Reg. ord. n. 190 del 2025 pubbl. su G.U. del 15/10/2025 n. 42
Ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Firenze del 18/07/2025
Tra: M. S.
Oggetto:
Ordinamento penitenziario – Procedimento in materia di liberazione anticipata – Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 92 del 2024, come convertito – Denunciata previsione che il condannato può formulare istanza di liberazione anticipata solo quando abbia indicato espressamente nell'istanza, a pena di inammissibilità, uno specifico interesse diverso da quello di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 69-bis della legge n. 354 del 1975 – Violazione dei principi della finalità rieducativa della pena e di ragionevolezza – Lesione del diritto di difesa.
Norme impugnate:
legge
del 26/07/1975
Num. 354
Art. 69
Co. 3
decreto-legge
del 04/07/2024
Num. 92
Art. 5
Co. 3
legge
del 08/08/2024
Num. 112
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 24
Co.
Costituzione
Art. 27
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 190 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 luglio 2025
Ordinanza del 18 luglio 2025 del Tribunale di sorveglianza di Firenze
nel procedimento di sorveglianza nei confronti di M. S. .
Ordinamento penitenziario - Procedimento in materia di liberazione
anticipata - Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 92
del 2024, come convertito - Denunciata previsione che il condannato
puo' formulare istanza di liberazione anticipata solo quando abbia
indicato espressamente nell'istanza, a pena di inammissibilita',
uno specifico interesse diverso da quello di cui ai commi 1 e 2
dell'art. 69-bis della legge n. 354 del 1975.
- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario
e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della
liberta'), art. 69-bis, comma 3, come sostituito dall'art. 5, comma
3, del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (Misure urgenti in
materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale
del Ministero della giustizia civile e penale e di personale del
Ministero della giustizia), convertito, con modificazioni, nella
legge 8 agosto 2024, n. 112.
(GU n. 42 del 15-10-2025)
IL TRIBUNALE
Il giorno 17 luglio 2025 in Firenze si e' riunito in Camera di
consiglio nelle persone dei componenti:
dott. Marcello Bortolato, Presidente;
dott.ssa Giuditta Merli, giudice relatore;
dott.ssa Rosa Manfredi, esperta;
dott.ssa Mary Luca, esperta;
e, sentito il sost. Procuratore Generale che ha espresso parere
conforme, ha emesso la seguente;
Ordinanza
nel procedimento ex art. 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 in
materia di reclamo su liberazione anticipata presentato da S. M.,
nato a ..., il ..., detenuto presso la Casa circondariale di ... con
fine pena al 1° gennaio 2028, in espiazione della pena di anni 4 e
giorni 5 di reclusione, residua di quella di anni 5 e mesi 4 di
reclusione di cui alla sentenza della Corte di appello di Firenze del
14 luglio 2020, in riforma della sentenza del giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Firenze del 10 maggio 2018, irrevocabile
il 23 giugno 2021;
Motivi
S. M., detenuto dal 28 dicembre 2023, reclama avverso l'ordinanza
n. 2024/4118 del 19 dicembre 2024 con cui il magistrato di
sorveglianza di Firenze ha dichiarato inammissibile l'istanza di
liberazione anticipata avanzata dallo stesso perche' non corredata
dall'indicazione di uno specifico interesse, come previsto dalla
nuova formulazione dell'art 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354,
modificato con decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 entrato in vigore
il 5 luglio 2024 e convertito in legge con legge 8 agosto 2024, n.
112.
Il condannato si duole del provvedimento e, a mezzo del
Difensore, deduce di avere avanzato in precedenza un'istanza di
affidamento in prova al servizio sociale, respinta dal Tribunale di
sorveglianza, e di essere intenzionato a presentarne una nuova,
precisando di avere maturato sei semestri di liberazione anticipata.
L'istanza di liberazione anticipata presentata dal difensore di
S. elenca i periodi espiati e gli istituti in cui e' stato ristretto,
anche in custodia cautelare in carcere, e il luogo in cui e' stato
sottoposto agli arresti domiciliari.
L'istanza non e' collegata ad alcuna richiesta di misura
alternativa ne' e' indicato uno specifico interesse alla decisione.
Il precedente provvedimento del Tribunale di sorveglianza e' stato di
inammissibilita' per mancato completamento dell'anno di osservazione
ed ora l'affidamento in prova e' ammissibile. Non mancano inoltre
meno di 90 giorni al maturare del tennine di conclusione della pena.
Pertanto, in base a un'interpretazione letterale della disposizione
normativa, l'istanza dovrebbe essere dichiarata inammissibile ai
sensi dell'art. 69-bis, comma 3 o.p.
Questo Tribunale dubita della costituzionalita' della norma cosi'
come modificata con la novella del 2024.
Il testo del nuovo art. 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354
sanziona con l'inammissibilita' la mancata deduzione di uno specifico
interesse nell'istanza diretta all'ottenimento del beneficio,
beneficio che, altrimenti, deve essere valutato d'ufficio in soli due
casi: 1) in occasione di istanze di benefici penitenziari (quando la
riduzione di pena rilevi ai fini dell'ammissibilita' del beneficio
richiesto); 2) in prossimita' del fine pena «virtuale», ovverossia
quando residuano 90 giorni alla data di conclusione della pena come
indicata dalla Procura nell'ordine di esecuzione, detraendo tutte le
riduzioni concedibili in base all'entita' della pena espiata. Questa
data e' indicata accanto al fine pena «reale», ovverosia alla data di
conclusione della pena ove non vengano riconosciute le riduzioni per
liberazione anticipata.
