Reg. ord. n. 201 del 2025 pubbl. su G.U. del 22/10/2025 n. 43

Ordinanza del Corte suprema di cassazione  del 01/09/2025

Tra: D. A.

Oggetto:

Processo penale – Attuazione della legge n. 134 del 2021, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari – Disposizioni transitorie in materia di semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze – Previsione che l'impugnazione è inammissibile quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello prescritto (costituito dall'indirizzo assegnato all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato), pur quando essa pervenga al giudice a quo entro il termine perentorio di proposizione – Non giustificata prevalenza della correttezza formale dell'atto rispetto alla sua correttezza sostanziale – Diversità di disciplina rispetto a quanto previsto, nel caso di irregolarità sostanziale, dall’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. – Contrasto con i principi del favor impugnationis, declinazione del diritto di difesa, e di ragionevolezza. 

Norme impugnate:

decreto legislativo  del 10/10/2022  Num. 150  Art. 87  Co. 7

decreto legislativo  del 10/10/2022  Num. 150  Art. 87  Co. 8



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 24   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 201 ORDINANZA (Atto di promovimento) 01 settembre 2025

Ordinanza del 1° settembre 2025 della Corte di cassazione sul ricorso
proposto da D. A.. 
 
Processo penale - Attuazione della legge n.  134  del  2021,  recante
  delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonche'  in
  materia di  giustizia  riparativa  e  disposizioni  per  la  celere
  definizione dei procedimenti giudiziari - Disposizioni  transitorie
  in materia di semplificazione delle attivita' di deposito di  atti,
  documenti  e   istanze   -   Previsione   che   l'impugnazione   e'
  inammissibile quando l'atto e' trasmesso a un  indirizzo  di  posta
  elettronica certificata diverso da  quello  prescritto  (costituito
  dall'indirizzo assegnato all'ufficio che ha emesso il provvedimento
  impugnato), pur quando essa pervenga al  giudice  a  quo  entro  il
  termine perentorio di proposizione . 
- Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge
  27  settembre  2021,  n.  134,  recante  delega  al   Governo   per
  l'efficienza del processo penale, nonche' in materia  di  giustizia
  riparativa  e  disposizioni   per   la   celere   definizione   dei
  procedimenti giudiziari), art. 87-bis, commi 7, lettera c), e 8. 


(GU n. 43 del 22-10-2025)

