Reg. ord. n. 191 del 2025 pubbl. su G.U. del 15/10/2025 n. 42
Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli del 18/06/2025
Tra: Francesco Liccardo C/ Municipia spa
Oggetto:
Tributi – Imposta municipale propria (IMU) – Società di scopo, di cui all'art. 194 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023, o di progetto, di cui al previgente art. 184 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, costituite per svolgere attività di accertamento e di riscossione o attività di supporto ad esse propedeutiche - Previsione che le disposizioni di cui agli artt. 52, comma 5, lett. b), n. 1), e 53, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997 si interpretano nel senso che tali società non sono iscritte nell'albo di cui all'art. 53 del medesimo decreto legislativo, laddove la società aggiudicataria del bando di gara per l'affidamento del servizio di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali, socia della stessa società di scopo, risulti già iscritta nel predetto albo – Previsione che gli atti di accertamento e di riscossione emessi dalle società di scopo sono da considerare legittimi in quanto emessi in luogo dell'aggiudicatario, comunque tenuto a garantire in solido l'adempimento di tutte le prestazioni erogate direttamente dalle predette società – Denunciata erronea attribuzione alla nuova norma di un valore interpretativo, a fronte di un contenuto innovativo-retroattivo, con conseguente violazione dei limiti costituzionali posti all’emanazione di norme di legge retroattive – Incidenza su un giudizio ancora in corso, in assenza di imperative ragioni di interesse generale – Disposizione sopravvenuta che risulta funzionale a superare un orientamento giurisprudenziale consolidato a mente del quale l’iscrizione all’Albo è stato sempre ritenuto indispensabile per la legittimazione del concessionario – Violazione del principio di ragionevolezza – Previsione di un doppio regime per la partecipazione alla gara, per i soggetti partecipati da società iscritte all’Albo e società non partecipate – Possibilità per le società aggiudicatarie, partecipate da altre società precedentemente iscritte a tale Albo, di prescindere dalla relativa iscrizione e dai requisiti finanziari, tecnici, di onorabilità e professionalità previsti dalla normativa di riferimento - Alterazione del libero mercato - Lesione del principio di tutela della concorrenza, espressione del principio della parità di trattamento – Violazione della libertà di iniziativa economica privata – Norma integrante una legge-provvedimento che, in surroga del potere giurisdizionale, ha convalidato gli atti di accertamento emessi dalla società in questione, in luogo della aggiudicataria, interferendo nella risoluzione del giudizio pendente – Lesione della riserva delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario – Violazione degli obblighi internazionali sul diritto a un equo processo, come declinati dalla CEDU – Lesione del giusto processo - Violazione della tutela dell’affidamento – Intervento modificativo disomogeneo rispetto al resto della disciplina contenuta nel decreto-legge n. 202 del 2024, non essendo rivolto alla proroga di un termine, ma a modificare in modo sostanziale il regime delle gare di aggiudicazione di appalti pubblici e quello di gestione degli albi dei soggetti legittimati a parteciparvi – Assenza di correlazione tra decreto-legge e legge di conversione.
Norme impugnate:
decreto-legge del 27/12/2024 Num. 202 Art. 3 Co. 14
legge del 21/02/2025 Num. 15
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 41 Co.
Costituzione Art. 77 Co.
Costituzione Art. 101 Co.
Costituzione Art. 102 Co.
Costituzione Art. 111 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Costituzione Art. 117 Co. 2
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 6 Co.
decreto legislativo Art. 52 Co.
decreto legislativo Art. 53 Co.
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze Art. 6 Co.
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze Art. 10 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 191 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 2025
Ordinanza del 18 giugno 2025 della Corte di giustizia tributaria di
primo grado di Napoli sul ricorso proposto da Francesco Liccardo
contro Municipia spa.
Tributi - Imposta municipale propria (IMU) - Societa' di scopo, di
cui all'art. 194 del codice dei contratti pubblici, di cui al
d.lgs. n. 36 del 2023, o di progetto, di cui al previgente art. 184
del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 50 del 2016,
costituite per svolgere attivita' di accertamento e di riscossione
o attivita' di supporto ad esse propedeutiche - Previsione che le
disposizioni di cui agli artt. 52, comma 5, lettera b), numero 1),
e 53, comma 1, del d.lgs. n. 446 del 1997 si interpretano nel senso
che tali societa' non sono iscritte nell'albo di cui all'art. 53
del medesimo decreto legislativo, laddove la societa'
aggiudicataria del bando di gara per l'affidamento del servizio di
accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali,
socia della stessa societa' di scopo, risulti gia' iscritta nel
predetto albo - Previsione che gli atti di accertamento e di
riscossione emessi dalle societa' di scopo sono da considerare
legittimi in quanto emessi in luogo dell'aggiudicatario, comunque
tenuto a garantire in solido l'adempimento di tutte le prestazioni
erogate direttamente dalle predette societa'.
- Decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202 (Disposizioni urgenti in
materia di termini normativi), convertito, con modificazioni, nella
legge 21 febbraio 2025, n. 15, art. 3, comma 14-septies.
(GU n. 42 del 15-10-2025)
CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA
DI PRIMO GRADO DI NAPOLI
Sezione 29
Riunita in udienza il 9 giugno 2025 alle ore 9:00 in composizione
monocratica: Ferrara Ettore, giudice monocratico in data 9 giugno
2025 ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 23074/2024
depositato il 27 novembre 2024 proposto da Francesco Liccardo -
LCCFNC69M20F839B difeso da Fabrizio Rimetti - RMTFRZ71E26F839I ed
elettivamente domiciliato presso avv.fabriziorimetti@pec.it contro
Municipia Spa - 01973900838 difeso da Fabio Russo - RSSFBA73D22B963I
ed elettivamente domiciliato presso ferconsulting@pec.it
Avente ad oggetto l'impugnazione di:
avviso di accertamento n. 516241741 IMU 2019;
avviso di accertamento n. 516242592 IMU 2020;
avviso di accertamento n. 516241319 IMU 2021;
avviso di accertamento n. 516243128 IMU 2022;
a seguito di discussione in pubblica udienza e visto il dispositivo
n. 10561/2025 depositato il 12 giugno 2025.
Elementi in fatto e diritto
Premesso che con ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria di
Primo Grado di Napoli Francesco Liccardo ha tempestivamente impugnato
nei confronti di Napoli Obiettivo Valore S.r.l. societa'
concessionaria per l'accertamento e la riscossione dei tributi di
competenza del Comune di Napoli, quattro avvisi di accertamento
notificatigli per l'omesso/parziale versamento dell'Imu,
rispettivamente per gli anni 2019, 2020, 2021 e 2022. A sostegno
dell'impugnazione ha dedotto il ricorrente: 1) la nullita' degli atti
impositivi emessi dalla Concessionaria, per violazione della vigente
disciplina in tema di pubbliche concessioni, con riferimento al
contratto di concessione per le entrate comunali intervenuto in data
5 giugno 2023 tra il Comune di Napoli e la societa' di Progetto
Napoli Obiettivo Valore, a seguito di aggiudicazione della gara per
la scelta della Concessionaria preventivamente disposta dal Comune in
favore della societa' Municipia S.p.a. e successiva costituzione in
data 17 aprile 2023 da parte dell'aggiudicataria, ai sensi dell'art.
184 del codice dei contratto pubblici, di una societa' di Progetto
denominata Napoli Obiettivo Valore S.r.l. per lo svolgimento del
servizio. In proposito ha in particolare eccepito il ricorrente la
carenza di legittimazione all'esercizio del potere di accertamento da
parte della Napoli Obiettivo Valore S.r.l. in quanto societa' priva
dei requisiti soggettivi, finanziari ed organizzativi previsti dal
D.M. 289/2000 per essere qualificata agente della riscossione,
nonche' priva della relativa abilitazione ministeriale, senza che i
requisiti carenti potessero ritenersi mutuabili dalla societa'
aggiudicataria (Municipia S.p.a.) a cio' costituendo ostacolo il
disposto dell'art. 184, comma 3 citato, il quale prevede che in caso
di costituzione da parte dell'aggiudicataria della gara, di una
societa' di Progetto per la gestione del servizio appaltato, il
subingresso e la sostituzione avvenga a titolo originario, senza
alcun fenomeno di cessione del contratto, mentre gia' il precedente
comma 2 dispone che i lavori e le attivita' devono ritenersi
realizzati e prestati in proprio dalla societa' di Progetto. 2)
l'inesistenza della notifica degli atti impugnati, realizzatasi in
data 24 agosto 2024 a seguito di ritiro di essi dal luogo ove erano
stati depositati, in quanto avvenuta tramite operatore postale
privato Integraa del tutto carente della licenza speciale richiesta
dalla legge. Ha concluso pertanto il ricorrente chiedendo
l'annullamento dell'atto impugnato, con vittoria di spese.
Che nel giudizio cosi' introdotto si e' costituita Municipia
S.p.a. depositando copie degli avvisi di accertamento in
contestazione recanti, diversamente da quanto risultante dalle copie
degli atti depositati dalla ricorrente, in alto a destra
l'indicazione quale Ente emittente di Municipia S.p.a. (in aggiunta a
quella risultante in alto a sinistra di Napoli Obiettivo Valore
S.r.l.) e soprattutto a pag. 1 l'indicazione nell'ultimo rigo della
motivazione della premessa, del fatto che «Con contratto di servizi
del 7 agosto 2024 le attivita' di accertamento e riscossione dei
tributi locali oggetto del contratto di concessione sono stati
affidati alla societa' Municipia S.p.a. socio unico di Napoli
Obiettivo Valore S.r.l. ai sensi dell'art. 184, comma 2 del decreto
legislativo n. 50 del 18 aprile 2016».
Con la memoria di costituzione la resistente ha contestato la
fondatezza del ricorso, e cosi' in particolare dell'eccezione di
controparte di cui al primo motivo di doglianza, rilevando in
proposito che: «I dubbi sollevati sulla mancanza di legittimazione da
parte della Napoli Obiettivo Valore (NOV) quale societa' di progetto
(il cui socio unico e' Municipia S.p.a., assegnataria del servizio e
regolarmente iscritta all'albo allo svolgimento del servizio per
conto del Comune) per non essere a sua volta iscritta all'albo dei
concessionari ex art. 53, decreto legislativo n. 446/1997 e che hanno
determinato il rinvio pregiudiziale alla Corte Suprema di Cassazione
ex art. 363-bis del codice di procedura civile, sono stati
definitivamente chiariti dallo stesso legislatore a seguito
dell'emanazione della legge interpretativa del 21 febbraio 2025, n.
