Reg. ord. n. 187 del 2025 pubbl. su G.U. del 08/10/2025 n. 41
Ordinanza del Corte suprema di cassazione del 15/07/2025
Tra: INPS - Istituto nazionale della previdenza sociale C/ L.D. M.
Oggetto:
Previdenza – Prestazioni ai superstiti – Pensione di reversibilità al coniuge – Esclusione dell’estensione della prestazione in favore del partner superstite, in caso di decesso, verificatosi prima dell’entrata in vigore della legge n. 76 del 2016, dell’altro componente della coppia omosessuale, nonostante l’avvenuta formalizzazione del vincolo all’estero – Lesione dei diritti inviolabili della persona all’interno delle formazioni sociali – Violazione del principio solidaristico – Lesione della garanzia previdenziale.
Norme impugnate:
regio decreto legge del 14/04/1939 Num. 636 Art. 13
legge del 06/07/1939 Num. 1272
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 2 Co.
Costituzione Art. 36 Co.
Costituzione Art. 36 Co. 1
Costituzione Art. 38 Co.
Costituzione Art. 38 Co. 2
Udienza Pubblica del 25 febbraio 2026 rel. LUCIANI
Testo dell'ordinanza
N. 187 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 luglio 2025
Ordinanza del 15 luglio 2025 della Corte di cassazione nel
procedimento civile promosso dall'INPS - Istituto nazionale della
previdenza sociale contro L.D. M. in proprio e nella qualita' di
genitore esercente la responsabilita' genitoriale sul minore S.C.
M.C., eredi di D. C..
Previdenza - Prestazioni ai superstiti - Pensione di reversibilita'
al coniuge - Esclusione dell'estensione della prestazione in favore
del partner superstite, in caso di decesso, verificatosi prima
dell'entrata in vigore della legge n. 76 del 2016, dell'altro
componente della coppia omosessuale, nonostante l'avvenuta
formalizzazione del vincolo all'estero.
- Regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636 (Modificazioni delle
disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidita' e
la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione
involontaria, e sostituzione dell'assicurazione per la maternita'
con l'assicurazione obbligatoria per la nuzialita' e la natalita'),
convertito, con modificazioni, nella legge 6 luglio 1939, n. 1272,
art. 13.
(GU n. 41 del 08-10-2025)
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sezioni unite civili
Composta dagli ill.mi sigg.ri magistrati
Pasquale D'Ascola - Presidente aggiunto
Raffaele Gaetano Frasca - Presidente di sezione
Massimo Ferro - Presidente di sezione
Francesco Terrusi - Presidente di sezione
Margherita Maria Leone - Consigliere
Annalisa Di Paolantonio - Rel. consigliere
Rossana Mancino - Consigliere
Roberta Crucitti - Consigliere
Enzo Vincenti - Consigliere
Ordinanza interlocutoria sul ricorso iscritto al n. r.g.
10610/2021 proposto da:
INPS - Istituto nazionale della previdenza sociale, in persona
del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in
Roma, Via Cesare Beccaria 29, presso gli Uffici dell'Avvocatura
centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
Giuseppina Giannico, Sergio Preden ed Antonella Patteri;
- ricorrente -
contro
M L D , in proprio e nella qualita'
di genitore esercente la responsabilita' genitoriale sul minore
M C S C , entrambi nella qualita'
di eredi di C D , rappresentati e difesi
dall'avvocato Alexander Schuster;
- controricorrenti e ricorrenti incidentali -
avverso la sentenza n. 803/2020 della Corte d'appello di
Milano, depositata il 9 febbraio 2021.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
15 aprile 2025 dal Consigliere Annalisa Di Paolantonio;
udito il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore
generale Stefano Visona', che ha concluso per l'accoglimento del
ricorso principale e rigetto del ricorso incidentale;
uditi gli avvocati Antonella Patteri ed Alexander Schuster.
Fatti di causa
1. La Corte d'appello di Milano ha accolto parzialmente
l'impugnazione proposta da L D M , in
proprio e quale esercente la potesta' sul figlio minore S
C M C , e, in parziale riforma
dell'ordinanza con la quale il Tribunale della stessa sede aveva
definito il giudizio instaurato ai sensi dell'art. 28 del decreto
legislativo 1° settembre 2011 n. 150 e dell'art. 4 del decreto
legislativo 9 luglio 2003 n. 216, ha dichiarato «il diritto degli
appellanti alla pensione indiretta in quanto superstiti di D
C » ed ha condannato l'Istituto nazionale della previdenza
sociale (INPS) al pagamento dei ratei maturati con decorrenza dal 1°
novembre 2015, maggiorati degli interessi.
2. In premessa la Corte ha richiamato le circostanze di fatto,
non controverse tra le parti, costituenti gli antecedenti storici del
giudizio e ha evidenziato che L M e D
C , legati da stabile convivenza, avevano avuto negli Stati
Uniti un figlio, nato il con fecondazione assistita, e la
nascita era stata registrata in Italia il , con
attribuzione della paternita' al solo M .
La coppia aveva contratto matrimonio a New York il e
l'atto era stato trascritto in Italia come unione civile il
, quando gia' si era verificata la morte del C , risalente
all' .
Successivamente al decesso erano stati trascritti, l' ,
anche la sentenza statunitense del , che aveva accertato la
paternita' in capo a D C , nonche' l'atto di
nascita di S C M C , che era
stato aggiornato e che teneva conto del riconoscimento ottenuto in
sede giudiziale.
Il 26 luglio 2017 L M aveva presentato all'INPS
domanda di attribuzione della pensione ai superstiti, in relazione
alla quale l'istituto previdenziale non aveva adottato alcun
provvedimento, nemmeno a seguito del ricorso al Comitato provinciale.
