Reg. ord. n. 177 del 2025 pubbl. su G.U. del 24/09/2025 n. 39

Ordinanza del Corte d'appello di Lecce  del 07/08/2025

Tra: Questura di Brindisi  C/ H.T.A. A.



Oggetto:

Straniero – Immigrazione – Procedimenti aventi ad oggetto la convalida del provvedimento con il quale il questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale, adottato a norma degli artt. 6, 6-bis e 6-ter del d.lgs. n. 142 del 2015, e dell'art. 10-ter, comma 3, quarto periodo, del d.lgs. n. 286 del 1998, nonché per la convalida delle misure adottate ai sensi dell'art. 14, comma 6, del citato d.lgs. n. 142 del 2015 [nel caso di specie: proroga del trattenimento del richiedente protezione internazionale disposto a norma dell’art. 6, comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 142 del 2015 (necessità di determinare gli elementi su cui si basa la domanda di protezione internazionale che non potrebbero essere acquisiti senza il trattenimento e sussistenza del rischio di fuga)] – Attribuzione della competenza alla Corte d’appello, di cui all’art. 5, comma 2, della legge n. 69 del 2005, nel cui distretto ha sede il questore che ha adottato il provvedimento oggetto di convalida, che giudica in composizione monocratica, in luogo della sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione europea, istituita presso il Tribunale distrettuale – Impugnazione del provvedimento emesso dalla Corte d’appello con ricorso per cassazione a norma dell’art. 14, comma 6, del d.lgs. n. 286 del 1998, proponibile entro cinque giorni dalla comunicazione solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 606 cod. proc. pen. e con applicazione, per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2025, delle disposizioni dell’art. 22, commi 3 e 4, della legge n. 69 del 2005 – Omessa previsione dell’impugnabilità con ricorso per cassazione nelle forme di cui agli artt. 360 e seguenti cod. proc. civ., come previsto anteriormente alla modifica – Disposizioni transitorie concernenti l’applicazione della predetta disciplina procedurale decorsi trenta giorni dall’entrata in vigore della legge n. 187 del 2024 – Denunciata carenza dei presupposti di necessità e di urgenza legittimanti l’adozione della decretazione d’urgenza – Contrasto con il principio del giudice naturale precostituito per legge – Irragionevolezza, sotto diversi profili, della sottrazione della competenza alla sezione specializzata nella trattazione delle questioni in tema di protezione internazionale – Denunciata scissione tra il giudice competente a giudicare nel merito i provvedimenti relativi al riconoscimento del diritto di asilo e il giudice competente a giudicare la legittimità dei trattenimenti disposti nell’ambito delle medesime procedure di riconoscimento di tale diritto – Denunciata incertezza sulla competenza in relazione ai procedimenti di “riesame” dei provvedimenti sulle convalide e sulle proroghe – Irragionevole compressione del diritto di difesa con riferimento alla procedura di impugnazione per cassazione del provvedimento di convalida o di proroga del trattenimento – Contrasto con il diritto a un ricorso effettivo che, anche sulla base del diritto convenzionale ed eurounitario, deve essere assicurato alle parti e, in particolare, al richiedente protezione internazionale trattenuto.

Norme impugnate:

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 16  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto-legge  del 17/02/2017  Num. 13  Art. 3  Co. 1

legge  del 13/04/2017  Num. 46

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 16  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto-legge  del 17/02/2017  Num. 13  Art. 5

legge  del 13/04/2017  Num. 46

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 18/08/2015  Num. 142  Art. 6  Co. 5

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 18/08/2015  Num. 142  Art. 6  Co. 5

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 18/08/2015  Num. 142  Art. 6  Co. 8

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 18/08/2015  Num. 142  Art. 14  Co. 6

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 25/07/1998  Num. 286  Art. 10  Co. 3

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 18  Co. 1

legge  del 09/12/2024  Num. 187

decreto legislativo  del 25/07/1998  Num. 286  Art. 14  Co. 6

decreto-legge  del 11/10/2024  Num. 145  Art. 19

legge  del 09/12/2024  Num. 187



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 10   Co.

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 24   Co.  

Costituzione  Art. 25   Co.

Costituzione  Art. 77   Co.

Costituzione  Art. 102   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art.  Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art.  Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 18   Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 47   Co.  

direttiva UE  Art. 26   Co.  

direttiva UE  Art.  Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 177 ORDINANZA (Atto di promovimento) 07 agosto 2025

Ordinanza del 7 agosto  2025  della  Corte  d'appello  di  Lecce  nel
procedimento civile promosso da Questura di  Brindisi  contro  H.T.A.
A.. 
 
Straniero  -  Immigrazione  -  Procedimenti  aventi  ad  oggetto   la
  convalida del provvedimento con il quale  il  questore  dispone  il
  trattenimento  o  la  proroga  del  trattenimento  del  richiedente
  protezione internazionale, adottato a norma degli artt. 6, 6-bis  e
  6-ter del d.lgs. n. 142 del 2015,  e  dell'art.  10-ter,  comma  3,
  quarto periodo,  del  d.lgs.  n.  286  del  1998,  nonche'  per  la
  convalida delle misure adottate ai sensi dell'art. 14, comma 6, del
  citato d.lgs. n. 142 del 2015 [nel  caso  di  specie:  proroga  del
  trattenimento del richiedente protezione internazionale disposto  a
  norma dell'art. 6, comma 2, lettera d), del d.lgs. n. 142 del  2015
  (necessita' di determinare gli elementi su cui si basa  la  domanda
  di protezione internazionale che non  potrebbero  essere  acquisiti
  senza il trattenimento  e  sussistenza  del  rischio  di  fuga)]  -
  Attribuzione della competenza alla Corte d'appello, di cui all'art.
  5, comma 2, della legge n. 69 del 2005, nel cui distretto  ha  sede
  il questore che ha adottato il provvedimento oggetto di  convalida,
  in composizione monocratica, in luogo della  sezione  specializzata
  in materia di  immigrazione,  protezione  internazionale  e  libera
  circolazione dei cittadini dell'Unione europea, istituita presso il
  Tribunale distrettuale  -  Impugnazione  del  provvedimento  emesso
  dalla Corte d'appello con ricorso per cassazione a norma  dell'art.
  14, comma 6 del d.lgs. n. 286 del 1998,  proponibile  entro  cinque
  giorni dalla comunicazione solo per i motivi di  cui  alle  lettere
  a), b) e c) del comma  1  dell'art.  606  cod.  proc.  pen.  e  con
  applicazione, per effetto della sentenza della Corte costituzionale
  n. 39 del 2025, delle disposizioni dell'art. 22, commi 3 e 4, della
  legge n. 69 del 2005 - Omessa  previsione  dell'impugnabilita'  con
  ricorso per cassazione nelle forme di cui agli artt. 360 e seguenti
  cod. proc.  civ.,  come  previsto  anteriormente  alla  modifica  -
  Disposizioni transitorie concernenti l'applicazione della  predetta
  disciplina procedurale decorsi trenta giorni dall'entrata in vigore
  della legge n. 187 del 2024. 
- Decreto-legge 11 ottobre 2024,  n.  145  (Disposizioni  urgenti  in
  materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela  e
  assistenza alle vittime  di  caporalato,  di  gestione  dei  flussi
  migratori e di  protezione  internazionale,  nonche'  dei  relativi
  procedimenti giurisdizionali), convertito, con modificazioni, nella
  legge 9 dicembre 2024, n. 187, artt. 16, 18, 18-bis e 19. 


(GU n. 39 del 24-09-2025)

 
                      CORTE DI APPELLO DI LECCE 
                           Sezione feriale 
 
    Il consigliere di turno dott. Giuseppe Biondi, letti gli atti del
procedimento in epigrafe indicato e sciogliendo  la  riserva  assunta
all'odierna udienza del 7 agosto 2025, 
 
