Reg. ord. n. 205 del 2025 pubbl. su G.U. del 29/10/2025 n. 44
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio del 28/08/2025
Tra: James Barry Fine Art Limited C/ Ministero della Cultura
Oggetto:
Beni culturali - Uscita dal territorio nazionale – Previsione che è soggetta ad autorizzazione l’uscita definitiva dal territorio delle cose, a chiunque appartenenti, che presentino interesse culturale, siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, il cui valore, tranne le previste eccezioni, sia superiore ad euro 13.500 – Previsione che non è soggetta all’autorizzazione l’uscita delle medesime cose, il cui valore sia inferiore a euro 13.500 e che in tali casi l'interessato ha l'onere di comprovare al competente ufficio di esportazione, mediante dichiarazione ai sensi del testo unico di cui al d. P.R n. 445 del 2000, che le cose da trasferire all'estero rientrino nelle ipotesi per le quali non è prevista l'autorizzazione – Previsione che colui che intende far uscire in via definitiva dal territorio della Repubblica le cose indicate nell'art. 65, comma 3, del d. lgs. n. 42 del 2004, deve farne denuncia e presentarle al competente ufficio di esportazione, indicando, contestualmente e per ciascuna di esse, il valore venale, al fine di ottenere l'attestato di libera circolazione – Previsione che l’ufficio esportazione, qualora non abbia già provveduto al rilascio o diniego dell’attestato di libera circolazione, può proporre al Ministero dei ben culturali l’acquisto coattivo della cosa per la quale è richiesto tale attestato – Denunciata disparità di trattamento rispetto a situazioni analoghe sia sotto il profilo oggettivo della differente tipologia di beni di interesse culturale, sia sotto il profilo soggettivo avuto riguardo ai relativi possessori, detentori, proprietari, operatori economici del settore – Individuazione di un valore sottosoglia aleatorio e irrazionale che affievolisce la promozione e la tutela del patrimonio culturale nazionale, consentendo la più agevole circolazione privata dei beni in parola – Irragionevole inibizione del potere discrezionale dell’amministrazione di individuare elementi che giustificano l’imposizione di una particolare tutela, finanche quella di acquisizione coattiva, anche di beni di valore relativamente o presuntivamente modesto – Violazione del principio del buon andamento – Lesione del principio di ragionevolezza.
- Decreto-legislativo 22 gennaio 2004, n 42, artt. 70, 68 e 65, comma 3, lettera a), secondo periodo, nonché commi 4 e 4-bis.
- Costituzione, artt. 3, comma 1, 9, commi primo e secondo, e 97, secondo comma.
Beni culturali – Ingresso nel territorio nazionale – Previsione che la spedizione in Italia da uno Stato membro dell'Unione europea o l'importazione da un Paese terzo delle cose o dei beni indicati nell'art. 65, comma 3, del decreto legislativo n. 42 del 2004 sono certificati, a domanda, dall'ufficio di esportazione – Denunciata omessa applicazione di tale regime normativo ai beni di cui all’art. 65, commi 4 e 4-bis del d.lgs. n. 42 del 2004 il cui valore sia inferiore ad euro 13.500 – Disparità di trattamento che si determina in relazione ai beni importati di valore superiore alla soglia, i quali appaiono beneficiare di una esenzione rispetto agli interventi di tutela statale, qualora siano stati oggetto di dichiarazione di importazione – Disposizione discriminatoria, e palesemente irragionevole - Sacrificio imposto all’iniziativa economica privata e alla proprietà sproporzionato rispetto al necessario, dato che verrebbero ostacolati gli scambi culturali e commerciali oltre che le attività di restauro e valorizzazione e conservazione dei beni di valore culturale – Irragionevolezza dell’intervento pubblico che lede il principio di buon andamento – Lesione dell’autonomia negoziale ritenuto uno dei diritti inviolabili dell’uomo come singolo.
- Decreto-legislativo 22 gennaio 2004, n 42, artt. 72 e 65, comma 3, lettera a), secondo periodo, nonché commi 4 e 4-bis.
- Costituzione, artt. 2, 3, 41, 42 e 97.
Norme impugnate:
decreto legislativo del 22/01/2004 Num. 42 Art. 65 Co. 3
decreto legislativo del 22/01/2004 Num. 42 Art. 65 Co. 4
decreto legislativo del 22/01/2004 Num. 42 Art. 65 Co. 4
decreto legislativo del 22/01/2004 Num. 42 Art. 68
decreto legislativo del 22/01/2004 Num. 42 Art. 70
decreto legislativo del 22/01/2004 Num. 42 Art. 72
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 2 Co.
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 3 Co. 1
Costituzione Art. 41 Co.
Costituzione Art. 42 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 97 Co. 2
Testo dell'ordinanza
N. 205 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 agosto 2025
Ordinanza del 28 agosto 2025 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da James Barry Fine Art Limited
contro Ministero della cultura, Musei reali di Torino e
Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio per la Citta'
metropolitana di Milano.
Beni culturali - Uscita dal territorio nazionale - Previsione che e'
soggetta ad autorizzazione l'uscita definitiva dal territorio delle
cose, a chiunque appartenenti, che presentino interesse culturale,
siano opera di autore non piu' vivente e la cui esecuzione risalga
ad oltre settanta anni, il cui valore, tranne le previste
eccezioni, sia superiore ad euro 13.500 - Previsione che non e'
soggetta all'autorizzazione l'uscita delle medesime cose, il cui
valore sia inferiore a euro 13.500 e che in tali casi l'interessato
ha l'onere di comprovare al competente ufficio di esportazione,
mediante dichiarazione ai sensi del testo unico di cui al d.P.R n.