Innanzitutto, la questione e' rilevante in quanto la norma e' di
diretta applicazione nel procedimento in oggetto.
Il condannato e' infatti detenuto dal 28 dicembre 2023 in
espiazione della pena di anni 4 e giorni 5 reclusione, residua di
quella di anni 5 e mesi 4 reclusione inflitta con sentenza Corte di
appello Firenze del 14 luglio 2020, in riforma della sentenza giudice
per le indagini preliminari Tribunale Firenze del 10 maggio 2018,
irrevocabile dal 23 giugno 2021. La condanna e' stata inflitta per
reati di cessione di sostanze stupefacenti a persona minore di eta' e
violenza sessuale di gruppo su minore commessi nel ... a ... . Il
detenuto ha chiesto il riconoscimento della riduzione di pena in
relazione a sei semestri di pena ma in realta' i semestri sono cinque
e dovrebbero essere ricostruiti come segue: 2 gennaio 2018 - 2 luglio
2018; 2 luglio 2018 - 2 gennaio 2019; 2 gennaio 2019 - 26 giugno 2019
e 28 novembre 2023 - 3 dicembre 2023; 3 dicembre 2023 - 3 giugno
2024; 3 giugno 2024 - 3 dicembre 2024.
Il condannato ha gia' espiato l'anno di osservazione
criminologica richiesto dall'art 4-bis, comma 1-quater o.p. e mancano
meno di tre anni al fine pena, ragion per cui gia' potrebbe in
astratto avere accesso sia all'affidamento in prova al servizio
sociale sia alla semiliberta', di talche' la questione della
riduzione di pena ex art. 54 o.p. non rileva ai fini
dell'ammissibilita' delle misure. Si consideri altresi' che anche
laddove la pena residua, a seguito di concessione della liberazione
anticipata, si riducesse ad anni 2, la misura della detenzione
domiciliare sarebbe comunque inammissibile stante la natura ostativa
del reato (violenza sessuale di gruppo). In definitiva, sotto il
profilo della rilevanza, non avendo il reclamante dedotto uno
specifico interesse all'ottenimento del beneficio, la domanda in
applicazione della disposizione di legge dovrebbe essere dichiarata
inammissibile e pertanto andrebbe confermato il provvedimento del
giudice di prime cure qui impugnato. Nel caso viceversa di
dichiarazione di incostituzionalita', la richiesta non verrebbe
colpita dalla sanzione dell'inammissibilita' e dovrebbe essere
valutata nel merito.
Il Tribunale ritiene di sollevare d'ufficio la questione di
illegittimita' costituzionale della norma in esame in quanto non
manifestamente infondata.
L'istituto della liberazione anticipata e' presente nel nostro
ordinamento penitenziario fin dall'originario testo. Esso e'
collocato nel Capo VI, del Titolo I della legge 26 luglio 1975, n.
354, dedicato alle misure alternative alla detenzione (e alla
remissione del debito), inserito nel titolo sul «Trattamento
penitenziario», della cui natura dunque partecipa espressamente. Esso
si ricollega alle esperienze ed agli insegnamenti della «terapia»
criminologica secondo cui la promessa di un «abbuono» di pena ogni
sei mesi avrebbe l'effetto di sollecitare l'adesione alla
partecipazione all'azione di rieducazione. In origine il beneficio
consisteva nella riduzione di 20 giorni per ciascun semestre di pena
detentiva scontata e poteva essere concesso al condannato che avesse
«dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione ai fini del
suo piu' efficace reinserimento nella societa'».
La concessione del beneficio era di competenza del Tribunale ex
art. 70 legge 26 luglio 1975, n. 354 ed avveniva alla conclusione di
un procedimento in Camera di consiglio in udienza partecipata
dall'interessato, oltre che dalla Procura generale e dal difensore,
con provvedimento ricorribile in Cassazione.
Con la legge 10 ottobre 1986, n. 663 la riduzione di pena veniva
aumentata a quarantacinque giorni «per ogni singolo semestre di pena
scontata». Restava la procedura a contraddittorio pieno, con udienza
in cui poteva essere discussa e valutata la condotta del richiedente
per ciascun semestre.
La strutturazione del procedimento, ferma la sostanza, cambiava
radicalmente con la legge 19 dicembre 2002, n. 277, che introduceva
l'art 69-bis rubricato «Procedimento in materia di liberazione
anticipata». Non solo si trasferisce la competenza dal Tribunale al
magistrato di sorveglianza, ma viene meno anche il contraddittorio
perche' la decisione e' «adottata in Camera di consiglio senza la
presenza delle parti», previo parere del pubblico ministero. Si
prevede, inoltre. la possibilita' di impugnazione in primo grado al
Tribunale e, ovviamente, il ricorso per Cassazione. Viene quindi
sensibilmente ridotto il carico di lavoro del Tribunale ma a scapito
della cognizione piena sui fatti (il condannato non e' ammesso a dire
la sua o a giustificare i propri comportamenti, cosi' come la Procura
e' chiamata solo ad esprimere il proprio parere su un fascicolo
inevitabilmente incompleto e «di parte») dato che la decisione viene
trasferita in capo al giudice monocratico, con un contraddittorio
eventuale e differito solo alla fase del reclamo al Collegio.
Su detta procedura si innesta il decreto-legge 4 luglio 2024, n.
