Reg. ord. n. 200 del 2025 pubbl. su G.U. del 22/10/2025 n. 43
Ordinanza del Corte suprema di cassazione del 01/09/2025
Tra: A. P.
Oggetto:
Processo penale - Attuazione della legge n. 134 del 2021, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari - Disposizioni transitorie in materia di semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze – Previsione che l'impugnazione è inammissibile quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello prescritto (costituito dall'indirizzo assegnato all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato), pur quando essa pervenga al giudice a quo entro il termine perentorio di proposizione – Non giustificata prevalenza della correttezza formale dell'atto rispetto alla sua correttezza sostanziale - Diversità di disciplina rispetto a quanto previsto, nel caso di irregolarità sostanziale, dall’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. - Contrasto con i principi del favor impugnationis, declinazione del diritto di difesa, e di ragionevolezza.
Norme impugnate:
decreto legislativo
del 10/10/2022
Num. 150
Art. 87
Co. 7
decreto legislativo
del 10/10/2022
Num. 150
Art. 87
Co. 8
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 24
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 200 ORDINANZA (Atto di promovimento) 01 settembre 2025
Ordinanza del 1° settembre 2025 della Corte di cassazione sul ricorso
proposto da A. P..
Processo penale - Attuazione della legge n. 134 del 2021, recante
delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonche' in
materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere
definizione dei procedimenti giudiziari - Disposizioni transitorie
in materia di semplificazione delle attivita' di deposito di atti,
documenti e istanze - Previsione che l'impugnazione e'
inammissibile quando l'atto e' trasmesso a un indirizzo di posta
elettronica certificata diverso da quello prescritto (costituito
dall'indirizzo assegnato all'ufficio che ha emesso il provvedimento
impugnato), pur quando essa pervenga al giudice a quo entro il
termine perentorio di proposizione .
- Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge
27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per
l'efficienza del processo penale, nonche' in materia di giustizia
riparativa e disposizioni per la celere definizione dei
procedimenti giudiziari), art. 87-bis, commi 7, lettera c), e 8.
(GU n. 43 del 22-10-2025)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
prima sezione penale
Composta da:
Giuseppe Santalucia, Presidente;
Paola Masi, relatore;
Barbara Calaselice;
Eva Toscani;
Marco Maria Monaco;
Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da P.
A., nato a ... il ..., avverso il decreto del 13 dicembre 2024 del
Giudice di sorveglianza di Bologna;
Udita la relazione svolta dal consigliere Paola Masi;
Lette le conclusioni del pubblico ministero, nella persona del
sostituto procuratore generale Pietro Molino, che ha chiesto, con
requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con provvedimento emesso in data 13 dicembre 2024 il
magistrato di sorveglianza di Bologna ha dichiarato inammissibile il
reclamo proposto dal detenuto A. P., ai sensi dell'art. 69-bis, legge
n. 354 del 1975 (ord. pen.), avverso un provvedimento emesso dal
medesimo magistrato ai sensi all'art. 35-ter, ordinanza pen., perche'
proposto mediante posta elettronica certificata (PEC) inviata
all'indirizzo depositoattipenali.tribsorv.bologna@giustiziacert.it
riferito al Tribunale di sorveglianza di Bologna e non all'Ufficio di
sorveglianza che ha emesso il provvedimento, e avendo l'art. 87-bis,
comma 7, decreto legislativo n. 150/2022 stabilito l'inammissibilita'
di un'impugnazione presentata tramite invio ad un indirizzo PEC non
riferibile all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato.
2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso A. P., per mezzo
del suo difensore avv. Carlo De Stavola, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge penale e
processuale, con riferimento all'art. 87-bis, comma 7, lettera c),
decreto legislativo n. 150/2022.
Il provvedimento afferma che l'atto e' stato inviato ad un
ufficio diverso solo perche' inviato all'indirizzo PEC del Tribunale
di sorveglianza, senza considerare che tale ufficio ha la medesima
sede dell'ufficio del magistrato di sorveglianza e l'atto, in ogni
caso, e' stato recepito da quest'ultimo, quale giudice competente, il
giorno successivo al suo invio all'indirizzo asseritamente errato. La
Corte di cassazione, poi, ha precisato che la sanzione processuale e'
prevista solo nel caso di utilizzo di un indirizzo non compreso
nell'elenco fornito dal DGSIA, mentre nel caso di specie l'indirizzo
utilizzato ne fa parte, e corrisponde al medesimo ufficio di
sorveglianza.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge penale e
processuale, con riferimento agli articoli 178, 179, 591 e 568, comma
5, codice di procedura penale.
La declaratoria di inammissibilita' del reclamo e' stata emessa
dal medesimo magistrato che ha emesso il primo provvedimento, il
quale non aveva il potere di valutarlo, spettando tale potere solo al
Tribunale di sorveglianza, a cui egli avrebbe dovuto inviare l'atto
ai sensi dell'art. 568, comma 5, codice di procedura penale.
3. Il procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto
il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. La Corte ritiene di proporre d'ufficio questione di
costituzionalita' delle disposizioni, rilevanti ai fini della
decisione sul ricorso, contenute nell'art. 87-bis, comma 7, lettera
c), e comma 8, decreto legislativo n. 150 del 10 ottobre 2022,
introdotto dall'art. 5-quinquies del decreto-legge n. 162 del 31
ottobre 2022, convertito con legge n. 199 del 30 dicembre 2022,
perche' sacrificano irragionevolmente e indebitamente il diritto
delle parti di difendersi adeguatamente in giudizio per mezzo della
proposizione dell'impugnazione, in tal modo violando gli articoli 3 e
24 Cost.
Le disposizioni dell'art. 87-bis decreto legislativo n. 150 del
2022 prescrivono che l'atto di impugnazione, inviato tramite PEC, e'
inammissibile quando «e' trasmesso a un indirizzo di posta
elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal
provvedimento del direttore generale per i sistemi infornativi
automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio che ha emesso il
provvedimento impugnato», facendo quindi obbligo al giudice che ha
emesso il provvedimento impugnato di dichiarare, anche d'ufficio, con
ordinanza l'inammissibilita' dell'impugnazione, e di disporre quindi
l'esecuzione del provvedimento impugnato».
L'inammissibilita' dell'impugnazione consegue, secondo una piana
interpretazione letterale, non tanto - e non solo - alla trasmissione
dell'atto di impugnazione ad un indirizzo non compreso nell'elenco
del DGSIA, come gia' affermato, peraltro in modo non costante, dalla
giurisprudenza di legittimita' - secondo cui «in tema di
impugnazioni, e' inammissibile il ricorso per cassazione depositato
telematicamente presso un indirizzo di posta elettronica certificata
diverso da quello indicato nel decreto del direttore generale per i
sistemi informativi automatizzati di cui all'art. 87-bis, comma 1,
decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. (In motivazione, la
Corte ha precisato che la ratio, sottesa alla citata disposizione, di
semplificazione delle comunicazioni tra parti e uffici giudiziari e
di accelerazione degli adempimenti di cancelleria non ammette
interpretazioni che attenuino il rigore delle cause di
inammissibilita' previste dalla legge, nemmeno valorizzando
l'idoneita' della notifica al "raggiungimento dello scopo")» (sez. 2,
n. 11795 del 21 febbraio 2024, Rv. 286141; cosi' sez. 4, n. 48804 del
14 novembre 2023, Rv. 285399 e sez. 1, n. 47557 del 29 novembre 2024,
Rv. 287294); quanto all'invio ad un indirizzo non corrispondente
all'ufficio del giudice a quo, a cui, secondo il quarto comma del
menzionato articolo, esso deve essere inviato.
