Reg. ord. n. 187 del 2025 pubbl. su G.U. del 08/10/2025 n. 41

Ordinanza del Corte suprema di cassazione  del 15/07/2025

Tra: INPS - Istituto nazionale della previdenza sociale  C/ L.D. M.



Oggetto:

Previdenza – Prestazioni ai superstiti – Pensione di reversibilità al coniuge – Esclusione dell’estensione della prestazione in favore del partner superstite, in caso di decesso, verificatosi prima dell’entrata in vigore della legge n. 76 del 2016, dell’altro componente della coppia omosessuale, nonostante l’avvenuta formalizzazione del vincolo all’estero – Lesione dei diritti inviolabili della persona all’interno delle formazioni sociali – Violazione del principio solidaristico – Lesione della garanzia previdenziale.

Norme impugnate:

regio decreto legge  del 14/04/1939  Num. 636  Art. 13

legge  del 06/07/1939  Num. 1272



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 36   Co.  

Costituzione  Art. 36   Co.

Costituzione  Art. 38   Co.  

Costituzione  Art. 38   Co.



Udienza Pubblica del 25 febbraio 2026 rel. LUCIANI


Testo dell'ordinanza

                        N. 187 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 luglio 2025

Ordinanza  del  15  luglio  2025  della  Corte  di   cassazione   nel
procedimento civile promosso dall'INPS  -  Istituto  nazionale  della
previdenza sociale contro L.D. M. in  proprio  e  nella  qualita'  di
genitore esercente la responsabilita'  genitoriale  sul  minore  S.C.
M.C., eredi di D. C.. 
 
Previdenza - Prestazioni ai superstiti - Pensione  di  reversibilita'
  al coniuge - Esclusione dell'estensione della prestazione in favore
  del partner superstite, in  caso  di  decesso,  verificatosi  prima
  dell'entrata in vigore della  legge  n.  76  del  2016,  dell'altro
  componente  della   coppia   omosessuale,   nonostante   l'avvenuta
  formalizzazione del vincolo all'estero. 
- Regio decreto-legge 14 aprile 1939,  n.  636  (Modificazioni  delle
  disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per  l'invalidita'  e
  la  vecchiaia,  per  la  tubercolosi  e   per   la   disoccupazione
  involontaria, e sostituzione dell'assicurazione per  la  maternita'
  con l'assicurazione obbligatoria per la nuzialita' e la natalita'),
  convertito, con modificazioni, nella legge 6 luglio 1939, n.  1272,
  art. 13. 


(GU n. 41 del 08-10-2025)

 
                   LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE 
                        Sezioni unite civili 
 
    Composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati 
      Pasquale D'Ascola - Presidente aggiunto 
      Raffaele Gaetano Frasca - Presidente di sezione 
      Massimo Ferro - Presidente di sezione 
      Francesco Terrusi - Presidente di sezione 
      Margherita Maria Leone - Consigliere 
      Annalisa Di Paolantonio - Rel. consigliere 
      Rossana Mancino - Consigliere 
      Roberta Crucitti - Consigliere 
      Enzo Vincenti - Consigliere 
    Ordinanza  interlocutoria  sul  ricorso  iscritto  al   n.   r.g.
10610/2021 proposto da: 
      INPS - Istituto nazionale della previdenza sociale, in  persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente  domiciliato  in
Roma, Via Cesare  Beccaria  29,  presso  gli  Uffici  dell'Avvocatura
centrale  dell'Istituto,  rappresentato  e  difeso   dagli   avvocati
Giuseppina Giannico, Sergio Preden ed Antonella Patteri; 
- ricorrente - 
    contro 
      M          L          D          , in proprio e nella  qualita'
di genitore  esercente  la  responsabilita'  genitoriale  sul  minore
M          C          S          C          , entrambi nella qualita'
di  eredi  di  C           D           ,   rappresentati   e   difesi
dall'avvocato Alexander Schuster; 
- controricorrenti e ricorrenti incidentali - 
      avverso la  sentenza  n.  803/2020  della  Corte  d'appello  di
Milano, depositata il 9 febbraio 2021. 
    Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza  del
15 aprile 2025 dal Consigliere Annalisa Di Paolantonio; 
    udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore
generale Stefano Visona', che  ha  concluso  per  l'accoglimento  del
ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale; 
    uditi gli avvocati Antonella Patteri ed Alexander Schuster. 
 
