Reg. ord. n. 191 del 2025 pubbl. su G.U. del 15/10/2025 n. 42

Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli  del 18/06/2025

Tra: Francesco Liccardo  C/ Municipia spa



Oggetto:

Tributi – Imposta municipale propria (IMU) – Società di scopo, di cui all'art. 194 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 36 del 2023, o di progetto, di cui al previgente art. 184 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016, costituite per svolgere attività di accertamento e di riscossione o attività di supporto ad esse propedeutiche - Previsione che le disposizioni di cui agli artt. 52, comma 5, lett. b), n. 1), e 53, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997 si interpretano nel senso che tali società non sono iscritte nell'albo di cui all'art. 53 del medesimo decreto legislativo, laddove la società aggiudicataria del bando di gara per l'affidamento del servizio di accertamento e di riscossione delle entrate degli enti locali, socia della stessa società di scopo, risulti già iscritta nel predetto albo – Previsione che gli atti di accertamento e di riscossione emessi dalle società di scopo sono da considerare legittimi in quanto emessi in luogo dell'aggiudicatario, comunque tenuto a garantire in solido l'adempimento di tutte le prestazioni erogate direttamente dalle predette società – Denunciata erronea attribuzione alla nuova norma di un valore interpretativo, a fronte di un contenuto innovativo-retroattivo, con conseguente violazione dei limiti costituzionali posti all’emanazione di norme di legge retroattive – Incidenza su un giudizio ancora in corso, in assenza di imperative ragioni di interesse generale – Disposizione sopravvenuta che risulta funzionale a superare un orientamento giurisprudenziale consolidato a mente del quale l’iscrizione all’Albo è stato sempre ritenuto indispensabile per la legittimazione del concessionario – Violazione del principio di ragionevolezza – Previsione di un doppio regime per la partecipazione alla gara, per i soggetti partecipati da società iscritte all’Albo e società non partecipate – Possibilità per le società aggiudicatarie, partecipate da altre società precedentemente iscritte a tale Albo, di prescindere dalla relativa iscrizione e dai requisiti finanziari, tecnici, di onorabilità e professionalità previsti dalla normativa di riferimento - Alterazione del libero mercato - Lesione del principio di tutela della concorrenza, espressione del principio della parità di trattamento – Violazione della libertà di iniziativa economica privata – Norma integrante una legge-provvedimento che, in surroga del potere giurisdizionale, ha convalidato gli atti di accertamento emessi dalla società in questione, in luogo della aggiudicataria, interferendo nella risoluzione del giudizio pendente – Lesione della riserva delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario – Violazione degli obblighi internazionali sul diritto a un equo processo, come declinati dalla CEDU – Lesione del giusto processo - Violazione della tutela dell’affidamento – Intervento modificativo disomogeneo rispetto al resto della disciplina contenuta nel decreto-legge n. 202 del 2024, non essendo rivolto alla proroga di un termine, ma a modificare in modo sostanziale il regime delle gare di aggiudicazione di appalti pubblici e quello di gestione degli albi dei soggetti legittimati a parteciparvi – Assenza di correlazione tra decreto-legge e legge di conversione. 

Norme impugnate:

decreto-legge  del 27/12/2024  Num. 202  Art. 3  Co. 14

legge  del 21/02/2025  Num. 15



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 41   Co.  

Costituzione  Art. 77   Co.  

Costituzione  Art. 101   Co.  

Costituzione  Art. 102   Co.  

Costituzione  Art. 111   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  

decreto legislativo  Art. 52   Co.  

decreto legislativo  Art. 53   Co.  

decreto del Ministro dell'economia e delle finanze  Art.  Co.  

decreto del Ministro dell'economia e delle finanze  Art. 10   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 191 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 2025

Ordinanza del 18 giugno 2025 della Corte di giustizia  tributaria  di
primo grado di Napoli sul  ricorso  proposto  da  Francesco  Liccardo
contro Municipia spa. 
 
Tributi - Imposta municipale propria (IMU) - Societa'  di  scopo,  di
  cui all'art. 194 del codice  dei  contratti  pubblici,  di  cui  al
  d.lgs. n. 36 del 2023, o di progetto, di cui al previgente art. 184
  del codice dei contratti pubblici, di cui al d.lgs. n. 50 del 2016,
  costituite per svolgere attivita' di accertamento e di  riscossione
  o attivita' di supporto ad esse propedeutiche - Previsione  che  le
  disposizioni di cui agli artt. 52, comma 5, lettera b), numero  1),
  e 53, comma 1, del d.lgs. n. 446 del 1997 si interpretano nel senso
  che tali societa' non sono iscritte nell'albo di  cui  all'art.  53
  del   medesimo   decreto   legislativo,   laddove    la    societa'
  aggiudicataria del bando di gara per l'affidamento del servizio  di
  accertamento e di riscossione  delle  entrate  degli  enti  locali,
  socia della stessa societa' di scopo,  risulti  gia'  iscritta  nel
  predetto albo - Previsione  che  gli  atti  di  accertamento  e  di
  riscossione emessi dalle societa'  di  scopo  sono  da  considerare
  legittimi in quanto emessi in luogo  dell'aggiudicatario,  comunque
  tenuto a garantire in solido l'adempimento di tutte le  prestazioni
  erogate direttamente dalle predette societa'. 
- Decreto-legge 27 dicembre 2024, n.  202  (Disposizioni  urgenti  in
  materia di termini normativi), convertito, con modificazioni, nella
  legge 21 febbraio 2025, n. 15, art. 3, comma 14-septies. 


(GU n. 42 del 15-10-2025)

 
                    CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA 
                      DI PRIMO GRADO DI NAPOLI 
 
 
                             Sezione 29 
 
    Riunita in udienza il 9 giugno 2025 alle ore 9:00 in composizione
monocratica: Ferrara Ettore, giudice monocratico  in  data  9  giugno
2025 ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso  n.  23074/2024
depositato il 27 novembre  2024  proposto  da  Francesco  Liccardo  -
LCCFNC69M20F839B difeso da Fabrizio  Rimetti  -  RMTFRZ71E26F839I  ed
elettivamente domiciliato  presso  avv.fabriziorimetti@pec.it  contro
Municipia Spa - 01973900838 difeso da Fabio Russo -  RSSFBA73D22B963I
ed elettivamente domiciliato presso ferconsulting@pec.it 
    Avente ad oggetto l'impugnazione di: 
      avviso di accertamento n. 516241741 IMU 2019; 
      avviso di accertamento n. 516242592 IMU 2020; 
      avviso di accertamento n. 516241319 IMU 2021; 
      avviso di accertamento n. 516243128 IMU 2022; 
a seguito di discussione in pubblica udienza e visto  il  dispositivo
n. 10561/2025 depositato il 12 giugno 2025. 
 