                               Osserva 
 
    1. Premessa e svolgimento del procedimento. 
    In data ... la  Questura  di  Brindisi  ha  richiesto,  ai  sensi
dell'art. 6, comma 5, decreto legislativo n. 142/2015, la proroga del
trattenimento nei confronti  di  A.H.T.  A.,  nato  in  ...  il  ...,
trattenimento disposto presso il Centro di permanenza per i  rimpatri
di Restinco (BR) dal  Questore  di  Crotone  in  data  ...  ai  sensi
dell'art. 6, comma 2, lettera d), decreto legislativo n.  142/2015  e
convalidato dalla Corte di appello di Catanzaro con decreto del ... 
    Invero, l'A., entrato irregolarmente sul territorio nazionale  in
data ..., avendo fatto richiesta di protezione internazionale, veniva
trattenuto presso il CPR di Restinco,  in  attesa  della  definizione
della domanda di protezione internazionale, per  la  sussistenza  del
pericolo di fuga, in quanto privo di stabile dimora o di alloggio ove
potere essere agevolmente rintracciato e in quanto  non  radicato  in
Italia e privo di stabile occupazione  lavorativa.  Il  provvedimento
del Questore di Crotone, come detto, veniva convalidato  dalla  Corte
di appello di Catanzaro con decreto del ... 
    Con atto del... la Questura di Brindisi, come sopra indicato,  ha
richiesto la proroga del trattenimento, ai sensi dell'art.  6,  comma
5, decreto legislativo  n.  142/2015,  ritenendo  la  permanenza  dei
relativi presupposti. In  particolare,  essendo  ancora  pendente  il
ricorso che il cittadino straniero  ha  presentato  al  Tribunale  di
Lecce avverso il diniego ricevuto dalla Commissione  territoriale  di
Lecce. 
    All'odierna udienza, sentito il  trattenuto,  il  suo  difensore,
avv. Bartolo Gagliani del Foro di Brindisi, nonche' il rappresentante
della Questura di Brindisi, ritenuta la propria  astratta  competenza
sulla richiesta di proroga, sulla base  della  legislazione  vigente,
sospettata, come vedremo, di  illegittimita'  costituzionale,  questo
consigliere ha riservato la propria decisione nei termini di legge. 
    2. In punto di rilevanza della questione. 
    2.1. Premessa. 
    Va, preliminarmente, osservato che la questione  di  legittimita'
costituzionale, sollevata sia  su  sollecitazione  difensiva  che  di
ufficio nell'ambito di un giudizio avente ad oggetto la richiesta  di
proroga del trattenimento di A.H.T.  A.,  avanzata  dal  Questore  di
Brindisi ai sensi  dell'art.  6,  comma  5,  decreto  legislativo  n.
142/2015 in data ..., risulta ammissibile, come affermato dalla Corte
costituzionale (vedi Corte costituzionale n. 212/2023 punto 2.1.  del
Considerato  in  diritto,  che  richiama  Corte   costituzionale   n.
137/2020, punto 2.1. del Considerato in diritto,  nonche'  da  ultimo
Corte costituzionale n. 96/2025 punti 4.3. e 4.4. del Considerato  in
diritto). Invero, questo consigliere  non  si  e'  pronunciato  sulla
richiesta (che, come e' noto, a pena di illegittimita',  deve  essere
formulata prima della scadenza del termine  iniziale  o  prorogato  -
vedi Cass. civ. sez. I, 16 dicembre 2019, n. 33178 -  e  deve  essere
disposta o  convalidata  dal  giudice  entro  quarantotto  ore  dalla
richiesta - vedi Cass. civ. sez. I, 30 ottobre 2019, n. 27939 -),  ma
ritiene di sollevare in via preliminare la questione di  legittimita'
costituzionale, con  sospensione  del  giudizio.  Orbene,  quando  il
giudice dubiti della  legittimita'  costituzionale  delle  norme  che
regolano presupposti e condizioni del potere  di  convalida,  ovvero,
come nel caso di specie, i presupposti e le condizioni del potere  di
proroga di un trattenimento, il cui esercizio e' soggetto  a  termini
perentori, la cessazione  dello  stato  di  restrizione  che  dovesse
derivare dalla mancata convalida nel termine  di  legge,  ovvero  dal
mancato accoglimento della richiesta di proroga nel termine di  legge
(si veda, con riguardo a  questione  di  legittimita'  costituzionale
sollevata  nell'ambito  di  un  procedimento  di  riesame  ai   sensi
dell'art. 309 c.p.p., Cass. pen. sez. F., 11 agosto 2015, n.  34889),
non puo' essere di ostacolo al promovimento della relativa  questione
di  legittimita'  costituzionale.  Invero,  non  puo'   ostare   alla
rilevanza della questione la  circostanza  che  il  provvedimento  di
trattenimento potrebbe perdere efficacia per  la  mancata  osservanza
del termine per la proroga. A  ragionare  diversamente,  infatti,  il
giudice della convalida della proroga di un provvedimento restrittivo
della  liberta'  personale  adottato   dall'autorita'   di   pubblica
sicurezza  si  troverebbe  sistematicamente  nell'impossibilita'   di
sollevare questione di legittimita' costituzionale  sulle  norme  che
disciplinano i presupposti della misura restrittiva, con  conseguente
creazione di una  vera  e  propria  «zona  franca»  dal  giudizio  di
costituzionalita'. 
    Va  anche  detto  che,  nella  sostanza,  con  la  questione   di
legittimita'   costituzionale   si   sottopone   a    scrutinio    di
costituzionalita' il nuovo sistema normativo, frutto di  decretazione
di  urgenza,  che  attiene   ai   procedimenti   di   convalida   dei
provvedimenti  che  dispongono  o  prorogano  i   trattenimenti   dei
richiedenti  protezione  internazionale,  di  cui  si   contesta   la
ragionevolezza e l'organicita', in mancanza di giustificazione  circa
i presupposti della decretazione di urgenza e circa la sussistenza di
esigenze  costituzionalmente   rilevanti   da   perseguire,   nonche'
l'idoneita' ad assicurare l'effettiva tutela del diritto  di  difesa.
La conseguenza dell'eventuale fondatezza dei  rilievi  costituzionali
mossi sarebbe il ripristino del precedente sistema, che vedeva  nelle
Sezioni  specializzate  in  materia   di   immigrazione,   protezione
internazionale  e  libera  circolazione  dei  cittadini   dell'Unione
europea,  istituite  presso  i  Tribunali  distrettuali,  l'Autorita'
giudiziaria competente  in  materia  e  nel  ricorso  per  cassazione
proposto  ai  sensi  dell'art.  360  c.p.c.  il  rimedio  avverso  il
provvedimento di convalida. 
    2.2.  La  ricostruzione  del  quadro  normativo  di   riferimento
applicabile nel presente procedimento. 
    Il decreto-legge  11  ottobre  2024,  n.  145,  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale dell'11 ottobre 2024 - Serie generale  -  n.  239,
recante «disposizioni urgenti in materia di  ingresso  in  Italia  di
lavoratori  stranieri,  di  tutela  e  assistenza  alle  vittime   di
caporalato,  di  gestione  dei  flussi  migratori  e  di   protezione
internazionale, nonche' dei relativi  procedimenti  giurisdizionali»,
al capo IV, aveva previsto alcune disposizioni processuali (artt. 16,
17  e  18).  In  particolare,  l'art.  16,  rubricato  «modifiche  al
decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni,
dalla legge 13 aprile 2017, n. 46», modificando  gli  artt.  2  e  3,
comma 4, decreto-legge n. 13/2017, convertito, con  modifiche,  dalla
legge n. 46/2017, aveva introdotto il reclamo dinanzi alla  Corte  di
appello avverso i provvedimenti adottati dalle Sezioni specializzate,
ai sensi dell'art. 35-bis decreto legislativo n.  25/2008,  e  quelli
aventi  ad  oggetto   l'impugnazione   dei   provvedimenti   adottati
dall'autorita' preposta alla determinazione  dello  Stato  competente
all'esame della domanda di protezione internazionale (art. 16,  comma
1, lettera b). Aveva, poi, previsto che i giudici di appello chiamati
a comporre i collegi di reclamo avrebbero dovuto  curare  la  propria
formazione   almeno   annuale   nella   materia   della    protezione
internazionale.  L'art.  17  aveva  apportato  modifiche  al  decreto
legislativo n. 25/2008 e  l'art.  18  aveva  a  sua  volta  apportato
modifiche al decreto legislativo n. 150/2011. Ai sensi  dell'art.  19
del decreto-legge n. 145/2024 le disposizioni di cui al  capo  IV  si
applicavano ai ricorsi presentati ai sensi dell'art. 35  e  dell'art.
3, comma 3-bis, del decreto legislativo n.  25/2008,  decorsi  trenta
giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
decreto stesso. 
    Il decreto-legge n. 145/2024 e' stato convertito, con  modifiche,
dalla legge 9  dicembre  2024,  n.  187,  pubblicata  nella  Gazzetta
Ufficiale del 10 dicembre 2024 - Serie generale - n. 289. 
    In particolare, per quanto di interesse in questa sede,  in  sede
di conversione, l'art. 16 del  decreto-legge  n.  145/2024  e'  stato
modificato dalla legge n. 187/2024. Innanzitutto, e' stata modificata
la  rubrica  dell'articolo  («modifica  all'art.  3  e   introduzione
dell'art.  5-bis  del  decreto-legge  17  febbario   2017,   n.   13,
convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017,  n.  46»).
Quindi, con l'art. 16 citato, attraverso  la  modifica  dell'art.  3,
comma 1,  lettera  d),  decreto-legge  n.  13/2017,  convertito,  con
modifiche, dalla legge n. 46/2017 e  l'introduzione  dell'art.  5-bis
nel decreto-legge n. 13/2017, convertito, con modifiche, dalla  legge
n.  46/2017,  e'  stata  sostanzialmente   sottratta   alle   Sezioni
specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e
libera circolazione  dei  cittadini  dell'Unione  europea,  istituite
presso i Tribunali distrettuali, la  competenza  per  i  procedimenti
aventi ad oggetto la convalida del  provvedimento  con  il  quale  il
Questore dispone il trattenimento o la proroga del trattenimento  del
richiedente protezione internazionale, adottato a norma  degli  artt.
6, 6-bis, 6-ter del decreto  legislativo  n.  142/2015,  e  dall'art.
10-ter, comma 3, quarto periodo, del decreto legislativo n. 286/1998,
nonche' per la convalida delle misure adottate ai sensi dell'art. 14,
comma 6, del decreto legislativo n. 142/2015, che e'  stata,  invece,
attribuita alle Corti di appello di cui all'art. 5,  comma  2,  della
legge n. 69/2005, nel cui  distretto  ha  sede  il  Questore  che  ha
adottato  il  provvedimento  oggetto  di  convalida,  che  giudicano,
peraltro, in composizione monocratica. 
    L'art. 18 del decreto-legge n. 145/2024 ha pure subito  rilevanti
modifiche,  a  cominciare  dalla  rubrica  («modifiche   al   decreto
legislativo 18  agosto  2015,  n.  142»).  Nel  dettaglio,  e'  stato
modificato l'art. 6, comma 5, del decreto legislativo n. 142/2015 per
adattarlo alla nuova competenza attribuita alla Corte di appello.  E'
previsto (primo  periodo)  che  il  provvedimento  con  il  quale  il
Questore dispone il trattenimento o la proroga del  trattenimento  e'
adottato  per  iscritto,  e'  corredato   di   motivazione   e   reca
l'indicazione che il richiedente ha facolta' di presentare memorie  o
deduzioni personalmente o a mezzo di difensore. Il  provvedimento  e'
trasmesso, senza ritardo, alla Corte di appello di cui all'art. 5-bis
del decreto-legge n. 13/2017, convertito, con modifiche, dalla  legge
n. 46/2017. All'ultimo periodo dell'art.  6,  comma  5,  del  decreto
legislativo n. 142/2015 le parole «al tribunale  sede  della  sezione
specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e
libera  circolazione  dei   cittadini   dell'Unione   europea»   sono
sostituite dalle seguenti: «alla corte d'appello competente». Dopo il
comma 5 dell'art. 6 del decreto  legislativo  n.  142/2015  e'  stato
inserito il comma  5-bis  che  prevede  che  contro  i  provvedimenti
adottati ai sensi del comma 5 e' ammesso ricorso  per  cassazione  ai
sensi dell'art. 14, comma 6, del decreto legislativo n. 286/1998.  Al
comma 8 dell'art. 6 decreto legislativo n. 142/2015  le  parole  «del
tribunale  in  composizione  monocratica»   sono   sostituite   dalle
seguenti: «della corte  d'appello».  All'art.  14,  comma  6,  ultimo
periodo, del decreto legislativo n. 142/2015 le parole «il  tribunale
sede  della  sezione  specializzata  in  materia   di   immigrazione,
protezione  internazionale  e  libera  circolazione   dei   cittadini
dell'Unione  europea»  sono  sostituite  dalle  seguenti:  «la  corte
d'appello». 
    Inoltre, la legge n. 187/2024, di conversione  del  decreto-legge
n. 145/2024, ha inserito l'art.  18-bis,  rubricato  «modifiche  agli
artt. 10-ter e 14 del testo unico di cui al  decreto  legislativo  25
luglio 1998, n. 286» che prevede che all'art. 10-ter, comma 3, quarto
periodo, del decreto legislativo n. 286/1998, le parole «il Tribunale
sede  della  sezione  specializzata  in  materia   di   immigrazione,
protezione  internazionale  e  libera  circolazione   dei   cittadini
dell'Unione  europea»  sono  sostituite  dalle  seguenti:  «la  corte
d'appello»;  inoltre,  prevede  all'art.   14,   comma   6,   decreto
legislativo n. 286/1998, al primo periodo l'aggiunta, in fine,  delle
seguenti parole: «, entro cinque giorni dalla comunicazione, solo per
i motivi di cui alle lettere a), b) e c) del comma  1  dell'art.  606
del codice di procedura penale», e dopo il secondo periodo l'aggiunta
del seguente  periodo:  «Si  osservano,  in  quanto  compatibili,  le
disposizioni dell'art. 22, comma 5-bis,  secondo  e  quarto  periodo,
della legge 22 aprile 2005, n. 69». 
    Infine,  l'art.  19  del  decreto-legge  n.  145/2024  e'   stato
modificato nel senso che sono state soppresse le parole  «ai  ricorsi
presentati ai sensi dell'art. 35 e dell'articolo,  comma  3-bis,  del
decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25». 
    In definitiva, con la  legge  n.  187/2024,  di  conversione  del
decreto-legge  n.  145/2024,  il  legislatore   ha   realizzato   una
variazione di  non  poco  momento  in  punto  di  attribuzione  della
competenza giurisdizionale in tema di procedimenti aventi ad  oggetto
la convalida del provvedimento con il quale il  Questore  dispone  il
trattenimento  o  la  proroga  del  trattenimento   del   richiedente
protezione internazionale, adottato a norma  degli  artt.  6,  6-bis,
6-ter del decreto legislativo n. 142/2015, e dall'art. 10-ter,  comma
3, quarto periodo, del decreto legislativo n. 286/1998,  nonche'  per
la convalida delle misure adottate ai sensi dell'art.  14,  comma  6,
del decreto legislativo n. 142/2015,  che  e'  stata  sottratta  alle
Sezioni  specializzate  in  materia   di   immigrazione,   protezione
internazionale  e  libera  circolazione  dei  cittadini   dell'Unione
europea, istituite presso i Tribunali,  per  essere  attribuita  alle
Corti di appello di cui all'art. 5, comma 2, della legge n.  69/2005,
nel  cui  distretto  ha  sede  il  Questore  che   ha   adottato   il
provvedimento oggetto  di  convalida,  che  giudicano,  peraltro,  in
composizione monocratica. Il relativo  provvedimento  e'  impugnabile
con ricorso per cassazione ai sensi dell'art. 14,  comma  6,  decreto
legislativo n. 286/1998, e, quindi, il ricorso, che non  sospende  il
provvedimento,   e'   proponibile   entro   cinque    giorni    dalla
comunicazione, solo per i motivi di cui alle lettere a), b) e c)  del
c.p.p.  e  si  osservano,  in  quanto  compatibili,  le  disposizioni
dell'art. 22, comma 5-bis, secondo e quarto periodo, della  legge  n.
69/2005. 
    Peraltro, la competenza  cosi'  determinata  ha  avuto  efficacia
decorsi trenta giorni dalla pubblicazione  nella  Gazzetta  Ufficiale
della legge n. 187/2024 di conversione del decreto-legge n.  145/2024
(pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale  del  10  dicembre  2024)  per
effetto dell'art. 19 del decreto-legge n. 145/2024,  come  modificato
dalla legge n. 187/2024. 
    Non e' piu' previsto un obbligo in capo ai consiglieri di appello
di  curare  la  propria  formazione  annuale  nella   materia   della
protezione internazionale. 
    2.2.1. La sentenza della Corte costituzionale n. 39 del 2025. 
    Giova evidenziare che, con sentenza n.  39  del  2025,  la  Corte
costituzionale   ha   dichiarato   l'illegittimita'    costituzionale
dell'art.  14,  comma  6,  decreto  legislativo  n.  286/1998,   come
modificato dall'art. 18-bis, comma  1,  lettera  b),  numero  2)  del
decreto-legge n. 145/2024, convertito, con modifiche, dalla legge  n.
187/2024, richiamato dall'art. 6, comma 5-bis, decreto legislativo n.
142/2015, come introdotto dall'art. 18, comma 1, lettera  a),  numero
2), del decreto-legge n. 145/2024, convertito, con  modifiche,  dalla
legge n. 187/2024, nella parte  in  cui,  al  terzo  periodo,  rinvia
all'art. 22, comma 5-bis, quarto periodo,  della  legge  n.  69/2005,
anziche' ai commi 3 e 4 di quest'ultimo articolo. 
    Invero, ai fini di assicurare l'effettivita' del  contraddittorio
nel giudizio di legittimita' relativo ai procedimenti di impugnazione
dei decreti di convalida dei provvedimenti di trattenimento  o  della
proroga del trattenimento adottati a  norma  degli  artt.  6,  6-bis,
6-ter del decreto legislativo n. 142/2015, e dall'art. 10-ter,  comma
3, quarto periodo, del decreto legislativo n. 286/1998,  nonche'  per
la convalida delle misure adottate ai sensi dell'art.  14,  comma  6,
del decreto legislativo n. 142/2015, la Corte ha  inteso  intervenire
nei sensi di cui al su esposto dispositivo. 
    Per  effetto  dell'intervento  «sostitutorio»,  il  processo   di
cassazione sui decreti di convalida e di  proroga  del  trattenimento
della persona straniera -  emessi  dal  giudice  di  pace,  ai  sensi
dell'art. 14 del decreto legislativo n. 286/1998, o  dalla  Corte  di
appello in composizione monocratica, ai sensi dell'art. 6 del decreto
legislativo n. 142/2015  -  si  articola  nei  seguenti  termini:  il
giudizio e' instaurato con ricorso proponibile  entro  cinque  giorni
dalla comunicazione, per i motivi di cui alle lettere  a),  b)  e  c)
dell'art. 606 c.p.p.; il ricorso, che non sospende l'esecuzione della
misura, e' presentato nella cancelleria della Corte di appello che ha
emesso  il  provvedimento,  la  quale  lo  trasmette  alla  Corte  di
cassazione, con precedenza assoluta su ogni altro affare  e  comunque
entro il giorno successivo, unitamente al provvedimento  impugnato  e
agli atti  del  procedimento;  la  Corte  di  cassazione  decide  con
sentenza entro dieci giorni dalla ricezione degli atti nelle forme di
cui all'art. 127 c.p.p. e,  quindi,  in  un'adunanza  camerale  nella
quale  sono  sentiti,  se  compaiono,  il  pubblico  ministero  e  il
difensore; l'avviso alle parti deve essere  notificato  o  comunicato
almeno tre giorni prima dell'udienza e la decisione e'  depositata  a
conclusione dell'udienza con la contestuale motivazione;  qualora  la
redazione della  motivazione  non  risulti  possibile,  la  Corte  di
cassazione provvede  al  deposito  della  motivazione  non  oltre  il
secondo giorno dalla pronuncia. 
    2.2.2. Le incertezze relative all'attribuzione della  materia  al
settore civile o a quello penale. 
    Come evidenziato dal CSM nel  suo  parere  consultivo,  reso  con