15, entrata in vigore il 25 febbraio 2025 (GU Serie Generale n. 45
del 24 febbraio 2025) la quale, in sede di conversione in legge, del
Decreto legge 27 dicembre 2024, n. 202, ha introdotto il comma
14-septies, art. 3 recante disposizioni urgenti in materia di termini
normativi (25G00024). Tale norma ha definito, chiarendo e
ristabilendo certezza con effetto ex tunc, la portata degli articoli
52, comma 5, lettera b), numero 1), e 53, comma 1, del decreto
legislativo n. 446 del 1997 che prevedono, tra i criteri cui dovranno
uniformarsi i regolamenti, quello dell'iscrizione all'albo di cui
all'articolo 53, comma 1 nel caso in cui il servizio di accertamento
e riscossione e' affidato a terzi senza far riferimento alle societa'
di progetto previste dall'art. 184, decreto legislativo n. 50/2016.
Essa, intervenendo in una situazione di incertezza interpretativa e
di contrasto di orientamenti da parte della stessa CGT di I grado
rimettente, si e' uniformata alla prassi ed ai precedenti
orientamenti maggioritari giurisprudenziali amministrativi,
riconoscendo espressamente la mancanza di tale obbligo in relazione
alle societa' di progetto previste dall'art. 184 del codice dei
contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.
50, che svolgono attivita' di accertamento e di riscossione o di
supporto ad esse propedeutiche, laddove la societa' aggiudicataria
del bando di gara per l'affidamento del servizio di accertamento e di
riscossione delle entrate degli enti locali, socia della stessa
societa' di scopo, risulti gia' iscritta nel predetto albo».
Per effetto della norma interpretativa di cui innanzi, ha
proseguito la resistente, la Suprema Corte di Cassazione, dopo aver
discusso e deciso la questione oggetto del rinvio pregiudiziale di
cui innanzi all'udienza del 22 gennaio 2025, a seguito di
riconvocazione del Collegio per la camera di consiglio del 13 marzo
2025, ha poi emesso la sentenza n. 14335 dep. Il 20 marzo 2025 con la
quale ha dichiarato inammissibile il rinvio pregiudiziale operato in
altro procedimento tributario dalla Corte di Giustizia Tributaria di
Primo Grado di Napoli, avente ad oggetto proprio la questione della
legittimazione di Napoli Obiettivo Valore. Nella memoria di
costituzione ha altresi' nel merito ulteriormente dedotto la
resistente che la NOV e' societa' di progetto partecipata al 100%
dalla Municipia S.p.a. (aggiudicataria del servizio ai sensi degli
artt. 52 e 53, decreto legislativo n. 446/1997 e art. 1, commi
748-915, legge n. 162/2019), e che la normativa applicabile al caso
di specie, e cosi' in particolare l'art. 184 del decreto legislativo
n. 50/2016 non imporrebbe, il requisito di qualificazione alla
societa' di progetto costituita unilateralmente dalla societa'
aggiudicataria, in quanto societa' interamente partecipata da
quest'ultima nei cui rapporti giuridici subentra per adempiere agli
obblighi ed alle funzioni pubbliche previste senza sostituirsi. La
societa' aggiudicataria, socio unico della societa' di progetto,
svolge attraverso la stessa le proprie funzioni, creando una formula
non dissimile dalle societa' in house providing interamente
partecipate dall'ente pubblico territoriale il quale sulla prima
esercita il c.d. controllo analogo. Il testo unico in materia di
societa' a partecipazione pubblica definisce il controllo analogo
(art. 2, c. 1) come «la situazione in cui l'amministrazione esercita
su una societa' un controllo analogo a quello esercitato sui propri
servizi, esercitando un'influenza determinante sia sugli obiettivi
strategici che sulle decisioni significative della societa'
controllata. Tale controllo puo' anche essere esercitato da una
persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo
dall'amministrazione partecipante». Ed in tal senso deporrebbe la
giurisprudenza del C.d. S. (sent. sez. V, 18 aprile 2023 n. 3886 e
sentenza n. 4469/2016,), risultando inoltre l'interpretazione
dell'art. 184 cit. cosi' come innanzi proposta, confermata dalla
stessa Corte di Giustizia Tributaria di Primo grado di Napoli con le
sentenze n. 6325/2024 e 61112/2024 (rectius: 6112/204).
Che alle deduzioni della resistente ha quindi replicato a sua
volta il ricorrente deducendo la non conformita' agli originali
(emessi in data 14 maggio 2024 dalla concessionaria NOV, e in
giacenza postale per la notifica sin dal 26 luglio 2024) delle copie
degli avvisi di accertamento depositati dalla controparte, come
desumibile dal riferimento in esse contenuto ad un accordo di
servizio intervenuto solo in data 7 agosto 2024, nonche' dalla firma
in calce del legale rappresentante di Municipia S.p.a. Achille
Moretti il quale alle date di emissione degli atti e delle successive
notifiche, non poteva averli sottoscritto come legale rappresentante
di quella societa' posto che la procura speciale gli sarebbe stata
rilasciata solo con atto in data 4 settembre 2024, onde altresi' la
contumacia nel giudizio di Napoli Obiettivo Valore.
Ha in ogni caso eccepito il contribuente l'illegittimita'
costituzionale della legge n. 15/2025 per violazione dell'art. 101
Costituzione. Ad avviso del contribuente infatti: «La legge che
precede non ha natura di interpretazione autentica ma di
legge-provvedimento. Infatti il dispositivo convertito in legge non
si e' limitato a formulare la interpretazione delle cosiddette
societa' di scopo come previste dal pregresso codice degli appalti
pubblici del 2016 e in base alla riforma del 1° luglio 2023, ma ha
formulato una postilla finale, di carattere concreto, non avente
natura generale ed astratta, con cui, una volta per tutte ed in
surroga del potere giurisdizionale, emana una atto di accertamento
della validita' degli atti esattivi emessi dalle societa' in
questione "in luogo" degli aggiudicatari che, in ogni caso, sarebbero
tenuti a garantire in solido con il loro patrimonio. Nella sentenza
Cass. 7945/2025, tenuto conto delle conclusioni del Procuratore
Generale, del tutto conformi al provvedimento di rinvio da parte del
giudice tributario di merito, appare evidente che senza l'intervento
della legge n. 15/2025 il ricorso era destinato al sicuro
accoglimento, tanto cio' e' vero che le parti convenute si erano gia'
cautelate, in tal senso, in anticipo, con l'accordo rimediale del 7
agosto 2024. In ordine alle leggi-provvedimento, la giurisprudenza
della Corte costituzionale, partendo dal principio che non e' stata
codificata la cd. riserva di amministrazione, ne riconosce la
ammissibilita', ma solo entro i limiti circoscritti specifici del
rispetto della funzione giurisdizionale quanto a giudicato e giudizi
in corso, e dei limiti generali che attengono ai connotati della
ragionevolezza e non arbitrarieta'. Nella casistica, le
leggi-provvedimento non sono mai giunte sino al punto di incidere su
di un numero determinato di persone, con una disposizione di tipo
giustiziale. Si possono ricordare per i casi di leggi- provvedimento
ritenute ammissibili, tutte in materia di atti urbanistici generali o
di atti di esproprio (Piano urbanistico Territoriale - Corte
Costituzionale 529/1995; piano faunistico Corte
costituzionale 248/1995; procedimento di esproprio per pubblica
utilita' di grandi opere infrastrutturali in condizioni di urgenza
Corte costituzionale). Quanto alle leggi interpretative, la
giurisprudenza della Corte costituzionale si attesta sulla
applicazione dei medesimi principi di ammissibilita'. Cosi', la
decisione Corte costituzionale n. 155/1990 clamorosamente richiamata
dalla controparte ha statuito che detta legge non puo' essere diretta
intenzionalmente ad incidere sui giudizi in corso. Ancora meglio,
Corte costituzionale 424/1993 ha chiarito che la legge interpretativa
e' tale quando il sopravvenire della norma interpretante non fa
venire meno la norma interpretata, ma l'una e l'altra si saldano tra
loro dando luogo ad un precetto normativo unitario. In modo piu'
approfondito Corte costituzionale 311/1995 ha statuito che la legge
di interpretazione autentica deve rispondere alla funzione che le e'
propria: quella di chiarire il senso delle norme preesistenti, sia al
fine di eliminare incertezze interpretative, sia di rimediare ad
interpretazioni giurisprudenziali divergenti con la linea di politica
del diritto perseguita dal legislatore. Tra i principi di
ragionevolezza, prosegue la decisione, oltre a quello consistente nel
divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento e
della tutela dell'affidamento, quale connaturato corollario dello
Stato di Diritto, vi e' il rispetto delle funzioni costituzionalmente
riservate al potere giudiziario. Pure Corte costituzionale 480/1992
chiarisce che la scelta ermeneutica imposta dalla norma
interpretativa debba rientrare tra le possibili varianti di senso del
testo interpretato, cioe' stabilisca un significato che
ragionevolmente poteva essere ascritto alla legge anteriore. Cio'
premesso, non vi era alcuna via interpretativa dell'art. 184 codice
appalti pubblici in base al quale si potesse sostenere che
l'aggiudicatario dell'accertamento e della riscossione potesse
costituire una societa' di progetto non iscritta al relativo albo e
non munita dei requisiti soggettivi di qualificazione, da fare
subentrare a titolo originario come aggiudicatario e concessionario
al posto suo. Cio' in quanto, il primo principio di certezza nei
procedimenti di evidenza pubblica e' che il soggetto ammesso a
partecipare perche' munito dei requisiti e che poi sia risultato
vittorioso, deve provvedere all'adempimento, senza la possibilita' di
procedere all'aggiramento della gara e dei requisiti mediante
operazioni finanziarie di esternalizzazione o di sostituzione
mediata. Ne' vi era divergenza di vedute sotto il profilo della
giurisprudenza come si puo' evincere dalla perfetta concordanza tra
la ordinanza di rimessione alla Suprema Corte ed il parere del
Procuratore Generale. Per queste ragioni, la legge n. 15/2025, nella
parte in cui stabilisce, una volta per tutte, la validita' degli atti
impositivi emana una regola di giudizio nei processi pendenti, al
posto dell'apprezzamento e del libero convincimento dei giudici ex
art. 101 Costituzione, provocando, per definizione la sconfitta di
ogni lite in corso, per cui tiene luogo di una sentenza di
accertamento, la cui pronuncia e' invece riservata dalla Costituzione
all'Ordine Giudiziario. Per tutte le conseguenze che precedono, la
legge n. 15/2025 e' intenzionalmente diretta ad incidere sorte dei
giudizi in corso, circostanza questa che poteva essere certamente
esclusa solo nel caso di carenza della clausola giustiziale finale di
dichiarazione legislatoria di validita', in ogni caso, di tutti gli
atti impositivi».
Poiche' detta questione di legittimita' costituzionale appare a
giudizio della difesa del contribuente direttamente risolutoria della
lite, come gia' accaduto nel giudizio di rinvio in via pregiudiziale
trattato dalla Corte di Cassazione, «sia che la legge n. 15/2025 sia
qualificata come legge-provvedimento che come legge di
interpretazione» ha chiesto la difesa rimettere alla Corte
costituzionale ogni valutazione in ordine alla legittimita'
dell'indicata norma.
