Reg. ord. n. 186 del 2025 pubbl. su G.U. del 08/10/2025 n. 41
Ordinanza del Tribunale di Piacenza del 17/03/2025
Tra: Sicurezza e Ambiente spa C/ Verti Assicurazioni spa
Oggetto:
Processo civile – Competenza e giurisdizione – Conflitto di competenza – Regolamento di competenza d’ufficio – Presupposti – Competenza per materia o per territorio inderogabile in capo ad un giudice diverso da quello della riassunzione – Preclusione, per il giudice ad quem, sia per la formulazione letterale, sia per l’interpretazione assunta dal diritto vivente, della possibilità di sollevare d'ufficio il regolamento di competenza nel caso di conflitto negativo per valore (nel caso di specie: devoluzione al tribunale a seguito di dichiarazione di incompetenza, per valore, del giudice di pace) – Contrasto con il principio del giudice naturale precostituito per legge, anche in combinato disposto con i principi di terzietà ed imparzialità del giudice – Irragionevole e ingiustificata diversità di regime processuale tra controversie identiche rimessa al potenziale arbitrio del giudice di prime cure – Assenza di un rimedio in caso di provvedimento abnorme – Violazione della riserva di legge sulla giurisdizione – Lesione dei principi di buon andamento, efficienza e imparzialità – Potenziale introduzione di una prestazione tributaria indebita, conseguente all’erroneo trasferimento di competenza in capo al tribunale, con pregiudizio patrimoniale a carico della parte attrice.
Norme impugnate:
codice di procedura civile del Num. Art. 45
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 25 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 111 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 186 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 marzo 2025
Ordinanza del 17 marzo 2025 del Tribunale di Piacenza nel
procedimento civile promosso da Sicurezza e Ambiente spa contro Verti
Assicurazioni spa e Giovanna De Giorgi.
Processo civile - Competenza e giurisdizione - Conflitto di
competenza - Regolamento di competenza d'ufficio - Presupposti -
Competenza per materia o per territorio inderogabile in capo ad un
giudice diverso da quello della riassunzione - Preclusione, per il
giudice ad quem, sia per la formulazione letterale, sia per
l'interpretazione assunta dal diritto vivente, della possibilita'
di sollevare d'ufficio il regolamento di competenza nel caso di
conflitto negativo per valore.
- Codice di procedura civile, art. 45.
(GU n. 41 del 08-10-2025)
TRIBUNALE ORDINARIO DI PIACENZA
Sezione Civile
Il giudice letti gli atti e sciogliendo la riserva assunta
all'udienza del 21 gennaio 2025 pronuncia la seguente ordinanza di
rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 45 del codice di procedura civile in
relazione agli articoli 3, 25, 97 e 111 della Costituzione.
1. Svolgimento del processo e rilevanza della questione
sollevata. Il presente procedimento si deve alla riassunzione, avanti
al tribunale, del procedimento originariamente promosso avanti al
Giudice di pace di Piacenza. La riassunzione si deve alla
declaratoria, da parte del giudice di prime cure, di incompetenza per
valore, cosi' motivata:
«Questo giudicante non puo' che non rilevare, come dovere
d'ufficio, che questo ufficio e' incompetente per valore a decidere
della controversia avendo la stessa valore indeterminato. Nello
specifico, la richiesta di accertare e dichiarare la responsabilita'
di un sinistro avvenuto fra parti non presenti in giudizio che
andrebbero citate quali litisconsorti necessari (parti e
assicurazioni di entrambi i mezzi coinvolti), ha valore indeterminato
e comporterebbe una ricostruzione del sinistro sul quale non si ha
nemmeno la certezza che non vi sia causa in corso fra le parti per il
riconoscimento della responsabilita'. Anche la sola richiesta di
parte ricorrente alla condanna di una somma quale risarcimento del
danno, o quella minore o maggiore che si sarebbe accertata in corsi
di causa a mezzo CTU, ha attribuito alla causa un valore
indeterminato cosi' come stabilito dalla Corte secondo la quale
l'inserimento della clausola "o della somma maggiore o minore che si
sarebbe accertata in corso di causa" e' di per se idonea a
manifestare la volonta' della parte di attribuire valore
indeterminato alla domanda. Ai sensi dell'art. 1367 del codice
civile, applicabile in materia di interpretazione degli atti
processuali, la suddetta clausola non puo' ritenersi apposta senza
effetti, dovendosi al contrario ritenere che l'attore, cosi' facendo,
abbia voluto rimettere la quantificazione della pretesa all'esito del
giudizio, indicando nell'atto introduttivo solo un valore
orientativo. (fra le tante: Corte di cassazione, ordinanza n.