Nel caso in esame, l'impugnazione avrebbe dovuto essere inviata
al magistrato di sorveglianza di Bologna, che aveva emesso il
provvedimento impugnato, al quale il direttore generale dei sistemi
informativi ha assegnato l'indirizzo di posta elettronica
depositoattipenali.uffsorv.bologna@giustiziacert.it con evidenza
diverso da quello utilizzato dal ricorrente, essendo peraltro
l'ufficio di sorveglianza, a cui appartiene il magistrato di
sorveglianza, un organo del tutto diverso dal tribunale di
sorveglianza, e autonomo rispetto a questo.
Nonostante l'errore in cui e' incorso l'impugnante,
l'impugnazione e' pervenuta, entro il termine di valida proposizione,
al giudice che ha emesso il provvedimento oggetto di doglianza, e
cioe' il magistrato di sorveglianza, perche' gli e' stata trasmessa,
per competenza, dal tribunale di sorveglianza a cui era stata,
appunto erroneamente, inviata.
Il magistrato di sorveglianza ne ha allora dichiarato, in base al
dato letterale delle disposizioni di legge, l'inammissibilita'.
2. Difformemente da quanto sostenuto dal ricorrente, occorre
precisare che non si sarebbe potuto giungere a soluzione diversa
facendo applicazione dell'art. 69-bis ordinanza pen., che stabilisce
la competenza del tribunale di sorveglianza a decidere ogni questione
sui reclami proposti avverso le ordinanze del magistrato di
sorveglianza, perche' la norma in questione deve ritenersi superata
da quella, sopravvenuta e di natura speciale, dell'art. 87-bis, comma
8, decreto legislativo n. 150/2022, che ha stabilito la competenza
del giudice a quo per la declaratoria di inammissibilita' pronunciata
a seguito del verificarsi dell'ipotesi prevista dall'art. 87-bis,
comma 7, decreto legislativo n. 150/2022.
Ancora, e' utile chiarire che non rileva nel caso in esame la
norma, di portata generale, di cui all'art. 568, comma 5, codice di
procedura penale. Essa stabilisce che «l'impugnazione e' ammissibile
indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che
l'ha proposta. Se l'impugnazione e' proposta a un giudice
incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente».
Questa Corte ha sempre ritenuto che essa si applichi nel solo caso
della irregolarita' sostanziale dell'impugnazione, o perche' questa
e' stata proposta ad un giudice non competente, o perche' e' stato
utilizzato un mezzo di impugnazione diverso da quello previsto dal
codice di rito, ad esempio il ricorso per cassazione nei casi in cui
e' prevista l'opposizione ai sensi dell'art. 667, comma 4, codice di
procedura penale (tra le molte, sez. 5, n. 42578 del 27 settembre
2024, Rv. 287234; sez. 1, ordinanza n. 3063 del 15 settembe 2023,
dep. 2024, Rv. 285720; Sez. U, n. 1626 del 24 settembre 2020, dep.
2021, ..., in motivazione).
Deve quindi ritenersi che essa non possa essere invocata nel caso
di specie, in cui si e' verificato un vizio solo formale, che non
riguarda la sostanza dell'atto ma solo la sua trasmissione.
3. L'interpretazione dell'art. 568, comma 5, codice di procedura
penale induce ad escludere che l'obbligo di trasmettere l'atto di
impugnazione al giudice competente sussista nel caso di
un'impugnazione proposta al giudice ad quem, competente per il
giudizio di merito, ma presentata mediante invio ad un indirizzo
telematico non riferibile all'ufficio del giudice a quo, al quale
essa deve essere inviata.
Lo stesso testo dell'art. 87-bis, comma 7, lettera c), decreto
legislativo n. 150/2022, peraltro, esclude tale possibilita', in
quanto l'errore nell'indicazione dell'indirizzo telematico non
prevede alternative alla conseguenza della inammissibilita'
dell'atto. Il comma 8 della norma, poi, conferma la non operativita',
in tale fattispecie, della norma di cui all'art. 568, comma 5, codice
di procedura penale, in quanto stabilisce che il giudice a quo,
quando riceve l'atto, inviato ad un indirizzo telematico errato ma
evidentemente trasmessogli in quanto giudice competente a ricevere
l'impugnazione avverso un provvedimento da lui emesso, deve
dichiararne l'inammissibilita', senza poterlo trasmettere, a sua
volta, al giudice ad quem, neppure se esso risulti pervenuto
tempestivamente e non presenti alcuna delle ulteriori cause di
inammissibilita', previste dall'art. 591, codice di procedura penale,
come verificatosi nella vicenda oggetto del presente procedimento.
Questa Corte, in alcune pronunce (vedi sez. 5, n. 23192 del 29
aprile 2025, n. m.; sez. 6, n. 19415 del 17 aprile 2025, Rv. 288084),
ha ritenuto che il rigido formalismo introdotto gia' dall'art. 24,
comma 6-sexies, decreto-legge n. 137/2020, convertito con legge n.
176/2020, e ribadito, in termini quasi identici, dall'art. 87-bis,
commi 7 e 8, decreto legislativo n. 150/2022, possa essere superato
conformandosi ai principi dettati dalla sentenza sez. U, n. 1626 del
24 settembre 2020, dep. 2021, ..., Rv. 280167, in particolare quanto
alla valorizzazione del favor impugnationis e del principio del
raggiungimento dello scopo dell'atto, ritenendo percio' che
l'impugnazione non debba essere dichiarata inammissibile se, benche'
inviata al giudice non competente a riceverla, sia stata da questi
trasmessa al giudice competente, ed egli l'abbia tempestivamente
ricevuta. Detta pronuncia, infatti, ha affermato che «solo
l'inosservanza del termine di presentazione determina, in realta',
l'inammissibilita' del ricorso» cautelare perche', se esso, benche'
presentato in un luogo diverso da quello stabilito, perviene nel
termine di legge al giudice competente a riceverlo, «non vi sono
ragioni sostanziali per negare la validita' del ricorso, in quanto
... puo' ritenersi raggiunta la finalita' del ricorrente di attivare
il sistema impugnatorio».
Appare preferibile, pero', il diverso e prevalente indirizzo
giurisprudenziale, che nega l'estensibilita' delle conclusioni della
citata pronuncia alla disciplina introdotta dall'art. 87-bis, commi 7
e 8, decreto legislativo n. 150/2022. I suoi principi, infatti, sono
stati dettati per il deposito dell'impugnazione in forma cartolare e
non telematica, e soprattutto sono stati espressi in un contesto di
regole non segnato, come invece l'attuale, dalla previsione di una
specifica causa di inammissibilita' per l'invio dell'atto ad un
indirizzo telematico non corrispondente all'ufficio del giudice che
ha emesso il provvedimento impugnato.