delibera del 4 dicembre 2024, la novella legislativa attribuisce alla
Corte di appello, normalmente giudice di secondo grado, la competenza
in ordine alle convalide dei provvedimenti questorili che  dispongono
o   prorogano   i   trattenimenti    dei    richiedenti    protezione
internazionale,   che    costituiscono    procedimenti    incidentali
nell'ambito del complesso procedimento di riconoscimento del  diritto
di asilo o alla protezione  internazionale  sussidiaria,  che  resta,
invece, attribuito al Tribunale distrettuale specializzato in materia
di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione  dei
cittadini  dell'Unione  europea.  Peraltro,   il   riferimento,   per
l'individuazione del magistrato della Corte  di  appello  competente,
all'art. 5,  comma  2,  della  legge  n.  69/2005,  genera  ulteriore
confusione,  poiche',  se  risulta  effettuato  per  identificare  la
competenza territoriale, si tratterebbe di  richiamo  inutile,  visto
che la stessa norma individua territorialmente la  Corte  di  appello
competente in base al Questore che ha adottato  il  provvedimento  da
convalidare. Al contrario, se risulta effettuato per individuare  uno
specifico settore o Sezione  della  Corte  di  appello  che  si  deve
occupare della materia,  risulta  un  richiamo  del  tutto  generico,
poiche' non e' chiaro se per legge si e' attribuita la  competenza  a
provvedere al settore penale della Corte,  normalmente  competente  a
provvedere sui MAE. 
    Secondo l'interpretazione fatta propria sia dal massimario  della
Cassazione (vedi relazione n. 1/2025) che dalla Corte di legittimita'
(vedi sentenza I Sez. pen. 24 gennaio 2025, n. 2967), il  legislatore
avrebbe attribuito alle Sezioni penali  della  Corte  di  appello  la
materia (oltre che alle Sezioni penali della Corte di legittimita'). 
    Tuttavia, come emerge dalla delibera del CSM del 19  marzo  2025,
ricognitiva in ordine alle  ricadute  organizzative  sulle  Corti  di
appello in seguito allo spostamento delle competenze  in  materia  di
convalida  dei  provvedimenti  di   trattenimento   dei   richiedenti
protezione internazionale, sono state adottate dalle Corti di appello
misure  organizzative  diverse,   che   prevedono,   per   lo   piu',
l'attribuzione tabellare della nuova materia al settore civile in via
esclusiva e, dove  istituita,  alla  Sezione  gia'  incaricata  della
trattazione  della  materia  dell'immigrazione  e  della   protezione
internazionale,  ovvero  in  alcuni  casi   il   coinvolgimento   dei
consiglieri del settore penale o sotto forma di applicazione,  ovvero
come inserimento  nel  turno  delle  convalide,  ovvero  ancora  come
attribuzione  della  materia  alle  Sezioni  penali  con  trattazione
secondo la  turnazione  MAE.  La  Prima  Presidente  della  Corte  di
cassazione, con provvedimento di  variazione  tabellare  adottato  in
data 16 gennaio 2025, ha assegnato la trattazione  dei  ricorsi  alla
Prima sezione penale. Il CSM ha espressamente previsto la tendenziale
approvazione in questa prima fase di tutte le  variazioni  tabellari,
in attesa che  si  consolidi,  in  ambito  giurisdizionale,  un'unica
opzione interpretativa, circa l'attribuzione della materia al settore
civile o al settore penale. Pertanto, presso  le  Corti  di  appello,
convivono sia sistemi organizzativi tabellari in cui  la  materia  de
qua e' attribuita in via esclusiva ai consiglieri addetti al  settore
civile, sia  sistemi  in  cui  e'  attribuita  in  via  esclusiva  ai
consiglieri addetti al  settore  penale  ovvero  sia  ai  consiglieri
addetti al settore civile che a quelli  addetti  al  settore  penale,
sebbene il rito previsto per il procedimento di convalida sia  quello
di cui all'art. 6, comma 5, del decreto legislativo n. 142/2015,  che
richiama a sua volta l'art. 14, decreto legislativo  n.  286/1998,  e
dunque un procedimento  che  segue  il  processo  civile  telematico,
mediante  l'utilizzo  di  consolle  civile.  D'altra  parte,  non  va
dimenticata l'esistenza  dell'istituto  «pretorio»  del  riesame  del
trattenimento dello straniero (Cass. civ., sez. I, 29 settembre 2017,
n. 22932), la cui domanda va introdotta nelle forme del  procedimento
camerale  ex  art.  737  c.p.c.,  sicche'  per  il  principio   della
concentrazione delle tutele la competenza  deve  essere  riferita  al
giudice della convalida e delle  proroghe  (Cass.  civ.,  sez.  I,  3
febbraio  2021,  n.  2457).  Dunque,  stante  lo  spostamento   della
competenza in  esame,  tale  domanda  dovra'  essere  necessariamente
rivolta, per lo straniero richiedente protezione internazionale, alla
Corte di appello, e cio' rende ulteriormente  incerta  l'attribuzione
della materia al settore civile o al settore penale. 
    Presso la Corte di appello di Lecce e' stata prevista  variazione
tabellare attributiva della materia delle convalide dei provvedimenti
questorili di  trattenimento  o  di  proroga  dei  trattenimenti  dei
richiedenti protezione internazionale a  tutti  i  consiglieri  della
Corte, secondo un turno settimanale (variazione tabellare n. 2 dell'8
gennaio 2025). Nel periodo feriale, poi,  il  turno  e'  previsto  in
questo modo: nei giorni dispari  e'  competente  il  consigliere  del
settore civile e i giorni pari  il  consigliere  del  settore  penale
(vedi  decreto  n.  55/2025  del  23  aprile  2025).   Lo   scrivente
consigliere e' tabellarmente  addetto  al  settore  penale,  inserito
nella Prima sezione penale della Corte e nella  Corte  di  assise  di
appello. Tuttavia, in virtu' delle suddette variazioni tabellari,  e'
assegnatario, nei periodi ordinari, secondo un turno settimanale, nel
periodo feriale nei giorni  pari  della  settimana  di  turno,  della
materia delle convalide dei provvedimenti questorili di trattenimento
o  di  proroga   dei   trattenimenti   dei   richiedenti   protezione
internazionale. 
    2.3. La rilevanza della questione di legittimita'  costituzionale
alla  luce  del  quadro  normativo  scaturito  dal  decreto-legge  n.
145/2024, convertito, con modifiche, dalla legge n. 187/2024. 
    L'intervento   normativo   di    urgenza,    che    ha    portato
all'attribuzione  della  competenza  per  i  procedimenti  aventi  ad
oggetto la convalida del  provvedimento  con  il  quale  il  Questore
dispone  il  trattenimento  o  la  proroga  del   trattenimento   del
richiedente  protezione  internazionale  alle   Corte   di   appello,
individuate ai sensi dell'art. 5-bis del  decreto-legge  n.  13/2027,
convertito, con modifiche, dalla legge n. 46/2017, che giudicano, fra
l'altro, in composizione monocratica, nonche' all'impugnabilita'  del
relativo provvedimento con ricorso per cassazione da  proporre  entro
cinque giorni dalla comunicazione per i motivi di cui  all'art.  606,
lettere a), b) e c) c.p.p. (con  conseguente  applicazione  dell'art.
22,  commi  3  e  4,  della  legge  n.  69/2005)  risulta  di  dubbia
ragionevolezza,   tenuto   conto,   altresi',   come    si    vedra',
dell'inesistenza di  una  plausibile  motivazione  a  sostegno  dello
stesso,  tale  da  rendere  intellegibili  le  ragioni  e  gli  scopi
perseguiti dal legislatore. 
    Facendo proprie le perplessita'  gia'  manifestate  dal  CSM  nel
parere reso con delibera del 4 dicembre 2024, si evidenzia  come  non
appaiono intellegibili ne' le ragioni poste a fondamento dell'inedita
sottrazione alle Sezioni specializzate dei Tribunali distrettuali  di
procedimenti - quelli appunto sulle convalide dei  trattenimenti  dei
richiedenti asilo - tipicamente assegnati ai giudici di primo grado e
il loro affidamento, per saltum, alle Corti di appello, ne' i  motivi
che hanno indotto il  legislatore  a  cancellare,  con  la  legge  di
conversione, uno  dei  cardini  del  primo  intervento  normativo  di
urgenza, e cioe' la reintroduzione del reclamo in appello  avverso  i
provvedimenti di merito in materia di protezione internazionale. 
    Se poi la competenza deve intendersi come attribuita alle Sezioni
penali della Corte  di  appello,  tale  scelta  desterebbe  ulteriori
perplessita', poiche' le decisioni sui trattenimenti dei  richiedenti
asilo si inseriscono  nel  quadro  di  una  procedura  amministrativa
originata dalla mera formulazione di una domanda di asilo, secondo le
regole del diritto costituzionale, europeo e nazionale di recepimento
di quest'ultimo; i provvedimenti disposti dal Questore e le  relative
proroghe non sono legati alla commissione  di  reati,  ma  rispondono
alle diverse esigenze di cui agli  artt.  6,  6-bis,  6-ter,  decreto
legislativo n. 142/2015, 10-ter,  comma  3,  decreto  legislativo  n.
286/1998 e 14, comma 6, decreto legislativo n. 142/2015; la decisione
sul trattenimento ha natura  incidentale  nell'ambito  del  complesso
procedimento di riconoscimento  del  diritto  di  asilo  e  per  tale
ragione essa e'  stata  da  sempre  attribuita  alla  competenza  dei
medesimi giudici che sono chiamati a decidere nel  merito  in  ordine
alla sussistenza o meno del diritto suddetto, tanto in via  cautelare
(istanze  di  sospensiva)  quanto  in  via  definitiva;   la   comune
appartenenza di ciascuno di tali profili (trattenimenti,  sospensive,
merito) alla complessa materia della  protezione  internazionale  ha,
sino ad oggi, indotto il legislatore e il CSM a  ritenere  opportuna,
rectius necessaria, l'individuazione  di  un  giudice  specializzato,
tabellarmente  pre-definito,  dotato  di  specifiche   competenze   e
soggetto a stringenti obblighi formativi. 
    L'intervento legislativo  ha  inciso  sul  carattere  unitario  e
inscindibile delle questioni attinenti al diritto di  asilo  e  delle
relative procedure,  operando  una  sorta  di  assimilazione  tra  le
diverse ipotesi di trattenimento dei richiedenti asilo e  le  ipotesi
di limitazione della liberta' personale  derivanti  dall'accertamento
giurisdizionale, in corso o definitivo, della commissione di reati da
parte di cittadini comunitari o extracomunitari,  assimiliazione  che
non vi puo' essere, riguardando le  convalide  dei  provvedimenti  di
trattenimento o di proroga dei  trattenimenti  appunto  convalide  di
provvedimenti amministrativi, di per se' estranei ai fatti-reato.  Si
e' operata una scissione tra il giudice competente  a  giudicare  nel
merito i provvedimenti relativi  al  riconoscimento  del  diritto  di
asilo (le Sezioni specializzate  dei  Tribunali  distrettuali)  e  il
giudice competente a giudicare sulla legittimita'  dei  trattenimenti
disposti nell'ambito delle medesime procedure  di  riconoscimento  di
tale diritto. 
    Infine,  l'intervento  normativo  in   questione   ha   frustrato
l'esigenza di specializzazione dei giudici  chiamati  a  pronunciarsi
sulla legittimita' dei trattenimenti. 
    Come evidenziato dal CSM nel piu'  volte  citato  parere,  si  e'
trattato di un significativo  cambio  di  prospettiva,  difficilmente
comprensibile in presenza di un quadro  ordinamentale  e  processuale
che non aveva sollevato criticita',  dimostrando  di  potere  offrire
risposte adeguate alle esigenze di celerita' proprie delle  procedure
de  quibus  e  che  ha  comportato  la  necessita'  di  ripensare  il
funzionamento delle Corti di appello, con le confusioni organizzative
sopra rappresentate. 
    Non va taciuta, poi,  l'irragionevole  compressione  dei  diritti
difensivi  scaturita  dalla  modifica  apportata   al   giudizio   di
impugnazione relativo al provvedimento di convalida, proponibile  con
ricorso per cassazione in tempi estremamente ridotti  (cinque  giorni
dalla comunicazione del provvedimento) e per motivi  (quelli  di  cui
all'art.  606,  lett.  a),  b)  e  c)  c.p.p.)  nella  sostanza   non
proponibili se non quello di violazione  di  legge  (piu'  che  altro
riconducibile all'art. 111, comma 7, della Costituzione). 
    E' rilevante, pertanto, la questione della  conformita'  di  tale
sistema scaturito dalle  modifiche  apportate  dagli  artt.  16,  18,
18-bis e 19 del decreto-legge n. 145/2024, convertito, con modifiche,
dalla legge n. 187/2024, in  primis,  all'art.  77,  comma  2,  della
Costituzione; quindi,  agli  artt.  3,  25  e  102,  comma  2,  della
Costituzione;  infine,  agli  artt.  3,  10,  comma  3,  e  24  della
Costituzione,  nonche'  agli  artt.  11  e  117,   comma   1,   della
Costituzione in relazione all'art. 5, §§ 1, lettera f) e 4,  CEDU,  e
agli  artt.  9  della  direttiva  2013/33/UE,  26   della   direttiva
2013/32/UE,  6,  18  e  47  della  Carta  dei  diritti   fondamentali
dell'Unione europea. 
    3. In punto di non manifesta infondatezza della questione. 
    3.1. Rispetto all'art. 77, comma 2, della Costituzione. 
    Il decreto-legge n. 145/2024 e' stato emesso in mancanza di  quei
casi straordinari di necessita' e  urgenza  richiesti  dall'art.  77,
comma 2, della Costituzione. 
    Come  e'  noto,   per   costante   giurisprudenza   della   Corte
costituzionale (vedi da ultimo Corte costituzionale n. 8/2022 e Corte
costituzionale n. 146/2024), la preesistenza  di  una  situazione  di
fatto comportante la necessita' e  l'urgenza  di  provvedere  tramite
l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge,
costituisce un requisito di validita' dell'adozione di tale atto,  la
cui mancanza configura un vizio di  legittimita'  costituzionale  del
medesimo, che non e' sanato dalla legge di conversione, la quale, ove
intervenga, risulta a sua volta inficiata da un vizio  in  procedendo
(ex plurimis, sentenze n. 149 del 2020, n. 10 del  2015,  n.  93  del
2011, n. 128 del 2008, n.  171  del  2007  e  n.  29  del  1995).  Il
sindacato resta, tuttavia, circoscritto  alle  ipotesi  di  «mancanza
evidente» dei presupposti in discorso o di manifesta irragionevolezza
o arbitrarieta' della loro valutazione (ex plurimis, sentenze n.  186
del 2020, n. 288 e n. 97 del 2019, n. 137, n. 99 e n. 5 del 2018,  n.
236 e n. 170 del 2017): cio', al fine di evitare  la  sovrapposizione
tra la valutazione politica del Governo e delle Camere  (in  sede  di
conversione) e il controllo di legittimita' costituzionale  (sentenze
n. 186 del 2020, n. 93 del 2011, n. 83 del 2010 e n. 171  del  2007).
L'espressione, usata dall'art. 77 della Costituzione, per indicare  i
presupposti della decretazione d'urgenza e' connotata, infatti, da un
«largo margine  di  elasticita'»  (sentenza  n.  5  del  2018),  onde
consentire al Governo di apprezzare la loro esistenza con riguardo  a
una pluralita' di situazioni per  le  quali  non  sono  configurabili
rigidi parametri (sentenze n. 137 del 2018 e n. 171 del 2007).  Tutto
cio' premesso, occorre verificare, alla stregua di indici  intrinseci
ed estrinseci alla disposizione impugnata, se risulti evidente o meno
la  carenza  del  requisito  della  straordinarieta'  del   caso   di
necessita'  e  d'urgenza  di  provvedere  (Corte  costituzionale   n.
171/2007). L'utilizzazione del  decreto-legge  -  e  l'assunzione  di
responsabilita' che ne consegue per  il  Governo  secondo  l'art.  77
della  Costituzione  -  non  puo'  essere  sostenuta  dall'apodittica
enunciazione dell'esistenza delle ragioni di necessita' e di urgenza,
ne' puo' esaurirsi nella  constatazione  della  ragionevolezza  della
disciplina che e' stata introdotta (vedi sempre Corte  costituzionale
n. 171/2007 e n. 128/2008). 
    Cio' detto, nel preambolo del decreto-legge n. 145/2024 non vi e'
alcuna  motivazione  delle  ragioni  di  necessita'  e  urgenza   del
provvedimento, specie con riguardo alle norme  processuali  contenute
nel capo IV (si legge  testualmente:  «Considerata  la  straordinaria
necessita' e urgenza di adottare norme  in  materia  di  ingresso  in
Italia di lavoratori stranieri; Ritenuta la straordinaria  necessita'
e urgenza di  prevedere  misure  volte  alla  tutela  dei  lavoratori
stranieri vittime dei reati di cui agli artt. 600, 601,  602,  603  e
603-bis del  codice  penale  e  al  contrasto  del  lavoro  sommerso;
Ritenuta, altresi', la straordinaria necessita' e urgenza di adottare
disposizioni in  materia  di  gestione  dei  flussi  migratori»).  Il
decreto-legge, come visto, aveva attribuito alla  Corte  di  appello,
sostanzialmente, di nuovo la competenza in tema di  impugnazione  dei
provvedimenti emanati dal Tribunale specializzato nella materia della
protezione  internazionale,  attraverso  il  reclamo.   Aveva,   poi,
previsto  un  obbligo  per  i  giudici  della  Corte   addetti   alla
trattazione del reclamo di formarsi attraverso la  frequenza  annuale
di corsi di formazione nella materia della protezione internazionale. 
    Nel corso dei lavori parlamentari relativi al disegno di legge di
conversone  A.C.  2888,  veniva  presentato  l'emendamento  n.   16.4
proposto in  I  Commissione,  in  sede  referente,  alla  Camera  dei
deputati dalla relatrice, contenente le modifiche agli artt. 16,  17,
18, nonche' l'inserimento degli artt. 18-bis e 18-ter. Dalla  lettura
del bollettino  delle  Commissioni  parlamentari,  redatto  in  forma
sintetica (e non  stenografica),  non  emergono  dichiarazioni  della
relatrice tese a spiegare le ragioni poste a base dell'emendamento n.
16.4. Risultano solamente le  dichiarazioni  di  voto  contrarie  dei
parlamentari dell'opposizione (interventi degli on.li M.E. Boschi, R.
Magi, F. Zaratti, L. Boldrini, S. Bonafe', G. Cuperlo, A. Colucci, M.
Mauri, E. Alifano, I.  Carmina:  cfr.  XIX  Legislatura,  Camera  dei
deputati, I  Commissione  permanente,  bollettino  di  mercoledi'  20
novembre  2024,  32   e   ss.   e   spec.   53   con   l'approvazione
dell'emendamento,  pubblicato   in   allegato   2).   Dal   resoconto
stenografico dell'intervento nell'Assemblea  di  Montecitorio  emerge
che la relatrice si limitava a riferire in aula solo  che  gli  artt.
18,  18-bis  e  18-ter,  introdotti  nel  corso  dell'esame  in  sede
referente, recavano norme di coordinamento con la disposizione di cui
all'art. 16 del decreto-legge, che attribuiva alla Corte  di  appello
la competenza per la convalida dei provvedimenti di  trattenimento  e
proroga del trattenimento del richiedente  protezione  internazionale
disposti dal Questore. 
    La legge di conversione,  dunque,  ha  eliminato  il  reclamo  e,
quindi, la  competenza  della  Corte  in  sede  di  impugnazione  dei
provvedimenti emessi dal  Tribunale  specializzato  nella  protezione
internazionale, ma ha attribuito alla Corte di appello  (che  giudica
in composizione monocratica) la competenza in tema di  convalida  dei
provvedimenti questorili che dispongono il trattenimento o la proroga
dei trattenimenti dei richiedenti asilo, senza,  peraltro,  prevedere
piu' alcun obbligo di formazione dei giudici di appello nella materia
della  protezione  internazionale.  Di   fatto,   con   riguardo   ai
