Reg. ord. n. 182 del 2025 pubbl. su G.U. del 01/10/2025 n. 40

Ordinanza del Corte d'appello di Lecce  del 11/07/2025

Tra: O. D.A.

Oggetto:

Reati e pene – Prescrizione – Sospensione del corso della prescrizione – Modifiche normative – Disciplina applicabile – Denunciata interpretazione del diritto vivente (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 12 dicembre 2024-5 giugno 2025, n. 20989), secondo cui la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all'art. 159 cod. pen., commi secondo, terzo e quarto, nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, si applica ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, mentre dovrebbe ritenersi definitivamente abrogata [ad opera della legge n. 134 del 2021] anche per tali reati – Regime transitorio in malam partem – Violazione del principio di legalità in materia penale - Irragionevolezza.

Norme impugnate:

legge  del 27/09/2021  Num. 134  Art. 2  Co. 1

legge  del 09/01/2019  Num. 3  Art. 1  Co. 2



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 25   Co.



Udienza Pubblica del 10 febbraio 2026 rel. VIGANÒ


Testo dell'ordinanza

                        N. 182 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 luglio 2025

Ordinanza dell'11 luglio 2025 della  Corte  d'appello  di  Lecce  nel
procedimento penale a carico di O. D.A.. 
 
Reati  e  pene  -  Prescrizione  -  Sospensione   del   corso   della
  prescrizione -  Modifiche  normative  -  Disciplina  applicabile  -
  Denunciata  interpretazione   del   diritto   vivente   (Corte   di
  cassazione, sezioni  unite  penali,  sentenza  12  dicembre  2024-5
  giugno 2025, n. 20989), secondo cui la disciplina della sospensione
  del corso della prescrizione di cui all'art. 159 cod.  pen.,  commi
  secondo, terzo e quarto, nel testo introdotto dalla  legge  n.  103
  del 2017, si applica ai reati commessi dal  3  agosto  2017  al  31
  dicembre 2019, mentre dovrebbe ritenersi  definitivamente  abrogata
  anche per tali reati. 
- Legge 27 settembre 2021, n. 134 (Delega al Governo per l'efficienza
  del processo penale nonche' in materia di  giustizia  riparativa  e
  disposizioni   per   la   celere   definizione   dei   procedimenti
  giudiziari), art. 2, comma 1, lettera a), in combinato disposto con
  l'art. 1, comma 2, della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (Misure per  il
  contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonche'  in
  materia di prescrizione del reato e in materia di  trasparenza  dei
  partiti e movimenti politici). 


(GU n. 40 del 01-10-2025)

 
                      CORTE DI APPELLO DI LECCE 
                        Sezione Prima Penale 
 
    composta dai sigg.: 
        dott. Francesco Ottaviano, Presidente; 
        dott. Giuseppe Biondi, consigliere rel; 
        dott. Francesco Cacucci, consigliere. 
    Letti gli atti del procedimento penale  in  epigrafe  indicato  a
carico di: 
        D'. O. nato a ... il ..., domiciliato in ... alla via ...  n.
..., elettivamente domiciliato presso il proprio difensore ... difeso
di fiducia dall'avv. Riccardo Mele del Foro di Brindisi  e  dall'avv.
Serena Tucci del Foro  di  Taranto,  imputato  art.  641  del  codice
penale,  perche',  dissimulando  il  proprio  stato  di   insolvenza,
contraeva obbligazioni nei confronti di ..., con il proposito di  non
adempierle,  acquistando  44  44  quintali  di  cavi  di   rame   per
complessivi euro 16.280,00, pagando  l'acconto  di  euro  1.800,00  e
omettendo di pagare il saldo. 
    In ... il ... e ... 
    Parte civile: ..., nato il ... a ... ed ivi  residente  alla  via
... n. ... - rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Battista Cervo
del Foro di Lecce. 
 