                           Fatti di causa 
 
    1.  La  Corte  d'appello  di  Milano  ha   accolto   parzialmente
l'impugnazione proposta da  L           D           M           ,  in
proprio e quale esercente la potesta' sul  figlio  minore  S         
C           M           C            ,   e,   in   parziale   riforma
dell'ordinanza con la quale il  Tribunale  della  stessa  sede  aveva
definito il giudizio instaurato ai sensi  dell'art.  28  del  decreto
legislativo 1° settembre 2011  n.  150  e  dell'art.  4  del  decreto
legislativo 9 luglio 2003 n. 216, ha  dichiarato  «il  diritto  degli
appellanti alla pensione indiretta in quanto superstiti di D         
C          » ed ha condannato l'Istituto nazionale  della  previdenza
sociale (INPS) al pagamento dei ratei maturati con decorrenza dal  1°
novembre 2015, maggiorati degli interessi. 
    2. In premessa la Corte ha richiamato le  circostanze  di  fatto,
non controverse tra le parti, costituenti gli antecedenti storici del
giudizio e ha evidenziato  che  L           M           e  D         
C          , legati da stabile convivenza, avevano avuto negli  Stati
Uniti un figlio, nato il           con fecondazione assistita,  e  la
nascita  era  stata  registrata  in   Italia   il             ,   con
attribuzione della paternita' al solo M          . 
    La coppia aveva contratto matrimonio a New  York  il            e
l'atto era stato trascritto in Italia come unione civile il          
, quando gia' si era verificata la morte del C           ,  risalente
all'          . 
    Successivamente al decesso erano stati trascritti, l'           ,
anche la sentenza statunitense del           , che aveva accertato la
paternita' in capo  a  D           C           ,  nonche'  l'atto  di
nascita di S          C           M           C           ,  che  era
stato aggiornato e che teneva conto del  riconoscimento  ottenuto  in
sede giudiziale. 
    Il 26 luglio 2017 L          M          aveva presentato all'INPS
domanda di attribuzione della pensione ai  superstiti,  in  relazione
alla  quale  l'istituto  previdenziale  non  aveva   adottato   alcun
provvedimento, nemmeno a seguito del ricorso al Comitato provinciale. 
    Il M          aveva, quindi, agito in giudizio asserendo  che  il
diniego della prestazione previdenziale integrava una discriminazione
diretta o per  associazione  per  motivo  di  genere  e  orientamento
sessuale e aveva domandato, in  via  principale,  la  disapplicazione
della normativa italiana, vigente ratione temporis,  nella  parte  in
cui esclude, in caso di decesso di assicurato INPS, il  diritto  alla
pensione indiretta del superstite dello stesso genere  e  del  figlio
minore di coppia  omogenitoriale.  Aveva  altresi'  proposto  domanda
autonoma di accertamento del diritto alla prestazione previdenziale e
chiesto la condanna, in ogni caso, al pagamento dei ratei maturati. 
    3. Il Tribunale aveva escluso il  carattere  discriminatorio  del
diniego, perche' motivato non da  ragioni  di  sesso  o  orientamento
sessuale, bensi' dalla insussistenza,  al  momento  del  decesso  del
C          dei requisiti richiesti dalla legge, posto  che  a  quella
data,  da  un  lato,  l'ordinamento   italiano   non   aveva   ancora
riconosciuto le unioni civili, dall'altro non risultava accertata  la
paternita' del de cuius. Aveva poi ritenuto inammissibile la  domanda
subordinata di accertamento del diritto, in  quanto  non  compatibile
con lo speciale rito disciplinato dal citato art. 28. 
    4. La Corte territoriale,  andando  di  contrario  avviso  quanto
all'ammissibilita' della  domanda  subordinata,  l'ha  esaminata  con
priorita' e ne ha affermato la fondatezza, rilevando in premessa  che
occorreva  fornire  della  normativa  nazionale   «un'interpretazione
costituzionalmente  e  convenzionalmente  orientata».  Ha  richiamato
giurisprudenza del Giudice delle leggi e di  questa  Corte  e,  sulla
base del principio  secondo  cui,  ove  vengano  in  rilievo  diritti
fondamentali, alla coppia omosessuale deve  essere  riconosciuto  dal
giudice  comune,  non  soltanto  dalla   Corte   costituzionale,   un
trattamento omogeneo a quello  assicurato  dalla  legge  alla  coppia
coniugata, ha ritenuto di poter affermare il diritto  del  M         
alla pensione di reversibilita', in  considerazione  della  natura  e
della ratio della prestazione previdenziale in  discussione,  nonche'
della sussistenza di un'incontestata stabile relazione affettiva  fra
le parti antecedente al  decesso  del  C           ,  comprovata  dal
matrimonio risalente al           , seppure trascritto in Italia come
unione civile solo successivamente all'entrata in vigore della  legge
n. 76 del 2016. 
    5. Quanto, poi, al diritto del minore il  giudice  d'appello,  ha
premesso che nella fattispecie lo status  genitoriale  di  D         
C          era stato accertato dal giudice statunitense, sicche'  era
impedito a quello italiano di procedere ad una  diversa  valutazione.
Ha rilevato che nel nostro ordinamento non e' piu' configurabile  una
distinzione sul piano dei diritti fra le diverse forme di  filiazione
e che occorre assicurare il «superiore  e  preminente  interesse  del
minore»,   che   sarebbe   gravemente   pregiudicato   dal    mancato
riconoscimento del rapporto di  filiazione,  pacificamente  esistente
per   l'ordinamento   statunitense,   perche'   cio'   determinerebbe
un'incertezza   giuridica   ovvero    una    «situazione    giuridica
claudicante»,  tale  da  influire  negativamente  sulla   definizione
dell'identita' personale del minore. 
    6. Sulla base delle considerazioni sopra  riassunte,  accolta  la
domanda  di  accertamento  del  diritto,  la  Corte  territoriale  ha
ritenuto  di  potere  assorbire  ogni  altra  questione  e   non   ha
pronunciato sulla natura discriminatoria o meno della condotta tenuta
dall'Istituto. 
    7. Per la Cassazione della sentenza l'INPS  ha  proposto  ricorso
principale affidato a due motivi di censura, ai quali  ha  replicato,
con controricorso, L          D          M          ,  in  proprio  e
nella qualita', che ha anche spiegato ricorso incidentale, articolato
in tre censure. 
    8. Con ordinanza interlocutoria n.  22992  del  21  agosto  2024,
pronunciata all'esito dell'udienza pubblica  celebrata  il  12  marzo
2024, la Sezione quarta ha rimesso gli atti al Primo  Presidente  per
l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite,  in  ragione
della complessita'  e  della  rilevanza  delle  questioni  dibattute,
suscettibili di riproporsi in una  pluralita'  di  controversie,  che
investono la disciplina intertemporale dettata dalla legge n. 76  del
2016, la tutela dei figli nati da maternita' surrogata e  «la  stessa
latitudine della tutela antidiscriminatoria nelle sue  interrelazioni
con l'attuazione della legge». 
    9. Il Primo Presidente ha  disposto  l'assegnazione  del  ricorso
alle Sezioni Unite ed in prossimita' dell'udienza pubblica  l'Ufficio
della   Procura   Generale   ha   depositato   conclusioni   scritte,
ulteriormente illustrate nel corso della discussione orale, chiedendo
l'accoglimento  del  ricorso  principale  ed  il  rigetto  di  quello
incidentale. 
    10. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 372 codice
di procedura civile 
 