procedimenti incidentali di convalida dei trattenimenti o di  proroga
dei  trattenimenti,  la  legge  di  conversione  ne  ha  disposto  la
sottrazione alle Sezioni specializzate  dei  Tribunali  distrettuali,
per attribuirli alla Corte di appello, peraltro, sembrerebbe, settore
penale (o anche settore penale, come, per disposizione tabellare,  e'
previsto per la Corte di appello di  Lecce),  i  cui  magistrati  non
hanno alcuna specializzazione nella materia e rispetto ai  quali  non
e' prevista, come per i magistrati del Tribunale,  alcuna  necessita'
di specializzarsi attraverso opportune occasioni  di  formazione.  E'
stata prevista, poi, l'impugnazione del provvedimento con ricorso per
cassazione, esperibile nel ristretto termine di cinque giorni, per  i
motivi di cui all'art. 606 lettere a), b) e c) c.p.p. E tutto  questo
senza alcuna motivazione circa le ragioni straordinarie di necessita'
e urgenza che giustificano tale spostamento di competenza e la  nuova
modalita' di impugnazione del  provvedimento.  Invero,  non  solo  il
decreto-legge n. 145/2024, come  visto,  non  le  esplicita,  ma  non
risultano  ricavabili  neppure  dai  lavori  parlamentari  che  hanno
portato all'approvazione  della  legge  di  conversione  n.  187/2024
(relazioni,  interventi  dei  parlamentari,  dossier  e   altro).   A
dimostrazione della confusione regnante, non puo'  che  sottolinearsi
come l'originaria previsione del  decreto-legge  n.  145/2024,  circa
l'attribuzione alla Corte di appello  delle  competenze  in  tema  di
impugnazione dei provvedimenti  emessi  dal  Tribunale  specializzato
nella materia della protezione internazionale, sia stata  sostituita,
come visto, in sede di conversione, dalla  piu'  limitata  competenza
della Corte di appello a decidere sulle convalide  dei  provvedimenti
questorili che dispongono i trattenimenti e sulle relative  proroghe,
che costituiscono normalmente procedimenti  incidentali  rispetto  al
procedimento principale di accoglimento o meno della domanda di asilo
e protezione internazionale sussidiaria, e che, certamente, non  sono
procedimenti di impugnazione. Dunque, anche l'originaria  previsione,
che gia' non si fondava su alcuna ragione esplicita di  straordinaria
urgenza e necessita', e' stata stravolta in sede di  conversione  del
decreto-legge, ancora una volta senza che cio' fosse giustificato  da
esplicite ragioni di straordinaria urgenza e necessita'. 
    Residua,  quindi,   l'apodittica   e   tautologica   enunciazione
dell'esistenza delle ragioni di necessita' e di urgenza contenuta nel
preambolo del decreto-legge n. 145/2024, peraltro non estesa  neppure
alle  disposizioni  processuali  contenute  nel  capo  IV,  da   sola
insufficiente a rendere compatibile con  il  disposto  dell'art.  77,
comma  2,  della  Costituzione  l'esercizio  dello  straordinario  ed
eccezionale  potere  legislativo  attribuito  al   Governo   mediante
l'emanazione del decreto-legge. 
    D'altronde,  stride  con  l'asserita  necessita'  e  urgenza   la
previsione contenuta nell'art.  19  del  decreto-legge  n.  145/2024,
mantenuta anche in sede di conversione, con modifiche, ad opera della
legge n. 187/2024,  che  proprio  le  disposizioni  del  capo  IV  si
applicano non immediatamente, il giorno  stesso  della  pubblicazione
del decreto nella Gazzetta Ufficiale, ovvero  il  giorno  successivo,
come normalmente avviene per le norme emanate  con  decreto-legge,  e
neppure nell'ordinario  termine  di  vacatio  legis,  ma  addirittura
decorsi trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge  di
conversione del decreto-legge. 
    3.2. Rispetto agli artt. 3, 25, comma 1, e 102,  comma  2,  della
Costituzione. 
    Nella recente sentenza n. 38 del 2025 la Corte costituzionale  ha
affermato quanto segue: 
        «3.2.  -  La  giurisprudenza  di  questa  Corte   ha   spesso
affrontato il quesito se una disciplina che determini uno spostamento
di competenza  con  effetto  anche  sui  procedimenti  in  corso  sia
compatibile con la garanzia del giudice  naturale  precostituito  per
legge di cui all'art. 25, primo comma, della Costituzione. 
        Come questa Corte osservo' sin dalla sentenza n. 29 del 1958,
con l'espressione "giudice precostituito per legge"  si  intende  "il
giudice istituito in base a criteri generali fissati  in  anticipo  e
non  in  vista  di  determinate  controversie".  Tale  principio,  si
aggiunse qualche anno piu' tardi, "tutela nel cittadino il diritto  a
una previa non dubbia conoscenza del giudice competente  a  decidere,
o, ancor piu' nettamente, il diritto alla certezza  che  a  giudicare
non sara' un giudice creato a posteriori in relazione a un fatto gia'
verificatosi" (sentenza n. 88 del 1962, punto 4  del  Considerato  in
diritto). 
        La costante giurisprudenza  di  questa  Corte,  peraltro,  ha
sempre ritenuto - a partire dalla sentenza n. 56 del 1967  -  che  la
garanzia  del  giudice  naturale  precostituito  per  legge  non  sia
necessariamente violata allorche' una legge determini uno spostamento
della competenza con effetto anche sui procedimenti in corso. 
        La violazione e' stata esclusa, in particolare,  in  presenza
di una serie di presupposti, necessari onde evitare ogni  rischio  di
arbitrio nell'individuazione del nuovo giudice competente. Finalita',
quest'ultima, che gia' la sentenza n. 56 del 1967 aveva  ritenuto  la
ragion d'essere della garanzia del giudice naturale precostituito per
legge, la quale mira non solo a  tutelare  il  consociato  contro  la
prospettiva di un giudice non  imparziale,  ma  anche  ad  assicurare
l'indipendenza del giudice investito della cognizione di  una  causa,
ponendolo al riparo dalla possibilita' che  il  legislatore  o  altri
giudici lo privino arbitrariamente dei procedimenti gia'  incardinati
innanzi a se'. 
        3.2.1. - Anzitutto,  e'  necessario  che  lo  spostamento  di
competenza non  sia  disposto  dalla  legge  in  funzione  della  sua
incidenza in una specifica controversia gia' insorta, ma  avvenga  in
forza di una legge di portata generale, applicabile a una  pluralita'
indefinita di casi futuri. 
        La menzionata  sentenza  n.  56  del  1967,  in  particolare,
ritenne compatibile con l'art. 25, primo  comma,  della  Costituzione
una   riforma   legislativa   delle    circoscrizioni    giudiziarie,
immediatamente operativa anche con riferimento alla  generalita'  dei
processi  in  corso.  Il  precetto  costituzionale  in  parola  -  si
argomento' in quell'occasione - "tutela una esigenza fondamentalmente
unitaria: quella, cioe', che la competenza degli  organi  giudiziari,
al fine di una rigorosa  garanzia  della  loro  imparzialita',  venga
sottratta  ad  ogni  possibilita'   di   arbitrio.   La   illegittima
sottrazione della regiudicanda al giudice naturale  precostituito  si
verifica, percio', tutte le volte in cui il giudice venga designato a
posteriori  in  relazione   ad   una   determinata   controversia   o
direttamente dal legislatore  in  via  di  eccezione  singolare  alle
regole generali ovvero attraverso atti di altri soggetti, ai quali la
legge attribuisca tale potere al di la' dei  limiti  che  la  riserva
impone. Il principio costituzionale viene rispettato, invece,  quando
la legge, sia pure con effetto anche sui processi in corso,  modifica
in generale i presupposti o i criteri in base ai  quali  deve  essere
individuato il  giudice  competente:  in  questo  caso,  infatti,  lo
spostamento della competenza dall'uno all'altro  ufficio  giudiziario
non avviene in conseguenza di una deroga  alla  disciplina  generale,
che sia adottata  in  vista  di  una  determinata  o  di  determinate
controversie, ma per effetto di un nuovo  ordinamento  -  e,  dunque,
della  designazione  di  un  nuovo  giudice  'naturale'  -   che   il
legislatore, nell'esercizio del suo insindacabile potere  di  merito,
sostituisce a quello vigente" (punto 2 del Considerato in diritto). 
        Tale criterio e' stato mantenuto fermo  da  questa  Corte  in
tutta la giurisprudenza posteriore  relativa,  in  particolare,  alle
riforme ordinamentali che hanno introdotto regole  sulla  competenza,
con effetto anche sui processi in corso (ex multis, sentenze  n.  237
del 2007, n. 268 e n. 207 del 1987; ordinanze n. 112 e n. 63 del 2002
e n. 152 del 2001). 
        3.2.2. - In secondo luogo, la  giurisprudenza  costituzionale
ha spesso posto l'accento -  in  particolare  laddove  la  disciplina
censurata deroghi rispetto alle regole vigenti  in  via  generale  in
materia di competenza  -  sulla  necessita'  che  lo  spostamento  di
competenza sia previsto dalla legge  in  funzione  di  esigenze  esse
stesse  di  rilievo  costituzionale.   Tali   esigenze   sono   state
identificate,  ad   esempio,   nella   tutela   dell'indipendenza   e
imparzialita' del  giudice  (sentenze  n.  109  e  n.  50  del  1963,
rispettivamente  punti  2  e   3   del   Considerato   in   diritto),
nell'obiettivo di assicurare la coerenza dei giudicati e il  migliore
accertamento dei fatti nelle ipotesi di connessione tra  procedimenti
(sentenze n. 117 del 1972; n. 142 e n. 15 del 1970, entrambe punto  2
del Considerato in diritto; ordinanze n. 159 del 2000 e  n.  508  del
1989), ovvero nell'opportunita'  di  assicurare  l'uniformita'  della
giurisprudenza in relazione a determinate controversie  (sentenza  n.
117 del 2012, punto 4.1. del Considerato in diritto). 
        3.2.3.  -  Infine,  e'  necessario  che  lo  spostamento   di
competenza avvenga in presenza di presupposti  delineati  in  maniera
chiara  e  precisa  dalla  legge,  si'  da   escludere   margini   di
discrezionalita' nell'individuazione  del  nuovo  giudice  competente
(sentenze n. 168 del 1976, punto 3 del Considerato in diritto; n. 174
e n. 6 del  1975,  entrambe  punto  3  del  Considerato  in  diritto;
ordinanze n. 439 del 1998 e n. 508 del 1989) e da assicurare, in  tal
modo, che anche quest'ultimo giudice possa ritenersi  «precostituito»
per legge (sentenza n.  1  del  1965,  punto  2  del  Considerato  in
diritto). 
        Per contro, la garanzia in esame e'  violata  da  leggi,  sia
pure  di  portata   generale,   che   attribuiscano   a   un   organo
giurisdizionale il potere di individuare con un proprio provvedimento
discrezionale  il  giudice  competente,  in  relazione  a   specifici
procedimenti gia' incardinati (sentenze n. 82 del 1971,  n.  117  del
1968, n. 110 del 1963 e n. 88 del 1962), o comunque di influire sulla
composizione  dell'organo  giudicante   in   relazione,   ancora,   a
specifiche controversie gia' insorte (sentenze n. 393 del 2002  e  n.
83 del 1998).» 
    Dunque, affinche' lo spostamento di  competenza  possa  ritenersi
rispettoso del principio del giudice naturale  di  cui  all'art.  25,
comma 1, della Costituzione e'  necessario  che  sia  previsto  dalla
legge in funzione di esigenze di rilievo costituzionale. 
    E' necessario, pertanto, che lo spostamento di  competenza  abbia
una giustificazione «costituzionale», specie in un caso, come  quello
in esame, in cui l'attribuzione della competenza  relativamente  alle
convalide   dei   provvedimenti   questorili   che   dispongono    il
trattenimento  o  la  proroga  del  trattenimento   del   richiedente
protezione internazionale era attribuita in precedenza ad una Sezione
specializzata dei Tribunali  distrettuali,  ad  una  Sezione,  cioe',
appositamente  istituita  per  la  trattazione,  in  generale,  della
materia della protezione internazionale, che continua,  peraltro,  ad
occuparsi nel merito della decisione sulla  richiesta  di  protezione
internazionale. 
    In questa ottica, va aggiunta  l'assenza  totale  di  motivazioni
esposte, durante l'iter di conversione dell'originario  decreto-legge
(che non conteneva le disposizioni processuali  qui  in  esame),  sul
mutamento  di  assetto  giurisdizionale  in  questione,   come   gia'
rilevato; il disinteresse mostrato dal legislatore  verso  la  tutela
del  principio  di  specializzazione   dell'organo   giudicante,   da
ritenersi - in casi simili - presidio  del  giusto  processo  di  cui
all'art. 111, comma 1, della Costituzione. 
    Se la ragione dell'inedita attribuzione di competenza alla  Corte
di appello, che e' normalmente giudice di secondo grado, deve  essere
ricercata in una presunta affinita' dei procedimenti di convalida dei
provvedimenti questorili che dispongono il trattenimento o la proroga
dei trattenimenti dei richiedenti  protezione  internazionale  con  i
procedimenti  di  convalida  degli  arresti  eseguiti  dalla  polizia
giudiziaria in esecuzione dei MAE, come  sembrerebbe  desumibile  dal
riferimento all'art. 5, comma 2, della legge n. 69/2005 contenuto nel
comma 5-bis del decreto-legge n. 13/2017, convertito, con  modifiche,
dalla legge n. 46/2017, introdotto dall'art. 16 del decreto-legge  n.
145/2024, convertito, con modifiche, dalla legge n. 187/2024, nonche'
dalla  circostanza  che  il  provvedimento   di   convalida   risulta
impugnabile con ricorso per cassazione per i motivi di  cui  all'art.
606, lettere a), b) e c) c.p.p.)  e  il  procedimento  in  Cassazione
segue, ora, il rito previsto dall'art. 22, commi  3  e  4,  legge  n.
69/2005 (vedi art. 14, comma 6, decreto legislativo n. 286/1998, come
modificato dall'art. 18-bis decreto-legge  n.  145/2024,  convertito,
con modifiche, dalla legge n. 187/2024,  e,  quindi,  dalla  sentenza
della Corte costituzionale n.  39/2025),  deve  osservarsi  che  tale
asserita affinita' non sussiste minimamente. 
    Invero,  alla  base  del  procedimento  di   convalida   previsto
dall'art. 13 della legge n. 69/2005 vi e' l'arresto di  una  persona,
di iniziativa della polizia giudiziaria, in esecuzione di un  mandato
di arresto europeo esecutivo o cautelare, nel senso che si tratta  di
un MAE che si fonda o su una sentenza penale di condanna (o decisione
giudiziaria) esecutiva o di  un  provvedimento  cautelare  avente  ad
oggetto  un  fatto  qualificabile   come   reato.   L'arresto   viene
convalidato o meno in vista della consegna dell'arrestato allo  Stato
che  ha  emesso  il  MAE  (procedura  attiva).  E'   chiaramente   un
procedimento di natura penale (non ritenuto tale in ambito CEDU: vedi
Corte  EDU  7  ottobre  2008,  Monedero  e  Angora  c.   Spagna;   ma
tendenzialmente considerato di natura penale nel diritto  dell'Unione
europea, tanto da estendere l'applicazione di alcune delle  direttive
«processuali penali»  anche  al  MAE:  vedi,  ad  esempio,  direttive
2010/64/UE e 2012/13/UE), normalmente assegnato alle  Sezioni  penali
delle Corti di appello. 
    Per contro,  il  procedimento  che  attiene  alla  convalida  del
provvedimento che dispone o proroga il trattenimento del  richiedente
protezione  internazionale,   sebbene   riguardi   un   provvedimento
limitativo della liberta' dello straniero richiedente asilo, che deve
essere adottato nel rispetto delle  garanzie  previste  dall'art.  13
della Costituzione (vedi Corte costituzionale n. 105/2001),  tuttavia
non e' stato mai considerato un procedimento di natura penale, ne' in
ambito nazionale ne' in ambito  sovranazionale.  Come  opportunamente
ricordato  dalla  Corte  costituzionale  (vedi  il  punto  3.5.   del
Considerato in diritto della sentenza n. 39 del  2025),  storicamente
la materia in questione e' sempre stata ritenuta di natura civile, in
ragione  della  natura  delle  situazioni   giuridiche   incise   dal
trattenimento, giacche', sottolineava la Consulta,  «come  confermato
dalla relazione del Governo illustrativa del disegno di legge n. 3240
del 19 febbraio 1997, dal quale ha avuto origine la legge n.  40  del
1998 - il cui art. 12, come ricordato, e' confluito nell'art. 14  del
decreto  legislativo  n.  286  del  1998  -  trattandosi  di   misure
amministrative, di per  se'  estranee  al  fatto-reato,  suscettibili
nondimeno di intaccare anche posizioni soggettive che la Costituzione
tutela  in  modo  particolare,  si  e'  ritenuto  di  attribuire   la
competenza  al  pretore  civile,  con  un  procedimento  rapidissimo,
destinato ad esaurirsi in quindici giorni,  salvo  ulteriore  ricorso
per Cassazione e senza escludere  eventuali  provvedimenti  cautelari
(la  cosiddetta  "sospensiva").  La  scelta  a  favore  del   giudice
ordinario  civile,  quale  autorita'  giurisdizionale  competente   a
decidere sul ricorso con l'espulsione, oltre che  della  legittimita'
della misura di cui all'art. 12,  risponde  a  criteri  funzionali  e
sistematici». D'altra parte, e' notorio che  nelle  controversie  che
riguardano l'ingresso, la permanenza o l'espulsione di  stranieri  in
Stati diversi di appartenenza non trova applicazione l'art.  6  CEDU,
ne' sotto il suo aspetto civile ne'  in  quello  penale  (Corte  EDU,
grande camera, 5 ottobre 2000, Maaouia c. Francia,  dove  si  precisa
che l'art.  1  del  protocollo  n.  7  alla  CEDU  contiene  garanzie
procedurali  applicabili  all'allontanamento  degli  stranieri).   Il
trattenimento  dei  cittadini  stranieri  ricade  sotto  l'ambito  di
applicazione dell'art. 5, § 1, lettera  f),  CEDU  (vedi  Corte  EDU,
grande camera, 15 dicembre 2016,  ...  e  altri  c.  Italia),  ed  e'
accettabile - sottolineava la Corte dei  diritti  umani  (vedi  Corte
EDU, 25 giugno 1996, Amuur c. Francia) -  solo  per  consentire  agli
Stati di prevenire l'immigrazione illegale nel  rispetto  dei  propri
obblighi internazionali, in particolare ai sensi della Convenzione di
Ginevra del 1951 relativa allo status di rifugiati e, appunto,  della
CEDU. Aggiungeva la Corte che la legittima preoccupazione degli Stati
di contrastare i  tentativi  sempre  piu'  frequenti  di  eludere  le
restrizioni all'immigrazione non deve  privare  i  richiedenti  asilo
della  protezione   offerta   da   tali   convenzioni,   sicche'   il
trattenimento  non   dovrebbe   essere   prolungato   eccessivamente,
altrimenti si rischierebbe di trasformare una mera restrizione  della
liberta' - inevitabile al fine  di  organizzare  il  rimpatrio  dello
straniero o, nel caso del richiedente  asilo,  in  attesa  dell'esame
della sua domanda di protezione internazionale -  in  una  privazione
della liberta' personale. A tale  riguardo,  precisava  la  Corte  di
Strasburgo - punto fondamentale -, occorre tenere conto del fatto che
la misura e' applicabile  non  a  coloro  che  hanno  commesso  reati
penali, ma agli stranieri che, spesso temendo per  la  propria  vita,
sono fuggiti dal proprio Paese.  Sicche',  sebbene  la  decisione  di
disporre il trattenimento debba essere  presa  necessariamente  dalle
autorita' amministrative o di polizia, la  sua  convalida  o  proroga