 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Prima Sezione penale 
 
    Composta da: 
        Giuseppe Santalucia, Presidente; 
        Paola Masi, relatore; 
        Barbara Calaselice; 
        Eva Toscani; 
        Marco Maria Monaco, 
    ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da: 
        A. D. nato a ... il ... avverso l'ordinanza  del  2  dicembre
2024 del giudice di sorveglianza di Bologna; 
    udita la relazione svolta dal Consigliere Paola Masi; 
    lette le conclusioni del pubblico ministero,  nella  persona  del
Sostituto procuratore generale Sabrina Passafiume,  che  ha  chiesto,
con   requisitoria   scritta,   l'annullamento   senza   rinvio   del
provvedimento impugnato, e la trasmissione degli atti al Tribunale di
sorveglianza di Bologna. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1. Con ordinanza emessa in data 2 dicembre 2024 il Magistrato  di
sorveglianza  di  Bologna  ha  dichiarato  inammissibile  il  reclamo
proposto dal detenuto D. A. , ai sensi dell'art. 69-bis, legge n. 354
del 1975 (ord.  pen.  ),  avverso  l'ordinanza  emessa  dal  medesimo
magistrato,  di  rigetto  della  richiesta  di   applicazione   della
liberazione  anticipata,  perche'  proposto  mediante   PEC   inviata
all'indirizzo    depositoattipenali.tribsorv.bologna@giustiziacert.it
riferito al Tribunale di sorveglianza di Bologna e non all'Ufficio di
sorveglianza che ha  emesso  il  provvedimento,  che  costituisce  un
ufficio  diverso,   al   quale   non   e'   possibile   il   deposito
dell'impugnazione,  e  avendo  l'art.  87-bis,   comma   7,   decreto
legislativo   n.    150/2022    stabilito    l'inammissibilita'    di
un'impugnazione presentata tramite invio  ad  un  indirizzo  PEC  non
riferibile all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato. 
    2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso D. A., per  mezzo  del
suo difensore avv. Simone Bilotta, articolando due motivi. 
    2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge  penale  e
processuale, con riferimento all'art. 87-bis, comma  7,  lettera  c),
decreto legislativo n. 150/2022. 
    L'ordinanza afferma che l'atto e' stato  inviato  ad  un  ufficio
diverso solo perche'  inviato  all'indirizzo  PEC  del  tribunale  di
sorveglianza, senza considerare che tale indirizzo rientra tra quelli
riportati nell'elenco del DGSIA come destinato al  deposito  di  atti
giudiziari, e che la Corte di cassazione ha affermato che la sanzione
processuale della inammissibilita'  e'  prevista  solo  nel  caso  di
utilizzo di un indirizzo non compreso nell'elenco fornito dal  DGSIA,
mentre nel caso di specie tale indirizzo, oltre ad essere compreso in
detto elenco, corrisponde al medesimo ufficio di sorveglianza. 
    2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge penale e
processuale, con riferimento agli articoli 178, 179, 591 e 568, comma
5, codice di procedura penale 
    La declaratoria di inammissibilita' del reclamo e'  stata  emessa
dal medesimo magistrato che ha  emesso  il  primo  provvedimento,  il
quale non aveva il potere di valutarla, spettando  tale  potere  solo
all'organo collegiale, quindi  al  Tribunale  di  sorveglianza,  come
previsto dall'art. 69-bis ordinanza pen., a cui egli  avrebbe  dovuto
inviare l'atto ai sensi dell'art. 568, comma 5, codice  di  procedura
penale. 
    3. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha  chiesto
l'annullamento  senza  rinvio  del  provvedimento  impugnato,  e   la
trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Bologna. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.  La  Corte  ritiene  di  proporre   d'ufficio   questione   di
costituzionalita'  delle  disposizioni,  rilevanti  ai   fini   della
decisione sul ricorso, contenute nell'art. 87-bis, comma  7,  lettera
c), e comma 8, decreto  legislativo  n.  150  del  10  ottobre  2022,
introdotto dall'art. 5-quinquies del  decreto-legge  n.  162  del  31