445 del 2000, che le cose da trasferire all'estero rientrino nelle
ipotesi per le quali non e' prevista l'autorizzazione - Previsione
che colui che intende far uscire in via definitiva dal territorio
della Repubblica le cose indicate nell'art. 65, comma 3, del d.lgs.
n. 42 del 2004, deve farne denuncia e presentarle al competente
ufficio di esportazione, indicando, contestualmente e per ciascuna
di esse, il valore venale, al fine di ottenere l'attestato di
libera circolazione - Previsione che l'ufficio esportazione,
qualora non abbia gia' provveduto al rilascio o diniego
dell'attestato di libera circolazione, puo' proporre al Ministero
dei beni culturali l'acquisto coattivo della cosa per la quale e'
richiesto tale attestato.
- Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n 42 (Codice dei beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6
luglio 2002, n. 137), artt. 70, 68 e 65, comma 3, lettera a),
secondo periodo, nonche' commi 4 e 4-bis.
Beni culturali - Ingresso nel territorio nazionale - Previsione che
la spedizione in Italia da uno Stato membro dell'Unione europea o
l'importazione da un Paese terzo delle cose o dei beni indicati
nell'art. 65, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004 sono certificati,
a domanda, dall'ufficio di esportazione - Denunciata omessa
applicazione di tale regime normativo ai beni di cui all'art. 65,
commi 4 e 4-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004, il cui valore sia
inferiore ad euro 13.500.
- Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n 42 (Codice dei beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6
luglio 2002, n. 137), artt. 72 e 65, comma 3, lettera a), secondo
periodo, nonche' commi 4 e 4-bis.
(GU n. 44 del 29-10-2025)
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
Sezione seconda quater
Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di
registro generale 5349 del 2022, proposto da James Barry Fine Art
Limited, in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Antonio Marchesi, Marco
Sgroi, con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e
domicilio eletto presso lo studio Marco Sgroi in Piacenza, via
Giordani 15/F;
contro Ministero della cultura, Musei reali di Torino,
Soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per la Citta'
metropolitana di Milano, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato,
domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento del decreto del 2 aprile 2021 del Ministero
della cultura, Direzione generale archeologia belle arti e paesaggio,
Servizio IV, prot. DG-ABAP_02/04/2021_DECRETO 258, con cui e' stato
disposto l'acquisto coattivo all'esportazione del dipinto di
Francesco Trevisani (1656-1746) noto come «Ritratto del pittore
Claudio Francesco Beaumont», e di ogni altro atto presupposto,
implicito, conseguente e connesso, ivi espressamente inclusi, per
quanto occorrer possa, la nota del Ministero della cultura, Direzione
generale archeologia belle arti e paesaggio, Servizio IV -
Circolazione del 2 aprile 2021, prot.
MIC_DG-ABAP_SERV_IV_UO1_02/04/2021_0011123-P, la nota del 31 marzo
2021 del Ministero della cultura, Soprintendenza archeologia, belle
arti e paesaggio per la Citta' metropolitana di Milano, Ufficio
esportazione, prot. 3609 SABAP MI, e la nota del 23 marzo 2021 del
Ministero della cultura, Musei reali Torino, prot.
MIBACT_MIBACT_MR-TO_23/03/2021_0000726-P, nonche' del decreto
ministeriale MIBACT 17 maggio 2018, n. 246, art. 7, comma V; e di
ogni altro atto ad essi presupposto, implicito, conseguente e
connesso;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della
cultura, dei Musei reali di Torino e della Soprintendenza archeologia
belle arti e paesaggio per la Citta' metropolitana di Milano;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod. proc. amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato
del giorno 11 luglio 2025 il dott. Giovanni Caputi e uditi per le
parti i difensori come specificato nel verbale.
1. Profili essenziali della controversia.
1.1. Con l'atto introduttivo del presente giudizio la ricorrente
espone di essere una societa' di diritto irlandese con sede a Dublino
(Irlanda) che, in data 19 novembre 2020, partecipava, presso la casa
d'aste tedesca Van Ham Kunstauktionen GmbH, con sede a Colonia (DE),
alla vendita all'asta di una serie di oggetti di interesse artistico.
In tale contesto essa si aggiudicava un dipinto realizzato da
Francesco Trevisani, risalente al XVIII sec., noto come «Ritratto di
Claudio Francesco Beaumont».
Successivamente all'acquisto, il dipinto veniva trasferito
temporaneamente in Italia al fine precipuo di effettuare, da parte di
tecnici specializzati, un esame diagnostico propedeutico ad un suo
eventuale restauro.
Concluse tali operazioni, la ricorrente intendeva trasferire
l'opera presso la propria sede in Irlanda, a tal fine conferendo
l'incarico ad una societa' italiana operante nel ramo delle
spedizioni internazionali.
La societa' incaricata del trasporto, in data 8 febbraio 2021,
dopo che il dipinto era stato liberamente introdotto nello Stato come
previsto per le opere di valore inferiore ad euro 13.500,00,
presentava all'Ufficio esportazione di Milano - come disposto dalla
legge - apposita dichiarazione per l'uscita di oggetti d'arte
eseguiti da piu' di settant'anni e del predetto valore inferiore ad
euro 13.500,00, allegando la documentazione all'uopo richiesta.
1.2. Tuttavia, il Ministero, in persona del direttore generale
archeologia belle arti e paesaggio, su proposta dei Musei reali di
Torino resa con nota del 23 marzo 2021, rispondeva alle richieste
dell'Ufficio esportazione di Milano disponendo con decreto
l'acquisizione coattiva, ai sensi dell'art. 70 del codice dei beni
culturali di cui al decreto legislativo n. 42/2004 successive
modificazioni ed integrazioni (infra «Codice»), del predetto dipinto
di proprieta' della ricorrente.
1.3. Avverso tale provvedimento viene proposta l'impugnazione di
cui in epigrafe, notificata in data 2 aprile 2021.