Che per la trattazione del ricorso e' stata fissata l'udienza del
giorno 9 giugno 2025 dinanzi alla Corte in composizione monocratica;
Osserva
Dalla premessa degli avvisi di accertamento impugnati emerge che
il Comune di Napoli con determina in data 23 settembre 2022 ha
indetto una gara per l'affidamento in concessione della
«Progettazione, realizzazione e gestione di una infrastruttura
tecnologica per l'ente e la cittadinanza e dei servizi di gestione
delle entrate tributarie ed extratributarie del Comune di Napoli»,
prevedendo tra l'altro l'affidamento in concessione delle attivita'
di accertamento IMU e Tari. Con successiva determina del Comune in
data 20 marzo 2023 l'Ente ha disposto l'aggiudicazione della gara in
favore della societa' privata Municipia S.p.a. con sede legale in
Trento (TN) alla via Adriano Olivetti n. 7. L'aggiudicataria, a sua
volta, in applicazione dell'art. 25, comma 1 del Disciplinare di gara
e dell'art. 184 del codice degli appalti e delle concessioni
pubbliche (decreto legislativo n. 50/2016, ratione temporis vigente,
in quanto successivamente abrogato a decorrere dal 1° luglio 2023 da
parte del nuovo codice di cui al decreto legislativo n. 36/2023), ha
poi costituito in data 17 aprile 2023 una apposita societa' (S.r.l.)
c.d. di progetto denominata Napoli Obiettivo Valore, della quale
Municipia era socio unico con potere di controllo e di coordinamento,
la quale nelle intenzioni dell'aggiudicataria avrebbe dovuto
ritenersi subentrata a titolo originario nella medesima posizione
dell'aggiudicataria stessa, divenendo concessionaria del servizio. La
societa' di capitale subentrante ha infine stipulato con il Comune di
Napoli, nella qualita' di concessionario e per effetto delle vicende
contrattuali di cui innanzi, contratto di concessione per le entrate
comunali, in data 5 giugno 2023.
Impregiudicata ogni decisione in ordine alle conseguenze dei
diversi contenuti delle copie degli atti impositivi depositati dalle
parti costituite, resta il fatto che In esecuzione di quel contratto
sono stati emessi i quattro avvisi di accertamento impugnati dal
contribuente dei quali il ricorrente eccepisce la nullita' perche'
posti in essere da soggetto carente del potere di accertamento e
riscossione in quanto non munito della prescritta abilitazione
ministeriale, la quale, unitamente ai requisiti soggettivi
presupposti, non sarebbe da ritenersi mutuabile dalla societa' madre
in ragione del divieto risultante dal comma 3, dell'art. 184 il quale
prevede che il subingresso e la sostituzione avvenga a titolo
originario, senza alcun fenomeno di cessione del contratto.
Alla contestazione del contribuente ha replicato la resistente
invocando a sostegno dell'infondatezza del ricorso innanzi tutto il
disposto dell'art. 3, comma 14-septies del decreto-legge n. 202/2024
introdotto con la legge di conversione n. 15/2025, secondo il quale:
«Per l'anno 2025, il termine del 31 marzo, di cui all'articolo 12,
comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze 13 aprile 2022, n. 101, e' prorogato al
30 settembre 2025. Al fine di adeguare la disciplina relativa
all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 15 dicembre
1997, n. 446, anche alla normativa dell'Unione europea direttamente
applicabile, si procede alla revisione del regolamento di cui al
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 13 aprile 2022, n.
101, con regolamento da emanare entro centottanta giorni dalla data
di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
A tal fine, le disposizioni di cui agli articoli 52, comma 5, lettera
b), numero 1), e 53, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del
1997, conformemente alla disciplina recata dalla normativa
dell'Unione europea direttamente applicabile, si interpretano nel
senso che le societa' di scopo, di cui all'articolo 194 del codice
dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023,
n. 36, o di progetto, di cui al previgente articolo 184 del codice
dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016,
n. 50, costituite per svolgere attivita' di accertamento e di
riscossione o attivita' di supporto ad esse propedeutiche, non sono
iscritte nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n.
446 del 1997, laddove la societa' aggiudicataria del bando di gara
per l'affidamento del servizio di accertamento e di riscossione delle
entrate degli enti locali, socia della stessa societa' di scopo,
risulti gia' iscritta nel predetto albo. Gli atti di accertamento e
di riscossione emessi dalle societa' di scopo di cui al precedente
periodo sono da considerare legittimi in quanto emessi in luogo
dell'aggiudicatario, comunque tenuto a garantire in solido
l'adempimento di tutte le prestazioni erogate direttamente dalle
predette societa'».
Ha altresi' dedotto la resistente ragioni di merito che avrebbero
dovuto, a suo giudizio, indipendentemente dalla norma interpretativa
sopravvenuta, indurre a ritenere non richiesta per le societa' di
progetto l'iscrizione all'Albo di cui all'art. 53, comma 1, decreto
legislativo n. 446/1997 e il possesso dei requisiti soggettivi
necessari ai fini di quella iscrizione.
Orbene ritiene il Giudicante che la questione di
costituzionalita' della norma sopravvenuta, posta dal ricorrente,
debba ritenersi non manifestamente infondata e sicuramente rilevante
ai fini della decisione, dovendosi conseguentemente disporre la
sospensione del presente procedimento e la rimessione dalla questione
alla Corte costituzionale.
1. Sotto il profilo della rilevanza osserva il Giudicante che per
le ragioni che saranno innanzi piu' diffusamente esposte, la
definizione del presente giudizio non possa prescindere
dall'applicazione della nuova norma. Ed infatti, come gia' innanzi
riferito, la Corte di Giustizia Tributaria di Napoli ha disposto in
precedenza e in altro procedimento, il rinvio pregiudiziale degli
atti alla Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 363-bis del codice
di procedura civile, per la risoluzione della seguente questione di
diritto: «Dica la Corte di Cassazione se, in materia tributaria,
secondo la lettura costituzionalmente orientata dell'art. 184 del
decreto legislativo n. 50/2016 (codice degli appalti), sia
validamente ed efficacemente costituita una "societa' di progetto"
avente ad oggetto l'accertamento e la riscossione fiscale, non
iscritta (perche' impossibilitata a farlo) sia nell'albo previsto
dall'art. 53, decreto legislativo n. 446/1997, che nella relativa
sezione separata dell'art. 1, comma 805 della legge 27 dicembre 2019,
n. 160, sul presupposto che essa mutui dalla societa' aggiudicataria
(iscritta nell'albo predetto e socia unica della societa' di
Progetto) i requisiti prescritti dalla legge.» Al riguardo, come
riportato dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza conclusiva
del procedimento di rinvio: «Il giudizio dinanzi al giudice
remittente ha ad oggetto il ricorso proposto da un contribuente
avverso avviso di accertamento per Imu 2018 notificatogli il 27
dicembre 2023 da Napoli Obiettivo Valore S.r.l. Avviso di cui il
ricorrente assume la nullita' insanabile perche' quest'ultima
societa', com'e' pacifico in causa, non e' soggetto iscritto ne'
nell'albo di cui all'art. 53, decreto legislativo 15 dicembre 1997,
n. 446 (soggetti abilitati alla concessione di attivita' di
accertamento e riscossione dei tributi locali) ne' nella sezione
separata dell'albo introdotta dall'art. 1, comma 805, legge 27
dicembre 2019, n. 160 (soggetti che svolgono esclusivamente attivita'
di supporto a quelle di accertamento e riscossione). Mentre il Comune
di Napoli si e' costituito per eccepire il proprio difetto di
legittimazione passiva in ordine alle attivita' in oggetto, Napoli
Obiettivo Valore S.r.l. ha chiesto il rigetto del ricorso osservando
che: - essa e' concessionaria del Comune per contratto n. 86720 del 5
giugno 2023, in veste di "societa' di progetto" costituita, ex art.
184 decreto legislativo n. 50/2016 ed art. 25.1 Disciplinare di gara,
da Municipia S.p.a., quest'ultima debitamente iscritta all'albo in
questione, suo socio unico nonche' aggiudicataria della gara indetta
dal Comune di Napoli per la concessione del servizio (delibera
dirigenziale 20 settembre 2022); - ai sensi dell'art. 6, comma 1,
lett. a), b), c) del citato contratto, essa aveva specificamente
dichiarato di essere stata costituita ex art. 184, decreto
legislativo n. 50/2016, di avere un capitale sociale di €
1.387.062,00 "interamente detenuto dall'aggiudicatario che risulta in
possesso di tutti i requisiti di partecipazione ed esecuzione
previsti dalla legge e dalla Documentazione di gara, ivi compresa
l'iscrizione all'Albo dei concessionari per la riscossione di cui
all'art. 53, comma 1, decreto legislativo n. 446 del 15 dicembre
1997", e di provvedere alla "erogazione dei servizi di gestione delle
entrate di cui al successivo art. 23 in virtu' dell'iscrizione del
proprio socio unico al relativo Albo dei Concessionari per la
riscossione di cui al citato decreto legislativo n. 446/1997 e,
pertanto, garantisce la propria legittimazione attiva a emettere gli
atti adottati in esecuzione della presente Convenzione" Nel porre il
quesito, la Corte di Giustizia Tributaria ha dato atto, oltre che
della novita' e rilevanza della questione, anche della sua
complessita' interpretativa, potendosi individuare in proposito
almeno due opposti indirizzi ricostruttivi dell'art. 184, decreto
legislativo n. 50/2016: - il primo, secondo cui l'atto impositivo
emesso da Napoli Obiettivo Valore S.r.l. sarebbe valido perche' la
societa' di progetto beneficerebbe (subentrando automaticamente ed ex
lege nella concessione aggiudicata al socio unico) di tutti i
requisiti posseduti da quest'ultimo, compreso quello della sua
iscrizione all'albo; - il secondo, secondo cui l'atto impositivo
sarebbe invece invalido perche' emanato in carenza di potere,
dovendosi per varie ragioni escludere che la societa' di progetto
possa avvalersi dei requisiti propri della societa' aggiudicataria,
anche se suo socio unico (capitale sociale della concessionaria
inferiore a quello previsto ex art. 1, comma 807, legge n. 160/19 ed
ex art. 6, D.M. 101/22, e conseguente minore garanzia patrimoniale
per l'ente concedente; non del tutto coincidente sfera di
responsabilita' della societa' aggiudicataria da un lato e di quella
di progetto dall'altro; ratio legis volta ad attribuire rilevanza ai
soli requisiti posseduti direttamente, non indirettamente, dai
concessionari; sottrazione della societa' di progetto, in quanto non
iscritta, ai poteri istruttori e di vigilanza del MEF, con
pregiudizio delle esigenze di trasparenza e legalita' dell'attivita'
di accertamento e riscossione).