92, convertito in legge con legge 8 agosto 2024, n. 112, che
«stravolge» l'intero meccanismo: la decisione rimane monocratica ma
e' prevalentemente «d'ufficio», salva la deduzione di uno «specifico
interesse» da parte del richiedente (che la stessa relazione
accompagnatoria del provvedimento individua per lo piu' nella
possibilita' di un utile «scorporo» dei reati ostativi), e senza il
preventivo parere della Procura (o la decorrenza di quindici giorni
dalla richiesta, come espressamente previsto dal vecchio testo del
comma 2 dell'art 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354). La
disposizione sostanziale non cambia e l'istituto di cui all'art 54
continua a far parte del Capo dedicato alle misure alternative, ad
essere «semestralizzato» ed a richiedere come requisito la
partecipazione all'opera di rieducazione. La norma tuttavia introduce
un meccanismo «alla rovescia»: non si configura piu' la liberazione
anticipata come un premio» quanto invece la mancata concessione come
una «punizione», invertendo la funzione propulsiva ed incentivante
del beneficio, vietando al giudice (salva l'ipotesi eccezionale dello
«specifico interesse» di cui al comma 3) una valutazione periodica
del condannato e della sua progressione trattamentale, senza poterne
orientare la condotta attraverso il riconoscimento del beneficio con
ragionevoli scansioni temporali.
La nuova formulazione dell'art 69-bis legge 26 luglio 1975, n.
354 arreca un sensibile vulnus alla funzione rieducativa della pena
perche' non consente al condannato di comprendere il valore o il
disvalore dei propri comportamenti attraverso la lettura della
motivazione dei provvedimenti del giudice adottati semestre per
semestre e quindi di intendere se la pena abbia in concreto svolto la
sua principale funzione.
Cosi' come congegnato, l'istituto priva il condannato di uno dei
pochi poteri di «autorieducazione» a diretta disposizione per
orientare e indirizzare i propri comportamenti e rende opaco il
sistema. L'interessato potra' trovarsi a espiare anche lunghissimi
periodi di pena senza aver certezza sulla durata della propria pena,
che potra' definirsi solo molto tempo dopo.
Il primo parametro che si ritiene violato e' pertanto quello
dell'art. 27 della Costituzione.
Il nuovo meccanismo normativo nuoce alla funzione rieducativa
della pena laddove preclude fin da subito al condannato ogni
incentivo alla prestazione di una concreta adesione all'opera
rieducativa (per lui sacrificante soprattutto nelle fasi iniziali del
trattamento), se il «premio» viene rimesso a benefici collocati
temporalmente a distanza di anni.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 276/1990 del 29
novembre 1989, ha gia' affrontato il tema della natura del beneficio
in esame, sottolineandone il grande valore psicologico costituito da
una sollecitazione che impegna le «energie volitive del condannato
alla prospettiva di un premio da cogliere in breve lasso di tempo,
purche' in quel tempo egli riesca a dare adesione all'azione
rieducativa» (Considerato in diritto n. 3).
La Corte, nella sentenza citata, ha affrontato il tema della
valutazione «atomistica» o «globale», che allora si poneva meramente
a livello giurisprudenziale, ribadendo a chiare lettere che la scelta
del legislatore (che aveva chiaramente privilegiato quella
«atomistica», limitandola peraltro ad un periodo di tempo - 6 mesi -
assolutamente ragionevole poiche' tale da dare credibilita' al
comportamento avuto dal condannato nel corso di esso, come gia'
dapprima rilevato da Corte costituzionale, sentenza 28 aprile 1983,
n. 137) rivelava la natura tutt'altro che pietistica o paternalistica
del beneficio, quanto piuttosto la caratteristica vera di un «premio»
allo sforzo che il condannato fa per adeguarsi giorno per giorno
all'opera dell'istituzione, rivolta, mediante la rieducazione, al
reinserimento sociale (v. Considerato in diritto n. 4). Un diverso
meccanismo, quale quello attuale, che impone una valutazione
«globale» solo al ricorrere di alcune limitate scansioni temporali
(accesso ai benefici o fine della pena) o ad un dimostrabile e non
definito «interesse specifico», finisce per scoraggiare e
disincentivare ogni buon proposito.
Ritiene in altre parole questo Tribunale che la scelta
«atomistica» e il rifiuto di una valutazione «globale» delle condotte
di adesione all'azione rieducativa, in cui il semestre si riduca a
mero parametro di calcolo, si pone in contrasto con l'art. 27 della
Costituzione in quanto annulla ogni funzione sollecitante ed
incentivante dell'istituto ed azzera, sotto il profilo criminologico,
ogni incentivo psicologico. E' infatti solo una delibazione immediata
e comunque continuativa da parte del magistrato di sorveglianza,
tendenzialmente prossima al singolo semestre, a svolgere detta
funzione. La liberazione anticipata e' istituto tipicamente volto
alla «progressione» trattamentale che in tal modo oggi, con il
recupero del solo computo «algebrico» del semestre, viene totalmente
frustrata.
Il secondo parametro costituzionale violato e' l'art. 3 della
Costituzione sotto il profilo della irragionevolezza di una
disposizione normativa che, pur azzerando la funzione incentivante
del beneficio, mantiene il criterio di computo semestrale. Se la
valutazione deve essere tendenzialmente unica e «globale» non si
comprende perche' debba essere mantenuto il parametro di calcolo di
45 giorni per ciascun semestre, quando e' viceversa proprio la
strettissima relazione tra la quantita' della riduzione e il breve
periodo di riferimento che fonda la natura incentivante e «premiale»
dell'istituto, in una considerazione «atomistica» e non «globale»
della partecipazione del condannato all'azione rieducativa.