                     Elementi in fatto e diritto 
 
    Premesso che con ricorso alla Corte di  Giustizia  Tributaria  di
Primo Grado di Napoli Francesco Liccardo ha tempestivamente impugnato
nei  confronti   di   Napoli   Obiettivo   Valore   S.r.l.   societa'
concessionaria per l'accertamento e la  riscossione  dei  tributi  di
competenza del Comune  di  Napoli,  quattro  avvisi  di  accertamento
notificatigli    per    l'omesso/parziale    versamento     dell'Imu,
rispettivamente per gli anni 2019, 2020,  2021  e  2022.  A  sostegno
dell'impugnazione ha dedotto il ricorrente: 1) la nullita' degli atti
impositivi emessi dalla Concessionaria, per violazione della  vigente
disciplina in tema  di  pubbliche  concessioni,  con  riferimento  al
contratto di concessione per le entrate comunali intervenuto in  data
5 giugno 2023 tra il Comune di  Napoli  e  la  societa'  di  Progetto
Napoli Obiettivo Valore, a seguito di aggiudicazione della  gara  per
la scelta della Concessionaria preventivamente disposta dal Comune in
favore della societa' Municipia S.p.a. e successiva  costituzione  in
data 17 aprile 2023 da parte dell'aggiudicataria, ai sensi  dell'art.
184 del codice dei contratto pubblici, di una  societa'  di  Progetto
denominata Napoli Obiettivo Valore  S.r.l.  per  lo  svolgimento  del
servizio. In proposito ha in particolare eccepito  il  ricorrente  la
carenza di legittimazione all'esercizio del potere di accertamento da
parte della Napoli Obiettivo Valore S.r.l. in quanto  societa'  priva
dei requisiti soggettivi, finanziari ed  organizzativi  previsti  dal
D.M.  289/2000  per  essere  qualificata  agente  della  riscossione,
nonche' priva della relativa abilitazione ministeriale, senza  che  i
requisiti  carenti  potessero  ritenersi  mutuabili  dalla   societa'
aggiudicataria (Municipia S.p.a.)  a  cio'  costituendo  ostacolo  il
disposto dell'art. 184, comma 3 citato, il quale prevede che in  caso
di costituzione da  parte  dell'aggiudicataria  della  gara,  di  una
societa' di Progetto per  la  gestione  del  servizio  appaltato,  il
subingresso e la sostituzione  avvenga  a  titolo  originario,  senza
alcun fenomeno di cessione del contratto, mentre gia'  il  precedente
comma 2  dispone  che  i  lavori  e  le  attivita'  devono  ritenersi
realizzati e prestati in  proprio  dalla  societa'  di  Progetto.  2)
l'inesistenza della notifica degli atti  impugnati,  realizzatasi  in
data 24 agosto 2024 a seguito di ritiro di essi dal luogo  ove  erano
stati  depositati,  in  quanto  avvenuta  tramite  operatore  postale
privato Integraa del tutto carente della licenza  speciale  richiesta
dalla  legge.  Ha   concluso   pertanto   il   ricorrente   chiedendo
l'annullamento dell'atto impugnato, con vittoria di spese. 
    Che nel giudizio cosi'  introdotto  si  e'  costituita  Municipia
S.p.a.  depositando   copie   degli   avvisi   di   accertamento   in
contestazione recanti, diversamente da quanto risultante dalle  copie
degli  atti  depositati  dalla   ricorrente,   in   alto   a   destra
l'indicazione quale Ente emittente di Municipia S.p.a. (in aggiunta a
quella risultante in alto  a  sinistra  di  Napoli  Obiettivo  Valore
S.r.l.) e soprattutto a pag. 1 l'indicazione nell'ultimo  rigo  della
motivazione della premessa, del fatto che «Con contratto  di  servizi
del 7 agosto 2024 le attivita'  di  accertamento  e  riscossione  dei
tributi locali  oggetto  del  contratto  di  concessione  sono  stati
affidati  alla  societa'  Municipia  S.p.a.  socio  unico  di  Napoli
Obiettivo Valore S.r.l. ai sensi dell'art. 184, comma 2  del  decreto
legislativo n. 50 del 18 aprile 2016». 
    Con la memoria di costituzione la  resistente  ha  contestato  la
fondatezza del ricorso, e  cosi'  in  particolare  dell'eccezione  di
controparte di  cui  al  primo  motivo  di  doglianza,  rilevando  in
proposito che: «I dubbi sollevati sulla mancanza di legittimazione da
parte della Napoli Obiettivo Valore (NOV) quale societa' di  progetto
(il cui socio unico e' Municipia S.p.a., assegnataria del servizio  e
regolarmente iscritta all'albo  allo  svolgimento  del  servizio  per
conto del Comune) per non essere a sua volta  iscritta  all'albo  dei
concessionari ex art. 53, decreto legislativo n. 446/1997 e che hanno
determinato il rinvio pregiudiziale alla Corte Suprema di  Cassazione
ex  art.  363-bis  del  codice  di  procedura  civile,   sono   stati
definitivamente  chiariti  dallo   stesso   legislatore   a   seguito
dell'emanazione della legge interpretativa del 21 febbraio  2025,  n.
15, entrata in vigore il 25 febbraio 2025 (GU Serie  Generale  n.  45
del 24 febbraio 2025) la quale, in sede di conversione in legge,  del
Decreto legge 27 dicembre  2024,  n.  202,  ha  introdotto  il  comma
14-septies, art. 3 recante disposizioni urgenti in materia di termini
normativi  (25G00024).  Tale   norma   ha   definito,   chiarendo   e
ristabilendo certezza con effetto ex tunc, la portata degli  articoli
52, comma 5, lettera b), numero  1),  e  53,  comma  1,  del  decreto
legislativo n. 446 del 1997 che prevedono, tra i criteri cui dovranno
uniformarsi i regolamenti, quello  dell'iscrizione  all'albo  di  cui
all'articolo 53, comma 1 nel caso in cui il servizio di  accertamento
e riscossione e' affidato a terzi senza far riferimento alle societa'
di progetto previste dall'art. 184, decreto legislativo  n.  50/2016.
Essa, intervenendo in una situazione di incertezza  interpretativa  e
di contrasto di orientamenti da parte della stessa  CGT  di  I  grado
rimettente,  si  e'  uniformata  alla   prassi   ed   ai   precedenti
orientamenti    maggioritari    giurisprudenziali     amministrativi,
riconoscendo espressamente la mancanza di tale obbligo  in  relazione
alle societa' di progetto  previste  dall'art.  184  del  codice  dei
contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016,  n.
50, che svolgono attivita' di accertamento  e  di  riscossione  o  di
supporto ad esse propedeutiche, laddove  la  societa'  aggiudicataria
del bando di gara per l'affidamento del servizio di accertamento e di
riscossione delle entrate  degli  enti  locali,  socia  della  stessa
societa' di scopo, risulti gia' iscritta nel predetto albo». 
    Per  effetto  della  norma  interpretativa  di  cui  innanzi,  ha
proseguito la resistente, la Suprema Corte di Cassazione,  dopo  aver
discusso e deciso la questione oggetto del  rinvio  pregiudiziale  di
cui  innanzi  all'udienza  del  22  gennaio  2025,   a   seguito   di
riconvocazione del Collegio per la camera di consiglio del  13  marzo
2025, ha poi emesso la sentenza n. 14335 dep. Il 20 marzo 2025 con la
quale ha dichiarato inammissibile il rinvio pregiudiziale operato  in
altro procedimento tributario dalla Corte di Giustizia Tributaria  di
Primo Grado di Napoli, avente ad oggetto proprio la  questione  della
legittimazione  di  Napoli  Obiettivo  Valore.   Nella   memoria   di
costituzione  ha  altresi'  nel  merito  ulteriormente   dedotto   la
resistente che la NOV e' societa' di  progetto  partecipata  al  100%
dalla Municipia S.p.a. (aggiudicataria del servizio  ai  sensi  degli
artt. 52 e 53, decreto  legislativo  n.  446/1997  e  art.  1,  commi
748-915, legge n. 162/2019), e che la normativa applicabile  al  caso
di specie, e cosi' in particolare l'art. 184 del decreto  legislativo
n. 50/2016  non  imporrebbe,  il  requisito  di  qualificazione  alla
societa'  di  progetto  costituita  unilateralmente  dalla   societa'
aggiudicataria,  in  quanto  societa'  interamente   partecipata   da
quest'ultima nei cui rapporti giuridici subentra per  adempiere  agli
obblighi ed alle funzioni pubbliche previste  senza  sostituirsi.  La
societa' aggiudicataria, socio  unico  della  societa'  di  progetto,
svolge attraverso la stessa le proprie funzioni, creando una  formula
non  dissimile  dalle  societa'  in   house   providing   interamente
partecipate dall'ente pubblico  territoriale  il  quale  sulla  prima
esercita il c.d. controllo analogo. Il  testo  unico  in  materia  di
societa' a partecipazione pubblica  definisce  il  controllo  analogo
(art. 2, c. 1) come «la situazione in cui l'amministrazione  esercita
su una societa' un controllo analogo a quello esercitato  sui  propri
servizi, esercitando un'influenza determinante  sia  sugli  obiettivi
strategici  che  sulle   decisioni   significative   della   societa'
controllata. Tale controllo  puo'  anche  essere  esercitato  da  una
persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo  stesso  modo
dall'amministrazione partecipante». Ed in  tal  senso  deporrebbe  la
giurisprudenza del C.d. S. (sent. sez. V, 18 aprile 2023  n.  3886  e
sentenza  n.  4469/2016,),   risultando   inoltre   l'interpretazione
dell'art. 184 cit. cosi'  come  innanzi  proposta,  confermata  dalla
stessa Corte di Giustizia Tributaria di Primo grado di Napoli con  le
sentenze n. 6325/2024 e 61112/2024 (rectius: 6112/204). 
    Che alle deduzioni della resistente ha  quindi  replicato  a  sua
volta il ricorrente  deducendo  la  non  conformita'  agli  originali
(emessi in data  14  maggio  2024  dalla  concessionaria  NOV,  e  in
giacenza postale per la notifica sin dal 26 luglio 2024) delle  copie
degli avvisi  di  accertamento  depositati  dalla  controparte,  come
desumibile dal  riferimento  in  esse  contenuto  ad  un  accordo  di
servizio intervenuto solo in data 7 agosto 2024, nonche' dalla  firma
in calce  del  legale  rappresentante  di  Municipia  S.p.a.  Achille
Moretti il quale alle date di emissione degli atti e delle successive
notifiche, non poteva averli sottoscritto come legale  rappresentante
di quella societa' posto che la procura speciale  gli  sarebbe  stata
rilasciata solo con atto in data 4 settembre 2024, onde  altresi'  la
contumacia nel giudizio di Napoli Obiettivo Valore. 
    Ha  in  ogni  caso  eccepito  il  contribuente   l'illegittimita'
costituzionale della legge n. 15/2025 per  violazione  dell'art.  101
Costituzione. Ad avviso  del  contribuente  infatti:  «La  legge  che
precede  non  ha  natura   di   interpretazione   autentica   ma   di
legge-provvedimento. Infatti il dispositivo convertito in  legge  non
si e'  limitato  a  formulare  la  interpretazione  delle  cosiddette
societa' di scopo come previste dal pregresso  codice  degli  appalti
pubblici del 2016 e in base alla riforma del 1° luglio  2023,  ma  ha
formulato una postilla finale,  di  carattere  concreto,  non  avente
natura generale ed astratta, con cui,  una  volta  per  tutte  ed  in
surroga del potere giurisdizionale, emana una  atto  di  accertamento
della  validita'  degli  atti  esattivi  emessi  dalle  societa'   in
questione "in luogo" degli aggiudicatari che, in ogni caso, sarebbero
tenuti a garantire in solido con il loro patrimonio.  Nella  sentenza
Cass. 7945/2025,  tenuto  conto  delle  conclusioni  del  Procuratore
Generale, del tutto conformi al provvedimento di rinvio da parte  del
giudice tributario di merito, appare evidente che senza  l'intervento
della  legge  n.  15/2025  il  ricorso  era   destinato   al   sicuro
accoglimento, tanto cio' e' vero che le parti convenute si erano gia'
cautelate, in tal senso, in anticipo, con l'accordo rimediale  del  7
agosto 2024. In ordine alle  leggi-provvedimento,  la  giurisprudenza
della Corte costituzionale, partendo dal principio che non  e'  stata
codificata  la  cd.  riserva  di  amministrazione,  ne  riconosce  la
ammissibilita', ma solo entro i  limiti  circoscritti  specifici  del
rispetto della funzione giurisdizionale quanto a giudicato e  giudizi
in corso, e dei limiti generali  che  attengono  ai  connotati  della
ragionevolezza   e   non   arbitrarieta'.   Nella    casistica,    le
leggi-provvedimento non sono mai giunte sino al punto di incidere  su
di un numero determinato di persone, con  una  disposizione  di  tipo
giustiziale. Si possono ricordare per i casi di leggi-  provvedimento
ritenute ammissibili, tutte in materia di atti urbanistici generali o
di  atti  di  esproprio  (Piano  urbanistico  Territoriale  -   Corte
Costituzionale      529/1995;      piano       faunistico       Corte
costituzionale 248/1995;  procedimento  di  esproprio  per   pubblica
utilita' di grandi opere infrastrutturali in  condizioni  di  urgenza
Corte  costituzionale).  Quanto   alle   leggi   interpretative,   la
giurisprudenza  della   Corte   costituzionale   si   attesta   sulla
applicazione dei  medesimi  principi  di  ammissibilita'.  Cosi',  la
decisione Corte costituzionale n. 155/1990 clamorosamente  richiamata
dalla controparte ha statuito che detta legge non puo' essere diretta
intenzionalmente ad incidere sui giudizi  in  corso.  Ancora  meglio,
Corte costituzionale 424/1993 ha chiarito che la legge interpretativa
e' tale quando il  sopravvenire  della  norma  interpretante  non  fa
venire meno la norma interpretata, ma l'una e l'altra si saldano  tra
loro dando luogo ad un precetto  normativo  unitario.  In  modo  piu'
approfondito Corte costituzionale 311/1995 ha statuito che  la  legge
di interpretazione autentica deve rispondere alla funzione che le  e'
propria: quella di chiarire il senso delle norme preesistenti, sia al
fine di eliminare incertezze  interpretative,  sia  di  rimediare  ad
interpretazioni giurisprudenziali divergenti con la linea di politica
del  diritto  perseguita  dal  legislatore.   Tra   i   principi   di
ragionevolezza, prosegue la decisione, oltre a quello consistente nel
divieto di introdurre  ingiustificate  disparita'  di  trattamento  e
della tutela dell'affidamento,  quale  connaturato  corollario  dello
Stato di Diritto, vi e' il rispetto delle funzioni costituzionalmente
riservate al potere giudiziario. Pure Corte  costituzionale  480/1992
chiarisce   che   la   scelta   ermeneutica   imposta   dalla   norma
interpretativa debba rientrare tra le possibili varianti di senso del
testo   interpretato,   cioe'   stabilisca   un    significato    che
ragionevolmente poteva essere ascritto  alla  legge  anteriore.  Cio'
premesso, non vi era alcuna via interpretativa dell'art.  184  codice
appalti  pubblici  in  base  al  quale  si  potesse   sostenere   che
l'aggiudicatario  dell'accertamento  e  della   riscossione   potesse
costituire una societa' di progetto non iscritta al relativo  albo  e
non munita  dei  requisiti  soggettivi  di  qualificazione,  da  fare
subentrare a titolo originario come aggiudicatario  e  concessionario
al posto suo. Cio' in quanto, il  primo  principio  di  certezza  nei
procedimenti di evidenza  pubblica  e'  che  il  soggetto  ammesso  a
partecipare perche' munito dei requisiti  e  che  poi  sia  risultato
vittorioso, deve provvedere all'adempimento, senza la possibilita' di
procedere  all'aggiramento  della  gara  e  dei  requisiti   mediante
operazioni  finanziarie  di  esternalizzazione  o   di   sostituzione
mediata. Ne' vi era divergenza  di  vedute  sotto  il  profilo  della
giurisprudenza come si puo' evincere dalla perfetta  concordanza  tra
la ordinanza di rimessione  alla  Suprema  Corte  ed  il  parere  del
Procuratore Generale. Per queste ragioni, la legge n. 15/2025,  nella
parte in cui stabilisce, una volta per tutte, la validita' degli atti
impositivi emana una regola di giudizio  nei  processi  pendenti,  al
posto dell'apprezzamento e del libero convincimento  dei  giudici  ex
art. 101 Costituzione, provocando, per definizione  la  sconfitta  di
ogni  lite  in  corso,  per  cui  tiene  luogo  di  una  sentenza  di
accertamento, la cui pronuncia e' invece riservata dalla Costituzione
all'Ordine Giudiziario. Per tutte le conseguenze  che  precedono,  la
legge n. 15/2025 e' intenzionalmente diretta ad  incidere  sorte  dei
giudizi in corso, circostanza questa  che  poteva  essere  certamente
esclusa solo nel caso di carenza della clausola giustiziale finale di
dichiarazione legislatoria di validita', in ogni caso, di  tutti  gli
atti impositivi». 
    Poiche' detta questione di legittimita' costituzionale  appare  a
giudizio della difesa del contribuente direttamente risolutoria della
lite, come gia' accaduto nel giudizio di rinvio in via  pregiudiziale
trattato dalla Corte di Cassazione, «sia che la legge n. 15/2025  sia
qualificata   come   legge-provvedimento   che    come    legge    di
interpretazione»  ha  chiesto  la   difesa   rimettere   alla   Corte
costituzionale  ogni  valutazione   in   ordine   alla   legittimita'
dell'indicata norma. 
    Che per la trattazione del ricorso e' stata fissata l'udienza del
giorno 9 giugno 2025 dinanzi alla Corte in composizione monocratica; 
 