10984/2022) ultimo, considerato che il valore della controversia e'
determinata dalla somma delle richieste formulate dalle parti, e
dovendo il giudice dichiarare la propria incompetenza anche
d'ufficio» (ordinanza 4 maggio 2024, dott.ssa Maria Cristina
Ferraresi).
Dalla piana lettura degli atti emerge tuttavia come l'oggetto del
giudizio era, fosse, e sia tuttora, esclusivamente la domanda, svolta
da Sicurezza e Ambiente S.p.a., di pagamento della fattura emessa per
il servizio di pulizia della strada dopo il verificarsi del sinistro,
servizio affidatole mediante concessione pubblica, per l'importo di
euro 1.862,62 IVA compresa. Nessuna delle parti ha svolto domanda di
risarcimento danni per il sinistro de quo. Nessuno ha svolto domanda
riconvenzionale o trasversale.
Il valore della controversia e' dunque da ritenersi correttamente
fissato in euro 1.862,62, sicche' il giudice di prime cure ha emesso
un provvedimento manifestamente contrario agli atti di causa e
illegittimo per violazione delle norme processuali in tema di
competenza del giudice adito; si' da integrare le fattispecie di cui
all'art. 21, comma 4, decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116,
lettere a) («grave violazione di legge o travisamento del fatto,
determinati da ignoranza o negligenza») e b) («adozione di
provvedimenti affetti da palese e intenzionale incompatibilita' tra
la parte dispositiva e la motivazione, tali da manifestare una
inequivocabile contraddizione sul piano logico, contenutistico o
argomentativo»); per cui occorre disporre, altresi', la trasmissione
degli atti al Presidente della Sezione Civile e al Presidente del
tribunale per le determinazioni agli stessi riservate.
2. Cio' premesso, la giurisprudenza di legittimita' ha avuto modo
di osservare come «Ai fini dell'individuazione del giudice competente
per valore, la domanda avente ad oggetto il pagamento di una somma
determinata ovvero, in alternativa, di quella "maggiore o minore che
verra' ritenuta di giustizia" si risolve nella mancata indicazione
della somma stessa, dovendosi conseguentemente presumere rientrante
nella competenza del giudice adito, ai sensi dell'art. 14, comma 1,
del codice di procedura civile» (Cass. 2 febbraio 2023, n. 3142). E
se nel caso di specie la domanda era stata proposta davanti al
Giudice di pace, ed e' stata poi confermata in Cassazione la
competenza del tribunale, cio' si deve unicamente al fatto che
l'attrice «nel fare ricorso alla suddetta formula in alternativa
all'indicazione della somma di euro 3.450,00, aveva altresi'
rinviato, per la determinazione del "quantum", alle risultanze di una
consulenza tecnica d'ufficio da espletarsi eventualmente nel
giudizio» (Cass. 2 febbraio 2023, n. 3142): nel caso di specie
nessuno ha chiesto consulenze tecniche d'ufficio ne' ulteriori
accertamenti.