Tanto premesso, questo Giudice, nel condividere pienamente la
ricostruzione della problematica esposta dal Giudice remittente in
quella sede, con riferimento al quadro normativo preesistente alla
modifica di cui alla legge n. 15/2025, ritiene doversi senz'altro
aderire alla seconda opzione interpretativa esposta da quel Giudice,
nulla consentendo di attribuire alla norma, nella sua originaria
formulazione, il contenuto «estensivo» che si vorrebbe trarre da
essa, in favore delle societa' di Progetto, vertendosi oltre tutto in
tema di affidamento di poteri pubblici di particolare rilevanza,
tanto da richiedere speciali garanzie patrimoniali in favore
dell'Ente concedente, e penetranti poteri istruttori e di vigilanza
da parte del MEF che verrebbero elusi se si ammettesse il subingresso
della societa' di Progetto non iscritta all'Albo previsto dalla
legge, con evidente pregiudizio delle esigenze di trasparenza e
legalita' dell'attivita' di accertamento.
Ed invero in nessuna delle norme che vengono in rilievo
nell'esame della controversia (v. art. 184, decreto legislativo n.
50/2016; artt. 52 e 53, decreto legislativo n. 446/1997; D.M. 13
aprile 2022, n. 101) si legge mai che l'iscrizione all'Albo e il
possesso dei relativi requisiti soggettivi da parte della societa'
aggiudicataria della gara indetta per l'affidamento della concessione
del servizio pubblico, possa poi riverberarsi sulla condizione della
societa' di Progetto all'uopo costituita dalla aggiudicataria,
legittimandone l'attivita' svolta in esecuzione della concessione
stessa a prescindere dalla personale e diretta iscrizione all'Albo.
Ne' risulta prevista la persistenza della garanzia della societa'
aggiudicataria anche dopo la costituzione e il subingresso della
societa' di Progetto, o altra circostanza dalla quale possa
legittimamente dedursi l'effetto estensivo della norma innanzi
evidenziato.
Inoltre neanche risulterebbe chiaro come il MEF avrebbe potuto
esercitare i controlli di sua competenza sulla societa' di progetto o
di scopo appositamente costituita dall'aggiudicataria originaria,
qualora si volesse ritenere consentito da quella normativa il
subentro della nuova societa' all'altra, senza pretenderne la
preliminare iscrizione all'Albo.
Viceversa in senso decisamente contrario alla tesi della
resistente sembra deporre l'art. 184 del Codice dei contratti
pubblici laddove, nel disciplinare appunto l'ipotesi di costituzione
da parte dell'aggiudicataria della gara, di una societa' di Progetto
per la gestione del servizio oggetto della concessione aggiudicata,
al comma 2 espressamente prevede che «La societa' cosi' costituita
diventa la concessionaria subentrando nel rapporto di concessione
all'aggiudicataria.», e al successivo comma 3 ulteriormente ribadisce
che «Per effetto del subentro di cui al comma 1, che non costituisce
cessione del contratto, la societa' di progetto diventa la
concessionaria a titolo originario e sostituisce l'aggiudicataria in
tutti i rapporti con l'amministrazione concedente». Nel prevedere
espressamente per la societa' di progetto la qualita' di
«concessionaria a titolo originario» del servizio appaltato, sembra
di tutta evidenza il chiaro intento del legislatore di pretendere
anche dalla societa' di progetto il possesso dei requisiti e
l'iscrizione all'Albo previsto dalla legge, e non piuttosto implicita
la volonta' di consentire alla societa' di Progetto di avvalersi solo
di riflesso (per c.d. «mutuazione a specchio») di requisiti
soggettivi di altra e diversa societa' che la societa' di Progetto
abbia costituito, secondo, una tesi assolutamente originale e mai in
precedenza proposta da alcuno.
Ne' in contrario senso puo' valere il richiamo della resistente
alla giurisprudenza del C.d.S. posto che la sentenza n. 3886/2023
affronta il diverso caso della modifica nella costituzione della
societa' aggiudicataria, ed e' con riferimento a quella ipotesi che
afferma «la naturale coincidenza soggettiva tra l'aggiudicatario -
che ha prestato anche i requisiti di qualificazione - e il socio»;
mentre solo incidentalmente affronta il tema della societa' di
Progetto, a tal proposito fornendo argomento per sostenere l'esatto
contrario di quanto asserito dalla difesa della resistente, avuto
riguardo a quanto in quella sentenza si legge in ordine al fatto che
il ricorso alla societa' di Progetto «.non puo' tuttavia divenire
strumento per superare o eludere i presidi posti dalla normativa,
anche europea, a tutela della concorrenza e della qualita' dei
servizi pubblici (in tal senso cfr. Cons. Stato, III, 15 novembre
2017, n. 5294)». Cosi' che in definitiva quando il C.d.S. in essa
afferma che come «una volta che i soci abbiano costituito la societa'
di progetto, e questa sia subentrata nel rapporto di concessione
all'aggiudicatario, diventando concessionaria a legittimo titolo
derivato, qualsiasi altro soggetto terzo e' estraneo al rapporto di
concessione» (Cons. Stato, n. 5294 del 2017, cit., che prosegue
ponendo in risalto «la stretta delimitazione dei soggetti esecutori
all'area dei soli soci», come desumibile anche dal regime del
sub-appalto ex art. 174, decreto legislativo n. 50 del 2016), allo
stesso modo, non puo' con una costituzione «esternalizzante» -
connotata, cioe', dalla sottoscrizione della quasi totalita' del
capitale della societa' di progetto da parte di un soggetto estraneo
- ammettersi nella sostanza la rimodulazione dell'affidamento in
favore di soggetti (chiamati peraltro ad attivita' esecutive) diversi
dagli aggiudicatari che hanno prestato i requisiti di qualificazione
(cfr., in tal senso, anche il parere dell'Anac prot. n. 25211 di cui
all'adunanza del 26 marzo 2019, in atti)», sembra a questo Giudice
non essersi affatto sostenuto che la societa' di progetto possa
beneficiare dei requisiti di qualificazione posseduti
dall'aggiudicataria, bensi' l'esatto contrario, e cioe' la necessita'
che la c.d. costituzione esternalizzante non possa prescindere dalla
presenza nella societa' di Progetto dei requisiti soggettivi
richiesti dalla legge per l'iscrizione all'Albo.
Quanto poi alla sentenza C.d.S. n. 4469/2016 pure richiamata
dalla difesa della resistente, il richiamo appare non pertinente in
quanto relativa a vicenda disciplinata dal vecchio codice degli
appalti, prima della riforma di cui al decreto legislativo n.
50/2016, con l'introduzione del relativo art. 184.
E del resto in senso conforme all'interpretazione delle norme
innanzi proposta significativamente ha concluso il P.G. della Corte
di Cassazione nel giudizio di rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis
codice di procedura civile definito con la sentenza n. 7495 del 20
marzo 2025, concludendo la sua requisitoria scritta chiedendo
l'affermazione del seguente principio di diritto: «il modello di
societa' di progetto configurato dagli artt. 183-184 del decreto
legislativo n. 50/2016 non consente il trasferimento dei poteri
pubblicistici di accertamento e riscossione dei tributi ad una
societa' di progetto che non e' iscritta (ed e' impossibilita' per
legge ad iscriversi) nell'albo di cui all'art. 53, decreto
legislativo n. 446/1997, ne' nella relativa sezione separata di cui
all'art. 1, comma 805, legge n. 160/2019 e che abbia come socio unico
la societa' aggiudicataria della gara, regolarmente iscritta nei
predetti albi». «Come rilevato dal giudice remittente - scrive il
pubblico ministero - Napoli Obiettivo Valore S.r.l. ha un capitale
sociale di € 1.387.062,00 e, quindi, inferiore alla soglia di €
5.000.000,00 che, ai sensi della predetta normativa, deve essere
versata in contanti o per il tramite polizza assicurativa o
fideiussione bancaria, ai fini dell'iscrizione nell'albo». Peraltro,
«appare evidente - afferma il pm - come sia normativamente previsto
uno stretto collegamento economico funzionale tra societa' di
progetto e soci». Ossia, tra Nov e Municipia. Tuttavia, per il
magistrato requirente cio' «non comporta» alcuna «confusione tra
patrimoni ne' fa sorgere una solidarieta' passiva per tutte le
obbligazioni assunte dalla societa' progetto». Infatti, stando alla
requisitoria, Municipia S.p.a. risponderebbe in solido con Nov «solo
ed esclusivamente nei limiti e nell'eventualita' che vi sia stato un
versamento di prezzo in corso d'opera da parte della pubblica
amministrazione». Ma, non «gia' in via generale della regolare
esecuzione del contratto, ne' dei pregiudizi potenzialmente derivanti
all'Ente concedente e/o ai singoli contribuenti a causa di una
esecuzione non corretta dell'attivita' di accertamento e
riscossione».
D'altronde, come piu' innanzi ulteriormente si dira', in passato
e prima della legge n. 15/2025, non si e' mai dubitato, sul piano
ermeneutico e con riferimento al chiaro disposto dell'art. 53,
decreto legislativo n. 446/1997, che i poteri di accertamento e
riscossione dei tributi potessero essere affidati esclusivamente a
soggetti iscritti all'Albo in quella norma contemplato, cosi' che in
definitiva la questione relativa alla legittimita' del comma
14-septies dell'art. 3, legge citata riveste valore decisivo ai fini
della risoluzione della controversia in esame. Ne' in senso contrario
puo' valere il richiamo della difesa della resistente alle sentenze
n. 6112/2024 e n 6325/2024 di questa stessa Corte, posto che la prima
ha risolto la controversia senza assolutamente affrontare la
questione della legittimazione della Concessionaria, mentre la
seconda risulta supportata sul punto da una motivazione solo
apparente, e che comunque in nessun modo si fa carico di esporre la
ratio decidendi sottesa alla decisione assunta.
Piuttosto in senso conforme alla interpretazione innanzi proposta
ben puo' valere il richiamo a quanto autorevolmente affermato dalla
Corte di Cassazione con la sentenza. n. 35338/2022 in tema di RTI
costituito tra Equitalia, Municipia e Ottogas, con riferimento quindi
a una situazione societaria molto simile a quella conseguente alla
costituzione di una societa' di Progetto da parte dell'aggiudicataria
della gara svoltasi per l'affidamento della concessione per la
gestione del servizio di accertamento e riscossione dei tributi
comunali.
Cosi' che, conclusivamente sul punto, sembra di tutta evidenza
che la definizione del presente giudizio richiede necessariamente
l'applicazione dell'art. 3, comma 14-septies del decreto-legge n.
202/2024 come modificato con la legge n. 15/2025; e cio' senza che la
rilevanza della nuova norma possa escludersi, come pure sostenuto da
qualche commentatore, per l'esclusivo riferimento contenuto nella
seconda parte della disposizione alle sole «societa' di scopo» e non
anche alle «societa' di progetto». Ed infatti un'interpretazione
costituzionalmente orientata della norma consente in questo caso di
desumere in maniera chiara ed inequivocabile la volonta' del
legislatore di trattare conformemente le societa' in questione,
escludendo per entrambe la necessita' dell'autonoma iscrizione
all'Albo in caso di iscrizione della societa' originariamente
aggiudicatasi la gara, cosi' che l'apparente disarmonia che si coglie
nel confronto tra la prima e la seconda parte della disposizione
risulta essere solo il frutto di una cattiva tecnica legislativa, e
non l'espressione di una volonta' volta a limitare alle sole societa'
di scopo gli effetti previsti nella seconda parte della norma.