Non vi sono dunque margini per tentare, per via interpretativa,
una correzione degli eccessi di formalismo regolatorio delle
disposizioni in esame, attesa la vincolativita' del testo normativo,
che non autorizza a soluzioni diverse. Vanno a tal proposito
richiamate le affermazioni della stessa sentenza sez. U, n.
1626/2021, ..., secondo cui la valorizzazione delle regole del favor
impugnationis e del raggiungimento dello scopo «non puo' ... tradursi
nell'attribuzione al diritto vivente di una potesta' integrativa
della voluntas legis, ne' quindi consentire l'individuazione di
diverse forme di presentazione del ricorso rispetto a quelle volute
dal legislatore», con l'ulteriore precisazione per la quale e «in
presenza di un univoco tenore letterale della norma deve ritenersi
precluso il ricorso ad un'interpretazione "adeguatrice" e, nel caso
di dubbio circa la sua conformita' ai principi costituzionali o
convenzionali internazionali, si dovrebbe necessariamente lasciare
spazio unicamente al sindacato di legittimita' costituzionale».
4. Si pone, allora, attesa l'impossibilita' di interpretazioni
correttive e conformi ai principi costituzionali, la questione di
legittimita' dell'art. 87-bis, comma 7, lettera c), e comma 8,
decreto legislativo n. 150/2022, sotto il profilo della
irragionevolezza e dell'indebito sacrificio del diritto di difesa, in
ragione della consegna alla inammissibilita' dell'atto di
impugnazione pur quando, nonostante l'errore della parte nella
trasmissione per via telematica, esso sia pervenuto al giudice a quo,
e quindi all'organo individuato dalla legge, ben prima che siano
decorsi i termini per la sua presentazione.
5. La questione e' anzitutto rilevante.
Nel presente caso, come riferito dal ricorrente e comunicato
dalla cancelleria del Tribunale del riesame di Bologna, l'atto di
impugnazione presentato da A. P., un reclamo ai sensi degli articoli
35-ter e 69-bis, ordinanza pen., e' pervenuto a detto ufficio,
mediante PEC, in data 12 dicembre 2024, e nello stesso giorno e'
stato stampato in forma cartacea e consegnato alla cancelleria del
magistrato di sorveglianza di Bologna mediante trasmissione brevi
manu, avendo tale ufficio la medesima sede della cancelleria del
Tribunale di sorveglianza, ed essendo medesimo anche il personale
addetto ai due uffici.
Secondo tale comunicazione, percio', l'atto di impugnazione e'
pervenuto tempestivamente al giudice a quo, risultando rispettato,
per quanto rilevabile dagli atti, il termine di impugnazione di dieci
giorni dall'ultima notifica del provvedimento impugnato; non e' stata
neppure indicata, dal giudice procedente, la sussistenza di una
diversa causa di inammissibilita' di detta impugnazione.
La questione risulta, percio', rilevante, perche' la declaratoria
di incostituzionalita' della norma, nella parte in cui stabilisce
l'inammissibilita' dell'impugnazione per il vizio formale
verificatosi, o nella sola parte in cui non esclude tale sanzione nel
caso in cui l'atto, sebbene viziato, pervenga tempestivamente
nell'ufficio del giudice a quo, consentirebbe la trasmissione del
reclamo al giudice ad quem ed il suo esame nel merito.
6. La questione e' anche non manifestamente infondata. Le norme,
ispirate ad un rigido formalismo, si pongono in contrasto con i
principi del favor impugnationis, declinazione del diritto di difesa,
e di ragionevolezza, espresso, per l'aspetto che ora interessa, dalla
sapiente valorizzazione del criterio del raggiungimento dello scopo
dell'atto, similmente a quanto il legislatore del codice dispone
all'art. 568, comma 5, codice di procedura penale, e all'art. 184,
comma 1, codice di procedura penale, in tema di sanatoria delle
nullita' delle citazioni e degli avvisi, e che sorregge
l'interpretazione, contenuta nella sentenza sez. U, n. 1626/2021,
..., sopra citata, dell'art. 582, comma 2, codice di procedura penale
, abrogato dallo stesso decreto legislativo n. 150/2022 e sostituito
dall'art. 111-bis, codice di procedura penale.
Con l'art. 87-bis, comma 7, lettera c), e comma 8, del decreto
legislativo n. 150/2022 si e' introdotta nell'ordinamento una
disciplina che attribuisce una non giustificata prevalenza della
correttezza formale dell'atto, rectius delle sue modalita' di invio,
rispetto alla sua correttezza sostanziale, in una materia attinente
all'esercizio dei diritti difensivi, facendo dipendere da un mero
errore, anche se di fatto sanato e pertanto privo di effettive
conseguenze, la perdita del diritto di ottenere dal giudice
dell'impugnazione una pronuncia di merito.
6.1. Oggetto di violazione e' il principio di cui all'art. 24
Cost.
Non puo' sfuggire che la diversa disciplina, operante - come si
e' detto - nei due diversi casi di un atto di impugnazione viziato,
tutela adeguatamente il diritto di impugnazione delle parti a fronte
di un vizio sostanziale dell'atto, mentre una pari tutela non e'
accordata per l'ipotesi di un vizio formale, costituito dal mero
errore dell'invio ad un indirizzo telematico sbagliato.
Nel primo caso, l'art. 568, comma 5, codice di procedura penale,
in applicazione del principio del favor impugnationis, imponendo la
trasmissione dell'atto al giudice competente, consente di correggere
l'errore e di esaminare nel merito l'impugnazione anche se essa e'
stata presentata in modo sbagliato, salva la sussistenza di altre
cause di inammissibilita'. Nel secondo caso, invece, l'art. 87- bis,
commi 7, lettera c), e 8, decreto legislativo n. 150/2022, impone la
declaratoria di inammissibilita', escludendo radicalmente
l'applicabilita' di tale principio anche in assenza delle cause
previste dall'art. 591 codice di procedura penale, e non prevedendo
neppure l'applicabilita' del principio di conservazione degli atti,
qualora l'impugnazione sia pervenuta tempestivamente al giudice
competente a riceverla.
Cio' si risolve in un grave vulnus per l'impugnante, non
giustificato dalla diversita' degli errori da lui commessi, non
potendo ritenersi il vizio formale piu' grave di un vizio
sostanziale, tanto da risultare in ogni caso non sanabile.
6.2. Le disposizioni in esame violano contestualmente anche il
principio di cui all'art. 3 Cost. che stabilisce, oltre
all'uguaglianza di tutti i cittadini, il dovere del legislatore di
disciplinare in modo analogo situazioni analoghe, ovvero di non
disciplinare in modo irragionevolmente diverso situazioni che
richiedono una analoga tutela.
Appaiono irragionevoli, infatti, l'introduzione di una causa di
inammissibilita' dell'impugnazione penale per un vizio solo formale,
a fronte dell'esistenza, nel codice di rito, di una norma che esclude
una simile inammissibilita' per un vizio sostanziale, oltre che
l'omessa previsione della insussistenza di tale inammissibilita'
quando l'atto abbia, comunque, raggiunto il suo scopo.