Il ricorso veniva inizialmente depositato al Tribunale
amministrativo regionale Lombardia che pero', con ordinanza
collegiale n. 894/2022, dichiarava la propria incompetenza
territoriale, rilevando che la presente controversia afferirebbe
all'impugnazione di un atto statale, promanante dal Ministro dei beni
culturali e del turismo, di natura regolamentare ed avente effetti
diretti non limitati al territorio della Regione Lombardia. Pertanto,
al lume dell'art. 13, commi 1, 3 e 4-bis del c.p.a., veniva affermata
la competenza del Tribunale amministrativo regionale Lazio, innanzi
al quale la causa e' stata riassunta nei termini.
1.4. All'udienza indicata in epigrafe la causa e' stata
trattenuta in decisione.
1.5. Preliminarmente deve darsi atto che il collegio, come dato
avviso in udienza senza eccezioni formulate dalle parti ad essa
presenti ed in particolare senza opposizione della ricorrente, ha
ritenuto di acquisire alla presente causa l'intero fascicolo degli
atti e documenti depositati al Tribunale amministrativo regionale
Lombardia, Milano, nel giudizio n. r.g. 890/2021 sia dalla ricorrente
sia dall'amministrazione.
In effetti, l'amministrazione ha omesso di depositare nel
giudizio presso lo scrivente Tribunale alcuni degli atti presentati
invece presso il Tribunale amministrativo regionale dichiaratosi
territorialmente incompetente: circostanza di cui il collegio ha
preso conoscenza mediante l'esame delle ultime memorie depositate
dalla ricorrente. Ma l'art. 13, comma 4, c.p.a., prevede che in caso
di riassunzione a seguito di dichiarazione di incompetenza
territoriale il processo «continua davanti al nuovo giudice», sicche'
deve ritenersi quantomeno consentito al giudice competente
l'acquisizione dei menzionati atti, tanto piu' in assenza di
opposizione delle parti.
1.6. Premesso quanto sopra, il ricorso e' parzialmente infondato
e, pertanto, da respingere con riguardo al secondo motivo di ricorso,
afferente alla presunta sussistenza di alcune illegittimita'
procedimentali che vizierebbero gli atti impugnati, ed a parte del
terzo motivo, come da separata sentenza parziale in cui vengono
motivate le ragioni della menzionata reiezione; mentre, in
riferimento al primo ed a parte del terzo dei motivi di ricorso, il
collegio ritiene di dover sollevare due questioni di legittimita'
costituzionale, nei sensi di cui appresso.
2. Le questioni di costituzionalita' e la relativa non manifesta
infondatezza.
2.1. Il primo motivo di ricorso denunzia: «Violazione e falsa
applicazione degli articoli 65, 68 e 70 del decreto legislativo 22
gennaio 2004, n. 42. Violazione e falsa applicazione del decreto del
Ministero della cultura n. 246/2018. Violazione e falsa applicazione
della legge n. 124/2017, con particolare ma non esclusivo riguardo
all'art. 1, comma 176. Violazione e falsa applicazione dell'art. 23
della Costituzione. Violazione di legge. Eccesso di potere per falsa
ed errata interpretazione ed applicazione di norme di legge, per
errore sui presupposti. Illogicita', irragionevolezza e
contraddittorieta'.».
Con tale mezzo di gravame la ricorrente ha sostanzialmente
contestato la legittimita' dell'acquisizione coattiva del menzionato
dipinto perche' si tratterebbe di opera «sotto soglia» ossia di
valore inferiore a 13.500 euro, che la speciale normativa
escluderebbe ai fini dell'esercizio del potere di acquisizione
coattiva da parte dell'amministrazione.
Il collegio e' dell'avviso che tale doglianza sia fondata ma
nutre dubbi sulla legittimita' costituzionale degli articoli 65, 68 e
70 del codice che costituiscono la base normativa del rilievo in
questione.
Nello specifico, alla stregua del richiamato art. 70, rubricato
«Acquisto coattivo»: «1. Entro il termine indicato all'art. 68, comma
3, l'ufficio di esportazione, qualora non abbia gia' provveduto al
rilascio o al diniego dell'attestato di libera circolazione, puo'
proporre al Ministero l'acquisto coattivo della cosa per la quale e'
richiesto l'attestato di libera circolazione, dandone contestuale
comunicazione alla regione e all'interessato, al quale dichiara
altresi' che l'oggetto gravato dalla proposta di acquisto resta in
custodia presso l'ufficio medesimo fino alla conclusione del relativo
procedimento. In tal caso il termine per il rilascio dell'attestato
e' prorogato di sessanta giorni.
2. Il Ministero ha la facolta' di acquistare la cosa per il
valore indicato nella denuncia. Il provvedimento di acquisto e'
notificato all'interessato entro il termine perentorio di novanta
giorni dalla denuncia. Fino a quando non sia intervenuta la notifica
del provvedimento di acquisto, l'interessato puo' rinunciare
all'uscita dell'oggetto e provvedere al ritiro del medesimo.
3. Qualora il Ministero non intenda procedere all'acquisto, ne
da' comunicazione, entro sessanta giorni dalla denuncia, alla regione
nel cui territorio si trova l'ufficio di esportazione proponente. La
regione ha facolta' di acquistare la cosa nel rispetto di quanto
stabilito all'art. 62, commi 2 e 3. Il relativo provvedimento e'
notificato all'interessato entro il termine perentorio di novanta
giorni dalla denuncia.».
Pertanto, conformemente all'appena citato articolo, che e' la
base giuridica su cui il Ministero ha esercitato il proprio potere,
possono essere oggetto di una proposta di acquisto coattivo i beni
per i quali e' richiesto l'attestato di libera circolazione.
Tale attestato e' disciplinato dall'art. 68 del codice che, al
comma 1, rinvia all'art. 65, comma 3, sempre della sopra menzionata
fonte normativa.