                               Osserva 
 
    Dalla premessa degli avvisi di accertamento impugnati emerge  che
il Comune di Napoli con  determina  in  data  23  settembre  2022  ha
indetto   una   gara   per   l'affidamento   in   concessione   della
«Progettazione,  realizzazione  e  gestione  di  una   infrastruttura
tecnologica per l'ente e la cittadinanza e dei  servizi  di  gestione
delle entrate tributarie ed extratributarie del  Comune  di  Napoli»,
prevedendo tra l'altro l'affidamento in concessione  delle  attivita'
di accertamento IMU e Tari. Con successiva determina  del  Comune  in
data 20 marzo 2023 l'Ente ha disposto l'aggiudicazione della gara  in
favore della societa' privata Municipia S.p.a.  con  sede  legale  in
Trento (TN) alla via Adriano Olivetti n. 7. L'aggiudicataria,  a  sua
volta, in applicazione dell'art. 25, comma 1 del Disciplinare di gara
e  dell'art.  184  del  codice  degli  appalti  e  delle  concessioni
pubbliche (decreto legislativo n. 50/2016, ratione temporis  vigente,
in quanto successivamente abrogato a decorrere dal 1° luglio 2023  da
parte del nuovo codice di cui al decreto legislativo n. 36/2023),  ha
poi costituito in data 17 aprile 2023 una apposita societa'  (S.r.l.)
c.d. di progetto denominata  Napoli  Obiettivo  Valore,  della  quale
Municipia era socio unico con potere di controllo e di coordinamento,
la  quale  nelle  intenzioni   dell'aggiudicataria   avrebbe   dovuto
ritenersi subentrata a titolo  originario  nella  medesima  posizione
dell'aggiudicataria stessa, divenendo concessionaria del servizio. La
societa' di capitale subentrante ha infine stipulato con il Comune di
Napoli, nella qualita' di concessionario e per effetto delle  vicende
contrattuali di cui innanzi, contratto di concessione per le  entrate
comunali, in data 5 giugno 2023. 
    Impregiudicata ogni decisione  in  ordine  alle  conseguenze  dei
diversi contenuti delle copie degli atti impositivi depositati  dalle
parti costituite, resta il fatto che In esecuzione di quel  contratto
sono stati emessi i quattro  avvisi  di  accertamento  impugnati  dal
contribuente dei quali il ricorrente eccepisce  la  nullita'  perche'
posti in essere da soggetto carente  del  potere  di  accertamento  e
riscossione  in  quanto  non  munito  della  prescritta  abilitazione
ministeriale,  la   quale,   unitamente   ai   requisiti   soggettivi
presupposti, non sarebbe da ritenersi mutuabile dalla societa'  madre
in ragione del divieto risultante dal comma 3, dell'art. 184 il quale
prevede che  il  subingresso  e  la  sostituzione  avvenga  a  titolo
originario, senza alcun fenomeno di cessione del contratto. 
    Alla contestazione del contribuente ha  replicato  la  resistente
invocando a sostegno dell'infondatezza del ricorso innanzi  tutto  il
disposto dell'art. 3, comma 14-septies del decreto-legge n.  202/2024
introdotto con la legge di conversione n. 15/2025, secondo il  quale:
«Per l'anno 2025, il termine del 31 marzo, di  cui  all'articolo  12,
comma 1, lettera a), del regolamento di cui al decreto  del  Ministro
dell'economia e delle finanze 13 aprile 2022, n. 101, e' prorogato al
30 settembre  2025.  Al  fine  di  adeguare  la  disciplina  relativa
all'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo  15  dicembre
1997, n. 446, anche alla normativa dell'Unione  europea  direttamente
applicabile, si procede alla revisione  del  regolamento  di  cui  al
decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 13 aprile 2022, n.
101, con regolamento da emanare entro centottanta giorni  dalla  data
di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
A tal fine, le disposizioni di cui agli articoli 52, comma 5, lettera
b), numero 1), e 53, comma 1, del  decreto  legislativo  n.  446  del
1997,  conformemente   alla   disciplina   recata   dalla   normativa
dell'Unione europea direttamente  applicabile,  si  interpretano  nel
senso che le societa' di scopo, di cui all'articolo  194  del  codice
dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo  2023,
n. 36, o di progetto, di cui al previgente articolo  184  del  codice
dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016,
n. 50,  costituite  per  svolgere  attivita'  di  accertamento  e  di
riscossione o attivita' di supporto ad esse propedeutiche,  non  sono
iscritte nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo  n.
446 del 1997, laddove la societa' aggiudicataria del  bando  di  gara
per l'affidamento del servizio di accertamento e di riscossione delle
entrate degli enti locali, socia  della  stessa  societa'  di  scopo,
risulti gia' iscritta nel predetto albo. Gli atti di  accertamento  e
di riscossione emessi dalle societa' di scopo di  cui  al  precedente
periodo sono da considerare  legittimi  in  quanto  emessi  in  luogo
dell'aggiudicatario,  comunque   tenuto   a   garantire   in   solido
l'adempimento di tutte  le  prestazioni  erogate  direttamente  dalle
predette societa'». 
    Ha altresi' dedotto la resistente ragioni di merito che avrebbero
dovuto, a suo giudizio, indipendentemente dalla norma  interpretativa
sopravvenuta, indurre a ritenere non richiesta  per  le  societa'  di
progetto l'iscrizione all'Albo di cui all'art. 53, comma  1,  decreto
legislativo n.  446/1997  e  il  possesso  dei  requisiti  soggettivi
necessari ai fini di quella iscrizione. 
    Orbene   ritiene   il   Giudicante   che    la    questione    di
costituzionalita' della norma  sopravvenuta,  posta  dal  ricorrente,
debba ritenersi non manifestamente infondata e sicuramente  rilevante
ai fini  della  decisione,  dovendosi  conseguentemente  disporre  la
sospensione del presente procedimento e la rimessione dalla questione
alla Corte costituzionale. 
    1. Sotto il profilo della rilevanza osserva il Giudicante che per
le  ragioni  che  saranno  innanzi  piu'  diffusamente  esposte,   la
definizione   del   presente   giudizio   non    possa    prescindere
dall'applicazione della nuova norma. Ed infatti,  come  gia'  innanzi
riferito, la Corte di Giustizia Tributaria di Napoli ha  disposto  in
precedenza e in altro procedimento,  il  rinvio  pregiudiziale  degli
atti alla Corte di Cassazione, ai sensi dell'art. 363-bis del  codice
di procedura civile, per la risoluzione della seguente  questione  di
diritto: «Dica la Corte di  Cassazione  se,  in  materia  tributaria,
secondo la lettura costituzionalmente  orientata  dell'art.  184  del
decreto  legislativo  n.  50/2016   (codice   degli   appalti),   sia
validamente ed efficacemente costituita una  "societa'  di  progetto"
avente ad  oggetto  l'accertamento  e  la  riscossione  fiscale,  non
iscritta (perche' impossibilitata a  farlo)  sia  nell'albo  previsto
dall'art. 53, decreto legislativo n.  446/1997,  che  nella  relativa
sezione separata dell'art. 1, comma 805 della legge 27 dicembre 2019,
n. 160, sul presupposto che essa mutui dalla societa'  aggiudicataria
(iscritta  nell'albo  predetto  e  socia  unica  della  societa'   di
Progetto) i requisiti prescritti  dalla  legge.»  Al  riguardo,  come
riportato dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza conclusiva
del  procedimento  di  rinvio:  «Il  giudizio  dinanzi   al   giudice
remittente ha ad oggetto  il  ricorso  proposto  da  un  contribuente
avverso avviso di accertamento  per  Imu  2018  notificatogli  il  27
dicembre 2023 da Napoli Obiettivo Valore  S.r.l.  Avviso  di  cui  il
ricorrente  assume  la  nullita'  insanabile   perche'   quest'ultima
societa', com'e' pacifico in causa,  non  e'  soggetto  iscritto  ne'
nell'albo di cui all'art. 53, decreto legislativo 15  dicembre  1997,
n.  446  (soggetti  abilitati  alla  concessione  di   attivita'   di
accertamento e riscossione dei  tributi  locali)  ne'  nella  sezione
separata dell'albo  introdotta  dall'art.  1,  comma  805,  legge  27
dicembre 2019, n. 160 (soggetti che svolgono esclusivamente attivita'
di supporto a quelle di accertamento e riscossione). Mentre il Comune
di Napoli si  e'  costituito  per  eccepire  il  proprio  difetto  di
legittimazione passiva in ordine alle attivita'  in  oggetto,  Napoli
Obiettivo Valore S.r.l. ha chiesto il rigetto del ricorso  osservando
che: - essa e' concessionaria del Comune per contratto n. 86720 del 5
giugno 2023, in veste di "societa' di progetto" costituita,  ex  art.
184 decreto legislativo n. 50/2016 ed art. 25.1 Disciplinare di gara,
da Municipia S.p.a., quest'ultima debitamente  iscritta  all'albo  in
questione, suo socio unico nonche' aggiudicataria della gara  indetta
dal Comune di  Napoli  per  la  concessione  del  servizio  (delibera
dirigenziale 20 settembre 2022); - ai sensi  dell'art.  6,  comma  1,
lett. a), b), c) del  citato  contratto,  essa  aveva  specificamente
dichiarato  di  essere  stata  costituita  ex   art.   184,   decreto
legislativo  n.  50/2016,  di  avere  un  capitale   sociale   di   €
1.387.062,00 "interamente detenuto dall'aggiudicatario che risulta in
possesso  di  tutti  i  requisiti  di  partecipazione  ed  esecuzione
previsti dalla legge e dalla Documentazione  di  gara,  ivi  compresa
l'iscrizione all'Albo dei concessionari per  la  riscossione  di  cui
all'art. 53, comma 1, decreto legislativo  n.  446  del  15  dicembre
1997", e di provvedere alla "erogazione dei servizi di gestione delle
entrate di cui al successivo art. 23 in  virtu'  dell'iscrizione  del
proprio socio  unico  al  relativo  Albo  dei  Concessionari  per  la
riscossione di cui al  citato  decreto  legislativo  n.  446/1997  e,
pertanto, garantisce la propria legittimazione attiva a emettere  gli
atti adottati in esecuzione della presente Convenzione" Nel porre  il
quesito, la Corte di Giustizia Tributaria ha  dato  atto,  oltre  che
della  novita'  e  rilevanza  della  questione,   anche   della   sua
complessita'  interpretativa,  potendosi  individuare  in   proposito
almeno due opposti indirizzi  ricostruttivi  dell'art.  184,  decreto
legislativo n. 50/2016: - il primo,  secondo  cui  l'atto  impositivo
emesso da Napoli Obiettivo Valore S.r.l. sarebbe  valido  perche'  la
societa' di progetto beneficerebbe (subentrando automaticamente ed ex
lege nella  concessione  aggiudicata  al  socio  unico)  di  tutti  i
requisiti  posseduti  da  quest'ultimo,  compreso  quello  della  sua
iscrizione all'albo; - il  secondo,  secondo  cui  l'atto  impositivo
sarebbe  invece  invalido  perche'  emanato  in  carenza  di  potere,
dovendosi per varie ragioni escludere che  la  societa'  di  progetto
possa avvalersi dei requisiti propri della  societa'  aggiudicataria,
anche se suo  socio  unico  (capitale  sociale  della  concessionaria
inferiore a quello previsto ex art. 1, comma 807, legge n. 160/19  ed
ex art. 6, D.M. 101/22, e conseguente  minore  garanzia  patrimoniale
per  l'ente  concedente;  non  del   tutto   coincidente   sfera   di
responsabilita' della societa' aggiudicataria da un lato e di  quella
di progetto dall'altro; ratio legis volta ad attribuire rilevanza  ai
soli  requisiti  posseduti  direttamente,  non  indirettamente,   dai
concessionari; sottrazione della societa' di progetto, in quanto  non
iscritta,  ai  poteri  istruttori  e  di  vigilanza  del   MEF,   con
pregiudizio delle esigenze di trasparenza e legalita'  dell'attivita'
di accertamento e riscossione). 
    Tanto premesso, questo Giudice,  nel  condividere  pienamente  la
ricostruzione della problematica esposta dal  Giudice  remittente  in
quella sede, con riferimento al quadro  normativo  preesistente  alla
modifica di cui alla legge n.  15/2025,  ritiene  doversi  senz'altro