Al riguardo, pertanto, non puo' che richiamarsi l'orientamento
(assolutamente consolidato) sempre di legittimita' per cui «In tema
di determinazione della competenza per valore, nell'ipotesi in cui
una domanda di risarcimento danni venga proposta avanti al Giudice di
pace con la richiesta della condanna della controparte al pagamento
di un importo indicato in una somma inferiore (o pari) al limite
della giurisdizione equitativa del Giudice di pace ovvero della somma
maggiore o minore che risulti dovuta all'esito del giudizio, la
formulazione di questa seconda richiesta alternativa non puo' essere
considerata - agli effetti dell'art. 112 del codice di procedura
civile - come meramente di stile, in quanto essa (come altre
consimili), lungi dall'avere un contenuto meramente formale,
manifesta la ragionevole incertezza della parte sull'ammontare del
danno effettivamente da liquidarsi e ha lo scopo di consentire al
giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere
vincolato all'ammontare della somma determinata che venga indicata
nelle conclusioni specifiche. Ne discende che la suddetta richiesta
alternativa si risolve in una mancanza di indicazione della somma
domandata, con la conseguenza che la domanda, ai sensi della seconda
proposizione dell'art. 14 del codice di procedura civile, si deve
presumere di valore eguale alla competenza del giudice adito e che,
ai sensi del comma 3 della stessa norma, in difetto di contestazione
da parte del convenuto del valore cosi' presunto, quest'ultimo rimane
"fissato, anche agli effetti del merito, nei limiti della competenza
del giudice adito", cioe' nel massimo della competenza per valore del
Giudice di pace sulla tipologia di domande fra cui rientra quella
proposta.» (Cass. 25 agosto 2021, n. 23434).
Se si dovesse aver riguardo agli atti di causa, dunque al
principio della domanda, al petitum, alla causa petendi - che
delineano chiaramente come oggetto della controversia solo e soltanto
la domanda, svolta dal concessionario di pubblico servizio, di
pagamento del corrispettivo per la prestazione resa in adempimento
della convenzione, e nei confronti del soggetto che quella
convenzione individua come obbligato - non v'e' chi non veda come il
giudizio non verta affatto sul sinistro stradale (che rimane,
estraneo e sullo sfondo, come mero antecedente in fatto), bensi'
sull'esistenza, attualita' ed esigibilita' del credito azionato.
Obbligazioni pecuniarie, dunque, e nulla piu'; su cui - in assenza di
qualsiasi profilo di competenza funzionale - la competenza si
determina solo e soltanto per valore. Con la conseguenza che il
giudice ad quem, odierno remittente, non e' certamente competente. La
violazione delle regole di competenza - perpetrata merce' l'abnorme
provvedimento del giudice a quo - appare, allo stato, irrimediabile.
3. Il diritto vivente. Non e' chiaro come le parti potessero
impugnare l'ordinanza estintiva (ha disposto la cancellazione dal
ruolo) del giudice di prime cure (ove mai avessero voluto, sul che e'
d'uopo astenersi da ogni commento). Vero e' invece che il regolamento
di competenza d'ufficio, ex articoli 38, 45 e 47, comma 4 del codice
di procedura civile, e' limitato ai soli casi di (conflitto di)
competenza per materia o per territorio inderogabile. Quanto alla
competenza per valore, la giurisprudenza di legittimita' e' ferma
nell'avallare l'errore del giudice a quo che infondatamente declini
la propria competenza: «ai sensi dell'art. 45 del codice di procedura
civile, rubricato "Conflitto di competenza", "Quando, in seguito
all'ordinanza che dichiara l'incompetenza del giudice adito per
ragione di materia o per territorio nei casi di cui all'art. 28, la
causa nei termini di cui all'art. 50 e' riassunta davanti ad altro
giudice, questi, se ritiene di essere a sua volta incompetente,
richiede d'ufficio il regolamento di competenza"; la norma disciplina
espressamente l'ipotesi del conflitto negativo virtuale di
competenza, che si verifica quando, declinata la competenza da parte
del giudice adito, per ragioni funzionali, di materia o territorio
inderogabile, il giudice da questi individuato come competente,
riassunta la causa davanti a lui ex art. 50 si ritiene a sua volta
incompetente a conoscere della controversia (v. Cassazione 31 gennaio
2007, n. 2154); discende dunque direttamente dalla lettera della
legge e dalla sua piana interpretazione, che, perche' possa proporsi
regolamento di competenza d'ufficio, il giudice ad quem deve
ritenersi incompetente per ragioni di materia o territorio
inderogabile, e non, invece, per ragioni di valore o territorio
semplice; ne consegue che qualora il secondo giudice, adito a seguito
della riassunzione, non individui la competenza per materia o
territoriale inderogabile del primo o di altro giudice ritenendo che
la competenza sia regolata soltanto per valore, il regolamento di
competenza deve ritenersi inammissibile (v. e pluribus Cassazione 4
ottobre 1996, n. 728; 25 febbraio 2005, n. 4077; 17 luglio 2008, n.