L'ultimo parametro con il quale la norma, della cui
costituzionalita' si discute, si pone in contrasto e' l'art. 24 della
Costituzione.
Va considerato che nella valutazione sulla concedibilita' di
qualunque beneficio penitenziario (pennesso premio, lavoro
all'esterno ex art. 21 o.p.) o misura alternativa (affidamento in
prova, semiliberta', detenzione domiciliare) non e' affatto
indifferente, nell'ambito di quella discrezionalita' che e' propria
della magistratura di sorveglianza che vi sovrintende, la
considerazione del quantum di pena residuo.
Se e' ben vero che i benefici e le misure alternative alla
detenzione vengono concessi sulla base di requisiti di legge, soglie
temporali di ammissibilita' e valutazioni di merito effettuate dagli
operatori del trattamento, e' altrettanto vero che il margine di
apprezzabilita' rimesso alla magistratura di sorveglianza attiene in
ultima analisi da un lato alla «meritevolezza» in se' (che consegue
ad un giudizio globale sulla persona) e, dall'altro, ad una prognosi
di reinserimento e di assenza di pericolosita' in relazione ai quali
e' tutt'affatto indifferente il residuo di pena ancora da espiare
che, laddove opportunamente ridotto proprio grazie alla valutazione
conseguente alla liberazione anticipata, puo' dunque di fatto
influire sulla decisione. Anche nel caso dell'odierno reclamante, al
quale gia' e' stata respinta un'istanza di affidamento in prova e che
non ha ottenuto la valutazione di ben 5 semestri, non sarebbe
irrilevante, al momento della reiterazione dell'istanza di misura
alternativa, presentare un fine pena (attualmente al 2028) di gran
lunga inferiore ove i 5 semestri venissero tutti concessi (225 gg).
Precludere pertanto anche in questi casi al condannato di domandare
la riduzione di pena, in quanto non collegata all'ottenimento di uno
specifico beneficio (gia' ampiamente ammissibile) e non in
prossimita' del fine della pena. nell'impossibilita' di dedurre
inoltre uno «specifico» interesse, si risolve in una lesione del
proprio diritto di difesa privando il richiedente di un ulteriore
strumento di valutazione da portare a conoscenza del giudice e che
inerisce al dato «oggettivo» di una pena residua maggiormente ridotta
rispetto a quella risultante dalla propria posizione giuridica. Deve
in definitiva essere consentito al condannato di chiedere la
riduzione di pena anche solo allo scopo di «presentarsi» al giudice,
ai fini dell'ottenimento di una misura alternativa o di un permesso
premio, con una pena residua ben inferiore a quella attuale.
Il secondo profilo, sempre sub specie art. 24 della Costituzione,
riguarda l'impossibilita' di agire in giudizio per ottenere il
riconoscimento di un proprio diritto (la valutazione dei semestre)
una volta che tale diritto sia maturato col decorso del semestre
stesso. Ridotta la «semestralizzazione» a mero parametro di calcolo,
resta conculcato il diritto ad azionare in giudizio una valutazione
sul proprio comportamento (che e' alla base del riconoscimento del
beneficio) anche ove il periodo di valutazione minimo, che la stessa
legge richiede, si sia concluso magari da molto tempo. Va osservato
infine come una delibazione negativa da parte del magistrato di
sorveglianza prossima al semestre consenta, attraverso lo strumento
del reclamo, un immediato contraddittorio, con facolta' di illustrare
e provare nella quasi immediatezza le proprie ragioni senza dover
attendere una valutazione «globale» finale allorquando le facolta' di
prova contraria o di controdeduzione inevitabilmente si
affievoliscono col decorso del tempo (si pensi ad es. alle pene molto
lunghe o alla pena dell'ergastolo a fronte del rigetto di un semestre
attinto da un'infrazione disciplinare assai risalente).
Per tutte queste ragioni ad avviso di questo Tribunale di
sorveglianza vi e' contrasto tra l'art. 69-bis, comma 3, legge 26
luglio 1975, n. 354, come modificato con decreto-legge 4 luglio 2024,
n. 92 convertito in legge con legge 8 agosto 2024, n. 112, nella
parte in cui consente al condannato di formulare l'istanza di
liberazione anticipata solo quando abbia indicato espressamente
nell'istanza, a pena di inammissibilita', uno specifico interesse
diverso da quello di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo.
P. Q. M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 e seguenti della
legge 11 marzo 1957, n. 87;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art 69-bis, comma 3, legge 26 luglio
1975, n. 354, come modificato con decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92
convertito nella legge 8 agosto 2024, n. 112, nella parte in cui
consente al condannato di formulare l'istanza di liberazione
anticipata solo quando abbia indicato espressamente nell'istanza, a
pena di inammissibilita', uno specifico interesse diverso da quello
di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo;
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale;
Sospende il procedimento in corso sino all'esito del giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale;
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza di
trasmissione degli atti sia notificata alle parti in causa ed al
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di
Firenze nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Cosi' deciso in Firenze il 17 luglio 2025
Il Presidente: Bortolato
Il Magistrato estensore: Merli
Oggetto:
Ordinamento penitenziario – Procedimento in materia di liberazione anticipata – Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 92 del 2024, come convertito – Denunciata previsione che il condannato può formulare istanza di liberazione anticipata solo quando abbia indicato espressamente nell'istanza, a pena di inammissibilità, uno specifico interesse diverso da quello di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 69-bis della legge n. 354 del 1975 – Violazione dei principi della finalità rieducativa della pena e di ragionevolezza – Lesione del diritto di difesa.