richiede un rapido controllo da  parte  dei  Tribunali,  tradizionali
tutori delle liberta' personali, ed il trattenimento non deve privare
il richiedente asilo del  diritto  di  accedere  effettivamente  alla
procedura per la determinazione del suo status di rifugiato. Anche la
Corte di giustizia dell'Unione europea (Corte di giustizia UE, grande
sezione, 8 novembre 2022, cause riunite  C-704/20  e  C-39/21,  punti
72-74) ha precisato che ogni trattenimento  di  un  cittadino  di  un
Paese  terzo,  che  avvenga  in  forza   della   direttiva   2008/115
nell'ambito di una procedura di  rimpatrio  a  seguito  di  soggiorno
irregolare,  sulla  base  della  direttiva  2013/33  nell'ambito  del
trattamento di una domanda di protezione  internazionale,  oppure  in
forza del regolamento n. 604/2013 nel contesto del trasferimento  del
richiedente  di  una  siffatta  protezione  verso  lo  Stato   membro
competente per l'esame della sua  domanda,  costituisce  un'ingerenza
grave nel diritto alla liberta',  sancito  all'art.  6  della  CDFUE.
Infatti, come prevede l'art. 2, lettera h), della direttiva  2013/33,
una misura di trattenimento consiste nell'isolare una persona  in  un
luogo determinato. Emerge dal testo, dalla genesi e dal  contesto  di
tale disposizione, la cui portata puo', peraltro,  essere  trasferita
alla nozione di «trattenimento» contenuta nella direttiva 2008/115  e
nel  regolamento   n.   604/2013,   che   il   trattenimento   impone
all'interessato di rimanere  in  un  perimetro  ristretto  e  chiuso,
isolando cosi' la persona di cui trattasi dal resto della popolazione
e privandola della sua liberta' di circolazione. Orbene, la finalita'
delle misure di trattenimento, ai  sensi  della  direttiva  2008/115,
della direttiva 2013/33 e del regolamento  n.  604/2013,  non  e'  il
perseguimento o la repressione  di  reati,  bensi'  la  realizzazione
degli  obiettivi   perseguiti   da   tali   strumenti   in   materia,
rispettivamente, di rimpatrio, di esame delle domande  di  protezione
internazionale e di trasferimento di cittadini  di  Paesi  terzi.  Da
ultimo, la Corte costituzionale (sentenza n. 96/2025: vedi  punto  11
del Considerato  in  diritto)  ha  ribadito  che  i  procedimenti  di
convalida  dei   provvedimenti   che   dispongono   o   prorogano   i
trattenimenti di  richiedenti  protezione  internazionale  non  hanno
nulla a che vedere con procedimenti di  convalida  di  misure  aventi
carattere sanzionatorio. 
    Dunque, l'eventuale (poiche' sul punto, si ribadisce, non e' dato
rinvenire alcun esplicita o implicita motivazione  nel  decreto-legge
ovvero negli atti che hanno accompagnato  la  legge  di  conversione)
asserita affinita' tra  procedimento  di  convalida  dell'arresto  in
esecuzione  del  MAE  (esecutivo  o  cautelare)  e  procedimento   di
convalida del provvedimento questorile che dispone il trattenimento o
la   proroga   del   trattenimento   del    richiedente    protezione
internazionale,  che  dovrebbe   essere   alla   base   della   nuova
attribuzione di competenza alle  Corti  di  appello  in  quest'ultima
materia, che dovrebbe giustificare la sottrazione di  questa  materia
al giudice specializzato costituito dalle Sezioni  specializzate  dei
Tribunali distrettuali per  affidarla  alle  Corte  di  appello,  per
giunta, come avvenuto in  alcuni  casi  con  provvedimenti  tabellari
organizzativi, alle Sezioni penali  delle  Corti  di  appello,  senza
alcuna indicazione neppure di un onere di specializzazione  da  parte
dei consiglieri delle Corti che  saranno  chiamati  ad  occuparsi  di
questa materia,  non  appare  in  alcun  modo  idonea  ad  attribuire
ragionevolezza a  questa  decisione  del  legislatore,  ne'  persegue
esigenze di rilievo costituzionale. Anzi,  l'avere  sottratto  questa
materia al suo giudice «naturale», e cioe' al  giudice  appositamente
istituito e specializzato nella trattazione delle questioni  in  tema
di protezione internazionale, per affidarla ad un giudice, specie  se
penale, non specializzato, ne' obbligato a specializzarsi  attraverso
un onere di aggiornamento professionale  annuale,  sembra  perseguire
esigenze  opposte  a  quelle  di  rilievo  costituzionale.  Non  puo'
tacersi, infatti, che l'art. 102, comma 2, della Costituzione, mentre
vieta l'istituzione  di  giudici  straordinari  o  giudici  speciali,
ammette la possibilita' dell'istituzione presso gli organi giudiziari
ordinari  di   Sezioni   specializzate   per   determinate   materie.
Costituisce, quindi, esigenza di  rilievo  costituzionale  quella  di
mantenere concentrate presso  la  competente  Sezione  specializzata,
istituita presso i Tribunali  distrettuali,  tutte  le  materie  alla
stessa attribuite, riguardanti la protezione internazionale. 
    Infine, la censurata normativa  appare  violare  anche  l'art.  3
della Costituzione. 
    Al  riguardo,  come  rammenta   ancora   una   volta   la   Corte
costituzionale nella sentenza n. 38 del  2005,  secondo  la  costante
giurisprudenza costituzionale, nella  configurazione  degli  istituti
processuali  il   legislatore   gode   di   ampia   discrezionalita',
censurabile  soltanto  laddove  la  disciplina  palesi   profili   di
manifesta irragionevolezza (ex multis, sentenze n. 189 e  n.  83  del
2024, rispettivamente  punto  9  e  punto  5.5.  del  Considerato  in
diritto; n. 67 del 2023, punto 6 del Considerato in diritto). 
    A  parte  la  mancanza   di   qualsiasi   ragione   che   potesse
giustificare, sotto il  profilo  del  perseguimento  di  esigenze  di
rilievo costituzionale, lo spostamento di competenza in  esame,  deve
osservarsi come in tale modo l'intervento legislativo ha  inciso  sul
carattere  unitario  e  inscindibile  delle  questioni  attinenti  al
diritto di asilo e delle relative procedure, operando  una  sorta  di
assimilazione tra le diverse ipotesi di trattenimento dei richiedenti
asilo e le ipotesi di limitazione della liberta' personale  derivanti
dall'accertamento  giurisdizionale,  in  corso  o  definitivo,  della
commissione  di  reati   da   parte   di   cittadini   comunitari   o
extracomunitari, assimilazione che non vi puo' essere, riguardando le
convalide  dei  provvedimenti  di  trattenimento  o  di  proroga  dei
trattenimenti appunto convalide di provvedimenti  amministrativi,  di
per se' estranei ai fatti-reato. Si e' operata una scissione  tra  il
giudice competente a giudicare nel merito i provvedimenti relativi al
riconoscimento del diritto di asilo  (le  Sezioni  specializzate  dei
Tribunali distrettuali) e il giudice  competente  a  giudicare  sulla
legittimita' dei trattenimenti disposti  nell'ambito  delle  medesime
procedure di riconoscimento di tale diritto, benche' la decisione sul
trattenimento abbia  natura  incidentale  nell'ambito  del  complesso
procedimento di riconoscimento  del  diritto  di  asilo  e  per  tale
ragione essa e'  stata  da  sempre  attribuita  alla  competenza  dei
medesimi giudici che sono chiamati a decidere nel  merito  in  ordine
alla sussistenza o meno del diritto suddetto, tanto in via  cautelare
(istanze  di  sospensiva)  quanto  in  via  definitiva.   La   comune
appartenenza di ciascuno di tali profili (trattenimenti,  sospensive,
merito) alla complessa materia della  protezione  internazionale  ha,
sino ad oggi, indotto il legislatore e il CSM a  ritenere  opportuna,
rectius necessaria, l'individuazione  di  un  giudice  specializzato,
tabellarmente  pre-definito,  dotato  di  specifiche   competenze   e
soggetto a stringenti obblighi formativi. 
    L'intervento normativo in questione ha  frustrato  l'esigenza  di
specializzazione  dei   giudici   chiamati   a   pronunciarsi   sulla
legittimita'  dei  trattenimenti,  con  un  significativo  cambio  di
prospettiva, difficilmente comprensibile in  presenza  di  un  quadro
ordinamentale e  processuale  che  non  aveva  sollevato  criticita',
dimostrando di potere offrire  risposte  adeguate  alle  esigenze  di
celerita' proprie delle procedure de quibus e che  ha  comportato  la
necessita' di ripensare il funzionamento delle Corti di appello. 
    Peraltro, la non felice  formulazione  delle  nuove  norme,  come
visto, ha determinato finora sul piano  organizzativo  l'attribuzione
di questa materia in maniera  disorganica  ora  alle  Sezioni  civili
delle Corti  di  appello,  ora  alle  Sezioni  penali  delle  stesse.
Tuttavia, non e' stato modificato il procedimento della convalida del
provvedimento questorile  che  ha  disposto  il  trattenimento  o  la
proroga  del  trattenimento  del  richiedente  asilo,  che  continua,
quindi, ad instaurarsi seguendo il  PCT,  mentre  in  Cassazione,  in
virtu' di un provvedimento organizzativo adottato in data 16  gennaio
2025 dalla  Prima  Presidente,  i  ricorsi  per  cassazione  proposti
avverso i decreti di convalida o non convalida, peraltro potendo fare
valere solo i motivi di ricorso di cui all'art. 606, lettere a), b) e
c) del c.p.p., risultano assegnati alla Prima sezione penale, con  la
conseguente necessita' di prevedere forme di raccordo  operativo  con
le Corti di appello che consentisse  la  trasmissione  degli  atti  a
mezzo di una casella ad hoc di PEC. 
    La normativa  modificata  ha  assegnato  alle  Corti  di  appello
(individuate ai sensi dell'art. 5-bis del decreto-legge  n.  13/2017,
convertito, con modifiche, dalla legge n. 46/2017)  la  competenza  a
provvedere  sulla  convalida   dei   provvedimenti   questorili   che
dispongono i  trattenimenti  o  le  proroghe  dei  trattenimenti  dei
richiedenti asilo, ma nulla ha previsto rispetto ai  procedimenti  di
«riesame»,  che,   come   visto,   secondo   la   giurisprudenza   di
legittimita', vanno introdotti e decisi nelle forme del  procedimento
camerale ex art. 737 c.p.c., e per il principio della  concentrazione
delle tutele la competenza deve  essere  riferita  al  giudice  della
convalida e delle proroghe (Cass. civ., sez. I, 3 febbraio  2021,  n.
2457). Ma tale procedimento  sarebbe  di  competenza  di  un  giudice
collegiale (vedi art.  50-bis,  ultimo  comma,  c.p.c.,  non  essendo
diversamente  disposto),  sicche'  non  e'  chiaro  se  e  come  vada
introdotto   dinanzi   alle   Corti   di   appello,   che   giudicano
monocraticamente, attualmente individuate quali Autorita' giudiziarie
competenti sulle convalide e sulle proroghe. 
    3.3. Rispetto agli artt. 3, 10, comma 3, e 24 della Costituzione,
nonche' agli artt. 11 e 117, comma 1, della Costituzione in relazione
all'art. 5, §§ 1, lettera  f)  e  4,  CEDU,  e  agli  artt.  9  della
direttiva 2013/33/UE, 26 della direttiva 2013/32/UE, 6, 18 e 47 della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. 
    Gli artt.  18  e  18-bis  del  decreto-legge  n.  145/2024,  come
modificati o introdotti dalla legge di conversione n. 187/2024,  come
visto, modificando il comma 5 e inserendo il comma 5-bis dell'art.  6
del decreto legislativo n. 142/2015, nonche' modificando il  comma  6
dell'art. 14 decreto legislativo n. 286/1998,  hanno  sostanzialmente
previsto che avverso i decreti di  convalida  dei  provvedimenti  che
dispongono il  trattenimento  o  la  proroga  del  trattenimento  del
richiedente  protezione  internazionale  e'   ammesso   ricorso   per
cassazione entro cinque giorni dalla comunicazione solo per i  motivi
di cui alle lettere a), b) e c)  dell'art.  606  c.p.p.  Per  effetto
della sentenza della Corte costituzionale n. 39/2025, per il giudizio
di cassazione si osservano, in quanto  compatibili,  le  disposizioni
dell'art. 22, commi 3 e 4, della legge n. 69/2005. 
    Dunque, avverso  l'emanando  provvedimento  da  parte  di  questo
consigliere,  alle  parti,  e,  in  particolare,  al  trattenuto,  e'
attribuita, come in precedenza, la possibilita' di presentare ricorso
per cassazione. Tuttavia, i termini  per  presentare  il  ricorso  si
riducono  sensibilmente,   passando   dagli   ordinari   termini   di
presentazione  del  ricorso  per  cassazione  civile  -  previsto  in
precedenza - di cui all'art.  360  c.p.c.  (sessanta  giorni,  se  il
provvedimento e' notificato: art. 325 c.p.c.; sei  mesi,  se  non  e'
notificato:  art.  327  c.p.c.)  ad  appena   cinque   giorni   dalla
comunicazione del provvedimento. Inoltre, si  modificano  e  riducono
sensibilmente anche i motivi di ricorso, che  non  sono  piu'  quelli
previsti dall'art. 360 c.p.c., ma quelli di cui all'art. 606, lettere
a), b) e c) c.p.p. 
    E' evidente l'intenzione del legislatore di applicare,  anche,  e
soprattutto, in fase di impugnazione, al procedimento riguardante  la
convalida del provvedimento  questorile  che  dispone  o  proroga  il
trattenimento del richiedente  protezione  internazionale  lo  schema
procedimentale proprio del MAE, benche', come  visto,  si  tratti  di
procedimenti aventi presupposti e scopi del tutto diversi, miranti  a
tutelare diritti fondamentali solo in minima parte coincidenti. 
    Come ha chiarito la Corte costituzionale nella sentenza n. 39 del
2025,  il  legislatore,   come   e'   noto,   dispone   di   un'ampia
discrezionalita'  nella  conformazione  degli  istituti  processuali,
incontrando  il  solo  limite  della  manifesta  irragionevolezza   o
arbitrarieta'  delle  scelte  compiute.  Nella  materia  processuale,
quindi,  il  metro  del  giudizio  di  ragionevolezza   deve   essere
particolarmente rispettoso  della  discrezionalita'  legislativa,  in
quanto la disciplina del processo e' frutto di delicati bilanciamenti
tra principi e interessi in  naturale  conflitto  reciproco,  sicche'
ogni intervento correttivo su  una  singola  disposizione,  volto  ad
assicurare una piu' ampia tutela a uno di tali principi o  interessi,
rischia di alterare gli equilibri  complessivi  del  sistema.  Ed  e'
innegabile che la scelta legislativa di rimodulare forme e tempi  del
giudizio di legittimita' sul trattenimento dello  straniero  risponda
ad opzioni assiologiche di  significativa  complessita',  essendo  il
legislatore chiamato a compiere una ponderazione  tra  l'esigenza  di
assicurare la sollecita definizione di  un  giudizio  sulla  liberta'
della persona e la necessita'  che  il  processo  si  dipani  secondo
cadenze temporali idonee a garantire un  compiuto  confronto  tra  le
parti. Tuttavia, la Corte ha precisato che il superamento del  limite
al  sindacato  della  discrezionalita'  del  legislatore  in  materia
processuale    e'    senz'altro     ravvisabile     quando     emerga
un'ingiustificabile  compressione  del  diritto  di  difesa   e   del
contraddittorio, quale «momento fondamentale del giudizio» e «cardine
della ricerca dialettica  della  verita'  processuale,  condotta  dal
giudice con la collaborazione delle parti, volta  alla  pronuncia  di
una decisione  che  sia  il  piu'  possibile  "giusta"»  (vedi  anche
sentenza n. 96 del 2024). 
    Orbene, la disciplina che e' scaturita dalle modifiche  apportate
dal decreto-legge n. 145/2024, convertito, con modifiche, dalla legge
n. 187/2024, premesso quanto rappresentato  in  precedenza  circa  la
mancanza  di  qualsiasi  motivazione   a   sostegno   dell'intervento
riformatore,  attuato   con   decretazione   di   urgenza,   comprime
irragionevolmente ed eccessivamente il diritto di difesa, minando  la
concretezza del diritto ad un ricorso  effettivo,  che,  anche  sulla
base del diritto europeo (convenzionale ed eurounitario), deve essere
assicurato alle parti, e, in particolare, al  richiedente  protezione
internazionale trattenuto. 
    Al  riguardo,  occorre  rappresentare  che   ne'   la   direttiva
2013/33/UE, ne' l'art. 5, § 4, CEDU impongono di istituire un secondo
livello  di  giurisdizione  per   esaminare   la   legittimita'   del
trattenimento.  Laddove,  pero',  il  diritto  nazionale  preveda  un
giudizio di impugnazione, questo deve soddisfare i medesimi requisiti
di cui all'art. 5, §  4,  CEDU  (cfr.  Corte  EDU,  17  aprile  2014,
Gayratbek Saliyev c. Russia, punti 76-79). 
    In forza dell'art. 9 della direttiva 2013/33/UE  e  dell'art.  26
della direttiva 2013/32/UE, letti in combinato disposto con gli artt.
6, 18 e 47 CDFUE, gli  Stati  membri  devono  assicurare  una  tutela
rapida ed effettiva dei diritti  individuali  derivanti  dal  diritto
dell'Unione. 
    Invero,  come  chiarito  dalla  giurisprudenza  della  Corte  del
Lussemburgo (vedi la  gia'  citata  Corte  di  giustizia  UE,  grande
sezione, 8 novembre 2022, cause riunite  C-704/20  e  C-39/21),  come
risulta dall'insieme delle disposizioni  in  parola,  il  legislatore
dell'Unione non si e' limitato a stabilire norme comuni  sostanziali,
ma ha altresi'  introdotto  norme  comuni  procedurali,  al  fine  di
garantire l'esistenza,  in  ogni  Stato  membro,  di  un  regime  che
consenta   all'autorita'   giudiziaria   competente    di    liberare
l'interessato, se del  caso  dopo  un  esame  d'ufficio,  non  appena
risulti che il suo trattenimento non e', o non  e'  piu',  legittimo.
Affinche' un siffatto regime di tutela assicuri in modo effettivo  il
rispetto dei rigorosi presupposti che la legittimita' di  una  misura
di trattenimento prevista dalla direttiva 2013/33/UE deve soddisfare,
l'autorita' giudiziaria competente deve essere in grado di deliberare
su tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti ai  fini  della
verifica di detta legittimita'. A tal fine, essa deve poter  prendere
in  considerazione  gli  elementi  di  fatto  e  le   prove   assunti
dall'autorita'  amministrativa  che  ha  disposto  il   trattenimento
iniziale. Essa deve  altresi'  poter  prendere  in  considerazione  i
fatti, le prove  e  le  osservazioni  che  le  vengono  eventualmente
sottoposti dall'interessato.  Inoltre,  essa  deve  poter  ricercare,
laddove lo ritenga necessario, tutti gli altri elementi rilevanti  ai
fini  della  propria  decisione.  I  poteri  di  cui   essa   dispone
nell'ambito di un  controllo  non  possono,  in  alcun  caso,  essere
circoscritti ai soli elementi dedotti  dall'autorita'  amministrativa
(v., in tal senso, anche sentenza del 5 giugno 2014, Mahdi, C-146/14,
punti 62  e  64,  nonche'  del  10  marzo  2022,  Landkreis  Gifhorn,
C-519/20, punto 65). In sostanza, precisavano i giudici  europei,  in
considerazione  dell'importanza  del  diritto  alla  liberta',  della
gravita' dell'ingerenza in detto diritto costituita dal trattenimento
di persone per motivi diversi dal perseguimento o  dalla  repressione
di reati e del requisito, evidenziato dalle  norme  comuni  stabilite
dal legislatore dell'Unione, di una tutela giurisdizionale di livello
elevato che consenta di conformarsi  alla  necessita'  imperativa  di
liberare una tale persona laddove i presupposti di  legittimita'  del