Il M aveva, quindi, agito in giudizio asserendo che il
diniego della prestazione previdenziale integrava una discriminazione
diretta o per associazione per motivo di genere e orientamento
sessuale e aveva domandato, in via principale, la disapplicazione
della normativa italiana, vigente ratione temporis, nella parte in
cui esclude, in caso di decesso di assicurato INPS, il diritto alla
pensione indiretta del superstite dello stesso genere e del figlio
minore di coppia omogenitoriale. Aveva altresi' proposto domanda
autonoma di accertamento del diritto alla prestazione previdenziale e
chiesto la condanna, in ogni caso, al pagamento dei ratei maturati.
3. Il Tribunale aveva escluso il carattere discriminatorio del
diniego, perche' motivato non da ragioni di sesso o orientamento
sessuale, bensi' dalla insussistenza, al momento del decesso del
C dei requisiti richiesti dalla legge, posto che a quella
data, da un lato, l'ordinamento italiano non aveva ancora
riconosciuto le unioni civili, dall'altro non risultava accertata la
paternita' del de cuius. Aveva poi ritenuto inammissibile la domanda
subordinata di accertamento del diritto, in quanto non compatibile
con lo speciale rito disciplinato dal citato art. 28.
4. La Corte territoriale, andando di contrario avviso quanto
all'ammissibilita' della domanda subordinata, l'ha esaminata con
priorita' e ne ha affermato la fondatezza, rilevando in premessa che
occorreva fornire della normativa nazionale «un'interpretazione
costituzionalmente e convenzionalmente orientata». Ha richiamato
giurisprudenza del Giudice delle leggi e di questa Corte e, sulla
base del principio secondo cui, ove vengano in rilievo diritti
fondamentali, alla coppia omosessuale deve essere riconosciuto dal
giudice comune, non soltanto dalla Corte costituzionale, un
trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia
coniugata, ha ritenuto di poter affermare il diritto del M
alla pensione di reversibilita', in considerazione della natura e
della ratio della prestazione previdenziale in discussione, nonche'
della sussistenza di un'incontestata stabile relazione affettiva fra
le parti antecedente al decesso del C , comprovata dal
matrimonio risalente al , seppure trascritto in Italia come
unione civile solo successivamente all'entrata in vigore della legge
n. 76 del 2016.
5. Quanto, poi, al diritto del minore il giudice d'appello, ha
premesso che nella fattispecie lo status genitoriale di D
C era stato accertato dal giudice statunitense, sicche' era
impedito a quello italiano di procedere ad una diversa valutazione.
Ha rilevato che nel nostro ordinamento non e' piu' configurabile una
distinzione sul piano dei diritti fra le diverse forme di filiazione
e che occorre assicurare il «superiore e preminente interesse del
minore», che sarebbe gravemente pregiudicato dal mancato
riconoscimento del rapporto di filiazione, pacificamente esistente
per l'ordinamento statunitense, perche' cio' determinerebbe
un'incertezza giuridica ovvero una «situazione giuridica
claudicante», tale da influire negativamente sulla definizione
dell'identita' personale del minore.
6. Sulla base delle considerazioni sopra riassunte, accolta la
domanda di accertamento del diritto, la Corte territoriale ha
ritenuto di potere assorbire ogni altra questione e non ha
pronunciato sulla natura discriminatoria o meno della condotta tenuta
dall'Istituto.
7. Per la Cassazione della sentenza l'INPS ha proposto ricorso
principale affidato a due motivi di censura, ai quali ha replicato,
con controricorso, L D M , in proprio e
nella qualita', che ha anche spiegato ricorso incidentale, articolato
in tre censure.
8. Con ordinanza interlocutoria n. 22992 del 21 agosto 2024,
pronunciata all'esito dell'udienza pubblica celebrata il 12 marzo
2024, la Sezione quarta ha rimesso gli atti al Primo Presidente per
l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, in ragione
della complessita' e della rilevanza delle questioni dibattute,
suscettibili di riproporsi in una pluralita' di controversie, che
investono la disciplina intertemporale dettata dalla legge n. 76 del
2016, la tutela dei figli nati da maternita' surrogata e «la stessa
latitudine della tutela antidiscriminatoria nelle sue interrelazioni
con l'attuazione della legge».
9. Il Primo Presidente ha disposto l'assegnazione del ricorso
alle Sezioni Unite ed in prossimita' dell'udienza pubblica l'Ufficio
della Procura Generale ha depositato conclusioni scritte,
ulteriormente illustrate nel corso della discussione orale, chiedendo
l'accoglimento del ricorso principale ed il rigetto di quello
incidentale.
10. Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 372 codice
di procedura civile
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo l'Inps denuncia ex art. 360 n. 3 codice di
procedura civile la violazione e falsa applicazione dell'art. 13 del
r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, dell'art. 1, comma 20, della legge 20
maggio 2016 n. 76 e dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in
generale e addebita alla Corte territoriale di avere fondato la
decisione su una lettura parziale della giurisprudenza costituzionale
richiamata e senza specificare di quali norme si imponesse
l'interpretazione orientata al rispetto della Carta fondamentale e
del diritto unionale.