                       Ragioni della decisione 
 
    1. Con il primo motivo l'Inps denuncia ex art. 360 n. 3 codice di
procedura civile la violazione e falsa applicazione dell'art. 13  del
r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, dell'art. 1, comma 20, della  legge  20
maggio 2016 n. 76 e dell'art. 11 delle disposizioni  sulla  legge  in
generale e addebita alla  Corte  territoriale  di  avere  fondato  la
decisione su una lettura parziale della giurisprudenza costituzionale
richiamata  e  senza  specificare  di  quali   norme   si   imponesse
l'interpretazione orientata al rispetto della  Carta  fondamentale  e
del diritto unionale. 
    Rileva  che  la  sentenza   n.   138   del   2010   della   Corte
costituzionale,  richiamata  nella  pronuncia  impugnata,  e'  chiara
nell'affermare che il riconoscimento  giuridico  dei  diritti  e  dei
doveri derivanti dall'unione omosessuale deve  avvenire  «nei  tempi,
nei  modi  e  nei  limiti  stabiliti  dalla  legge»,   nella   specie
intervenuta estendendo, ma solo  a  partire  dall'entrata  in  vigore
della legge n. 76 del 2016, l'applicazione,  ad  ognuna  delle  parti
dell'unione  civile,  delle  disposizioni  che  si   riferiscono   al
matrimonio o che contengono le  parole  coniuge,  coniugi  o  termini
equivalenti (art. 1, comma  20).  L'istituto  previdenziale  ha  dato
pronta attuazione alla nuova normativa, riconoscendo  il  trattamento
di reversibilita' in favore del componente dell'unione civile,  ma  a
condizione che l'evento tutelato si fosse verificato  successivamente
all'entrata in vigore della nuova normativa. Aggiunge  che  la  Corte
territoriale ha, invece, finito  per  applicare  retroattivamente  la
disciplina   sopravvenuta,   in   violazione   del    principio    di
irretroattivita' che, ai sensi dell'art. 11 delle preleggi, regola la
successione delle  leggi  nel  tempo,  principio  al  quale  solo  il
legislatore puo' espressamente derogare. Evidenzia, ancora,  che,  in
ragione di detta irretroattivita', nessun rilievo poteva essere  dato
al matrimonio contratto negli Stati Uniti il           ,  atteso  che
quell'unione, seppure accertata in altro ordinamento, era inidonea  a
produrre effetti giuridici in quello  italiano  sino  all'entrata  in
vigore della nuova normativa. 
    2.  La  seconda  critica  del  ricorso   principale,   egualmente
ricondotta al vizio di cui all'art. 360  n.  3  codice  di  procedura
civile, censura il capo della sentenza che ha riconosciuto il diritto
alla pensione di reversibilita' di S           C           M         
C          in asserita violazione dell'art. 13 del r.d.l.  14  aprile
1939 n. 636 e dell'art. 12, comma 6, della  legge  n.  40  del  2004.
L'Istituto premette che il minore e' pacificamente nato a seguito  di
fecondazione assistita  con  l'intervento  di  maternita'  surrogata,
perche' la gestazione e' stata portata avanti da donna estranea  alla
coppia formata dal padre naturale e da quello intenzionale D         
C          . Critica la sentenza impugnata perche' in  contrasto  con
la pronuncia n. 33 del 2021 della Corte  costituzionale,  chiamata  a
pronunciare sulla legittimita'  costituzionale  del  diritto  vivente
espresso dalla pronuncia di queste Sezioni Unite n.  12193  del  2019
secondo cui non puo'  essere  riconosciuto  e  dichiarato  esecutivo,
perche'  in  contrasto  con  l'ordine  pubblico,   il   provvedimento
giudiziario straniero relativo all'inserimento in un  atto  di  stato
civile di minore procreato con  le  modalita'  della  gestazione  per
altri. Rileva che la Consulta nell'occasione ha ribadito un principio
gia' espresso nella sentenza n. 272 del 2017 ed ha affermato  che  la
pratica della maternita' surrogata offende in modo  intollerabile  la
dignita' della donna e mina nel profondo le relazioni umane. Aggiunge
che  l'esigenza  di  tutelare  l'interesse  del  minore  deve  essere
bilanciata con quella di disincentivare il  ricorso  alla  gestazione
per altri e  questo  bilanciamento  puo'  essere  compiuto  solo  dal
legislatore. Finche' questo  intervento  non  venga  attuato  non  e'
consentito, sulla base dell'attuale quadro normativo, riconoscere  il
diritto alla pensione di reversibilita' del minore nato da maternita'
surrogata. 
    3. Il ricorso incidentale, con il primo motivo formulato ai sensi
dell'art. 360 n. 4 codice di procedura civile, denuncia la violazione
dell'art. 112 codice di procedura civile e la nullita' della sentenza
per omessa pronuncia e rileva che ha errato la Corte territoriale nel
ritenere che  il  riconoscimento  del  diritto  alla  prestazione  di
reversibilita' consentisse di non esaminare la domanda, formulata  in
via   principale   e   autonoma,   di   accertamento   della   natura
discriminatoria del  diniego  opposto  dall'Istituto.  Evidenzia  che
l'azione discriminatoria ha causa petendi e petitum diversi da quella
con la quale si fa valere il solo diritto negato e assicura anche una
diversa tutela, specie in contesti nei quali al  danno  economico  si
associa un pregiudizio di carattere non  patrimoniale.  Aggiunge  che
l'accertamento della discriminazione subita era  stato  domandato  in
via principale, perche' «di maggior  valore»,  che  la  stessa  Corte
territoriale aveva valorizzato nell'affermare che  il  rito  speciale
potesse attrarre anche la domanda subordinata, sicche' la prima e non
l'altra doveva essere esaminata con priorita' per  non  incorrere  in
contraddizione. Rileva, ancora, che  la  natura  discriminatoria  era
stata  ampiamente  illustrata  con   il   richiamo   alle   direttive
eurounitarie e alla normativa interna che le ha recepite e, pertanto,
su questa domanda il giudice d'appello  avrebbe  dovuto  pronunciare,
anche  una  volta   riconosciuto   il   diritto,   essendo   evidente
l'«apprezzabile e autonomo interesse morale della parte privata». 
    4. La seconda critica del ricorso incidentale  denuncia  ex  art.
360 n. 3 codice di procedura civile la violazione dell'art. 91 codice
di procedura civile per  avere  la  Corte  territoriale  erroneamente
disposto la  compensazione  delle  spese  di  entrambi  i  gradi  del
giudizio di merito in violazione della  regola  della  soccombenza  e
valorizzando la «particolarita' della questione»,  non  riconducibile
alle ipotesi di carattere eccezionale  nelle  quali  l'esercizio  del