aderire alla seconda opzione interpretativa esposta da quel  Giudice,
nulla consentendo di attribuire  alla  norma,  nella  sua  originaria
formulazione, il contenuto «estensivo»  che  si  vorrebbe  trarre  da
essa, in favore delle societa' di Progetto, vertendosi oltre tutto in
tema di affidamento di  poteri  pubblici  di  particolare  rilevanza,
tanto  da  richiedere  speciali  garanzie  patrimoniali   in   favore
dell'Ente concedente, e penetranti poteri istruttori e  di  vigilanza
da parte del MEF che verrebbero elusi se si ammettesse il subingresso
della societa' di  Progetto  non  iscritta  all'Albo  previsto  dalla
legge, con evidente  pregiudizio  delle  esigenze  di  trasparenza  e
legalita' dell'attivita' di accertamento. 
    Ed  invero  in  nessuna  delle  norme  che  vengono  in   rilievo
nell'esame della controversia (v. art. 184,  decreto  legislativo  n.
50/2016; artt. 52 e 53, decreto  legislativo  n.  446/1997;  D.M.  13
aprile 2022, n. 101) si legge mai  che  l'iscrizione  all'Albo  e  il
possesso dei relativi requisiti soggettivi da  parte  della  societa'
aggiudicataria della gara indetta per l'affidamento della concessione
del servizio pubblico, possa poi riverberarsi sulla condizione  della
societa'  di  Progetto  all'uopo  costituita  dalla   aggiudicataria,
legittimandone l'attivita' svolta  in  esecuzione  della  concessione
stessa a prescindere dalla personale e diretta iscrizione all'Albo. 
    Ne' risulta prevista la persistenza della garanzia della societa'
aggiudicataria anche dopo la  costituzione  e  il  subingresso  della
societa'  di  Progetto,  o  altra  circostanza  dalla   quale   possa
legittimamente  dedursi  l'effetto  estensivo  della  norma   innanzi
evidenziato. 
    Inoltre neanche risulterebbe chiaro come il  MEF  avrebbe  potuto
esercitare i controlli di sua competenza sulla societa' di progetto o
di scopo  appositamente  costituita  dall'aggiudicataria  originaria,
qualora  si  volesse  ritenere  consentito  da  quella  normativa  il
subentro  della  nuova  societa'  all'altra,  senza  pretenderne   la
preliminare iscrizione all'Albo. 
    Viceversa  in  senso  decisamente  contrario  alla   tesi   della
resistente  sembra  deporre  l'art.  184  del  Codice  dei  contratti
pubblici laddove, nel disciplinare appunto l'ipotesi di  costituzione
da parte dell'aggiudicataria della gara, di una societa' di  Progetto
per la gestione del servizio oggetto della  concessione  aggiudicata,
al comma 2 espressamente prevede che «La  societa'  cosi'  costituita
diventa la concessionaria subentrando  nel  rapporto  di  concessione
all'aggiudicataria.», e al successivo comma 3 ulteriormente ribadisce
che «Per effetto del subentro di cui al comma 1, che non  costituisce
cessione  del  contratto,  la  societa'  di   progetto   diventa   la
concessionaria a titolo originario e sostituisce l'aggiudicataria  in
tutti i rapporti con  l'amministrazione  concedente».  Nel  prevedere
espressamente  per  la  societa'   di   progetto   la   qualita'   di
«concessionaria a titolo originario» del servizio  appaltato,  sembra
di tutta evidenza il chiaro intento  del  legislatore  di  pretendere
anche  dalla  societa'  di  progetto  il  possesso  dei  requisiti  e
l'iscrizione all'Albo previsto dalla legge, e non piuttosto implicita
la volonta' di consentire alla societa' di Progetto di avvalersi solo
di  riflesso  (per  c.d.  «mutuazione  a  specchio»)   di   requisiti
soggettivi di altra e diversa societa' che la  societa'  di  Progetto
abbia costituito, secondo, una tesi assolutamente originale e mai  in
precedenza proposta da alcuno. 
    Ne' in contrario senso puo' valere il richiamo  della  resistente
alla giurisprudenza del C.d.S. posto che  la  sentenza  n.  3886/2023
affronta il diverso caso  della  modifica  nella  costituzione  della
societa' aggiudicataria, ed e' con riferimento a quella  ipotesi  che
afferma «la naturale coincidenza soggettiva  tra  l'aggiudicatario  -
che ha prestato anche i requisiti di qualificazione -  e  il  socio»;
mentre solo  incidentalmente  affronta  il  tema  della  societa'  di
Progetto, a tal proposito fornendo argomento per  sostenere  l'esatto
contrario di quanto asserito dalla  difesa  della  resistente,  avuto
riguardo a quanto in quella sentenza si legge in ordine al fatto  che
il ricorso alla societa' di Progetto  «.non  puo'  tuttavia  divenire
strumento per superare o eludere i  presidi  posti  dalla  normativa,
anche europea, a  tutela  della  concorrenza  e  della  qualita'  dei
servizi pubblici (in tal senso cfr. Cons.  Stato,  III,  15  novembre
2017, n. 5294)». Cosi' che in definitiva quando  il  C.d.S.  in  essa
afferma che come «una volta che i soci abbiano costituito la societa'
di progetto, e questa sia  subentrata  nel  rapporto  di  concessione
all'aggiudicatario,  diventando  concessionaria  a  legittimo  titolo
derivato, qualsiasi altro soggetto terzo e' estraneo al  rapporto  di
concessione» (Cons. Stato, n.  5294  del  2017,  cit.,  che  prosegue
ponendo in risalto «la stretta delimitazione dei  soggetti  esecutori
all'area dei  soli  soci»,  come  desumibile  anche  dal  regime  del
sub-appalto ex art. 174, decreto legislativo n. 50  del  2016),  allo
stesso modo,  non  puo'  con  una  costituzione  «esternalizzante»  -
connotata, cioe', dalla  sottoscrizione  della  quasi  totalita'  del
capitale della societa' di progetto da parte di un soggetto  estraneo
- ammettersi nella  sostanza  la  rimodulazione  dell'affidamento  in
favore di soggetti (chiamati peraltro ad attivita' esecutive) diversi
dagli aggiudicatari che hanno prestato i requisiti di  qualificazione
(cfr., in tal senso, anche il parere dell'Anac prot. n. 25211 di  cui
all'adunanza del 26 marzo 2019, in atti)», sembra  a  questo  Giudice
non essersi affatto sostenuto  che  la  societa'  di  progetto  possa
beneficiare    dei    requisiti    di    qualificazione     posseduti
dall'aggiudicataria, bensi' l'esatto contrario, e cioe' la necessita'
che la c.d. costituzione esternalizzante non possa prescindere  dalla
presenza  nella  societa'  di  Progetto  dei   requisiti   soggettivi
richiesti dalla legge per l'iscrizione all'Albo. 
    Quanto poi alla sentenza  C.d.S.  n.  4469/2016  pure  richiamata
dalla difesa della resistente, il richiamo appare non  pertinente  in
quanto relativa a  vicenda  disciplinata  dal  vecchio  codice  degli
appalti, prima  della  riforma  di  cui  al  decreto  legislativo  n.
50/2016, con l'introduzione del relativo art. 184. 
    E del resto in senso  conforme  all'interpretazione  delle  norme
innanzi proposta significativamente ha concluso il P.G.  della  Corte
di Cassazione nel giudizio di rinvio pregiudiziale  ex  art.  363-bis
codice di procedura civile definito con la sentenza n.  7495  del  20
marzo  2025,  concludendo  la  sua  requisitoria  scritta   chiedendo
l'affermazione del seguente principio  di  diritto:  «il  modello  di
societa' di progetto configurato  dagli  artt.  183-184  del  decreto
legislativo n. 50/2016  non  consente  il  trasferimento  dei  poteri
pubblicistici di  accertamento  e  riscossione  dei  tributi  ad  una
societa' di progetto che non e' iscritta (ed  e'  impossibilita'  per
legge  ad  iscriversi)  nell'albo  di  cui   all'art.   53,   decreto
legislativo n. 446/1997, ne' nella relativa sezione separata  di  cui
all'art. 1, comma 805, legge n. 160/2019 e che abbia come socio unico
la societa' aggiudicataria  della  gara,  regolarmente  iscritta  nei
predetti albi». «Come rilevato dal giudice  remittente  -  scrive  il
pubblico ministero - Napoli Obiettivo Valore S.r.l.  ha  un  capitale
sociale di € 1.387.062,00 e,  quindi,  inferiore  alla  soglia  di  €
5.000.000,00 che, ai sensi  della  predetta  normativa,  deve  essere
versata  in  contanti  o  per  il  tramite  polizza  assicurativa   o
fideiussione bancaria, ai fini dell'iscrizione nell'albo».  Peraltro,
«appare evidente - afferma il pm - come sia  normativamente  previsto
uno  stretto  collegamento  economico  funzionale  tra  societa'   di
progetto e soci». Ossia,  tra  Nov  e  Municipia.  Tuttavia,  per  il
magistrato requirente cio'  «non  comporta»  alcuna  «confusione  tra
patrimoni ne' fa  sorgere  una  solidarieta'  passiva  per  tutte  le
obbligazioni assunte dalla societa' progetto». Infatti,  stando  alla
requisitoria, Municipia S.p.a. risponderebbe in solido con Nov  «solo
ed esclusivamente nei limiti e nell'eventualita' che vi sia stato  un
versamento di  prezzo  in  corso  d'opera  da  parte  della  pubblica
amministrazione». Ma,  non  «gia'  in  via  generale  della  regolare
esecuzione del contratto, ne' dei pregiudizi potenzialmente derivanti
all'Ente concedente e/o  ai  singoli  contribuenti  a  causa  di  una
esecuzione   non   corretta   dell'attivita'   di   accertamento    e
riscossione». 
    D'altronde, come piu' innanzi ulteriormente si dira', in  passato
e prima della legge n. 15/2025, non si e'  mai  dubitato,  sul  piano
ermeneutico e  con  riferimento  al  chiaro  disposto  dell'art.  53,
decreto legislativo n. 446/1997,  che  i  poteri  di  accertamento  e
riscossione dei tributi potessero essere  affidati  esclusivamente  a
soggetti iscritti all'Albo in quella norma contemplato, cosi' che  in
definitiva  la  questione  relativa  alla  legittimita'   del   comma
14-septies dell'art. 3, legge citata riveste valore decisivo ai  fini
della risoluzione della controversia in esame. Ne' in senso contrario
puo' valere il richiamo della difesa della resistente  alle  sentenze
n. 6112/2024 e n 6325/2024 di questa stessa Corte, posto che la prima
ha  risolto  la  controversia  senza  assolutamente   affrontare   la
questione  della  legittimazione  della  Concessionaria,  mentre   la
seconda  risulta  supportata  sul  punto  da  una  motivazione   solo
apparente, e che comunque in nessun modo si fa carico di  esporre  la
ratio decidendi sottesa alla decisione assunta. 
    Piuttosto in senso conforme alla interpretazione innanzi proposta
ben puo' valere il richiamo a quanto autorevolmente  affermato  dalla
Corte di Cassazione con la sentenza. n. 35338/2022  in  tema  di  RTI
costituito tra Equitalia, Municipia e Ottogas, con riferimento quindi
a una situazione societaria molto simile a  quella  conseguente  alla
costituzione di una societa' di Progetto da parte dell'aggiudicataria
della gara  svoltasi  per  l'affidamento  della  concessione  per  la
gestione del servizio  di  accertamento  e  riscossione  dei  tributi
comunali. 
    Cosi' che, conclusivamente sul punto, sembra  di  tutta  evidenza
che la definizione del  presente  giudizio  richiede  necessariamente
l'applicazione dell'art. 3, comma  14-septies  del  decreto-legge  n.
202/2024 come modificato con la legge n. 15/2025; e cio' senza che la
rilevanza della nuova norma possa escludersi, come pure sostenuto  da
qualche commentatore, per  l'esclusivo  riferimento  contenuto  nella
seconda parte della disposizione alle sole «societa' di scopo» e  non
anche alle «societa'  di  progetto».  Ed  infatti  un'interpretazione
costituzionalmente orientata della norma consente in questo  caso  di
desumere  in  maniera  chiara  ed  inequivocabile  la  volonta'   del
legislatore di  trattare  conformemente  le  societa'  in  questione,
escludendo  per  entrambe  la  necessita'  dell'autonoma   iscrizione
all'Albo  in  caso  di  iscrizione  della  societa'   originariamente
aggiudicatasi la gara, cosi' che l'apparente disarmonia che si coglie
nel confronto tra la prima e  la  seconda  parte  della  disposizione