Norme impugnate:
legge del 26/07/1975 Num. 354 Art. 69 Co. 3
decreto-legge del 04/07/2024 Num. 92 Art. 5 Co. 3
legge del 08/08/2024 Num. 112
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 24 Co.
Costituzione Art. 27 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 190 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 luglio 2025
Ordinanza del 18 luglio 2025 del Tribunale di sorveglianza di Firenze
nel procedimento di sorveglianza nei confronti di M. S. .
Ordinamento penitenziario - Procedimento in materia di liberazione
anticipata - Modifiche normative ad opera del decreto-legge n. 92
del 2024, come convertito - Denunciata previsione che il condannato
puo' formulare istanza di liberazione anticipata solo quando abbia
indicato espressamente nell'istanza, a pena di inammissibilita',
uno specifico interesse diverso da quello di cui ai commi 1 e 2
dell'art. 69-bis della legge n. 354 del 1975.
- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario
e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della
liberta'), art. 69-bis, comma 3, come sostituito dall'art. 5, comma
3, del decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 (Misure urgenti in
materia penitenziaria, di giustizia civile e penale e di personale
del Ministero della giustizia civile e penale e di personale del
Ministero della giustizia), convertito, con modificazioni, nella
legge 8 agosto 2024, n. 112.
(GU n. 42 del 15-10-2025)
IL TRIBUNALE
Il giorno 17 luglio 2025 in Firenze si e' riunito in Camera di
consiglio nelle persone dei componenti:
dott. Marcello Bortolato, Presidente;
dott.ssa Giuditta Merli, giudice relatore;
dott.ssa Rosa Manfredi, esperta;
dott.ssa Mary Luca, esperta;
e, sentito il sost. Procuratore Generale che ha espresso parere
conforme, ha emesso la seguente;
Ordinanza
nel procedimento ex art. 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354 in
materia di reclamo su liberazione anticipata presentato da S. M.,
nato a ..., il ..., detenuto presso la Casa circondariale di ... con
fine pena al 1° gennaio 2028, in espiazione della pena di anni 4 e
giorni 5 di reclusione, residua di quella di anni 5 e mesi 4 di
reclusione di cui alla sentenza della Corte di appello di Firenze del
14 luglio 2020, in riforma della sentenza del giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Firenze del 10 maggio 2018, irrevocabile
il 23 giugno 2021;
Motivi
S. M., detenuto dal 28 dicembre 2023, reclama avverso l'ordinanza
n. 2024/4118 del 19 dicembre 2024 con cui il magistrato di
sorveglianza di Firenze ha dichiarato inammissibile l'istanza di
liberazione anticipata avanzata dallo stesso perche' non corredata
dall'indicazione di uno specifico interesse, come previsto dalla
nuova formulazione dell'art 54 della legge 26 luglio 1975, n. 354,
modificato con decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92 entrato in vigore
il 5 luglio 2024 e convertito in legge con legge 8 agosto 2024, n.
112.
Il condannato si duole del provvedimento e, a mezzo del
Difensore, deduce di avere avanzato in precedenza un'istanza di
affidamento in prova al servizio sociale, respinta dal Tribunale di
sorveglianza, e di essere intenzionato a presentarne una nuova,
precisando di avere maturato sei semestri di liberazione anticipata.
L'istanza di liberazione anticipata presentata dal difensore di
S. elenca i periodi espiati e gli istituti in cui e' stato ristretto,
anche in custodia cautelare in carcere, e il luogo in cui e' stato
sottoposto agli arresti domiciliari.
L'istanza non e' collegata ad alcuna richiesta di misura
alternativa ne' e' indicato uno specifico interesse alla decisione.
Il precedente provvedimento del Tribunale di sorveglianza e' stato di
inammissibilita' per mancato completamento dell'anno di osservazione
ed ora l'affidamento in prova e' ammissibile. Non mancano inoltre
meno di 90 giorni al maturare del tennine di conclusione della pena.
Pertanto, in base a un'interpretazione letterale della disposizione
normativa, l'istanza dovrebbe essere dichiarata inammissibile ai
sensi dell'art. 69-bis, comma 3 o.p.
Questo Tribunale dubita della costituzionalita' della norma cosi'
come modificata con la novella del 2024.
Il testo del nuovo art. 69-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354
sanziona con l'inammissibilita' la mancata deduzione di uno specifico
interesse nell'istanza diretta all'ottenimento del beneficio,
beneficio che, altrimenti, deve essere valutato d'ufficio in soli due
casi: 1) in occasione di istanze di benefici penitenziari (quando la
riduzione di pena rilevi ai fini dell'ammissibilita' del beneficio
richiesto); 2) in prossimita' del fine pena «virtuale», ovverossia
quando residuano 90 giorni alla data di conclusione della pena come
indicata dalla Procura nell'ordine di esecuzione, detraendo tutte le
riduzioni concedibili in base all'entita' della pena espiata. Questa
data e' indicata accanto al fine pena «reale», ovverosia alla data di
conclusione della pena ove non vengano riconosciute le riduzioni per
liberazione anticipata.