2. Cio' detto in ordine alla rilevanza della nuova norma, rileva
il giudicante che essa e' stata subito oggetto di molteplici censure
sotto il profilo della sua costituzionalita', alcune delle quali
ritenute non condivisibili da questo Giudice: cosi' in particolare
per quanto relativo alla asserita indeterminatezza e incertezza della
disposizione, oltre che per il generico rinvio alla disciplina recata
dalla normativa europea, anche per effetto della previsione in essa
contenuta della revisione del Regolamento di cui al D.M. n. 101/2022
(Ministero dell'economia e delle finanze) da attuarsi con Regolamento
da emanarsi nel successivo termine di 180 giorni. Ed infatti ne'
l'uno ne' l'altro aspetto appaiono idonei ad incidere
sull'operativita' e efficacia, medio tempore, del Regolamento
attualmente ancora in vigore, ne' possono ritenersi idonei a
costituire di per se' soli ostacolo all'applicazione
dell'interpretazione proposta dal legislatore nella prima parte, se
non fosse per i diversi profili di cui di seguito si dira'.
Viceversa ritiene il Giudicante doversi ritenere la non manifesta
infondatezza della questione di costituzionalita' sollevata dal
contribuente, meritevole peraltro di essere estesa ad altri
"parametri" non espressamente richiamati negli atti difensivi,
potendosi ritenere il contrasto del piu' volte cit. art. 3, comma
14-septies del decreto mille proroghe, con gli artt. 3, 77, 101/102,
111, 117 della Costituzione, anche con riferimento alla previsione di
cui all'art. 6 CEDU.
E cio' sotto tre distinti profili:
a) Per l'erronea attribuzione alla nuova norma di un valore
meramente interpretativo, a fronte di un contenuto che appare invece
innovativo-retroattivo, con conseguente violazione dei limiti posti
dalla Costituzione all'emanazione di norme di legge retroattive;
b) Per la natura di legge-provvedimento che la nuova norma
assume per effetto della previsione contenuta nell'ultima parte della
disposizione circa la legittimita' degli atti di accertamento e di
riscossione emessi dalla societa' di Progetto;
c) Per lo strumento normativo adottato per l'emanazione della
nuova norma.
2/a. Ed invero al riguardo deve innanzi tutto osservarsi che la
disposizione di cui al cit. art. 3, comma 14-septies del
decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202 (convertito in Legge 21
febbraio 2025, n. 15), presenta profili di incostituzionalita' in
quanto autodefinita dal legislatore come norma interpretativa («...le
disposizioni di cui agli articoli 52, comma 5, lettera b), numero 1,
e 53, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997...si
interpretano nel senso che...»), con effetto retroattivo (...«Gli
atti di accertamento e di riscossione emessi dalle societa' di scopo
di cui al precedente periodo sono da considerarsi legittimi in quanto
emessi in luogo dell'aggiudicatario...»).
Orbene non e' in dubbio certamente l'ammissibilita' in astratto
di leggi interpretative. In proposito piuttosto e' il caso di
ricordare che come dalla Corte costituzionale piu' volte ribadito (v.
sentenza n. 480/1992, e n. 311/1995), di recente anche con sentenza
11 gennaio 2024, n. 4: «Secondo la consolidata giurisprudenza di
questa Corte, "la disposizione di interpretazione autentica e' quella
che, qualificata formalmente tale dallo stesso legislatore, esprime,
anche nella sostanza, un significato appartenente a quelli
riconducibili alla previsione interpretata secondo gli ordinari
criteri dell'interpretazione della legge" (sentenza n. 133 del 2020).
Diversamente, nel caso in cui "la disposizione, pur
autoqualificantesi interpretativa, attribuisce alla disposizione
interpretata un significato nuovo, non rientrante tra quelli gia'
estraibili dal testo originario della disposizione medesima, essa e'
innovativa con efficacia retroattiva (sentenze n. 61 5 del 2022, n.
133 del 2020, n. 209 del 2010 e n. 155 del 1990)" (v. sentenza n. 104
del 2022).»
In proposito sempre la Corte costituzionale ha anche piu' di
recente confermato che «...al di la' della autoqualificazione, di per
se' non vincolante, e dell'accertamento di un contrasto
giurisprudenziale formatosi sulla disposizione oggetto
dell'interpretazione autentica, anch'esso non dirimente (tra le
tante, sentenze n. 4 del 2024, n. 104 e n. 61 del 2022, n. 133 del
2020) - la natura interpretativa va riconosciuta solo a quelle
disposizioni «che hanno il fine obiettivo di chiarire il senso di
norme preesistenti ovvero di escludere o di enucleare uno dei sensi
fra quelli ritenuti ragionevolmente riconducibili alla norma
interpretata, allo scopo di imporre a chi e' tenuto ad applicare la
disposizione considerata un determinato significato normativo» (cosi'
la sentenza n. 73 del 2017, richiamata dalla sentenza n. 70 del
2020)» (cosi'. Corte costituzionale sent. n. 77/2024; cfr. sent. n.
70/2024).
Orbene, per le ragioni tutte ampiamente esposte a proposito della
rilevanza della questione di costituzionalita' della norma
sopravvenuta sembra assolutamente da escludere che il significato
attribuito dall'art. 3 comma 14-septies, decreto-legge n. 202/2024
alle disposizioni di cui agli articoli 52 e 53 del decreto-legge n.
446/1997 possa effettivamente ritenersi riconducibile alla previsione
delle suddette norme, interpretate secondo comuni canoni ermeneutici,
sia pure doverosamente alla luce di una lettura delle norme
costituzionalmente orientata. Cosi' che, in definitiva, la nuova
norma appare, nonostante la terminologia adottata dal legislatore,
non gia' una norma di «interpretazione autentica», bensi' piuttosto
una norma innovativa con efficacia retroattiva, con la quale il
legislatore ha inteso dettare nuove regole per le societa' di
progetto o di scopo previste dal codice dei contratti, per abilitarle
all'esercizio delle attivita' oggetto della concessione aggiudicata,
in virtu' della mera mutuazione dei requisiti prescritti dalla legge
per la partecipazione alla gara prevista per l'aggiudicazione.
Al riguardo peraltro e' un dato di fatto incontrovertibile che
mai in passato si e' dubitato, sul piano ermeneutico e con
riferimento al chiaro disposto dell'art. 53, decreto legislativo n.
446/1997, che i poteri di accertamento e riscossione dei tributi
potessero essere affidati esclusivamente a soggetti direttamente
iscritti all'Albo in quella norma contemplato.
Le conclusioni innanzi esposte fanno fortemente dubitare della
costituzionalita' della nuova norma, in tal senso deponendo
inequivocabilmente la giurisprudenza della stessa Corte
costituzionale.
Ed infatti, come espressamente affermato dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 4 del l'11 gennaio 2024:
«8. Una volta esclusa la natura autenticamente interpretativa
della disposizione, dinanzi a leggi aventi efficacia retroattiva
questa Corte e' chiamata ad esercitare uno scrutinio particolarmente
rigoroso: cio' in ragione della centralita' che assume il principio
di non retroattivita' della legge, «inteso quale fondamentale valore
di civilta' giuridica, non solo nella materia penale (art. 25
Costituzione), ma anche in altri settori dell'ordinamento (sentenze
n. 174 del 2019, n. 73 del 2017, n. 260 del 2015 e n. 170 del 2013»
(sentenza n. 145 del 2022).
Il controllo di costituzionalita' diviene ancor piu' stringente
qualora l'intervento legislativo retroattivo incida su giudizi ancora
in corso, specialmente nel caso in cui sia coinvolta nel processo
un'amministrazione pubblica. Infatti, tanto i principi costituzionali
relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale,
quanto i principi concernenti l'effettivita' della tutela
giurisdizionale e la parita' delle parti in giudizio, impediscono al
legislatore di risolvere, con legge, specifiche controversie e di
determinare, per questa via, uno sbilanciamento tra le posizioni
delle parti coinvolte nel giudizio (tra le altre, sentenze n. 201 e
n. 46 del 2021, n. 12 del 2018 e n. 191 del 2014).
8.1.- Con riguardo al sindacato di costituzionalita' delle leggi
retroattive incidenti su giudizi in corso, ha assunto un rilievo
sempre piu' decisivo la giurisprudenza della Corte EDU (tra le altre,
sentenze 24 giugno 2014, Aziebda agricola Silverfunghi Sas e altri
contro Italia, paragrafo 76; 25 marzo 2014, Blasucci e altri contro
Italia, paragrafo 47; 14 gennaio 2014, Montalto e altri contro
Italia, paragrafo 47). Cio' in virtu' della « funzione interpretativa
eminente che gli Stati contraenti hanno riconosciuto alla Corte
europea» (sentenza n. 348 del 2007).
Come chiarito da questa Corte, infatti, nel sindacato di
costituzionalita' delle leggi retroattive si e' ormai pervenuti alla
costruzione di una «solida sinergia fra principi costituzionali
interni e principi contenuti nella CEDU», che consente di leggere in
stretto coordinamento i parametri interni con quelli convenzionali
«al fine di massimizzarne l'espansione in un "rapporto di
integrazione reciproca"» (sentenza n. 145 del 2022).
Sulla base di tale sinergia, questa Corte e' chiamata
innanzitutto a verificare se l'intervento legislativo retroattivo sia
effettivamente preordinato a condizionare l'esito di giudizi
pendenti. A tal fine, assumono rilievo - sulla scorta della
giurisprudenza della Corte EDU - alcuni «elementi, ritenuti
sintomatici dell'uso distorto della funzione legislativa» e
riferibili principalmente al «metodo e alla tempistica seguiti dal
legislatore» (cosi', sentenza n. 12 del 2018; nello stesso senso,
sentenze n. 145 del 2022 e n. 174 del 2019). Occorre dunque
effettuare una verifica di legittimita' costituzionale che - in
maniera non dissimile dal sindacato sull'eccesso di potere
amministrativo mediante l'impiego di figure sintomatiche - assicuri
una particolare estensione e intensita' del controllo sul corretto
uso del potere legislativo.
8.2.- Tra gli elementi sintomatici dell'uso distorto del potere
legislativo, appare innanzitutto significativo il fatto che «lo Stato
o l'amministrazione pubblica» siano «parti di un processo gia'
radicato» e che l'intervento legislativo si collochi «a notevole
distanza dall'entrata in vigore delle disposizioni oggetto di
interpretazione autentica» (sentenza n. 174 del 2019)...
8.3.- E' altresi' rilevante, come elemento sintomatico, il fatto
che - lo si e' anticipato supra, al punto 7.2.2. - la disposizione
censurata, pur essendosi «auto-qualificata» come interpretativa,
abbia in realta' introdotto un significato che non si poteva in alcun
modo evincere dal testo dell'art. 7, comma 1, del decreto-legge n.