ottobre 2022, conv. con legge n. 199 del 30  dicembre  2022,  perche'
sacrificano irragionevolmente e indebitamente il diritto delle  parti
di difendersi adeguatamente in giudizio per mezzo della  proposizione
dell'impugnazione, in tal modo violando gli articoli  3  e  24  della
Costituzione. 
    Le disposizioni dell'art. 87-bis, decreto legislativo n. 150  del
2022 prescrivono che l'atto di impugnazione, inviato tramite PEC,  e'
inammissibile  quando  «e'  trasmesso  a  un   indirizzo   di   posta
elettronica certificata non riferibile, secondo quanto  indicato  dal
provvedimento  del  direttore  generale  per  i  sistemi  infornativi
automatizzati di cui al  comma  1,  all'ufficio  che  ha  emesso,  il
provvedimento impugnato», facendo quindi obbligo al  giudice  che  ha
emesso il provvedimento impugnato di dichiarare, anche d'ufficio, con
ordinanza l'inammissibilita' dell'impugnazione, e di disporre  quindi
l'esecuzione del provvedimento impugnato». 
    L'inammissibilita' dell'impugnazione consegue, secondo una  piana
interpretazione letterale, non tanto - e non solo - alla trasmissione
dell'atto di impugnazione ad un indirizzo  non  compreso  nell'elenco
del DGSIA, come gia' affermato, peraltro in modo non costante,  dalla
giurisprudenza  di  legittimita'  -   secondo   cui   «in   tema   di
impugnazioni, e' inammissibile il ricorso per  cassazione  depositato
telematicamente presso un indirizzo di posta elettronica  certificata
diverso da quello indicato nel decreto del direttore generale  per  i
sistemi informativi automatizzati di cui all'art.  87-bis,  comma  1,
decreto legislativo 10 ottobre 2022,  n.  150.  (In  motivazione,  la
Corte ha precisato che la ratio, sottesa alla citata disposizione, di
semplificazione delle comunicazioni tra parti e uffici  giudiziari  e
di  accelerazione  degli  adempimenti  di  cancelleria  non   ammette
interpretazioni   che   attenuino   il   rigore   delle   cause    di
inammissibilita'   previste   dalla   legge,   nemmeno   valorizzando
l'idoneita' della notifica al "raggiungimento dello scopo")» (Sez. 2,
n. 11795 del 21 febbraio 2024, Rv. 286141; cosi' Sez. 4, n. 48804 del
14 novembre 2023, Rv. 285399 e Sez. 1, n. 47557 del 29 novembre 2024,
Rv. 287294) -; quanto all'invio ad un  indirizzo  non  corrispondente
all'ufficio del giudice a quo, a cui, secondo  il  quarto  comma  del
menzionato articolo, esso deve essere inviato. 
    Nel caso in esame, l'impugnazione avrebbe dovuto  essere  inviata
al Magistrato  di  sorveglianza  di  Bologna,  che  aveva  emesso  il
provvedimento impugnato, al quale il direttore generale  dei  sistemi
informativi   ha   assegnato   l'indirizzo   di   posta   elettronica
depositoattipenali.uffsorv.bologna@giustiziacert.it   con    evidenza
diverso  da  quello  utilizzato  dal  ricorrente,  essendo   peraltro
l'ufficio  di  sorveglianza,  a  cui  appartiene  il  magistrato   di
sorveglianza,  un  organo  del  tutto  diverso   dal   tribunale   di
sorveglianza, e autonomo rispetto a questo. 
    Nonostante   l'errore   in   cui   e'    incorso    l'impugnante,
l'impugnazione e' pervenuta, entro il termine di valida proposizione,
al giudice che ha emesso il provvedimento  oggetto  di  doglianza,  e
cioe' il magistrato di sorveglianza, perche' gli e' stata  trasmessa,
per competenza, dal  tribunale  di  sorveglianza  a  cui  era  stata,
appunto erroneamente, inviata. 
    Il magistrato di sorveglianza ne ha allora dichiarato, in base al
dato letterale delle disposizioni di legge, l'inammissibilita'. 
    2. Difformemente da  quanto  sostenuto  dal  ricorrente,  occorre
precisare che non si sarebbe  potuto  giungere  a  soluzione  diversa
facendo applicazione dell'art. 69-bis ordinanza pen., che  stabilisce
la competenza del tribunale di sorveglianza a decidere ogni questione
sui  reclami  proposti  avverso  le  ordinanze  del   magistrato   di
sorveglianza, perche' la norma in questione deve  ritenersi  superata
da quella, sopravvenuta e di natura speciale, dell'art. 87-bis, comma
