente  che  permarrebbe
l'interesse della ricorrente allo scrutinio della seconda  questione,
nel senso che dovrebbe essere valutata la necessita' di prevedere una
esenzione per i beni importati a  prescindere  dal  fatto  che  siano
«sotto soglia». 
    Qualora invece le norme  di  cui  alla  prima  questione  fossero
ritenute conformi a Costituzione, e  quindi  i  beni  «sotto  soglia»
esenti da interventi ai sensi del ripetuto  art.  70,  nonostante  il
conseguente accoglimento del primo motivo di ricorso, rimarrebbero in
campo altri generi di interventi da  parte  dell'amministrazione,  in
particolare l'apposizione del vincolo a seguito  della  dichiarazione
di particolare interesse di cui all'art. 14 del codice, ed  ai  sensi
dei commi 4 e 4-bis dell'art. 65 del codice, per cui il collegio,  in
armonia con i  principi  costituzionale  di  ragionevole  durata  del
processo e di completezza e pienezza  della  tutela  giurisdizionale,
dovrebbe comunque pronunziarsi sul terzo motivo, ossia sulla  seconda
questione di  costituzionalita',  e/o  eventualmente  affrontarlo  ai
sensi dell'art. 34, comma 1, lettera e), c.p.a.. 
    In altre parole, solo con il  definitivo  chiarimento  in  ordine
alla totale esenzione  dei  beni  importati  rispetto  ad  interventi
dell'amministrazione sarebbe soddisfatto per intero l'interesse fatto
ritualmente valere dalla ricorrente. 
    Pertanto, a prescindere  dall'esito  della  delibazione  relativa
alla prima questione, ritiene il collegio che  sia  necessaria  anche
una  pronunzia  di  costituzionalita'  (positiva   o   negativa)   in
riferimento alla seconda questione. 
    Oltretutto, la criticita' fondamentale risiede  nel  rinvio,  sia
dell'art.  70  (indirettamente)  sia  dell'art.   72   (direttamente)
all'art. 65, comma 3, del codice, che prevede la  ripetuta  esenzione
dei beni «sotto soglia» dall'applicazione di alcune norme del codice. 
    Naturalmente,  solo  a  seguito  della  valutazione  nel   merito
(positiva,   negativa   o   interpretativa)   della    compatibilita'
costituzionale dell'art. 70 e dell'art. 65, comma 3, del codice sara'
possibile  comprendere  funditus  il  rapporto  esatto  tra  le   due
questioni poste nella presente ordinanza, che allo stato, come detto,
risultano inestricabilmente intrecciate e rilevanti. 
    Sempre in ordine alla rilevanza, deve dirsi che le  norme  recate
dai commi 4 e 4-bis dell'art.  65  del  codice  dettano  disposizioni
procedimentali che non incidono necessariamente sulla possibilita', o
meno, per l'amministrazione di agire ai sensi del ripetuto art. 70, e
per il ricorrente di invocare l'esenzione  di  cui  all'art.  72  del
codice. Tuttavia, anche per  consentire  un  intervento  della  Corte
costituzionale il piu' possibile risolutivo e completo, anche i commi
4 e 4-bis  dell'art.  65  del  codice  vengono  fatti  oggetto  della
presente questione. 
    In particolare, il regime procedurale,  di  autorizzazione  o  di
notifica dell'esportazione,  e'  potenzialmente  neutro  rispetto  al
cuore delle questioni poste nella presente ordinanza, nel  senso  che
l'intervento acquisitivo senza limiti, e la  esenzione  senza  limiti
per i beni importati, ossia la disciplina  che  il  collegio  ritiene
conforme a Costituzione, potrebbe realizzarsi merce' l'uno o  l'altro
dei modelli di azione  pubblica,  ma  ovviamente  con  il  necessario
coordinamento normativo alla  luce  delle  valutazioni  che  verranno
espresse dalla Corte. Al tempo stesso, pero', non puo' escludersi che
un intervento sui commi 4 e  4-bis  dell'art.  65  del  codice  possa
risultare risolutivo, in linea  con  quanto  sostenuto  nella  citata
ordinanza del Consiglio di Stato cui si rinvia per maggior  chiarezza
e ragioni di sintesi. 