Rileva che la sentenza n. 138 del 2010 della Corte
costituzionale, richiamata nella pronuncia impugnata, e' chiara
nell'affermare che il riconoscimento giuridico dei diritti e dei
doveri derivanti dall'unione omosessuale deve avvenire «nei tempi,
nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge», nella specie
intervenuta estendendo, ma solo a partire dall'entrata in vigore
della legge n. 76 del 2016, l'applicazione, ad ognuna delle parti
dell'unione civile, delle disposizioni che si riferiscono al
matrimonio o che contengono le parole coniuge, coniugi o termini
equivalenti (art. 1, comma 20). L'istituto previdenziale ha dato
pronta attuazione alla nuova normativa, riconoscendo il trattamento
di reversibilita' in favore del componente dell'unione civile, ma a
condizione che l'evento tutelato si fosse verificato successivamente
all'entrata in vigore della nuova normativa. Aggiunge che la Corte
territoriale ha, invece, finito per applicare retroattivamente la
disciplina sopravvenuta, in violazione del principio di
irretroattivita' che, ai sensi dell'art. 11 delle preleggi, regola la
successione delle leggi nel tempo, principio al quale solo il
legislatore puo' espressamente derogare. Evidenzia, ancora, che, in
ragione di detta irretroattivita', nessun rilievo poteva essere dato
al matrimonio contratto negli Stati Uniti il , atteso che
quell'unione, seppure accertata in altro ordinamento, era inidonea a
produrre effetti giuridici in quello italiano sino all'entrata in
vigore della nuova normativa.
2. La seconda critica del ricorso principale, egualmente
ricondotta al vizio di cui all'art. 360 n. 3 codice di procedura
civile, censura il capo della sentenza che ha riconosciuto il diritto
alla pensione di reversibilita' di S C M
C in asserita violazione dell'art. 13 del r.d.l. 14 aprile
1939 n. 636 e dell'art. 12, comma 6, della legge n. 40 del 2004.
L'Istituto premette che il minore e' pacificamente nato a seguito di
fecondazione assistita con l'intervento di maternita' surrogata,
perche' la gestazione e' stata portata avanti da donna estranea alla
coppia formata dal padre naturale e da quello intenzionale D
C . Critica la sentenza impugnata perche' in contrasto con
la pronuncia n. 33 del 2021 della Corte costituzionale, chiamata a
pronunciare sulla legittimita' costituzionale del diritto vivente
espresso dalla pronuncia di queste Sezioni Unite n. 12193 del 2019
secondo cui non puo' essere riconosciuto e dichiarato esecutivo,
perche' in contrasto con l'ordine pubblico, il provvedimento
giudiziario straniero relativo all'inserimento in un atto di stato
civile di minore procreato con le modalita' della gestazione per
altri. Rileva che la Consulta nell'occasione ha ribadito un principio
gia' espresso nella sentenza n. 272 del 2017 ed ha affermato che la
pratica della maternita' surrogata offende in modo intollerabile la
dignita' della donna e mina nel profondo le relazioni umane. Aggiunge
che l'esigenza di tutelare l'interesse del minore deve essere
bilanciata con quella di disincentivare il ricorso alla gestazione
per altri e questo bilanciamento puo' essere compiuto solo dal
legislatore. Finche' questo intervento non venga attuato non e'
consentito, sulla base dell'attuale quadro normativo, riconoscere il
diritto alla pensione di reversibilita' del minore nato da maternita'
surrogata.
3. Il ricorso incidentale, con il primo motivo formulato ai sensi
dell'art. 360 n. 4 codice di procedura civile, denuncia la violazione
dell'art. 112 codice di procedura civile e la nullita' della sentenza
per omessa pronuncia e rileva che ha errato la Corte territoriale nel
ritenere che il riconoscimento del diritto alla prestazione di
reversibilita' consentisse di non esaminare la domanda, formulata in
via principale e autonoma, di accertamento della natura
discriminatoria del diniego opposto dall'Istituto. Evidenzia che
l'azione discriminatoria ha causa petendi e petitum diversi da quella
con la quale si fa valere il solo diritto negato e assicura anche una
diversa tutela, specie in contesti nei quali al danno economico si
associa un pregiudizio di carattere non patrimoniale. Aggiunge che
l'accertamento della discriminazione subita era stato domandato in
via principale, perche' «di maggior valore», che la stessa Corte
territoriale aveva valorizzato nell'affermare che il rito speciale
potesse attrarre anche la domanda subordinata, sicche' la prima e non
l'altra doveva essere esaminata con priorita' per non incorrere in
contraddizione. Rileva, ancora, che la natura discriminatoria era
stata ampiamente illustrata con il richiamo alle direttive
eurounitarie e alla normativa interna che le ha recepite e, pertanto,
su questa domanda il giudice d'appello avrebbe dovuto pronunciare,
anche una volta riconosciuto il diritto, essendo evidente
l'«apprezzabile e autonomo interesse morale della parte privata».
4. La seconda critica del ricorso incidentale denuncia ex art.
360 n. 3 codice di procedura civile la violazione dell'art. 91 codice
di procedura civile per avere la Corte territoriale erroneamente
disposto la compensazione delle spese di entrambi i gradi del
giudizio di merito in violazione della regola della soccombenza e
valorizzando la «particolarita' della questione», non riconducibile
alle ipotesi di carattere eccezionale nelle quali l'esercizio del
potere di compensazione e' stato consentito dal legislatore.
5. Il capo della sentenza impugnata relativo al regolamento delle
spese e' censurato anche con il terzo motivo, con il quale e'
eccepita la nullita' della sentenza per «mancanza della motivazione,
per motivazione apparente e contraddittoria, ai sensi dell'art. 132
c.p.c.». Il ricorrente incidentale rileva che del tutto
apoditticamente la Corte territoriale ha giustificato l'esercizio del
potere di compensazione richiamando la particolarita' e la novita'
della questione senza aggiungere null'altro e senza indicare le
ragioni per le quali la controversia dovesse essere ritenuta
«particolare» e la questione giuridica «nuova», pur a fronte dei
plurimi precedenti richiamati nella stessa sentenza impugnata.
6. Infine il ricorrente incidentale, sempre con riferimento al
regolamento delle spese di lite, formula richiesta di rinvio
pregiudiziale alla Corte di Giustizia perche', a suo dire,
contrasterebbe con il diritto dell'Unione e con quello convenzionale
«una prassi nazionale che conduca alla ricorrente compensazione delle
spese pur a fronte di soccombenza totale del soggetto discriminante»,
vanificando le tutele riconosciute dalla direttiva 2000/78 nonche' il
diritto, affermato dagli articoli 6 e 13 CEDU, ad un processo giusto
ed equo.