                               Osserva 
 
1. Premessa e svolgimento del processo. 
    1.1. Con sentenza del Tribunale di Lecce, in data 24 maggio 2022,
D'. O. veniva ritenuto responsabile del reato  ascrittogli  e  veniva
condannato alla pena di euro. 516,00 di  multa,  oltre  al  pagamento
delle spese processuali. Il D'.  veniva  condannato  a  risarcire  il
danno in favore della  costituita  parte  civile,  da  liquidarsi  in
separata sede, nonche' alla rifusione delle spese  processuali  dalla
stessa sostenute. 
    1.2. Avverso la citata sentenza proponeva tempestivo  appello  il
difensore di fiducia dell'imputato,  censurando  la  pronuncia  sulla
base dei seguenti motivi sintetizzati per quanto di interesse: 
        a) con il primo motivo di  appello  si  chiede  l'assoluzione
dell'imputato, anche ai sensi  dell'art.  530,  comma  2  del  codice
procedura penale, perche' il fatto non costituisce reato. Il  giudice
traeva la prova della  sussistenza  del  reato  esclusivamente  dalle
rassicurazioni fornite dal D'. in riferimento al futuro  adempimento.
Ma ai fini della sussistenza del  reato  di  cui  all'imputazione  e'
richiesta,  in  relazione  all'elemento  soggettivo,   la   specifica
intenzione di  assumere  un'obbligazione  con  il  proposito  di  non
adempierla, non essendo sufficiente l'accettazione del rischio di non
adempiere,  e  tale  circostanza   non   avrebbe   trovato   conferma
nell'istruttoria. Si sarebbe in presenza  di  un  mero  inadempimento
contrattuale; 
        b)  con  il  secondo  motivo  di   impugnazione   si   chiede
l'assoluzione dell'imputato ai sensi  dell'art.  131-bis  del  codice
penale, trattandosi di un episodio isolato. 
    1.3. All'esito dell'udienza dell'11 luglio 2025, tenuta in Camera
di consiglio ex art. 23-bis,  comma  l,  decreto-legge  n.  137/2020,
convertito con modifiche dalla legge  n.  176/2020,  come  richiamato
dall'art. 94, comma 2, del  decreto  legislativo  n.  150/2022,  come
modificato dalla legge n. 199/2022 di conversione  del  decreto-legge
n. 162/2022, e ulteriormente modificato dal decreto-legge n.  75/2023
convertito con modifiche dalla legge n. 112/2023, e poi dall'art. 11,
comma 7, del decreto-legge  n.  215/2023,  convertito  con  modifiche
dalla legge n. 18/2024, sulle conclusioni  scritte  rassegnate  dalle
parti (il P.G. ha chiesto la conferma della  sentenza  impugnata;  il
difensore della parte civile ha chiesto la  conferma  della  sentenza
impugnata e  ha  depositato  conclusioni  scritte  e  nota  spese;  i
difensori dell'imputato hanno chiesto, in accoglimento dei motivi  di
appello, la riforma della sentenza  con  l'assoluzione  dell'imputato
con formula di giustizia anche ai sensi dell'art. 530,  comma  2  del
codice di procedura penale, ovvero dichiarare l'estinzione del  reato
per prescrizione dal 23 febbraio  2025  in  mancanza  di  periodi  di
sospensione, in ulteriore subordine  assolvere  l'imputato  ai  sensi
dell'art. 131-bis del codice penale), e'  stata  emessa  la  seguente
ordinanza, allegata al verbale di udienza e comunicata alle parti. 
2. In punto di rilevanza della questione. 
    Come e' noto, la Cassazione, nella sua piu'  alta  ed  autorevole
composizione (Cass. pen. sez. un. 12 dicembre 2024-5 giugno 2025,  n.
20989, p. g. in proc. a carico di imp. ...), dirimendo  un  contrasto
sorto non solo nella giurisprudenza di merito, ma anche in quella  di
legittimita', ha affermato il  seguente  principio  di  diritto:  «la
disciplina della sospensione del  corso  della  prescrizione  di  cui
all'art. 159 del codice penale, nel testo introdotto dalla  legge  n.
103 del 2017, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della
legge stessa, ovvero dal 3 agosto  2017  al  31  dicembre  2019,  non
essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge n.  3  del
2019, prima, e dalla legge n. 134 del 2021, poi, mentre per  i  reati
commessi dal 1° gennaio 2020 si applica la disciplina posta a sistema
dalla legge n. 134 del 2021». 
    Per effetto della pronuncia sopra indicata, che, provenendo dalle
Sezioni Unite  della  Cassazione,  che  hanno,  con  tale  decisione,
risolto uno specifico contrasto,  costituisce  a  tutti  gli  effetti
«diritto vivente»,  occorre  prendere  atto  che  il  reato  ascritto
all'imputato non e'  ancora  estinto  per  prescrizione,  cosi'  come
sostenuto dai difensori dell'appellante  nelle  conclusioni  scritte.
Invero, dalla data del commesso  reato,  individuata  nel  ...,  sono
decorsi i sette anni e mesi sei, che costituiscono il termine massimo
di prescrizione, trattandosi di delitto,  non  essendovi  periodi  di
sospensione del termine prescrizionale in primo grado. Ma va aggiunto
il periodo di sospensione di cui all'art. 159, comma 2,  n.  1),  del
codice penale, nel testo modificato dalla legge n. 103/2017 (e  cioe'
un anno e mesi sei a fare  data  dal  giorno  della  pronuncia  della
sentenza in esame con motivazione contestuale). Pertanto, per effetto
di questo ulteriore periodo di sospensione, il termine,  che  sarebbe
venuto a scadenza in data 22-23 febbraio  2025,  come  sostenuto  dai
difensori dell'appellante, verra', invece, a maturare in  data  22-23
agosto 2026. 
    Cio' precisato, con l'appello, come visto, da un lato  si  chiede
l'assoluzione dell'imputato perche' il fatto non  costituisce  reato,
anche ai sensi dell'art. 530, comma 2 del codice di procedura penale,
dall'altro si chiede l'assoluzione dell'imputato invocando  la  causa
di non punibilita' di cui all'art. 131-bis del codice penale. In sede
di conclusioni scritte, i difensori dell'appellante hanno chiesto  di
dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione. 
    Dunque, tenuto conto dei  motivi  di  gravame,  questa  Corte  e'
tenuta a rilevare l'eventuale causa estintiva della prescrizione  del
reato, ove non dovesse ritenere  di  assolvere  l'imputato  ai  sensi
dell'art. 530, comma 2, del codice di procedura penale  (ovvero,  ove
dovesse ritenere di assolvere l'imputato ai sensi  dell'art.  131-bis
del codice  penale,  essendo,  come  e'  noto,  prevalente  la  causa
estintiva del reato: vedi Cassazione pen. sez. I, 28 settembre  2021,
n. 43700), tenuto conto della presenza della  parte  civile,  facendo
applicazione dell'art. 578 del codice di procedura  penale,  come  da
ultimo interpretato dalle Sezioni Unite (vedi  Cassazione  pen.  sez.
un. 28 marzo - 27 settembre 2024, n. 36208, ... - benche'  su  questo
aspetto  penda  altra  questione   di   legittimita'   costituzionale
sollevata da  questa  Corte  con  ordinanza  del  13  dicembre  2024,
questione che verra' trattata dalla Consulta  alla  pubblica  udienza
del 19 novembre 2025,  e  che,  ove  accolta,  potrebbe  limitare  il
giudizio di questa Corte alla sola verifica della  insussistenza  dei
presupposti per l'assoluzione ai sensi dell'art. 129,  comma  2,  del
codice di procedura penale, demandando ad altra Autorita' Giudiziaria