Innanzitutto, la questione e' rilevante in quanto la norma e' di
diretta applicazione nel procedimento in oggetto.
Il condannato e' infatti detenuto dal 28 dicembre 2023 in
espiazione della pena di anni 4 e giorni 5 reclusione, residua di
quella di anni 5 e mesi 4 reclusione inflitta con sentenza Corte di
appello Firenze del 14 luglio 2020, in riforma della sentenza giudice
per le indagini preliminari Tribunale Firenze del 10 maggio 2018,
irrevocabile dal 23 giugno 2021. La condanna e' stata inflitta per
reati di cessione di sostanze stupefacenti a persona minore di eta' e
violenza sessuale di gruppo su minore commessi nel ... a ... . Il
detenuto ha chiesto il riconoscimento della riduzione di pena in
relazione a sei semestri di pena ma in realta' i semestri sono cinque
e dovrebbero essere ricostruiti come segue: 2 gennaio 2018 - 2 luglio
2018; 2 luglio 2018 - 2 gennaio 2019; 2 gennaio 2019 - 26 giugno 2019
e 28 novembre 2023 - 3 dicembre 2023; 3 dicembre 2023 - 3 giugno
2024; 3 giugno 2024 - 3 dicembre 2024.
Il condannato ha gia' espiato l'anno di osservazione
criminologica richiesto dall'art 4-bis, comma 1-quater o.p. e mancano
meno di tre anni al fine pena, ragion per cui gia' potrebbe in
astratto avere accesso sia all'affidamento in prova al servizio
sociale sia alla semiliberta', di talche' la questione della
riduzione di pena ex art. 54 o.p. non rileva ai fini
dell'ammissibilita' delle misure. Si consideri altresi' che anche
laddove la pena residua, a seguito di concessione della liberazione
anticipata, si riducesse ad anni 2, la misura della detenzione
domiciliare sarebbe comunque inammissibile stante la natura ostativa
del reato (violenza sessuale di gruppo). In definitiva, sotto il
profilo della rilevanza, non avendo il reclamante dedotto uno
specifico interesse all'ottenimento del beneficio, la domanda in
applicazione della disposizione di legge dovrebbe essere dichiarata
inammissibile e pertanto andrebbe confermato il provvedimento del
giudice di prime cure qui impugnato. Nel caso viceversa di
dichiarazione di incostituzionalita', la richiesta non verrebbe
colpita dalla sanzione dell'inammissibilita' e dovrebbe essere
valutata nel merito.
Il Tribunale ritiene di sollevare d'ufficio la questione di
illegittimita' costituzionale della norma in esame in quanto non
manifestamente infondata.
L'istituto della liberazione anticipata e' presente nel nostro
ordinamento penitenziario fin dall'originario testo. Esso e'
collocato nel Capo VI, del Titolo I della legge 26 luglio 1975, n.
354, dedicato alle misure alternative alla detenzione (e alla
remissione del debito), inserito nel titolo sul «Trattamento
penitenziario», della cui natura dunque partecipa espressamente. Esso
si ricollega alle esperienze ed agli insegnamenti della «terapia»
criminologica secondo cui la promessa di un «abbuono» di pena ogni
sei mesi avrebbe l'effetto di sollecitare l'adesione alla
partecipazione all'azione di rieducazione. In origine il beneficio
consisteva nella riduzione di 20 giorni per ciascun semestre di pena
detentiva scontata e poteva essere concesso al condannato che avesse
«dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione ai fini del
suo piu' efficace reinserimento nella societa'».
La concessione del beneficio era di competenza del Tribunale ex
art. 70 legge 26 luglio 1975, n. 354 ed avveniva alla conclusione di
un procedimento in Camera di consiglio in udienza partecipata
dall'interessato, oltre che dalla Procura generale e dal difensore,
con provvedimento ricorribile in Cassazione.
Con la legge 10 ottobre 1986, n. 663 la riduzione di pena veniva
aumentata a quarantacinque giorni «per ogni singolo semestre di pena
scontata». Restava la procedura a contraddittorio pieno, con udienza
in cui poteva essere discussa e valutata la condotta del richiedente
per ciascun semestre.
La strutturazione del procedimento, ferma la sostanza, cambiava
radicalmente con la legge 19 dicembre 2002, n. 277, che introduceva
l'art 69-bis rubricato «Procedimento in materia di liberazione
anticipata». Non solo si trasferisce la competenza dal Tribunale al
magistrato di sorveglianza, ma viene meno anche il contraddittorio
perche' la decisione e' «adottata in Camera di consiglio senza la
presenza delle parti», previo parere del pubblico ministero. Si
prevede, inoltre. la possibilita' di impugnazione in primo grado al
Tribunale e, ovviamente, il ricorso per Cassazione. Viene quindi
sensibilmente ridotto il carico di lavoro del Tribunale ma a scapito
della cognizione piena sui fatti (il condannato non e' ammesso a dire
la sua o a giustificare i propri comportamenti, cosi' come la Procura
e' chiamata solo ad esprimere il proprio parere su un fascicolo
inevitabilmente incompleto e «di parte») dato che la decisione viene
trasferita in capo al giudice monocratico, con un contraddittorio
eventuale e differito solo alla fase del reclamo al Collegio.
Su detta procedura si innesta il decreto-legge 4 luglio 2024, n.