L'invio dell'atto di impugnazione a un indirizzo di posta
elettronica certificata indicato dal DGSIA ma non riferibile
all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato costituisce un
vizio solo formale, potendo essere dovuto ad un errore
nell'individuazione del giudice competente a ricevere l'atto o del
suo indirizzo telematico, o addirittura solo ad una svista nella
lettura o nella trascrizione dell'indirizzo stesso, ma non pone dubbi
circa la volonta' del soggetto di proporre impugnazione al giudice
competente.
La diversa qualificazione dell'impugnazione, perche' proposta ad
un giudice non competente o con un mezzo diverso da quello stabilito,
costituisce invece un vizio sostanziale dell'atto, ma esso non
comporta la declaratoria di inammissibilita', perche' l'art. 568,
comma 5, codice di procedura penale fa obbligo al giudice che lo ha
erroneamente ricevuto di trasmetterlo, previa eventualmente la sua
diversa qualificazione, al giudice competente, il quale potra'
valutare la sussistenza solo delle cause di inammissibilita' previste
dall'art. 591, codice di procedura penale.
Nel primo caso, pertanto, un atto di impugnazione corretto nella
forma e nella sostanza, correttamente qualificato e indirizzato al
giudice competente, viene dichiarato inammissibile solo perche'
trasmesso ad un indirizzo telematico diverso da quello indicato dal
DGSIA.
Nel secondo caso, un atto di impugnazione indirizzato al giudice
non competente, o qualificato erroneamente, e quindi viziato nella
sua sostanza, produce i suoi effetti, in applicazione del principio
del favor impugnationis, e deve essere fatto pervenire al giudice
competente, il quale deve esaminarlo nel merito.
L'irragionevolezza di tale diversa disciplina emerge con evidenza
nell'ipotesi, verificatasi nel presente caso, in cui l'atto di
impugnazione inviato ad un indirizzo telematico non corrispondente al
giudice a quo venga a questi trasmesso, e gli pervenga
tempestivamente: mentre nel caso di un'impugnazione indirizzata al
giudice non competente questa, se trasmessa tempestivamente a quello
competente, ai sensi dell'art. 568, comma 5, codice di procedura
penale, verra' esaminata e giudicata nel merito, l'errore
nell'indirizzo telematico impone al giudice a quo di dichiararne
l'inammissibilita', benche' l'atto abbia raggiunto il suo scopo,
pervenendo nel termine di legge al giudice a cui deve essere inviato.
Questi non puo' neppure ritenere sussistente alcuna sanatoria, in
applicazione del principio del raggiungimento dello scopo costituente
la ratio di una norma quale l'art. 184, comma 1, codice di procedura
penale, perche' non prevista dal legislatore.
Sotto altro profilo, appare irragionevole che la medesima
tipologia di errore, quale l'invio dell'atto al giudice non indicato
dalla legge, produca una conseguenza molto diversa se tale giudice
non e' competente ad esaminare nel merito l'impugnazione, ovvero se
tale giudice, piu' semplicemente, non e' competente a riceverla.
E' irragionevole, pertanto, e percio' in contrasto con l'art. 3
Cost., la mancata previsione di una operativita' dei predetti
principi del favor impugnationis e della conservazione dell'atto che
raggiunge il suo scopo, nell'ipotesi di un atto di impugnazione
viziato solo per un errore formale nella sua trasmissione ma
pervenuto tempestivamente al giudice a quo, mentre tali principi sono
applicati dall'ordinamento processuale nell'ipotesi di un atto di
impugnazione che presenta un vizio sostanziale.
La questione di costituzionalita' qui proposta per la violazione
dell'art. 3 Cost. appare, percio', non manifestamente infondata.
7. La questione deve ritenersi non manifestamente infondata anche
se la norma contestata e' stata emessa, dal legislatore, in
applicazione di un diverso principio costituzionale, quello del
diritto ad una ragionevole durata del processo, stabilito dall'art.
111, comma 2, Cost.
I lavori preparatori del decreto legislativo n. 150/2022
chiariscono che l'intera normativa e' stata dettata in attuazione di
tale principio, essendo finalizzata ad assicurare la celere
definizione dei procedimenti giudiziari, anche mediante la
semplificazione di atti e procedure.
L'art. 87-bis, introdotto nel decreto legislativo n. 150/2022
dall'art. 5-quinquies del decreto-legge n. 162/2022, e' sicuramente
funzionale al rispetto del predetto principio, in quanto fornisce una
disciplina organica e dettagliata delle disposizioni transitorie in
materia di semplificazione delle attivita' di deposito di atti,
documenti e istanze, applicabili sino alla piena operativita' del
processo penale telematico, ed escludendo il dovere di trasmettere ad
altri uffici gli atti di impugnazione pervenuti erroneamente esonera
le cancellerie da un'attivita' che comporta sicuramente un
appesantimento e un rallentamento del loro lavoro. Il rispetto del
principio costituzionale della ragionevole durata del processo non
puo', pero', giustificare l'introduzione di norme processuali che
violano altri principi di pari rango, quali quelli stabiliti dagli
articoli 3 e 24 Cost.
La costituzionalita' della norma indicata, inoltre, deve essere
valutata anche alla luce dei principi convenzionali internazionali.
La Corte europea dei diritti dell'uomo riconosce agli Stati un ampio
margine di apprezzamento, che consente l'imposizione di requisiti
formali anche rigorosi per l'ammissibilita' delle impugnazioni, ma a
condizione che tali requisiti non limitino l'accesso del cittadino al
giudice in modo tale da pregiudicare in modo sostanziale il suo
diritto, pena la violazione dell'art. 6, par. 1 della Convenzione EDU
(vedi la decisione n. 55064/11 del 28 ottobre 2021, Succi c/Italia,
ed altre precedenti).
Occorre percio' valutare se il rigido formalismo della disciplina
introdotta dall'art. 87-bis, commi 7, lettera c) e 8, decreto
legislativo n. 150/2022, con l'impossibilita' anche solo di emendare
o sanare un vizio puramente formale, risulti porre un limite
eccessivo, oltre che ingiustificato, all'esercizio del diritto a un
equo processo, anche nei gradi di giudizio successivi al primo, se
previsti dall'ordinamento dello Stato.
P. Q. M.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 87-bis, commi 7, lettera c) e
8, decreto legislativo n. 150 del 2022, in riferimento agli articoli
3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui sancisce
l'inammissibilita' dell'impugnazione trasmessa ad indirizzo di posta
elettronica certificata diverso da quello prescritto (costituito
dall'indirizzo assegnato all'ufficio che ha emesso il provvedimento
impugnato), pur quando essa pervenga al giudice a quo entro il
termine perentorio di proposizione.
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso.