Il predetto art. 65, comma 3, prevede, per quanto qui interessa,
che: «Fuori dei casi previsti dai commi 1 e 2, e' soggetta ad
autorizzazione, secondo le modalita' stabilite nella presente sezione
e nella sezione II di questo Capo, l'uscita definitiva dal territorio
della Repubblica: a) delle cose, a chiunque appartenenti, che
presentino interesse culturale, siano opera di autore non piu'
vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, il cui
valore, fatta eccezione per le cose di cui all'allegato A, lettera B,
numero 1, sia superiore ad euro 13.500; ».
Quindi, deve concludersi che le opere di valore inferiore a
13.500 euro, come quella di cui alla presente causa, non
rientrerebbero nell'ambito di applicazione del predetto art. 70, come
in effetti ha dedotto la ricorrente.
2.2. Il collegio - come si e' sopra preannunciato - reputa che,
nella specie, siano violati alcuni, fondamentali, precetti
costituzionali sottesi alle citate disposizioni codicistiche (oltre
che dei connessi commi 4 e 4-bis dell'art. 65 del codice di cui si
dira' meglio infra) in particolare con riguardo agli articoli 3,
comma 1, 9, commi 1 e 2, 97, comma 2, della Costituzione.
Quanto all'art. 3 della Costituzione, deve notarsi che alcune
tipologie di beni non contemplano l'esenzione «sotto soglia» sopra
ricordata, in particolare, facendo riferimento all'art. 65, comma 3,
si tratta: «b) degli archivi e dei singoli documenti, appartenenti a
privati, che presentino interesse culturale; c) delle cose rientranti
nelle categorie di cui all'art. 11, comma 1, lettere f), g) ed h), a
chiunque appartengano.».
Si prospetta, pertanto, una disparita' di trattamento rispetto a
situazioni analoghe, sia sotto il profilo oggettivo della differente
tipologia di beni di interesse culturale, sia sotto il profilo
soggettivo avuto riguardo ai relativi possessori, detentori,
proprietari, operatori economici del settore: una disparita' che, ad
avviso del collegio, non pare trovare ragionevole motivazione, in
sintonia con il quadro di tutela complessiva che e' proprio della
disciplina dei beni culturali; ne' il Ministero, negli atti di causa,
ha giustificato, sotto il profilo dell'adeguatezza e della
proporzionalita', la predetta disciplina legislativa, sostenendo,
piuttosto, con argomento che non sembra persuasivo, anche per quanto
appresso di precisera', che la citata disposizione legislativa non
prevedrebbe delle soglie-limite.
Con riguardo all'art. 9, commi 1 e 2, della Costituzione, appare
evidente che l'individuazione di un valore «sotto soglia»
affievolisce la promozione e la tutela del patrimonio culturale
nazionale, consentendo la piu' agevole circolazione privata dei beni
in parola.
In riferimento all'art. 97, comma 2, della Costituzione, deve
rilevarsi come non risulti rispettato dal corpus normativo
precedentemente riassunto il principio del buon andamento, nel senso
delineato tra l'altro nella sentenza della Corte costituzionale n.
132 del 2024, e, con specifico riferimento ai beni culturali, nella
sentenza n. 88 del 2025: pronunce che veicolato e riaffermano
l'esigenza che l'amministrazione persegua il risultato della piena
tutela dell'interesse pubblico, seguendo criteri di economicita' ed
efficacia, nel bilanciamento di tutti gli altri interessi
costituzionali ed unionali.
Difatti, risulta irragionevolmente inibito il potere
discrezionale dell'amministrazione di individuare elementi che
giustifichino l'imposizione di una particolare tutela, finanche
quella di acquisizione coattiva, anche di beni di valore
relativamente o presuntivamente modesto.
Non dubita il collegio che, in linea generale ed astratta,
l'individuazione in via legislativa di soglie de minimis possa
risultare funzionale alla migliore selezione degli interventi
dell'amministrazione e, in tal modo, favorire l'affermazione di un
assetto definito del regime di circolazione dei beni stessi e,
comunque, fermo restando il caso di eccezionale interesse ex art. 65,
comma 4-bis, del codice.
Cosi' come il collegio ben considera il principio per il quale
gli interessi ed i valori costituzionali devono essere sempre
bilanciati tra di loro.
Nondimeno, occorre notare che la fissazione di un presunto valore
economico o di mercato per consentire, o meno, l'intervento
acquisitorio, nella materia che occupa, appare manifestamente
aleatorio ed irrazionale.
Invero, e la considerazione vale anche al fine di confermare i
dubbi gia' sollevati con riguardo agli articoli 3 e 9 della
Costituzione, il valore venale di un bene non riflette
necessariamente quello culturale e puo' facilmente risultare mutevole
ed anzi volatile nel tempo, perche' anche in un breve periodo un
autore o un artista puo' risultare piu' o meno apprezzato o
rilevante, cosi' come puo' dipendere dai soggetti interessati in un
determinato contesto, oppure dagli eventi storici contingenti.
Inoltre, l'acquisto di un bene in sede di asta, come nel caso di
specie, nella perfetta buona fede e correttezza di tutti i soggetti
protagonisti, puo' condizionare il conferimento allo stesso di un
determinato valore venale, che pero' potrebbe non essere
condivisibile dal punto di vista dell'interesse pubblico alla tutela
del patrimonio culturale o in un altro contesto commerciale.
In altre parole, le valutazioni discrezionali
dell'amministrazione in materia paiono necessitare di una portata
prospettica o comunque di vedute ampie e scevre da preconcetti e
condizionamenti normativi aprioristici, e le condizioni del mercato
privato potrebbero facilmente risultare opache, per cui
l'individuazione di una rigida soglia di valore de minimis non sembra
risultare in linea con gli articoli 3, comma 1, 9, commi 1 e 2, 97,
comma 2, della Costituzione.
Per giunta l'obiettivo di semplificare l'azione amministrativa
appare comunque vanificato (almeno parzialmente) dalla circostanza
per cui, in ogni caso, il titolare del bene «sotto soglia», per
esportarlo, deve notificare l'intendimento all'amministrazione con
dichiarazione ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, sicche' appaiono persistere non trascurabili oneri
procedimentali sia a carico dell'amministrazione sia a carico del
privato.