il giudizio sulle statuizioni civili, ove estinto per prescrizione il
reato). E' interesse dell'imputato, pertanto, verificare il possibile
ricorrere della causa estintiva del reato. 
    Cio' detto, rileva la Corte che, ove  non  fosse  applicabile  la
sospensione del termine di prescrizione prevista dall'art. 159, comma
2, n. 1), del codice penale, nel  testo  introdotto  dalla  legge  n.
103/2017, cosi' come sostenuto dall'indirizzo  giurisprudenziale  non
accolto dalle Sezioni Unite, il reato ascritto all'appellante sarebbe
effettivamente estinto per prescrizione dal 22-23 febbraio 2025. 
    Tuttavia, le Sezioni Unite hanno statuito il su esposto principio
di diritto, che, appunto perche'  affermato  dirimendo  il  contrasto
giurisprudenziale sorto sul punto, costituisce «diritto  vivente»  ai
sensi dell'art. 65, regio decreto n. 12/1941 e dell'art.  618,  comma
1-bis, del codice di procedura penale. 
    Ritiene la Corte  che  l'interpretazione  fornita  dalle  Sezioni
Unite delle norme delle leggi n. 103/2017 (legge Orlando), n.  3/2019
(legge  Bonafede)  e  n.  134/2021  (legge   Cartabia),   che   hanno
disciplinato il complesso fenomeno successorio che ha avuto  riguardo
all'istituto  della  sospensione  del  termine  di  prescrizione   in
conseguenza della pronuncia della sentenza di primo grado,  si  ponga
in contrasto con l'art. 3 della Costituzione e con  il  principio  di
legalita' penale posto dall'art. 25,  comma  2,  della  Costituzione,
che,  come  e'  noto,  esprime  un  principio   supremo   dell'ordine
costituzionale,  che  si  estende  anche  al  regime   legale   della
prescrizione (Corte Costituzionale ordinanza n. 24/2017). 
    In particolare, si ritiene che  l'interpretazione  fornita  dalle
Sezioni Unite dell'art.  2,  comma  1,  lettera  a)  della  legge  n.
134/2021 (che prevede l'abrogazione dei commi 2 e 4 dell'art. 159 del
codice penale), letto in combinato disposto con l'art.  l,  comma  2,
della legge n. 3/2019 (che statuisce che le disposizioni  di  cui  al
comma l, lettera d), e) ed f) della predetta legge entrano in  vigore
il 1° gennaio 2020), secondo la quale l'effetto  abrogativo  previsto
dall'art. 2, comma l, lettera a), legge n. 134/2021 non retroagirebbe
per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019,  si  pone
in contrasto con l'art. 25,  comma  2,  della  Costituzione,  poiche'
costituirebbe  interpretazione  non  in  linea  con  il   significato
letterale delle norme,  nonche'  con  l'art.  3  della  Costituzione,
poiche' produttiva di un regime transitorio non previsto dalla  legge
ed irragionevole, in quanto generante effetti  in  malam  partem  per
l'imputato. 
    Al  riguardo,  vale  la  pena  rammentare  che  l'interprete   ha
l'obbligo di confrontarsi con il canone ermeneutico rappresentato, in
materia di diritto penale, dal divieto di interpretazioni estensive o
analogiche a sfavore del reo, canone affermato  a  livello  di  fonti
primarie dall'art. 14 delle  preleggi,  nonche'  -  implicitamente  -
dall'art. 1 del codice penale e  fondato  a  livello  costituzionale,
come detto, sul principio di legalita' di cui all'art. 25,  comma  2,
della Costituzione, divieto che non consente  di  riferire  la  norma
penale (fra le quali, come precisato, sono  ricomprese  anche  quelle
che  attengono  al  regime  della  prescrizione)  a  situazioni   non
ascrivibili ad alcuno dei suoi  possibili  significati  letterali,  e
costituisce  cosi'  un  limite  insuperabile  rispetto  alle  opzioni
interpretative  a  disposizione  del  giudice  di  fronte  al   testo
legislativo. E cio' in quanto, nella prospettiva  culturale  nel  cui
seno e' germogliato lo  stesso  principio  di  legalita'  in  materia
penale, e' il  testo  della  legge  -  non  gia'  la  sua  successiva
interpretazione ad opera della giurisprudenza - che deve  fornire  al
consociato un chiaro avvertimento circa le conseguenze  sanzionatorie
delle proprie condotte (cfr. Corte  costituzionale  n.  98/2021).  In
buona sostanza, a fronte di significati letterali, chiari e  precisi,
della norma penale che attiene al regime legale  della  prescrizione,
non e' consentito, per il rispetto del  principio  di  legalita'  che
vige nella materia penale, formulare interpretazioni in malam  partem
a sfavore dell'imputato, generative di regimi transitori non previsti
dalla  legge  e   che   irragionevolmente   impediscono   l'efficacia
retroattiva di una norma di  favore  (vedi  Corte  costituzionale  n.
215/2008). 
    Ritiene questa Corte che e' cio' che  e'  avvenuto  nel  caso  di
specie, sicche' reputa  doveroso  sottoporre  d'ufficio  la  relativa
questione di legittimita' costituzionale, che, per quanto su esposto,
appare rilevante. 
3. In punto di non manifesta in fondatezza della questione. 
    3.1. Ricostruzione del quadro normativo. 
    E' necessario procedere ad una  breve  ricostruzione  del  quadro
normativo. 
    Occorre considerare che le tre leggi che si  sono  succedute  nel
tempo (la legge c.d. Orlando, la legge c.d. Bonafede, la  legge  c.d.
Cartabia) sono intervenute, fra l'altro,  tutte  su  un  istituto  di
nuovo conio per la disciplina della prescrizione del reato,  e  cioe'
l'istituto della sospensione del termine di prescrizione per  effetto
della pronuncia della sentenza (originariamente di condanna) di primo
o di secondo grado. 
    In vero, la legge n. 103/2017 ha introdotto l'istituto, inserendo
i commi 2, 3 e 4 nell'art. 159  del  codice  penale  e  abrogando  il
precedente comma 2 (art. 1, comma 10 della legge  n.  103/2017).  Per
espressa previsione normativa (art. 1, comma 15, legge n.  103/2017),
la disciplina della  sospensione  del  termine  di  prescrizione  per
effetto della pronuncia della sentenza di condanna di primo o secondo
grado si sarebbe applicata ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore
della legge. 
    La legge n. 3/2019 (art. 1, comma 1, lettera e, nn. 1)  e  2),  e
lettera f), n. 1) ha modificato l'istituto, abrogando i commi 3  e  4
dell'art.  159  del  codice  penale,  e,  modificando  il  comma   2,
stabilendo che il corso della prescrizione  sarebbe  rimasto  sospeso
sostanzialmente sine die dalla  pronuncia  della  sentenza  di  primo
grado  (qualunque  sentenza)  o  dal  decreto  penale   di   condanna
(conseguenzialmente,  per  effetto  dell'abrogazione  del   comma   1
dell'art. 160 del codice penale, sia  la  sentenza,  che  il  decreto
penale di condanna, non costituivano  piu'  atti  interruttivi  della
prescrizione; per  inciso  va  anche  citata  la  modifica  apportata
dall'art. 1, comma 1, lettera d) della legge n. 3/2019, all'art. 158,
comma 1, del codice penale, che ha previsto  nuovamente  che  per  il
reato permanente o continuato il termine di prescrizione decorre  dal
giorno in cui e' cessata la permanenza o la continuazione). Peraltro,
queste disposizioni entravano in vigore dal 1° gennaio 2020 (art.  1,
comma 2, della legge n. 3/2019). 