7. L'ordinanza interlocutoria, riassunte le questioni dibattute,
quanto a quella inerente al diritto di L D
M di percepire la pensione indiretta nella sua qualita' di
partner superstite di coppia omosessuale, osserva che l'evento dal
quale deriva il diritto fatto valere in giudizio, ossia il decesso
dell'assicurato INPS, si e' verificato in data antecedente
all'entrata in vigore della legge n. 76 del 2016 e sottolinea che
sull'irretroattivita' della nuova normativa le Sezioni semplici di
questa Corte si sono gia' pronunciate, ritenendo che, in difetto di
una espressa previsione derogatoria del principio generale, debba
trovare applicazione l'art. 11 delle preleggi, con conseguente
impossibilita' di riconoscere il diritto alle situazioni interamente
svoltesi e conclusesi prima dell'intervento legislativo che,
attraverso la generale equiparazione al coniuge della parte
dell'unione civile, ha esteso a quest'ultima le garanzie di natura
previdenziale.
Richiama, in particolare, Cass., Sez. Lav., 14 settembre 2021 n.
24694 e Cass., Sez. I, 14 marzo 2022 n. 8241 e sottolinea che le
pronunce hanno escluso anche i denunciati profili di illegittimita'
costituzionale e di incompatibilita' con la normativa
antidiscriminatoria dettata dall'Unione europea, richiamando:
l'ontologica diversita' fra matrimonio ed unione civile; il margine
di apprezzamento del quale, secondo la stessa giurisprudenza delle
Alte Corti europee, gli Stati devono poter godere; il rilievo,
valorizzato dalla Corte costituzionale in relazione alle convivenze
more uxorio, secondo cui la pensione si ricollega geneticamente ad un
precedente rapporto giuridico formalizzato che per definizione manca
nella convivenza fondata unicamente sul legame affettivo di coppia.
La Sezione rimettente dai quei principi non prende le distanze,
ma evidenzia che gli stessi sono stati affermati in fattispecie non
sovrapponibili a quella oggetto di causa, nella quale, a seguito
della modifica normativa, e' stata consentita, sia pure dopo il
decesso dell'assicurato INPS, la trascrizione come unione civile del
matrimonio contratto negli Stati Uniti d'America gia' nell'
, attestante l'esistenza di un vincolo giuridico fra le parti.
Aggiunge, poi, quanto alla rilevanza della normativa
antidiscriminatoria, sulla quale fa espressamente leva il ricorso
incidentale, che, anche alla luce di quanto recentemente affermato da
Corte costituzionale n. 15 del 2024, «la ricostruzione della portata
precettiva della normativa applicabile e la disamina della valenza
discriminatoria delle condotte rispettose delle prescrizioni di legge
non possono essere valutate in maniera atomistica, quali fossero
aspetti l'uno avulso dall'altro». In quest'ottica sottopone
all'attenzione delle Sezioni Unite l'argomento, sviluppato dalla
difesa del controricorrente, secondo cui ai fini della valutazione
della comparabilita' delle situazioni in rilievo, occorre tener conto
della circostanza che, diversamente dalle coppie eterosessuali
conviventi, quelle omosessuali fino all'entrata in vigore della legge
n. 76 del 2016 non avrebbero potuto formalizzare l'unione e neppure
ottenere il riconoscimento di rapporti giuridici instaurati in altri
ordinamenti.
7.1. Quanto, poi, al secondo motivo del ricorso principale,
l'ordinanza interlocutoria richiama in premessa i principi affermati
da Cass., Sez. Un. , 30 dicembre 2022 n. 38162, secondo cui la
pratica della maternita' surrogata, quali che siano le modalita'
della condotta e gli scopi perseguiti, e' contraria all'ordine
pubblico perche' offende in modo intollerabile la dignita' della
donna e mina nel profondo le relazioni umane, con la conseguenza che
non sono trascrivibili ne' il provvedimento giudiziario straniero ne'
l'originario atto di nascita che riconoscano lo stato di filiazione
rispetto al genitore d'intenzione, che insieme al padre biologico ha
voluto la nascita del bambino ricorrendo alla surrogazione nel Paese
estero, sia pure in conformita' alla lex loci.
Evidenzia, peraltro, che nella fattispecie, a fronte della
avvenuta trascrizione della sentenza straniera, la parte privata fa
leva, oltre che sul principio dell'intangibilita' dell'accertamento
dello status filiationis e della piena opponibilita' di quello status
all'istituto previdenziale, sulla necessita' di tutelare la posizione
del minore che, in caso di decesso del genitore intenzionale, viene a
trovarsi in una condizione di particolare vulnerabilita'.
Sottolinea al riguardo che i trattamenti di reversibilita'
assolvono ad una funzione solidaristica, rispetto alla quale assume
rilievo la comunione di vita e di affetti che si instaura con il
genitore intenzionale e che sarebbe del tutto sacrificata nel caso in
cui si attribuisse escluso rilievo alla illiceita' delle modalita' di
procreazione.
8. L'Ufficio della Procura Generale, nel concludere per
l'accoglimento di entrambi i motivi di ricorso, quanto alla prima
delle questioni sottoposte all'esame delle Sezioni Unite, fa proprio
il percorso argomentativo seguito da Cass. n. 8241/2022, cit., e
richiama in premessa il principio secondo cui il diritto alla
pensione di reversibilita' sorge in favore dei superstiti legittimati
al momento del decesso dell'assicurato, sicche', in caso di
successione di leggi nel tempo, occorre avere riguardo alla normativa
vigente alla data dell'evento protetto, non essendo consentita, in
difetto di un'espressa previsione in tal senso, l'applicazione
retroattiva della disciplina sopravvenuta.