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata al ricorrente, al Procuratore generale presso la Corte di
cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Cosi' deciso, 1° luglio 2025
Il Presidente: Santalucia
Il consigliere estensore: Masi
Oggetto:
Processo penale - Attuazione della legge n. 134 del 2021, recante delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari - Disposizioni transitorie in materia di semplificazione delle attività di deposito di atti, documenti e istanze – Previsione che l'impugnazione è inammissibile quando l'atto è trasmesso a un indirizzo di posta elettronica certificata diverso da quello prescritto (costituito dall'indirizzo assegnato all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato), pur quando essa pervenga al giudice a quo entro il termine perentorio di proposizione – Non giustificata prevalenza della correttezza formale dell'atto rispetto alla sua correttezza sostanziale - Diversità di disciplina rispetto a quanto previsto, nel caso di irregolarità sostanziale, dall’art. 568, comma 5, cod. proc. pen. - Contrasto con i principi del favor impugnationis, declinazione del diritto di difesa, e di ragionevolezza.
Norme impugnate:
decreto legislativo del 10/10/2022 Num. 150 Art. 87 Co. 7
decreto legislativo del 10/10/2022 Num. 150 Art. 87 Co. 8
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 24 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 200 ORDINANZA (Atto di promovimento) 01 settembre 2025
Ordinanza del 1° settembre 2025 della Corte di cassazione sul ricorso
proposto da A. P..
Processo penale - Attuazione della legge n. 134 del 2021, recante
delega al Governo per l'efficienza del processo penale, nonche' in
materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere
definizione dei procedimenti giudiziari - Disposizioni transitorie
in materia di semplificazione delle attivita' di deposito di atti,
documenti e istanze - Previsione che l'impugnazione e'
inammissibile quando l'atto e' trasmesso a un indirizzo di posta
elettronica certificata diverso da quello prescritto (costituito
dall'indirizzo assegnato all'ufficio che ha emesso il provvedimento
impugnato), pur quando essa pervenga al giudice a quo entro il
termine perentorio di proposizione .
- Decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150 (Attuazione della legge
27 settembre 2021, n. 134, recante delega al Governo per
l'efficienza del processo penale, nonche' in materia di giustizia
riparativa e disposizioni per la celere definizione dei
procedimenti giudiziari), art. 87-bis, commi 7, lettera c), e 8.
(GU n. 43 del 22-10-2025)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
prima sezione penale
Composta da:
Giuseppe Santalucia, Presidente;
Paola Masi, relatore;
Barbara Calaselice;
Eva Toscani;
Marco Maria Monaco;
Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto da P.
A., nato a ... il ..., avverso il decreto del 13 dicembre 2024 del
Giudice di sorveglianza di Bologna;
Udita la relazione svolta dal consigliere Paola Masi;
Lette le conclusioni del pubblico ministero, nella persona del
sostituto procuratore generale Pietro Molino, che ha chiesto, con
requisitoria scritta, il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con provvedimento emesso in data 13 dicembre 2024 il
magistrato di sorveglianza di Bologna ha dichiarato inammissibile il
reclamo proposto dal detenuto A. P., ai sensi dell'art. 69-bis, legge
n. 354 del 1975 (ord. pen.), avverso un provvedimento emesso dal
medesimo magistrato ai sensi all'art. 35-ter, ordinanza pen., perche'
proposto mediante posta elettronica certificata (PEC) inviata
all'indirizzo depositoattipenali.tribsorv.bologna@giustiziacert.it
riferito al Tribunale di sorveglianza di Bologna e non all'Ufficio di
sorveglianza che ha emesso il provvedimento, e avendo l'art. 87-bis,
comma 7, decreto legislativo n. 150/2022 stabilito l'inammissibilita'
di un'impugnazione presentata tramite invio ad un indirizzo PEC non
riferibile all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato.
2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso A. P., per mezzo
del suo difensore avv. Carlo De Stavola, articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo deduce la violazione di legge penale e
processuale, con riferimento all'art. 87-bis, comma 7, lettera c),
decreto legislativo n. 150/2022.
Il provvedimento afferma che l'atto e' stato inviato ad un
ufficio diverso solo perche' inviato all'indirizzo PEC del Tribunale
di sorveglianza, senza considerare che tale ufficio ha la medesima
sede dell'ufficio del magistrato di sorveglianza e l'atto, in ogni
caso, e' stato recepito da quest'ultimo, quale giudice competente, il
giorno successivo al suo invio all'indirizzo asseritamente errato. La
Corte di cassazione, poi, ha precisato che la sanzione processuale e'
prevista solo nel caso di utilizzo di un indirizzo non compreso
nell'elenco fornito dal DGSIA, mentre nel caso di specie l'indirizzo
utilizzato ne fa parte, e corrisponde al medesimo ufficio di
sorveglianza.
2.2. Con il secondo motivo deduce la violazione di legge penale e
processuale, con riferimento agli articoli 178, 179, 591 e 568, comma
5, codice di procedura penale.
La declaratoria di inammissibilita' del reclamo e' stata emessa
dal medesimo magistrato che ha emesso il primo provvedimento, il
quale non aveva il potere di valutarlo, spettando tale potere solo al
Tribunale di sorveglianza, a cui egli avrebbe dovuto inviare l'atto
ai sensi dell'art. 568, comma 5, codice di procedura penale.
3. Il procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto
il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. La Corte ritiene di proporre d'ufficio questione di
costituzionalita' delle disposizioni, rilevanti ai fini della
decisione sul ricorso, contenute nell'art. 87-bis, comma 7, lettera
c), e comma 8, decreto legislativo n. 150 del 10 ottobre 2022,
introdotto dall'art. 5-quinquies del decreto-legge n. 162 del 31
ottobre 2022, convertito con legge n. 199 del 30 dicembre 2022,
perche' sacrificano irragionevolmente e indebitamente il diritto
delle parti di difendersi adeguatamente in giudizio per mezzo della
proposizione dell'impugnazione, in tal modo violando gli articoli 3 e
24 Cost.
Le disposizioni dell'art. 87-bis decreto legislativo n. 150 del
2022 prescrivono che l'atto di impugnazione, inviato tramite PEC, e'
inammissibile quando «e' trasmesso a un indirizzo di posta
elettronica certificata non riferibile, secondo quanto indicato dal
provvedimento del direttore generale per i sistemi infornativi
automatizzati di cui al comma 1, all'ufficio che ha emesso il
provvedimento impugnato», facendo quindi obbligo al giudice che ha
emesso il provvedimento impugnato di dichiarare, anche d'ufficio, con
ordinanza l'inammissibilita' dell'impugnazione, e di disporre quindi
l'esecuzione del provvedimento impugnato».
L'inammissibilita' dell'impugnazione consegue, secondo una piana
interpretazione letterale, non tanto - e non solo - alla trasmissione
dell'atto di impugnazione ad un indirizzo non compreso nell'elenco
del DGSIA, come gia' affermato, peraltro in modo non costante, dalla
giurisprudenza di legittimita' - secondo cui «in tema di
impugnazioni, e' inammissibile il ricorso per cassazione depositato
telematicamente presso un indirizzo di posta elettronica certificata
diverso da quello indicato nel decreto del direttore generale per i
sistemi informativi automatizzati di cui all'art. 87-bis, comma 1,
decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150. (In motivazione, la
Corte ha precisato che la ratio, sottesa alla citata disposizione, di
semplificazione delle comunicazioni tra parti e uffici giudiziari e
di accelerazione degli adempimenti di cancelleria non ammette
interpretazioni che attenuino il rigore delle cause di
inammissibilita' previste dalla legge, nemmeno valorizzando
l'idoneita' della notifica al "raggiungimento dello scopo")» (sez. 2,
n. 11795 del 21 febbraio 2024, Rv. 286141; cosi' sez. 4, n. 48804 del
14 novembre 2023, Rv. 285399 e sez. 1, n. 47557 del 29 novembre 2024,
Rv. 287294); quanto all'invio ad un indirizzo non corrispondente
all'ufficio del giudice a quo, a cui, secondo il quarto comma del
menzionato articolo, esso deve essere inviato.