8, decreto legislativo n. 150/2022, che ha  stabilito  la  competenza
del giudice a quo per la declaratoria di inammissibilita' pronunciata
a seguito del verificarsi  dell'ipotesi  prevista  dall'art.  87-bis,
comma 7, decreto legislativo n. 150/2022. 
    Ancora, e' utile chiarire che non rileva nel  caso  in  esame  la
norma, di portata generale, di cui all'art. 568, comma 5,  codice  di
procedura penale Essa stabilisce che «l'impugnazione  e'  ammissibile
indipendentemente dalla qualificazione a essa data  dalla  parte  che
l'ha  proposta.  Se  l'impugnazione  e'   proposta   a   un   giudice
incompetente, questi  trasmette  gli  atti  al  giudice  competente».
Questa Corte ha sempre ritenuto che essa si applichi  nel  solo  caso
della irregolarita' sostanziale dell'impugnazione, o  perche'  questa
e' stata proposta ad un giudice non competente, o  perche'  e'  stato
utilizzato un mezzo di impugnazione diverso da  quello  previsto  dal
codice di rito, ad esempio il ricorso per cassazione nei casi in  cui
e' prevista l'opposizione ai sensi dell'art. 667, comma 4, codice  di
procedura penale (tra le molte, Sez. 5, n.  42578  del  27  settembre
2024, Rv. 287234; Sez. 1, ordinanza n. 3063 del  15  settembre  2023,
dep. 2024, Rv. 285720; Sez. U, n. 1626 del 24  settembre  2020,  dep.
2021, ..., in motivazione). 
    Deve quindi ritenersi che essa non possa essere invocata nel caso
di specie, in cui si e' verificato un vizio  solo  formale,  che  non
riguarda la sostanza dell'atto ma solo la sua trasmissione. 
    3. L'interpretazione dell'art. 568, comma 5, codice di  procedura
penale induce ad escludere che l'obbligo  di  trasmettere  l'atto  di
impugnazione   al   giudice   competente   sussista   nel   caso   di
un'impugnazione proposta  al  giudice  ad  quem,  competente  per  il
giudizio di merito, ma presentata  mediante  invio  ad  un  indirizzo
telematico non riferibile all'ufficio del giudice  a  quo,  al  quale
essa deve essere inviata. 
    Lo stesso testo dell'art. 87-bis, comma 7,  lettera  c),  decreto
legislativo n. 150/2022,  peraltro,  esclude  tale  possibilita',  in
quanto  l'errore  nell'indicazione  dell'indirizzo   telematico   non
prevede   alternative   alla   conseguenza   della   inammissibilita'
dell'atto. Il comma 8 della norma, poi, conferma la non operativita',
in tale fattispecie, della norma di cui all'art.  568,  comma  5  del
codice di procedura penale, in quanto stabilisce  che  il  giudice  a
quo, quando riceve l'atto, inviato ad un indirizzo telematico  errato
ma evidentemente trasmessogli in quanto giudice competente a ricevere
l'impugnazione  avverso  un  provvedimento  da   lui   emesso,   deve
dichiararne l'inammissibilita',  senza  poterlo  trasmettere,  a  sua
volta,  al  giudice  ad  quem,  neppure  se  esso  risulti  pervenuto
tempestivamente e  non  presenti  alcuna  delle  ulteriori  cause  di
inammissibilita', previste dall'art.  591  del  codice  di  procedura
penale,  come  verificatosi  nella  vicenda  oggetto   del   presente
procedimento. 
    Questa Corte, in alcune pronunce (vedi Sez. 5, n.  23192  del  29
aprile 2025, n.m.; Sez. 6, n. 19415 del 17 aprile 2025, Rv.  288084),
ha ritenuto che il rigido formalismo introdotto  gia'  dall'art.  24,
comma 6-sexies, decreto-legge n. 137/2020, convertito  con  legge  n.
176/2020, e ribadito, in termini quasi  identici,  dall'art.  87-bis,
commi 7 e 8, decreto legislativo n. 150/2022, possa  essere  superato
conformandosi ai principi dettati dalla sentenza Sez. U, n. 1626  del
24 settembre 2020, dep. 2021, ..., Rv. 280167, in particolare  quanto
alla valorizzazione del  favor  impugnationis  e  del  principio  del
raggiungimento  dello  scopo   dell'atto,   ritenendo   percio'   che
l'impugnazione non debba essere dichiarata inammissibile se,  benche'
inviata al giudice non competente a riceverla, sia  stata  da  questi
trasmessa al giudice  competente,  ed  egli  l'abbia  tempestivamente