trattenimento non siano, o non siano piu',  soddisfatti,  l'autorita'
giudiziaria competente deve  prendere  in  considerazione  tutti  gli
elementi, in particolare fattuali, portati  a  sua  conoscenza,  come
integrati o chiariti  nell'ambito  di  misure  procedurali  che  essa
ritenga necessario adottare in base  al  suo  diritto  nazionale,  e,
sulla base degli elementi  in  parola,  rilevare,  se  del  caso,  la
violazione di un presupposto di legittimita'  derivante  dal  diritto
dell'Unione, anche  qualora  una  simile  violazione  non  sia  stata
dedotta dall'interessato. Tale obbligo lascia  impregiudicato  quello
consistente, per l'autorita'  giudiziaria  che  e'  cosi'  indotta  a
rilevare  d'ufficio  un   siffatto   presupposto   di   legittimita',
nell'invitare  ciascuna  delle  parti  a   prendere   posizione   sul
presupposto   in   parola,   in   conformita'   al   principio    del
contraddittorio.  A  tal  riguardo,  non  si  puo',  in  particolare,
ammettere  che,  negli  Stati  membri  in   cui   le   decisioni   di
trattenimento  sono  adottate  da  un'autorita'  amministrativa,   il
sindacato  giurisdizionale  non  comprenda  la  verifica,  da   parte
dell'autorita'  giudiziaria,  sulla   base   degli   elementi   sopra
evidenziati, del rispetto di un presupposto di  legittimita'  la  cui
violazione  non  sia  stata   sollevata   dall'interessato.   Orbene,
aggiungeva ancora la Corte, questa interpretazione  assicura  che  la
tutela giurisdizionale del diritto  fondamentale  alla  liberta'  sia
garantita in modo efficace  in  tutti  gli  Stati  membri,  che  essi
prevedano un sistema in cui la decisione di trattenimento e' adottata
da un'autorita' amministrativa con  sindacato  giurisdizionale  o  un
sistema  nel  quale  tale  decisione  e'  adottata  direttamente   da
un'autorita' giudiziaria. 
    Gia' la Corte costituzionale (sentenza n.  39/2025)  ha  rilevato
l'inidoneita' del modello processuale del MAE (in particolare  quello
consensuale)  ad  assicurare  alle  parti   un   nucleo   minimo   di
contraddittorio  e  di  difesa,  tenuto  conto  della  eterogeneita',
oggettiva e  funzionale,  tra  il  giudizio  in  materia  di  mandato
d'arresto  europeo  e  il  giudizio  concernente  la  convalida   del
trattenimento dello straniero, al quale la stessa procedura e'  stata
sostanzialmente estesa, tanto che, anche dopo essere  intervenuta  in
via di  urgente  supplenza,  ha  auspicato,  in  sostanza,  un  nuovo
intervento del legislatore  rispettoso  dei  principi  costituzionali
(vedi  punto  7  del  Considerato  in  diritto).  D'altra  parte,  la
particolare concentrazione del rito in materia di mandato di  arresto
europeo e' fortemente condizionata dal rispetto  dei  rigidi  termini
imposti dalla decisione-quadro 2002/584/GAI e dall'art. 22-bis  della
legge n. 69/2005 in sua attuazione, sia per il  MAE  consensuale  che
per quello ordinario. 
    Nel giudizio di legittimita' sulla convalida del trattenimento e'
certamente  necessario  assumere  decisioni  giudiziarie  rapide  nel
rispetto dell'art. 5, § 4, CEDU; e  tuttavia,  come  precisato  dalla
Corte europea dei diritti dell'uomo (vedi la gia' citata Corte EDU 17
aprile 2014, Gayratbek Saliyev c. Russia, punto 76), lo  standard  di
«rapidita'» e' meno rigoroso nei giudizi di  impugnazione.  Cio'  che
conta, come visto, e' che  sia  assicurato  il  pieno  esercizio  dei
diritti che l'ordinamento europeo  conferisce  ai  richiedenti  asilo
(vedi Corte di giustizia UE, 31 gennaio 2013, causa  C-175/11,  punto
75, dove si precisa che i richiedenti asilo devono beneficiare di  un
termine  sufficiente  per  raccogliere  e  presentare  gli   elementi
necessari a suffragare le loro domande). 
    Sotto questo profilo, dunque,  appare  evidente  come  il  minimo
termine di giorni cinque dalla  comunicazione  del  provvedimento  (a
fronte dei precedenti piu' lunghi termini) per presentare ricorso per
cassazione avverso il  decreto  di  convalida  o  non  convalida  del
trattenimento  o  della   proroga   del   trattenimento   costituisce
un'eccessiva e irragionevole compressione del diritto di difesa, tale
da frustrare l'effettivita' del diritto all'impugnazione. 
    Ma anche sotto il profilo dei motivi di  ricorso  per  cassazione
esperibili,  il   diritto   di   difesa   appare   concretamente   ed
irragionevolmente compresso rispetto al passato. 
    Come gia'  osservato  dalla  Corte  costituzionale  (vedi  sempre
sentenza n. 39 del 2025) «non solo al giudizio di legittimita'  sulla
convalida del  trattenimento  e'  connaturale  la  contestazione  del
potere  amministrativo  che  ne   forma   oggetto   e,   quindi,   la
contrapposizione tra le  parti  -  oltre  che  il  coinvolgimento  di
diritti inviolabili di rango costituzionale -, ma il sindacato  della
Corte di cassazione puo' estendersi  alla  verifica  di  profili  che
eccedono la regolarita' della adozione della  misura  restrittiva  in
se' considerata. Come confermato dalla giurisprudenza di legittimita'
formatasi anteriormente alla novella  processuale  in  scrutinio,  la
decisione  sulla  convalida  puo',  infatti,  involgere,   sia   pure
incidentalmente,   anche   la    "manifesta    illegittimita'"    del
provvedimento presupposto dal trattenimento, ossia l'espulsione o  il
respingimento (ex multis, Corte di cassazione, Sezione prima  civile,
ordinanza 28 giugno 2023, n. 18404). Anche questa Corte ha confermato
la possibilita' che  il  giudizio  di  convalida  assuma  una  simile
ampiezza,  evidenziando  che  "[i]l  trattenimento   costituisce   la
modalita'  organizzativa  prescelta  dal  legislatore   per   rendere
possibile, nei casi tassativamente previsti dall'art.  14,  comma  1,
che lo straniero, destinatario di un provvedimento di espulsione, sia
accompagnato alla frontiera ed allontanato dal territorio  nazionale.
Il decreto di espulsione con accompagnamento, che, giova ribadire, ai
sensi dell'art. 13, comma 3, deve essere motivato, rappresenta quindi
il presupposto indefettibile della misura restrittiva,  e  in  quanto
tale  non  puo'  restare   estraneo   al   controllo   dell'autorita'
giudiziaria" (sentenza n. 105 del 2001).» 
    Attualmente, il provvedimento di convalida (o non convalida)  del
trattenimento o di proroga (o meno) del trattenimento del richiedente
asilo e' impugnabile con ricorso per cassazione per i motivi  di  cui
all'art. 606,  lettere  a),  b)  e  c)  c.p.p.  Come  rilevato  nella
relazione del Massimario della Cassazione n. 1  del  2  gennaio  2025
(vedi pag. 27), rispetto al  passato,  quando  il  provvedimento  era
impugnabile per tutti i motivi  di  ricorso  previsti  dall'art.  360
c.p.c., vi  e'  stata  una  significativa  contrazione  dei  casi  di
ricorribilita' in cassazione. 
    Invero, tralasciando il primo  motivo  (che  attiene  all'ipotesi
dell'eccesso o  straripamento  dei  poteri),  quello  previsto  dalla
lettera b) dell'art.  606  c.p.p.  si  riferisce  all'inosservanza  o
erronea applicazione della legge penale o di altre norme  giuridiche,
di cui si deve tenere conto nell'applicazione della legge penale.  Il
vizio in questione riguarda  l'erronea  interpretazione  della  legge
penale sostanziale (ossia  la  sua  inosservanza),  ovvero  l'erronea
applicazione della stessa al  caso  concreto  (e,  dunque,  l'erronea
qualificazione giuridica del fatto o la sussunzione del caso concreto
sotto fattispecie astratta), e va tenuto distinto dalla deduzione  di
un'erronea applicazione della legge  in  ragione  di  una  carente  o
contraddittoria    ricostruzione    della    fattispecie    concreta,
denunciabile sotto l'aspetto del vizio  di  motivazione  (Cass.  pen.
sez. V, 7 ottobre 2016, n. 47575). E' evidente che trattasi di  vizio
non deducibile nel caso di specie, non  essendo  coinvolta  la  legge
penale sostanziale nella materia dei  trattenimenti  (sicche',  sotto
questo profilo  e'  opinabile  la  decisione  assunta  in  una  prima
pronuncia della Cassazione penale - vedi Cass. pen. sez. I,  7  marzo
2025, n. 9556 - che ha ritenuto che il  richiamo  all'inosservanza  o
erronea applicazione della  legge  penale  denunciabile  in  sede  di
legittimita' impone di dare rilievo alle disposizioni che  comportano
una  restrizione  analoga  alla  liberta'  personale,  ancorche'  non
espressamente definite come «penali» dal  legislatore,  tali  essendo
quelle  sui  trattenimenti   derivanti   in   via   provvisoria   dal
provvedimento questorile impositivo o da sua proposta di proroga,  la
cui   stabile   legittimita'   si    ricollega    al    provvedimento
giurisdizionale  richiesto  dall'art.  13  della   Costituzione:   in
motivazione, la Corte ha precisato che la decisione di convalida  del
trattenimento o della proroga produce un effetto dispositivo  duplice
che la rende assimilabile all'ordinanza di convalida  dell'arresto  o
del fermo emessa all'esito dell'udienza  di  cui  all'art.  391  cod.
proc. pen. e, al contempo, all'ordinanza applicativa  di  una  misura
cautelare   personale.   Invero,   il   vizio   in   esame    attiene
all'inosservanza della legge penale sostanziale, mentre e' quello  di
cui alla lettera c) dell'art. 606 c.p.p. che riguarda  l'inosservanza
della legge processuale penale; peraltro, non si tiene conto  che  in
materia di impugnazione vige il principio di tassativita', sicche' e'
legittimo dubitare della possibilita' di interpretazioni estensive  o
analogiche). 
    L'art. 606 lettera c) c.p.p. allude alla violazione  delle  norme
processuali penali,  tenuto  conto  del  chiaro  riferimento  a  vizi
riguardanti  atti  o  prove  penali   (nullita',   inutilizzabilita',
inammissibilita', decadenza). Ancora una volta,  dunque,  non  sembra
possibile denunciare con questo motivo di ricorso vizi che  attengono
al procedimento di convalida del trattenimento o della  sua  proroga,
che, come detto, segue un rito civile. La Cassazione penale,  in  una
prima pronuncia, ha ritenuto possibile denunciare ai sensi  dell'art.
606, lettera c) c.p.p. (in combinato disposto con l'art.  111,  comma
7, della Costituzione) la nullita' del provvedimento di convalida per
motivazione mancante o apparente (Cass. pen. sez. I, 24 gennaio 2025,
n.  2967).  Sostanzialmente,  come  osservato   anche   dalla   Corte
costituzionale (sentenza n. 39/2025, punto 3.7.1. del Considerato  in
diritto),  in  questa  prima  pronuncia  si  e'  concretamente  fatta
applicazione dell'art. 111, comma 7, della  Costituzione  («Peraltro,
le prime pronunce di legittimita' che hanno  fatto  applicazione  del
nuovo rito hanno affermato  che  l'art.  111,  settimo  comma,  della
Costituzione garantisce in ogni caso  la  possibilita'  di  ricorrere
contro i provvedimenti  restrittivi  della  liberta'  personale  "per
violazione  di  legge":  nozione  nella  quale  "va   ricompresa   la
motivazione inesistente o meramente apparente del provvedimento [...]
intesa quest'ultima come motivazione 'del tutto priva  dei  requisiti
minimi di coerenza e completezza, al punto da  risultare  inidonea  a
rendere comprensibile l'iter logico seguito  dal  giudice  di  merito
[...]'" (Cass.,  n.  2967  del  2025;  in  senso  conforme  Corte  di
cassazione, Sezione prima penale, ordinanza 7 marzo  2025,  n.  9556,
depositata in pari data)»). 
    In buona sostanza,  quello  che  emerge  e'  la  possibilita'  di
censurare il provvedimento  di  convalida  (o  non  convalida)  e  di
proroga o meno del trattenimento  esclusivamente  per  violazione  di
legge, che, con riferimento, in  particolare,  alla  motivazione  del
provvedimento, si traduce nella doglianza circa l'assenza o  la  mera
apparenza della motivazione, non essendo ricompreso  anche  il  vizio
della motivazione manifestamente  illogica,  contraddittoria,  ovvero
ancora perplessa o obbiettivamente incomprensibile. 
    Tutto cio' a fronte degli ampi poteri che la  giurisprudenza,  in
ossequio anche alle norme europee, come interpretate dalle rispettive
Corti (di Strasburgo e del Lussemburgo), riconosce al  giudice  della
convalida o della proroga  del  trattenimento,  che  puo'  spingersi,
anche  di  ufficio,  a  verificare   le   condizioni   di   manifesta
illegittimita' della revoca  del  titolo  di  protezione,  in  quanto
indefettibile presupposto della disposta  privazione  della  liberta'
personale dello straniero  attraverso  il  trattenimento  finalizzato
all'espulsione (Cass. civ. sez. I, 20 marzo 2019, n.  7841);  ovvero,
puo'  spingersi,   oltre   che   all'esistenza   ed   efficacia   del
provvedimento espulsivo, anche  alla  verifica  delle  condizioni  di
manifesta  illegittimita'  del  medesimo,  in  quanto   indefettibile
presupposto della disposta privazione della liberta' personale (Cass.
civ., 30 luglio 2014, n. 17407); ovvero  puo'  spingersi  a  rilevare
incidentalmente, per la decisione di  sua  competenza,  la  manifesta
illegittimita' del provvedimento espulsivo, che puo' consistere anche
nella situazione di inespellibilita' dello straniero (Cass.  civ.,  7
marzo 2017,  n.  5750),  e  cio',  alla  luce  di  un'interpretazione
costituzionalmente orientata dell'art. 14 del decreto legislativo  n.
286 del 1998 in relazione all'art. 5 par. 1 della CEDU (che  consente
la detenzione di una persona, a fini di espulsione, a condizione  che
la procedura sia regolare). In buona sostanza, in sede di convalida o
proroga del trattenimento dello straniero, il controllo del  giudice,
compatibilmente con i tempi ridotti della procedura,  deve  compiersi
in  modo  completo  ed  esaustivo,  anche   mediante   l'acquisizione
officiosa  degli   elementi   di   prova   documentale   relativi   a
provvedimenti presupposti che, anche in via  derivata,  hanno  inciso
sulla legittimita' del decreto di espulsione e, quindi,  del  decreto
di trattenimento (Cass. civ., sez. I, 15 febbraio 2025, n. 3843). 
    Rispetto  al  passato,  cio'  costituisce  un  indubbio   e,   si
ribadisce, irragionevole restringimento dei diritti difensivi, ove si
consideri che  in  precedenza,  ai  sensi  dell'art.  360  c.p.c.  il
provvedimento di convalida era censurabile in cassazione  sulla  base
di una piu' ampia sfera di motivi. 
    Soffermandoci  soltanto  sulla  possibilita'  di   censurare   la
motivazione  del  provvedimento,  deve  rilevarsi  che,  secondo   la
Cassazione, la riformulazione  dell'art.  360,  primo  comma,  n.  5,
c.p.c., disposta dall'art. 54 del decreto-legge 22  giugno  2012,  n.
83,  convertito  in  legge  7  agosto  2012,  n.  134,  deve   essere
interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati  dall'art.  12
delle  preleggi,  come  riduzione  al  «minimo  costituzionale»   del
sindacato   di   legittimita'   sulla   motivazione.   Pertanto,   e'
denunciabile in  cassazione  solo  l'anomalia  motivazionale  che  si
tramuta in  violazione  di  legge  costituzionalmente  rilevante,  in
quanto attinente all'esistenza della motivazione in se',  purche'  il
vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a  prescindere  dal
confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia  si  esaurisce
nella «mancanza  assoluta  di  motivi  sotto  l'aspetto  materiale  e
grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto  irriducibile
tra affermazioni inconciliabili» e nella  «motivazione  perplessa  ed
obiettivamente  incomprensibile»,  esclusa  qualunque  rilevanza  del
semplice difetto di «sufficienza» della motivazione (Cass. civ.  sez.
un., 7 aprile 2014, n. 8053). Dunque, secondo la giurisprudenza,  nel
vizio denunciabile ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5)  c.p.c.  vi
rientrano  anche  vizi  della  motivazione   (quali   «il   contrasto
irriducibile tra affermazioni inconciliabili», ovvero la «motivazione
perplessa ed obiettivamente incomprensibile») che nel processo penale
sono denunciabili in Cassazione non ai sensi dell'art.  606,  lettera
c) c.p.p., ma ai sensi dell'art. 606 lettera e) c.p.p. -  vedi  Cass.
pen. sez. V, 20 gennaio 2021, n. 19318, Cass. pen. sez. II,  4  marzo
2010, n. 12329 -, ipotesi non richiamata. 
    D'altra  parte,  la  Cassazione  ha  affermato  che  in  tema  di
trattenimento  amministrativo  delle  persone  straniere  nel  regime
processuale conseguente al decreto-legge 11  ottobre  2024,  n.  145,
convertito, con modificazioni, dalla legge 9 dicembre 2024, n. 187, i
provvedimenti di convalida o proroga non possono essere impugnati per
motivi afferenti a  violazioni  di  norme  del  codice  di  procedura
civile, in quanto il novellato art. 14, comma 6, decreto  legislativo
25  luglio  1998,  n.  286,  pur  riferendosi  al  solo  giudizio  di
legittimita', richiama espressamente  il  solo  art.  606,  comma  1,
lettere a), b),  e  c),  c.p.p.,  dispiegando  una  chiara  influenza
retrospettiva  sulle  norme  processuali  applicabili  al  rito   nel
precedente grado di giudizio (Cass. pen. sez. I, 28 aprile  2025,  n.
16441: in motivazione, la Corte ha precisato che, in applicazione del
principio  generale   del   «favor   impugnationis»,   le   doglianze
civilistiche possono essere comunque prese in considerazione  laddove
compatibili con i parametri di cui all'art. 606 c.p.p.). 
    Quest'ultima    questione    di    legittimita'    costituzionale
(tralasciando gli  altri  rilievi,  benche'  sussiste  fra  tutte  le
questioni un identico filo conduttore che e' rappresentato, in  buona
sostanza,   dalla   irragionevolezza   del   complessivo   intervento
riformatore normativo, assunto, con decretazione  di  urgenza,  senza
alcuna   giustificazione   e   senza   alcuna    evidente    esigenza
costituzionale) assume rilievo nell'ambito del presente  procedimento
poiche', come detto, l'emanando provvedimento di proroga (o meno) del
trattenimento e' impugnabile soltanto in questo  modo,  sicche',  una
volta emesso il  decreto,  le  parti  sono  obbligate  ad  impugnarlo
adeguandosi ad una normativa che, per le ragioni descritte, si espone
a  rilievi  di  incostituzionalita'.  E'  noto  che   la   Corte   di
legittimita' ha ritenuto infondate analoghe  questioni  sollevate  in
sede di giudizio di cassazione (vedi ad esempio Cass. pen. sez. I, 22
aprile  2025,  n.  15748).  Tuttavia,  a  parte  il   rilievo   della
discrezionalita' legislativa in materia  processuale,  che  la  Corte
(contrariamente a quanto finora argomentato) ritiene  esercitata  nel
caso di  specie  in  maniera  non  manifestamente  irragionevole  e/o
arbitraria, la Cassazione e' giunta a valutare  l'infondatezza  delle
eccezioni sulla base della  valutazione  postuma  dell'esercizio  del
potere di impugnazione, e cioe' sulla base della  considerazione  che
il ricorso per cassazione era stato  comunque  presentato  e  su  una
