Reg. ord. n. 182 del 2025 pubbl. su G.U. del 01/10/2025 n. 40
Ordinanza del Corte d'appello di Lecce del 11/07/2025
Tra: O. D.A.
Oggetto:
Reati e pene – Prescrizione – Sospensione del corso della prescrizione – Modifiche normative – Disciplina applicabile – Denunciata interpretazione del diritto vivente (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 12 dicembre 2024-5 giugno 2025, n. 20989), secondo cui la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all'art. 159 cod. pen., commi secondo, terzo e quarto, nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, si applica ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, mentre dovrebbe ritenersi definitivamente abrogata [ad opera della legge n. 134 del 2021] anche per tali reati – Regime transitorio in malam partem – Violazione del principio di legalità in materia penale - Irragionevolezza.
Norme impugnate:
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 25
Co. 2
Udienza Pubblica del 10 febbraio 2026 rel. VIGANÒ
Testo dell'ordinanza
N. 182 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 luglio 2025
Ordinanza dell'11 luglio 2025 della Corte d'appello di Lecce nel
procedimento penale a carico di O. D.A..
Reati e pene - Prescrizione - Sospensione del corso della
prescrizione - Modifiche normative - Disciplina applicabile -
Denunciata interpretazione del diritto vivente (Corte di
cassazione, sezioni unite penali, sentenza 12 dicembre 2024-5
giugno 2025, n. 20989), secondo cui la disciplina della sospensione
del corso della prescrizione di cui all'art. 159 cod. pen., commi
secondo, terzo e quarto, nel testo introdotto dalla legge n. 103
del 2017, si applica ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31
dicembre 2019, mentre dovrebbe ritenersi definitivamente abrogata
anche per tali reati.
- Legge 27 settembre 2021, n. 134 (Delega al Governo per l'efficienza
del processo penale nonche' in materia di giustizia riparativa e
disposizioni per la celere definizione dei procedimenti
giudiziari), art. 2, comma 1, lettera a), in combinato disposto con
l'art. 1, comma 2, della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (Misure per il
contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonche' in
materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei
partiti e movimenti politici).
(GU n. 40 del 01-10-2025)
CORTE DI APPELLO DI LECCE
Sezione Prima Penale
composta dai sigg.:
dott. Francesco Ottaviano, Presidente;
dott. Giuseppe Biondi, consigliere rel;
dott. Francesco Cacucci, consigliere.
Letti gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato a
carico di:
D'. O. nato a ... il ..., domiciliato in ... alla via ... n.
..., elettivamente domiciliato presso il proprio difensore ... difeso
di fiducia dall'avv. Riccardo Mele del Foro di Brindisi e dall'avv.
Serena Tucci del Foro di Taranto, imputato art. 641 del codice
penale, perche', dissimulando il proprio stato di insolvenza,
contraeva obbligazioni nei confronti di ..., con il proposito di non
adempierle, acquistando 44 44 quintali di cavi di rame per
complessivi euro 16.280,00, pagando l'acconto di euro 1.800,00 e
omettendo di pagare il saldo.
In ... il ... e ...
Parte civile: ..., nato il ... a ... ed ivi residente alla via
... n. ... - rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Battista Cervo
del Foro di Lecce.
Osserva
1. Premessa e svolgimento del processo.
1.1. Con sentenza del Tribunale di Lecce, in data 24 maggio 2022,
D'. O. veniva ritenuto responsabile del reato ascrittogli e veniva
condannato alla pena di euro. 516,00 di multa, oltre al pagamento
delle spese processuali. Il D'. veniva condannato a risarcire il
danno in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in
separata sede, nonche' alla rifusione delle spese processuali dalla
stessa sostenute.
1.2. Avverso la citata sentenza proponeva tempestivo appello il
difensore di fiducia dell'imputato, censurando la pronuncia sulla
base dei seguenti motivi sintetizzati per quanto di interesse:
a) con il primo motivo di appello si chiede l'assoluzione
dell'imputato, anche ai sensi dell'art. 530, comma 2 del codice
procedura penale, perche' il fatto non costituisce reato. Il giudice
traeva la prova della sussistenza del reato esclusivamente dalle
rassicurazioni fornite dal D'. in riferimento al futuro adempimento.
Ma ai fini della sussistenza del reato di cui all'imputazione e'
richiesta, in relazione all'elemento soggettivo, la specifica
intenzione di assumere un'obbligazione con il proposito di non
adempierla, non essendo sufficiente l'accettazione del rischio di non
adempiere, e tale circostanza non avrebbe trovato conferma
nell'istruttoria. Si sarebbe in presenza di un mero inadempimento
contrattuale;
b) con il secondo motivo di impugnazione si chiede
l'assoluzione dell'imputato ai sensi dell'art. 131-bis del codice
penale, trattandosi di un episodio isolato.
1.3. All'esito dell'udienza dell'11 luglio 2025, tenuta in Camera
di consiglio ex art. 23-bis, comma l, decreto-legge n. 137/2020,
convertito con modifiche dalla legge n. 176/2020, come richiamato
dall'art. 94, comma 2, del decreto legislativo n. 150/2022, come
modificato dalla legge n. 199/2022 di conversione del decreto-legge
n. 162/2022, e ulteriormente modificato dal decreto-legge n. 75/2023
convertito con modifiche dalla legge n. 112/2023, e poi dall'art. 11,
comma 7, del decreto-legge n. 215/2023, convertito con modifiche
dalla legge n. 18/2024, sulle conclusioni scritte rassegnate dalle
parti (il P.G. ha chiesto la conferma della sentenza impugnata; il
difensore della parte civile ha chiesto la conferma della sentenza
impugnata e ha depositato conclusioni scritte e nota spese; i
difensori dell'imputato hanno chiesto, in accoglimento dei motivi di
appello, la riforma della sentenza con l'assoluzione dell'imputato
con formula di giustizia anche ai sensi dell'art. 530, comma 2 del
codice di procedura penale, ovvero dichiarare l'estinzione del reato
per prescrizione dal 23 febbraio 2025 in mancanza di periodi di
sospensione, in ulteriore subordine assolvere l'imputato ai sensi
dell'art. 131-bis del codice penale), e' stata emessa la seguente
ordinanza, allegata al verbale di udienza e comunicata alle parti.
2. In punto di rilevanza della questione.
Come e' noto, la Cassazione, nella sua piu' alta ed autorevole
composizione (Cass. pen. sez. un. 12 dicembre 2024-5 giugno 2025, n.
20989, p. g. in proc. a carico di imp. ...), dirimendo un contrasto
sorto non solo nella giurisprudenza di merito, ma anche in quella di
legittimita', ha affermato il seguente principio di diritto: «la
disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui
all'art. 159 del codice penale, nel testo introdotto dalla legge n.
103 del 2017, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della
legge stessa, ovvero dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, non
essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge n. 3 del
2019, prima, e dalla legge n. 134 del 2021, poi, mentre per i reati
commessi dal 1° gennaio 2020 si applica la disciplina posta a sistema
dalla legge n. 134 del 2021».
Per effetto della pronuncia sopra indicata, che, provenendo dalle
Sezioni Unite della Cassazione, che hanno, con tale decisione,
risolto uno specifico contrasto, costituisce a tutti gli effetti
«diritto vivente», occorre prendere atto che il reato ascritto
all'imputato non e' ancora estinto per prescrizione, cosi' come
sostenuto dai difensori dell'appellante nelle conclusioni scritte.
Invero, dalla data del commesso reato, individuata nel ..., sono
decorsi i sette anni e mesi sei, che costituiscono il termine massimo
di prescrizione, trattandosi di delitto, non essendovi periodi di
sospensione del termine prescrizionale in primo grado. Ma va aggiunto
il periodo di sospensione di cui all'art. 159, comma 2, n. 1), del
codice penale, nel testo modificato dalla legge n. 103/2017 (e cioe'
un anno e mesi sei a fare data dal giorno della pronuncia della
sentenza in esame con motivazione contestuale). Pertanto, per effetto
di questo ulteriore periodo di sospensione, il termine, che sarebbe
venuto a scadenza in data 22-23 febbraio 2025, come sostenuto dai
difensori dell'appellante, verra', invece, a maturare in data 22-23
agosto 2026.
Cio' precisato, con l'appello, come visto, da un lato si chiede
l'assoluzione dell'imputato perche' il fatto non costituisce reato,
anche ai sensi dell'art. 530, comma 2 del codice di procedura penale,
dall'altro si chiede l'assoluzione dell'imputato invocando la causa
di non punibilita' di cui all'art. 131-bis del codice penale. In sede
di conclusioni scritte, i difensori dell'appellante hanno chiesto di
dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione.
Dunque, tenuto conto dei motivi di gravame, questa Corte e'
tenuta a rilevare l'eventuale causa estintiva della prescrizione del
reato, ove non dovesse ritenere di assolvere l'imputato ai sensi
dell'art. 530, comma 2, del codice di procedura penale (ovvero, ove
dovesse ritenere di assolvere l'imputato ai sensi dell'art. 131-bis
del codice penale, essendo, come e' noto, prevalente la causa
estintiva del reato: vedi Cassazione pen. sez. I, 28 settembre 2021,
n. 43700), tenuto conto della presenza della parte civile, facendo
applicazione dell'art. 578 del codice di procedura penale, come da
ultimo interpretato dalle Sezioni Unite (vedi Cassazione pen. sez.
un. 28 marzo - 27 settembre 2024, n. 36208, ... - benche' su questo
aspetto penda altra questione di legittimita' costituzionale
sollevata da questa Corte con ordinanza del 13 dicembre 2024,
questione che verra' trattata dalla Consulta alla pubblica udienza
del 19 novembre 2025, e che, ove accolta, potrebbe limitare il
giudizio di questa Corte alla sola verifica della insussistenza dei
presupposti per l'assoluzione ai sensi dell'art. 129, comma 2, del
codice di procedura penale, demandando ad altra Autorita' Giudiziaria
il giudizio sulle statuizioni civili, ove estinto per prescrizione il
reato). E' interesse dell'imputato, pertanto, verificare il possibile
ricorrere della causa estintiva del reato.
Cio' detto, rileva la Corte che, ove non fosse applicabile la
sospensione del termine di prescrizione prevista dall'art. 159, comma
2, n. 1), del codice penale, nel testo introdotto dalla legge n.
103/2017, cosi' come sostenuto dall'indirizzo giurisprudenziale non
accolto dalle Sezioni Unite, il reato ascritto all'appellante sarebbe
effettivamente estinto per prescrizione dal 22-23 febbraio 2025.
Tuttavia, le Sezioni Unite hanno statuito il su esposto principio
di diritto, che, appunto perche' affermato dirimendo il contrasto
giurisprudenziale sorto sul punto, costituisce «diritto vivente» ai
sensi dell'art. 65, regio decreto n. 12/1941 e dell'art. 618, comma
1-bis, del codice di procedura penale.