    3.2. Ritiene altresi' il collegio che non vi  siano  margini  per
un'interpretazione conforme alla Costituzione delle norme menzionate. 
    In particolare, non possono  essere  accolte  le  tesi  difensive
della parte resistente, volte a  sostenere,  attraverso  un  excursus
della novella apportata nel 2017 al corpus normativo in discorso, che
la disposizione di cui all'art. 70 del codice possa essere  letta  in
modo conforme a Costituzione, nel senso di consentire gli  interventi
di acquisto coattivo anche in relazione ai beni «sotto soglia». 
    Tale ricostruzione non trova alcun riscontro nel tenore letterale
della  norma,  che  risulta  chiaro  ed  univoco,  facendo   espresso
riferimento  al  concetto  di  «cosa  per  la  quale   e'   richiesto
l'attestato  di  libera  circolazione»  che,  in  virtu'  del  rinvio
(indiretto) all'art. 65, comma 3, del codice, radicalmente esclude  i
beni «sotto soglia» dal suo campo di applicazione. 
    Allo stesso modo, l'art. 72 fa riferimento (diretto stavolta), ai
fini dell'esenzione per i beni importati, all'art. 65, comma  3,  del
codice, che, come detto, radicalmente esclude i beni  «sotto  soglia»
dal suo campo di applicazione. 
    Un'interpretazione  diversa  si  risolverebbe   in   una   totale
manipolazione del dato testuale non  consentita  al  giudice  comune,
confermandosi  cosi'  la  necessita'  della  rimessione  alla   Corte
costituzionale. 
    Del resto, come in parte gia' notato, la  piu'  volte  menzionata
novella  del  2017  appare  coerente  quanto  alla  «intenzione   del
legislatore», nel senso che i beni «sotto soglia» non  sono  soggetti
agli interventi tutori di maggior rilievo e quindi non vi e'  nemmeno
bisogno di prevedere specificamente in ordine al  caso  in  cui  essi
siano stati importati. Come in parte gia' chiarito, il  coordinamento
dell'art. 72 con il novellato art. 65, comma 3,  del  codice,  rimane
difettoso  (nel  senso  che  la  prima  norma  appare  concedere  una
esenzione maggiore ai beni  «sopra  soglia»  rispetto  a  quella  che
risulta applicabile ai beni «sotto soglia»,  comprendendo  quella  di
cui all'art. 14 del codice), ma non per  questo  puo'  predicarsi  la
tesi erariale per cui il legislatore del 2017 avrebbe apportato  solo
(ed esclusivamente)  modifiche  procedimentali  al  regime  dei  beni
«sotto soglia», rimanendo pero' intoccato il regime di tutela. 
    Come gia' osservato, i commi 4 e 4-bis dell'art.  65  del  codice
dettano disposizioni procedimentali che non incidono  necessariamente
sulla possibilita', o meno, per l'amministrazione di agire  ai  sensi
del ripetuto art. 70, e per la ricorrente di invocare l'esenzione  di
cui all'art. 72 del codice. 
    In altri termini,  teoricamente,  potrebbe  anche  estendersi  il
regime   basato   sulla   notifica   rispetto   a    quello    basato
sull'autorizzazione, ma, dal punto  di  vista  sostanziale,  dovrebbe
consentirsi, per un verso, l'intervento dell'amministrazione anche in
relazione ai beni «sotto soglia» e, per altro verso, l'invocazione da
parte del privato dell'esenzione riguardante i beni «in transito»  (a
prescindere dalla soglia e con le eventuali  eccezioni  straordinarie
ritenute opportune). 
    3.3. Vale infine chiarire che non paiono offrire  elementi  utili
ai fini che occupano altre disposizioni del codice (e.g.  l'eventuale
opposizione alla acquisizione implica comunque l'assoluto  sacrificio
del  diritto  all'esportazione,  anche  UE,  oltre  ad  altre  misure
conformative) nonche' le disposizioni di cui al decreto  ministeriale
MIBACT 17 maggio 2018, n.  246,  il  quale,  da  un  lato,  e'  stato
ritualmente impugnato, dall'altro lato, non sembra  trarre  tutte  le
conseguenze necessarie dalla riforma del 2017.  In  ogni  caso,  tale
atto generale  deve  risultare  conforme  alle  norme  di  legge,  se
rispettose della Costituzione,  oppure  essere  annullato  rientrando
nella cognizione  di  questo  Tribunale,  che  potra'  affrontare  le
relative  problematiche  (solo)  a  seguito  della  pronunzia   della
Consulta. 