potere di compensazione e' stato consentito dal legislatore. 
    5. Il capo della sentenza impugnata relativo al regolamento delle
spese e' censurato anche  con  il  terzo  motivo,  con  il  quale  e'
eccepita la nullita' della sentenza per «mancanza della  motivazione,
per motivazione apparente e contraddittoria, ai sensi  dell'art.  132
c.p.c.».   Il   ricorrente   incidentale   rileva   che   del   tutto
apoditticamente la Corte territoriale ha giustificato l'esercizio del
potere di compensazione richiamando la particolarita'  e  la  novita'
della questione senza  aggiungere  null'altro  e  senza  indicare  le
ragioni  per  le  quali  la  controversia  dovesse  essere   ritenuta
«particolare» e la questione giuridica  «nuova»,  pur  a  fronte  dei
plurimi precedenti richiamati nella stessa sentenza impugnata. 
    6. Infine il ricorrente incidentale, sempre  con  riferimento  al
regolamento  delle  spese  di  lite,  formula  richiesta  di   rinvio
pregiudiziale  alla  Corte  di  Giustizia  perche',   a   suo   dire,
contrasterebbe con il diritto dell'Unione e con quello  convenzionale
«una prassi nazionale che conduca alla ricorrente compensazione delle
spese pur a fronte di soccombenza totale del soggetto discriminante»,
vanificando le tutele riconosciute dalla direttiva 2000/78 nonche' il
diritto, affermato dagli articoli 6 e 13 CEDU, ad un processo  giusto
ed equo. 
    7. L'ordinanza interlocutoria, riassunte le questioni  dibattute,
quanto  a  quella  inerente  al  diritto  di  L            D         
M          di percepire la pensione indiretta nella sua  qualita'  di
partner superstite di coppia omosessuale, osserva  che  l'evento  dal
quale deriva il diritto fatto valere in giudizio,  ossia  il  decesso
dell'assicurato  INPS,  si  e'   verificato   in   data   antecedente
all'entrata in vigore della legge n. 76 del  2016  e  sottolinea  che
sull'irretroattivita' della nuova normativa le  Sezioni  semplici  di
questa Corte si sono gia' pronunciate, ritenendo che, in  difetto  di
una espressa previsione derogatoria  del  principio  generale,  debba
trovare  applicazione  l'art.  11  delle  preleggi,  con  conseguente
impossibilita' di riconoscere il diritto alle situazioni  interamente
svoltesi  e  conclusesi  prima   dell'intervento   legislativo   che,
attraverso  la  generale  equiparazione  al   coniuge   della   parte
dell'unione civile, ha esteso a quest'ultima le  garanzie  di  natura
previdenziale. 
    Richiama, in particolare, Cass., Sez. Lav., 14 settembre 2021  n.
24694 e Cass., Sez. I, 14 marzo 2022 n.  8241  e  sottolinea  che  le
pronunce hanno escluso anche i denunciati profili  di  illegittimita'
costituzionale   e   di    incompatibilita'    con    la    normativa
antidiscriminatoria   dettata   dall'Unione   europea,   richiamando:
l'ontologica diversita' fra matrimonio ed unione civile;  il  margine
di apprezzamento del quale, secondo la  stessa  giurisprudenza  delle
Alte Corti europee,  gli  Stati  devono  poter  godere;  il  rilievo,
valorizzato dalla Corte costituzionale in relazione  alle  convivenze
more uxorio, secondo cui la pensione si ricollega geneticamente ad un
precedente rapporto giuridico formalizzato che per definizione  manca
nella convivenza fondata unicamente sul legame affettivo di coppia. 
    La Sezione rimettente dai quei principi non prende  le  distanze,
ma evidenzia che gli stessi sono stati affermati in  fattispecie  non
sovrapponibili a quella oggetto di  causa,  nella  quale,  a  seguito
della modifica normativa, e'  stata  consentita,  sia  pure  dopo  il
decesso dell'assicurato INPS, la trascrizione come unione civile  del
matrimonio contratto negli Stati Uniti d'America gia' nell'          
, attestante l'esistenza  di  un  vincolo  giuridico  fra  le  parti.
Aggiunge,   poi,    quanto    alla    rilevanza    della    normativa
antidiscriminatoria, sulla quale fa  espressamente  leva  il  ricorso
incidentale, che, anche alla luce di quanto recentemente affermato da
Corte costituzionale n. 15 del 2024, «la ricostruzione della  portata
precettiva della normativa applicabile e la  disamina  della  valenza
discriminatoria delle condotte rispettose delle prescrizioni di legge
non possono essere valutate  in  maniera  atomistica,  quali  fossero
aspetti  l'uno  avulso   dall'altro».   In   quest'ottica   sottopone
all'attenzione delle  Sezioni  Unite  l'argomento,  sviluppato  dalla
difesa del controricorrente, secondo cui ai  fini  della  valutazione
della comparabilita' delle situazioni in rilievo, occorre tener conto
della  circostanza  che,  diversamente  dalle  coppie   eterosessuali
conviventi, quelle omosessuali fino all'entrata in vigore della legge
n. 76 del 2016 non avrebbero potuto formalizzare l'unione  e  neppure
ottenere il riconoscimento di rapporti giuridici instaurati in  altri
ordinamenti. 
    7.1. Quanto, poi,  al  secondo  motivo  del  ricorso  principale,
l'ordinanza interlocutoria richiama in premessa i principi  affermati
da Cass., Sez. Un. , 30  dicembre  2022  n.  38162,  secondo  cui  la
pratica della maternita' surrogata,  quali  che  siano  le  modalita'
della condotta  e  gli  scopi  perseguiti,  e'  contraria  all'ordine
pubblico perche' offende in  modo  intollerabile  la  dignita'  della
donna e mina nel profondo le relazioni umane, con la conseguenza  che
non sono trascrivibili ne' il provvedimento giudiziario straniero ne'
l'originario atto di nascita che riconoscano lo stato  di  filiazione
rispetto al genitore d'intenzione, che insieme al padre biologico  ha
voluto la nascita del bambino ricorrendo alla surrogazione nel  Paese
estero, sia pure in conformita' alla lex loci. 
    Evidenzia,  peraltro,  che  nella  fattispecie,  a  fronte  della
avvenuta trascrizione della sentenza straniera, la parte  privata  fa
leva, oltre che sul principio  dell'intangibilita'  dell'accertamento
dello status filiationis e della piena opponibilita' di quello status
all'istituto previdenziale, sulla necessita' di tutelare la posizione
del minore che, in caso di decesso del genitore intenzionale, viene a
trovarsi in una condizione di particolare vulnerabilita'. 
    Sottolinea  al  riguardo  che  i  trattamenti  di  reversibilita'
assolvono ad una funzione solidaristica, rispetto alla  quale  assume
rilievo la comunione di vita e di affetti  che  si  instaura  con  il