valutazione in concreto delle  ragioni  difensive  esposte,  ritenute
esaustive e complete. Tuttavia, una  questione  di  legittimita'  che
attiene all'irragionevole ed eccessiva  compressione  delle  garanzie
difensive legate al diritto di impugnazione non puo' essere  valutata
che in astratto, tenendo presente il ricorrente «medio»  (il  termine
di cinque giorni  puo'  essere  sufficiente  per  un  ricorrente  per
articolare in maniera compiuta i propri motivi di ricorso, ma non per
un altro, specie ove si consideri la  peculiarita'  del  giudizio  di
legittimita' e  la  restrizione  dei  motivi  di  impugnazione),  nel
confronto con la disciplina precedente, e, pertanto, assume rilevanza
proprio in questa sede. 
    La questione, essendo sollevata nell'ambito  di  un  giudizio  di
proroga   del   trattenimento   di    un    richiedente    protezione
internazionale, disposto ai  sensi  dell'art.  6,  comma  3,  decreto
legislativo n. 142/2015, e' limitata a verificare  la  conformita'  a
costituzione di questo  procedimento,  affidato,  per  effetto  delle
norme censurate, alla Corte di appello in composizione monocratica, e
non piu' alle  Sezioni  specializzate  in  materia  di  immigrazione,
protezione  internazionale  e  libera  circolazione   dei   cittadini
dell'Unione  europea,  istituite  presso  i  Tribunali  distrettuali.
Valutera' la Corte, in caso di ritenuta fondatezza  della  questione,
se estenderla ai sensi dell'art. 27 della legge  n.  87/1953  in  via
derivata a tutte  le  norme  che  hanno  modificato  il  giudizio  di
convalida del provvedimento questorile di trattenimento o di  proroga
del richiedente protezione internazionale in tutti  i  casi  previsti
dal decreto-legge n. 145/2024, convertito, con modifiche, dalla legge
n. 187/2024. 
    Giova, infine, rilevare che questo  consigliere  non  ignora  che
altri consiglieri di  questa  Corte  (pervero,  solo  quelli  addetti
ordinariamente  al  settore  civile),  assegnati  tabellarmente  alla
trattazione  dei  procedimenti   di   convalida   dei   provvedimenti
questorili che dispongono o prorogano i trattenimenti dei richiedenti
protezione internazionale, hanno ritenuto di respingere le  eccezioni
di  illegittimita'  costituzionale  prospettate  dai  difensori   dei
trattenuti sulla base delle  argomentazioni  sopra  esposte,  ovvero,
comunque, di non sollevare di ufficio analoghe questioni. 
    Le   motivazioni    variamente    prospettate    per    affermare
l'infondatezza  delle  censure  di   incostituzionalita'   non   sono
condivisibili. 
    Occorre premettere che il giudice a quo non solleva questione  di
legittimita'  costituzionale  solo  se  ritiene  la   questione   non
rilevante  nel  giudizio  e/o  manifestamente   infondata.   Non   e'
sufficiente che la  questione  sia  infondata,  ma  occorre  che  sia
manifestamente infondata. In presenza di un dubbio, che puo'  esservi
anche a fronte  dell'impossibilita'  di  prospettare  interpretazioni
costituzionalmente conformi, la questione andrebbe sollevata. 
    I provvedimenti che si andranno ad esaminare non  dubitano  della
rilevanza  delle  questioni  proposte,  con  esclusione  della   sola
questione che attiene all'ingiustificata compressione del diritto  di
difesa, sotto il profilo del diritto di  impugnazione,  in  relazione
alle modifiche  legislative  che  hanno  riguardato  il  ricorso  per
cassazione  proponibile  avverso  il  provvedimento   di   convalida.
Dubitano, come detto,  della  fondatezza  delle  ulteriori  questioni
proposte. 
    Quanto al primo profilo (la violazione  dell'art.  77,  comma  2,
della Costituzione), in  alcuni  decreti  (vedi  decreti  emessi  nei
procedimenti n. 681/2025 R.G. - trattenuto ... - e n. 721/2025 R.G. -
trattenuto ... -, rispettivamente nelle date del ... e  dell'...)  si
allude ad una sorta  di  assiomatica  sussistenza  dei  caratteri  di
necessita' ed urgenza nella materia della  protezione  internazionale
che renderebbe legittima la scelta dell'utilizzo del decreto-legge da
parte dell'Esecutivo («parimenti anche la  scelta  di  utilizzare  il
meccanismo del decreto-legge non appare al di fuori dei limiti che la
Costituzione pone alla possibilita' di legiferare dell'Esecutivo, non
potendo  dubitarsi  prima  facie  che  la  materia  della  protezione
internazionale rivesta, per tutte le implicazioni sociali che  assume
e per la dimensione del fenomeno -- quel carattere di  necessita'  ed
urgenza, imposto  dall'art.  77  della  Costituzione  che  giustifica
l'adozione di un provvedimento legislativo che in ogni caso  e'  gia'
passato al vaglio del Parlamento»). In altro  provvedimento  (decreto
emesso in data ... nel procedimento a  carico  del  trattenuto  ...),
riprendendo solo l'accenno contenuto nella precedente argomentazione,
si sostiene che, essendo lo spostamento della  competenza  introdotto
con  emendamento  apportato   al   decreto-legge   dalla   legge   di
conversione, atto del Parlamento, tenuto conto dei rapporti  di  mera
interrelazione funzionale intercorrenti fra decreto-legge e legge  di
conversione (e si cita Corte  costituzionale  n.  22/2012),  parrebbe
rappresentare una circostanza ostativa  alla  rilevazione  immediata,
nella norma introdotta con la legge di conversione, di una violazione
dell'art. 77, comma 2, della Costituzione. 
    Cio' detto, va innanzitutto ribadito che la legge di  conversione
non sana  il  vizio  in  procedendo  costituito  dalla  mancanza  dei
presupposti previsti  dall'art.  77,  comma  2,  della  Costituzione.
Inoltre, se e' vero che,  in  passato,  la  Corte  costituzionale  ha
affermato che, con riferimento alla adozione di nuove norme da  parte
del Parlamento nel  corso  dell'esame  di  un  disegno  di  legge  di
conversione di  un  decreto-legge,  non  e'  pertinente  il  richiamo
all'art. 77  della  Costituzione,  cio'  in  quanto  «la  valutazione
preliminare dei presupposti della necessita' e  dell'urgenza  investe
(...), secondo il disposto costituzionale,  soltanto  la  fase  della
decretazione di urgenza esercitata dal Governo, ne'  puo'  estendersi
alle norme che le Camere, in sede di conversione  del  decreto-legge,
possano avere introdotto come disciplina «aggiunta»  a  quella  dello
stesso decreto: disciplina imputabile esclusivamente al Parlamento  e
che - a differenza di quella espressa con la  decretazione  d'urgenza
del Governo - non dispone di  una  forza  provvisoria,  ma  viene  ad
assumere la propria efficacia solo al momento dell'entrata in  vigore
della legge di conversione» (sentenza n.  391  del  1995);  tuttavia,
successivamente, lo stesso giudice delle leggi, con  la  sentenza  n.
171 del 2007, ha mutato orientamento sul  punto,  precisando  -  dopo
aver ribadito che la legge di conversione non ha efficacia sanante di
eventuali vizi del decreto-legge - che «le disposizioni  della  legge
di conversione in quanto tali» -  nei  limiti,  cioe',  in  cui  «non
incidono  in  modo  sostanziale   sul   contenuto   normativo   delle
disposizioni del decreto», come nel caso (allora)  in  esame  -  «non
possono  essere  valutate,  sotto  il  profilo   della   legittimita'
costituzionale, autonomamente da quelle del decreto stesso». La Corte
ha aggiunto che «a conferma di cio', si puo' notare che la  legge  di
conversione e' caratterizzata nel suo percorso  parlamentare  da  una
situazione tutta particolare,  al  punto  che  la  presentazione  del
decreto per la conversione comporta che le Camere  vengano  convocate
ancorche' sciolte (art. 77, secondo comma, della Costituzione)  e  il
suo percorso di formazione ha una disciplina diversa  da  quella  che
regola l'iter dei disegni di legge proposti dal Governo». Seguendo il
suddetto piu' recente orientamento, la Corte (sentenza  n.  355/2010)
ha  ulteriormente  precisato  che  la  valutazione  in   termini   di
necessita' e di urgenza deve  essere  indirettamente  effettuata  per
quelle norme, aggiunte dalla legge di conversione del  decreto-legge,
che  non  siano  del  tutto  estranee  rispetto  al  contenuto  della
decretazione d'urgenza; mentre  tale  valutazione  non  e'  richiesta
quando la norma aggiunta sia eterogenea rispetto a tale contenuto. 
    Orbene, nel caso di specie, le  norme  oggetto  di  censura  (gli
artt. 16, 18, 18-bis e 19 del decreto-legge n. 145/2024,  convertito,
con modifiche, dalla legge n. 187/2024)  sono  state  introdotte  dal
decreto-legge  (salvo  l'art.  18-bis,  che  costituisce   norma   di
coordinamento  rispetto  alle  modifiche  apportate  dalla  legge  di
conversione all'art. 16) e modificate  dalla  legge  di  conversione.
Tuttavia, non si e'  trattato  di  modifiche  eterogenee  o  estranee
rispetto al contenuto del decreto di urgenza, ma hanno riguardato  le
disposizioni processuali introdotte dal decreto-legge. Dunque,  anche
rispetto  ad  esse  va  effettuata  la  verifica  costituzionale  dei
presupposti legittimanti la decretazione di urgenza. 
    Quanto, poi, alla  ritenuta  implicita  sussistenza  di  un  caso
straordinario di necessita' ed urgenza che di per  se'  va  rinvenuto
nella  materia  della  protezione   internazionale   per   tutte   le
implicazioni sociali che assume e per la dimensione del fenomeno,  si
omette di considerare che la  Corte  esclude  che  siano  sufficienti
apodittiche enunciazioni dell'esistenza di ragioni di  necessita'  ed
urgenza per legittimare l'uso della decretazione di  urgenza,  ed  il
dettato costituzionale non prevede l'attribuzione di tale natura,  di
per se', a particolari materie. Pertanto,  anche  con  riguardo  alla
materia  della  protezione  internazionale  l'intervento  legislativo
dell'Esecutivo deve trovare legittimazione in un  caso  straordinario
di necessita' ed urgenza, che deve  pure  sempre  essere  esplicitato
nell'atto legislativo, sebbene sulla base di quegli indici intrinseci
ed estrinseci alla disposizione censurata di cui si e' detto. 
    Passando all'esame del secondo profilo (la violazione degli artt.
3, 25, comma 1, e 102, comma 2, della Costituzione), nei  decreti  n.
681/2025  R.G.  e  n.  721/2025  R.G.  si  legge  testualmente:   «le
disposizioni censurate, che prevedono una competenza della  Corte  di
appello, derogatoria rispetto alla competenza  civile  delle  Sezioni
specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e
libera circolazione  dei  cittadini  dell'Unione  europea,  istituite
presso i Tribunali, se pure vanificando - in parte  -  l'esigenza  di
specializzazione in detta materia danno luogo ad un sistema  confuso,
con un intreccio e una sovrapposizione di competenze  tra  i  diversi
organi giurisdizionali  e  il  concreto  rischio  di  interferenze  e
contrasti  delle  decisioni  assunte  in  riferimento   allo   stesso
soggetto, tuttavia non presentano, al di la' della discutibilita'  di
dette scelte, profili di manifesta  irragionevolezza;  la  scelta  di
individuare una competenza della Corte di  appello,  se  pure  appare
discutibile ed  inopportuna  nell'ottica  dei  principi  di  economia
processuale e di una  corretta  ed  oculata  gestione  delle  risorse
disponibili, al fine di contenere i tempi di definizione di processi,
non appare tuttavia privare il soggetto trattenuto di adeguata tutela
giurisdizionale, considerata la residua  competenza  della  Corte  di
appello come giudice  di  secondo  grado  in  materia  di  proiezione
[rectius protezione], sicche' non appare in contrasto con i  principi
della Costituzione, rientrando detta scelta nell'ambito delle opzioni
del legislatore, entro il perimetro  dei  principi  costituzionali»).
Nel  decreto  che  riguarda  il  trattenuto  ...,  si  pone,  invece,
l'accento sulla circostanza che lo  spostamento  di  competenza  alle
Corti di appello ha riguardato provvedimenti di convalida  di  misure
amministrative di trattenimento che incidono sulla liberta' personale
e che non evidenziano una funzione cautelare rispetto al merito delle
decisioni che le Sezioni  specializzate  sono  chiamate  ad  adottare
nelle  materie  rientranti  nella  loro  competenza,  con   cui   non
interferirebbero,  risultando  tipicamente  strumentali  rispetto  ad
esigenze procedimentali (correlate alla definzione della  domanda  di
protezione internazionale), e cio' potrebbe  consentire  di  cogliere
una loro specificita', peraltro connotata da  delicate  ricadute  sul
piano dei diritti di liberta' personale, che escluderebbe il  profilo
di irrazionalita' paventato;  per  altro  aspetto,  la  delimitazione
dell'ambito operativo del giudice specializzato non sembra presidiata
da garanzie costituzionali, essendo per lo piu'  ricondotta  al  tema
della distribuzione degli affari. 
    Con riguardo agli argomenti esposti nei decreti  nn.  681/2025  e
721/2025 R.G., si sono sottolineati i passi della motivazione di tali
provvedimenti che evidenziano (taluni)  profili  di  irragionevolezza
dell'intervento normativo oggetto di censura, che, sia pure  ritenuti
non manifesti, tuttavia risultano ben presenti e  messi  in  risalto.
Occorre ribadire ancora una volta che non va sollevata  la  questione
di  legittimita'  costituzionale  solo  in  presenza   di   manifesta
infondatezza delle censure. Nel caso di specie, l'avere individuato e
segnalato  plurimi  profili  di  irragionevolezza   della   normativa
censurata, sia pure non ritenuti manifesti,  costituisce  sufficiente
ragione per sottoporre al giudice delle leggi la questione, in quanto
non la rende manifestamente infondata. Peraltro, i profili  messi  in
evidenza nei citati provvedimenti (l'intreccio e  la  sovrapposizione
di competenze  tra  diversi  organi  giurisdizionali  e  il  concreto
rischio di  interferenze  e  contrasti  delle  decisioni  assunte  in
riferimento allo stesso soggetto) sono  stati  ritenuti  dalla  Corte
costituzionale alla base della  declaratoria  di  incostituzionalita'
pronunciata con la sentenza n. 39 del 2025, a dimostrazione  di  come
la questione non risulti affatto manifestamente infondata. Va  ancora
aggiunto che la Corte di appello, dopo la  riforma  del  2017,  aveva
perso  una  specifica  competenza  nella  materia  della   protezione
internazionale stricto sensu  intesa  (salvo  i  residui  giudizi  di
impugnazione relativi a procedimenti iscritti in primo grado fino  al
18  agosto  2017),  sicche'  la  Corte  di  appello  ha  riacquistato
competenza in materia proprio per effetto della normativa  sospettata
di incostituzionalita', e, a  parte,  i  procedimenti  di  convalida,
residua competenza della Corte solo in materia di reclamo  avverso  i
decreti che decidono sull'istanza di  sospensione  del  provvedimento
impugnato adottato dalla Commissione territoriale. Sicche',  ritenere
giustificata l'attribuzione della competenza alla  Corte  di  appello
nei procedimenti di convalida  dei  provvedimenti  che  dispongono  o
prorogano i trattenimenti dei richiedenti  protezione  internazionale
sola sulla base di questa residua e marginale  competenza  attribuita
in materia alla Corte di appello appare francamente  argomento  privo
di  ragionevolezza,  tenuto  conto  che,  in  un   caso,   la   Corte
giudicherebbe quale organo monocratico di primo grado,  e  nell'altro
quale organo  collegiale  di  secondo  grado,  peraltro  rispetto  ad
aspetti della protezione internazionale del tutto  diversi.  Passando
ad esaminare le argomentazioni  dell'altro  provvedimento,  anche  in
questo caso l'uso del condizionale («potrebbe consentire di  cogliere
una loro specificita'» [...] «parrebbe non giustificare  una  censura
di irrazionalita'») risulta gia'  di  per  se'  significativo  di  un
profilo  di  dubbio,  che  renderebbe  la  questione   proposta   non
manifestamente infondata. In ogni caso, i procedimenti  di  convalida
dei provvedimenti che  dispongono  o  prorogano  i  trattenimenti  di
richiedenti protezione internazionale non hanno nulla  a  che  vedere
con  procedimenti   di   convalida   di   misure   aventi   carattere
sanzionatorio,  come  ancora  recentemente   ribadito   dalla   Corte
costituzionale  nella  sentenza  n.  96/2025  (vedi  punto   11   del
Considerato in diritto,  laddove  ha  affermato  l'estraneita'  della
detenzione amministrativa presso  il  CPR  ad  ogni  connotazione  di
carattere  sanzionatorio).  Quanto  alla  «incidentalita'»  di   tali
procedimenti nell'ambito del complesso procedimento di riconoscimento
del diritto di asilo o alla  protezione  internazionale  sussidiaria,
non possono che richiamarsi le considerazioni esposte  autorevolmente
dal CSM nel gia' menzionato parere consultivo reso con delibera del 4
dicembre  2024.  D'altra  parte,  proprio  il  caso  del   trattenuto
richiedente protezione sussidiaria (cioe' dello straniero  irregolare
gia'  trattenuto  in  attesa  di  rimpatrio  che  chieda   protezione
internazionale e  che,  quindi,  diviene  destinatario  di  un  nuovo
provvedimento di trattenimento ai sensi dell'art. 6, comma 3, decreto
legislativo n. 142/2015 per  la  asserita  strumentalita'  della  sua
domanda  di  protezione   internazionale)   evidenzia   plasticamente
l'incidentalita' del procedimento di convalida del trattenimento e la
stretta connessione esistente tra lo  stesso  e  il  procedimento  di
merito  riguardante  la  decisione  sulla   domanda   di   protezione
internazionale. Lo stesso puo' dirsi con riguardo  al  caso  oggi  in
esame, e cioe' all'ipotesi di un trattenimento giustificato ai  sensi
dell'art.  6,  comma  2,  lettera  d),  del  decreto  legislativo  n.
142/2015, e cioe' perche' «e' necessario determinare gli elementi  su
cui  si  basa  la  domanda  di  protezione  internazionale  che   non
potrebbero essere acqusiti senza il trattenimento e  sussite  rischio
di fuga, ai sensi dell'art. 13, comma 4-bis, lettere a),  c),  d)  ed
e), del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286  [...]»,  rispetto
al quale il trattenimento viene giustificato  perche'  e'  necessario
per determinare gli elementi su cui si basa la domanda di  protezione
internazionale, che non potrebbero essere acquisiti senza  trattenere
il  richiedente  asilo,  il  quale,  essendo  a  rischio   fuga,   va
necessariamente trattenuto.  E'  evidente  come  in  questo  caso  il
trattenimento e' strettamente connesso al procedimento  che  riguarda
la decisione nel merito sulla richiesta di protezione internazionale,
poiche' senza trattenere il richiedente asilo a rischio fuga  non  si
possono acquisire quegli elementi necessari per decidere  nel  merito
la domanda di protezione internazionale. 
    In  conclusione,  non  emergono  ragioni  per  non  continuare  a
sottoporre  alla  Corte  costituzionale  i  dubbi   di   legittimita'
costituzionale gia' prospettati in precedenti casi. 