19792; 23 luglio 2010, n. 17454; 16 luglio 2012, n. 12152; Sez. U. 19
ottobre 2011, n. 21582; 6 novembre 2012, n. 19167; 17 ottobre 2012,
n. 17811; 19 gennaio 2015, n. 728; 22 luglio 2016, n. 15138; 15
novembre 2017, n. 27130; 15 gennaio 2018, n. 775; 25 gennaio 2018, n.
1835, che motivano tale soluzione in base all'assunto secondo cui,
per effetto della pronuncia del giudice a quo, la competenza ratione
valoris del giudice ad quem a conoscere della lite dovrebbe ritenersi
ormai radicata e non piu' suscettibile di contestazione; v. anche
Cassazione Sez. U. 18 gennaio 2018, n. 1202, che pur confermando la
medesima soluzione, la giustificano facendo leva su una lettura
dell'art. 45 del codice di procedura civile che esse qualificano
"minimalista", in forza della quale la norma in questione non sarebbe
volta a garantire l'esatto rispetto ad ogni costo delle regole che
presiedono al riparto della competenza, bensi' assicurerebbe soltanto
il rispetto del minimo irrinunciabile di quelle regole concernenti la
"qualita'" della domanda, rendendo dunque accettabile - in nome della
ragionevole durata del processo - che una data controversia possa
eventualmente essere decisa da un giudice normalmente preposto a
conoscerne altre di differente valore e per converso inammissibile
una istanza di regolamento d'ufficio che, per quanto motivato dalla
insussistenza della competenza funzionale affermata dal primo giudice
- questo era il caso posto all'attenzione delle Sezioni unite -
condurrebbe in conclusione, con il suo eventuale accoglimento da
parte della Corte regolatrice, all'effetto d'un regolamento di
competenza d'ufficio ratione valoris, che invece l'ordinamento non
accorda per esplicita e legittima, in quanto tale non sindacabile
innanzi alla Corte costituzionale, scelta di merito legislativo);»
(Cass. 29 marzo 2023, n. 8891, in motivazione; enfasi aggiunte).
4. Il vincolo interpretativo e il conseguente rilievo ex officio
della q.l.c. Questo giudice non ritiene condivisibile il predetto
orientamento. Vero e' che la norma di cui all'art. 45 del codice di
procedura civile sembra consentire il regolamento d'ufficio di
competenza nei soli casi in cui il conflitto (negativo) riguardi la
competenza per materia o per territorio inderogabile, e che a tale
assunto conduce la formulazione letterale della norma, sull'argomento
per cui «ubi lex voluit, dixit» sicche' si tratterebbe di scelta di
politica legislativa, discrezionale e come tale insindacabile nel
merito. Tuttavia, appare palese l'effetto distorsivo, illegittimo,
illegale ed iniquo di consentire, in tal modo, che il giudice
naturale si spogli della causa «sgradita», affermando dolosamente o
con colpa grave (ignorantia legis) la propria incompetenza per
valore, radicando definitivamente la competenza in capo ad altro
giudice senza che ne sussistano i presupposti di legge.