genitore intenzionale e che sarebbe del tutto sacrificata nel caso in
cui si attribuisse escluso rilievo alla illiceita' delle modalita' di
procreazione. 
    8.  L'Ufficio  della  Procura  Generale,   nel   concludere   per
l'accoglimento di entrambi i motivi di  ricorso,  quanto  alla  prima
delle questioni sottoposte all'esame delle Sezioni Unite, fa  proprio
il percorso argomentativo seguito da  Cass.  n.  8241/2022,  cit.,  e
richiama in  premessa  il  principio  secondo  cui  il  diritto  alla
pensione di reversibilita' sorge in favore dei superstiti legittimati
al  momento  del  decesso  dell'assicurato,  sicche',  in   caso   di
successione di leggi nel tempo, occorre avere riguardo alla normativa
vigente alla data dell'evento protetto, non  essendo  consentita,  in
difetto  di  un'espressa  previsione  in  tal  senso,  l'applicazione
retroattiva della disciplina sopravvenuta. 
    Evidenzia che la legge n. 76 del 2016, che ha  riconosciuto  alla
parte superstite dell'unione  civile  il  diritto  alla  pensione  di
reversibilita', non contiene alcuna disposizione dalla quale si possa
desumere la volonta' del legislatore di estendere gli  effetti  della
nuova normativa anche al periodo pregresso ed aggiunge che i principi
affermati dalle  Sezioni  semplici  di  questa  Corte  non  subiscono
deroghe nel caso in cui, come nella fattispecie,  il  matrimonio  sia
stato contratto all'estero,  perche'  prima  dell'entrata  in  vigore
della legge citata, quel vincolo non poteva  produrre  alcun  effetto
giuridico per il nostro ordinamento. 
    Richiama, poi, giurisprudenza della Corte di  Giustizia  e  della
Corte EDU per sostenere che, quanto al diritto che viene in  rilievo,
gli Stati godono di un certo margine di  apprezzamento  e,  pertanto,
non contrasta con l'art. 8 CEDU  e  non  integra  discriminazione  di
genere  la  mancata  previsione  dell'efficacia   retroattiva   della
normativa sopravvenuta. 
    Fa leva, infine, su quanto affermato da  Corte  costituzionale  3
novembre 2000 n. 461 e da Corte costituzionale 27 marzo 2009  n.  86,
che  hanno  escluso  profili  di  irragionevolezza  della  disciplina
dettata in tema di trattamenti di reversibilita', nella parte in  cui
limita i diritti al solo coniuge superstite e non li estende anche ai
conviventi more uxorio, valorizzando l'obiettiva  diversita'  fra  la
convivenza  di  fatto  ed  il  matrimonio  ed  escludendo  l'eccepita
violazione del principio di tutela delle formazioni sociali in cui si
sviluppa la persona umana. 
    9.  Le  Sezioni  Unite  ritengono  che  sia   rilevante   e   non
manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
dell'art. 13 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, nel testo  applicabile
alla fattispecie ratione temporis,  nella  parte  in  cui  limita  il
diritto alla pensione di reversibilita' al coniuge e non  lo  estende
al superstite della coppia omoaffettiva che, al momento del  decesso,
aveva  formalizzato  all'estero  l'unione  e  si  era  trovata  nella
giuridica impossibilita' di ottenere in Italia il riconoscimento  del
vincolo. 
Sulla rilevanza della questione 
    9.1. Nello storico di lite sono stati  evidenziati  gli  elementi
fattuali che caratterizzano la fattispecie oggetto di causa e che  la
Corte territoriale ha ritenuto  di  potere  valorizzare,  richiamando
Corte costituzionale 15 aprile 2010 n. 138 ed  il  principio  secondo
cui la  necessita'  di  garantire  un  trattamento  omogeneo  tra  la
condizione della coppia coniugata e quella della  coppia  omosessuale
puo' essere assicurata anche dal giudice comune, in quanto tenuto  ad
un'interpretazione  delle  norme  in   senso   costituzionalmente   e
convenzionalmente orientato. 
    Il percorso argomentativo seguito dalla  sentenza  impugnata  non
puo' essere  condiviso  perche',  lo  si  anticipa,  perviene  ad  un
risultato che eccede i  limiti  dell'interpretazione  adeguatrice  la
quale, in presenza di un univoco tenore della norma applicabile  alla
fattispecie, deve  cedere  il  passo  al  sindacato  di  legittimita'
costituzionale (Corte Cost. 26 novembre 2020 n. 253). 
    L'istituto  della   pensione   di   reversibilita'   e'   tuttora
disciplinato dalla sua legge istitutiva, ossia dal richiamato  r.d.l.
n. 636/1939, che, all'art. 13, nel prevedere che Nel  caso  di  morte
del  pensionato  o  dell'assicurato,  sempreche'   per   quest'ultimo
sussistano, al momento della morte, le condizioni di assicurazione  e
di contribuzione di cui all'art. 9, n. 2, lettere a) , e b) ,  spetta
una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al  momento  della
morte del pensionato o dell'assicurato, non abbiano  superato  l'eta'
di 18 anni e ai figli  di  qualunque  eta'  riconosciuti  inabili  al
lavoro e a carico del genitore al  momento  del  decesso  di  questi,
riconosce il diritto in favore del "coniuge", e, quindi, valorizza il
rapporto  coniugale  che,  come  evidenziato   dalla   giurisprudenza
costituzionale e di  queste  Sezioni  Unite  (cfr.  per  tutte  Corte
costituzionale 22 aprile 2024 n. 66 e Cass. S.U. 27 dicembre 2023  n.
35969), non puo' essere  pienamente  assimilato  alla  situazione  di
convivenza, seppure stabile, e presenta elementi di  diversificazione
anche rispetto al vincolo che ha fonte nell'unione civile. 
    Cio' comporta che, in  presenza  di  una  norma  che  fa  univoco
riferimento al coniuge, non  e'  consentito  all'interprete  fornirne
un'esegesi  che  ne  estenda  l'ambito  di  applicazione   anche   al
convivente more uxorio o al soggetto che risulti parte di un rapporto
diverso da quello di coniugio. 
    9.2. E' solo con la legge 20 maggio 2016 n. 76  (Regolamentazione
delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina della
convivenza) che il legislatore ha consentito il riconoscimento  della
pensione di reversibilita' anche a favore del superstite  dell'unione
civile, dettando la disposizione, di  carattere  generale,  contenuta
nell'art. 1, comma 20, secondo cui, ferme le eccezioni previste dalla
legge medesima, « Al solo fine  di  assicurare  l'effettivita'  della
tutela dei diritti e il pieno adempimento  degli  obblighi  derivanti
dall'unione civile tra persone dello stesso  sesso,  le  disposizioni
che si riferiscono al matrimonio  e  le  disposizioni  contenenti  le
parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque  ricorrono