Ritiene la Corte che l'interpretazione fornita dalle Sezioni
Unite delle norme delle leggi n. 103/2017 (legge Orlando), n. 3/2019
(legge Bonafede) e n. 134/2021 (legge Cartabia), che hanno
disciplinato il complesso fenomeno successorio che ha avuto riguardo
all'istituto della sospensione del termine di prescrizione in
conseguenza della pronuncia della sentenza di primo grado, si ponga
in contrasto con l'art. 3 della Costituzione e con il principio di
legalita' penale posto dall'art. 25, comma 2, della Costituzione,
che, come e' noto, esprime un principio supremo dell'ordine
costituzionale, che si estende anche al regime legale della
prescrizione (Corte Costituzionale ordinanza n. 24/2017).
In particolare, si ritiene che l'interpretazione fornita dalle
Sezioni Unite dell'art. 2, comma 1, lettera a) della legge n.
134/2021 (che prevede l'abrogazione dei commi 2 e 4 dell'art. 159 del
codice penale), letto in combinato disposto con l'art. l, comma 2,
della legge n. 3/2019 (che statuisce che le disposizioni di cui al
comma l, lettera d), e) ed f) della predetta legge entrano in vigore
il 1° gennaio 2020), secondo la quale l'effetto abrogativo previsto
dall'art. 2, comma l, lettera a), legge n. 134/2021 non retroagirebbe
per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, si pone
in contrasto con l'art. 25, comma 2, della Costituzione, poiche'
costituirebbe interpretazione non in linea con il significato
letterale delle norme, nonche' con l'art. 3 della Costituzione,
poiche' produttiva di un regime transitorio non previsto dalla legge
ed irragionevole, in quanto generante effetti in malam partem per
l'imputato.
Al riguardo, vale la pena rammentare che l'interprete ha
l'obbligo di confrontarsi con il canone ermeneutico rappresentato, in
materia di diritto penale, dal divieto di interpretazioni estensive o
analogiche a sfavore del reo, canone affermato a livello di fonti
primarie dall'art. 14 delle preleggi, nonche' - implicitamente -
dall'art. 1 del codice penale e fondato a livello costituzionale,
come detto, sul principio di legalita' di cui all'art. 25, comma 2,
della Costituzione, divieto che non consente di riferire la norma
penale (fra le quali, come precisato, sono ricomprese anche quelle
che attengono al regime della prescrizione) a situazioni non
ascrivibili ad alcuno dei suoi possibili significati letterali, e
costituisce cosi' un limite insuperabile rispetto alle opzioni
interpretative a disposizione del giudice di fronte al testo
legislativo. E cio' in quanto, nella prospettiva culturale nel cui
seno e' germogliato lo stesso principio di legalita' in materia
penale, e' il testo della legge - non gia' la sua successiva
interpretazione ad opera della giurisprudenza - che deve fornire al
consociato un chiaro avvertimento circa le conseguenze sanzionatorie
delle proprie condotte (cfr. Corte costituzionale n. 98/2021). In
buona sostanza, a fronte di significati letterali, chiari e precisi,
della norma penale che attiene al regime legale della prescrizione,
non e' consentito, per il rispetto del principio di legalita' che
vige nella materia penale, formulare interpretazioni in malam partem
a sfavore dell'imputato, generative di regimi transitori non previsti
dalla legge e che irragionevolmente impediscono l'efficacia
retroattiva di una norma di favore (vedi Corte costituzionale n.
215/2008).
Ritiene questa Corte che e' cio' che e' avvenuto nel caso di
specie, sicche' reputa doveroso sottoporre d'ufficio la relativa
questione di legittimita' costituzionale, che, per quanto su esposto,
appare rilevante.
3. In punto di non manifesta in fondatezza della questione.
3.1. Ricostruzione del quadro normativo.
E' necessario procedere ad una breve ricostruzione del quadro
normativo.
Occorre considerare che le tre leggi che si sono succedute nel
tempo (la legge c.d. Orlando, la legge c.d. Bonafede, la legge c.d.
Cartabia) sono intervenute, fra l'altro, tutte su un istituto di
nuovo conio per la disciplina della prescrizione del reato, e cioe'
l'istituto della sospensione del termine di prescrizione per effetto
della pronuncia della sentenza (originariamente di condanna) di primo
o di secondo grado.
In vero, la legge n. 103/2017 ha introdotto l'istituto, inserendo
i commi 2, 3 e 4 nell'art. 159 del codice penale e abrogando il
precedente comma 2 (art. 1, comma 10 della legge n. 103/2017). Per
espressa previsione normativa (art. 1, comma 15, legge n. 103/2017),
la disciplina della sospensione del termine di prescrizione per
effetto della pronuncia della sentenza di condanna di primo o secondo
grado si sarebbe applicata ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore
della legge.
La legge n. 3/2019 (art. 1, comma 1, lettera e, nn. 1) e 2), e
lettera f), n. 1) ha modificato l'istituto, abrogando i commi 3 e 4
dell'art. 159 del codice penale, e, modificando il comma 2,
stabilendo che il corso della prescrizione sarebbe rimasto sospeso
sostanzialmente sine die dalla pronuncia della sentenza di primo
grado (qualunque sentenza) o dal decreto penale di condanna
(conseguenzialmente, per effetto dell'abrogazione del comma 1
dell'art. 160 del codice penale, sia la sentenza, che il decreto
penale di condanna, non costituivano piu' atti interruttivi della
prescrizione; per inciso va anche citata la modifica apportata
dall'art. 1, comma 1, lettera d) della legge n. 3/2019, all'art. 158,
comma 1, del codice penale, che ha previsto nuovamente che per il
reato permanente o continuato il termine di prescrizione decorre dal
giorno in cui e' cessata la permanenza o la continuazione). Peraltro,
queste disposizioni entravano in vigore dal 1° gennaio 2020 (art. 1,
comma 2, della legge n. 3/2019).
La legge n. 134/2021 (art. 2, comma 1, lettera a), b) e c) ha
definitivamente abrogato l'istituto, eliminando il comma 2 dell'art.
159 del codice penale (nonche', il comma 4, come risultante per
effetto delle precedenti abrogazioni e modifiche); ha modificato
l'art. 160 del codice penale, prevedendo nuovamente il decreto penale
di condanna come atto interruttivo della prescrizione; ha introdotto
con l'art. 161-bis del codice penale il nuovo istituto della
cessazione del corso della prescrizione. La legge n. 134/2021 (art.
2, comma 2, lettera a) ha poi introdotto il nuovo istituto
dell'improcedibilita' per superamento dei termini di durata massima
del giudizio di impugnazione ai sensi dell'art. 344-bis del codice di
procedura penale. Questa nuovo istituto, pero', si applica ai soli
procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto reati commessi a
fare data dal 1° gennaio 2020 (art. 2, comma 3 della legge n.
134/2021).
3.2. La sentenza delle Sezioni Unite.
Le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 20989/2025) hanno
affermato che l'impianto della complessiva modificazione
dell'istituto della prescrizione introdotta con la legge n. 3/2019
orienta nel senso che questa normativa sarebbe stata direttamente
dettata per disciplinare i reati commessi dal 1° gennaio 2020 in poi
(vedi punto 6 del Considerato in diritto). In questa direzione,
sostengono le Sezioni Unite (vedi punto 6.1. del Considerato in
diritto), «pure se la locuzione adottata nel testo della legge e'
letteralmente riferita alla semplice entrata in vigore [la
sottolineatura e' di chi scrive], e' da ritenere che il legislatore
del 2019 abbia inteso stabilire che tutte le nuove disposizioni in
materia di prescrizione (prima tra tutte la sospensione sine die del
termine di prescrizione con la pronuncia della sentenza di primo
grado inserita nell'art. 159 del codice penale da quella riforma)
debbano trovare applicazione solo in relazione ai reati commessi dal
1° gennaio 2020. E' in tale prospettiva che si individua la ragione
della forte divaricazione temporale - non di molto inferiore alla
durata di un anno (durata sensibilmente piu' ampia rispetto alla
vacatio ordinaria di cui agli artt. 73 della Costituzione e 10
preleggi) - tra l'epoca di produzione dei suoi effetti: essa ha
segnato una cesura con la pregressa disciplina, del tutto svincolata
da reali esigenze di conoscibilita' del dettato normativo, cosi' da
sfociare in un vero e proprio regime transitorio, preclusivo del
raffronto fra la disciplina con essa introdotta e quelle pregresse».
Sostiene sempre il Supremo Consesso, «osservando il dipanarsi di
queste modificazioni normative, si puo' ragionevolmente evincere che
l'obiettivo perseguito dal legislatore non e' identificabile con
quello (proprio della vacatio legis) di assicurare la conoscibilita'
della legge, bensi' con quello di procrastinare nel tempo gli
effetti, al fine, del resto non sottaciuto, di adottare in
quell'intervallo le opportune riforme necessarie per velocizzare il
processo penale, in guisa da evitare, dopo l'introduzione della
sospensione sine die della prescrizione del reato all'esito della
sentenza di primo grado (e, si sottolinea, qualunque sia l'esito di
tale pronuncia sancito), l'ordinaria evenienza di un giudizio di
cognizione suscettibile di durata indefinita nei gradi successivi».
Osserva ancora la Cassazione «tornando al rilievo
dell'inapplicabilita' della disciplina della sospensione della
prescrizione prevista dalla legge n. 3 del 2019 per i reati commessi
in tempo antecedente al 1° gennaio 2020 [ ... ] essa rinviene il suo
coerente sviluppo nella disciplina dell'art. 2, comma 3, legge n.
134/2021, chiaramente coordinato con le innovazioni apportate dalla
legge del 2019, con particolare riferimento all'introduzione
dell'istituto dell'improcedibilita' riguardante gli stessi reati per
i quali la legge del 2019 aveva previsto la sospensione indeterminata
della prescrizione con la sentenza di primo grado. Ebbene, come si e'
gia' osservato, la suddetta norma ha fatto espresso riferimento ai
reati commessi a fare data dal 1° gennaio 2020, cosi' manifestando la
chiara volonta' di limitare gli effetti a ritroso
dell'improcedibilita' ai soli reati commessi a partire da tale data.
Risulta cosi' esplicitato lo spartiacque, fissato ratione temporis,
fra reati commessi fino al 31 dicembre 2019 e reati commessi dal 1°
gennaio 2020, spartiacque ragionevolmente concepibile soltanto
muovendo dal presupposto che la data del 1° gennaio 2020 ha
identificato gia', in materia di prescrizione, la soluzione netta
della continuita' rispetto al passato». Aggiunge, quindi, la Suprema
Corte, «a questa data si e', d'altro canto, sincronizzata l'efficacia
temporale di operativita' degli istituti dell'improcedibilita' e
della sospensione sine die del termine di prescrizione del reato con
la pronuncia della sentenza di primo grado, istituto - quest'ultimo -
riposizionato dalla legge n. 134 del 2021 nell'art. 161-bis del
codice penale, con formula normativa non dissimile dalla precedente
[la sottolineatura e' di chi scrive], sia pure con l'inserzione nella
rubrica della disposizione del piu' forte riferimento al fenomeno
della cessazione della prescrizione, da un lato, e con l'elisione
della norma del richiamo (oltre che della sentenza di primo grado,
anche) del decreto di condanna, ricollocato, nell'art. 160 del codice
penale, fra gli atti interruttivi del decorso del termine
prescrizionale».