2.3. Va soggiunto che, in un caso parzialmente analogo, in cui la
parte ricorrente aveva fatto opposizione all'acquisizione coattiva
rinunciando all'uscita dell'opera, ed il procedimento era stato poi
avviato come dichiarazione di interesse culturale particolarmente
importante dell'opera, ai sensi dell'art. 10, comma 3, lettera a),
nonche' degli articoli 13 e 14 del codice, oltre che dell'art. 7,
comma 3, decreto ministeriale n. 246/2018, il Consiglio di Stato ha
sollevato questione di legittimita' costituzionale con ordinanza
collegiale n. 363/2025.
Ad avviso della Sezione rimettente: «il comma 4-bis dell'art. 65
del decreto legislativo n. 42 del 2004, nella sua formulazione
letterale, preclude all'amministrazione la possibilita' di avviare il
procedimento ex art. 13 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (e,
quindi, per cio' che piu' interessa nell'ottica della tutela
dell'integrita' del patrimonio storico-artistico della Nazione, di
impedire l'uscita dell'opera dal territorio della Repubblica facendo
scattare il divieto di cui al comma 1 dell'art. 65) per ragione
diversa da quella dell'eccezionale interesse ogni qual volta, venendo
in rilievo opere di cui al precedente comma 4 (cioe' "cose di cui
all'art. 11, comma 1, lettera d)" ovvero, come nel caso che occupa,
"cose che presentino interesse culturale, siano opera di autore non
piu' vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, il
cui valore sia inferiore ad euro 13.500, fatta eccezione per le cose
di cui all'allegato A, lettera B, numero 1"), sia applicabile (ed
avviato) il procedimento semplificato di cui al primo periodo dello
stesso comma 4-bis dell'art. 65 del decreto legislativo n. 42 del
2004 (id est la presentazione di una dichiarazione ai sensi del testo
unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre
2000, n. 445 in luogo del previo rilascio di autorizzazione
all'uscita dal territorio della Repubblica).».
Il contrasto rilevato nella citata ordinanza del Consiglio di
Stato, in relazione a norme del codice che seguono la stessa ratio
rispetto a quelle qui in considerazione, riguarda anche esso, mutatis
mutandis, gli articoli 3, comma 1, 9, commi 1 e 2, 97, comma 2, della
Costituzione, e non risulta al momento attuale che il caso sia stato
deciso.
Come visto, alla stessa stregua, nella presente fattispecie deve
sollevarsi il medesimo dubbio di costituzionalita' della normativa
applicabile.
2.4. Il terzo motivo di ricorso denunzia: «Violazione e falsa
applicazione degli articoli 2, 3 e ss., 7 e ss. della legge 7 agosto
1990, n. 241. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo
n. 42/2994, con particolare ma non esclusivo riguardo agli articoli
65, commi IV e IV-bis, 10, 14, 70 e 72. Violazione e falsa
applicazione degli articoli 3, 41, 42 e 97 della Costituzione.
Violazione e falsa applicazione della legge n. 124/2017, con
particolare ma non esclusivo riguardo all'art. 1, comma 176.
Violazione e falsa applicazione della circolare n. 13/2019 "Atto di
indirizzo, ai sensi dell'art. 2, I comma, secondo periodo, decreto
ministeriale n. 44/2016 emanato dal direttore generale archeologia
belle arti e paesaggio del Ministero della cultura". Violazione di
legge ed eccesso di potere per violazione dei termini iniziale e
finale del procedimento. Difetto di istruttoria e difetto di
motivazione. Violazione dei principi generali in materia di buon
andamento dell'amministrazione, di procedimento amministrativo, di
tutela dell'affidamento dei destinatari dei provvedimenti.».
In particolare, il mezzo di gravame in questione - oltre che una
serie di argomenti a sostegno del primo motivo e/o del secondo
nonche' finalizzati a confutare che, nel caso di specie,
l'amministrazione possa attivare il procedimento di notifica ex art.
14 del codice - ha inteso evidenziare la peculiarita' del caso in
cui, come nel presente giudizio, venga in considerazione la
riesportazione di un bene gia' proveniente dall'estero.
In tali circostanze, ai sensi del combinato disposto dell'art. 72
del codice (che disciplina l'importazione temporanea, individuandone
altresi' l'ambito di applicabilita') e dell'art. 173 del regio
decreto n. 363/1913, vigente all'epoca dei fatti, il bene oggetto di
causa dovrebbe, nell'impostazione ricorsuale, sfuggire a qualsiasi
vincolo.
Tuttavia, il regime previsto dalle menzionate norme, nel caso di
specie, non ha potuto trovare applicazione in quanto, per effetto
della riforma apportata al codice nel 2017, che tra l'altro ha
previsto la ricordata categoria dei beni «sotto soglia», l'art. 72 fa
rinvio all'art. 65, comma 3, del codice, che pero', come ampiamente
veduto, esclude ora dal suo ambito precettivo le cose di valore
inferiore a 13.500 euro, che non sono piu' soggette ad
«autorizzazione».
In altri termini, non e' piu' possibile effettuare, e infatti la
ricorrente non ha effettuato, la dichiarazione di importazione del
bene oggetto di causa, per cui non e' stato ottenuto il relativo
certificato dell'Ufficio di esportazione, con la conseguenza che il
bene stesso, al contrario di beni di valore anche superiore che siano
stati previamente «dichiarati» in sede di importazione, non e'
rimasto assoggettato ad un regime di esenzione da interventi
acquisitivi o comunque tutelativi.
Anche tale motivo di ricorso appare al collegio meritevole di
accoglimento, ma a cio' osta la disciplina positiva, alla cui stregua
il regime dei beni «sotto soglia» non beneficia delle previsioni di
cui al combinato disposto degli articoli 72 del codice e 173 del
regio decreto n. 363/1913, che de iure e de facto diventano non
applicabili per tali cose.