nelle leggi, negli  atti  aventi  forza  di  legge,  nei  regolamenti
nonche' negli atti amministrativi  e  nei  contratti  collettivi,  si
applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra  persone
dello stesso sesso.». 
    E' stato evidenziato (Corte Cost. n. 66/2024  cit.)  che  con  la
legge in parola il legislatore, nel riconoscere l'unione  civile  fra
persone dello stesso sesso, ha  raccolto  le  plurime  sollecitazioni
provenienti dal Parlamento europeo (risoluzioni 8 febbraio  1994,  16
marzo 2000, 4 settembre 2003)  e  dalla  giurisprudenza  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo (sentenza 21  luglio  2015,  Oliari  ed
altri contro Italia) che, pur escludendo  l'obbligo  dello  Stato  di
concedere alla coppia omosessuale l'accesso  al  matrimonio,  avevano
rimarcato la necessita' di adottare un  modello  di  regolamentazione
idoneo a tutelare anche le unioni omoaffettive. 
    Analoga sollecitazione fondata sul diritto  nazionale  era  stata
rivolta al legislatore dalla Corte costituzionale con le sentenze nn.
138 del 15 aprile 2010 e 170 dell'11 giugno  2014,  che,  dopo  avere
ritenuto  non  riconducibile  l'unione  omosessuale   all'ambito   di
applicazione dell'art. 29 Cost.,  in  ragione  della  sua  ontologica
diversita' rispetto al matrimonio, avevano evidenziato che la  stessa
appartiene al piu' vasto genus delle  formazioni  sociali,  idoneo  a
ricomprendere ogni forma di comunita', piu' o meno  complessa,  nella
quale la persona svolge la vita di relazione, e ne avevano tratto  la
necessita' di tutelare il diritto fondamentale  delle  persone  dello
stesso  sesso  di  vivere  liberamente  una  condizione  di   coppia,
giuridicamente regolata, con conseguente riconoscimento di diritti  e
di doveri derivanti dalla stessa. 
    9.3. A distanza di anni dalle prime  pronunce  sopra  citate,  e'
dunque  intervenuta  la  regolamentazione  delle  unioni  civili   e,
successivamente, con il decreto legislativo n. 7 del 19 gennaio 2017,
emanato in forza della delega conferita dall'art. 1, comma 28,  della
citata legge n. 76/2016, e' stato  anche  inserito  nel  testo  della
legge  21  maggio  1995  n.  218   l'art.   32-bis   che   riconosce,
nell'ordinamento  interno,  al  matrimonio  contratto  all'estero  da
cittadini  italiani  con  persona  dello  stesso  sesso  gli  effetti
dell'unione civile. 
    Detti effetti, peraltro, in assenza di una disciplina transitoria
che si esprima  nel  senso  della  retroattivita',  non  possono  che
operare  per  il  futuro,  ossia  in  relazione  a  situazioni  sorte
successivamente all'entrata in vigore della nuova normativa,  e  cio'
per il principio generale di irretroattivita', alla stregua del quale
la nuova norma non puo'  essere  applicata,  oltre  che  ai  rapporti
giuridici esauritisi prima della sua  entrata  in  vigore,  a  quelli
sorti anteriormente ancora in vita se, in tal modo,  si  disconoscano
gli  effetti  gia'  verificatisi  del  fatto  passato  o  si   voglia
attribuire allo  stesso  una  capacita'  produttiva  di  diritti  non
consentita dalla disciplina vigente ratione temporis. 
    In tal senso queste Sezioni Unite si  sono  gia'  espresse  nella
motivazione della sentenza n. 35969  del  27  dicembre  2023  che  ha
attribuito rilevanza ex art. 5, comma 6, della legge n. 898 del  1970
(richiamato dall'art. 1, comma 25, della legge n. 76 del 2016)  anche
alla convivenza di  fatto  che  abbia  preceduto  la  formalizzazione
dell'unione. Invero la pronuncia ha escluso la  retroattivita'  della
legge n. 76/2016 e  all'enunciazione  del  principio  di  diritto  e'
pervenuta sulla  base  dell'orientamento  secondo  cui  la  normativa
sopravvenuta puo' essere applicata ex  nunc  ad  un  fatto  pregresso
qualora vengano in  discussione  gli  effetti  dello  stesso  che  si
protraggono nel tempo. In tal  caso,  infatti,  l'applicazione  della
nuova disciplina, solo apparentemente  retroattiva,  non  incide  sul
fatto  produttore  del  diritto,  come  accade   qualora   «risultano
introdotti,  ovvero  siano  soppressi   o   limitati,   dalla   legge
sopravvenuta presupposti, condizioni o facolta' per il riconoscimento
del diritto od obblighi inerenti al fatto generatore» (Cass. S.U.  25
maggio 1991 n. 5939), bensi' sugli effetti giuridici del  fatto,  che
possono essere diversamente modulati nel tempo e che, in quanto tali,
non si sottraggono all'applicazione della normativa sopravvenuta. 
    Si tratta di un orientamento che non si presta ad  essere  esteso
nella fattispecie, nella quale  viene  in  rilievo  il  diritto  alla
pensione di reversibilita' che, per costante giurisprudenza di questa
Corte (cfr. fra le tante Cass. 3 settembre 2015 n.  17514,  Cass.  23
novembre 2015 n. 23841 e Cass. S.U.  n.  5939/1991  cit.),  sorge  al
momento del decesso dell'assicurato,  che  ne  costituisce  il  fatto
generatore, con la conseguenza che la spettanza o meno  dello  stesso
va verificata  sulla  base  della  normativa  vigente  alla  data  di
quell'evento. 
    Non  puo',  quindi,  trovare  applicazione  il  citato  comma  20
dell'art. 1, che ha esteso alla parte dell'unione civile i diritti in
precedenza  riservati  al  coniuge,  sicche'  sotto  questo   profilo
meritano condivisione le conclusioni alle quali questa Corte e'  gia'
pervenuta con le pronunce  richiamate  dall'ordinanza  interlocutoria
che, appunto, hanno individuato unicamente nell'art. 13 del r.d.l. 14
aprile 1939 n. 636 la  disciplina  applicabile  e,  conseguentemente,
escluso  che  la  disposizione,  per  come  formulata,  possa  essere
interpretata  estendendone  l'ambito   di   operativita'   anche   al
superstite della coppia omosessuale. 
    9.4. Ne' si puo' pervenire, come sostiene il controricorrente, al
riconoscimento del diritto qui in discussione esercitando  il  potere
di disapplicazione della normativa interna, al fine di  garantire  la
primazia  del  diritto  dell'Unione  ad  efficacia  diretta,  e,   in
particolare, della direttiva 2000/78/CE  concernente  la  parita'  di
trattamento in materia di occupazione  e  di  condizioni  di  lavoro,
nella parte in cui fa divieto di trattamenti  discriminatori  fondati
sull'orientamento sessuale. 
    L'interpretazione del Trattato e delle direttive eurounitarie  e'
riservata alla Corte di Giustizia alla quale spetta «  nell'esercizio