Evidenzia che la legge n. 76 del 2016, che ha riconosciuto alla
parte superstite dell'unione civile il diritto alla pensione di
reversibilita', non contiene alcuna disposizione dalla quale si possa
desumere la volonta' del legislatore di estendere gli effetti della
nuova normativa anche al periodo pregresso ed aggiunge che i principi
affermati dalle Sezioni semplici di questa Corte non subiscono
deroghe nel caso in cui, come nella fattispecie, il matrimonio sia
stato contratto all'estero, perche' prima dell'entrata in vigore
della legge citata, quel vincolo non poteva produrre alcun effetto
giuridico per il nostro ordinamento.
Richiama, poi, giurisprudenza della Corte di Giustizia e della
Corte EDU per sostenere che, quanto al diritto che viene in rilievo,
gli Stati godono di un certo margine di apprezzamento e, pertanto,
non contrasta con l'art. 8 CEDU e non integra discriminazione di
genere la mancata previsione dell'efficacia retroattiva della
normativa sopravvenuta.
Fa leva, infine, su quanto affermato da Corte costituzionale 3
novembre 2000 n. 461 e da Corte costituzionale 27 marzo 2009 n. 86,
che hanno escluso profili di irragionevolezza della disciplina
dettata in tema di trattamenti di reversibilita', nella parte in cui
limita i diritti al solo coniuge superstite e non li estende anche ai
conviventi more uxorio, valorizzando l'obiettiva diversita' fra la
convivenza di fatto ed il matrimonio ed escludendo l'eccepita
violazione del principio di tutela delle formazioni sociali in cui si
sviluppa la persona umana.
9. Le Sezioni Unite ritengono che sia rilevante e non
manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 13 del r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, nel testo applicabile
alla fattispecie ratione temporis, nella parte in cui limita il
diritto alla pensione di reversibilita' al coniuge e non lo estende
al superstite della coppia omoaffettiva che, al momento del decesso,
aveva formalizzato all'estero l'unione e si era trovata nella
giuridica impossibilita' di ottenere in Italia il riconoscimento del
vincolo.
Sulla rilevanza della questione
9.1. Nello storico di lite sono stati evidenziati gli elementi
fattuali che caratterizzano la fattispecie oggetto di causa e che la
Corte territoriale ha ritenuto di potere valorizzare, richiamando
Corte costituzionale 15 aprile 2010 n. 138 ed il principio secondo
cui la necessita' di garantire un trattamento omogeneo tra la
condizione della coppia coniugata e quella della coppia omosessuale
puo' essere assicurata anche dal giudice comune, in quanto tenuto ad
un'interpretazione delle norme in senso costituzionalmente e
convenzionalmente orientato.
Il percorso argomentativo seguito dalla sentenza impugnata non
puo' essere condiviso perche', lo si anticipa, perviene ad un
risultato che eccede i limiti dell'interpretazione adeguatrice la
quale, in presenza di un univoco tenore della norma applicabile alla
fattispecie, deve cedere il passo al sindacato di legittimita'
costituzionale (Corte Cost. 26 novembre 2020 n. 253).
L'istituto della pensione di reversibilita' e' tuttora
disciplinato dalla sua legge istitutiva, ossia dal richiamato r.d.l.
n. 636/1939, che, all'art. 13, nel prevedere che Nel caso di morte
del pensionato o dell'assicurato, sempreche' per quest'ultimo
sussistano, al momento della morte, le condizioni di assicurazione e
di contribuzione di cui all'art. 9, n. 2, lettere a) , e b) , spetta
una pensione al coniuge e ai figli superstiti che, al momento della
morte del pensionato o dell'assicurato, non abbiano superato l'eta'
di 18 anni e ai figli di qualunque eta' riconosciuti inabili al
lavoro e a carico del genitore al momento del decesso di questi,
riconosce il diritto in favore del "coniuge", e, quindi, valorizza il
rapporto coniugale che, come evidenziato dalla giurisprudenza
costituzionale e di queste Sezioni Unite (cfr. per tutte Corte
costituzionale 22 aprile 2024 n. 66 e Cass. S.U. 27 dicembre 2023 n.
35969), non puo' essere pienamente assimilato alla situazione di
convivenza, seppure stabile, e presenta elementi di diversificazione
anche rispetto al vincolo che ha fonte nell'unione civile.
Cio' comporta che, in presenza di una norma che fa univoco
riferimento al coniuge, non e' consentito all'interprete fornirne
un'esegesi che ne estenda l'ambito di applicazione anche al
convivente more uxorio o al soggetto che risulti parte di un rapporto
diverso da quello di coniugio.
9.2. E' solo con la legge 20 maggio 2016 n. 76 (Regolamentazione
delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina della
convivenza) che il legislatore ha consentito il riconoscimento della
pensione di reversibilita' anche a favore del superstite dell'unione
civile, dettando la disposizione, di carattere generale, contenuta
nell'art. 1, comma 20, secondo cui, ferme le eccezioni previste dalla
legge medesima, « Al solo fine di assicurare l'effettivita' della
tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti
dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni
che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le
parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono
nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti
nonche' negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si
applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone
dello stesso sesso.».
E' stato evidenziato (Corte Cost. n. 66/2024 cit.) che con la
legge in parola il legislatore, nel riconoscere l'unione civile fra
persone dello stesso sesso, ha raccolto le plurime sollecitazioni
provenienti dal Parlamento europeo (risoluzioni 8 febbraio 1994, 16
marzo 2000, 4 settembre 2003) e dalla giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell'uomo (sentenza 21 luglio 2015, Oliari ed
altri contro Italia) che, pur escludendo l'obbligo dello Stato di
concedere alla coppia omosessuale l'accesso al matrimonio, avevano
rimarcato la necessita' di adottare un modello di regolamentazione
idoneo a tutelare anche le unioni omoaffettive.