La ricorrente ha dedotto, a tal riguardo, la violazione dei
principi costituzionali in materia di eguaglianza, tutela della
proprieta' privata, liberta' economica, libera circolazione delle
merci, imparzialita' della pubblica amministrazione (articoli 3, 41,
42 e 97 della Costituzione).
Il collegio condivide tale postulazione nei sensi che seguono.
Per cio' che concerne l'art. 3 della Costituzione, evidente
risulta la disparita' di trattamento che viene a determinarsi in
relazione ai beni importati di valore superiore alla soglia, i quali
appaiono beneficiare di una esenzione rispetto agli interventi di
tutela statale qualora siano stati oggetto di dichiarazione di
importazione.
Si tratta di una previsione normativa, all'evidenza,
discriminatoria, palesemente irragionevole ed anzi paradossale.
Anche con riguardo agli articoli 41 e 42 della Costituzione il
collegio rinviene una seria criticita', perche' il sacrificio imposto
alla iniziativa economica privata ed alla proprieta' risulta
sproporzionato rispetto al necessario, dovendosi considerare che
verrebbero ostacolati gli scambi culturali e commerciali oltre che le
attivita' di restauro, valorizzazione e conservazione dei beni di
valore culturale.
La normativa, peraltro, risulta di dubbia compatibilita' unionale
in considerazione del rilievo che le regole di libera circolazione
(in sintesi) ostano a misure nazionali che impongano restrizioni
sproporzionate agli scambi nel mercato interno, il che rileva in sede
interpretativa dell'art. 41 della Costituzione e piu' in generale
sotto il profilo dell'esegesi sistematica e conforme ai principi
europei degli articoli 41 e 42.
Nel caso di specie, facendo riferimento ai tre parametri in cui
si articola il giudizio di proporzionalita' nell'ottica unionale,
potrebbe dubitarsi, da un lato, della «idoneita'» della misura a
conseguire l'interesse pubblico di tutela del patrimonio nazionale,
perche' gli operatori privati saranno indotti, semplicemente, non far
transitare il bene in Italia, e, dall'altro lato, della «necessita'»
della misura, perche' con mezzi meno restrittivi, quali obblighi di
messa a disposizione temporale, assistiti eventualmente da idonee
garanzie, potrebbe ottenersi lo stesso risultato.
Non pare rispettato neppure il parametro della «adeguatezza», nel
senso che il sacrificio per l'interesse privato e ancor di piu' per
quello della libera circolazione appare «assoluto» nel caso in cui
l'amministrazione, peraltro senza la preventiva indicazione di
criteri che ne garantiscano l'imparzialita', decida di sottoporre un
bene «sotto soglia» in transito a interventi acquisitivi ex art. 70
del codice, ovvero, in caso di opposizione, ad interventi finalizzati
all'apposizione di vincoli a seguito della dichiarazione di
particolare interesse di cui all'art. 14 del codice.
In ogni caso, non essendo stato formulato un motivo di doglianza
specifico in relazione alle norme dell'Unione, il collegio non puo'
procedere oltre nell'analisi della questione, ne' puo' disapplicare
d'ufficio la normativa ritenuta divergente rispetto ai menzionati
principi.
Come gia' accennato, dunque, le considerazioni che precedono
valgono solo ai limitati fini della corretta interpretazione delle
norme costituzionali invocate e come conferma sotto il profilo
sistematico della legittimita' della normativa che dispone uno
«scudo» da interventi tutori per le opere «in transito», almeno se
provenienti da paesi UE, oltre che come conferma della manifesta
irragionevolezza dell'esclusione da tale beneficio dei beni c.d.
«sotto soglia», come invece appare previsto dalle norme applicabili.
Appaiono dunque sussistere i presupposti per ritenere la misura
in esame in contrasto con gli articoli 41 e 42 della Costituzione,
sotto il profilo dello sproporzionato sacrificio della libera
circolazione (elemento essenziale della libera iniziativa economica)
e della proprieta', nonche' con l'art. 97 della Costituzione sotto il
profilo della irragionevolezza di un intervento pubblico nel contesto
in parola (fatto salvo eventualmente il caso di bene culturale di
«eccezionale» valore).
Gli articoli 41 e 42 della Costituzione, peraltro, secondo parte
della dottrina, si ricollegano anche all'art. 2 della Costituzione,
ritenendosi l'autonomia negoziale uno dei diritti inviolabili
dell'uomo «come singolo», ferma ovviamente la solidarieta' ed il
bilanciamento con gli altri diritti ed interessi di pari valore.
3. La rilevanza delle questioni sollevate.
Per cio' che concerne la rilevanza della prima questione (i.e.
illegittimita' costituzionale della previsione di un limite di valore
per l'intervento acquisitivo) il collegio ritiene che l'accoglimento
o il rigetto del primo motivo di ricorso dipenda direttamente ed
immediatamente dall'esito della stessa.
Se le disposizioni di cui all'art. 70, 68 e 65 del codice, nella
parte in cui prevedono una soglia di valore pari a 13.500 euro per
l'intervento dell'amministrazione, fossero dichiarate conformi alla
Costituzione, il primo motivo dovrebbe essere accolto; viceversa, ove
fossero dichiarate incostituzionali, il motivo andrebbe respinto.
La seconda questione (i.e. illegittimita' costituzionale della
assenza di esenzione per le opere «sotto soglia» che risultino «in
transito»), invece, incide (in parte sul primo motivo, ma
soprattutto) sul terzo motivo di ricorso che risulta intrinsecamente
condizionato dall'esito della stessa. Se l'art. 72, e/o l'art. 65,
del codice fossero dichiarati conformi a Costituzione, il motivo
andrebbe respinto; mentre, in caso di declaratoria di illegittimita',
il motivo dovrebbe essere accolto.