risulta essere solo il frutto di una cattiva tecnica  legislativa,  e
non l'espressione di una volonta' volta a limitare alle sole societa'
di scopo gli effetti previsti nella seconda parte della norma. 
    2. Cio' detto in ordine alla rilevanza della nuova norma,  rileva
il giudicante che essa e' stata subito oggetto di molteplici  censure
sotto il profilo della  sua  costituzionalita',  alcune  delle  quali
ritenute non condivisibili da questo Giudice:  cosi'  in  particolare
per quanto relativo alla asserita indeterminatezza e incertezza della
disposizione, oltre che per il generico rinvio alla disciplina recata
dalla normativa europea, anche per effetto della previsione  in  essa
contenuta della revisione del Regolamento di cui al D.M. n.  101/2022
(Ministero dell'economia e delle finanze) da attuarsi con Regolamento
da emanarsi nel successivo termine di  180  giorni.  Ed  infatti  ne'
l'uno   ne'   l'altro   aspetto   appaiono   idonei    ad    incidere
sull'operativita'  e  efficacia,  medio  tempore,   del   Regolamento
attualmente  ancora  in  vigore,  ne'  possono  ritenersi  idonei   a
costituire   di    per    se'    soli    ostacolo    all'applicazione
dell'interpretazione proposta dal legislatore nella prima  parte,  se
non fosse per i diversi profili di cui di seguito si dira'. 
    Viceversa ritiene il Giudicante doversi ritenere la non manifesta
infondatezza  della  questione  di  costituzionalita'  sollevata  dal
contribuente,  meritevole  peraltro  di  essere   estesa   ad   altri
"parametri"  non  espressamente  richiamati  negli  atti   difensivi,
potendosi ritenere il contrasto del piu' volte  cit.  art.  3,  comma
14-septies del decreto mille proroghe, con gli artt. 3, 77,  101/102,
111, 117 della Costituzione, anche con riferimento alla previsione di
cui all'art. 6 CEDU. 
    E cio' sotto tre distinti profili: 
      a) Per l'erronea attribuzione alla nuova  norma  di  un  valore
meramente interpretativo, a fronte di un contenuto che appare  invece
innovativo-retroattivo, con conseguente violazione dei  limiti  posti
dalla Costituzione all'emanazione di norme di legge retroattive; 
      b) Per la natura di  legge-provvedimento  che  la  nuova  norma
assume per effetto della previsione contenuta nell'ultima parte della
disposizione circa la legittimita' degli atti di  accertamento  e  di
riscossione emessi dalla societa' di Progetto; 
      c) Per lo strumento normativo adottato per  l'emanazione  della
nuova norma. 
    2/a. Ed invero al riguardo deve innanzi tutto osservarsi  che  la
disposizione  di  cui  al  cit.  art.   3,   comma   14-septies   del
decreto-legge 27 dicembre  2024,  n.  202  (convertito  in  Legge  21
febbraio 2025, n. 15), presenta  profili  di  incostituzionalita'  in
quanto autodefinita dal legislatore come norma interpretativa («...le
disposizioni di cui agli articoli 52, comma 5, lettera b), numero  1,
e  53,  comma  1,  del  decreto  legislativo  n.  446  del  1997...si
interpretano nel senso che...»),  con  effetto  retroattivo  (...«Gli
atti di accertamento e di riscossione emessi dalle societa' di  scopo
di cui al precedente periodo sono da considerarsi legittimi in quanto
emessi in luogo dell'aggiudicatario...»). 
    Orbene non e' in dubbio certamente l'ammissibilita'  in  astratto
di leggi  interpretative.  In  proposito  piuttosto  e'  il  caso  di
ricordare che come dalla Corte costituzionale piu' volte ribadito (v.
sentenza n. 480/1992, e n. 311/1995), di recente anche  con  sentenza
11 gennaio 2024, n. 4:  «Secondo  la  consolidata  giurisprudenza  di
questa Corte, "la disposizione di interpretazione autentica e' quella
che, qualificata formalmente tale dallo stesso legislatore,  esprime,
anche  nella  sostanza,  un   significato   appartenente   a   quelli
riconducibili  alla  previsione  interpretata  secondo  gli  ordinari
criteri dell'interpretazione della legge" (sentenza n. 133 del 2020).
Diversamente,   nel   caso   in    cui    "la    disposizione,    pur
autoqualificantesi  interpretativa,  attribuisce  alla   disposizione
interpretata un significato nuovo, non  rientrante  tra  quelli  gia'
estraibili dal testo originario della disposizione medesima, essa  e'
innovativa con efficacia retroattiva (sentenze n. 61 5 del  2022,  n.
133 del 2020, n. 209 del 2010 e n. 155 del 1990)" (v. sentenza n. 104
del 2022).» 
    In proposito sempre la Corte  costituzionale  ha  anche  piu'  di
recente confermato che «...al di la' della autoqualificazione, di per
se'   non   vincolante,   e   dell'accertamento   di   un   contrasto
giurisprudenziale    formatosi     sulla     disposizione     oggetto
dell'interpretazione  autentica,  anch'esso  non  dirimente  (tra  le
tante, sentenze n. 4 del 2024, n. 104 e n. 61 del 2022,  n.  133  del
2020) - la  natura  interpretativa  va  riconosciuta  solo  a  quelle
disposizioni «che hanno il fine obiettivo di  chiarire  il  senso  di
norme preesistenti ovvero di escludere o di enucleare uno  dei  sensi
fra  quelli  ritenuti  ragionevolmente   riconducibili   alla   norma
interpretata, allo scopo di imporre a chi e' tenuto ad  applicare  la
disposizione considerata un determinato significato normativo» (cosi'
la sentenza n. 73 del 2017,  richiamata  dalla  sentenza  n.  70  del
2020)» (cosi'. Corte costituzionale sent. n. 77/2024; cfr.  sent.  n.
70/2024). 
    Orbene, per le ragioni tutte ampiamente esposte a proposito della
rilevanza  della   questione   di   costituzionalita'   della   norma
sopravvenuta sembra assolutamente da  escludere  che  il  significato
attribuito dall'art. 3 comma 14-septies,  decreto-legge  n.  202/2024
alle disposizioni di cui agli articoli 52 e 53 del  decreto-legge  n.
446/1997 possa effettivamente ritenersi riconducibile alla previsione
delle suddette norme, interpretate secondo comuni canoni ermeneutici,
sia  pure  doverosamente  alla  luce  di  una  lettura  delle   norme
costituzionalmente orientata. Cosi'  che,  in  definitiva,  la  nuova
norma appare, nonostante la terminologia  adottata  dal  legislatore,
non gia' una norma di «interpretazione autentica»,  bensi'  piuttosto
una norma innovativa con  efficacia  retroattiva,  con  la  quale  il
legislatore ha  inteso  dettare  nuove  regole  per  le  societa'  di
progetto o di scopo previste dal codice dei contratti, per abilitarle
all'esercizio delle attivita' oggetto della concessione  aggiudicata,
in virtu' della mera mutuazione dei requisiti prescritti dalla  legge
per la partecipazione alla gara prevista per l'aggiudicazione. 
    Al riguardo peraltro e' un dato di  fatto  incontrovertibile  che
mai  in  passato  si  e'  dubitato,  sul  piano  ermeneutico  e   con
riferimento al chiaro disposto dell'art. 53, decreto  legislativo  n.
446/1997, che i poteri di  accertamento  e  riscossione  dei  tributi
potessero essere  affidati  esclusivamente  a  soggetti  direttamente
iscritti all'Albo in quella norma contemplato. 
    Le conclusioni innanzi esposte fanno  fortemente  dubitare  della
costituzionalita'  della  nuova  norma,  in   tal   senso   deponendo
inequivocabilmente   la    giurisprudenza    della    stessa    Corte
costituzionale. 
    Ed   infatti,   come   espressamente   affermato   dalla    Corte
costituzionale con la sentenza n. 4 del l'11 gennaio 2024: 
      «8. Una volta esclusa la natura  autenticamente  interpretativa
della disposizione, dinanzi  a  leggi  aventi  efficacia  retroattiva
questa Corte e' chiamata ad esercitare uno scrutinio  particolarmente
rigoroso: cio' in ragione della centralita' che assume  il  principio
di non retroattivita' della legge, «inteso quale fondamentale  valore
di civilta'  giuridica,  non  solo  nella  materia  penale  (art.  25
Costituzione), ma anche in altri settori  dell'ordinamento  (sentenze
n. 174 del 2019, n. 73 del 2017, n. 260 del 2015 e n. 170  del  2013»
(sentenza n. 145 del 2022). 
    Il controllo di costituzionalita' diviene ancor  piu'  stringente
qualora l'intervento legislativo retroattivo incida su giudizi ancora
in corso, specialmente nel caso in cui  sia  coinvolta  nel  processo
un'amministrazione pubblica. Infatti, tanto i principi costituzionali
relativi ai rapporti tra potere legislativo e potere giurisdizionale,
quanto   i   principi   concernenti   l'effettivita'   della   tutela
giurisdizionale e la parita' delle parti in giudizio, impediscono  al
legislatore di risolvere, con legge,  specifiche  controversie  e  di
determinare, per questa via,  uno  sbilanciamento  tra  le  posizioni
delle parti coinvolte nel giudizio (tra le altre, sentenze n.  201  e
n. 46 del 2021, n. 12 del 2018 e n. 191 del 2014). 
    8.1.- Con riguardo al sindacato di costituzionalita' delle  leggi
retroattive incidenti su giudizi in  corso,  ha  assunto  un  rilievo
sempre piu' decisivo la giurisprudenza della Corte EDU (tra le altre,
sentenze 24 giugno 2014, Aziebda agricola Silverfunghi  Sas  e  altri
contro Italia, paragrafo 76; 25 marzo 2014, Blasucci e  altri  contro
Italia, paragrafo 47;  14  gennaio  2014,  Montalto  e  altri  contro
Italia, paragrafo 47). Cio' in virtu' della « funzione interpretativa
eminente che gli  Stati  contraenti  hanno  riconosciuto  alla  Corte
europea» (sentenza n. 348 del 2007). 
    Come  chiarito  da  questa  Corte,  infatti,  nel  sindacato   di
costituzionalita' delle leggi retroattive si e' ormai pervenuti  alla
costruzione di  una  «solida  sinergia  fra  principi  costituzionali
interni e principi contenuti nella CEDU», che consente di leggere  in
stretto coordinamento i parametri interni  con  quelli  convenzionali
«al  fine  di  massimizzarne  l'espansione   in   un   "rapporto   di
integrazione reciproca"» (sentenza n. 145 del 2022). 
    Sulla  base  di  tale  sinergia,   questa   Corte   e'   chiamata
innanzitutto a verificare se l'intervento legislativo retroattivo sia
effettivamente  preordinato  a  condizionare   l'esito   di   giudizi
pendenti.  A  tal  fine,  assumono  rilievo  -  sulla  scorta   della
giurisprudenza  della  Corte  EDU  -   alcuni   «elementi,   ritenuti
sintomatici  dell'uso  distorto   della   funzione   legislativa»   e
riferibili principalmente al «metodo e alla  tempistica  seguiti  dal
legislatore» (cosi', sentenza n. 12 del  2018;  nello  stesso  senso,
sentenze n.  145  del  2022  e  n.  174  del  2019).  Occorre  dunque
effettuare una verifica  di  legittimita'  costituzionale  che  -  in
maniera  non  dissimile  dal   sindacato   sull'eccesso   di   potere
amministrativo mediante l'impiego di figure sintomatiche  -  assicuri
una particolare estensione e intensita' del  controllo  sul  corretto
uso del potere legislativo. 
    8.2.- Tra gli elementi sintomatici dell'uso distorto  del  potere
legislativo, appare innanzitutto significativo il fatto che «lo Stato
o l'amministrazione  pubblica»  siano  «parti  di  un  processo  gia'
radicato» e che l'intervento  legislativo  si  collochi  «a  notevole
distanza  dall'entrata  in  vigore  delle  disposizioni  oggetto   di
interpretazione autentica» (sentenza n. 174 del 2019)... 
    8.3.- E' altresi' rilevante, come elemento sintomatico, il  fatto
che - lo si e' anticipato supra, al punto 7.2.2.  -  la  disposizione
censurata,  pur  essendosi  «auto-qualificata»  come  interpretativa,
abbia in realta' introdotto un significato che non si poteva in alcun
modo evincere dal testo dell'art. 7, comma 1,  del  decreto-legge  n.
384 del 1992, come convertito... 
    8.4.-  Ma,  soprattutto,  risulta  decisivo  il  fatto   che   il