La conclusione cui giungono le Sezioni Unite e' questa: «la
disciplina della sospensione della prescrizione introdotta dalla
legge n. 3 del 2019 non possiede efficacia retroattiva e si applica
ai soli reati commessi dal 1° gennaio 2020; la legge n. 134 del 2021
e' intervenuta a modificare, nella stessa materia, le sole norme
dettate dalla legge n. 3 del 2019, non quelle dettate dalla legge n.
103 del 2017, di conseguenza, la legge n. 134 del 2021, nella
medesima materia, a sua volta, non dispiega efficacia retroattiva,
applicandosi ai soli reati commessi dal 1° gennaio 2020. Pertanto, le
disposizioni dettate dalla legge n. 3 del 2019 in materia di
prescrizione, ivi inclusa la sospensione del decorso del relativo
termine, hanno assunto efficacia dal 1° gennaio 2020. Esse hanno
continuato a dispiegare la medesima efficacia anche dopo l'entrata in
vigore della legge n. 134 del 2021 (l'art. 158, primo comma, del
codice penale perche' non interessato dalla nuova legge, e gli artt.
159 e 160 del codice penale perche', pur modificati nel testo, non
hanno visto espressamente mutata dal legislatore la sfera di
applicazione, non estesa ai reati commessi prima del 1° gennaio
2020)».
3.3. I punti critici del percorso argomentativo della sentenza
delle Sezioni Unite.
Il ragionamento delle Sezioni Unite e' frutto di una duplice
forzatura interpretativa di un testo normativo, pervero, chiaro nel
suo significato letterale, che conduce alla conclusione esegetica in
malam partem, che considera ancora applicabile ai reati commessi a
cavallo tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019, per quanto in
questa sede di interesse, l'art. 159, comma 2, n. 1), del codice
penale nel testo introdotto dalla legge n. 103/2017.
La prima forzatura interpretativa, che si e' evidenziata mediante
la sottolineatura del passo di interesse della motivazione della
sentenza delle Sezioni Unite, e' quella che concerne l'art. 1, comma
2, della legge n. 3/2019. La disposizione testualmente prevede: «le
disposizioni di cui al comma 1, lettere d), e) e f), entrano in
vigore il 1° gennaio 2020». Invero, a differenza dell'art. 1, comma
15, della legge n. 103/2017, la norma non prevede che le disposizioni
citate si applicano «ai reati commessi dal 1° gennaio 2020», ma
prevede che le disposizioni entrano in vigore dal 1° gennaio 2020.
Non si ignora che le disposizioni citate prevedono tendenzialmente
norme di sfavore, sotto il profilo della disciplina della
prescrizione, per l'imputato, e, di conseguenza, non avrebbero potuto
trovare applicazione se non ai reati commessi dopo la loro entrata in
vigore (qualche dubbio e' legittimo porlo per la disposizione -
l'art. 1, comma 1, lettera f), legge n. 3/2019 - che abrogava il
comma 1 dell'art. 160 codice penale, eliminando fra gli atti
interruttivi della prescrizione la sentenza di condanna e il decreto
penale di condanna, norma che avrebbe potuto riverberare i suoi
effetti favorevoli anche retroattivamente) ma questo e' frutto
semplicemente dell'applicazione degli articoli 1 e 2, comma 4, codice
penale (espressione del principio di legalita' in materia penale di
cui all'art. 25, comma 2 Cost.), cioe' dell'ordinario fenomeno di
successione delle leggi penali, che prevede, in caso di successione
normativa, la retroattivita' della legge penale piu' favorevole e
l'irretroattivita' della legge piu' sfavorevole (valutate, ovviamente
nel loro complesso, senza collage tra vecchie e nuove disposizioni:
vedi Cassazione pen. sez. V, 29 ottobre 2014. n. 48753; Cassazione
pen. sez. IV, 27 gennaio 2022, n. 13207). Non e' frutto di una
precisa scelta legislativa di applicare le nuove norme (che, per
ipotesi, avrebbero potuto essere di favore come di sfavore) ai
fatti-reato commessi da una certa data in poi, scelta insindacabile,
sotto il profilo costituzionale, anche con riguardo alle norme piu'
favorevoli, se non nei limiti della ragionevolezza ai sensi dell'art.
3 Cost. (Corte cost. n. 393/2006). Una previsione del genere avrebbe
comportato l'espressa disciplina di un regime transitorio, che,
invece, nel caso di specie, non vi e' stata, avendo lasciato il
legislatore del 2019 che la disciplina transitoria trovasse la «sua»
regola in quella di carattere generale prevista per la successione
delle leggi penali. Del resto, come anche ricordato dalle Sezioni
Unite, la posticipazione del momento di entrata in vigore delle
disposizioni che concernevano piu' squisitamente le modifiche alla
disciplina della prescrizione dei reati da parte della legge c.d.
Bonafede era dichiaratamente ispirata dall'intenzione di intervenire
normativamente al fine di predisporre una disciplina acceleratoria
del processo penale, una disciplina che servisse a scongiurare il
rischio di una durata tendenzialmente indefinita del processo penale
in seguito alla sospensione sine die del termine di prescrizione per
effetto della pronuncia della sentenza di primo grado.
La seconda forzatura interpretativa riguarda una sorta di
sostanziale equiparazione dell'istituto della sospensione del termine
di prescrizione, come modificato per effetto della legge c.d.
Bonafede (art. 159, comma 2, codice penale, come modificato dalla
legge n. 3/2019), a quello della cessazione del corso della
prescrizione di cui all'art. 161-bis codice penale, come introdotto
dalla legge n. 134/2021. Invero, l'istituto della sospensione del
termine di prescrizione in conseguenza della pronuncia della
sentenza, previsto dalla legge c.d. Bonafede, prevedeva una sorta di
sospensione sine die della prescrizione per effetto della pronuncia
della sentenza di primo grado o del decreto penale di condanna. Anche
in ipotesi di annullamento con regressione del processo al primo
grado o a fasi antecedenti, il corso della prescrizione non
riprendeva a decorrere, essendo stato definitivamente sospeso con la
pronuncia della sentenza di primo grado (o del decreto penale di
condanna). Per contro, l'istituto di cui all'art. 161-bis codice
penale prevede la cessazione del corso della prescrizione con la
pronuncia della sentenza di primo grado (non piu' con il decreto
penale di condanna), prescrizione, pero', che riprende a decorrere in
caso di annullamento, che comporti la regressione del procedimento al
primo grado o ad una sua fase anteriore, dalla data della pronuncia
definitiva di annullamento. Si tratta, all'evidenza, solo in
apparenza di istituti simili, presentando, al contrario,
significative differenze (a cominciare da quella lessicale), che,
come si vedra', giustificano pienamente che la legge c.d. Cartabia
abbia previsto, da un lato, l'abrogazione dell'art. 159, comma 2,
codice penale, dall'altra, l'inserimento dell'art. 161-bis codice
penale, un duplice intervento normativo che non avrebbe avuto alcun
senso nella prospettiva di considerare l'istituto di cui all'art.
161-bis codice penale un mero «riposizionamento» di quello della
sospensione del termine prescrizionale, poiche', avendo pacificamente
una portata piu' favorevole all'imputato l'istituto della cessazione
del corso della prescrizione, se si fosse trattato di una mera
modifica del precedente, avrebbe avuto efficacia retroattiva.
sostanzialmente rendendo inoperativo il precedente istituto. In ogni
caso se si fosse trattato di un mero intervento modificativo del
primo istituto, il legislatore sarebbe intervenuto a modificare
nuovamente il comma 2 dell'art. 159 codice penale. Invece, il
legislatore e' intervenuto abrogando il comma 2 dell'art. 159 codice
penale e inserendo l'art. 161-bis nel codice penale, a dimostrazione
che la seconda disposizione introduce un diverso istituto, diverso
dal precedente non solo nel nomen iuris (cessazione del corso della
prescrizione in luogo di sospensione), ma anche, e soprattutto, nella
disciplina giuridica.
Partendo da questa duplice forzatura interpretativa, la
Cassazione e' giunta alla conclusione che non fosse possibile
applicare l'art. 2, comma 1, lettera a) legge n. 134/2021, nella
parte in cui ha previsto l'abrogazione dell'art. 159, commi 2 e 4.
codice penale, anche ai fatti commessi dal 3 agosto 2017 al 31
dicembre 2019, poiche' la legge c.d. Cartabia avrebbe, in parte qua,
abrogato l'art. 159, comma 2 codice penale, come modificato dalla
legge n. 3/2019, norma applicabile solo ai reati commessi dal 1°
gennaio 2020. Pertanto, per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31
dicembre 2019 si dovrebbe applicare, per quanto di interesse nel caso
di specie, l'art. 159, comma 2, n. 1), codice penale nel testo
introdotto dalla legge n. 103/2017, mentre per i reati commessi dal
1° gennaio 2020 troverebbe applicazione, sul piano sostanziale, il
nuovo istituto della cessazione del corso della prescrizione di cui
all' art. 161-bis codice penale, e, sul piano processuale, l'istituto
dell'improcedibilita' di cui all'art. 344-bis codice di procedura
penale, norma espressamente applicabile alle sole impugnazioni
riguardanti processi per reati commessi dal 1° gennaio 2020.
3.4. La prospettazione dell'esegesi compatibile con la
Costituzione, ma non percorribile in via interpretativa, stante il
«diritto vivente» rappresentato dalla sentenza delle Sezioni Unite.
In realta', come visto, la legge c.d. Bonafede non ha introdotto
una specifica disciplina transitoria per le modifiche apportate al
regime della prescrizione, ma ha soltanto previsto che le relative
disposizioni entrassero in vigore dal 1° gennaio 2020. Solo perche'
si e' trattato di modifiche, per lo piu', in peius la loro
applicazione ha finito per riguardare i fatti-reato commessi dopo la
loro entrata in vigore. Pertanto, in parte qua, tra la legge c.d.
Orlando e la legge c.d. Bonafede si e' realizzato un ordinario
fenomeno di successione di leggi penali nel tempo, che ha comportato
la modifica dell'art. 159, comma 2, codice penale, come a sua volta
modificato/introdotto dalla legge c.d. Orlando, e l'abrogazione dei
commi 3 e 4 dell'art. 159 codice penale, come introdotti dalla legge
c.d. Orlando. In buona sostanza, la legge c.d. Orlando ha introdotto
l'istituto della sospensione del termine di prescrizione del reato
per effetto della pronuncia della sentenza di condanna di primo e di
secondo grado rendendolo applicabile solo ai reati commessi dopo il 3
agosto 2017; la legge c.d. Bonafede lo ha modificato in peius, con
modifiche che, appunto perche' peggiorative, finivano con
l'applicarsi solo ai reati commessi dopo l'entrata in vigore delle
stesse; la legge c.d. Cartabia lo ha abrogato, prevedendo l'espressa
abrogazione dell'art. 159, comma 2, codice penale (oltre che del
comma 4 della citata norma, come risultante per effetto dei predetti
interventi normativi - disposizione quest'ultima non toccata ne'
dalla legge c.d. Orlando, ne' dalla legge c.d. Bonafede -,
quest'ultima abrogazione legata, evidentemente, alla nuova disciplina
del processo in absentia, come prevista dalla delega contenuta
nell'art. 1, comma 7, della legge n. 134/2021, poi attuata con il
decreto legislativo n. 150/2022).