3.1. Le due questioni appaiono al collegio entrambe autonome,
dirimenti e comunque strettamente intrecciate.
Il quadro normativo appare chiaro e non suscettibile di
interpretazione che lo allinei ai valori costituzionali.
Difatti, a seguito della riforma del codice operata nel 2017, i
beni c.d. «sotto soglia» non sono soggetti agli interventi di cui
all'art. 70 del codice.
Sicche', in caso di dichiarazione di incostituzionalita' delle
norme di cui alla prima questione, riespandendosi il potere di
intervento dell'amministrazione, appare evidente che permarrebbe
l'interesse della ricorrente allo scrutinio della seconda questione,
nel senso che dovrebbe essere valutata la necessita' di prevedere una
esenzione per i beni importati a prescindere dal fatto che siano
«sotto soglia».
Qualora invece le norme di cui alla prima questione fossero
ritenute conformi a Costituzione, e quindi i beni «sotto soglia»
esenti da interventi ai sensi del ripetuto art. 70, nonostante il
conseguente accoglimento del primo motivo di ricorso, rimarrebbero in
campo altri generi di interventi da parte dell'amministrazione, in
particolare l'apposizione del vincolo a seguito della dichiarazione
di particolare interesse di cui all'art. 14 del codice, ed ai sensi
dei commi 4 e 4-bis dell'art. 65 del codice, per cui il collegio, in
armonia con i principi costituzionale di ragionevole durata del
processo e di completezza e pienezza della tutela giurisdizionale,
dovrebbe comunque pronunziarsi sul terzo motivo, ossia sulla seconda
questione di costituzionalita', e/o eventualmente affrontarlo ai
sensi dell'art. 34, comma 1, lettera e), c.p.a..
In altre parole, solo con il definitivo chiarimento in ordine
alla totale esenzione dei beni importati rispetto ad interventi
dell'amministrazione sarebbe soddisfatto per intero l'interesse fatto
ritualmente valere dalla ricorrente.
Pertanto, a prescindere dall'esito della delibazione relativa
alla prima questione, ritiene il collegio che sia necessaria anche
una pronunzia di costituzionalita' (positiva o negativa) in
riferimento alla seconda questione.
Oltretutto, la criticita' fondamentale risiede nel rinvio, sia
dell'art. 70 (indirettamente) sia dell'art. 72 (direttamente)
all'art. 65, comma 3, del codice, che prevede la ripetuta esenzione
dei beni «sotto soglia» dall'applicazione di alcune norme del codice.
Naturalmente, solo a seguito della valutazione nel merito
(positiva, negativa o interpretativa) della compatibilita'
costituzionale dell'art. 70 e dell'art. 65, comma 3, del codice sara'
possibile comprendere funditus il rapporto esatto tra le due
questioni poste nella presente ordinanza, che allo stato, come detto,
risultano inestricabilmente intrecciate e rilevanti.
Sempre in ordine alla rilevanza, deve dirsi che le norme recate
dai commi 4 e 4-bis dell'art. 65 del codice dettano disposizioni
procedimentali che non incidono necessariamente sulla possibilita', o
meno, per l'amministrazione di agire ai sensi del ripetuto art. 70, e
per il ricorrente di invocare l'esenzione di cui all'art. 72 del
codice. Tuttavia, anche per consentire un intervento della Corte
costituzionale il piu' possibile risolutivo e completo, anche i commi
4 e 4-bis dell'art. 65 del codice vengono fatti oggetto della
presente questione.
In particolare, il regime procedurale, di autorizzazione o di
notifica dell'esportazione, e' potenzialmente neutro rispetto al
cuore delle questioni poste nella presente ordinanza, nel senso che
l'intervento acquisitivo senza limiti, e la esenzione senza limiti
per i beni importati, ossia la disciplina che il collegio ritiene
conforme a Costituzione, potrebbe realizzarsi merce' l'uno o l'altro
dei modelli di azione pubblica, ma ovviamente con il necessario
coordinamento normativo alla luce delle valutazioni che verranno
espresse dalla Corte. Al tempo stesso, pero', non puo' escludersi che
un intervento sui commi 4 e 4-bis dell'art. 65 del codice possa
risultare risolutivo, in linea con quanto sostenuto nella citata
ordinanza del Consiglio di Stato cui si rinvia per maggior chiarezza
e ragioni di sintesi.
3.2. Ritiene altresi' il collegio che non vi siano margini per
un'interpretazione conforme alla Costituzione delle norme menzionate.
In particolare, non possono essere accolte le tesi difensive
della parte resistente, volte a sostenere, attraverso un excursus
della novella apportata nel 2017 al corpus normativo in discorso, che
la disposizione di cui all'art. 70 del codice possa essere letta in
modo conforme a Costituzione, nel senso di consentire gli interventi
di acquisto coattivo anche in relazione ai beni «sotto soglia».
Tale ricostruzione non trova alcun riscontro nel tenore letterale
della norma, che risulta chiaro ed univoco, facendo espresso
riferimento al concetto di «cosa per la quale e' richiesto
l'attestato di libera circolazione» che, in virtu' del rinvio
(indiretto) all'art. 65, comma 3, del codice, radicalmente esclude i
beni «sotto soglia» dal suo campo di applicazione.
Allo stesso modo, l'art. 72 fa riferimento (diretto stavolta), ai
fini dell'esenzione per i beni importati, all'art. 65, comma 3, del
codice, che, come detto, radicalmente esclude i beni «sotto soglia»
dal suo campo di applicazione.
Un'interpretazione diversa si risolverebbe in una totale
manipolazione del dato testuale non consentita al giudice comune,
confermandosi cosi' la necessita' della rimessione alla Corte
costituzionale.