Analoga sollecitazione fondata sul diritto nazionale era stata
rivolta al legislatore dalla Corte costituzionale con le sentenze nn.
138 del 15 aprile 2010 e 170 dell'11 giugno 2014, che, dopo avere
ritenuto non riconducibile l'unione omosessuale all'ambito di
applicazione dell'art. 29 Cost., in ragione della sua ontologica
diversita' rispetto al matrimonio, avevano evidenziato che la stessa
appartiene al piu' vasto genus delle formazioni sociali, idoneo a
ricomprendere ogni forma di comunita', piu' o meno complessa, nella
quale la persona svolge la vita di relazione, e ne avevano tratto la
necessita' di tutelare il diritto fondamentale delle persone dello
stesso sesso di vivere liberamente una condizione di coppia,
giuridicamente regolata, con conseguente riconoscimento di diritti e
di doveri derivanti dalla stessa.
9.3. A distanza di anni dalle prime pronunce sopra citate, e'
dunque intervenuta la regolamentazione delle unioni civili e,
successivamente, con il decreto legislativo n. 7 del 19 gennaio 2017,
emanato in forza della delega conferita dall'art. 1, comma 28, della
citata legge n. 76/2016, e' stato anche inserito nel testo della
legge 21 maggio 1995 n. 218 l'art. 32-bis che riconosce,
nell'ordinamento interno, al matrimonio contratto all'estero da
cittadini italiani con persona dello stesso sesso gli effetti
dell'unione civile.
Detti effetti, peraltro, in assenza di una disciplina transitoria
che si esprima nel senso della retroattivita', non possono che
operare per il futuro, ossia in relazione a situazioni sorte
successivamente all'entrata in vigore della nuova normativa, e cio'
per il principio generale di irretroattivita', alla stregua del quale
la nuova norma non puo' essere applicata, oltre che ai rapporti
giuridici esauritisi prima della sua entrata in vigore, a quelli
sorti anteriormente ancora in vita se, in tal modo, si disconoscano
gli effetti gia' verificatisi del fatto passato o si voglia
attribuire allo stesso una capacita' produttiva di diritti non
consentita dalla disciplina vigente ratione temporis.
In tal senso queste Sezioni Unite si sono gia' espresse nella
motivazione della sentenza n. 35969 del 27 dicembre 2023 che ha
attribuito rilevanza ex art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970
(richiamato dall'art. 1, comma 25, della legge n. 76 del 2016) anche
alla convivenza di fatto che abbia preceduto la formalizzazione
dell'unione. Invero la pronuncia ha escluso la retroattivita' della
legge n. 76/2016 e all'enunciazione del principio di diritto e'
pervenuta sulla base dell'orientamento secondo cui la normativa
sopravvenuta puo' essere applicata ex nunc ad un fatto pregresso
qualora vengano in discussione gli effetti dello stesso che si
protraggono nel tempo. In tal caso, infatti, l'applicazione della
nuova disciplina, solo apparentemente retroattiva, non incide sul
fatto produttore del diritto, come accade qualora «risultano
introdotti, ovvero siano soppressi o limitati, dalla legge
sopravvenuta presupposti, condizioni o facolta' per il riconoscimento
del diritto od obblighi inerenti al fatto generatore» (Cass. S.U. 25
maggio 1991 n. 5939), bensi' sugli effetti giuridici del fatto, che
possono essere diversamente modulati nel tempo e che, in quanto tali,
non si sottraggono all'applicazione della normativa sopravvenuta.
Si tratta di un orientamento che non si presta ad essere esteso
nella fattispecie, nella quale viene in rilievo il diritto alla
pensione di reversibilita' che, per costante giurisprudenza di questa
Corte (cfr. fra le tante Cass. 3 settembre 2015 n. 17514, Cass. 23
novembre 2015 n. 23841 e Cass. S.U. n. 5939/1991 cit.), sorge al
momento del decesso dell'assicurato, che ne costituisce il fatto
generatore, con la conseguenza che la spettanza o meno dello stesso
va verificata sulla base della normativa vigente alla data di
quell'evento.
Non puo', quindi, trovare applicazione il citato comma 20
dell'art. 1, che ha esteso alla parte dell'unione civile i diritti in
precedenza riservati al coniuge, sicche' sotto questo profilo
meritano condivisione le conclusioni alle quali questa Corte e' gia'
pervenuta con le pronunce richiamate dall'ordinanza interlocutoria
che, appunto, hanno individuato unicamente nell'art. 13 del r.d.l. 14
aprile 1939 n. 636 la disciplina applicabile e, conseguentemente,
escluso che la disposizione, per come formulata, possa essere
interpretata estendendone l'ambito di operativita' anche al
superstite della coppia omosessuale.
9.4. Ne' si puo' pervenire, come sostiene il controricorrente, al
riconoscimento del diritto qui in discussione esercitando il potere
di disapplicazione della normativa interna, al fine di garantire la
primazia del diritto dell'Unione ad efficacia diretta, e, in
particolare, della direttiva 2000/78/CE concernente la parita' di
trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro,
nella parte in cui fa divieto di trattamenti discriminatori fondati
sull'orientamento sessuale.
L'interpretazione del Trattato e delle direttive eurounitarie e'
riservata alla Corte di Giustizia alla quale spetta « nell'esercizio
di tale competenza, precisare la portata del principio del primato
del diritto dell'Unione alla luce delle disposizioni pertinenti di
tale diritto, cosicche' tale portata non puo' dipendere
dall'interpretazione di disposizioni del diritto nazionale ne'
dall'interpretazione di disposizioni del diritto dell'Unione seguita
da un giudice nazionale che non corrisponda a quella della Corte... »
(Corte di Giustizia, Grande Sezione, 22 febbraio 2022 in causa C-
430/21).