legislatore abbia adottato la disposizione censurata per superare  un
orientamento giurisprudenziale  consolidato,  al  fine  specifico  di
incidere   su   giudizi   ancora   pendenti   in   cui   era    parte
l'amministrazione pubblica..». 
    Negli stessi sensi sempre la Corte  costituzionale  con  la  gia'
citata sentenza n. 77/2024 ha ulteriormente ribadito che: 
      «6.1 Va preliminarmente rammentato, su un piano piu'  generale,
che - al di la' della autoqualificazione, di per se' non  vincolante,
e dell'accertamento di un contrasto giurisprudenziale formatosi sulla
disposizione oggetto dell'interpretazione  autentica,  anch'esso  non
dirimente (tra le tante, sentenze n. 4 del 2024, n. 104 e n.  61  del
2022, n. 133 del 2020) - la  natura  interpretativa  va  riconosciuta
solo a quelle disposizioni «che hanno il fine obiettivo  di  chiarire
il senso di norme preesistenti ovvero di escludere o di enucleare uno
dei sensi fra  quelli  ritenuti  ragionevolmente  riconducibili  alla
norma interpretata,  allo  scopo  di  imporre  a  chi  e'  tenuto  ad
applicare la  disposizione  considerata  un  determinato  significato
normativo» (cosi' la  sentenza  n.  73  del  2017,  richiamata  dalla
sentenza n. 70 del 2020). 
    Cio'  premesso,  questa  Corte  ha  piu'  volte   affermato   «la
"sostanziale indifferenza,  quanto  allo  scrutinio  di  legittimita'
costituzionale,  della  distinzione  tra  norme  di   interpretazione
autentica - retroattive, salva una  diversa  volonta'  in  tal  senso
esplicitata dal legislatore stesso - e norme innovative con efficacia
retroattiva" (sentenza n. 73 del 2017; nonche', da  ultimo,  sentenza
n. 108 del 2019)» (sentenza n. 70 del 2020);  arrivando  a  ritenerne
«la possibile assimilazione, quanto agli  esiti  dello  scrutinio  di
legittimita' costituzionale» (sentenza n. 108 del 2019). 
    A tal fine, la detta distinzione rileva, al  piu',  perche'  «"la
palese erroneita' di  tale  auto-qualificazione  puo'  costituire  un
indice,  sia  pure  non  dirimente,  della   irragionevolezza   della
disposizione impugnata" (sentenza n. 73 del 2017; ex plurimis,  anche
sentenze n. 103 del 2013 e n. 41  del  2011)»  (sentenza  n.  70  del
2020). 
    6.2.- Nello  scrutinio  di  legittimita'  costituzionale,  questa
Corte ha piu' volte ricordato la centralita' che assume il  principio
di non retroattivita' della legge, inteso quale  fondamentale  valore
di civilta' giuridica (tra le piu' recenti, sentenze n. 4  del  2024,
n. 145 del 2022, n. 174 del 2019 e n. 73 del 2017). 
    Ne consegue che, di fronte a una norma avente comunque  efficacia
retroattiva - che pure deve considerarsi, al di fuori  della  materia
penale, frutto del legittimo esercizio discrezionale del  potere  del
legislatore   -,   e'   necessario   procedere   ad   uno   scrutinio
particolarmente rigoroso. 
    Tale scrutinio diviene  ancor  piu'  stringente  se  l'intervento
legislativo retroattivo incide su giudizi ancora in corso, tanto piu'
se in essi sia coinvolta un'amministrazione pubblica. Infatti, «tanto
i principi costituzionali relativi ai rapporti tra potere legislativo
e   potere   giurisdizionale,   quanto   i    principi    concernenti
l'effettivita' della tutela giurisdizionale e la parita' delle  parti
in giudizio, impediscono al  legislatore  di  risolvere,  con  legge,
specifiche  controversie  e  di  determinare,  per  questa  via,  uno
sbilanciamento tra le posizioni delle parti  coinvolte  nel  giudizio
(tra le altre, sentenze n. 201 e n. 46 del 2021, n. 12 del 2018 e  n.
191 del 2014)» (sentenza n. 4 del 2024). 
    Relativamente  al  sindacato  di  costituzionalita'  delle  leggi
retroattive incidenti su giudizi in corso, ancora di recente e' stato
rammentato il rilievo assunto dalla giurisprudenza della  Corte  EDU,
affermandosi  che  in  tale  ambito  si  e'  ormai   pervenuti   alla
costruzione di  una  «solida  sinergia  fra  principi  costituzionali
interni e principi contenuti nella CEDU», che consente di leggere  in
stretto coordinamento i parametri interni  con  quelli  convenzionali
«al  fine  di  massimizzarne  l'espansione   in   un   "rapporto   di
integrazione reciproca"» (sentenza n. 145 del 2022, richiamata  dalla
sentenza n. 4 del 2024). 
    6.3.- Tanto premesso, per svolgere tale rigoroso  controllo  sono
stati individuati una serie di elementi sintomatici dell'uso distorto
della funzione legislativa. 
    Tra questi, in particolare, per quanto qui di interesse, emergono
l'errata e artificiosa autoqualificazione della norma come  norma  di
interpretazione autentica e,  soprattutto,  la  chiara  finalita'  di
incidere sull'esito di giudizi pendenti. Finalita', quest'ultima, che
si  puo'  evincere  da  metodo  e  tempistica   dell'intervento   del
legislatore (sentenze n. 4 del 2024, n. 145 del 2022, n. 174 del 2019
e n.  12  del  2018)  -  per  esempio,  la  distanza  dell'intervento
legislativo rispetto all'entrata in vigore delle disposizioni oggetto
di interpretazione autentica (sentenze n. 4 del 2024  e  n.  174  del
2019) - e si puo' ricavare dai lavori preparatori (sentenze n. 4  del
2024 e n. 145 del 2022). 
    Infine,  in  quest'opera  di  rigoroso  scrutinio  e'  necessario
valutare se l'intervento legislativo trovi una possibile  ragionevole
giustificazione «nell'esigenza di tutelare principi, diritti  e  beni
costituzionali». Anche alla luce  della  giurisprudenza  della  Corte
EDU,  «solo  imperative  ragioni  di   interesse   generale   possono
consentire un'interferenza del legislatore su  giudizi  in  corso;  i
principi dello stato di diritto e del giusto processo  impongono  che
tali ragioni "siano trattate con il massimo  grado  di  circospezione
possibile" (sentenza 14 febbraio 2012, Arras contro Italia, paragrafo
48)» (sentenza n. 4 del 2024). 
    Come da ultimo ricordato da questa Corte nella piu' volte  citata
sentenza n. 4 del 2024,  la  Corte  EDU  ha  perimetrato  in  maniera
rigorosa  e  restrittiva  tale  nozione  di  «imperative  ragioni  di
interesse generale», ravvisando la compatibilita' con l'art.  6  CEDU
di «alcuni interventi legislativi retroattivi incidenti su giudizi in
corso,  la'  dove  "i  soggetti   ricorrenti   avevano   tentato   di
approfittare dei difetti  tecnici  della  legislazione  (sentenza  23
ottobre 1997, National &  Provincial  Building  Society  e  Yorkshire
Building Society  contro  Regno  Unito,  paragrafo  112),  o  avevano
cercato  di  ottenere  vantaggi  da  una  lacuna  della  legislazione
medesima, cui l'ingerenza del  legislatore  mirava  a  porre  rimedio
(sentenza del 27 maggio 2004, OGIS-Institut Stanislas, OGEC Saint-Pie
X, Blanche  de  Castille  e  altri  contro  Francia,  paragrafo  69)"
(sentenza  n.  145  del  2022)»,  o,  ancora,  quando   «l'intervento
legislativo retroattivo mirava a risolvere una serie  piu'  ampia  di
conflitti  conseguenti  alla  riunificazione  tedesca,  al  fine   di
"assicurare in modo duraturo la pace  e  la  sicurezza  giuridica  in
Germania" (20 febbraio 2003, ForrerNiedenthal c. Germania,  paragrafo
64)». 
    Piu' in generale, in tale opera di perimetrazione,  al  di  fuori
della nozione di «imperative ragioni di interesse  generale»  sono  i
soli motivi di carattere meramente finanziario, volti a contenere  la
spesa pubblica, come chiarito tanto  dalla  Corte  EDU  (sentenza  29
marzo 2006, Scordino e altri contro Italia, paragrafo  132;  sentenza
11 aprile 2006, Cabourdin contro Francia, paragrafo  37),  quanto  da
questa stessa Corte, la quale ha  espressamente  affermato  che  «[i]
soli motivi finanziari, volti a  contenere  la  spesa  pubblica  o  a
reperire risorse per far fronte a esigenze eccezionali, non bastano a
giustificare un intervento legislativo destinato a ripercuotersi  sui
giudizi in corso (sentenze n. 174 e n. 108 del 2019,  e  n.  170  del
2013)» (sentenza n. 145 del 2022)". 
    Orbene,  tutti  i   suddetti   elementi   sintomatici   risultano
sussistere nel caso in esame, posto che: 
      1)  Per  le  ragioni  innanzi  ampiamente  esposte  "errata   e
artificiosa" deve ritenersi l'autoqualificazione della norma in  essa
contenuta; 
      2) L 'Amministrazione pubblica, in persona dell'Ente impositore
nonche' attraverso il Concessionario chiamato ad esercitarne i poteri
di accertamento, era parte del processo promosso dinanzi  alla  Corte
di Cassazione a seguito del rinvio pregiudiziale di cui si e'  detto,
ed e' tuttora parte dei numerosissimi procedimenti  radicati  dinanzi
alla   Giurisdizione   tributaria   nei   quali   e'   coinvolta   la
Concessionaria Napoli Obiettivo Valore, compreso il  procedimento  in
esame in questa sede; 
      3) L'intervento normativo in questione si colloca a distanza di
oltre 27 anni dall'entrata in vigore delle norme oggetto di  asserita
interpretazione autentica; 
      4) L'interpretazione delle norme fornita dal legislatore appare
attribuire ad  esse  un  significato  che  non  poteva  assolutamente
evincersi dal loro tenore letterale,  come  ampiamente  gia'  innanzi
motivato in tema di rilevanza della questione di costituzionalita' in
esame; 
      5) La disposizione sopravvenuta risulta funzionale  a  superare
un orientamento giurisprudenziale  consolidato  (v.  Cass.  sent.  n.
35338/2022 in tema di  RTI  costituito  tra  Equitalia,  Municipia  e
Ottogas), tra l'altro condiviso dal Ministero delle Finanze (v.  ris.
Min. n. 4/DF del 13 aprile 2021) e dall'ANAC  (v,  parere  149/2022),
secondo il quale  l'iscrizione  all'Albo  e'  stato  sempre  ritenuto
indispensabile  ai  fini  della  legittimazione  del  Concessionario;
inoltre per la tempistica delle vicende innanzi riassunte, in  quanto
oggetto di un  emendamento  frettolosamente  inserito  in  quel  gran
contenitore costituito  dal  c.d.  Decreto  mille  proroghe  come  da
consuetudine approvato dal Governo a fine anno (con  le  perplessita'
delle  quali  innanzi  piu'   diffusamente   si   dira'   in   ordine
all'osservanza  dei  limiti  di  cui  all'art.  77,  comma  2   della
Costituzione, che sembrano imporre necessariamente la sussistenza  di
un «nesso di interrelazione funzionale» tra la legge di conversione e
il decreto-legge  sottostante:  v.  Corte  costituzionale.  sent.  n.
245/2022), nell'intervallo di tempo intercorso tra la discussione del
ricorso presso la Corte  di  Cassazione  (22  gennaio  2025)  per  la
definizione  della  questione  pregiudiziale  posta  dalla  Corte  di
Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli, e la  decisione  della
stessa Corte (intervenuta il  13  marzo  2025  con  la  sentenza  poi
depositata il successivo 20 marzo), si presta ad essere  interpretato
come ispirato esclusivamente  dall'esigenza  di  tutelare  i  crediti
dell'Amministrazione Pubblica nei confronti  dei  contribuenti  e  in
danno di  questi  ultimi.  La  qual  cosa  sembra  trovare  ulteriore
conferma ed implicita ammissione proprio nella  clausola  finale  del
cit. art. 14-septies, laddove il legislatore, dopo  aver  fornito  la
sua interpretazione della normativa  preesistente,  si  e'  spinto  a
sancire espressamente la «legittimita'» degli atti di accertamento  e
di riscossione emessi dalle societa' di progetto  o  di  scopo  anche
prima dell'approvazione della nuova norma, in tal  modo  manifestando
il chiaro ed univoco intento di influenzare l'esito  dei  giudizi  in
corso. 
    Ne' infine l'intervento normativo attuato puo' ritenersi nel caso
in esame giustificato dall'esigenza di tutelare principi,  diritti  e
beni costituzionali, posto che «come ha chiarito la Corte  EDU,  solo