384 del 1992, come convertito...
8.4.- Ma, soprattutto, risulta decisivo il fatto che il
legislatore abbia adottato la disposizione censurata per superare un
orientamento giurisprudenziale consolidato, al fine specifico di
incidere su giudizi ancora pendenti in cui era parte
l'amministrazione pubblica..».
Negli stessi sensi sempre la Corte costituzionale con la gia'
citata sentenza n. 77/2024 ha ulteriormente ribadito che:
«6.1 Va preliminarmente rammentato, su un piano piu' generale,
che - al di la' della autoqualificazione, di per se' non vincolante,
e dell'accertamento di un contrasto giurisprudenziale formatosi sulla
disposizione oggetto dell'interpretazione autentica, anch'esso non
dirimente (tra le tante, sentenze n. 4 del 2024, n. 104 e n. 61 del
2022, n. 133 del 2020) - la natura interpretativa va riconosciuta
solo a quelle disposizioni «che hanno il fine obiettivo di chiarire
il senso di norme preesistenti ovvero di escludere o di enucleare uno
dei sensi fra quelli ritenuti ragionevolmente riconducibili alla
norma interpretata, allo scopo di imporre a chi e' tenuto ad
applicare la disposizione considerata un determinato significato
normativo» (cosi' la sentenza n. 73 del 2017, richiamata dalla
sentenza n. 70 del 2020).
Cio' premesso, questa Corte ha piu' volte affermato «la
"sostanziale indifferenza, quanto allo scrutinio di legittimita'
costituzionale, della distinzione tra norme di interpretazione
autentica - retroattive, salva una diversa volonta' in tal senso
esplicitata dal legislatore stesso - e norme innovative con efficacia
retroattiva" (sentenza n. 73 del 2017; nonche', da ultimo, sentenza
n. 108 del 2019)» (sentenza n. 70 del 2020); arrivando a ritenerne
«la possibile assimilazione, quanto agli esiti dello scrutinio di
legittimita' costituzionale» (sentenza n. 108 del 2019).
A tal fine, la detta distinzione rileva, al piu', perche' «"la
palese erroneita' di tale auto-qualificazione puo' costituire un
indice, sia pure non dirimente, della irragionevolezza della
disposizione impugnata" (sentenza n. 73 del 2017; ex plurimis, anche
sentenze n. 103 del 2013 e n. 41 del 2011)» (sentenza n. 70 del
2020).
6.2.- Nello scrutinio di legittimita' costituzionale, questa
Corte ha piu' volte ricordato la centralita' che assume il principio
di non retroattivita' della legge, inteso quale fondamentale valore
di civilta' giuridica (tra le piu' recenti, sentenze n. 4 del 2024,
n. 145 del 2022, n. 174 del 2019 e n. 73 del 2017).
Ne consegue che, di fronte a una norma avente comunque efficacia
retroattiva - che pure deve considerarsi, al di fuori della materia
penale, frutto del legittimo esercizio discrezionale del potere del
legislatore -, e' necessario procedere ad uno scrutinio
particolarmente rigoroso.
Tale scrutinio diviene ancor piu' stringente se l'intervento
legislativo retroattivo incide su giudizi ancora in corso, tanto piu'
se in essi sia coinvolta un'amministrazione pubblica. Infatti, «tanto
i principi costituzionali relativi ai rapporti tra potere legislativo
e potere giurisdizionale, quanto i principi concernenti
l'effettivita' della tutela giurisdizionale e la parita' delle parti
in giudizio, impediscono al legislatore di risolvere, con legge,
specifiche controversie e di determinare, per questa via, uno
sbilanciamento tra le posizioni delle parti coinvolte nel giudizio
(tra le altre, sentenze n. 201 e n. 46 del 2021, n. 12 del 2018 e n.
191 del 2014)» (sentenza n. 4 del 2024).
Relativamente al sindacato di costituzionalita' delle leggi
retroattive incidenti su giudizi in corso, ancora di recente e' stato
rammentato il rilievo assunto dalla giurisprudenza della Corte EDU,
affermandosi che in tale ambito si e' ormai pervenuti alla
costruzione di una «solida sinergia fra principi costituzionali
interni e principi contenuti nella CEDU», che consente di leggere in
stretto coordinamento i parametri interni con quelli convenzionali
«al fine di massimizzarne l'espansione in un "rapporto di
integrazione reciproca"» (sentenza n. 145 del 2022, richiamata dalla
sentenza n. 4 del 2024).
6.3.- Tanto premesso, per svolgere tale rigoroso controllo sono
stati individuati una serie di elementi sintomatici dell'uso distorto
della funzione legislativa.
Tra questi, in particolare, per quanto qui di interesse, emergono
l'errata e artificiosa autoqualificazione della norma come norma di
interpretazione autentica e, soprattutto, la chiara finalita' di
incidere sull'esito di giudizi pendenti. Finalita', quest'ultima, che
si puo' evincere da metodo e tempistica dell'intervento del
legislatore (sentenze n. 4 del 2024, n. 145 del 2022, n. 174 del 2019
e n. 12 del 2018) - per esempio, la distanza dell'intervento
legislativo rispetto all'entrata in vigore delle disposizioni oggetto
di interpretazione autentica (sentenze n. 4 del 2024 e n. 174 del
2019) - e si puo' ricavare dai lavori preparatori (sentenze n. 4 del
2024 e n. 145 del 2022).
Infine, in quest'opera di rigoroso scrutinio e' necessario
valutare se l'intervento legislativo trovi una possibile ragionevole
giustificazione «nell'esigenza di tutelare principi, diritti e beni
costituzionali». Anche alla luce della giurisprudenza della Corte
EDU, «solo imperative ragioni di interesse generale possono
consentire un'interferenza del legislatore su giudizi in corso; i
principi dello stato di diritto e del giusto processo impongono che
tali ragioni "siano trattate con il massimo grado di circospezione
possibile" (sentenza 14 febbraio 2012, Arras contro Italia, paragrafo
48)» (sentenza n. 4 del 2024).
Come da ultimo ricordato da questa Corte nella piu' volte citata
sentenza n. 4 del 2024, la Corte EDU ha perimetrato in maniera
rigorosa e restrittiva tale nozione di «imperative ragioni di
interesse generale», ravvisando la compatibilita' con l'art. 6 CEDU
di «alcuni interventi legislativi retroattivi incidenti su giudizi in
corso, la' dove "i soggetti ricorrenti avevano tentato di
approfittare dei difetti tecnici della legislazione (sentenza 23
ottobre 1997, National & Provincial Building Society e Yorkshire
Building Society contro Regno Unito, paragrafo 112), o avevano
cercato di ottenere vantaggi da una lacuna della legislazione
medesima, cui l'ingerenza del legislatore mirava a porre rimedio
(sentenza del 27 maggio 2004, OGIS-Institut Stanislas, OGEC Saint-Pie
X, Blanche de Castille e altri contro Francia, paragrafo 69)"
(sentenza n. 145 del 2022)», o, ancora, quando «l'intervento
legislativo retroattivo mirava a risolvere una serie piu' ampia di
conflitti conseguenti alla riunificazione tedesca, al fine di
"assicurare in modo duraturo la pace e la sicurezza giuridica in
Germania" (20 febbraio 2003, ForrerNiedenthal c. Germania, paragrafo
64)».
Piu' in generale, in tale opera di perimetrazione, al di fuori
della nozione di «imperative ragioni di interesse generale» sono i
soli motivi di carattere meramente finanziario, volti a contenere la
spesa pubblica, come chiarito tanto dalla Corte EDU (sentenza 29
marzo 2006, Scordino e altri contro Italia, paragrafo 132; sentenza
11 aprile 2006, Cabourdin contro Francia, paragrafo 37), quanto da
questa stessa Corte, la quale ha espressamente affermato che «[i]
soli motivi finanziari, volti a contenere la spesa pubblica o a
reperire risorse per far fronte a esigenze eccezionali, non bastano a
giustificare un intervento legislativo destinato a ripercuotersi sui
giudizi in corso (sentenze n. 174 e n. 108 del 2019, e n. 170 del
2013)» (sentenza n. 145 del 2022)".
Orbene, tutti i suddetti elementi sintomatici risultano
sussistere nel caso in esame, posto che:
1) Per le ragioni innanzi ampiamente esposte "errata e
artificiosa" deve ritenersi l'autoqualificazione della norma in essa
contenuta;
2) L 'Amministrazione pubblica, in persona dell'Ente impositore
nonche' attraverso il Concessionario chiamato ad esercitarne i poteri
di accertamento, era parte del processo promosso dinanzi alla Corte
di Cassazione a seguito del rinvio pregiudiziale di cui si e' detto,
ed e' tuttora parte dei numerosissimi procedimenti radicati dinanzi
alla Giurisdizione tributaria nei quali e' coinvolta la
Concessionaria Napoli Obiettivo Valore, compreso il procedimento in
esame in questa sede;
3) L'intervento normativo in questione si colloca a distanza di
oltre 27 anni dall'entrata in vigore delle norme oggetto di asserita
interpretazione autentica;
4) L'interpretazione delle norme fornita dal legislatore appare
attribuire ad esse un significato che non poteva assolutamente
evincersi dal loro tenore letterale, come ampiamente gia' innanzi
motivato in tema di rilevanza della questione di costituzionalita' in
esame;
5) La disposizione sopravvenuta risulta funzionale a superare
un orientamento giurisprudenziale consolidato (v. Cass. sent. n.
35338/2022 in tema di RTI costituito tra Equitalia, Municipia e
Ottogas), tra l'altro condiviso dal Ministero delle Finanze (v. ris.
Min. n. 4/DF del 13 aprile 2021) e dall'ANAC (v, parere 149/2022),
secondo il quale l'iscrizione all'Albo e' stato sempre ritenuto
indispensabile ai fini della legittimazione del Concessionario;
inoltre per la tempistica delle vicende innanzi riassunte, in quanto
oggetto di un emendamento frettolosamente inserito in quel gran
contenitore costituito dal c.d. Decreto mille proroghe come da
consuetudine approvato dal Governo a fine anno (con le perplessita'
delle quali innanzi piu' diffusamente si dira' in ordine
all'osservanza dei limiti di cui all'art. 77, comma 2 della
Costituzione, che sembrano imporre necessariamente la sussistenza di
un «nesso di interrelazione funzionale» tra la legge di conversione e
il decreto-legge sottostante: v. Corte costituzionale. sent. n.
245/2022), nell'intervallo di tempo intercorso tra la discussione del
ricorso presso la Corte di Cassazione (22 gennaio 2025) per la
definizione della questione pregiudiziale posta dalla Corte di
Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli, e la decisione della
stessa Corte (intervenuta il 13 marzo 2025 con la sentenza poi
depositata il successivo 20 marzo), si presta ad essere interpretato
come ispirato esclusivamente dall'esigenza di tutelare i crediti
dell'Amministrazione Pubblica nei confronti dei contribuenti e in
danno di questi ultimi. La qual cosa sembra trovare ulteriore
conferma ed implicita ammissione proprio nella clausola finale del
cit. art. 14-septies, laddove il legislatore, dopo aver fornito la
sua interpretazione della normativa preesistente, si e' spinto a
sancire espressamente la «legittimita'» degli atti di accertamento e
di riscossione emessi dalle societa' di progetto o di scopo anche
prima dell'approvazione della nuova norma, in tal modo manifestando
il chiaro ed univoco intento di influenzare l'esito dei giudizi in
corso.