Tanto induce questo giudice a sollevare d'ufficio, ex art. 23,
comma 3, legge n. 87/1953, la questione di costituzionalita'
dell'art. 45 del codice di procedura civile che riveste natura ictu
oculi pregiudiziale nel giudizio a quo, in quanto ha ad oggetto norme
che devono essere necessariamente applicate in detta sede processuale
(cfr. Corte costituzionale n. 203/2016): l'interpretazione
strettamente letterale dell'art. 45 del codice di procedura civile,
nei modi e termini veduti, si pone ad avviso di codesto remittente in
contrasto con il principio del giudice naturale precostituito per
legge (art. 25 della Costituzione), nella parte in cui, in caso di
declaratoria di incompetenza per valore manifestamente erronea,
precludendo al giudice ad quem di sollevare d'ufficio il regolamento
di competenza, consente al giudice naturale di spogliarsi della
competenza a decidere cause non gradite, in violazione delle regole
di ripartizione verticale della competenza (nel caso di specie, tra
Giudice di pace e tribunale ordinario). L'irretrattabilita' -
discendente dal disposto dell'art. 45 del codice di procedura civile
cosi' come interpretato dalla Cassazione - della competenza
individuata dalla (abnorme) decisione del giudice a quo si risolve
infatti nella devoluzione della cognizione ad un giudice non
naturale, cioe' non precostituito per legge, bensi' individuato - con
decisione insindacabile, irrimediabile ed indiscutibile - dal giudice
a quo stesso secondo il proprio capriccio.
Come si cerchera' di illustrare nei paragrafi successivi, il
carattere imperativo dell'invocato precetto legislativo, che per la
sua formulazione non lascia alcun margine di discrezionalita' al
giudice, non sembra conciliabile con i principi del vigente
ordinamento processuale; determina effetti ingiusti, iniqui e
pesantemente distorsivi del sistema processuale; reca altresi' grave
nocumento all'efficienza (e all'immagine) della funzione
giurisdizionale.
Questo giudice ben conosce la giurisprudenza della Corte
costituzionale, secondo cui il sindacato di legittimita'
costituzionale si arresta dinanzi alla discrezionalita' del
legislatore; tuttavia, per i modi e termini in cui la
discrezionalita' e' stata esercitata, resi manifesti da un precetto
normativo che resiste ad ogni sforzo esegetico teso a darne una
lettura costituzionalmente orientata, si ritiene che essa sia
trasmodata in arbitrio o quantomeno in una scelta di politica
legislativa non conforme ai canoni di ragionevolezza e come tale
sindacabile (per questo rilievo, in relazione allo specifico ambito
del diritto processuale, v. Corte costituzionale n. 117 del 2012).
Nei paragrafi che seguono si cerchera' di esporre sinteticamente i
motivi di conflitto con i parametri costituzionali, considerando la
norma da diversi angoli prospettici in ragione della pluralita' di
interessi lesi.
5. Violazione dell'art. 25 della Costituzione, sia isolatamente,
sia in combinato disposto con l'art. 111 della Costituzione.
L'art. 25, comma 1, della Costituzione, individua il «giudice
naturale», investito della trattazione della controversia - dunque
del compito di giudicare i fatti, e valutare gli interessi attinti,
in modo equilibrato, terzo e imparziale (art. 111 della Costituzione:
le due norme si compenetrano funzionalmente, l'una essendo al
contempo presupposto ed attuazione dell'altra) - nel giudice
precostituito per legge (cfr. Corte costituzionale n. 460 del 1994).