La legge c.d. Cartabia non si e' limitata all'abrogazione
dell'istituto in esame. Per ovviare al potenziale effetto nefasto
della legge c.d. Bonafede, cioe' il rischio del processo infinito in
conseguenza della sospensione sine die della prescrizione a seguito
della sentenza di primo grado, e, nello stesso tempo, senza ritornare
al decorso della prescrizione del reato anche nei giudizi di
impugnazione, ha poi introdotto due nuovi istituti, l'uno di
carattere sostanziale (la cessazione del corso della prescrizione di
cui all'art. 161-bis codice penale), l'altro di tipo processuale
(l'improcedibilita' di cui all'art. 344-bis del codice di procedura
penale). E' vero che solo per quest'ultimo e' stata espressamente
prevista la sua applicabilita' ai procedimenti di impugnazione aventi
ad oggetto reati commessi dal 1° gennaio 2020 (in tale modo
scongiurando l'entrata in vigore della legge c.d. Bonafede con
riferimento a questi reati, ai quali la stessa sarebbe stata
sicuramente applicabile), mentre per l'altro, in mancanza di
specifica disposizione normativa, l'entrata in vigore coincide
formalmente con l'entrata in vigore della legge n. 134/2021 (e cioe'
dal 19 ottobre 2021), ma e' anche vero che i due istituti, quello di
tipo sostanziale (art. 161-bis codice penale) e quello di tipo
processuale (art. 344-bis c.p.p.) sono strettamente connessi tra
loro, poiche' il primo fa cessare definitivamente la prescrizione con
la pronuncia della sentenza di primo grado (salvo farne riprendere il
decorso in caso di regressione del processo al primo grado o ad una
fase anteriore, e cio' a definitiva dimostrazione che la prescrizione
opera solo fino all'esaurimento del primo grado di giudizio), mentre
il secondo introduce l'improcedibilita' per i giudizi di
impugnazione. In buona sostanza, e' indubbio che, sulla base di
un'interpretazione logica e sistematica, l'operativita' della
disposizione di cui all'art. 161-bis codice penale (che, in ogni
caso, determinando un trattamento in malam partem per l'imputato, non
puo' che assumere efficacia in relazione ai reati commessi
successivamente alla sua entrata in vigore) va ancorata
all'operativita' della norma di cui all'art. 344-bis c.p.p., e,
dunque, esplica i suoi effetti con riferimento a tutti i reati
commessi dal 1° gennaio 2020 in poi, rispetto ai quali, pertanto, non
sarebbe immaginabile nei giudizi di impugnazione la contemporanea
decorrenza del corso della prescrizione (conseguenza della
contemporanea abrogazione dell'art. 159, comma 2, codice penale) e
del termine di improcedibilita'.
Si sono gia' esplicitate le ragioni che inducono ad escludere
che, ancora una volta sotto il profilo dei significati letterali
delle norme, fra l'istituto di cui all'art. 161-bis codice penale e
quello di cui all'art. 159, comma 2, codice penale, nel testo
modificato dalla legge c.d. Bonafede, vi fosse una sostanziale
similitudine. Trattandosi di due istituti diversi, e' evidente che il
legislatore del 2021, da un lato, ha voluto abrogare del tutto
l'istituto della sospensione del termine di prescrizione per effetto
della pronuncia della sentenza (in origine di condanna di primo e di
secondo grado, e poi solo della sentenza di primo grado), come era
stato dapprima introdotto dalla legge c.d. Orlando, poi modificato
dalla legge c.d. Bonafede; dall'altra, ha voluto introdurre per i
reati commessi dal 1° gennaio 2020 i nuovi istituti della cessazione
del corso della prescrizione per effetto della sentenza di primo
grado ai sensi dell'art. 161-bis codice penale e
dell'improcedibilita' dell'azione penale per superamento dei termini
di durata massima del giudizio di impugnazione di cui all'art.
344-bis c.p.p.
Limitare l'effetto abrogativo dell'art. 159, comma 2, codice
penale, determinato dall'art. 2, comma 1, lettera a) della legge n.
134/2021, ai soli reati commessi dal 1° gennaio 2020, in mancanza di
una espressa disciplina transitoria, per effetto di una forzatura
esegetica di un testo normativo, quello di cui all'art. 1, comma 2,
della legge n. 3/2019, che, sotto il profilo del significato
letterale, afferma tutt'altro, senza tenere conto che la norma che si
e' abrogata e' quella che a sua volta era frutto della modifica del
precedente testo e dell'abrogazione dei commi 3 e 4 dell'art. 159
codice penale (come introdotti dalla legge n. 103/2017), strettamente
connessi al comma 2 (nel testo modificato dalla legge n. 103/2017),
commi che certamente, una volta abrogati, non potrebbero tornare a
«rivivere», significa «creare» in via interpretativa un regime
transitorio in malam partem in violazione degli articoli 3 e 25,
comma 2, Cost.
Invero, cosi' facendo, si e', in maniera «creativa», fatta
«rivivere» per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019
l'intera disciplina della sospensione del termine di prescrizione per
effetto della pronuncia della sentenza di condanna di primo o di
secondo grado, prevista dall'art. 159, commi 2, 3 e 4 codice penale,
nel testo modificato/introdotto dalla legge c.d. Orlando, benche' i
commi 3 e 4 della citata disposizione siano stati espressamente
abrogati dalla legge c.d. Bonafede e benche' il comma 2 dell'art. 159
codice penale, introdotto dalla legge c.d. Orlando e poi modificato
dalla legge c.d. Bonafede, sia stato espressamente abrogato dalla
legge c.d. Cartabia.
In buona sostanza, si e' generato, in via interpretativa, un
regime transitorio in malam partem e, pertanto, in violazione
dell'art. 25, comma 2 della Costituzione, oltre che irragionevole ai
sensi dell'art. 3 Cost., poiche', nonostante l'espressa abrogazione
dell'istituto della sospensione del termine di prescrizione per
effetto della pronuncia della sentenza (di primo grado, per come
risultante da ultimo dalle modifiche apportate dalla legge Bonafede),
ha ritenuto di escludere dalla portata abrogativa e, quindi,
favorevole, dell'art. 2, comma 1, lettera a), legge n. 134/2021 i
reati commessi a cavallo tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019,
senza alcuna ragionevole giustificazione. Al riguardo, infatti, non
si coglie la ragione in base alla quale escludere che il legislatore
del 2021 abbia inteso espressamente eliminare l'istituto della
sospensione del termine di prescrizione in conseguenza della
pronuncia della sentenza, come introdotto dalla legge Orlando e poi
modificato dalla legge Bonafede, per tutti i reati commessi prima del
1° gennaio 2020, introducendo per i reati commessi in epoca
successiva il regime sostanziale della cessazione del corso della
prescrizione previsto dall'art. 161-bis codice penale e quello
processuale dell'improcedibilita' di cui all'art. 344-bis c.p.p.
La legge c.d. Cartabia, si ribadisce, in parte qua, ha
comportato, da un lato, che per i reati commessi dal 1° gennaio 2020
operano i due nuovi istituti di cui all'art. 161-bis codice penale e
344-bis c.p.p.; per tutti i reati commessi in precedenza, abrogato
definitivamente cio' che restava dell'istituto della sospensione del
termine di prescrizione in conseguenza della sentenza, istituto, come
detto, introdotto dalla legge c.d. Orlando e poi modificato dalla
legge c.d. Bonafede, la disciplina del termine di prescrizione e'
rimasta quella della c.d. legge ex Cirielli, che non prevedeva
l'istituto della sospensione del termine di prescrizione in
conseguenza della pronuncia della sentenza (di condanna, di primo e
secondo grado, come introdotto dalla legge c.d. Orlando, e poi
modificato dalla legge c.d. Bonafede relativamente alla pronuncia
della sola sentenza di primo grado). Non si tratta di una sorta di
«resurrezione» della legge ex Cirielli, perche' la disciplina della
prescrizione, come prevista dalla legge n. 251/2005, non e' mai
giuridicamente «morta». L'istituto della sospensione del termine di
prescrizione in conseguenza della pronuncia della sentenza di
condanna di primo e di secondo grado, introdotto dalla legge c.d.
Orlando (e poi modificato dalla legge c.d. Bonafede), si e' inserito,
si e' innescato, sulla ordinaria disciplina della prescrizione del
reato come prevista dalla legge ex Cirielli. Abrogato definitivamente
il comma 2 dell'art. 159 codice penale, e cioe' la disposizione che
era stata modificata dalla legge c.d. Orlando (nel senso che, come
visto, la predetta legge aveva eliminato la vecchia disposizione,
inserendo la nuova disposizione, unitamente ai commi 3 e 4), e poi
modificata dalla legge c.d. Bonafede, e' stato definitivamente
abrogato l'istituto della sospensione del termine di prescrizione in
conseguenza della pronuncia della sentenza, che, come detto, era
stato inserito/innescato sul tessuto normativo della legge ex
Cirielli, aggiungendo, appunto, un'ulteriore ipotesi sospensiva ex
lege del termine di prescrizione, inizialmente a termine, e poi
divenuta, con la legge Bonafede, sine die.
Al contrario, l'interpretazione delle Sezioni Unite ha
comportato, per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre
2019, la «resurrezione» giuridica dell'istituto della sospensione del
termine di prescrizione in conseguenza della pronuncia della
sentenza, cosi' come introdotto dalla legge Orlando, benche' quelle
norme (i commi 2, 3 e 4 dell'art. 159 codice penale), siano stati
oggetto di abrogazione e modifiche sia da parte della legge Bonafede
che, infine, da parte della legge Cartabia. Cosi' facendo, si
ribadisce, si e' generato un regime giuridico, per questi reati, che
non trova alcun appiglio nella lettera della legge, ma solo
nell'interpretazione delle Sezioni Unite, un'interpretazione in malam
partem e, tuttavia, vincolante come autorevole precedente,
costituente «diritto vivente», che puo' essere rimossa solo
attraverso l'intervento costituzionale.
P. Q. M.
La Corte, visto l'art. 23 della legge n. 87/1953,
solleva, di ufficio, questione di legittimita' costituzionale, in
relazione agli articoli 3 e 25, comma 2, della Costituzione, con
riferimento al combinato disposto degli articoli 2, comma 1, lettera
a), legge n. 134/2021 e 1, comma 2, legge n. 3/2019, nella parte in
cui, secondo il «diritto vivente» (Cass. pen. Sez. un. 12 dicembre
2024-5 giugno 2025, n. 20989), consentono l'interpretazione in base
alla quale la disciplina della sospensione del corso della
prescrizione di cui all'art. 159, commi 2, 3 e 4, codice penale, nel
testo introdotto dalla legge n. 103/2017, si applica ai reati
commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, mentre, invece,
dovrebbe ritenersi definitivamente abrogata anche per tali reati.
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio.
Dispone che la presente ordinanza sia notificata al sig.
Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata al sig.
Presidente della Camera dei deputati ed al sig. Presidente del
Senato.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti.
Cosi' deciso in Lecce all'esito della Camera di consiglio dell'11
luglio 2025.