Sulla questione che viene in rilievo la Corte ha gia' pronunciato
ed ha precisato che, come reso evidente dal 22° considerando, la
direttiva, pur mirando a stabilire un quadro generale per la lotta
alle discriminazioni e, in particolare, a quelle fondate
sull'orientamento sessuale, lascia impregiudicata la competenza
esclusiva delle legislazioni nazionali in materia di stato civile e
di prestazioni che ne derivano, sicche' ne ha tratto la conseguenza
che «Gli Stati membri sono dunque liberi di prevedere o meno il
matrimonio per persone del medesimo sesso o una forma alternativa di
riconoscimento legale della loro relazione, nonche', eventualmente,
di prevedere la data dalla quale decorreranno gli effetti di un tale
matrimonio o di una tale forma alternativa» (Corte di Giustizia 24
novembre 2016, in causa C- 443/15, punto 59).
Ha ulteriormente affermato che «la direttiva 2000/78 non
obbligava l'Irlanda ne' a prevedere anteriormente al 1° gennaio 2011
il matrimonio o una forma di unione civile per le coppie omosessuali,
ne' a riconoscere effetti retroattivi alla legge sulle unioni
civili... ne', ancora, per quanto riguarda la pensione di
reversibilita'... a prevedere misure transitorie per le coppie dello
stesso sesso...» (punto 60).
Il principio di non discriminazione, secondo questa
interpretazione che valorizza i rispettivi ambiti di competenza delle
legislazioni nazionali e del diritto dell'Unione, opera solo nel
momento in cui la competenza nazionale e' esercitata ed osta ad un
normativa interna che, nell'esercizio della stessa, ponga in
discussione il richiamato principio operando una diversificazione,
quanto al diritto di percepire una prestazione ai superstiti,
equivalente a quella concessa al coniuge, pur a fronte di una
normativa sullo stato civile prevedente per le persone dello stesso
sesso un regime giuridico analogo a quello previsto per il matrimonio
(Corte di Giustizia 1° aprile 2008, in causa C- 267/06 e Corte di
Giustizia 10 maggio 2011, in causa C- 147/08, entrambe relative a
fattispecie nelle quali veniva in discussione il trattamento
previdenziale riservato alle parti di un'unione civile, deteriore
rispetto a quello previsto in favore dei coniugi).
Resta, quindi, escluso che all'applicazione retroattiva della
disciplina dettata dalla legge n. 76 del 2016 si possa pervenire
facendo leva sul diritto eurounitario, del quale queste Sezioni Unite
non possono fornire un'interpretazione difforme da quella gia' data
dalla Corte di Giustizia nella citata pronuncia del 24 novembre 2016.
9.5. Conclusioni analoghe a quelle alle quali la Corte di
Giustizia e' pervenuta si traggono dalla giurisprudenza della Corte
europea dei diritti dell'uomo che, piu' volte intervenuta sul tema
delle coppie omosessuali, nella motivazione della sentenza 14 giugno
2016, Tomas contro Spagna, ha ribadito i principi gia' in precedenza
affermati quanto all'interpretazione degli articoli 8 e 14 della
Convenzione, secondo cui gli Stati aderenti sono tenuti ad adottare
una normativa che preveda il riconoscimento e la tutela dell'unione
omosessuale, ma al tempo stesso non sono obbligati a concedere
l'accesso al matrimonio e possono prevedere anche trattamenti
differenziati, purche' fondati su una giustificazione oggettiva e
razionale, essendo inaccettabili differenze che si basino
esclusivamente sull'orientamento sessuale.
Ha, pero', significativamente aggiunto che gli Stati contraenti
sono beneficiari di un margine di apprezzamento con riguardo alle
tempistiche di introduzione di modifiche legislative nel campo della
legalizzazione delle coppie omosessuali e del loro status e, in
ragione di cio', ha escluso che il riconoscimento della pensione di
reversibilita' solo a partire da una certa data violi le norme
convenzionali e costituisca ammissione, da parte dello Stato
contraente, della violazione della Convenzione perpetrata prima
dell'introduzione della nuova normativa.
9.6. Dalle considerazioni sopra esposte discende, dunque, che la
questione devoluta alle Sezioni Unite va decisa sulla base della
disciplina dettata dall'art. 13 del r.d.l. n. 636/1939, nel testo
applicabile ratione temporis alla data di decesso dell'assicurato (8
ottobre 2015), che non consentiva di estendere il diritto riservato
al coniuge al partner superstite della coppia omoaffettiva che, pur
avendo contratto matrimonio all'estero, si trovava all'epoca nella
giuridica impossibilita' di ottenere nell'ordinamento italiano il
riconoscimento degli effetti del vincolo formalmente instaurato, nel
rispetto delle regole di altro ordinamento.
Sulla non manifesta infondatezza
10. Escluso che la normativa interna contrasti con il diritto
unionale e convenzionale, nondimeno le Sezioni Unite dubitano sulla
conformita' della stessa ai principi costituzionali,
nell'interpretazione che il Giudice delle Leggi ha dato nei piu'
recenti arresti, i quali hanno tenuto conto dell'evoluzione della
normativa e della giurisprudenza, nazionale ed europea, rispetto ai
temi della famiglia, della dignita' delle convivenze di fatto e,
nell'ambito di queste ultime, delle coppie omoaffettive.
In particolare ritengono che possa profilarsi un contrasto della
disciplina applicabile ratione temporis, con gli articoli 2, 36 e 38
Cost., in ragione dell'impegno assunto dalla Repubblica di tutelare
all'interno delle formazioni sociali i diritti inviolabili della
persona e di garantire l'attuazione della dimensione solidaristica
che caratterizza lo Stato sociale.