    La legge n. 134/2021 (art. 2, comma 1, lettera a),  b)  e  c)  ha
definitivamente abrogato l'istituto, eliminando il comma 2  dell'art.
159 del codice penale (nonche',  il  comma  4,  come  risultante  per
effetto delle precedenti  abrogazioni  e  modifiche);  ha  modificato
l'art. 160 del codice penale, prevedendo nuovamente il decreto penale
di condanna come atto interruttivo della prescrizione; ha  introdotto
con  l'art.  161-bis  del  codice  penale  il  nuovo  istituto  della
cessazione del corso della prescrizione. La legge n.  134/2021  (art.
2,  comma  2,  lettera  a)  ha  poi  introdotto  il  nuovo   istituto
dell'improcedibilita' per superamento dei termini di  durata  massima
del giudizio di impugnazione ai sensi dell'art. 344-bis del codice di
procedura penale. Questa nuovo istituto, pero', si  applica  ai  soli
procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto  reati  commessi  a
fare data dal 1° gennaio  2020  (art.  2,  comma  3  della  legge  n.
134/2021). 
    3.2. La sentenza delle Sezioni Unite. 
    Le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 20989/2025)  hanno
affermato   che   l'impianto    della    complessiva    modificazione
dell'istituto della prescrizione introdotta con la  legge  n.  3/2019
orienta nel senso che questa  normativa  sarebbe  stata  direttamente
dettata per disciplinare i reati commessi dal 1° gennaio 2020 in  poi
(vedi punto 6 del  Considerato  in  diritto).  In  questa  direzione,
sostengono le Sezioni Unite  (vedi  punto  6.1.  del  Considerato  in
diritto), «pure se la locuzione adottata nel  testo  della  legge  e'
letteralmente  riferita  alla  semplice   entrata   in   vigore   [la
sottolineatura e' di chi scrive], e' da ritenere che  il  legislatore
del 2019 abbia inteso stabilire che tutte le  nuove  disposizioni  in
materia di prescrizione (prima tra tutte la sospensione sine die  del
termine di prescrizione con la  pronuncia  della  sentenza  di  primo
grado inserita nell'art. 159 del codice  penale  da  quella  riforma)
debbano trovare applicazione solo in relazione ai reati commessi  dal
1° gennaio 2020. E' in tale prospettiva che si individua  la  ragione
della forte divaricazione temporale - non  di  molto  inferiore  alla
durata di un anno (durata  sensibilmente  piu'  ampia  rispetto  alla
vacatio ordinaria di cui  agli  artt.  73  della  Costituzione  e  10
preleggi) - tra l'epoca di  produzione  dei  suoi  effetti:  essa  ha
segnato una cesura con la pregressa disciplina, del tutto  svincolata
da reali esigenze di conoscibilita' del dettato normativo,  cosi'  da
sfociare in un vero e  proprio  regime  transitorio,  preclusivo  del
raffronto fra la disciplina con essa introdotta e quelle  pregresse».
Sostiene sempre il Supremo  Consesso,  «osservando  il  dipanarsi  di
queste modificazioni normative, si puo' ragionevolmente evincere  che
l'obiettivo perseguito dal  legislatore  non  e'  identificabile  con
quello (proprio della vacatio legis) di assicurare la  conoscibilita'
della legge,  bensi'  con  quello  di  procrastinare  nel  tempo  gli
effetti,  al  fine,  del  resto  non  sottaciuto,  di   adottare   in
quell'intervallo le opportune riforme necessarie per  velocizzare  il
processo penale, in  guisa  da  evitare,  dopo  l'introduzione  della
sospensione sine die della prescrizione  del  reato  all'esito  della
sentenza di primo grado (e, si sottolinea, qualunque sia  l'esito  di
tale pronuncia sancito), l'ordinaria  evenienza  di  un  giudizio  di
cognizione suscettibile di durata indefinita nei  gradi  successivi».
Osserva    ancora    la    Cassazione    «tornando     al     rilievo
dell'inapplicabilita'  della  disciplina  della   sospensione   della
prescrizione prevista dalla legge n. 3 del 2019 per i reati  commessi
in tempo antecedente al 1° gennaio 2020 [ ... ] essa rinviene il  suo
coerente sviluppo nella disciplina dell'art. 2,  comma  3,  legge  n.
134/2021, chiaramente coordinato con le innovazioni  apportate  dalla
legge  del  2019,  con   particolare   riferimento   all'introduzione
dell'istituto dell'improcedibilita' riguardante gli stessi reati  per
i quali la legge del 2019 aveva previsto la sospensione indeterminata
della prescrizione con la sentenza di primo grado. Ebbene, come si e'
gia' osservato, la suddetta norma ha fatto  espresso  riferimento  ai
reati commessi a fare data dal 1° gennaio 2020, cosi' manifestando la
chiara   volonta'    di    limitare    gli    effetti    a    ritroso
dell'improcedibilita' ai soli reati commessi a partire da tale  data.
Risulta cosi' esplicitato lo spartiacque, fissato  ratione  temporis,
fra reati commessi fino al 31 dicembre 2019 e reati commessi  dal  1°
gennaio  2020,  spartiacque  ragionevolmente   concepibile   soltanto
muovendo  dal  presupposto  che  la  data  del  1°  gennaio  2020  ha
identificato gia', in materia di  prescrizione,  la  soluzione  netta
della continuita' rispetto al passato». Aggiunge, quindi, la  Suprema
Corte, «a questa data si e', d'altro canto, sincronizzata l'efficacia
temporale di  operativita'  degli  istituti  dell'improcedibilita'  e
della sospensione sine die del termine di prescrizione del reato  con
la pronuncia della sentenza di primo grado, istituto - quest'ultimo -
riposizionato dalla legge n.  134  del  2021  nell'art.  161-bis  del
codice penale, con formula normativa non dissimile  dalla  precedente
[la sottolineatura e' di chi scrive], sia pure con l'inserzione nella
rubrica della disposizione del piu'  forte  riferimento  al  fenomeno
della cessazione della prescrizione, da un  lato,  e  con  l'elisione
della norma del richiamo (oltre che della sentenza  di  primo  grado,
anche) del decreto di condanna, ricollocato, nell'art. 160 del codice
penale,  fra  gli  atti  interruttivi   del   decorso   del   termine
prescrizionale». 
    La conclusione cui giungono  le  Sezioni  Unite  e'  questa:  «la
disciplina della  sospensione  della  prescrizione  introdotta  dalla
legge n. 3 del 2019 non possiede efficacia retroattiva e  si  applica
ai soli reati commessi dal 1° gennaio 2020; la legge n. 134 del  2021
e' intervenuta a modificare, nella  stessa  materia,  le  sole  norme
dettate dalla legge n. 3 del 2019, non quelle dettate dalla legge  n.
103 del 2017, di  conseguenza,  la  legge  n.  134  del  2021,  nella
medesima materia, a sua volta, non  dispiega  efficacia  retroattiva,
applicandosi ai soli reati commessi dal 1° gennaio 2020. Pertanto, le
disposizioni dettate  dalla  legge  n.  3  del  2019  in  materia  di
prescrizione, ivi inclusa la sospensione  del  decorso  del  relativo
termine, hanno assunto efficacia dal  1°  gennaio  2020.  Esse  hanno
continuato a dispiegare la medesima efficacia anche dopo l'entrata in
vigore della legge n. 134 del 2021  (l'art.  158,  primo  comma,  del
codice penale perche' non interessato dalla nuova legge, e gli  artt.
159 e 160 del codice penale perche', pur modificati  nel  testo,  non