ricevuta.  Detta  pronuncia,  infatti,   ha   affermato   che   «solo
l'inosservanza del termine di presentazione  determina,  in  realta',
l'inammissibilita' del ricorso» cautelare perche', se  esso,  benche'
presentato in un luogo diverso  da  quello  stabilito,  perviene  nel
termine di legge al giudice competente  a  riceverlo,  «non  vi  sono
ragioni sostanziali per negare la validita' del  ricorso,  in  quanto
... puo' ritenersi raggiunta la finalita' del ricorrente di  attivare
il sistema impugnatorio». 
    Appare preferibile, pero',  il  diverso  e  prevalente  indirizzo
giurisprudenziale, che nega l'estensibilita' delle conclusioni  della
citata pronuncia alla disciplina introdotta dall'art. 87-bis, commi 7
e 8, decreto legislativo n. 150/2022. I suoi principi, infatti,  sono
stati dettati per il deposito dell'impugnazione in forma cartolare  e
non telematica, e soprattutto sono stati espressi in un  contesto  di
regole non segnato, come invece l'attuale, dalla previsione  di'  una
specifica causa di  inammissibilita'  per  l'invio  dell'atto  ad  un
indirizzo telematico non corrispondente all'ufficio del  giudice  che
ha emesso il provvedimento impugnato. 
    Non vi sono dunque margini per tentare, per  via  interpretativa,
una  correzione  degli  eccessi  di  formalismo   regolatorio   delle
disposizioni in esame, attesa la vincolativita' del testo  normativo,
che  non  autorizza  a  soluzioni  diverse.  Vanno  a  tal  proposito
richiamate  le  affermazioni  della  stessa  sentenza  Sez.   U,   n.
1626/2021, ... , secondo cui la valorizzazione delle regole del favor
impugnationis e del raggiungimento dello  scopo  «non  puo'  tradursi
nell'attribuzione al diritto  vivente  di  una  potesta'  integrativa
della voluntas  legis,  ne'  quindi  consentire  l'individuazione  di
diverse forme di presentazione del ricorso rispetto a  quelle  volute
dal legislatore», con l'ulteriore precisazione per  la  quale  e  «in
presenza di un univoco tenore letterale della  norma  deve  ritenersi
precluso il ricorso ad un'interpretazione "adeguatrice" e,  nel  caso
di dubbio circa la  sua  conformita'  ai  principi  costituzionali  o
convenzionali internazionali, si  dovrebbe  necessariamente  lasciare
spazio unicamente al sindacato di legittimita' costituzionale». 
    4. Si pone, allora, attesa  l'impossibilita'  di  interpretazioni
correttive e conformi ai principi  costituzionali,  la  questione  di
legittimita' dell'art. 87-bis,  comma  7,  lettera  c),  e  comma  8,
decreto   legislativo   n.   150/2022   sotto   il   profilo    della
irragionevolezza e dell'indebito sacrificio del diritto di difesa, in
ragione   della   consegna   alla   inammissibilita'   dell'atto   di
impugnazione  pur  quando,  nonostante  l'errore  della  parte  nella
trasmissione per via telematica, esso sia pervenuto al giudice a quo,
e quindi all'organo individuato dalla  legge,  ben  prima  che  siano
decorsi i termini per la sua presentazione. 
    5. La questione e' anzitutto rilevante. 
    Nel presente caso, come  riferito  dal  ricorrente  e  comunicato
dalla cancelleria del Tribunale del riesame  di  Bologna,  l'atto  di
impugnazione presentato da D. A. ,  un  reclamo  ai  sensi  dell'art.
69-bis, ordinanza pen., e' pervenuto a detto ufficio,  mediante  PEC,
in data 11 novembre 2024, e nello stesso giorno e' stato stampato  in
forma cartacea  e  consegnato  alla  cancelleria  del  Magistrato  di
sorveglianza di Bologna mediante trasmissione brevi manu, avendo tale
ufficio  la  medesima  sede  della  cancelleria  del   Tribunale   di
sorveglianza, ed essendo medesimo anche il personale addetto  ai  due
uffici. 
    Secondo tale comunicazione, percio', l'atto  di  impugnazione  e'
pervenuto tempestivamente al giudice a  quo,  risultando  rispettato,
per quanto rilevabile dagli atti, il termine di impugnazione di dieci
giorni dall'ultima notifica del provvedimento  impugnato,  effettuata
in data 1° novembre 2024; non e' stata neppure indicata, dal  giudice