Le Sezioni Unite conoscono la pronuncia di non fondatezza della
questione di legittimita' costituzionale della norma che qui viene in
rilievo resa da Corte costituzionale
3 novembre 2000 n. 461 che ritenne giustificata la mancata
inclusione del convivente more uxorio fra i destinatari della
pensione di reversibilita', ma evidenziano che le ragioni sulle quali
la decisione si incentra non si prestano ad essere tutte estese alla
fattispecie, nella quale non viene in rilievo una convivenza di fatto
eteroaffettiva, frutto di una libera scelta della coppia
eterosessuale, ne' manca la formalizzazione del vincolo, intesa come
fatto storico certo documentabile ai fini dell'accesso alla
prestazione previdenziale, perche' si discute di un'unione
omosessuale legalizzata all'estero, il cui riconoscimento il
legislatore non ha consentito, nonostante le sollecitazioni di cui si
e' dato conto nel punto 9.2., fino all'entrata in vigore della legge
n. 76 del 2016.
Parimenti e' noto il percorso argomentativo seguito da Corte
costituzionale 15 aprile 2010 n. 138 per giungere alla dichiarazione
di inammissibilita' delle questioni poste dalle ordinanze di
rimessione che, in quel caso, sollecitavano in sostanza una pronuncia
additiva che estendesse all'unione fra persone dello stesso sesso
l'intera disciplina del matrimonio civile. E' proprio dalla
motivazione di questa pronuncia che le Sezioni Unite ritengono di
dover prendere le mosse nella prospettazione della questione di
legittimita' nei termini sopra indicati.
Nell'occasione, infatti, la Corte, pur evidenziando la diversita'
fra matrimonio ed unione omosessuale, ha ribadito che quest'ultima,
nel contesto di valorizzazione del modello pluralistico, deve essere
tutelata quale formazione sociale idonea a consentire il libero
sviluppo della persona nella vita di relazione, il che ne implica il
riconoscimento giuridico, con i connessi diritti e doveri derivanti
dalla condizione di coppia. Ha, poi, aggiunto che, pur spettando al
Parlamento individuare le forme di garanzia e le tutele da
riconoscere all'unione omosessuale, nondimeno resta «riservata alla
Corte costituzionale la possibilita' di intervenire a tutela di
specifiche situazioni» perche' «puo' accadere che in relazione ad
ipotesi particolari, sia riscontrabile la necessita' di un
trattamento omogeneo tra la condizione della coppia coniugata e
quella della coppia omosessuale, trattamento che questa Corte puo'
garantire con il controllo di ragionevolezza».
E' questo controllo che le Sezioni Unite intendono sollecitare
nella fattispecie, caratterizzata dalla specificita' di cui si e'
gia' dato conto, e nella quale viene in rilievo il diritto alla
pensione di reversibilita', ossia un diritto che, come evidenziato da
Corte costituzionale 14 luglio 2016 n. 174, poi ripresa da Corte
costituzionale 30 giugno 2022 n. 162, si colloca nell'alveo degli
articoli 36, primo comma, e 38, secondo comma, Cost. in quanto
partecipa della funzione previdenziale propria del trattamento
pensionistico e, come questo, e' finalizzato a garantire al cittadino
la liberazione dal bisogno e condizioni minime economiche idonee ad
assicurare un'esistenza libera e dignitosa, condizioni che, a loro
volta, costituiscono il mezzo per l'effettivo godimento dei diritti
civili e politici.
A questa finalita' propria del trattamento previdenziale, la
pensione di reversibilita' aggiunge l'ultrattivita' della
solidarieta' familiare, garantendo la continuita' del sostentamento e
prevenendo lo stato di bisogno che puo' derivare dalla morte del
congiunto.
Si tratta, quindi, di un diritto che, alla luce di quanto
precisato in motivazione da Corte costituzionale 25 luglio 2024 n.
148, punto 11, puo' essere ricondotto nell'alveo di quelli
fondamentali, in presenza dei quali diviene recessiva la diversita'
con la famiglia fondata sul matrimonio, e risulta giustificato,
proprio in ragione della natura del diritto del quale si discute,
l'intervento additivo al quale si fa riferimento nella motivazione di
Corte costituzionale n. 138/2010 cit., finalizzato a rendere omogenea
la condizione della coppia omosessuale con quella coniugata, nel caso
in cui alla prima sia stato impedito, in ragione della normativa
vigente ratione temporis, il riconoscimento del vincolo contratto
all'estero.
11. In via conclusiva il Collegio ritiene non manifestamente
infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 13 del r.d.l.
14 aprile 1939 n. 636 nei termini sopra prospettati e, pertanto,
dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla
Corte costituzionale.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, visti gli articoli 134 Cost. e 23
della legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante e non
manifestamente infondata, in riferimento agli articoli 2, 36 e 38
Cost., la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13 del
r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636, nella parte in cui, limitando il
diritto al coniuge, non consente l'attribuzione della pensione di
reversibilita' in favore del partner superstite, in caso di decesso,
verificatosi prima dell'entrata in vigore della legge n. 76 del 2016,
dell'altro componente della coppia omosessuale, nonostante l'avvenuta
formalizzazione del vincolo all'estero; dispone la sospensione del
presente giudizio;
ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
notificata alle parti del giudizio di cassazione, al pubblico
ministero presso questa Corte ed al Presidente del Consiglio dei
ministri;
ordina, altresi', che l'ordinanza venga comunicata dal
Cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento;
dispone l'immediata trasmissione degli atti, comprensivi della
documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte
notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale.
Ai sensi dell'art. 52 del decreto legislativo n. 196 del 2003
andranno omesse, in caso di diffusione, le generalita' e gli altri
dati identificativi del controricorrente.
Cosi' deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 15 aprile
2025.
Il Presidente: D'Ascola