 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte nella persona del consigliere di turno, 
    Visto l'art. 23 della legge n. 87/1953; 
    Solleva,   anche   di   ufficio,   questione   di    legittimita'
costituzionale,  in   relazione   all'art.   77,   comma   2,   della
Costituzione, agli artt. 3, 25 e 102, comma  2,  della  Costituzione,
agli artt. 3, 10, comma 3, e  24  della  Costituzione,  nonche'  agli
artt.  11  e  117,  comma  1,  della   Costituzione   questi   ultimi
relativamente all'art. 5, §§ 1, lettera f) e 4, CEDU, e agli artt.  9
della direttiva 2013/33/UE, 26 della direttiva 2013/32/UE, 6, 18 e 47
della  Carta  dei  diritti  fondamentali  dell'Unione  europea,   con
riferimento agli artt. 16, 18,  18-bis  e  19  del  decreto-legge  n.
145/2024, convertito, con modifiche, dalla legge n.  187/2024,  nella
parte in cui attribuiscono la competenza giurisdizionale in  tema  di
procedimenti aventi ad oggetto la richiesta, avanzata  dal  Questore,
ai sensi dell'art. 6, comma 5, decreto legislativo  n.  142/2015,  di
proroga del trattenimento del richiedente protezione  internazionale,
disposto a norma dell'art.  6,  comma  2,  lettera  d),  del  decreto
legislativo n. 142/2015, alla Corte di appello di cui all'art. 5-bis,
decreto-legge n. 13/2017, convertito, con modifiche, dalla  legge  n.
46/2017, e cioe' alla Corte di appello di cui all'art.  5,  comma  2,
della legge n. 69/2005, nel cui distretto ha sede il Questore che  ha
adottato  il  provvedimento  oggetto  di  convalida,   che   giudica,
peraltro,  in  composizione  monocratica,  in  luogo  della   Sezione
specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e
libera circolazione  dei  cittadini  dell'Unione  europea,  istituita
presso  il  Tribunale  distrettuale,  nonche'  nella  parte  in   cui
prevedono che, ai sensi del  comma  5-bis  dell'art.  6  del  decreto
legislativo n. 142/2015,  il  provvedimento  emesso  dalla  Corte  di
appello e' impugnabile con ricorso per cassazione a  norma  dell'art.
14, comma 6, decreto legislativo n.  286/1998,  proponibile,  quindi,
entro cinque giorni dalla comunicazione, solo per  i  motivi  di  cui
alle lettere a), b) e  c)  del  c.p.p.  e  si  osservano,  in  quanto
compatibili, le disposizioni dell'art. 22, commi 3 e 4,  della  legge
n. 69/2005 (come attualmente  previsto  per  effetto  della  sentenza
della Corte costituzionale n. 39/2025),  e  non  come  in  precedenza
semplicemente con ricorso per cassazione. 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio. 
    Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata  al   sig.
Presidente del Consiglio dei ministri,  nonche'  comunicata  al  sig.
Presidente della Camera  dei  deputati  ed  al  sig.  Presidente  del
Senato. 
    Manda alla cancelleria per gli adempimenti. 
        Cosi' deciso in Lecce all'esito della Camera di consiglio del
7 agosto 2025. 
 
                   Il consigliere di turno: Biondi