procedente, la sussistenza di una diversa causa  di  inammissibilita'
di detta impugnazione. 
    La questione risulta, percio', rilevante, perche' la declaratoria
di incostituzionalita' della norma, nella  parte  in  cui  stabilisce
l'inammissibilita'   dell'impugnazione   per   il    vizio    formale
verificatosi, o nella sola parte in cui non esclude tale sanzione nel
caso  in  cui  l'atto,  sebbene  viziato,  pervenga   tempestivamente
nell'ufficio del giudice a quo,  consentirebbe  la  trasmissione  del
reclamo al giudice ad quem ed il suo esame nel merito. 
    6. La questione e' anche non manifestamente infondata. Le  norme,
ispirate ad un rigido formalismo,  si  pongono  in  contrasto  con  i
principi del favor impugnationis, declinazione del diritto di difesa,
e di ragionevolezza, espresso, per l'aspetto che ora interessa, dalla
sapiente valorizzazione del criterio del raggiungimento  dello  scopo
dell'atto, similmente a quanto  il  legislatore  del  codice  dispone
all'art. 568, comma 5, codice di procedura penale,  e  all'art.  184,
comma 1, codice di procedura  penale,  in  tema  di  sanatoria  delle
nullita'  delle  citazioni   e   degli   avvisi,   e   che   sorregge
l'interpretazione, contenuta nella sentenza  Sez.  U,  n.  1626/2021,
..., sopra citata, dell'art. 582, comma 2, cod. proc. pen.,  abrogato
dallo stesso decreto legislativo n. 150/2022 e  sostituito  dall'art.
111-bis codice di procedura penale. 
    Con l'art. 87-bis, comma 7, lettera c), e comma  8,  del  decreto
legislativo  n.  150/2022  si  e'  introdotta  nell'ordinamento   una
disciplina che attribuisce  una  non  giustificata  prevalenza  della
correttezza formale dell'atto, rectius delle sue modalita' di  invio,
rispetto alla sua correttezza sostanziale, in una  materia  attinente
all'esercizio dei diritti difensivi, facendo  dipendere  da  un  mero
errore, anche se di  fatto  sanato  e  pertanto  privo  di  effettive
conseguenze,  la  perdita  del  diritto  di  ottenere   dal   giudice
dell'impugnazione una pronuncia di merito. 
    6.1. Oggetto di violazione e' il principio  di  cui  all'art.  24
Cost. 
    Non puo' sfuggire che la diversa disciplina, operante -  come  si
e' detto - nei due diversi casi di un atto di  impugnazione  viziato,
tutela adeguatamente il diritto di impugnazione delle parti a  fronte
di un vizio sostanziale dell'atto, mentre  una  pari  tutela  non  e'
accordata per l'ipotesi di un  vizio  formale,  costituito  dal  mero
errore dell'invio ad un indirizzo telematico sbagliato. 
    Nel primo caso, l'art. 568, comma  5,  del  codice  di  procedura
penale,  in  applicazione  del  principio  del  favor  impugnationis,
imponendo la trasmissione dell'atto al giudice  competente,  consente
di correggere l'errore e di esaminare nel merito l'impugnazione anche
se essa e' stata presentata in modo sbagliato, salva  la  sussistenza
di altre cause di inammissibilita'. Nel secondo caso, invece,  l'art.
87-bis, commi 7, lettera c), e 8,  decreto  legislativo  n.  150/2022
impone la declaratoria di inammissibilita',  escludendo  radicalmente
l'applicabilita' di tale  principio  anche  in  assenza  delle  cause
previste  dall'art.  591  del  codice  di  procedura  penale,  e  non
prevedendo neppure l'applicabilita' del  principio  di  conservazione
degli atti, qualora l'impugnazione sia pervenuta  tempestivamente  al
giudice competente a riceverla. 
    Cio'  si  risolve  in  un  grave  vulnus  per  l'impugnante,  non
giustificato dalla diversita'  degli  errori  da  lui  commessi,  non
potendo  ritenersi  il  vizio  formale  piu'  grave   di   un   vizio
sostanziale, tanto da risultare in ogni caso non sanabile. 
    6.2. Le disposizioni in esame violano  contestualmente  anche  il
principio  di  cui   all'art.   3   Cost.   che   stabilisce,   oltre
all'uguaglianza di tutti i cittadini, il dovere  del  legislatore  di
disciplinare in modo  analogo  situazioni  analoghe,  ovvero  di  non
disciplinare  in  modo  irragionevolmente  diverso   situazioni   che