Il Presidente: Ottaviano
Il consigliere estensore: Biondi
Oggetto:
Reati e pene – Prescrizione – Sospensione del corso della prescrizione – Modifiche normative – Disciplina applicabile – Denunciata interpretazione del diritto vivente (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 12 dicembre 2024-5 giugno 2025, n. 20989), secondo cui la disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui all'art. 159 cod. pen., commi secondo, terzo e quarto, nel testo introdotto dalla legge n. 103 del 2017, si applica ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, mentre dovrebbe ritenersi definitivamente abrogata [ad opera della legge n. 134 del 2021] anche per tali reati – Regime transitorio in malam partem – Violazione del principio di legalità in materia penale - Irragionevolezza.
Norme impugnate:
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 25 Co. 2
Udienza Pubblica del 10 febbraio 2026 rel. VIGANÒ
Testo dell'ordinanza
N. 182 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 luglio 2025
Ordinanza dell'11 luglio 2025 della Corte d'appello di Lecce nel
procedimento penale a carico di O. D.A..
Reati e pene - Prescrizione - Sospensione del corso della
prescrizione - Modifiche normative - Disciplina applicabile -
Denunciata interpretazione del diritto vivente (Corte di
cassazione, sezioni unite penali, sentenza 12 dicembre 2024-5
giugno 2025, n. 20989), secondo cui la disciplina della sospensione
del corso della prescrizione di cui all'art. 159 cod. pen., commi
secondo, terzo e quarto, nel testo introdotto dalla legge n. 103
del 2017, si applica ai reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31
dicembre 2019, mentre dovrebbe ritenersi definitivamente abrogata
anche per tali reati.
- Legge 27 settembre 2021, n. 134 (Delega al Governo per l'efficienza
del processo penale nonche' in materia di giustizia riparativa e
disposizioni per la celere definizione dei procedimenti
giudiziari), art. 2, comma 1, lettera a), in combinato disposto con
l'art. 1, comma 2, della legge 9 gennaio 2019, n. 3 (Misure per il
contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonche' in
materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei
partiti e movimenti politici).
(GU n. 40 del 01-10-2025)
CORTE DI APPELLO DI LECCE
Sezione Prima Penale
composta dai sigg.:
dott. Francesco Ottaviano, Presidente;
dott. Giuseppe Biondi, consigliere rel;
dott. Francesco Cacucci, consigliere.
Letti gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato a
carico di:
D'. O. nato a ... il ..., domiciliato in ... alla via ... n.
..., elettivamente domiciliato presso il proprio difensore ... difeso
di fiducia dall'avv. Riccardo Mele del Foro di Brindisi e dall'avv.
Serena Tucci del Foro di Taranto, imputato art. 641 del codice
penale, perche', dissimulando il proprio stato di insolvenza,
contraeva obbligazioni nei confronti di ..., con il proposito di non
adempierle, acquistando 44 44 quintali di cavi di rame per
complessivi euro 16.280,00, pagando l'acconto di euro 1.800,00 e
omettendo di pagare il saldo.
In ... il ... e ...
Parte civile: ..., nato il ... a ... ed ivi residente alla via
... n. ... - rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Battista Cervo
del Foro di Lecce.
Osserva
1. Premessa e svolgimento del processo.
1.1. Con sentenza del Tribunale di Lecce, in data 24 maggio 2022,
D'. O. veniva ritenuto responsabile del reato ascrittogli e veniva
condannato alla pena di euro. 516,00 di multa, oltre al pagamento
delle spese processuali. Il D'. veniva condannato a risarcire il
danno in favore della costituita parte civile, da liquidarsi in
separata sede, nonche' alla rifusione delle spese processuali dalla
stessa sostenute.
1.2. Avverso la citata sentenza proponeva tempestivo appello il
difensore di fiducia dell'imputato, censurando la pronuncia sulla
base dei seguenti motivi sintetizzati per quanto di interesse:
a) con il primo motivo di appello si chiede l'assoluzione
dell'imputato, anche ai sensi dell'art. 530, comma 2 del codice
procedura penale, perche' il fatto non costituisce reato. Il giudice
traeva la prova della sussistenza del reato esclusivamente dalle
rassicurazioni fornite dal D'. in riferimento al futuro adempimento.
Ma ai fini della sussistenza del reato di cui all'imputazione e'
richiesta, in relazione all'elemento soggettivo, la specifica
intenzione di assumere un'obbligazione con il proposito di non
adempierla, non essendo sufficiente l'accettazione del rischio di non
adempiere, e tale circostanza non avrebbe trovato conferma
nell'istruttoria. Si sarebbe in presenza di un mero inadempimento
contrattuale;
b) con il secondo motivo di impugnazione si chiede
l'assoluzione dell'imputato ai sensi dell'art. 131-bis del codice
penale, trattandosi di un episodio isolato.
1.3. All'esito dell'udienza dell'11 luglio 2025, tenuta in Camera
di consiglio ex art. 23-bis, comma l, decreto-legge n. 137/2020,
convertito con modifiche dalla legge n. 176/2020, come richiamato
dall'art. 94, comma 2, del decreto legislativo n. 150/2022, come
modificato dalla legge n. 199/2022 di conversione del decreto-legge
n. 162/2022, e ulteriormente modificato dal decreto-legge n. 75/2023
convertito con modifiche dalla legge n. 112/2023, e poi dall'art. 11,
comma 7, del decreto-legge n. 215/2023, convertito con modifiche
dalla legge n. 18/2024, sulle conclusioni scritte rassegnate dalle
parti (il P.G. ha chiesto la conferma della sentenza impugnata; il
difensore della parte civile ha chiesto la conferma della sentenza
impugnata e ha depositato conclusioni scritte e nota spese; i
difensori dell'imputato hanno chiesto, in accoglimento dei motivi di
appello, la riforma della sentenza con l'assoluzione dell'imputato
con formula di giustizia anche ai sensi dell'art. 530, comma 2 del
codice di procedura penale, ovvero dichiarare l'estinzione del reato
per prescrizione dal 23 febbraio 2025 in mancanza di periodi di
sospensione, in ulteriore subordine assolvere l'imputato ai sensi
dell'art. 131-bis del codice penale), e' stata emessa la seguente
ordinanza, allegata al verbale di udienza e comunicata alle parti.
2. In punto di rilevanza della questione.
Come e' noto, la Cassazione, nella sua piu' alta ed autorevole
composizione (Cass. pen. sez. un. 12 dicembre 2024-5 giugno 2025, n.
20989, p. g. in proc. a carico di imp. ...), dirimendo un contrasto
sorto non solo nella giurisprudenza di merito, ma anche in quella di
legittimita', ha affermato il seguente principio di diritto: «la
disciplina della sospensione del corso della prescrizione di cui
all'art. 159 del codice penale, nel testo introdotto dalla legge n.
103 del 2017, si applica ai reati commessi nel tempo di vigenza della
legge stessa, ovvero dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, non
essendo stata abrogata con effetti retroattivi dalla legge n. 3 del
2019, prima, e dalla legge n. 134 del 2021, poi, mentre per i reati
commessi dal 1° gennaio 2020 si applica la disciplina posta a sistema
dalla legge n. 134 del 2021».
Per effetto della pronuncia sopra indicata, che, provenendo dalle
Sezioni Unite della Cassazione, che hanno, con tale decisione,
risolto uno specifico contrasto, costituisce a tutti gli effetti
«diritto vivente», occorre prendere atto che il reato ascritto
all'imputato non e' ancora estinto per prescrizione, cosi' come
sostenuto dai difensori dell'appellante nelle conclusioni scritte.
Invero, dalla data del commesso reato, individuata nel ..., sono
decorsi i sette anni e mesi sei, che costituiscono il termine massimo
di prescrizione, trattandosi di delitto, non essendovi periodi di
sospensione del termine prescrizionale in primo grado. Ma va aggiunto
il periodo di sospensione di cui all'art. 159, comma 2, n. 1), del
codice penale, nel testo modificato dalla legge n. 103/2017 (e cioe'
un anno e mesi sei a fare data dal giorno della pronuncia della
sentenza in esame con motivazione contestuale). Pertanto, per effetto
di questo ulteriore periodo di sospensione, il termine, che sarebbe
venuto a scadenza in data 22-23 febbraio 2025, come sostenuto dai
difensori dell'appellante, verra', invece, a maturare in data 22-23
agosto 2026.
Cio' precisato, con l'appello, come visto, da un lato si chiede
l'assoluzione dell'imputato perche' il fatto non costituisce reato,
anche ai sensi dell'art. 530, comma 2 del codice di procedura penale,
dall'altro si chiede l'assoluzione dell'imputato invocando la causa
di non punibilita' di cui all'art. 131-bis del codice penale. In sede
di conclusioni scritte, i difensori dell'appellante hanno chiesto di
dichiarare l'estinzione del reato per prescrizione.
Dunque, tenuto conto dei motivi di gravame, questa Corte e'
tenuta a rilevare l'eventuale causa estintiva della prescrizione del
reato, ove non dovesse ritenere di assolvere l'imputato ai sensi
dell'art. 530, comma 2, del codice di procedura penale (ovvero, ove
dovesse ritenere di assolvere l'imputato ai sensi dell'art. 131-bis
del codice penale, essendo, come e' noto, prevalente la causa
estintiva del reato: vedi Cassazione pen. sez. I, 28 settembre 2021,
n. 43700), tenuto conto della presenza della parte civile, facendo
applicazione dell'art. 578 del codice di procedura penale, come da
ultimo interpretato dalle Sezioni Unite (vedi Cassazione pen. sez.
un. 28 marzo - 27 settembre 2024, n. 36208, ... - benche' su questo
aspetto penda altra questione di legittimita' costituzionale
sollevata da questa Corte con ordinanza del 13 dicembre 2024,
questione che verra' trattata dalla Consulta alla pubblica udienza
del 19 novembre 2025, e che, ove accolta, potrebbe limitare il
giudizio di questa Corte alla sola verifica della insussistenza dei
presupposti per l'assoluzione ai sensi dell'art. 129, comma 2, del
codice di procedura penale, demandando ad altra Autorita' Giudiziaria
il giudizio sulle statuizioni civili, ove estinto per prescrizione il
reato). E' interesse dell'imputato, pertanto, verificare il possibile
ricorrere della causa estintiva del reato.
Cio' detto, rileva la Corte che, ove non fosse applicabile la
sospensione del termine di prescrizione prevista dall'art. 159, comma
2, n. 1), del codice penale, nel testo introdotto dalla legge n.
103/2017, cosi' come sostenuto dall'indirizzo giurisprudenziale non
accolto dalle Sezioni Unite, il reato ascritto all'appellante sarebbe
effettivamente estinto per prescrizione dal 22-23 febbraio 2025.
Tuttavia, le Sezioni Unite hanno statuito il su esposto principio
di diritto, che, appunto perche' affermato dirimendo il contrasto
giurisprudenziale sorto sul punto, costituisce «diritto vivente» ai
sensi dell'art. 65, regio decreto n. 12/1941 e dell'art. 618, comma
1-bis, del codice di procedura penale.
Ritiene la Corte che l'interpretazione fornita dalle Sezioni
Unite delle norme delle leggi n. 103/2017 (legge Orlando), n. 3/2019
(legge Bonafede) e n. 134/2021 (legge Cartabia), che hanno
disciplinato il complesso fenomeno successorio che ha avuto riguardo
all'istituto della sospensione del termine di prescrizione in
conseguenza della pronuncia della sentenza di primo grado, si ponga
in contrasto con l'art. 3 della Costituzione e con il principio di
legalita' penale posto dall'art. 25, comma 2, della Costituzione,
che, come e' noto, esprime un principio supremo dell'ordine
costituzionale, che si estende anche al regime legale della
prescrizione (Corte Costituzionale ordinanza n. 24/2017).