Nel caso in esame, l'impugnazione avrebbe dovuto essere inviata
al magistrato di sorveglianza di Bologna, che aveva emesso il
provvedimento impugnato, al quale il direttore generale dei sistemi
informativi ha assegnato l'indirizzo di posta elettronica
depositoattipenali.uffsorv.bologna@giustiziacert.it con evidenza
diverso da quello utilizzato dal ricorrente, essendo peraltro
l'ufficio di sorveglianza, a cui appartiene il magistrato di
sorveglianza, un organo del tutto diverso dal tribunale di
sorveglianza, e autonomo rispetto a questo.
Nonostante l'errore in cui e' incorso l'impugnante,
l'impugnazione e' pervenuta, entro il termine di valida proposizione,
al giudice che ha emesso il provvedimento oggetto di doglianza, e
cioe' il magistrato di sorveglianza, perche' gli e' stata trasmessa,
per competenza, dal tribunale di sorveglianza a cui era stata,
appunto erroneamente, inviata.
Il magistrato di sorveglianza ne ha allora dichiarato, in base al
dato letterale delle disposizioni di legge, l'inammissibilita'.
2. Difformemente da quanto sostenuto dal ricorrente, occorre
precisare che non si sarebbe potuto giungere a soluzione diversa
facendo applicazione dell'art. 69-bis ordinanza pen., che stabilisce
la competenza del tribunale di sorveglianza a decidere ogni questione
sui reclami proposti avverso le ordinanze del magistrato di
sorveglianza, perche' la norma in questione deve ritenersi superata
da quella, sopravvenuta e di natura speciale, dell'art. 87-bis, comma
8, decreto legislativo n. 150/2022, che ha stabilito la competenza
del giudice a quo per la declaratoria di inammissibilita' pronunciata
a seguito del verificarsi dell'ipotesi prevista dall'art. 87-bis,
comma 7, decreto legislativo n. 150/2022.
Ancora, e' utile chiarire che non rileva nel caso in esame la
norma, di portata generale, di cui all'art. 568, comma 5, codice di
procedura penale. Essa stabilisce che «l'impugnazione e' ammissibile
indipendentemente dalla qualificazione a essa data dalla parte che
l'ha proposta. Se l'impugnazione e' proposta a un giudice
incompetente, questi trasmette gli atti al giudice competente».
Questa Corte ha sempre ritenuto che essa si applichi nel solo caso
della irregolarita' sostanziale dell'impugnazione, o perche' questa
e' stata proposta ad un giudice non competente, o perche' e' stato
utilizzato un mezzo di impugnazione diverso da quello previsto dal
codice di rito, ad esempio il ricorso per cassazione nei casi in cui
e' prevista l'opposizione ai sensi dell'art. 667, comma 4, codice di
procedura penale (tra le molte, sez. 5, n. 42578 del 27 settembre
2024, Rv. 287234; sez. 1, ordinanza n. 3063 del 15 settembe 2023,
dep. 2024, Rv. 285720; Sez. U, n. 1626 del 24 settembre 2020, dep.
2021, ..., in motivazione).
Deve quindi ritenersi che essa non possa essere invocata nel caso
di specie, in cui si e' verificato un vizio solo formale, che non
riguarda la sostanza dell'atto ma solo la sua trasmissione.
3. L'interpretazione dell'art. 568, comma 5, codice di procedura
penale induce ad escludere che l'obbligo di trasmettere l'atto di
impugnazione al giudice competente sussista nel caso di
un'impugnazione proposta al giudice ad quem, competente per il
giudizio di merito, ma presentata mediante invio ad un indirizzo
telematico non riferibile all'ufficio del giudice a quo, al quale
essa deve essere inviata.
Lo stesso testo dell'art. 87-bis, comma 7, lettera c), decreto
legislativo n. 150/2022, peraltro, esclude tale possibilita', in
quanto l'errore nell'indicazione dell'indirizzo telematico non
prevede alternative alla conseguenza della inammissibilita'
dell'atto. Il comma 8 della norma, poi, conferma la non operativita',
in tale fattispecie, della norma di cui all'art. 568, comma 5, codice
di procedura penale, in quanto stabilisce che il giudice a quo,
quando riceve l'atto, inviato ad un indirizzo telematico errato ma
evidentemente trasmessogli in quanto giudice competente a ricevere
l'impugnazione avverso un provvedimento da lui emesso, deve
dichiararne l'inammissibilita', senza poterlo trasmettere, a sua
volta, al giudice ad quem, neppure se esso risulti pervenuto
tempestivamente e non presenti alcuna delle ulteriori cause di
inammissibilita', previste dall'art. 591, codice di procedura penale,
come verificatosi nella vicenda oggetto del presente procedimento.
Questa Corte, in alcune pronunce (vedi sez. 5, n. 23192 del 29
aprile 2025, n. m.; sez. 6, n. 19415 del 17 aprile 2025, Rv. 288084),
ha ritenuto che il rigido formalismo introdotto gia' dall'art. 24,
comma 6-sexies, decreto-legge n. 137/2020, convertito con legge n.
176/2020, e ribadito, in termini quasi identici, dall'art. 87-bis,
commi 7 e 8, decreto legislativo n. 150/2022, possa essere superato
conformandosi ai principi dettati dalla sentenza sez. U, n. 1626 del
24 settembre 2020, dep. 2021, ..., Rv. 280167, in particolare quanto
alla valorizzazione del favor impugnationis e del principio del
raggiungimento dello scopo dell'atto, ritenendo percio' che
l'impugnazione non debba essere dichiarata inammissibile se, benche'
inviata al giudice non competente a riceverla, sia stata da questi
trasmessa al giudice competente, ed egli l'abbia tempestivamente
ricevuta. Detta pronuncia, infatti, ha affermato che «solo
l'inosservanza del termine di presentazione determina, in realta',
l'inammissibilita' del ricorso» cautelare perche', se esso, benche'
presentato in un luogo diverso da quello stabilito, perviene nel
termine di legge al giudice competente a riceverlo, «non vi sono
ragioni sostanziali per negare la validita' del ricorso, in quanto
... puo' ritenersi raggiunta la finalita' del ricorrente di attivare
il sistema impugnatorio».
Appare preferibile, pero', il diverso e prevalente indirizzo
giurisprudenziale, che nega l'estensibilita' delle conclusioni della
citata pronuncia alla disciplina introdotta dall'art. 87-bis, commi 7
e 8, decreto legislativo n. 150/2022. I suoi principi, infatti, sono
stati dettati per il deposito dell'impugnazione in forma cartolare e
non telematica, e soprattutto sono stati espressi in un contesto di
regole non segnato, come invece l'attuale, dalla previsione di una
specifica causa di inammissibilita' per l'invio dell'atto ad un
indirizzo telematico non corrispondente all'ufficio del giudice che
ha emesso il provvedimento impugnato.