L'on. Consesso adito ha gia' avuto modo di chiarire come ne discenda
non solo il «diritto alla certezza che a giudicare non sara' un
giudice creato a posteriori in relazione ad un fatto gia'
verificatosi» (C. Cosituzionale n. 88 del 1962) bensi', cio' che
rileva nel caso di specie, il diritto alla certezza del giudice: «il
principio di certezza del giudice, di cui all'art. 25, primo comma,
della Costituzione, e' efficacemente espresso nel concetto di
"precostituzione del giudice", vale a dire nella previa
determinazione della competenza, con riferimento a fattispecie
astratte realizzabili in futuro, non gia', a posteriori, in relazione
ad una regiudicanda gia' insorta». In altri termini, «Il principio in
esame e' osservato "purche' l'organo giudicante sia stato istituito
dalla legge sulla base di criteri generali fissati in anticipo e non
in vista di singole controversie" (sentenza n. 452 del 1997).
Inoltre, la Corte ha chiarito che l'art. 25 della Costituzione non
viene violato allorche' «la legge, sia pure con effetto anche sui
processi in corso, modifica in generale i presupposti o i criteri in
base ai quali deve essere individuato il giudice competente: in
questo caso, infatti, lo spostamento della competenza dall'uno
all'altro ufficio giudiziario non avviene in conseguenza di una
deroga alla disciplina generale, che sia adottata in vista di una
determinata o di determinate controversie, ma per effetto di un nuovo
ordinamento - e, dunque, della designazione di un nuovo giudice
"naturale" - che il legislatore, nell'esercizio del suo insindacabile
potere di merito, sostituisce a quello vigente" (cosi', da ultimo, la
sentenza n. 237 del 2007)» (C. Costituzione n. 30 del 2011, in
motivazione).
Con tutta evidenza, la vicenda odierna non appare conforme ai
predetti canoni costituzionali: le parti sono state distolte dal loro
«giudice naturale», che si e' arbitrariamente ed illegittimamente
spogliato della controversia, attribuita senza rimedio ad un altro
giudice, ancorche' superiore. Rimangono oscure le ragioni di tale
condotta - peraltro, a quanto consta, rivendicata dal giudice a quo,
come riferito per le vie brevi dai difensori all'udienza del 21
gennaio 2025 - che, in disparte ogni valutazione dell'elemento
soggettivo, sul piano meramente oggettivo appare non in linea con i
precetti di terzieta' ed imparzialita' (art. 111 della Costituzione),
e particolarmente problematica sotto il profilo dell'equilibrio (che
della funzione giudicante e' pre-requisito).
6. Violazione dell'art. 3 della Costituzione. Cio' determina
altresi', ad avviso di questo giudice, violazione dell'art. 3 della
Costituzione. La rigidita' della formulazione dell'art. 45 del codice
di procedura civile, nella parte in cui non offre alcun rimedio
all'abnorme provvedimento declinatorio della competenza, determina il
paradossale ed inaccettabile effetto di consentire che casi identici
vengano trattati dal giudice naturale (Giudice di pace) o dal giudice
sbagliato (tribunale) in ragione non di un criterio legale, ma della
correttezza e buona fede della persona fisica designata come giudice
naturale: un Giudice di pace ligio al codice di rito tratter(r)ebbe
la causa, un altro (piu' spregiudicato) se ne spoglierebbe radicando
la competenza definitivamente davanti al tribunale; sicche' casi
identici avrebbero giudici diversi - e rito diverso, per la
diversita' strutturale tra rito ordinario di primo grado e
procedimento davanti al Giudice di pace - in ragione della casuale
inclinazione etica o psichica del singolo Giudice di pace: e valga
sul punto osservare come il presente contenzioso abbia natura seriale
e come gli altri giudici di pace dello stesso ufficio, e lo stesso
decidente a quo in passato, si siano ben guardati dal declinare la
propria competenza senza che ne ricorressero i presupposti. E se la
base normativa di tale vizio e' l'art. 45 del codice di procedura
civile con la sua veduta delimitazione oggettiva, deve ritenersi che
sia detta norma a consentire questo diverso trattamento privo di
qualsiasi ragionevole giustificazione, «si' da svelare una scelta
arbitraria che sarebbe preclusa al legislatore in una materia, come
quella processuale, nella quale pure gode di ampia discrezionalita'»
(C. Costituzione n. 96 del 2024).