    3.4. In definitiva, neppure calando le norme di cui sopra  si  e'
detto nel contesto della «legalita' costituzionale» sembra  possibile
circoscriverne l'effetto in maniera che la stessa sia rispettata. 
    Risultando peraltro non formulati motivi di doglianza relativi al
diritto dell'Unione, deve quindi ritenersi necessario  un  intervento
caducatorio e/o emendativo che non rientra  nella  competenza  a  ius
dicere di questo Tribunale ma in quella della Corte costituzionale. 
4. Conclusioni. 
    Riservata  ogni  ulteriore  statuizione   di   merito   all'esito
dell'incidente di costituzionalita', previo respingimento del secondo
motivo  di  ricorso  e  di  parte  del  terzo,  non   definitivamente
pronunciandosi sul primo e su parte del terzo motivo del ricorso: 
        va disposta l'acquisizione dell'intero fascicolo degli atti e
documenti depositati al Tribunale amministrativo regionale Lombardia,
Milano, nel giudizio n. r.g. 890/2021; 
        vanno dichiarate rilevanti e non manifestamente infondate  le
questioni di legittimita'  costituzionale  indicate  in  motivazione,
riguardanti, la prima, gli articoli 70, 68 e 65, comma 3, lettera  a)
secondo periodo, nonche' commi 4 e 4-bis, del decreto legislativo  n.
42 del 2004, per contrasto con gli articoli 3, comma 1, 9 commi  1  e
2, 97, comma 2, della Costituzione; la seconda gli articoli 72 e  65,
comma 3, lettera a) secondo periodo, nonche' commi  4  e  4-bis,  del
decreto legislativo n. 42 del 2004, per contrasto con gli articoli 2,
3, 41, 42 e 97 della Costituzione; 
        va sospeso, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo  1953,
n. 87 il presente giudizio previa trasmissione degli atti alla  Corte
costituzionale  per  la  risoluzione  del  suindicato  incidente   di
costituzionalita'. 
    La decisione sulle spese di lite e' del pari riservata  all'esito
del giudizio di costituzionalita' in sede di statuizione di merito. 

 
                               P.Q.M.  
 
    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione
seconda quater) non definitivamente pronunciando sul ricorso come  in
epigrafe proposto: 
        dispone l'acquisizione dell'intero  fascicolo  degli  atti  e
documenti depositati al Tribunale amministrativo regionale Lombardia,
Milano, nel giudizio n. r.g. 890/2021; 
        dichiara  rilevanti  e  non   manifestamente   infondate   le
questioni di legittimita'  costituzionale,  indicate  in  motivazione
riguardanti, la prima, gli articoli 70, 68 e 65, comma 3, lettera  a)
secondo periodo, nonche' commi 4 e 4-bis, del decreto legislativo  n.
42 del 2004, per contrasto con gli articoli 3, comma 1, 9 commi  1  e
2, 97, comma 2, della Costituzione; la seconda gli articoli 72 e  65,
comma 3, lettera a) secondo periodo, nonche' comma  4  e  4-bis,  del
decreto legislativo n. 42 del 2004, per contrasto con gli articoli 2,
3, 41, 42 e 97 della Costituzione; 
        sospende, per l'effetto, ai sensi dell'art. 23 della legge 11
marzo 1953, n. 87, il presente  giudizio  previa  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale  per  la  risoluzione  del  suindicato
incidente di costituzionalita'; 
        rinvia ogni ulteriore statuizione  di  merito  all'esito  del
giudizio incidentale promosso con la presente pronuncia; 
        ordina  che,  a  cura  della  Segreteria  della  Sezione,  la
presente  ordinanza  sia  notificata  alle  parti  costituite  e   al
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  nonche'   comunicata   ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica; 
        spese riservate al definitivo. 
    Cosi' deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  11
luglio 2025 con l'intervento dei magistrati: 
        Angelo Fanizza, Presidente FF; 
        Nino Dello Preite, primo referendario; 
        Giovanni Caputi, referendario, estensore. 
 
                       Il Presidente: Fanizza 
 
                                                  L'estensore: Caputi