Non vi sono dunque margini per tentare, per via interpretativa,
una correzione degli eccessi di formalismo regolatorio delle
disposizioni in esame, attesa la vincolativita' del testo normativo,
che non autorizza a soluzioni diverse. Vanno a tal proposito
richiamate le affermazioni della stessa sentenza sez. U, n.
1626/2021, ..., secondo cui la valorizzazione delle regole del favor
impugnationis e del raggiungimento dello scopo «non puo' ... tradursi
nell'attribuzione al diritto vivente di una potesta' integrativa
della voluntas legis, ne' quindi consentire l'individuazione di
diverse forme di presentazione del ricorso rispetto a quelle volute
dal legislatore», con l'ulteriore precisazione per la quale e «in
presenza di un univoco tenore letterale della norma deve ritenersi
precluso il ricorso ad un'interpretazione "adeguatrice" e, nel caso
di dubbio circa la sua conformita' ai principi costituzionali o
convenzionali internazionali, si dovrebbe necessariamente lasciare
spazio unicamente al sindacato di legittimita' costituzionale».
4. Si pone, allora, attesa l'impossibilita' di interpretazioni
correttive e conformi ai principi costituzionali, la questione di
legittimita' dell'art. 87-bis, comma 7, lettera c), e comma 8,
decreto legislativo n. 150/2022, sotto il profilo della
irragionevolezza e dell'indebito sacrificio del diritto di difesa, in
ragione della consegna alla inammissibilita' dell'atto di
impugnazione pur quando, nonostante l'errore della parte nella
trasmissione per via telematica, esso sia pervenuto al giudice a quo,
e quindi all'organo individuato dalla legge, ben prima che siano
decorsi i termini per la sua presentazione.
5. La questione e' anzitutto rilevante.
Nel presente caso, come riferito dal ricorrente e comunicato
dalla cancelleria del Tribunale del riesame di Bologna, l'atto di
impugnazione presentato da A. P., un reclamo ai sensi degli articoli
35-ter e 69-bis, ordinanza pen., e' pervenuto a detto ufficio,
mediante PEC, in data 12 dicembre 2024, e nello stesso giorno e'
stato stampato in forma cartacea e consegnato alla cancelleria del
magistrato di sorveglianza di Bologna mediante trasmissione brevi
manu, avendo tale ufficio la medesima sede della cancelleria del
Tribunale di sorveglianza, ed essendo medesimo anche il personale
addetto ai due uffici.
Secondo tale comunicazione, percio', l'atto di impugnazione e'
pervenuto tempestivamente al giudice a quo, risultando rispettato,
per quanto rilevabile dagli atti, il termine di impugnazione di dieci
giorni dall'ultima notifica del provvedimento impugnato; non e' stata
neppure indicata, dal giudice procedente, la sussistenza di una
diversa causa di inammissibilita' di detta impugnazione.
La questione risulta, percio', rilevante, perche' la declaratoria
di incostituzionalita' della norma, nella parte in cui stabilisce
l'inammissibilita' dell'impugnazione per il vizio formale
verificatosi, o nella sola parte in cui non esclude tale sanzione nel
caso in cui l'atto, sebbene viziato, pervenga tempestivamente
nell'ufficio del giudice a quo, consentirebbe la trasmissione del
reclamo al giudice ad quem ed il suo esame nel merito.
6. La questione e' anche non manifestamente infondata. Le norme,
ispirate ad un rigido formalismo, si pongono in contrasto con i
principi del favor impugnationis, declinazione del diritto di difesa,
e di ragionevolezza, espresso, per l'aspetto che ora interessa, dalla
sapiente valorizzazione del criterio del raggiungimento dello scopo
dell'atto, similmente a quanto il legislatore del codice dispone
all'art. 568, comma 5, codice di procedura penale, e all'art. 184,
comma 1, codice di procedura penale, in tema di sanatoria delle
nullita' delle citazioni e degli avvisi, e che sorregge
l'interpretazione, contenuta nella sentenza sez. U, n. 1626/2021,
..., sopra citata, dell'art. 582, comma 2, codice di procedura penale
, abrogato dallo stesso decreto legislativo n. 150/2022 e sostituito
dall'art. 111-bis, codice di procedura penale.
Con l'art. 87-bis, comma 7, lettera c), e comma 8, del decreto
legislativo n. 150/2022 si e' introdotta nell'ordinamento una
disciplina che attribuisce una non giustificata prevalenza della
correttezza formale dell'atto, rectius delle sue modalita' di invio,
rispetto alla sua correttezza sostanziale, in una materia attinente
all'esercizio dei diritti difensivi, facendo dipendere da un mero
errore, anche se di fatto sanato e pertanto privo di effettive
conseguenze, la perdita del diritto di ottenere dal giudice
dell'impugnazione una pronuncia di merito.
6.1. Oggetto di violazione e' il principio di cui all'art. 24
Cost.
Non puo' sfuggire che la diversa disciplina, operante - come si
e' detto - nei due diversi casi di un atto di impugnazione viziato,
tutela adeguatamente il diritto di impugnazione delle parti a fronte
di un vizio sostanziale dell'atto, mentre una pari tutela non e'
accordata per l'ipotesi di un vizio formale, costituito dal mero
errore dell'invio ad un indirizzo telematico sbagliato.
Nel primo caso, l'art. 568, comma 5, codice di procedura penale,
in applicazione del principio del favor impugnationis, imponendo la
trasmissione dell'atto al giudice competente, consente di correggere
l'errore e di esaminare nel merito l'impugnazione anche se essa e'
stata presentata in modo sbagliato, salva la sussistenza di altre
cause di inammissibilita'. Nel secondo caso, invece, l'art. 87- bis,
commi 7, lettera c), e 8, decreto legislativo n. 150/2022, impone la
declaratoria di inammissibilita', escludendo radicalmente
l'applicabilita' di tale principio anche in assenza delle cause
previste dall'art. 591 codice di procedura penale, e non prevedendo
neppure l'applicabilita' del principio di conservazione degli atti,
qualora l'impugnazione sia pervenuta tempestivamente al giudice
competente a riceverla.
Cio' si risolve in un grave vulnus per l'impugnante, non
giustificato dalla diversita' degli errori da lui commessi, non
potendo ritenersi il vizio formale piu' grave di un vizio
sostanziale, tanto da risultare in ogni caso non sanabile.
6.2. Le disposizioni in esame violano contestualmente anche il
principio di cui all'art. 3 Cost. che stabilisce, oltre
all'uguaglianza di tutti i cittadini, il dovere del legislatore di
disciplinare in modo analogo situazioni analoghe, ovvero di non
disciplinare in modo irragionevolmente diverso situazioni che
richiedono una analoga tutela.