In particolare, si ritiene che l'interpretazione fornita dalle
Sezioni Unite dell'art. 2, comma 1, lettera a) della legge n.
134/2021 (che prevede l'abrogazione dei commi 2 e 4 dell'art. 159 del
codice penale), letto in combinato disposto con l'art. l, comma 2,
della legge n. 3/2019 (che statuisce che le disposizioni di cui al
comma l, lettera d), e) ed f) della predetta legge entrano in vigore
il 1° gennaio 2020), secondo la quale l'effetto abrogativo previsto
dall'art. 2, comma l, lettera a), legge n. 134/2021 non retroagirebbe
per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, si pone
in contrasto con l'art. 25, comma 2, della Costituzione, poiche'
costituirebbe interpretazione non in linea con il significato
letterale delle norme, nonche' con l'art. 3 della Costituzione,
poiche' produttiva di un regime transitorio non previsto dalla legge
ed irragionevole, in quanto generante effetti in malam partem per
l'imputato.
Al riguardo, vale la pena rammentare che l'interprete ha
l'obbligo di confrontarsi con il canone ermeneutico rappresentato, in
materia di diritto penale, dal divieto di interpretazioni estensive o
analogiche a sfavore del reo, canone affermato a livello di fonti
primarie dall'art. 14 delle preleggi, nonche' - implicitamente -
dall'art. 1 del codice penale e fondato a livello costituzionale,
come detto, sul principio di legalita' di cui all'art. 25, comma 2,
della Costituzione, divieto che non consente di riferire la norma
penale (fra le quali, come precisato, sono ricomprese anche quelle
che attengono al regime della prescrizione) a situazioni non
ascrivibili ad alcuno dei suoi possibili significati letterali, e
costituisce cosi' un limite insuperabile rispetto alle opzioni
interpretative a disposizione del giudice di fronte al testo
legislativo. E cio' in quanto, nella prospettiva culturale nel cui
seno e' germogliato lo stesso principio di legalita' in materia
penale, e' il testo della legge - non gia' la sua successiva
interpretazione ad opera della giurisprudenza - che deve fornire al
consociato un chiaro avvertimento circa le conseguenze sanzionatorie
delle proprie condotte (cfr. Corte costituzionale n. 98/2021). In
buona sostanza, a fronte di significati letterali, chiari e precisi,
della norma penale che attiene al regime legale della prescrizione,
non e' consentito, per il rispetto del principio di legalita' che
vige nella materia penale, formulare interpretazioni in malam partem
a sfavore dell'imputato, generative di regimi transitori non previsti
dalla legge e che irragionevolmente impediscono l'efficacia
retroattiva di una norma di favore (vedi Corte costituzionale n.
215/2008).
Ritiene questa Corte che e' cio' che e' avvenuto nel caso di
specie, sicche' reputa doveroso sottoporre d'ufficio la relativa
questione di legittimita' costituzionale, che, per quanto su esposto,
appare rilevante.
3. In punto di non manifesta in fondatezza della questione.
3.1. Ricostruzione del quadro normativo.
E' necessario procedere ad una breve ricostruzione del quadro
normativo.
Occorre considerare che le tre leggi che si sono succedute nel
tempo (la legge c.d. Orlando, la legge c.d. Bonafede, la legge c.d.
Cartabia) sono intervenute, fra l'altro, tutte su un istituto di
nuovo conio per la disciplina della prescrizione del reato, e cioe'
l'istituto della sospensione del termine di prescrizione per effetto
della pronuncia della sentenza (originariamente di condanna) di primo
o di secondo grado.
In vero, la legge n. 103/2017 ha introdotto l'istituto, inserendo
i commi 2, 3 e 4 nell'art. 159 del codice penale e abrogando il
precedente comma 2 (art. 1, comma 10 della legge n. 103/2017). Per
espressa previsione normativa (art. 1, comma 15, legge n. 103/2017),
la disciplina della sospensione del termine di prescrizione per
effetto della pronuncia della sentenza di condanna di primo o secondo
grado si sarebbe applicata ai fatti commessi dopo l'entrata in vigore
della legge.
La legge n. 3/2019 (art. 1, comma 1, lettera e, nn. 1) e 2), e
lettera f), n. 1) ha modificato l'istituto, abrogando i commi 3 e 4
dell'art. 159 del codice penale, e, modificando il comma 2,
stabilendo che il corso della prescrizione sarebbe rimasto sospeso
sostanzialmente sine die dalla pronuncia della sentenza di primo
grado (qualunque sentenza) o dal decreto penale di condanna
(conseguenzialmente, per effetto dell'abrogazione del comma 1
dell'art. 160 del codice penale, sia la sentenza, che il decreto
penale di condanna, non costituivano piu' atti interruttivi della
prescrizione; per inciso va anche citata la modifica apportata
dall'art. 1, comma 1, lettera d) della legge n. 3/2019, all'art. 158,
comma 1, del codice penale, che ha previsto nuovamente che per il
reato permanente o continuato il termine di prescrizione decorre dal
giorno in cui e' cessata la permanenza o la continuazione). Peraltro,
queste disposizioni entravano in vigore dal 1° gennaio 2020 (art. 1,
comma 2, della legge n. 3/2019).
La legge n. 134/2021 (art. 2, comma 1, lettera a), b) e c) ha
definitivamente abrogato l'istituto, eliminando il comma 2 dell'art.
159 del codice penale (nonche', il comma 4, come risultante per
effetto delle precedenti abrogazioni e modifiche); ha modificato
l'art. 160 del codice penale, prevedendo nuovamente il decreto penale
di condanna come atto interruttivo della prescrizione; ha introdotto
con l'art. 161-bis del codice penale il nuovo istituto della
cessazione del corso della prescrizione. La legge n. 134/2021 (art.
2, comma 2, lettera a) ha poi introdotto il nuovo istituto
dell'improcedibilita' per superamento dei termini di durata massima
del giudizio di impugnazione ai sensi dell'art. 344-bis del codice di
procedura penale. Questa nuovo istituto, pero', si applica ai soli
procedimenti di impugnazione che hanno ad oggetto reati commessi a
fare data dal 1° gennaio 2020 (art. 2, comma 3 della legge n.
134/2021).
3.2. La sentenza delle Sezioni Unite.
Le Sezioni Unite della Cassazione (sentenza n. 20989/2025) hanno
affermato che l'impianto della complessiva modificazione
dell'istituto della prescrizione introdotta con la legge n. 3/2019
orienta nel senso che questa normativa sarebbe stata direttamente
dettata per disciplinare i reati commessi dal 1° gennaio 2020 in poi
(vedi punto 6 del Considerato in diritto). In questa direzione,
sostengono le Sezioni Unite (vedi punto 6.1. del Considerato in
diritto), «pure se la locuzione adottata nel testo della legge e'
letteralmente riferita alla semplice entrata in vigore [la
sottolineatura e' di chi scrive], e' da ritenere che il legislatore
del 2019 abbia inteso stabilire che tutte le nuove disposizioni in
materia di prescrizione (prima tra tutte la sospensione sine die del
termine di prescrizione con la pronuncia della sentenza di primo
grado inserita nell'art. 159 del codice penale da quella riforma)
debbano trovare applicazione solo in relazione ai reati commessi dal
1° gennaio 2020. E' in tale prospettiva che si individua la ragione
della forte divaricazione temporale - non di molto inferiore alla
durata di un anno (durata sensibilmente piu' ampia rispetto alla
vacatio ordinaria di cui agli artt. 73 della Costituzione e 10
preleggi) - tra l'epoca di produzione dei suoi effetti: essa ha
segnato una cesura con la pregressa disciplina, del tutto svincolata
da reali esigenze di conoscibilita' del dettato normativo, cosi' da
sfociare in un vero e proprio regime transitorio, preclusivo del
raffronto fra la disciplina con essa introdotta e quelle pregresse».
Sostiene sempre il Supremo Consesso, «osservando il dipanarsi di
queste modificazioni normative, si puo' ragionevolmente evincere che
l'obiettivo perseguito dal legislatore non e' identificabile con
quello (proprio della vacatio legis) di assicurare la conoscibilita'
della legge, bensi' con quello di procrastinare nel tempo gli
effetti, al fine, del resto non sottaciuto, di adottare in
quell'intervallo le opportune riforme necessarie per velocizzare il
processo penale, in guisa da evitare, dopo l'introduzione della
sospensione sine die della prescrizione del reato all'esito della
sentenza di primo grado (e, si sottolinea, qualunque sia l'esito di
tale pronuncia sancito), l'ordinaria evenienza di un giudizio di
cognizione suscettibile di durata indefinita nei gradi successivi».
Osserva ancora la Cassazione «tornando al rilievo
dell'inapplicabilita' della disciplina della sospensione della
prescrizione prevista dalla legge n. 3 del 2019 per i reati commessi
in tempo antecedente al 1° gennaio 2020 [ ... ] essa rinviene il suo
coerente sviluppo nella disciplina dell'art. 2, comma 3, legge n.
134/2021, chiaramente coordinato con le innovazioni apportate dalla
legge del 2019, con particolare riferimento all'introduzione
dell'istituto dell'improcedibilita' riguardante gli stessi reati per
i quali la legge del 2019 aveva previsto la sospensione indeterminata
della prescrizione con la sentenza di primo grado. Ebbene, come si e'
gia' osservato, la suddetta norma ha fatto espresso riferimento ai
reati commessi a fare data dal 1° gennaio 2020, cosi' manifestando la
chiara volonta' di limitare gli effetti a ritroso
dell'improcedibilita' ai soli reati commessi a partire da tale data.
Risulta cosi' esplicitato lo spartiacque, fissato ratione temporis,
fra reati commessi fino al 31 dicembre 2019 e reati commessi dal 1°
gennaio 2020, spartiacque ragionevolmente concepibile soltanto
muovendo dal presupposto che la data del 1° gennaio 2020 ha
identificato gia', in materia di prescrizione, la soluzione netta
della continuita' rispetto al passato». Aggiunge, quindi, la Suprema
Corte, «a questa data si e', d'altro canto, sincronizzata l'efficacia
temporale di operativita' degli istituti dell'improcedibilita' e
della sospensione sine die del termine di prescrizione del reato con
la pronuncia della sentenza di primo grado, istituto - quest'ultimo -
riposizionato dalla legge n. 134 del 2021 nell'art. 161-bis del
codice penale, con formula normativa non dissimile dalla precedente
[la sottolineatura e' di chi scrive], sia pure con l'inserzione nella
rubrica della disposizione del piu' forte riferimento al fenomeno
della cessazione della prescrizione, da un lato, e con l'elisione
della norma del richiamo (oltre che della sentenza di primo grado,
anche) del decreto di condanna, ricollocato, nell'art. 160 del codice
penale, fra gli atti interruttivi del decorso del termine
prescrizionale».