di tale competenza, precisare la portata del  principio  del  primato
del diritto dell'Unione alla luce delle  disposizioni  pertinenti  di
tale   diritto,   cosicche'   tale   portata   non   puo'   dipendere
dall'interpretazione  di  disposizioni  del  diritto  nazionale   ne'
dall'interpretazione di disposizioni del diritto dell'Unione  seguita
da un giudice nazionale che non corrisponda a quella della Corte... »
(Corte di Giustizia, Grande Sezione, 22 febbraio  2022  in  causa  C-
430/21). 
    Sulla questione che viene in rilievo la Corte ha gia' pronunciato
ed ha precisato che, come reso  evidente  dal  22°  considerando,  la
direttiva, pur mirando a stabilire un quadro generale  per  la  lotta
alle  discriminazioni   e,   in   particolare,   a   quelle   fondate
sull'orientamento  sessuale,  lascia  impregiudicata  la   competenza
esclusiva delle legislazioni nazionali in materia di stato  civile  e
di prestazioni che ne derivano, sicche' ne ha tratto  la  conseguenza
che «Gli Stati membri sono dunque  liberi  di  prevedere  o  meno  il
matrimonio per persone del medesimo sesso o una forma alternativa  di
riconoscimento legale della loro relazione,  nonche',  eventualmente,
di prevedere la data dalla quale decorreranno gli effetti di un  tale
matrimonio o di una tale forma alternativa» (Corte  di  Giustizia  24
novembre 2016, in causa C- 443/15, punto 59). 
    Ha  ulteriormente  affermato  che  «la  direttiva   2000/78   non
obbligava l'Irlanda ne' a prevedere anteriormente al 1° gennaio  2011
il matrimonio o una forma di unione civile per le coppie omosessuali,
ne'  a  riconoscere  effetti  retroattivi  alla  legge  sulle  unioni
civili...  ne',  ancora,  per  quanto   riguarda   la   pensione   di
reversibilita'... a prevedere misure transitorie per le coppie  dello
stesso sesso...» (punto 60). 
    Il   principio   di   non   discriminazione,    secondo    questa
interpretazione che valorizza i rispettivi ambiti di competenza delle
legislazioni nazionali e del  diritto  dell'Unione,  opera  solo  nel
momento in cui la competenza nazionale e' esercitata ed  osta  ad  un
normativa  interna  che,  nell'esercizio  della  stessa,   ponga   in
discussione il richiamato principio  operando  una  diversificazione,
quanto  al  diritto  di  percepire  una  prestazione  ai  superstiti,
equivalente a quella  concessa  al  coniuge,  pur  a  fronte  di  una
normativa sullo stato civile prevedente per le persone  dello  stesso
sesso un regime giuridico analogo a quello previsto per il matrimonio
(Corte di Giustizia 1° aprile 2008, in causa C-  267/06  e  Corte  di
Giustizia 10 maggio 2011, in causa C-  147/08,  entrambe  relative  a
fattispecie  nelle  quali  veniva  in  discussione   il   trattamento
previdenziale riservato alle parti  di  un'unione  civile,  deteriore
rispetto a quello previsto in favore dei coniugi). 
    Resta, quindi, escluso  che  all'applicazione  retroattiva  della
disciplina dettata dalla legge n. 76  del  2016  si  possa  pervenire
facendo leva sul diritto eurounitario, del quale queste Sezioni Unite
non possono fornire un'interpretazione difforme da quella  gia'  data
dalla Corte di Giustizia nella citata pronuncia del 24 novembre 2016. 
    9.5. Conclusioni  analoghe  a  quelle  alle  quali  la  Corte  di
Giustizia e' pervenuta si traggono dalla giurisprudenza  della  Corte
europea dei diritti dell'uomo che, piu' volte  intervenuta  sul  tema
delle coppie omosessuali, nella motivazione della sentenza 14  giugno
2016, Tomas contro Spagna, ha ribadito i principi gia' in  precedenza
affermati quanto all'interpretazione degli  articoli  8  e  14  della
Convenzione, secondo cui gli Stati aderenti sono tenuti  ad  adottare
una normativa che preveda il riconoscimento e la  tutela  dell'unione
omosessuale, ma al  tempo  stesso  non  sono  obbligati  a  concedere
l'accesso  al  matrimonio  e  possono  prevedere  anche   trattamenti
differenziati, purche' fondati su  una  giustificazione  oggettiva  e
razionale,   essendo   inaccettabili   differenze   che   si   basino
esclusivamente sull'orientamento sessuale. 
    Ha, pero', significativamente aggiunto che gli  Stati  contraenti
sono beneficiari di un margine di  apprezzamento  con  riguardo  alle
tempistiche di introduzione di modifiche legislative nel campo  della
legalizzazione delle coppie omosessuali  e  del  loro  status  e,  in
ragione di cio', ha escluso che il riconoscimento della  pensione  di
reversibilita' solo a partire  da  una  certa  data  violi  le  norme
convenzionali  e  costituisca  ammissione,  da  parte   dello   Stato
contraente,  della  violazione  della  Convenzione  perpetrata  prima
dell'introduzione della nuova normativa. 
    9.6. Dalle considerazioni sopra esposte discende, dunque, che  la
questione devoluta alle Sezioni Unite  va  decisa  sulla  base  della
disciplina dettata dall'art. 13 del r.d.l.  n.  636/1939,  nel  testo
applicabile ratione temporis alla data di decesso dell'assicurato  (8
ottobre 2015), che non consentiva di estendere il  diritto  riservato
al coniuge al partner superstite della coppia omoaffettiva  che,  pur
avendo contratto matrimonio all'estero, si  trovava  all'epoca  nella
giuridica impossibilita' di  ottenere  nell'ordinamento  italiano  il
riconoscimento degli effetti del vincolo formalmente instaurato,  nel
rispetto delle regole di altro ordinamento. 
Sulla non manifesta infondatezza 
    10. Escluso che la normativa interna  contrasti  con  il  diritto
unionale e convenzionale, nondimeno le Sezioni Unite  dubitano  sulla
conformita'    della    stessa    ai     principi     costituzionali,
nell'interpretazione che il Giudice delle  Leggi  ha  dato  nei  piu'
recenti arresti, i quali hanno  tenuto  conto  dell'evoluzione  della
normativa e della giurisprudenza, nazionale ed europea,  rispetto  ai
temi della famiglia, della dignita'  delle  convivenze  di  fatto  e,
nell'ambito di queste ultime, delle coppie omoaffettive. 
    In particolare ritengono che possa profilarsi un contrasto  della
disciplina applicabile ratione temporis, con gli articoli 2, 36 e  38
Cost., in ragione dell'impegno assunto dalla Repubblica  di  tutelare
all'interno delle formazioni  sociali  i  diritti  inviolabili  della
persona e di garantire l'attuazione  della  dimensione  solidaristica
che caratterizza lo Stato sociale. 