7. Emerge altresi' violazione dell'art. 111 della Costituzione.
Come rilevato in dottrina, la riserva di legge c.d. rinforzata
contenuta nel 1° comma dell'art. 111 della Costituzione e' oggetto di
due diverse letture. Per una prima tesi, la norma non precluderebbe
al legislatore di attribuire al giudice poteri discrezionali piu' o
meno ampi nella determinazione delle forme, delle fasi e delle
scansioni cronologiche delle attivita' processuali. Per altra, e piu'
rigorosa, lettura, viceversa, non puo' essere ritenuto conforme a
Costituzione un processo nel quale i poteri delle parti e del giudice
siano tutti rimessi, quanto alle modalita' e ai tempi, alla
discrezionalita' del giudice stesso: al piu', tale discrezionalita'
puo' sussistere per i soli poteri di governance del processo, non
anche per quelli che influiscono sul contenuto della decisione. In
aderenza a tale seconda tesi - che, per quel che puo' valere, anche
chi scrive condivide - deve ritenersi che «il criterio generale per
valutare la legittimita' costituzionale di norme che attribuiscano al
giudice spazi di discrezionalita' nella conformazione del processo e'
probabilmente quello della ragionevolezza, in senso teleologico. Si
deve, cioe', operare un bilanciamento fra le diverse esigenze interne
al principio del giusto processo. L'attribuzione al giudice di una
discrezionalita' nella conformazione del processo puo' essere allora
giustificata solo nella misura in cui realizza direttamente una delle
finalita' del giusto processo, ad esempio sotto il profilo della
ragionevole durata. Il legislatore non potra' mai, pertanto, affidare
al giudice spazi di assoluta e ingiustificata arbitrarieta'
nell'applicazione della disciplina processuale»: poiche' il processo
non sarebbe «regolato dalla legge» ma rimesso, appunto, alla
mutevole, ondivaga ed imprevedibile volonta' della singola persona
fisica: nel caso di specie, in ordine all'individuazione del giudice
competente e, per l'effetto, del rito applicabile.
8. Emerge altresi' violazione dell'art. 97 della Costituzione,
sotto plurimi profili. In primo luogo poiche' l'attivita' della
amministrazione della giustizia sarebbe non conforme ai canoni di
buon andamento, efficienza, imparzialita': le regole della
giurisdizione non possono essere affidate al caso ma, appunto, alla
legge. In secondo luogo, perche' l'illegittima trasmigrazione del
procedimento dal Giudice di pace al tribunale si risolve in un
indebito aggravio del carico di lavoro complessivo dell'ufficio e dei
singoli magistrati, specie laddove - come nel caso presente - emerga
la natura non episodica od occasionale, bensi' volutamente seriale,
di tale «spoliazione» da parte del giudice a quo: dalle informazioni
acquisite in cancelleria risultano trasmessi, con ordinanza-fotocopia
resa dal medesimo Giudice di pace persona fisica, una decina di
procedimenti (alla data del 21 gennaio 2025) (1) tutti di valore
contenuto entro la soglia di competenza del giudice a quo, tutti
sulla medesima tipologia di controversia (richiesta di pagamento
della fattura per il servizio di pulizia stradale post-sinistro,
svolta dalla concessionaria di pubblico servizio contro
l'Assicurazione RCA del responsabile e contro quest'ultimo; senza
dunque alcuna contestazione della responsabilita' per il sinistro,
ne' di accertamento della responsabilita', ne', tantomeno, di
risarcimento del danno a persone o cose), ed assegnati a diversi
giudici onorari e togati che subiscono pertanto l'indebita
assegnazione di un procedimento in via definitiva, senza
possibilita', negata dall'art. 45 del codice di procedura civile, di
rimediare alle distorsioni recate dall'abnorme provvedimento del
giudice a quo. Anche le parti, poi, non potranno che patire
disorientamento e disagio nel vedere controversie bagatellari,
pacificamente seriali, improvvisamente assegnate ex officio a un
giudice diverso senza che alcuna delle domande proposte ne abbia
determinato le condizioni e senza possibilita' di ritornare avanti al
giudice naturale; il tutto in spregio del legittimo affidamento sulla
buona fede, correttezza, efficienza, efficacia ed effettivita'
dell'azione amministrativa, rilevante anche sotto il diverso profilo
della prevedibilita' delle decisioni giudiziarie.