Del resto, come in parte gia' notato, la piu' volte menzionata
novella del 2017 appare coerente quanto alla «intenzione del
legislatore», nel senso che i beni «sotto soglia» non sono soggetti
agli interventi tutori di maggior rilievo e quindi non vi e' nemmeno
bisogno di prevedere specificamente in ordine al caso in cui essi
siano stati importati. Come in parte gia' chiarito, il coordinamento
dell'art. 72 con il novellato art. 65, comma 3, del codice, rimane
difettoso (nel senso che la prima norma appare concedere una
esenzione maggiore ai beni «sopra soglia» rispetto a quella che
risulta applicabile ai beni «sotto soglia», comprendendo quella di
cui all'art. 14 del codice), ma non per questo puo' predicarsi la
tesi erariale per cui il legislatore del 2017 avrebbe apportato solo
(ed esclusivamente) modifiche procedimentali al regime dei beni
«sotto soglia», rimanendo pero' intoccato il regime di tutela.
Come gia' osservato, i commi 4 e 4-bis dell'art. 65 del codice
dettano disposizioni procedimentali che non incidono necessariamente
sulla possibilita', o meno, per l'amministrazione di agire ai sensi
del ripetuto art. 70, e per la ricorrente di invocare l'esenzione di
cui all'art. 72 del codice.
In altri termini, teoricamente, potrebbe anche estendersi il
regime basato sulla notifica rispetto a quello basato
sull'autorizzazione, ma, dal punto di vista sostanziale, dovrebbe
consentirsi, per un verso, l'intervento dell'amministrazione anche in
relazione ai beni «sotto soglia» e, per altro verso, l'invocazione da
parte del privato dell'esenzione riguardante i beni «in transito» (a
prescindere dalla soglia e con le eventuali eccezioni straordinarie
ritenute opportune).
3.3. Vale infine chiarire che non paiono offrire elementi utili
ai fini che occupano altre disposizioni del codice (e.g. l'eventuale
opposizione alla acquisizione implica comunque l'assoluto sacrificio
del diritto all'esportazione, anche UE, oltre ad altre misure
conformative) nonche' le disposizioni di cui al decreto ministeriale
MIBACT 17 maggio 2018, n. 246, il quale, da un lato, e' stato
ritualmente impugnato, dall'altro lato, non sembra trarre tutte le
conseguenze necessarie dalla riforma del 2017. In ogni caso, tale
atto generale deve risultare conforme alle norme di legge, se
rispettose della Costituzione, oppure essere annullato rientrando
nella cognizione di questo Tribunale, che potra' affrontare le
relative problematiche (solo) a seguito della pronunzia della
Consulta.
3.4. In definitiva, neppure calando le norme di cui sopra si e'
detto nel contesto della «legalita' costituzionale» sembra possibile
circoscriverne l'effetto in maniera che la stessa sia rispettata.
Risultando peraltro non formulati motivi di doglianza relativi al
diritto dell'Unione, deve quindi ritenersi necessario un intervento
caducatorio e/o emendativo che non rientra nella competenza a ius
dicere di questo Tribunale ma in quella della Corte costituzionale.
4. Conclusioni.
Riservata ogni ulteriore statuizione di merito all'esito
dell'incidente di costituzionalita', previo respingimento del secondo
motivo di ricorso e di parte del terzo, non definitivamente
pronunciandosi sul primo e su parte del terzo motivo del ricorso:
va disposta l'acquisizione dell'intero fascicolo degli atti e
documenti depositati al Tribunale amministrativo regionale Lombardia,
Milano, nel giudizio n. r.g. 890/2021;
vanno dichiarate rilevanti e non manifestamente infondate le
questioni di legittimita' costituzionale indicate in motivazione,
riguardanti, la prima, gli articoli 70, 68 e 65, comma 3, lettera a)
secondo periodo, nonche' commi 4 e 4-bis, del decreto legislativo n.
42 del 2004, per contrasto con gli articoli 3, comma 1, 9 commi 1 e
2, 97, comma 2, della Costituzione; la seconda gli articoli 72 e 65,
comma 3, lettera a) secondo periodo, nonche' commi 4 e 4-bis, del
decreto legislativo n. 42 del 2004, per contrasto con gli articoli 2,
3, 41, 42 e 97 della Costituzione;
va sospeso, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87 il presente giudizio previa trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale per la risoluzione del suindicato incidente di
costituzionalita'.
La decisione sulle spese di lite e' del pari riservata all'esito
del giudizio di costituzionalita' in sede di statuizione di merito.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione
seconda quater) non definitivamente pronunciando sul ricorso come in
epigrafe proposto:
dispone l'acquisizione dell'intero fascicolo degli atti e
documenti depositati al Tribunale amministrativo regionale Lombardia,
Milano, nel giudizio n. r.g. 890/2021;
dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le
questioni di legittimita' costituzionale, indicate in motivazione
riguardanti, la prima, gli articoli 70, 68 e 65, comma 3, lettera a)
secondo periodo, nonche' commi 4 e 4-bis, del decreto legislativo n.
42 del 2004, per contrasto con gli articoli 3, comma 1, 9 commi 1 e
2, 97, comma 2, della Costituzione; la seconda gli articoli 72 e 65,
comma 3, lettera a) secondo periodo, nonche' comma 4 e 4-bis, del
decreto legislativo n. 42 del 2004, per contrasto con gli articoli 2,
3, 41, 42 e 97 della Costituzione;
sospende, per l'effetto, ai sensi dell'art. 23 della legge 11
marzo 1953, n. 87, il presente giudizio previa trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale per la risoluzione del suindicato
incidente di costituzionalita';
rinvia ogni ulteriore statuizione di merito all'esito del
giudizio incidentale promosso con la presente pronuncia;
ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la
presente ordinanza sia notificata alle parti costituite e al
Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai
Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
spese riservate al definitivo.
Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 11
luglio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Angelo Fanizza, Presidente FF;
Nino Dello Preite, primo referendario;
Giovanni Caputi, referendario, estensore.
Il Presidente: Fanizza
L'estensore: Caputi