92, convertito in legge con legge 8 agosto 2024, n. 112, che
«stravolge» l'intero meccanismo: la decisione rimane monocratica ma
e' prevalentemente «d'ufficio», salva la deduzione di uno «specifico
interesse» da parte del richiedente (che la stessa relazione
accompagnatoria del provvedimento individua per lo piu' nella
possibilita' di un utile «scorporo» dei reati ostativi), e senza il
preventivo parere della Procura (o la decorrenza di quindici giorni
dalla richiesta, come espressamente previsto dal vecchio testo del
comma 2 dell'art 69-bis legge 26 luglio 1975, n. 354). La
disposizione sostanziale non cambia e l'istituto di cui all'art 54
continua a far parte del Capo dedicato alle misure alternative, ad
essere «semestralizzato» ed a richiedere come requisito la
partecipazione all'opera di rieducazione. La norma tuttavia introduce
un meccanismo «alla rovescia»: non si configura piu' la liberazione
anticipata come un premio» quanto invece la mancata concessione come
una «punizione», invertendo la funzione propulsiva ed incentivante
del beneficio, vietando al giudice (salva l'ipotesi eccezionale dello
«specifico interesse» di cui al comma 3) una valutazione periodica
del condannato e della sua progressione trattamentale, senza poterne
orientare la condotta attraverso il riconoscimento del beneficio con
ragionevoli scansioni temporali.
La nuova formulazione dell'art 69-bis legge 26 luglio 1975, n.
354 arreca un sensibile vulnus alla funzione rieducativa della pena
perche' non consente al condannato di comprendere il valore o il
disvalore dei propri comportamenti attraverso la lettura della
motivazione dei provvedimenti del giudice adottati semestre per
semestre e quindi di intendere se la pena abbia in concreto svolto la
sua principale funzione.
Cosi' come congegnato, l'istituto priva il condannato di uno dei
pochi poteri di «autorieducazione» a diretta disposizione per
orientare e indirizzare i propri comportamenti e rende opaco il
sistema. L'interessato potra' trovarsi a espiare anche lunghissimi
periodi di pena senza aver certezza sulla durata della propria pena,
che potra' definirsi solo molto tempo dopo.
Il primo parametro che si ritiene violato e' pertanto quello
dell'art. 27 della Costituzione.
Il nuovo meccanismo normativo nuoce alla funzione rieducativa
della pena laddove preclude fin da subito al condannato ogni
incentivo alla prestazione di una concreta adesione all'opera
rieducativa (per lui sacrificante soprattutto nelle fasi iniziali del
trattamento), se il «premio» viene rimesso a benefici collocati
temporalmente a distanza di anni.
La Corte costituzionale, con la sentenza n. 276/1990 del 29
novembre 1989, ha gia' affrontato il tema della natura del beneficio
in esame, sottolineandone il grande valore psicologico costituito da
una sollecitazione che impegna le «energie volitive del condannato
alla prospettiva di un premio da cogliere in breve lasso di tempo,
purche' in quel tempo egli riesca a dare adesione all'azione
rieducativa» (Considerato in diritto n. 3).
La Corte, nella sentenza citata, ha affrontato il tema della
valutazione «atomistica» o «globale», che allora si poneva meramente
a livello giurisprudenziale, ribadendo a chiare lettere che la scelta
del legislatore (che aveva chiaramente privilegiato quella
«atomistica», limitandola peraltro ad un periodo di tempo - 6 mesi -
assolutamente ragionevole poiche' tale da dare credibilita' al
comportamento avuto dal condannato nel corso di esso, come gia'
dapprima rilevato da Corte costituzionale, sentenza 28 aprile 1983,
n. 137) rivelava la natura tutt'altro che pietistica o paternalistica
del beneficio, quanto piuttosto la caratteristica vera di un «premio»
allo sforzo che il condannato fa per adeguarsi giorno per giorno
all'opera dell'istituzione, rivolta, mediante la rieducazione, al
reinserimento sociale (v. Considerato in diritto n. 4). Un diverso
meccanismo, quale quello attuale, che impone una valutazione
«globale» solo al ricorrere di alcune limitate scansioni temporali
(accesso ai benefici o fine della pena) o ad un dimostrabile e non
definito «interesse specifico», finisce per scoraggiare e
disincentivare ogni buon proposito.
Ritiene in altre parole questo Tribunale che la scelta
«atomistica» e il rifiuto di una valutazione «globale» delle condotte
di adesione all'azione rieducativa, in cui il semestre si riduca a
mero parametro di calcolo, si pone in contrasto con l'art. 27 della
Costituzione in quanto annulla ogni funzione sollecitante ed
incentivante dell'istituto ed azzera, sotto il profilo criminologico,
ogni incentivo psicologico. E' infatti solo una delibazione immediata
e comunque continuativa da parte del magistrato di sorveglianza,
tendenzialmente prossima al singolo semestre, a svolgere detta
funzione. La liberazione anticipata e' istituto tipicamente volto
alla «progressione» trattamentale che in tal modo oggi, con il
recupero del solo computo «algebrico» del semestre, viene totalmente
frustrata.
Il secondo parametro costituzionale violato e' l'art. 3 della
Costituzione sotto il profilo della irragionevolezza di una
disposizione normativa che, pur azzerando la funzione incentivante
del beneficio, mantiene il criterio di computo semestrale. Se la
valutazione deve essere tendenzialmente unica e «globale» non si
comprende perche' debba essere mantenuto il parametro di calcolo di
45 giorni per ciascun semestre, quando e' viceversa proprio la
strettissima relazione tra la quantita' della riduzione e il breve
periodo di riferimento che fonda la natura incentivante e «premiale»
dell'istituto, in una considerazione «atomistica» e non «globale»
della partecipazione del condannato all'azione rieducativa.