    Le Sezioni Unite conoscono la pronuncia di non  fondatezza  della
questione di legittimita' costituzionale della norma che qui viene in
rilievo resa da Corte costituzionale 
    3 novembre 2000  n.  461  che  ritenne  giustificata  la  mancata
inclusione  del  convivente  more  uxorio  fra  i  destinatari  della
pensione di reversibilita', ma evidenziano che le ragioni sulle quali
la decisione si incentra non si prestano ad essere tutte estese  alla
fattispecie, nella quale non viene in rilievo una convivenza di fatto
eteroaffettiva,  frutto   di   una   libera   scelta   della   coppia
eterosessuale, ne' manca la formalizzazione del vincolo, intesa  come
fatto  storico  certo  documentabile  ai   fini   dell'accesso   alla
prestazione  previdenziale,   perche'   si   discute   di   un'unione
omosessuale  legalizzata  all'estero,  il   cui   riconoscimento   il
legislatore non ha consentito, nonostante le sollecitazioni di cui si
e' dato conto nel punto 9.2., fino all'entrata in vigore della  legge
n. 76 del 2016. 
    Parimenti e' noto il  percorso  argomentativo  seguito  da  Corte
costituzionale 15 aprile 2010 n. 138 per giungere alla  dichiarazione
di  inammissibilita'  delle  questioni  poste  dalle   ordinanze   di
rimessione che, in quel caso, sollecitavano in sostanza una pronuncia
additiva che estendesse all'unione fra  persone  dello  stesso  sesso
l'intera  disciplina  del  matrimonio  civile.   E'   proprio   dalla
motivazione di questa pronuncia che le  Sezioni  Unite  ritengono  di
dover prendere le  mosse  nella  prospettazione  della  questione  di
legittimita' nei termini sopra indicati. 
    Nell'occasione, infatti, la Corte, pur evidenziando la diversita'
fra matrimonio ed unione omosessuale, ha ribadito  che  quest'ultima,
nel contesto di valorizzazione del modello pluralistico, deve  essere
tutelata quale formazione  sociale  idonea  a  consentire  il  libero
sviluppo della persona nella vita di relazione, il che ne implica  il
riconoscimento giuridico, con i connessi diritti e  doveri  derivanti
dalla condizione di coppia. Ha, poi, aggiunto che, pur  spettando  al
Parlamento  individuare  le  forme  di  garanzia  e  le   tutele   da
riconoscere all'unione omosessuale, nondimeno resta  «riservata  alla
Corte costituzionale la  possibilita'  di  intervenire  a  tutela  di
specifiche situazioni» perche' «puo' accadere  che  in  relazione  ad
ipotesi  particolari,  sia  riscontrabile   la   necessita'   di   un
trattamento omogeneo tra  la  condizione  della  coppia  coniugata  e
quella della coppia omosessuale, trattamento che  questa  Corte  puo'
garantire con il controllo di ragionevolezza». 
    E' questo controllo che le Sezioni  Unite  intendono  sollecitare
nella fattispecie, caratterizzata dalla specificita'  di  cui  si  e'
gia' dato conto, e nella quale  viene  in  rilievo  il  diritto  alla
pensione di reversibilita', ossia un diritto che, come evidenziato da
Corte costituzionale 14 luglio 2016 n.  174,  poi  ripresa  da  Corte
costituzionale 30 giugno 2022 n. 162,  si  colloca  nell'alveo  degli
articoli 36, primo comma,  e  38,  secondo  comma,  Cost.  in  quanto
partecipa  della  funzione  previdenziale  propria  del   trattamento
pensionistico e, come questo, e' finalizzato a garantire al cittadino
la liberazione dal bisogno e condizioni minime economiche  idonee  ad
assicurare un'esistenza libera e dignitosa, condizioni  che,  a  loro
volta, costituiscono il mezzo per l'effettivo godimento  dei  diritti
civili e politici. 
    A questa finalita'  propria  del  trattamento  previdenziale,  la
pensione   di   reversibilita'   aggiunge    l'ultrattivita'    della
solidarieta' familiare, garantendo la continuita' del sostentamento e
prevenendo lo stato di bisogno che  puo'  derivare  dalla  morte  del
congiunto. 
    Si tratta, quindi,  di  un  diritto  che,  alla  luce  di  quanto
precisato in motivazione da Corte costituzionale 25  luglio  2024  n.
148,  punto  11,  puo'  essere  ricondotto   nell'alveo   di   quelli
fondamentali, in presenza dei quali diviene recessiva  la  diversita'
con la famiglia  fondata  sul  matrimonio,  e  risulta  giustificato,
proprio in ragione della natura del diritto  del  quale  si  discute,
l'intervento additivo al quale si fa riferimento nella motivazione di
Corte costituzionale n. 138/2010 cit., finalizzato a rendere omogenea
la condizione della coppia omosessuale con quella coniugata, nel caso
in cui alla prima sia stato  impedito,  in  ragione  della  normativa
vigente ratione temporis, il  riconoscimento  del  vincolo  contratto
all'estero. 
    11. In via conclusiva  il  Collegio  ritiene  non  manifestamente
infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 13  del  r.d.l.
14 aprile 1939 n. 636 nei  termini  sopra  prospettati  e,  pertanto,
dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale. 

 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte, a Sezioni Unite, visti gli  articoli  134  Cost.  e  23
della  legge  11  marzo  1953,  n.  87  dichiara  rilevante   e   non
manifestamente infondata, in riferimento agli articoli  2,  36  e  38
Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art.  13  del
r.d.l. 14 aprile 1939 n.  636,  nella  parte  in  cui,  limitando  il
diritto al coniuge, non consente  l'attribuzione  della  pensione  di
reversibilita' in favore del partner superstite, in caso di  decesso,
verificatosi prima dell'entrata in vigore della legge n. 76 del 2016,
dell'altro componente della coppia omosessuale, nonostante l'avvenuta
formalizzazione del vincolo all'estero; dispone  la  sospensione  del
presente giudizio; 
      ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata  alle  parti  del  giudizio  di  cassazione,  al  pubblico
ministero presso questa Corte ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
      ordina,  altresi',  che  l'ordinanza   venga   comunicata   dal
Cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; 
      dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. 
    Ai sensi dell'art. 52 del decreto legislativo  n.  196  del  2003
andranno omesse, in caso di diffusione, le generalita'  e  gli  altri
dati identificativi del controricorrente. 
      Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il  15  aprile
2025. 
 
                                              Il Presidente: D'Ascola