La conclusione cui giungono le Sezioni Unite e' questa: «la
disciplina della sospensione della prescrizione introdotta dalla
legge n. 3 del 2019 non possiede efficacia retroattiva e si applica
ai soli reati commessi dal 1° gennaio 2020; la legge n. 134 del 2021
e' intervenuta a modificare, nella stessa materia, le sole norme
dettate dalla legge n. 3 del 2019, non quelle dettate dalla legge n.
103 del 2017, di conseguenza, la legge n. 134 del 2021, nella
medesima materia, a sua volta, non dispiega efficacia retroattiva,
applicandosi ai soli reati commessi dal 1° gennaio 2020. Pertanto, le
disposizioni dettate dalla legge n. 3 del 2019 in materia di
prescrizione, ivi inclusa la sospensione del decorso del relativo
termine, hanno assunto efficacia dal 1° gennaio 2020. Esse hanno
continuato a dispiegare la medesima efficacia anche dopo l'entrata in
vigore della legge n. 134 del 2021 (l'art. 158, primo comma, del
codice penale perche' non interessato dalla nuova legge, e gli artt.
159 e 160 del codice penale perche', pur modificati nel testo, non
hanno visto espressamente mutata dal legislatore la sfera di
applicazione, non estesa ai reati commessi prima del 1° gennaio
2020)».
3.3. I punti critici del percorso argomentativo della sentenza
delle Sezioni Unite.
Il ragionamento delle Sezioni Unite e' frutto di una duplice
forzatura interpretativa di un testo normativo, pervero, chiaro nel
suo significato letterale, che conduce alla conclusione esegetica in
malam partem, che considera ancora applicabile ai reati commessi a
cavallo tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019, per quanto in
questa sede di interesse, l'art. 159, comma 2, n. 1), del codice
penale nel testo introdotto dalla legge n. 103/2017.
La prima forzatura interpretativa, che si e' evidenziata mediante
la sottolineatura del passo di interesse della motivazione della
sentenza delle Sezioni Unite, e' quella che concerne l'art. 1, comma
2, della legge n. 3/2019. La disposizione testualmente prevede: «le
disposizioni di cui al comma 1, lettere d), e) e f), entrano in
vigore il 1° gennaio 2020». Invero, a differenza dell'art. 1, comma
15, della legge n. 103/2017, la norma non prevede che le disposizioni
citate si applicano «ai reati commessi dal 1° gennaio 2020», ma
prevede che le disposizioni entrano in vigore dal 1° gennaio 2020.
Non si ignora che le disposizioni citate prevedono tendenzialmente
norme di sfavore, sotto il profilo della disciplina della
prescrizione, per l'imputato, e, di conseguenza, non avrebbero potuto
trovare applicazione se non ai reati commessi dopo la loro entrata in
vigore (qualche dubbio e' legittimo porlo per la disposizione -
l'art. 1, comma 1, lettera f), legge n. 3/2019 - che abrogava il
comma 1 dell'art. 160 codice penale, eliminando fra gli atti
interruttivi della prescrizione la sentenza di condanna e il decreto
penale di condanna, norma che avrebbe potuto riverberare i suoi
effetti favorevoli anche retroattivamente) ma questo e' frutto
semplicemente dell'applicazione degli articoli 1 e 2, comma 4, codice
penale (espressione del principio di legalita' in materia penale di
cui all'art. 25, comma 2 Cost.), cioe' dell'ordinario fenomeno di
successione delle leggi penali, che prevede, in caso di successione
normativa, la retroattivita' della legge penale piu' favorevole e
l'irretroattivita' della legge piu' sfavorevole (valutate, ovviamente
nel loro complesso, senza collage tra vecchie e nuove disposizioni:
vedi Cassazione pen. sez. V, 29 ottobre 2014. n. 48753; Cassazione
pen. sez. IV, 27 gennaio 2022, n. 13207). Non e' frutto di una
precisa scelta legislativa di applicare le nuove norme (che, per
ipotesi, avrebbero potuto essere di favore come di sfavore) ai
fatti-reato commessi da una certa data in poi, scelta insindacabile,
sotto il profilo costituzionale, anche con riguardo alle norme piu'
favorevoli, se non nei limiti della ragionevolezza ai sensi dell'art.
3 Cost. (Corte cost. n. 393/2006). Una previsione del genere avrebbe
comportato l'espressa disciplina di un regime transitorio, che,
invece, nel caso di specie, non vi e' stata, avendo lasciato il
legislatore del 2019 che la disciplina transitoria trovasse la «sua»
regola in quella di carattere generale prevista per la successione
delle leggi penali. Del resto, come anche ricordato dalle Sezioni
Unite, la posticipazione del momento di entrata in vigore delle
disposizioni che concernevano piu' squisitamente le modifiche alla
disciplina della prescrizione dei reati da parte della legge c.d.
Bonafede era dichiaratamente ispirata dall'intenzione di intervenire
normativamente al fine di predisporre una disciplina acceleratoria
del processo penale, una disciplina che servisse a scongiurare il
rischio di una durata tendenzialmente indefinita del processo penale
in seguito alla sospensione sine die del termine di prescrizione per
effetto della pronuncia della sentenza di primo grado.
La seconda forzatura interpretativa riguarda una sorta di
sostanziale equiparazione dell'istituto della sospensione del termine
di prescrizione, come modificato per effetto della legge c.d.
Bonafede (art. 159, comma 2, codice penale, come modificato dalla
legge n. 3/2019), a quello della cessazione del corso della
prescrizione di cui all'art. 161-bis codice penale, come introdotto
dalla legge n. 134/2021. Invero, l'istituto della sospensione del
termine di prescrizione in conseguenza della pronuncia della
sentenza, previsto dalla legge c.d. Bonafede, prevedeva una sorta di
sospensione sine die della prescrizione per effetto della pronuncia
della sentenza di primo grado o del decreto penale di condanna. Anche
in ipotesi di annullamento con regressione del processo al primo
grado o a fasi antecedenti, il corso della prescrizione non
riprendeva a decorrere, essendo stato definitivamente sospeso con la
pronuncia della sentenza di primo grado (o del decreto penale di
condanna). Per contro, l'istituto di cui all'art. 161-bis codice
penale prevede la cessazione del corso della prescrizione con la
pronuncia della sentenza di primo grado (non piu' con il decreto
penale di condanna), prescrizione, pero', che riprende a decorrere in
caso di annullamento, che comporti la regressione del procedimento al
primo grado o ad una sua fase anteriore, dalla data della pronuncia
definitiva di annullamento. Si tratta, all'evidenza, solo in
apparenza di istituti simili, presentando, al contrario,
significative differenze (a cominciare da quella lessicale), che,
come si vedra', giustificano pienamente che la legge c.d. Cartabia
abbia previsto, da un lato, l'abrogazione dell'art. 159, comma 2,
codice penale, dall'altra, l'inserimento dell'art. 161-bis codice
penale, un duplice intervento normativo che non avrebbe avuto alcun
senso nella prospettiva di considerare l'istituto di cui all'art.
161-bis codice penale un mero «riposizionamento» di quello della
sospensione del termine prescrizionale, poiche', avendo pacificamente
una portata piu' favorevole all'imputato l'istituto della cessazione
del corso della prescrizione, se si fosse trattato di una mera
modifica del precedente, avrebbe avuto efficacia retroattiva.
sostanzialmente rendendo inoperativo il precedente istituto. In ogni
caso se si fosse trattato di un mero intervento modificativo del
primo istituto, il legislatore sarebbe intervenuto a modificare
nuovamente il comma 2 dell'art. 159 codice penale. Invece, il
legislatore e' intervenuto abrogando il comma 2 dell'art. 159 codice
penale e inserendo l'art. 161-bis nel codice penale, a dimostrazione
che la seconda disposizione introduce un diverso istituto, diverso
dal precedente non solo nel nomen iuris (cessazione del corso della
prescrizione in luogo di sospensione), ma anche, e soprattutto, nella
disciplina giuridica.
Partendo da questa duplice forzatura interpretativa, la
Cassazione e' giunta alla conclusione che non fosse possibile
applicare l'art. 2, comma 1, lettera a) legge n. 134/2021, nella
parte in cui ha previsto l'abrogazione dell'art. 159, commi 2 e 4.
codice penale, anche ai fatti commessi dal 3 agosto 2017 al 31
dicembre 2019, poiche' la legge c.d. Cartabia avrebbe, in parte qua,
abrogato l'art. 159, comma 2 codice penale, come modificato dalla
legge n. 3/2019, norma applicabile solo ai reati commessi dal 1°
gennaio 2020. Pertanto, per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31
dicembre 2019 si dovrebbe applicare, per quanto di interesse nel caso
di specie, l'art. 159, comma 2, n. 1), codice penale nel testo
introdotto dalla legge n. 103/2017, mentre per i reati commessi dal
1° gennaio 2020 troverebbe applicazione, sul piano sostanziale, il
nuovo istituto della cessazione del corso della prescrizione di cui
all' art. 161-bis codice penale, e, sul piano processuale, l'istituto
dell'improcedibilita' di cui all'art. 344-bis codice di procedura
penale, norma espressamente applicabile alle sole impugnazioni
riguardanti processi per reati commessi dal 1° gennaio 2020.
3.4. La prospettazione dell'esegesi compatibile con la
Costituzione, ma non percorribile in via interpretativa, stante il
«diritto vivente» rappresentato dalla sentenza delle Sezioni Unite.
In realta', come visto, la legge c.d. Bonafede non ha introdotto
una specifica disciplina transitoria per le modifiche apportate al
regime della prescrizione, ma ha soltanto previsto che le relative
disposizioni entrassero in vigore dal 1° gennaio 2020. Solo perche'
si e' trattato di modifiche, per lo piu', in peius la loro
applicazione ha finito per riguardare i fatti-reato commessi dopo la
loro entrata in vigore. Pertanto, in parte qua, tra la legge c.d.
Orlando e la legge c.d. Bonafede si e' realizzato un ordinario
fenomeno di successione di leggi penali nel tempo, che ha comportato
la modifica dell'art. 159, comma 2, codice penale, come a sua volta
modificato/introdotto dalla legge c.d. Orlando, e l'abrogazione dei
commi 3 e 4 dell'art. 159 codice penale, come introdotti dalla legge
c.d. Orlando. In buona sostanza, la legge c.d. Orlando ha introdotto
l'istituto della sospensione del termine di prescrizione del reato
per effetto della pronuncia della sentenza di condanna di primo e di
secondo grado rendendolo applicabile solo ai reati commessi dopo il 3
agosto 2017; la legge c.d. Bonafede lo ha modificato in peius, con
modifiche che, appunto perche' peggiorative, finivano con
l'applicarsi solo ai reati commessi dopo l'entrata in vigore delle
stesse; la legge c.d. Cartabia lo ha abrogato, prevedendo l'espressa
abrogazione dell'art. 159, comma 2, codice penale (oltre che del
comma 4 della citata norma, come risultante per effetto dei predetti
interventi normativi - disposizione quest'ultima non toccata ne'
dalla legge c.d. Orlando, ne' dalla legge c.d. Bonafede -,
quest'ultima abrogazione legata, evidentemente, alla nuova disciplina
del processo in absentia, come prevista dalla delega contenuta
nell'art. 1, comma 7, della legge n. 134/2021, poi attuata con il
decreto legislativo n. 150/2022).