hanno  visto  espressamente  mutata  dal  legislatore  la  sfera   di
applicazione, non estesa ai  reati  commessi  prima  del  1°  gennaio
2020)». 
    3.3. I punti critici del percorso  argomentativo  della  sentenza
delle Sezioni Unite. 
    Il ragionamento delle Sezioni Unite  e'  frutto  di  una  duplice
forzatura interpretativa di un testo normativo, pervero,  chiaro  nel
suo significato letterale, che conduce alla conclusione esegetica  in
malam partem, che considera ancora applicabile ai  reati  commessi  a
cavallo tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre  2019,  per  quanto  in
questa sede di interesse, l'art. 159, comma  2,  n.  1),  del  codice
penale nel testo introdotto dalla legge n. 103/2017. 
    La prima forzatura interpretativa, che si e' evidenziata mediante
la sottolineatura del passo  di  interesse  della  motivazione  della
sentenza delle Sezioni Unite, e' quella che concerne l'art. 1,  comma
2, della legge n. 3/2019. La disposizione testualmente  prevede:  «le
disposizioni di cui al comma 1, lettere  d),  e)  e  f),  entrano  in
vigore il 1° gennaio 2020». Invero, a differenza dell'art.  1,  comma
15, della legge n. 103/2017, la norma non prevede che le disposizioni
citate si applicano «ai reati  commessi  dal  1°  gennaio  2020»,  ma
prevede che le disposizioni entrano in vigore dal  1°  gennaio  2020.
Non si ignora che le disposizioni  citate  prevedono  tendenzialmente
norme  di  sfavore,  sotto  il   profilo   della   disciplina   della
prescrizione, per l'imputato, e, di conseguenza, non avrebbero potuto
trovare applicazione se non ai reati commessi dopo la loro entrata in
vigore (qualche dubbio e'  legittimo  porlo  per  la  disposizione  -
l'art. 1, comma 1, lettera f), legge n.  3/2019  -  che  abrogava  il
comma  1  dell'art.  160  codice  penale,  eliminando  fra  gli  atti
interruttivi della prescrizione la sentenza di condanna e il  decreto
penale di condanna, norma  che  avrebbe  potuto  riverberare  i  suoi
effetti  favorevoli  anche  retroattivamente)  ma  questo  e'  frutto
semplicemente dell'applicazione degli articoli 1 e 2, comma 4, codice
penale (espressione del principio di legalita' in materia  penale  di
cui all'art. 25, comma 2 Cost.),  cioe'  dell'ordinario  fenomeno  di
successione delle leggi penali, che prevede, in caso  di  successione
normativa, la retroattivita' della legge  penale  piu'  favorevole  e
l'irretroattivita' della legge piu' sfavorevole (valutate, ovviamente
nel loro complesso, senza collage tra vecchie e  nuove  disposizioni:
vedi Cassazione pen. sez. V, 29 ottobre 2014.  n.  48753;  Cassazione
pen. sez. IV, 27 gennaio 2022,  n.  13207).  Non  e'  frutto  di  una
precisa scelta legislativa di applicare  le  nuove  norme  (che,  per
ipotesi, avrebbero potuto  essere  di  favore  come  di  sfavore)  ai
fatti-reato commessi da una certa data in poi, scelta  insindacabile,
sotto il profilo costituzionale, anche con riguardo alle  norme  piu'
favorevoli, se non nei limiti della ragionevolezza ai sensi dell'art.
3 Cost. (Corte cost. n. 393/2006). Una previsione del genere  avrebbe
comportato l'espressa  disciplina  di  un  regime  transitorio,  che,
invece, nel caso di specie, non  vi  e'  stata,  avendo  lasciato  il
legislatore del 2019 che la disciplina transitoria trovasse la  «sua»
regola in quella di carattere generale prevista  per  la  successione
delle leggi penali. Del resto, come  anche  ricordato  dalle  Sezioni
Unite, la posticipazione del  momento  di  entrata  in  vigore  delle
disposizioni che concernevano piu' squisitamente  le  modifiche  alla
disciplina della prescrizione dei reati da  parte  della  legge  c.d.
Bonafede era dichiaratamente ispirata dall'intenzione di  intervenire
normativamente al fine di predisporre  una  disciplina  acceleratoria
del processo penale, una disciplina che  servisse  a  scongiurare  il
rischio di una durata tendenzialmente indefinita del processo  penale
in seguito alla sospensione sine die del termine di prescrizione  per
effetto della pronuncia della sentenza di primo grado. 
    La  seconda  forzatura  interpretativa  riguarda  una  sorta   di
sostanziale equiparazione dell'istituto della sospensione del termine
di  prescrizione,  come  modificato  per  effetto  della  legge  c.d.
Bonafede (art. 159, comma 2, codice  penale,  come  modificato  dalla
legge  n.  3/2019),  a  quello  della  cessazione  del  corso   della
prescrizione di cui all'art. 161-bis codice penale,  come  introdotto
dalla legge n. 134/2021. Invero,  l'istituto  della  sospensione  del
termine  di  prescrizione  in  conseguenza  della   pronuncia   della
sentenza, previsto dalla legge c.d. Bonafede, prevedeva una sorta  di
sospensione sine die della prescrizione per effetto  della  pronuncia
della sentenza di primo grado o del decreto penale di condanna. Anche
in ipotesi di annullamento con  regressione  del  processo  al  primo
grado  o  a  fasi  antecedenti,  il  corso  della  prescrizione   non
riprendeva a decorrere, essendo stato definitivamente sospeso con  la
pronuncia della sentenza di primo grado  (o  del  decreto  penale  di
condanna). Per contro, l'istituto  di  cui  all'art.  161-bis  codice
penale prevede la cessazione del  corso  della  prescrizione  con  la
pronuncia della sentenza di primo grado  (non  piu'  con  il  decreto
penale di condanna), prescrizione, pero', che riprende a decorrere in
caso di annullamento, che comporti la regressione del procedimento al
primo grado o ad una sua fase anteriore, dalla data  della  pronuncia
definitiva  di  annullamento.  Si  tratta,  all'evidenza,   solo   in
apparenza   di   istituti   simili,   presentando,   al    contrario,
significative differenze (a cominciare  da  quella  lessicale),  che,
come si vedra', giustificano pienamente che la  legge  c.d.  Cartabia
abbia previsto, da un lato, l'abrogazione  dell'art.  159,  comma  2,
codice penale, dall'altra,  l'inserimento  dell'art.  161-bis  codice
penale, un duplice intervento normativo che non avrebbe  avuto  alcun
senso nella prospettiva di considerare  l'istituto  di  cui  all'art.
161-bis codice penale un  mero  «riposizionamento»  di  quello  della
sospensione del termine prescrizionale, poiche', avendo pacificamente
una portata piu' favorevole all'imputato l'istituto della  cessazione
del corso della prescrizione,  se  si  fosse  trattato  di  una  mera
modifica  del  precedente,  avrebbe  avuto   efficacia   retroattiva.
sostanzialmente rendendo inoperativo il precedente istituto. In  ogni
caso se si fosse trattato di  un  mero  intervento  modificativo  del
primo istituto,  il  legislatore  sarebbe  intervenuto  a  modificare
nuovamente il  comma  2  dell'art.  159  codice  penale.  Invece,  il
legislatore e' intervenuto abrogando il comma 2 dell'art. 159  codice
penale e inserendo l'art. 161-bis nel codice penale, a  dimostrazione
che la seconda disposizione introduce un  diverso  istituto,  diverso