L'ultimo parametro con il quale la norma, della cui
costituzionalita' si discute, si pone in contrasto e' l'art. 24 della
Costituzione.
Va considerato che nella valutazione sulla concedibilita' di
qualunque beneficio penitenziario (pennesso premio, lavoro
all'esterno ex art. 21 o.p.) o misura alternativa (affidamento in
prova, semiliberta', detenzione domiciliare) non e' affatto
indifferente, nell'ambito di quella discrezionalita' che e' propria
della magistratura di sorveglianza che vi sovrintende, la
considerazione del quantum di pena residuo.
Se e' ben vero che i benefici e le misure alternative alla
detenzione vengono concessi sulla base di requisiti di legge, soglie
temporali di ammissibilita' e valutazioni di merito effettuate dagli
operatori del trattamento, e' altrettanto vero che il margine di
apprezzabilita' rimesso alla magistratura di sorveglianza attiene in
ultima analisi da un lato alla «meritevolezza» in se' (che consegue
ad un giudizio globale sulla persona) e, dall'altro, ad una prognosi
di reinserimento e di assenza di pericolosita' in relazione ai quali
e' tutt'affatto indifferente il residuo di pena ancora da espiare
che, laddove opportunamente ridotto proprio grazie alla valutazione
conseguente alla liberazione anticipata, puo' dunque di fatto
influire sulla decisione. Anche nel caso dell'odierno reclamante, al
quale gia' e' stata respinta un'istanza di affidamento in prova e che
non ha ottenuto la valutazione di ben 5 semestri, non sarebbe
irrilevante, al momento della reiterazione dell'istanza di misura
alternativa, presentare un fine pena (attualmente al 2028) di gran
lunga inferiore ove i 5 semestri venissero tutti concessi (225 gg).
Precludere pertanto anche in questi casi al condannato di domandare
la riduzione di pena, in quanto non collegata all'ottenimento di uno
specifico beneficio (gia' ampiamente ammissibile) e non in
prossimita' del fine della pena. nell'impossibilita' di dedurre
inoltre uno «specifico» interesse, si risolve in una lesione del
proprio diritto di difesa privando il richiedente di un ulteriore
strumento di valutazione da portare a conoscenza del giudice e che
inerisce al dato «oggettivo» di una pena residua maggiormente ridotta
rispetto a quella risultante dalla propria posizione giuridica. Deve
in definitiva essere consentito al condannato di chiedere la
riduzione di pena anche solo allo scopo di «presentarsi» al giudice,
ai fini dell'ottenimento di una misura alternativa o di un permesso
premio, con una pena residua ben inferiore a quella attuale.
Il secondo profilo, sempre sub specie art. 24 della Costituzione,
riguarda l'impossibilita' di agire in giudizio per ottenere il
riconoscimento di un proprio diritto (la valutazione dei semestre)
una volta che tale diritto sia maturato col decorso del semestre
stesso. Ridotta la «semestralizzazione» a mero parametro di calcolo,
resta conculcato il diritto ad azionare in giudizio una valutazione
sul proprio comportamento (che e' alla base del riconoscimento del
beneficio) anche ove il periodo di valutazione minimo, che la stessa
legge richiede, si sia concluso magari da molto tempo. Va osservato
infine come una delibazione negativa da parte del magistrato di
sorveglianza prossima al semestre consenta, attraverso lo strumento
del reclamo, un immediato contraddittorio, con facolta' di illustrare
e provare nella quasi immediatezza le proprie ragioni senza dover
attendere una valutazione «globale» finale allorquando le facolta' di
prova contraria o di controdeduzione inevitabilmente si
affievoliscono col decorso del tempo (si pensi ad es. alle pene molto
lunghe o alla pena dell'ergastolo a fronte del rigetto di un semestre
attinto da un'infrazione disciplinare assai risalente).
Per tutte queste ragioni ad avviso di questo Tribunale di
sorveglianza vi e' contrasto tra l'art. 69-bis, comma 3, legge 26
luglio 1975, n. 354, come modificato con decreto-legge 4 luglio 2024,
n. 92 convertito in legge con legge 8 agosto 2024, n. 112, nella
parte in cui consente al condannato di formulare l'istanza di
liberazione anticipata solo quando abbia indicato espressamente
nell'istanza, a pena di inammissibilita', uno specifico interesse
diverso da quello di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo.
P. Q. M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione e 23 e seguenti della
legge 11 marzo 1957, n. 87;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art 69-bis, comma 3, legge 26 luglio
1975, n. 354, come modificato con decreto-legge 4 luglio 2024, n. 92
convertito nella legge 8 agosto 2024, n. 112, nella parte in cui
consente al condannato di formulare l'istanza di liberazione
anticipata solo quando abbia indicato espressamente nell'istanza, a
pena di inammissibilita', uno specifico interesse diverso da quello
di cui ai commi 1 e 2 del medesimo articolo;
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale;
Sospende il procedimento in corso sino all'esito del giudizio
incidentale di legittimita' costituzionale;
Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza di
trasmissione degli atti sia notificata alle parti in causa ed al
Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di
Firenze nonche' al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Cosi' deciso in Firenze il 17 luglio 2025
Il Presidente: Bortolato
Il Magistrato estensore: Merli