Appaiono irragionevoli, infatti, l'introduzione di una causa di
inammissibilita' dell'impugnazione penale per un vizio solo formale,
a fronte dell'esistenza, nel codice di rito, di una norma che esclude
una simile inammissibilita' per un vizio sostanziale, oltre che
l'omessa previsione della insussistenza di tale inammissibilita'
quando l'atto abbia, comunque, raggiunto il suo scopo.
L'invio dell'atto di impugnazione a un indirizzo di posta
elettronica certificata indicato dal DGSIA ma non riferibile
all'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato costituisce un
vizio solo formale, potendo essere dovuto ad un errore
nell'individuazione del giudice competente a ricevere l'atto o del
suo indirizzo telematico, o addirittura solo ad una svista nella
lettura o nella trascrizione dell'indirizzo stesso, ma non pone dubbi
circa la volonta' del soggetto di proporre impugnazione al giudice
competente.
La diversa qualificazione dell'impugnazione, perche' proposta ad
un giudice non competente o con un mezzo diverso da quello stabilito,
costituisce invece un vizio sostanziale dell'atto, ma esso non
comporta la declaratoria di inammissibilita', perche' l'art. 568,
comma 5, codice di procedura penale fa obbligo al giudice che lo ha
erroneamente ricevuto di trasmetterlo, previa eventualmente la sua
diversa qualificazione, al giudice competente, il quale potra'
valutare la sussistenza solo delle cause di inammissibilita' previste
dall'art. 591, codice di procedura penale.
Nel primo caso, pertanto, un atto di impugnazione corretto nella
forma e nella sostanza, correttamente qualificato e indirizzato al
giudice competente, viene dichiarato inammissibile solo perche'
trasmesso ad un indirizzo telematico diverso da quello indicato dal
DGSIA.
Nel secondo caso, un atto di impugnazione indirizzato al giudice
non competente, o qualificato erroneamente, e quindi viziato nella
sua sostanza, produce i suoi effetti, in applicazione del principio
del favor impugnationis, e deve essere fatto pervenire al giudice
competente, il quale deve esaminarlo nel merito.
L'irragionevolezza di tale diversa disciplina emerge con evidenza
nell'ipotesi, verificatasi nel presente caso, in cui l'atto di
impugnazione inviato ad un indirizzo telematico non corrispondente al
giudice a quo venga a questi trasmesso, e gli pervenga
tempestivamente: mentre nel caso di un'impugnazione indirizzata al
giudice non competente questa, se trasmessa tempestivamente a quello
competente, ai sensi dell'art. 568, comma 5, codice di procedura
penale, verra' esaminata e giudicata nel merito, l'errore
nell'indirizzo telematico impone al giudice a quo di dichiararne
l'inammissibilita', benche' l'atto abbia raggiunto il suo scopo,
pervenendo nel termine di legge al giudice a cui deve essere inviato.
Questi non puo' neppure ritenere sussistente alcuna sanatoria, in
applicazione del principio del raggiungimento dello scopo costituente
la ratio di una norma quale l'art. 184, comma 1, codice di procedura
penale, perche' non prevista dal legislatore.
Sotto altro profilo, appare irragionevole che la medesima
tipologia di errore, quale l'invio dell'atto al giudice non indicato
dalla legge, produca una conseguenza molto diversa se tale giudice
non e' competente ad esaminare nel merito l'impugnazione, ovvero se
tale giudice, piu' semplicemente, non e' competente a riceverla.
E' irragionevole, pertanto, e percio' in contrasto con l'art. 3
Cost., la mancata previsione di una operativita' dei predetti
principi del favor impugnationis e della conservazione dell'atto che
raggiunge il suo scopo, nell'ipotesi di un atto di impugnazione
viziato solo per un errore formale nella sua trasmissione ma
pervenuto tempestivamente al giudice a quo, mentre tali principi sono
applicati dall'ordinamento processuale nell'ipotesi di un atto di
impugnazione che presenta un vizio sostanziale.
La questione di costituzionalita' qui proposta per la violazione
dell'art. 3 Cost. appare, percio', non manifestamente infondata.
7. La questione deve ritenersi non manifestamente infondata anche
se la norma contestata e' stata emessa, dal legislatore, in
applicazione di un diverso principio costituzionale, quello del
diritto ad una ragionevole durata del processo, stabilito dall'art.
111, comma 2, Cost.
I lavori preparatori del decreto legislativo n. 150/2022
chiariscono che l'intera normativa e' stata dettata in attuazione di
tale principio, essendo finalizzata ad assicurare la celere
definizione dei procedimenti giudiziari, anche mediante la
semplificazione di atti e procedure.
L'art. 87-bis, introdotto nel decreto legislativo n. 150/2022
dall'art. 5-quinquies del decreto-legge n. 162/2022, e' sicuramente
funzionale al rispetto del predetto principio, in quanto fornisce una
disciplina organica e dettagliata delle disposizioni transitorie in
materia di semplificazione delle attivita' di deposito di atti,
documenti e istanze, applicabili sino alla piena operativita' del
processo penale telematico, ed escludendo il dovere di trasmettere ad
altri uffici gli atti di impugnazione pervenuti erroneamente esonera
le cancellerie da un'attivita' che comporta sicuramente un
appesantimento e un rallentamento del loro lavoro. Il rispetto del
principio costituzionale della ragionevole durata del processo non
puo', pero', giustificare l'introduzione di norme processuali che
violano altri principi di pari rango, quali quelli stabiliti dagli
articoli 3 e 24 Cost.
La costituzionalita' della norma indicata, inoltre, deve essere
valutata anche alla luce dei principi convenzionali internazionali.
La Corte europea dei diritti dell'uomo riconosce agli Stati un ampio
margine di apprezzamento, che consente l'imposizione di requisiti
formali anche rigorosi per l'ammissibilita' delle impugnazioni, ma a
condizione che tali requisiti non limitino l'accesso del cittadino al
giudice in modo tale da pregiudicare in modo sostanziale il suo
diritto, pena la violazione dell'art. 6, par. 1 della Convenzione EDU
(vedi la decisione n. 55064/11 del 28 ottobre 2021, Succi c/Italia,
ed altre precedenti).
Occorre percio' valutare se il rigido formalismo della disciplina
introdotta dall'art. 87-bis, commi 7, lettera c) e 8, decreto
legislativo n. 150/2022, con l'impossibilita' anche solo di emendare
o sanare un vizio puramente formale, risulti porre un limite
eccessivo, oltre che ingiustificato, all'esercizio del diritto a un
equo processo, anche nei gradi di giudizio successivi al primo, se
previsti dall'ordinamento dello Stato.
P. Q. M.
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 87-bis, commi 7, lettera c) e
8, decreto legislativo n. 150 del 2022, in riferimento agli articoli
3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui sancisce
l'inammissibilita' dell'impugnazione trasmessa ad indirizzo di posta
elettronica certificata diverso da quello prescritto (costituito
dall'indirizzo assegnato all'ufficio che ha emesso il provvedimento
impugnato), pur quando essa pervenga al giudice a quo entro il
termine perentorio di proposizione.
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e sospende il giudizio in corso.
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata al ricorrente, al Procuratore generale presso la Corte di
cassazione, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Cosi' deciso, 1° luglio 2025
Il Presidente: Santalucia
Il consigliere estensore: Masi