dal precedente non solo nel nomen iuris (cessazione del  corso  della
prescrizione in luogo di sospensione), ma anche, e soprattutto, nella
disciplina giuridica. 
    Partendo  da  questa   duplice   forzatura   interpretativa,   la
Cassazione  e'  giunta  alla  conclusione  che  non  fosse  possibile
applicare l'art. 2, comma 1, lettera  a)  legge  n.  134/2021,  nella
parte in cui ha previsto l'abrogazione dell'art. 159, commi  2  e  4.
codice penale, anche ai fatti  commessi  dal  3  agosto  2017  al  31
dicembre 2019, poiche' la legge c.d. Cartabia avrebbe, in parte  qua,
abrogato l'art. 159, comma 2 codice  penale,  come  modificato  dalla
legge n. 3/2019, norma applicabile solo  ai  reati  commessi  dal  1°
gennaio 2020. Pertanto, per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al  31
dicembre 2019 si dovrebbe applicare, per quanto di interesse nel caso
di specie, l'art. 159, comma  2,  n.  1),  codice  penale  nel  testo
introdotto dalla legge n. 103/2017, mentre per i reati  commessi  dal
1° gennaio 2020 troverebbe applicazione, sul  piano  sostanziale,  il
nuovo istituto della cessazione del corso della prescrizione  di  cui
all' art. 161-bis codice penale, e, sul piano processuale, l'istituto
dell'improcedibilita' di cui all'art.  344-bis  codice  di  procedura
penale,  norma  espressamente  applicabile  alle  sole   impugnazioni
riguardanti processi per reati commessi dal 1° gennaio 2020. 
    3.4.  La   prospettazione   dell'esegesi   compatibile   con   la
Costituzione, ma non percorribile in via  interpretativa,  stante  il
«diritto vivente» rappresentato dalla sentenza delle Sezioni Unite. 
    In realta', come visto, la legge c.d. Bonafede non ha  introdotto
una specifica disciplina transitoria per le  modifiche  apportate  al
regime della prescrizione, ma ha soltanto previsto  che  le  relative
disposizioni entrassero in vigore dal 1° gennaio 2020.  Solo  perche'
si  e'  trattato  di  modifiche,  per  lo  piu',  in  peius  la  loro
applicazione ha finito per riguardare i fatti-reato commessi dopo  la
loro entrata in vigore. Pertanto, in parte qua,  tra  la  legge  c.d.
Orlando e la legge  c.d.  Bonafede  si  e'  realizzato  un  ordinario
fenomeno di successione di leggi penali nel tempo, che ha  comportato
la modifica dell'art. 159, comma 2, codice penale, come a  sua  volta
modificato/introdotto dalla legge c.d. Orlando, e  l'abrogazione  dei
commi 3 e 4 dell'art. 159 codice penale, come introdotti dalla  legge
c.d. Orlando. In buona sostanza, la legge c.d. Orlando ha  introdotto
l'istituto della sospensione del termine di  prescrizione  del  reato
per effetto della pronuncia della sentenza di condanna di primo e  di
secondo grado rendendolo applicabile solo ai reati commessi dopo il 3
agosto 2017; la legge c.d. Bonafede lo ha modificato  in  peius,  con
modifiche   che,   appunto   perche'   peggiorative,   finivano   con
l'applicarsi solo ai reati commessi dopo l'entrata  in  vigore  delle
stesse; la legge c.d. Cartabia lo ha abrogato, prevedendo  l'espressa
abrogazione dell'art. 159, comma 2,  codice  penale  (oltre  che  del
comma 4 della citata norma, come risultante per effetto dei  predetti
interventi normativi -  disposizione  quest'ultima  non  toccata  ne'
dalla  legge  c.d.  Orlando,  ne'  dalla  legge  c.d.   Bonafede   -,
quest'ultima abrogazione legata, evidentemente, alla nuova disciplina
del processo  in  absentia,  come  prevista  dalla  delega  contenuta
nell'art. 1, comma 7, della legge n. 134/2021,  poi  attuata  con  il
decreto legislativo n. 150/2022). 
    La  legge  c.d.  Cartabia  non  si  e'  limitata  all'abrogazione
dell'istituto in esame. Per ovviare  al  potenziale  effetto  nefasto
della legge c.d. Bonafede, cioe' il rischio del processo infinito  in
conseguenza della sospensione sine die della prescrizione  a  seguito
della sentenza di primo grado, e, nello stesso tempo, senza ritornare
al  decorso  della  prescrizione  del  reato  anche  nei  giudizi  di
impugnazione,  ha  poi  introdotto  due  nuovi  istituti,  l'uno   di
carattere sostanziale (la cessazione del corso della prescrizione  di
cui all'art. 161-bis codice  penale),  l'altro  di  tipo  processuale
(l'improcedibilita' di cui all'art. 344-bis del codice  di  procedura
penale). E' vero che solo per  quest'ultimo  e'  stata  espressamente
prevista la sua applicabilita' ai procedimenti di impugnazione aventi
ad  oggetto  reati  commessi  dal  1°  gennaio  2020  (in  tale  modo
scongiurando l'entrata  in  vigore  della  legge  c.d.  Bonafede  con
riferimento  a  questi  reati,  ai  quali  la  stessa  sarebbe  stata
sicuramente  applicabile),  mentre  per  l'altro,  in   mancanza   di
specifica  disposizione  normativa,  l'entrata  in  vigore   coincide
formalmente con l'entrata in vigore della legge n. 134/2021 (e  cioe'
dal 19 ottobre 2021), ma e' anche vero che i due istituti, quello  di
tipo sostanziale (art.  161-bis  codice  penale)  e  quello  di  tipo
processuale (art. 344-bis  c.p.p.)  sono  strettamente  connessi  tra
loro, poiche' il primo fa cessare definitivamente la prescrizione con
la pronuncia della sentenza di primo grado (salvo farne riprendere il
decorso in caso di regressione del processo al primo grado o  ad  una
fase anteriore, e cio' a definitiva dimostrazione che la prescrizione
opera solo fino all'esaurimento del primo grado di giudizio),  mentre
il  secondo   introduce   l'improcedibilita'   per   i   giudizi   di
impugnazione. In buona sostanza,  e'  indubbio  che,  sulla  base  di
un'interpretazione  logica  e   sistematica,   l'operativita'   della
disposizione di cui all'art. 161-bis  codice  penale  (che,  in  ogni
caso, determinando un trattamento in malam partem per l'imputato, non
puo'  che  assumere  efficacia  in  relazione   ai   reati   commessi
successivamente   alla   sua   entrata   in   vigore)   va   ancorata
all'operativita' della norma  di  cui  all'art.  344-bis  c.p.p.,  e,
dunque, esplica i suoi  effetti  con  riferimento  a  tutti  i  reati
commessi dal 1° gennaio 2020 in poi, rispetto ai quali, pertanto, non
sarebbe immaginabile nei giudizi  di  impugnazione  la  contemporanea
decorrenza  del   corso   della   prescrizione   (conseguenza   della
contemporanea abrogazione dell'art. 159, comma 2,  codice  penale)  e
del termine di improcedibilita'. 
    Si sono gia' esplicitate le ragioni  che  inducono  ad  escludere
che, ancora una volta sotto  il  profilo  dei  significati  letterali
delle norme, fra l'istituto di cui all'art. 161-bis codice  penale  e
quello di cui  all'art.  159,  comma  2,  codice  penale,  nel  testo
modificato dalla  legge  c.d.  Bonafede,  vi  fosse  una  sostanziale
similitudine. Trattandosi di due istituti diversi, e' evidente che il
legislatore del 2021, da  un  lato,  ha  voluto  abrogare  del  tutto
l'istituto della sospensione del termine di prescrizione per  effetto
della pronuncia della sentenza (in origine di condanna di primo e  di