La legge c.d. Cartabia non si e' limitata all'abrogazione
dell'istituto in esame. Per ovviare al potenziale effetto nefasto
della legge c.d. Bonafede, cioe' il rischio del processo infinito in
conseguenza della sospensione sine die della prescrizione a seguito
della sentenza di primo grado, e, nello stesso tempo, senza ritornare
al decorso della prescrizione del reato anche nei giudizi di
impugnazione, ha poi introdotto due nuovi istituti, l'uno di
carattere sostanziale (la cessazione del corso della prescrizione di
cui all'art. 161-bis codice penale), l'altro di tipo processuale
(l'improcedibilita' di cui all'art. 344-bis del codice di procedura
penale). E' vero che solo per quest'ultimo e' stata espressamente
prevista la sua applicabilita' ai procedimenti di impugnazione aventi
ad oggetto reati commessi dal 1° gennaio 2020 (in tale modo
scongiurando l'entrata in vigore della legge c.d. Bonafede con
riferimento a questi reati, ai quali la stessa sarebbe stata
sicuramente applicabile), mentre per l'altro, in mancanza di
specifica disposizione normativa, l'entrata in vigore coincide
formalmente con l'entrata in vigore della legge n. 134/2021 (e cioe'
dal 19 ottobre 2021), ma e' anche vero che i due istituti, quello di
tipo sostanziale (art. 161-bis codice penale) e quello di tipo
processuale (art. 344-bis c.p.p.) sono strettamente connessi tra
loro, poiche' il primo fa cessare definitivamente la prescrizione con
la pronuncia della sentenza di primo grado (salvo farne riprendere il
decorso in caso di regressione del processo al primo grado o ad una
fase anteriore, e cio' a definitiva dimostrazione che la prescrizione
opera solo fino all'esaurimento del primo grado di giudizio), mentre
il secondo introduce l'improcedibilita' per i giudizi di
impugnazione. In buona sostanza, e' indubbio che, sulla base di
un'interpretazione logica e sistematica, l'operativita' della
disposizione di cui all'art. 161-bis codice penale (che, in ogni
caso, determinando un trattamento in malam partem per l'imputato, non
puo' che assumere efficacia in relazione ai reati commessi
successivamente alla sua entrata in vigore) va ancorata
all'operativita' della norma di cui all'art. 344-bis c.p.p., e,
dunque, esplica i suoi effetti con riferimento a tutti i reati
commessi dal 1° gennaio 2020 in poi, rispetto ai quali, pertanto, non
sarebbe immaginabile nei giudizi di impugnazione la contemporanea
decorrenza del corso della prescrizione (conseguenza della
contemporanea abrogazione dell'art. 159, comma 2, codice penale) e
del termine di improcedibilita'.
Si sono gia' esplicitate le ragioni che inducono ad escludere
che, ancora una volta sotto il profilo dei significati letterali
delle norme, fra l'istituto di cui all'art. 161-bis codice penale e
quello di cui all'art. 159, comma 2, codice penale, nel testo
modificato dalla legge c.d. Bonafede, vi fosse una sostanziale
similitudine. Trattandosi di due istituti diversi, e' evidente che il
legislatore del 2021, da un lato, ha voluto abrogare del tutto
l'istituto della sospensione del termine di prescrizione per effetto
della pronuncia della sentenza (in origine di condanna di primo e di
secondo grado, e poi solo della sentenza di primo grado), come era
stato dapprima introdotto dalla legge c.d. Orlando, poi modificato
dalla legge c.d. Bonafede; dall'altra, ha voluto introdurre per i
reati commessi dal 1° gennaio 2020 i nuovi istituti della cessazione
del corso della prescrizione per effetto della sentenza di primo
grado ai sensi dell'art. 161-bis codice penale e
dell'improcedibilita' dell'azione penale per superamento dei termini
di durata massima del giudizio di impugnazione di cui all'art.
344-bis c.p.p.
Limitare l'effetto abrogativo dell'art. 159, comma 2, codice
penale, determinato dall'art. 2, comma 1, lettera a) della legge n.
134/2021, ai soli reati commessi dal 1° gennaio 2020, in mancanza di
una espressa disciplina transitoria, per effetto di una forzatura
esegetica di un testo normativo, quello di cui all'art. 1, comma 2,
della legge n. 3/2019, che, sotto il profilo del significato
letterale, afferma tutt'altro, senza tenere conto che la norma che si
e' abrogata e' quella che a sua volta era frutto della modifica del
precedente testo e dell'abrogazione dei commi 3 e 4 dell'art. 159
codice penale (come introdotti dalla legge n. 103/2017), strettamente
connessi al comma 2 (nel testo modificato dalla legge n. 103/2017),
commi che certamente, una volta abrogati, non potrebbero tornare a
«rivivere», significa «creare» in via interpretativa un regime
transitorio in malam partem in violazione degli articoli 3 e 25,
comma 2, Cost.
Invero, cosi' facendo, si e', in maniera «creativa», fatta
«rivivere» per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019
l'intera disciplina della sospensione del termine di prescrizione per
effetto della pronuncia della sentenza di condanna di primo o di
secondo grado, prevista dall'art. 159, commi 2, 3 e 4 codice penale,
nel testo modificato/introdotto dalla legge c.d. Orlando, benche' i
commi 3 e 4 della citata disposizione siano stati espressamente
abrogati dalla legge c.d. Bonafede e benche' il comma 2 dell'art. 159
codice penale, introdotto dalla legge c.d. Orlando e poi modificato
dalla legge c.d. Bonafede, sia stato espressamente abrogato dalla
legge c.d. Cartabia.
In buona sostanza, si e' generato, in via interpretativa, un
regime transitorio in malam partem e, pertanto, in violazione
dell'art. 25, comma 2 della Costituzione, oltre che irragionevole ai
sensi dell'art. 3 Cost., poiche', nonostante l'espressa abrogazione
dell'istituto della sospensione del termine di prescrizione per
effetto della pronuncia della sentenza (di primo grado, per come
risultante da ultimo dalle modifiche apportate dalla legge Bonafede),
ha ritenuto di escludere dalla portata abrogativa e, quindi,
favorevole, dell'art. 2, comma 1, lettera a), legge n. 134/2021 i
reati commessi a cavallo tra il 3 agosto 2017 e il 31 dicembre 2019,
senza alcuna ragionevole giustificazione. Al riguardo, infatti, non
si coglie la ragione in base alla quale escludere che il legislatore
del 2021 abbia inteso espressamente eliminare l'istituto della
sospensione del termine di prescrizione in conseguenza della
pronuncia della sentenza, come introdotto dalla legge Orlando e poi
modificato dalla legge Bonafede, per tutti i reati commessi prima del
1° gennaio 2020, introducendo per i reati commessi in epoca
successiva il regime sostanziale della cessazione del corso della
prescrizione previsto dall'art. 161-bis codice penale e quello
processuale dell'improcedibilita' di cui all'art. 344-bis c.p.p.
La legge c.d. Cartabia, si ribadisce, in parte qua, ha
comportato, da un lato, che per i reati commessi dal 1° gennaio 2020
operano i due nuovi istituti di cui all'art. 161-bis codice penale e
344-bis c.p.p.; per tutti i reati commessi in precedenza, abrogato
definitivamente cio' che restava dell'istituto della sospensione del
termine di prescrizione in conseguenza della sentenza, istituto, come
detto, introdotto dalla legge c.d. Orlando e poi modificato dalla
legge c.d. Bonafede, la disciplina del termine di prescrizione e'
rimasta quella della c.d. legge ex Cirielli, che non prevedeva
l'istituto della sospensione del termine di prescrizione in
conseguenza della pronuncia della sentenza (di condanna, di primo e
secondo grado, come introdotto dalla legge c.d. Orlando, e poi
modificato dalla legge c.d. Bonafede relativamente alla pronuncia
della sola sentenza di primo grado). Non si tratta di una sorta di
«resurrezione» della legge ex Cirielli, perche' la disciplina della
prescrizione, come prevista dalla legge n. 251/2005, non e' mai
giuridicamente «morta». L'istituto della sospensione del termine di
prescrizione in conseguenza della pronuncia della sentenza di
condanna di primo e di secondo grado, introdotto dalla legge c.d.
Orlando (e poi modificato dalla legge c.d. Bonafede), si e' inserito,
si e' innescato, sulla ordinaria disciplina della prescrizione del
reato come prevista dalla legge ex Cirielli. Abrogato definitivamente
il comma 2 dell'art. 159 codice penale, e cioe' la disposizione che
era stata modificata dalla legge c.d. Orlando (nel senso che, come
visto, la predetta legge aveva eliminato la vecchia disposizione,
inserendo la nuova disposizione, unitamente ai commi 3 e 4), e poi
modificata dalla legge c.d. Bonafede, e' stato definitivamente
abrogato l'istituto della sospensione del termine di prescrizione in
conseguenza della pronuncia della sentenza, che, come detto, era
stato inserito/innescato sul tessuto normativo della legge ex
Cirielli, aggiungendo, appunto, un'ulteriore ipotesi sospensiva ex
lege del termine di prescrizione, inizialmente a termine, e poi
divenuta, con la legge Bonafede, sine die.
Al contrario, l'interpretazione delle Sezioni Unite ha
comportato, per i reati commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre
2019, la «resurrezione» giuridica dell'istituto della sospensione del
termine di prescrizione in conseguenza della pronuncia della
sentenza, cosi' come introdotto dalla legge Orlando, benche' quelle
norme (i commi 2, 3 e 4 dell'art. 159 codice penale), siano stati
oggetto di abrogazione e modifiche sia da parte della legge Bonafede
che, infine, da parte della legge Cartabia. Cosi' facendo, si
ribadisce, si e' generato un regime giuridico, per questi reati, che
non trova alcun appiglio nella lettera della legge, ma solo
nell'interpretazione delle Sezioni Unite, un'interpretazione in malam
partem e, tuttavia, vincolante come autorevole precedente,
costituente «diritto vivente», che puo' essere rimossa solo
attraverso l'intervento costituzionale.
P. Q. M.
La Corte, visto l'art. 23 della legge n. 87/1953,
solleva, di ufficio, questione di legittimita' costituzionale, in
relazione agli articoli 3 e 25, comma 2, della Costituzione, con
riferimento al combinato disposto degli articoli 2, comma 1, lettera
a), legge n. 134/2021 e 1, comma 2, legge n. 3/2019, nella parte in
cui, secondo il «diritto vivente» (Cass. pen. Sez. un. 12 dicembre
2024-5 giugno 2025, n. 20989), consentono l'interpretazione in base
alla quale la disciplina della sospensione del corso della
prescrizione di cui all'art. 159, commi 2, 3 e 4, codice penale, nel
testo introdotto dalla legge n. 103/2017, si applica ai reati
commessi dal 3 agosto 2017 al 31 dicembre 2019, mentre, invece,
dovrebbe ritenersi definitivamente abrogata anche per tali reati.
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio.
Dispone che la presente ordinanza sia notificata al sig.
Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata al sig.
Presidente della Camera dei deputati ed al sig. Presidente del
Senato.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti.
Cosi' deciso in Lecce all'esito della Camera di consiglio dell'11
luglio 2025.
Il Presidente: Ottaviano
Il consigliere estensore: Biondi