Ne' infine l'intervento normativo attuato puo' ritenersi nel caso
in esame giustificato dall'esigenza di tutelare principi, diritti e
beni costituzionali, posto che «come ha chiarito la Corte EDU, solo
imperative ragioni di interesse generale possono consentire
un'interferenza del legislatore su giudizi in corso; i principi dello
stato di diritto e del giusto processo impongono che tali ragioni
"siano trattate con il massimo grado di circospezione possibile"
(sentenza 14 febbraio 2012, Arras contro Italia, paragrafo 48)"
(cosi' Corte costituzionale sent. n. 4/2024 cit.); dovendosi
escludere, come ancora una volta chiarito dalla CEDU che le
considerazioni finanziarie possano, da sole "autorizzare il potere
legislativo a sostituirsi al giudice nella definizione delle
controversie» (CEDU, sentenza 29 marzo 2006, Scordino e altri contro
Italia, paragrafo 132; sentenza 11 aprile 2006, Cabourdin c. Francia,
paragrafo 37)"; In tal senso, come nella stessa sentenza n. 4/2024
ribadito, consolidata risultando anche la giurisprudenza della Corte
costituzionale, avendo essa affermato che "in linea di principio «i
soli motivi finanziari, volti a contenere la spesa pubblica o a
reperire risorse per far fronte a esigenze eccezionali, non bastano a
giustificare un intervento legislativo destinato a ripercuotersi sui
giudizi in corso» (sentenze nn. 174 e 108 del 2019, n. 170/2013)»
(sentenza n. 145 del 2022)." (cosi' ancora sent, 4/2024 cit.)
A tutto quanto sin qui osservato deve aggiungersi il rilievo,
nella prospettiva di incostituzionalita' innanzi evidenziata,
dell'evidente contrasto della norma in esame anche con il disposto
dell'art. 117, comma 2, Costituzione per quanto relativo alla
costituzionalizzazione del principio di tutela della concorrenza,
anche in quanto espressione del principio di parita' di trattamento
insito nell'art. 3 della stessa Costituzione, oltre che per i
riflessi sulla liberta' di iniziativa economica di cui all'art. 41
Costituzione.
A questo proposito deve invero preliminarmente rilevarsi come
l'analisi della giurisprudenza costituzionale nel decennio 2001-2011
offra elementi per affermare che la norma di cui all'art. 117, comma
2, lett. e) Costituzione introdotta con la riforma del Titolo V della
Carta Costituzionale, e' stata prevalentemente utilizzata, com'era
naturale, per dirimere conflitti di competenze tra Stato e Regioni;
ma in sempre piu' frequenti occasioni ha dato spunto alla Corte per
riconoscere in essa l'affermazione di un principio sostanziale di
libera concorrenza, da ritenersi a questo punto costituzionalmente
tutelato: cosi' che in definitiva essa non configura soltanto una
c.d. «norma di competenza», bensi' una norma «di principio» a tutti
gli effetti.
In tal senso di recente la stessa Corte costituzionale con la
sentenza n. 4/2022 ha affermato che:
«Questa Corte e' costante nell'affermare che la nozione di
«concorrenza» di cui al secondo comma, lettera e), dell'art. 117
Costituzione «non puo' non riflettere quella operante in ambito
europeo (sentenze n. 83 del 2018, n. 291 e n. 200 del 2012, n. 45 del
2010). Essa comprende, pertanto, sia le misure legislative di tutela
in senso proprio, intese a contrastare gli atti e i comportamenti
delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale
dei mercati, sia le misure legislative di promozione, volte a
eliminare limiti e vincoli alla libera esplicazione della capacita'
imprenditoriale e della competizione tra imprese (concorrenza "nel
mercato"), ovvero a prefigurare procedure concorsuali di garanzia che
assicurino la piu' ampia apertura del mercato a tutti gli operatori
economici (concorrenza "per il mercato"). In questa seconda
accezione, attraverso la "tutela della concorrenza", vengono
perseguite finalita' di ampliamento dell'area di libera scelta dei
cittadini e delle imprese, queste ultime anche quali fruitrici, a
loro volta, di beni e di servizi (sentenze n. 299 del 2012 e n. 401
del 2007)» (sentenza n. 137 del 2018).
Sulla scorta di tale nozione di tutela della concorrenza «per il
mercato», questa Corte ha altresi' affermato che «la disciplina delle
procedure di gara, la regolamentazione della qualificazione e
selezione dei concorrenti, delle procedure di affidamento e dei
criteri di aggiudicazione [...] mirano a garantire che le medesime si
svolgano nel rispetto delle regole concorrenziali e dei principi
comunitari della libera circolazione delle merci, della libera
prestazione dei servizi, della liberta' di stabilimento, nonche' dei
principi costituzionali di trasparenza e parita' di trattamento
(sentenze n. 431, n. 401 del 2007, n. 411 del 2008)», sicche' tali
discipline, in quanto «volte a consentire la piena apertura del
mercato nel settore degli appalti, sono riconducibili all'ambito
della tutela della concorrenza, di esclusiva competenza del
legislatore statale (sentenze n. 401 del 2007, n. 345 del 2004)»
(sentenza n. 186 del 2010; nello stesso senso, sentenze n. 2 del
2014, n. 259 del 2013 e n. 339 del 2011), costituendo esse uno
strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza in
modo uniforme sull'intero territorio nazionale (sentenze n. 39 del
2020, n. 28 del 2014, n. 339 del 2011, n. 1 del 2008 e n. 401 del
2007).».
Orbene, valorizzando quanto in ordine al principio di tutela
della concorrenza affermato dalla Corte costituzionale, peraltro con
specifico riferimento alle procedure di gara per l'aggiudicazione di
concessioni per la gestione di servizi pubblici, emerge con palese
evidenza il contrasto dell'art. 3, comma 14-septies, legge n. 15/2025
anche con il suddetto principio, in considerazione del «doppio
regime» che esso prevede per la partecipazione alla gara, per i
soggetti «partecipati» da societa' iscritte all'Albo, e societa' non
partecipate.
Ed invero l'art. 52, decreto legislativo n. 446/1997 come gia'
innanzi evidenziato prevede che l'attivita' di accertamento e di
riscossione delle entrate degli enti locali possa essere affidata
dagli Enti a terzi nel rispetto della normativa europea, mentre il
successivo art. 53 disciplina l'Albo dei soggetti abilitati allo
svolgimento di quelle attivita', prevedendone la tenuta presso il
Ministero delle finanze e disponendo che allo stesso Ministro delle
finanze compete definire con proprio decreto «le condizioni e i
requisiti per l'iscrizione nell'albo, al fine di assicurare il
possesso di adeguati requisiti tecnici e finanziari, la sussistenza
di sufficienti requisiti morali e l'assenza di cause di
incompatibilita' da parte degli iscritti..».
In attuazione delle indicate disposizioni attualmente le
condizioni e i requisiti di cui innanzi risultano disciplinati con
D.M. 13 aprile 2022, n. 101 che prevede all'art. 10 che:
«L'iscrizione nell'albo e' subordinata al riconoscimento da
parte della Commissione nei confronti degli organi societari e dei
soci delle societa' dei prescritti requisiti di onorabilita' e
professionalita' e dell'assenza di cause di incompatibilita' di cui
agli articoli 8 e 9, nonche', nei confronti delle societa',
dell'idoneita' finanziaria, tecnica e organizzativa alla gestione
delle attivita' di liquidazione e di accertamento dei tributi e di
quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate degli enti
locali di cui agli articoli 6 e 7. L'iscrizione e' altresi'
subordinata alla verifica della sussistenza delle dichiarazioni di
cui all'articolo 5.».
Con l'art. 3, comma 14-septies cit. il legislatore, disponendo
che: «le societa' di scopo, di cui all'articolo 194 del codice dei
contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo 2023, n.
36, o di progetto, di cui al previgente articolo 184 del codice dei
contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n.
50, costituite per svolgere attivita' di accertamento e di
riscossione o attivita' di supporto ad esse propedeutiche, non sono
iscritte nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n.
446 del 1997, laddove la societa' aggiudicataria del bando di gara
per l'affidamento del servizio di accertamento e di riscossione delle
entrate degli enti locali, socia della stessa societa' di scopo,
risulti gia' iscritta nel predetto albo» ha consentito, con norma
innovativa retroattiva (per le ragioni innanzi esposte), e in
violazione quindi anche del principio di affidamento, che le societa'
di progetto partecipate da altra societa' precedentemente iscritta
all'Albo, possano risultare aggiudicatarie della gara per
l'affidamento del servizio pubblico prescindendo dalla loro diretta e
personale iscrizione all'Albo e dal possesso dei requisiti
finanziari, tecnici e di onorabilita' e professionalita' di cui agli
artt. 6,7,8 del D.M. citato, mentre a quelle non partecipate sara'
preclusa la partecipazione alla gara se non autonomamente iscritte
all'Albo. Con il risultato peraltro niente affatto irrilevante e
assolutamente irrazionale, che con questo sistema, mentre le societa'
gia' iscritte all'Albo potranno continuare a giovarsi di quel
requisito soggettivo per partecipare ed aggiudicarsi altre gare,
salvo poi trasferire gli effetti dell'aggiudicazione ad altra
societa' di progetto, da esse partecipata e appositamente costituita
per l'effettivo svolgimento dell'attivita' oggetto della concessione,
viceversa questa possibilita' restera' definitivamente preclusa alle
societa' prive di quel requisito soggettivo, con inevitabili
conseguenze negative sul libero mercato e evidente alterazione del
principio di parita' e di libera concorrenza.
2/b. Sotto altro e diverso profilo risulta tutt'altro che
manifestamente infondata la tesi secondo la quale, come eccepito dal
ricorrente, la norma in esame appare integrare una c.d.
legge-provvedimento giacche' con essa il legislatore, laddove dispone
che: «Gli atti di accertamento e di riscossione emessi dalle societa'
di scopo di cui al precedente periodo sono da considerare legittimi
in quanto emessi in luogo dell'aggiudicatario, comunque tenuto a
garantire in solido l'adempimento di tutte le prestazioni erogate
direttamente dalle predette societa'», non si e' limitato a formulare
una interpretazione della pregressa normativa in tema di societa' di
progetto o di scopo, ma ha altresi' dettato una disposizione finale,
non avente natura generale ed astratta bensi' di carattere concreto,
con cui, in surroga del potere giurisdizionale, ha sostanzialmente
convalidato gli atti di accertamento emessi dalla societa' in
questione «in luogo» dell'aggiudicataria Municipia S.p.a. in tal modo
interferendo nella risoluzione, oltre che del giudizio pendente
dinanzi alla Corte di Cassazione del quale si e' innanzi ampiamente
detto, altresi' di centinaia di giudizi pendenti dinanzi alla
Giurisdizione Tributaria, compreso quello in esame.