secondo grado, e poi solo della sentenza di primo  grado),  come  era
stato dapprima introdotto dalla legge c.d.  Orlando,  poi  modificato
dalla legge c.d. Bonafede; dall'altra, ha  voluto  introdurre  per  i
reati commessi dal 1° gennaio 2020 i nuovi istituti della  cessazione
del corso della prescrizione per  effetto  della  sentenza  di  primo
grado    ai    sensi    dell'art.    161-bis    codice    penale    e
dell'improcedibilita' dell'azione penale per superamento dei  termini
di durata massima  del  giudizio  di  impugnazione  di  cui  all'art.
344-bis c.p.p. 
    Limitare l'effetto abrogativo  dell'art.  159,  comma  2,  codice
penale, determinato dall'art. 2, comma 1, lettera a) della  legge  n.
134/2021, ai soli reati commessi dal 1° gennaio 2020, in mancanza  di
una espressa disciplina transitoria, per  effetto  di  una  forzatura
esegetica di un testo normativo, quello di cui all'art. 1,  comma  2,
della  legge  n.  3/2019,  che,  sotto  il  profilo  del  significato
letterale, afferma tutt'altro, senza tenere conto che la norma che si
e' abrogata e' quella che a sua volta era frutto della  modifica  del
precedente testo e dell'abrogazione dei commi 3  e  4  dell'art.  159
codice penale (come introdotti dalla legge n. 103/2017), strettamente
connessi al comma 2 (nel testo modificato dalla legge  n.  103/2017),
commi che certamente, una volta abrogati, non  potrebbero  tornare  a
«rivivere»,  significa  «creare»  in  via  interpretativa  un  regime
transitorio in malam partem in violazione  degli  articoli  3  e  25,
comma 2, Cost. 
    Invero, cosi'  facendo,  si  e',  in  maniera  «creativa»,  fatta
«rivivere» per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019
l'intera disciplina della sospensione del termine di prescrizione per
effetto della pronuncia della sentenza di  condanna  di  primo  o  di
secondo grado, prevista dall'art. 159, commi 2, 3 e 4 codice  penale,
nel testo modificato/introdotto dalla legge c.d. Orlando,  benche'  i
commi 3 e 4  della  citata  disposizione  siano  stati  espressamente
abrogati dalla legge c.d. Bonafede e benche' il comma 2 dell'art. 159
codice penale, introdotto dalla legge c.d. Orlando e  poi  modificato
dalla legge c.d. Bonafede, sia  stato  espressamente  abrogato  dalla
legge c.d. Cartabia. 
    In buona sostanza, si e'  generato,  in  via  interpretativa,  un
regime  transitorio  in  malam  partem  e,  pertanto,  in  violazione
dell'art. 25, comma 2 della Costituzione, oltre che irragionevole  ai
sensi dell'art. 3 Cost., poiche', nonostante  l'espressa  abrogazione
dell'istituto della  sospensione  del  termine  di  prescrizione  per
effetto della pronuncia della sentenza  (di  primo  grado,  per  come
risultante da ultimo dalle modifiche apportate dalla legge Bonafede),
ha  ritenuto  di  escludere  dalla  portata  abrogativa  e,   quindi,
favorevole, dell'art. 2, comma 1, lettera a),  legge  n.  134/2021  i
reati commessi a cavallo tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre  2019,
senza alcuna ragionevole giustificazione. Al riguardo,  infatti,  non
si coglie la ragione in base alla quale escludere che il  legislatore
del  2021  abbia  inteso  espressamente  eliminare  l'istituto  della
sospensione  del  termine  di  prescrizione  in   conseguenza   della
pronuncia della sentenza, come introdotto dalla legge Orlando  e  poi
modificato dalla legge Bonafede, per tutti i reati commessi prima del
1°  gennaio  2020,  introducendo  per  i  reati  commessi  in   epoca
successiva il regime sostanziale della  cessazione  del  corso  della
prescrizione  previsto  dall'art.  161-bis  codice  penale  e  quello
processuale dell'improcedibilita' di cui all'art. 344-bis c.p.p. 
    La  legge  c.d.  Cartabia,  si  ribadisce,  in  parte   qua,   ha
comportato, da un lato, che per i reati commessi dal 1° gennaio  2020
operano i due nuovi istituti di cui all'art. 161-bis codice penale  e
344-bis c.p.p.; per tutti i reati commessi  in  precedenza,  abrogato
definitivamente cio' che restava dell'istituto della sospensione  del
termine di prescrizione in conseguenza della sentenza, istituto, come
detto, introdotto dalla legge c.d. Orlando  e  poi  modificato  dalla
legge c.d. Bonafede, la disciplina del  termine  di  prescrizione  e'
rimasta quella della  c.d.  legge  ex  Cirielli,  che  non  prevedeva
l'istituto  della  sospensione  del  termine   di   prescrizione   in
conseguenza della pronuncia della sentenza (di condanna, di  primo  e
secondo grado, come  introdotto  dalla  legge  c.d.  Orlando,  e  poi
modificato dalla legge c.d.  Bonafede  relativamente  alla  pronuncia
della sola sentenza di primo grado). Non si tratta di  una  sorta  di
«resurrezione» della legge ex Cirielli, perche' la  disciplina  della
prescrizione, come prevista dalla  legge  n.  251/2005,  non  e'  mai
giuridicamente «morta». L'istituto della sospensione del  termine  di
prescrizione  in  conseguenza  della  pronuncia  della  sentenza   di
condanna di primo e di secondo grado,  introdotto  dalla  legge  c.d.
Orlando (e poi modificato dalla legge c.d. Bonafede), si e' inserito,
si e' innescato, sulla ordinaria disciplina  della  prescrizione  del
reato come prevista dalla legge ex Cirielli. Abrogato definitivamente
il comma 2 dell'art. 159 codice penale, e cioe' la  disposizione  che
era stata modificata dalla legge c.d. Orlando (nel  senso  che,  come
visto, la predetta legge aveva  eliminato  la  vecchia  disposizione,
inserendo la nuova disposizione, unitamente ai commi 3 e  4),  e  poi
modificata  dalla  legge  c.d.  Bonafede,  e'  stato  definitivamente
abrogato l'istituto della sospensione del termine di prescrizione  in
conseguenza della pronuncia della  sentenza,  che,  come  detto,  era
stato  inserito/innescato  sul  tessuto  normativo  della  legge   ex
Cirielli, aggiungendo, appunto, un'ulteriore  ipotesi  sospensiva  ex
lege del termine di  prescrizione,  inizialmente  a  termine,  e  poi
divenuta, con la legge Bonafede, sine die. 
    Al  contrario,   l'interpretazione   delle   Sezioni   Unite   ha
comportato, per i reati commessi dal 3 agosto  2017  al  31  dicembre
2019, la «resurrezione» giuridica dell'istituto della sospensione del
termine  di  prescrizione  in  conseguenza  della   pronuncia   della
sentenza, cosi' come introdotto dalla legge Orlando,  benche'  quelle
norme (i commi 2, 3 e 4 dell'art. 159  codice  penale),  siano  stati
oggetto di abrogazione e modifiche sia da parte della legge  Bonafede
che, infine,  da  parte  della  legge  Cartabia.  Cosi'  facendo,  si
ribadisce, si e' generato un regime giuridico, per questi reati,  che
non  trova  alcun  appiglio  nella  lettera  della  legge,  ma   solo
nell'interpretazione delle Sezioni Unite, un'interpretazione in malam
partem  e,   tuttavia,   vincolante   come   autorevole   precedente,
costituente  «diritto  vivente»,  che  puo'   essere   rimossa   solo
attraverso l'intervento costituzionale. 