richiedono una analoga tutela. 
    Appaiono irragionevoli, infatti, l'introduzione di una  causa  di
inammissibilita' dell'impugnazione penale per un vizio solo  formale,
a fronte dell'esistenza, nel codice di rito, di una norma che esclude
una simile inammissibilita'  per  un  vizio  sostanziale,  oltre  che
l'omessa previsione  della  insussistenza  di  tale  inammissibilita'
quando l'atto abbia, comunque, raggiunto il suo scopo. 
    L'invio  dell'atto  di  impugnazione  a  un  indirizzo  di  posta
elettronica  certificata  indicato  dal  DGSIA  ma   non   riferibile
all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato  costituisce  un
vizio  solo   formale,   potendo   essere   dovuto   ad   un   errore
nell'individuazione del giudice competente a ricevere  l'atto  o  del
suo indirizzo telematico, o addirittura  solo  ad  una  svista  nella
lettura o nella trascrizione dell'indirizzo stesso, ma non pone dubbi
circa la volonta' del soggetto di proporre  impugnazione  al  giudice
competente. 
    La diversa qualificazione dell'impugnazione, perche' proposta  ad
un giudice non competente o con un mezzo diverso da quello stabilito,
costituisce invece un,  vizio  sostanziale  dell'atto,  ma  esso  non
comporta la declaratoria di  inammissibilita',  perche'  l'art.  568,
comma 5, codice di procedura penale fa obbligo al giudice che  lo  ha
erroneamente ricevuto di trasmetterlo, previa  eventualmente  la  sua
diversa  qualificazione,  al  giudice  competente,  il  quale  potra'
valutare la sussistenza solo delle cause di inammissibilita' previste
dall'art. 591 del codice di procedura penale. 
    Nel primo caso, pertanto, un atto di impugnazione corretto  nella
forma e nella sostanza, correttamente qualificato  e  indirizzato  al
giudice  competente,  viene  dichiarato  inammissibile  solo  perche'
trasmesso ad un indirizzo telematico diverso da quello  indicato  dal
DGSIA. 
    Nel secondo caso, un atto di impugnazione indirizzato al  giudice
non competente, o qualificato erroneamente, e  quindi  viziato  nella
sua sostanza, produce i' suoi effetti, in applicazione del  principio
del favor impugnationis, e deve essere  fatto  pervenire  al  giudice
competente, il quale deve esaminarlo nel merito. 
    L'irragionevolezza di tale diversa disciplina emerge con evidenza
nell'ipotesi, verificatasi  nel  presente  caso,  in  cui  l'atto  di
impugnazione inviato ad un indirizzo telematico non corrispondente al
giudice  a  quo  venga   a   questi   trasmesso,   e   gli   pervenga
tempestivamente: mentre nel caso di  un'impugnazione  indirizzata  al
giudice non competente questa, se trasmessa tempestivamente a  quello
competente, ai sensi dell'art. 568, comma 5, del codice di  procedura
penale,  verra'  esaminata   e   giudicata   nel   merito,   l'errore
nell'indirizzo telematico impone al  giudice  a  quo  di  dichiararne
l'inammissibilita', benche' l'atto  abbia  raggiunto  il  suo  scopo,
pervenendo nel termine di legge al giudice a cui deve essere inviato. 
    Questi non puo' neppure ritenere sussistente alcuna sanatoria, in
applicazione del principio del raggiungimento dello scopo costituente
la ratio di una norma quale  l'art.  184,  comma  1,  del  codice  di
procedura penale, perche' non prevista dal legislatore. 
    Sotto  altro  profilo,  appare  irragionevole  che  la   medesima
tipologia di errore, quale l'invio dell'atto al giudice non  indicato
dalla legge, produca una conseguenza molto diversa  se  tale  giudice
non e' competente ad esaminare nel merito l'impugnazione,  ovvero  se
tale giudice, piu' semplicemente, non e' competente a riceverla. 
    E' irragionevole, pertanto, e percio' in contrasto con  l'art.  3
Cost.,  la  mancata  previsione  di  una  operativita'  dei  predetti
principi del favor impugnationis e della conservazione dell'atto  che
raggiunge il suo scopo,  nell'ipotesi  di  un  atto  di  impugnazione
viziato  solo  per  un  errore  formale  nella  sua  trasmissione  ma