Orbene in ordine alla legittimita' delle leggi provvedimento non
vi e' dubbio che la giurisprudenza della Corte costituzionale,
partendo dal principio che nel nostro ordinamento non e' stata
codificata la cd. riserva di amministrazione, ne riconosce la
ammissibilita', ma solo entro i limiti circoscritti specifici, tra i
quali va ricompreso «il rispetto del limite generale di
ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate
disparita' di trattamento..; la tutela dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti..; e il rispetto delle funzioni
costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (cosi' Corte
costituzionale sent. 311/1995).
La violazione degli indicati limiti implica inevitabilmente il
contrasto con l'art. 3 della Costituzione.
Ma quel che in questa sede preme maggiormente evidenziare e' che
quando si fa a questo proposito riferimento al limite della «funzione
giurisdizionale», e' evidente il richiamo ai valori
costituzionalizzati all'art. 101 e ss. Costituzione che devolvono
alla Magistratura il compito dell'Amministrazione della Giustizia, ed
in virtu' di tale limite deve ritenersi illegittima non solo la legge
provvedimento il cui contenuto violi o eluda un giudicato, ma anche
quella che interviene recependo o convalidando un atto amministrativo
sub iudice, qualora questa scelta non sia giustificata da ragioni di
ordine superiore. In tal senso chiaro ed inequivocabile e'
l'insegnamento che si trae gia' dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 155/1990, ed ancor piu' quanto dalla stessa Corte
costituzionale ribadito con la sentenza n. 311/1995 in precedenza
richiamata.
E questo e' quanto inequivocabilmente verificatosi nel caso di
specie avuto riguardo al contenzioso assai vasto e diffuso
notoriamente generatosi in relazione all'attivita' svolta dalla
societa' Napoli Obiettivo Valore (come rilevato anche dal Primo
Presidente della Corte di Cassazione nel decreto del 23 luglio 2024
con il quale ha dichiarato ammissibile il ricorso in via
pregiudiziale ex art. 363-bis del codice di procedura civile), del
quale anche il presente procedimento e' espressione, nonche'
considerato anche quanto verificatosi con la stessa sentenza n.
7945/2025 della Corte di Cassazione, pronunciata a seguito di
riconvocazione del Collegio in data 13 marzo 2025 (dopo
l'approvazione della nuova norma.) successivamente alla camera di
consiglio tenutasi in coda all'udienza di discussione il 22 gennaio
2025, tanto piu' se si tien conto delle conclusioni alla suddetta
udienza rassegnate dal P.G. e delle evidenti ragioni che hanno
determinato la necessita' della riconvocazione del Collegio. E non
sara' un caso se, per quanto a conoscenza di questo Giudice, le
leggi-provvedimento approvate in passato dal nostro Parlamento non
sono mai giunte sino al punto di incidere su di un numero determinato
di persone, con una disposizione dal contenuto cosi' marcatamente di
tipo giustiziale (si vedano in proposito gli esempi riportati nella
memoria difensiva del ricorrente, richiamandosi tutti casi di
leggi-provvedimento ritenute ammissibili in materia di atti
urbanistici generali o di atti di esproprio: Piano urbanistico
Territoriale - Corte costituzionale 529/1995; piano faunistico Corte
costituzionale 248/1995).
Onde, anche per le esposte considerazioni, il contrasto della
norma in esame con gli artt. 3, 101/102, 111 Costituzionale.
2/c Sotto un ultimo non meno grave profilo palese risulta infine,
a giudizio di questo giudicante, l'incostituzionalita' della norma in
questione, con riferimento al parametro di cui all'artt. 77 della
Costituzione, atteso che il decreto-legge n. 202/2024 contenente
disposizioni urgenti in materia di termini normativi ha subito in
sede di conversione, proprio con l'introduzione all'art. 3 del comma
14-septies, un intervento modificativo assolutamente disomogeneo
rispetto al resto della disciplina contenuta nel decreto-legge.
Come piu' volte affermato nella giurisprudenza della Corte
costituzionale, tra l'altro con la sentenza n. 245/2022: «... la
legge di conversione deve avere un contenuto omogeneo a quello del
decreto-legge, poiche' l'art. 77, secondo comma, Costituzione
stabilisce un nesso di interrelazione funzionale tra il
decreto-legge, che e' adottato dal Governo in casi straordinari di
necessita' e urgenza, e la legge di conversione, che e'
caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare rispetto
a quello ordinario (sentenza n. 22 del 2012). Poiche' la legge di
conversione riveste i caratteri di una fonte "funzionalizzata e
specializzata" o "a competenza tipica" (ex plurimis, sentenza n. 32
del 2014), il decreto-legge e' quindi a emendabilita' limitata,
essendone consentita la modifica, in sede di conversione, soltanto
attraverso disposizioni che siano ricollegabili, dal punto di vista
materiale o da quello finalistico (ex plurimis, sentenza n. 8 del
2022), a quelle in esso originariamente contemplate. La legge di
conversione, in altre parole, non puo' aprirsi a qualsiasi contenuto
ulteriore, «essenzialmente per evitare che il relativo iter
procedimentale semplificato, previsto dai regolamenti parlamentari,
possa essere sfruttato per scopi estranei a quelli che giustificano
il decreto-legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto
parlamentare» (sentenza n. 226 del 2019). 2.1.- Tale conclusione e'
stata confermata anche in riferimento a provvedimenti governativi ab
origine a contenuto plurimo, precisandosi che ogni ulteriore
disposizione introdotta in sede di conversione deve essere collegata
a uno dei contenuti gia' disciplinati dal decreto-legge, ovvero alla
sua ratio dominante (ex plurimis, sentenza n. 32 del 2014). 2.2.- La
giurisprudenza di questa Corte ha altresi' precisato che la
violazione dell'art. 77, secondo comma, Costituzione si verifica solo
quando le disposizioni aggiunte in sede di conversione siano
totalmente «estranee» o addirittura «intruse», cioe' tali da
interrompere ogni correlazione tra il decreto-legge e la legge di
conversione (sentenza n. 251 del 2014), rimarcando che solo la palese
estraneita' delle norme impugnate rispetto all'oggetto e alle
finalita' del decreto-legge (sentenza n. 22 del 2012), oppure la
«evidente o manifesta mancanza di ogni nesso di interrelazione tra le
disposizioni incorporate nella legge di conversione e quelle
dell'originario decreto-legge» (sentenza n. 154 del 2015), possono
inficiare di per se' la legittimita' costituzionale della norma
introdotta con la legge di conversione (sentenze n. 247 e n. 226 del
2019)».
E tali principi sono stati ulteriormente ribaditi dalla Corte
costituzionale anche piu' recentemente, con le sentenze n. 139 e 146
del 2024.
Orbene se si esamina il contenuto originario del decreto-legge n.
202/2024 si coglie con tutta evidenza che ne' (per la sua
genericita') il titolo del Decreto («Disposizioni urgenti in materia
di termini normativi») ne' l'articolato, che specificava in maniera
distinta in base alle competenze di ciascun Ministero, quali fossero
i termini da prorogare, presentava disposizione alcuna che potesse
ritenersi collegata al Regolamento di cui al D.M. 13 aprile 2022, n.
101, e tanto meno alle previsioni degli artt. 52 e 53 del decreto
legislativo n. 446/1997, l'uno e le altre incise invece
dall'emendamento successivamente approvato dal Parlamento, che ha
trovato espressione nell'art. 3 comma 14-septies, del tutto
innovativamente intervenuto pertanto ad arricchire il testo normativo
originario. Per la qual cosa non sembra potersi negare che il
contenuto dell'emendamento risulti totalmente estraneo al contenuto
dell'originario decreto-legge perche' «in nessun modo collegato a uno
dei contenuti gia' disciplinati dal decreto-legge», cosi' da
«interrompere ogni correlazione tra il decreto-legge e la legge di
conversione». Ed e' di particolare importanza rilevare che i principi
affermati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 245/2022,
sono stati enunciati proprio con riferimento a provvedimento
governativo «ab origine a contenuto plurimo», quale appunto deve
considerarsi il c.d. decreto milleproroghe, un provvedimento cioe'
che, come osservato dalla stessa Corte, integra «una tipologia di
decreto-legge connotata dalla ratio unitaria di intervenire con
urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso per
interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal Parlamento..», cosi'
che corretto sembra dedurne che non e' certamente sufficiente la mera
esigenza di proroga di ulteriori termini rispetto a quelli
originariamente contemplati nel decreto-legge a giustificare
l'estensione del contenuto di esso con nuove disposizioni introdotte
in sede di conversione.
Tanto doverosamente osservato deve concludersi doversi ritenere
tutt'altro che manifestamente infondata l'opinione secondo la quale,
applicandosi al caso di specie i principi di cui innanzi, ne discende
ineluttabilmente l'incostituzionalita' della legge di conversione per
violazione dell'art. 77 Costituzione. La qual cosa peraltro sara'
tanto piu' vera ed evidente se si condividera' la tesi del contenuto
«innovativo», e non meramente interpretativo, della nuova norma,
cosi' come innanzi sostenuta, che consente di configurare
l'emendamento in questione come rivolto non solo alla mera proroga di
un termine, ma a modificare in maniera sostanziale il regime delle
gare di aggiudicazione degli appalti pubblici, e quello di gestione
degli Albi dei soggetti legittimati a parteciparvi.
3. Alla stregua delle considerazioni tutte che precedono ne
consegue conclusivamente che rilevante per la definizione del
procedimento in esame, e non manifestamente infondata deve ritenersi
la questione di costituzionalita' dell'art. 3, comma 14-septies,
decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202, convertito in legge 21
febbraio 2025, n. 15, con riferimento ai parametri costituiti dagli
artt. 3, 77, 101/102, 111 e 117 della Costituzione, anche con
riferimento alla previsione di cui all'art. 6 CEDU, cosi' che si
impone il rinvio della questione alla Corte costituzionale per la
delibazione di sua competenza, ai sensi degli artt. 134, Costituzione
e 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 con conseguente sospensione del
processo di merito.
P. Q. M.
La Corte in composizione monocratica, ritenuta rilevante e non
manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art.
3 c. 14-septies, decreto-legge 27 dicembre 2024, n. 202, convertito
con modificazioni nella legge 21 febbraio 2025, n. 15, con
riferimento ai parametri costituiti dagli artt. 3, 77, 101/102, 111 e
117, commi 1 e 2 della Costituzione, anche con riferimento all'art. 6
CEDU, nei termini di cui in motivazione, dispone la sospensione del
giudizio e ordina la trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale per la risoluzione della rilevata questione di
costituzionalita'.
Dispone che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei
ministri, e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del
Senato della Repubblica.
Il Giudice: Ferrara