imperative  ragioni  di   interesse   generale   possono   consentire
un'interferenza del legislatore su giudizi in corso; i principi dello
stato di diritto e del giusto processo  impongono  che  tali  ragioni
"siano trattate con il  massimo  grado  di  circospezione  possibile"
(sentenza 14 febbraio  2012,  Arras  contro  Italia,  paragrafo  48)"
(cosi'  Corte  costituzionale  sent.  n.  4/2024   cit.);   dovendosi
escludere,  come  ancora  una  volta  chiarito  dalla  CEDU  che   le
considerazioni finanziarie possano, da sole  "autorizzare  il  potere
legislativo  a  sostituirsi  al  giudice  nella   definizione   delle
controversie» (CEDU, sentenza 29 marzo 2006, Scordino e altri  contro
Italia, paragrafo 132; sentenza 11 aprile 2006, Cabourdin c. Francia,
paragrafo 37)"; In tal senso, come nella stessa  sentenza  n.  4/2024
ribadito, consolidata risultando anche la giurisprudenza della  Corte
costituzionale, avendo essa affermato che "in linea di  principio  «i
soli motivi finanziari, volti a  contenere  la  spesa  pubblica  o  a
reperire risorse per far fronte a esigenze eccezionali, non bastano a
giustificare un intervento legislativo destinato a ripercuotersi  sui
giudizi in corso» (sentenze nn. 174 e 108  del  2019,  n.  170/2013)»
(sentenza n. 145 del 2022)." (cosi' ancora sent, 4/2024 cit.) 
    A tutto quanto sin qui osservato  deve  aggiungersi  il  rilievo,
nella  prospettiva  di   incostituzionalita'   innanzi   evidenziata,
dell'evidente contrasto della norma in esame anche  con  il  disposto
dell'art.  117,  comma  2,  Costituzione  per  quanto  relativo  alla
costituzionalizzazione del principio  di  tutela  della  concorrenza,
anche in quanto espressione del principio di parita'  di  trattamento
insito nell'art.  3  della  stessa  Costituzione,  oltre  che  per  i
riflessi sulla liberta' di iniziativa economica di  cui  all'art.  41
Costituzione. 
    A questo proposito deve  invero  preliminarmente  rilevarsi  come
l'analisi della giurisprudenza costituzionale nel decennio  2001-2011
offra elementi per affermare che la norma di cui all'art. 117,  comma
2, lett. e) Costituzione introdotta con la riforma del Titolo V della
Carta Costituzionale, e' stata  prevalentemente  utilizzata,  com'era
naturale, per dirimere conflitti di competenze tra Stato  e  Regioni;
ma in sempre piu' frequenti occasioni ha dato spunto alla  Corte  per
riconoscere in essa l'affermazione di  un  principio  sostanziale  di
libera concorrenza, da ritenersi a  questo  punto  costituzionalmente
tutelato: cosi' che in definitiva essa  non  configura  soltanto  una
c.d. «norma di competenza», bensi' una norma «di principio»  a  tutti
gli effetti. 
    In tal senso di recente la stessa  Corte  costituzionale  con  la
sentenza n. 4/2022 ha affermato che: 
      «Questa Corte e' costante  nell'affermare  che  la  nozione  di
«concorrenza» di cui al secondo  comma,  lettera  e),  dell'art.  117
Costituzione «non puo'  non  riflettere  quella  operante  in  ambito
europeo (sentenze n. 83 del 2018, n. 291 e n. 200 del 2012, n. 45 del
2010). Essa comprende, pertanto, sia le misure legislative di  tutela
in senso proprio, intese a contrastare gli  atti  e  i  comportamenti
delle imprese che incidono negativamente sull'assetto  concorrenziale
dei mercati,  sia  le  misure  legislative  di  promozione,  volte  a
eliminare limiti e vincoli alla libera esplicazione  della  capacita'
imprenditoriale e della competizione tra  imprese  (concorrenza  "nel
mercato"), ovvero a prefigurare procedure concorsuali di garanzia che
assicurino la piu' ampia apertura del mercato a tutti  gli  operatori
economici  (concorrenza  "per  il  mercato").   In   questa   seconda
accezione,  attraverso  la  "tutela   della   concorrenza",   vengono
perseguite finalita' di ampliamento dell'area di  libera  scelta  dei
cittadini e delle imprese, queste ultime  anche  quali  fruitrici,  a
loro volta, di beni e di servizi (sentenze n. 299 del 2012 e  n.  401
del 2007)» (sentenza n. 137 del 2018). 
    Sulla scorta di tale nozione di tutela della concorrenza «per  il
mercato», questa Corte ha altresi' affermato che «la disciplina delle
procedure  di  gara,  la  regolamentazione  della  qualificazione   e
selezione dei concorrenti,  delle  procedure  di  affidamento  e  dei
criteri di aggiudicazione [...] mirano a garantire che le medesime si
svolgano nel rispetto delle  regole  concorrenziali  e  dei  principi
comunitari  della  libera  circolazione  delle  merci,  della  libera
prestazione dei servizi, della liberta' di stabilimento, nonche'  dei
principi costituzionali  di  trasparenza  e  parita'  di  trattamento
(sentenze n. 431, n. 401 del 2007, n. 411 del  2008)»,  sicche'  tali
discipline, in quanto «volte  a  consentire  la  piena  apertura  del
mercato nel settore  degli  appalti,  sono  riconducibili  all'ambito
della  tutela  della  concorrenza,  di   esclusiva   competenza   del
legislatore statale (sentenze n. 401 del  2007,  n.  345  del  2004)»
(sentenza n. 186 del 2010; nello stesso  senso,  sentenze  n.  2  del
2014, n. 259 del 2013 e  n.  339  del  2011),  costituendo  esse  uno
strumento indispensabile per tutelare e promuovere la concorrenza  in
modo uniforme sull'intero territorio nazionale (sentenze  n.  39  del
2020, n. 28 del 2014, n. 339 del 2011, n. 1 del 2008  e  n.  401  del
2007).». 
    Orbene, valorizzando quanto in  ordine  al  principio  di  tutela
della concorrenza affermato dalla Corte costituzionale, peraltro  con
specifico riferimento alle procedure di gara per l'aggiudicazione  di
concessioni per la gestione di servizi pubblici,  emerge  con  palese
evidenza il contrasto dell'art. 3, comma 14-septies, legge n. 15/2025
anche con  il  suddetto  principio,  in  considerazione  del  «doppio
regime» che esso prevede per  la  partecipazione  alla  gara,  per  i
soggetti «partecipati» da societa' iscritte all'Albo, e societa'  non
partecipate. 
    Ed invero l'art. 52, decreto legislativo n.  446/1997  come  gia'
innanzi evidenziato prevede che  l'attivita'  di  accertamento  e  di
riscossione delle entrate degli enti  locali  possa  essere  affidata
dagli Enti a terzi nel rispetto della normativa  europea,  mentre  il
successivo art. 53 disciplina  l'Albo  dei  soggetti  abilitati  allo
svolgimento di quelle attivita', prevedendone  la  tenuta  presso  il
Ministero delle finanze e disponendo che allo stesso  Ministro  delle
finanze compete definire con  proprio  decreto  «le  condizioni  e  i
requisiti per  l'iscrizione  nell'albo,  al  fine  di  assicurare  il
possesso di adeguati requisiti tecnici e finanziari,  la  sussistenza
di  sufficienti  requisiti   morali   e   l'assenza   di   cause   di
incompatibilita' da parte degli iscritti..». 
    In  attuazione  delle  indicate   disposizioni   attualmente   le
condizioni e i requisiti di cui innanzi  risultano  disciplinati  con
D.M. 13 aprile 2022, n. 101 che prevede all'art. 10 che: 
      «L'iscrizione nell'albo e'  subordinata  al  riconoscimento  da
parte della Commissione nei confronti degli organi  societari  e  dei
soci delle  societa'  dei  prescritti  requisiti  di  onorabilita'  e
professionalita' e dell'assenza di cause di incompatibilita'  di  cui
agli  articoli  8  e  9,  nonche',  nei  confronti  delle   societa',
dell'idoneita' finanziaria, tecnica  e  organizzativa  alla  gestione
delle attivita' di liquidazione e di accertamento dei  tributi  e  di
quelle di riscossione dei tributi  e  di  altre  entrate  degli  enti
locali  di  cui  agli  articoli  6  e  7.  L'iscrizione  e'  altresi'
subordinata alla verifica della sussistenza  delle  dichiarazioni  di
cui all'articolo 5.». 
    Con l'art. 3, comma 14-septies cit.  il  legislatore,  disponendo
che: «le societa' di scopo, di cui all'articolo 194  del  codice  dei
contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 31 marzo  2023,  n.
36, o di progetto, di cui al previgente articolo 184 del  codice  dei
contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016,  n.
50,  costituite  per  svolgere  attivita'  di   accertamento   e   di
riscossione o attivita' di supporto ad esse propedeutiche,  non  sono
iscritte nell'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo  n.
446 del 1997, laddove la societa' aggiudicataria del  bando  di  gara
per l'affidamento del servizio di accertamento e di riscossione delle
entrate degli enti locali, socia  della  stessa  societa'  di  scopo,
risulti gia' iscritta nel predetto albo»  ha  consentito,  con  norma
innovativa  retroattiva  (per  le  ragioni  innanzi  esposte),  e  in
violazione quindi anche del principio di affidamento, che le societa'
di progetto partecipate da altra  societa'  precedentemente  iscritta
all'Albo,   possano   risultare   aggiudicatarie   della   gara   per
l'affidamento del servizio pubblico prescindendo dalla loro diretta e
personale  iscrizione  all'Albo  e   dal   possesso   dei   requisiti
finanziari, tecnici e di onorabilita' e professionalita' di cui  agli
artt. 6,7,8 del D.M. citato, mentre a quelle  non  partecipate  sara'
preclusa la partecipazione alla gara se  non  autonomamente  iscritte
all'Albo. Con il risultato  peraltro  niente  affatto  irrilevante  e
assolutamente irrazionale, che con questo sistema, mentre le societa'
gia'  iscritte  all'Albo  potranno  continuare  a  giovarsi  di  quel
requisito soggettivo per  partecipare  ed  aggiudicarsi  altre  gare,
salvo  poi  trasferire  gli  effetti  dell'aggiudicazione  ad   altra
societa' di progetto, da esse partecipata e appositamente  costituita
per l'effettivo svolgimento dell'attivita' oggetto della concessione,
viceversa questa possibilita' restera' definitivamente preclusa  alle
societa'  prive  di  quel  requisito  soggettivo,   con   inevitabili
conseguenze negative sul libero mercato e  evidente  alterazione  del
principio di parita' e di libera concorrenza. 
    2/b.  Sotto  altro  e  diverso  profilo  risulta  tutt'altro  che
manifestamente infondata la tesi secondo la quale, come eccepito  dal
ricorrente,  la  norma   in   esame   appare   integrare   una   c.d.
legge-provvedimento giacche' con essa il legislatore, laddove dispone
che: «Gli atti di accertamento e di riscossione emessi dalle societa'
di scopo di cui al precedente periodo sono da  considerare  legittimi
in quanto emessi in  luogo  dell'aggiudicatario,  comunque  tenuto  a
garantire in solido l'adempimento di  tutte  le  prestazioni  erogate
direttamente dalle predette societa'», non si e' limitato a formulare
una interpretazione della pregressa normativa in tema di societa'  di
progetto o di scopo, ma ha altresi' dettato una disposizione  finale,
non avente natura generale ed astratta bensi' di carattere  concreto,
con cui, in surroga del potere  giurisdizionale,  ha  sostanzialmente
convalidato  gli  atti  di  accertamento  emessi  dalla  societa'  in
questione «in luogo» dell'aggiudicataria Municipia S.p.a. in tal modo
interferendo nella  risoluzione,  oltre  che  del  giudizio  pendente
dinanzi alla Corte di Cassazione del quale si e'  innanzi  ampiamente
detto,  altresi'  di  centinaia  di  giudizi  pendenti  dinanzi  alla
Giurisdizione Tributaria, compreso quello in esame. 
    Orbene in ordine alla legittimita' delle leggi provvedimento  non
vi e'  dubbio  che  la  giurisprudenza  della  Corte  costituzionale,
partendo dal principio  che  nel  nostro  ordinamento  non  e'  stata
codificata  la  cd.  riserva  di  amministrazione,  ne  riconosce  la
ammissibilita', ma solo entro i limiti circoscritti specifici, tra  i