 
                              P. Q. M. 
 
    La Corte, visto l'art. 23 della legge n. 87/1953, 
    solleva, di ufficio, questione di legittimita' costituzionale, in
relazione agli articoli 3 e 25,  comma  2,  della  Costituzione,  con
riferimento al combinato disposto degli articoli 2, comma 1,  lettera
a), legge n. 134/2021 e 1, comma 2, legge n. 3/2019, nella  parte  in
cui, secondo il «diritto vivente» (Cass. pen. Sez.  un.  12  dicembre
2024-5 giugno 2025, n. 20989), consentono l'interpretazione  in  base
alla  quale  la  disciplina  della  sospensione   del   corso   della
prescrizione di cui all'art. 159, commi 2, 3 e 4, codice penale,  nel
testo introdotto  dalla  legge  n.  103/2017,  si  applica  ai  reati
commessi dal 3 agosto 2017  al  31  dicembre  2019,  mentre,  invece,
dovrebbe ritenersi definitivamente abrogata anche per tali reati. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio. 
    Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata  al   sig.
Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  comunicata  al  sig.
Presidente della Camera  dei  deputati  ed  al  sig.  Presidente  del
Senato. 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti. 
    Cosi' deciso in Lecce all'esito della Camera di consiglio dell'11
luglio 2025. 
 
                      Il Presidente: Ottaviano 
 
 
                                     Il consigliere estensore: Biondi