pervenuto tempestivamente al giudice a quo, mentre tali principi sono
applicati dall'ordinamento processuale nell'ipotesi  di  un  atto  di
impugnazione che presenta un vizio sostanziale. 
    La questione di costituzionalita' qui proposta per la  violazione
dell'art. 3 Cost. appare, percio', non manifestamente infondata. 
    7. La questione deve ritenersi non manifestamente infondata anche
se  la  norma  contestata  e'  stata  emessa,  dal  legislatore,   in
applicazione di  un  diverso  principio  costituzionale,  quello  del
diritto ad una ragionevole durata del processo,  stabilito  dall'art.
111, comma 2, Cost. 
    I  lavori  preparatori  del  decreto  legislativo   n.   150/2022
chiariscono che l'intera normativa e' stata dettata in attuazione  di
tale  principio,  essendo  finalizzata  ad   assicurare   la   celere
definizione  dei   procedimenti   giudiziari,   anche   mediante   la
semplificazione di atti e procedure. 
    L'art. 87-bis, introdotto nel  decreto  legislativo  n.  150/2022
dall'art. 5-quinquies del decreto-legge n. 162/2022,  e'  sicuramente
funzionale al rispetto del predetto principio, in quanto fornisce una
disciplina organica e dettagliata delle disposizioni  transitorie  in
materia di semplificazione  delle  attivita'  di  deposito  di  atti,
documenti e istanze, applicabili sino  alla  piena  operativita'  del
processo penale telematico, ed escludendo il dovere di trasmettere ad
altri uffici gli atti di impugnazione pervenuti erroneamente  esonera
le  cancellerie  da  un'attivita'   che   comporta   sicuramente   un
appesantimento e un rallentamento del loro lavoro.  Il  rispetto  del
principio costituzionale della ragionevole durata  del  processo  non
puo', pero', giustificare l'introduzione  di  norme  processuali  che
violano altri principi di pari rango, quali  quelli  stabiliti  dagli
articoli 3 e 24 Cost. 
    La costituzionalita' della norma indicata, inoltre,  deve  essere
valutata anche alla luce dei principi  convenzionali  internazionali.
La Corte europea dei diritti dell'uomo riconosce agli Stati un  ampio
margine di apprezzamento, che  consente  l'imposizione  di  requisiti
formali anche rigorosi per l'ammissibilita' delle impugnazioni, ma  a
condizione che tali requisiti non limitino l'accesso del cittadino al
giudice in modo tale da  pregiudicare  in  modo  sostanziale  il  suo
diritto, pena la violazione dell'art. 6, par. 1 della Convenzione EDU
(vedi la decisione n. 55064/11 del 28 ottobre 2021,  Succi  c/Italia,
ed altre precedenti). 
    Occorre percio' valutare se il rigido formalismo della disciplina
introdotta dall'art. 87-bis,  commi  7,  lettera  c),  e  8,  decreto
legislativo n. 150/2022, con l'impossibilita' anche solo di  emendare
o  sanare  un  vizio  puramente  formale,  risulti  porre  un  limite
eccessivo, oltre che ingiustificato, all'esercizio del diritto  a  un
equo processo, anche nei gradi di giudizio successivi  al  primo,  se
previsti dall'ordinamento dello Stato. 

 
                                P.Q.M. 
 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 87-bis, commi 7, lettera  c)  e
8, decreto legislativo n. 150 del 2022, in riferimento agli  articoli
3  e  24  della   Costituzione,   nella   parte   in   cui   sancisce
l'inammissibilita' dell'impugnazione trasmessa ad indirizzo di  posta
elettronica certificata  diverso  da  quello  prescritto  (costituito
dall'indirizzo assegnato all'ufficio che ha emesso  il  provvedimento
impugnato) pur quando essa pervenga al giudice a quo entro il termine
perentorio di proposizione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso. 
    Ordina che, a cura della cancelleria, la presente  ordinanza  sia
notificata al ricorrente, al Procuratore generale presso la Corte  di
cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
    Cosi' deciso il 1° luglio 2025 
 
                      Il Presidente: Santalucia 
 
 
                                       Il Consigliere estensore: Masi