quali  va  ricompreso   «il   rispetto   del   limite   generale   di
ragionevolezza che ridonda nel divieto di  introdurre  ingiustificate
disparita'   di    trattamento..;    la    tutela    dell'affidamento
legittimamente sorto nei soggetti..; e  il  rispetto  delle  funzioni
costituzionalmente riservate  al  potere  giudiziario»  (cosi'  Corte
costituzionale sent. 311/1995). 
    La violazione degli indicati limiti  implica  inevitabilmente  il
contrasto con l'art. 3 della Costituzione. 
    Ma quel che in questa sede preme maggiormente evidenziare e'  che
quando si fa a questo proposito riferimento al limite della «funzione
giurisdizionale»,    e'    evidente    il    richiamo    ai    valori
costituzionalizzati all'art. 101 e  ss.  Costituzione  che  devolvono
alla Magistratura il compito dell'Amministrazione della Giustizia, ed
in virtu' di tale limite deve ritenersi illegittima non solo la legge
provvedimento il cui contenuto violi o eluda un giudicato,  ma  anche
quella che interviene recependo o convalidando un atto amministrativo
sub iudice, qualora questa scelta non sia giustificata da ragioni  di
ordine  superiore.  In  tal  senso  chiaro   ed   inequivocabile   e'
l'insegnamento  che  si  trae  gia'  dalla   sentenza   della   Corte
costituzionale n. 155/1990, ed ancor piu' quanto dalla  stessa  Corte
costituzionale ribadito con la sentenza  n.  311/1995  in  precedenza
richiamata. 
    E questo e' quanto inequivocabilmente verificatosi  nel  caso  di
specie  avuto  riguardo  al  contenzioso  assai   vasto   e   diffuso
notoriamente  generatosi  in  relazione  all'attivita'  svolta  dalla
societa' Napoli Obiettivo  Valore  (come  rilevato  anche  dal  Primo
Presidente della Corte di Cassazione nel decreto del 23  luglio  2024
con  il  quale  ha  dichiarato  ammissibile   il   ricorso   in   via
pregiudiziale ex art. 363-bis del codice di  procedura  civile),  del
quale  anche  il  presente  procedimento  e'   espressione,   nonche'
considerato anche quanto  verificatosi  con  la  stessa  sentenza  n.
7945/2025  della  Corte  di  Cassazione,  pronunciata  a  seguito  di
riconvocazione  del  Collegio   in   data   13   marzo   2025   (dopo
l'approvazione della nuova norma.)  successivamente  alla  camera  di
consiglio tenutasi in coda all'udienza di discussione il  22  gennaio
2025, tanto piu' se si tien conto  delle  conclusioni  alla  suddetta
udienza rassegnate dal  P.G.  e  delle  evidenti  ragioni  che  hanno
determinato la necessita' della riconvocazione del  Collegio.  E  non
sara' un caso se, per quanto  a  conoscenza  di  questo  Giudice,  le
leggi-provvedimento approvate in passato dal  nostro  Parlamento  non
sono mai giunte sino al punto di incidere su di un numero determinato
di persone, con una disposizione dal contenuto cosi' marcatamente  di
tipo giustiziale (si vedano in proposito gli esempi  riportati  nella
memoria  difensiva  del  ricorrente,  richiamandosi  tutti  casi   di
leggi-provvedimento  ritenute  ammissibili   in   materia   di   atti
urbanistici generali  o  di  atti  di  esproprio:  Piano  urbanistico
Territoriale - Corte costituzionale 529/1995; piano faunistico  Corte
costituzionale 248/1995). 
    Onde, anche per le esposte  considerazioni,  il  contrasto  della
norma in esame con gli artt. 3, 101/102, 111 Costituzionale. 
    2/c Sotto un ultimo non meno grave profilo palese risulta infine,
a giudizio di questo giudicante, l'incostituzionalita' della norma in
questione, con riferimento al parametro di  cui  all'artt.  77  della
Costituzione, atteso che  il  decreto-legge  n.  202/2024  contenente
disposizioni urgenti in materia di termini  normativi  ha  subito  in
sede di conversione, proprio con l'introduzione all'art. 3 del  comma
14-septies,  un  intervento  modificativo  assolutamente  disomogeneo
rispetto al resto della disciplina contenuta nel decreto-legge. 
    Come  piu'  volte  affermato  nella  giurisprudenza  della  Corte
costituzionale, tra l'altro con la  sentenza  n.  245/2022:  «...  la
legge di conversione deve avere un contenuto omogeneo  a  quello  del
decreto-legge,  poiche'  l'art.  77,  secondo   comma,   Costituzione
stabilisce   un   nesso   di   interrelazione   funzionale   tra   il
decreto-legge, che e' adottato dal Governo in  casi  straordinari  di
necessita'  e  urgenza,  e  la   legge   di   conversione,   che   e'
caratterizzata da un procedimento di approvazione peculiare  rispetto
a quello ordinario (sentenza n. 22 del 2012).  Poiche'  la  legge  di
conversione riveste i  caratteri  di  una  fonte  "funzionalizzata  e
specializzata" o "a competenza tipica" (ex plurimis, sentenza  n.  32
del 2014), il  decreto-legge  e'  quindi  a  emendabilita'  limitata,
essendone consentita la modifica, in sede  di  conversione,  soltanto
attraverso disposizioni che siano ricollegabili, dal punto  di  vista
materiale o da quello finalistico (ex plurimis,  sentenza  n.  8  del
2022), a quelle in esso  originariamente  contemplate.  La  legge  di
conversione, in altre parole, non puo' aprirsi a qualsiasi  contenuto
ulteriore,  «essenzialmente  per  evitare  che   il   relativo   iter
procedimentale semplificato, previsto dai  regolamenti  parlamentari,
possa essere sfruttato per scopi estranei a quelli  che  giustificano
il decreto-legge, a detrimento delle ordinarie dinamiche di confronto
parlamentare» (sentenza n. 226 del 2019). 2.1.- Tale  conclusione  e'
stata confermata anche in riferimento a provvedimenti governativi  ab
origine  a  contenuto  plurimo,  precisandosi  che   ogni   ulteriore
disposizione introdotta in sede di conversione deve essere  collegata
a uno dei contenuti gia' disciplinati dal decreto-legge, ovvero  alla
sua ratio dominante (ex plurimis, sentenza n. 32 del 2014). 2.2.-  La
giurisprudenza  di  questa  Corte  ha  altresi'  precisato   che   la
violazione dell'art. 77, secondo comma, Costituzione si verifica solo
quando  le  disposizioni  aggiunte  in  sede  di  conversione   siano
totalmente  «estranee»  o  addirittura  «intruse»,  cioe'   tali   da
interrompere ogni correlazione tra il decreto-legge  e  la  legge  di
conversione (sentenza n. 251 del 2014), rimarcando che solo la palese
estraneita'  delle  norme  impugnate  rispetto  all'oggetto  e   alle
finalita' del decreto-legge (sentenza n.  22  del  2012),  oppure  la
«evidente o manifesta mancanza di ogni nesso di interrelazione tra le
disposizioni  incorporate  nella  legge  di  conversione   e   quelle
dell'originario decreto-legge» (sentenza n. 154  del  2015),  possono
inficiare di per  se'  la  legittimita'  costituzionale  della  norma
introdotta con la legge di conversione (sentenze n. 247 e n. 226  del
2019)». 
    E tali principi sono stati  ulteriormente  ribaditi  dalla  Corte
costituzionale anche piu' recentemente, con le sentenze n. 139 e  146
del 2024. 
    Orbene se si esamina il contenuto originario del decreto-legge n.
202/2024  si  coglie  con  tutta  evidenza  che  ne'  (per   la   sua
genericita') il titolo del Decreto («Disposizioni urgenti in  materia
di termini normativi») ne' l'articolato, che specificava  in  maniera
distinta in base alle competenze di ciascun Ministero, quali  fossero
i termini da prorogare, presentava disposizione  alcuna  che  potesse
ritenersi collegata al Regolamento di cui al D.M. 13 aprile 2022,  n.
101, e tanto meno alle previsioni degli artt. 52  e  53  del  decreto
legislativo  n.  446/1997,   l'uno   e   le   altre   incise   invece
dall'emendamento successivamente approvato  dal  Parlamento,  che  ha
trovato  espressione  nell'art.  3  comma   14-septies,   del   tutto
innovativamente intervenuto pertanto ad arricchire il testo normativo
originario. Per la  qual  cosa  non  sembra  potersi  negare  che  il
contenuto dell'emendamento risulti totalmente estraneo  al  contenuto
dell'originario decreto-legge perche' «in nessun modo collegato a uno
dei  contenuti  gia'  disciplinati  dal  decreto-legge»,   cosi'   da
«interrompere ogni correlazione tra il decreto-legge e  la  legge  di
conversione». Ed e' di particolare importanza rilevare che i principi
affermati dalla Corte costituzionale con  la  sentenza  n.  245/2022,
sono  stati  enunciati  proprio  con  riferimento   a   provvedimento
governativo «ab origine a  contenuto  plurimo»,  quale  appunto  deve
considerarsi il c.d. decreto milleproroghe,  un  provvedimento  cioe'
che, come osservato dalla stessa Corte,  integra  «una  tipologia  di
decreto-legge connotata  dalla  ratio  unitaria  di  intervenire  con
urgenza sulla scadenza di termini il cui decorso sarebbe dannoso  per
interessi ritenuti rilevanti dal Governo e dal  Parlamento..»,  cosi'
che corretto sembra dedurne che non e' certamente sufficiente la mera
esigenza  di  proroga  di  ulteriori  termini   rispetto   a   quelli
originariamente  contemplati   nel   decreto-legge   a   giustificare
l'estensione del contenuto di esso con nuove disposizioni  introdotte
in sede di conversione. 
    Tanto doverosamente osservato deve concludersi  doversi  ritenere
tutt'altro che manifestamente infondata l'opinione secondo la  quale,
applicandosi al caso di specie i principi di cui innanzi, ne discende
ineluttabilmente l'incostituzionalita' della legge di conversione per
violazione dell'art. 77 Costituzione. La  qual  cosa  peraltro  sara'
tanto piu' vera ed evidente se si condividera' la tesi del  contenuto
«innovativo», e non  meramente  interpretativo,  della  nuova  norma,
cosi'  come  innanzi   sostenuta,   che   consente   di   configurare
l'emendamento in questione come rivolto non solo alla mera proroga di
un termine, ma a modificare in maniera sostanziale  il  regime  delle
gare di aggiudicazione degli appalti pubblici, e quello  di  gestione
degli Albi dei soggetti legittimati a parteciparvi. 
    3. Alla stregua  delle  considerazioni  tutte  che  precedono  ne
consegue  conclusivamente  che  rilevante  per  la  definizione   del
procedimento in esame, e non manifestamente infondata deve  ritenersi
la questione di  costituzionalita'  dell'art.  3,  comma  14-septies,
decreto-legge 27 dicembre  2024,  n.  202,  convertito  in  legge  21
febbraio 2025, n. 15, con riferimento ai parametri  costituiti  dagli
artt. 3, 77,  101/102,  111  e  117  della  Costituzione,  anche  con
riferimento alla previsione di cui all'art.  6  CEDU,  cosi'  che  si
impone il rinvio della questione alla  Corte  costituzionale  per  la
delibazione di sua competenza, ai sensi degli artt. 134, Costituzione
e 23, legge 11 marzo 1953, n.  87  con  conseguente  sospensione  del
processo di merito. 

 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte in composizione monocratica, ritenuta  rilevante  e  non
manifestamente infondata la questione di costituzionalita'  dell'art.
3 c. 14-septies, decreto-legge 27 dicembre 2024, n.  202,  convertito
con  modificazioni  nella  legge  21  febbraio  2025,  n.   15,   con
riferimento ai parametri costituiti dagli artt. 3, 77, 101/102, 111 e
117, commi 1 e 2 della Costituzione, anche con riferimento all'art. 6
CEDU, nei termini di cui in motivazione, dispone la  sospensione  del
giudizio  e  ordina   la   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale  per  la  risoluzione  della  rilevata  questione   di
costituzionalita'. 
    Dispone che, a cura della Segreteria, la presente ordinanza venga
notificata alle parti in causa e  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, e comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e  del
Senato della Repubblica. 
 
                         Il Giudice: Ferrara