In secondo luogo, l'interpretazione dell'art. 45 della
Costituzione veicolata anche dalle SS.UU. si pone non in linea con i
canoni costituzionali di cui all'art. 97 della Costituzione anche, e
sotto diverso profilo, nella parte in cui, consentendo di ritenere
cristallizzata la riqualificazione della domanda come di valore
indeterminabile, sostanzialmente avalla l'imposizione di una
prestazione tributaria indebita, come l'incremento del contributo
unificato: nel caso di specie, passato da 98 a 518 euro senza che ne
ricorressero i presupposti di legge.
9. Conclusioni. Si ritiene, in definitiva, censurabile di
illegittimita' costituzionale il disposto dell'art. 45 del codice di
procedura civile nella parte in cui, sia per la formulazione
letterale, sia per l'interpretazione datane dal diritto vivente
tramite la Corte di cassazione a Sezioni unite (18 gennaio 2018, n.
1202) e semplici (da ultimo Cassazione 2 agosto 2024, n. 21829;
Cassazione 29 marzo 2023, n. 8891): 1) impone al giudice ad quem la
trattazione di un procedimento illegittimamente devolutogli da altro
giudice dichiaratosi incompetente per valore; 2) preclude al giudice
ad quem l'attivazione dei rimedi astrattamente ipotizzabili
(regolamento di competenza ex officio) per dirimere il conflitto
negativo; 3) determina l'ingiustificato aggravio delle assegnazioni
tabellari per i giudici dell'ufficio ad quem, in violazione: a) del
principio di pre-costituzione del giudice naturale (art. 25 della
Costituzione); b) del principio di buon andamento, efficienza,
efficacia e razionalita' dell'azione amministrativa (art. 97 della
Costituzione); 4) determina la violazione dell'art. 111 della
Costituzione rendendo il processo regolato non dalla legge ma, in
definitiva, dall'arbitrio del singolo giudice; 5) determina
l'irragionevole e ingiustificata diversita' di regime processuale tra
controversie identiche, in funzione della casuale e soggettiva
valutazione di un presupposto rigidamente oggettivo (il valore della
controversia) ad opera del singolo giudice, in violazione dell'art. 3
della Costituzione; 6) determina un pregiudizio patrimoniale per la
parte attrice, indebitamente costretta al pagamento di un contributo
unificato maggiore rispetto a quello effettivamente dovuto.
(1) 1 RG 1272/2024, 1296/2024, 1509/2024, 1793/2024, 1935/2024,
1950/2024, 2021/2024, 69/2025
P.Q.M.
Visti gli articoli 134 della Costituzione, 23 ss. legge n.
87/1953;
Ritenuta ex officio rilevante e non manifestamente infondata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 45 del codice di
procedura civile, nei modi e termini di cui in parte motiva, sospende
il procedimento in corso;
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale;
Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia
notificata alle parti in causa, alla Presidenza del Consiglio dei
ministri, e comunicata alla Presidenza del Senato e della Camera dei
Deputati;
Dispone trasmettersi gli atti al Presidente della Sezione Civile
e al Presidente del Tribunale, per le valutazioni di rispettiva
competenza di cui in parte motiva.
Si comunichi.
Piacenza, 17 marzo 2025
Il Giudice: Fazio