Reg. ord. n. 173 del 2025 pubbl. su G.U. del 24/09/2025 n. 39
Ordinanza del Corte militare d'appello del 14/07/2025
Tra: A. S.
Oggetto:
Processo penale – Giudizio abbreviato – Limiti all'appello – Possibilità per l’imputato di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. – Esclusione – Contrasto con il principio di eguaglianza – Lesione del diritto di difesa.
Norme impugnate:
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 443
Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 24
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 173 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 luglio 2025
Ordinanza del 14 luglio 2025 della Corte militare d'appello nel
procedimento militare a carico di A. S..
Processo penale - Giudizio abbreviato - Limiti all'appello -
Possibilita' per l'imputato di proporre appello contro le sentenze
di proscioglimento per particolare tenuita' del fatto, ai sensi
dell'art. 131-bis cod. pen. - Esclusione.
- Codice di procedura penale, art. 443, comma 1.
(GU n. 39 del 24-09-2025)
LA CORTE MILITARE DI APPELLO
Seconda sezione
Composta dai signori:
1. dott. Giuseppe Mazzi, presidente;
2. dott.ssa Maria Michela Teresa Mazzilli, giudice;
3. dott.ssa Anna Marconcini, giudice;
4. ten. col. AM Umberto Verde, giudice;
5. ten. col. EI Francesco Delle Femine, giudice,
con l'intervento del procuratore generale militare in persona del
dott. Carmine Vizza e con l'assistenza del cancelliere di udienza,
dott. Alessio Luppino, in seguito all'appello proposto dal difensore
avverso la sentenza n. 51 emessa dal G.U.P. presso il Tribunale
militare di Verona - Sezione prima in data 19 luglio 2024, ha
pronunciato in camera di consiglio la seguente
Ordinanza
Nel procedimento a carico di:
S.A., nata a ... (...) il ...; residente a ... (...), via ...
n. ...; elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore di
fiducia avv. Gianfranco Ceoletta, in Verona, via Grazioli n. 5;
carabiniere all'epoca dei fatti in servizio presso la Stazione
carabinieri di ... (...), elettivamente domiciliata presso il
difensore di fiducia, libera; presente;
Imputata del reato di: «Lesione personale pluriaggravata»
(articoli 223 del c.p.m.p., 585 del codice penale, in relazione
all'art. 577, comma 1, n. 1 del codice penale, 47, n. 2 e n. 3 del
c.p.m.p.) perche', carabiniere in servizio presso la Stazione CC di
... (...), mentre svolgeva servizio di militare di servizio alla
caserma colpiva con due schiaffi il pari grado carabiniere ...,
cagionandogli una lesione personale, dalla quale derivava, oltre al
rossore del volto e dell'occhio sinistro, un lieve taglio del labbro
e un leggero sanguinamento. Con l'aggravante di essere militare
rivestito di un grado, di avere commesso il fatto durante un servizio
militare e di avere commesso il fatto contro una persona a cui era
legata da relazione affettiva.
Fatto commesso in ... (...), in data 14 dicembre 2022.
Identificata la persona offesa in ..., nato a ... il ...,
residente in ... (...) alla via ... n. ..., in servizio alla Stazione
CC di ... (...).
Premesso che:
con sentenza n. 51/2024 il GUP presso il Tribunale Militare
di Verona assolveva ... dal reato a lei ascritto di lesione personale
pluriaggravata perche' lo stesso non e' punibile per la particolare
tenuita' del fatto;
avverso tale sentenza il difensore di fiducia ha proposto
appello, con cui chiede: in via principale, l'assoluzione perche' il
fatto non sussiste, anche ai sensi dell'art. 530, comma 2 del codice
di procedura penale; in subordine, l'assoluzione perche' il fatto non
costituisce reato; in estremo subordine, la riqualificazione del
fatto quale ingiuria reale e la declaratoria di non punibilita' ai
sensi dell'art. 228 del c.p.m.p.;
il procuratore generale militare, con propria memoria ex art.
121 del codice di procedura penale, in data 25 giugno 2025, ha
rilevato che una sentenza di assoluzione per particolare tenuita' del
fatto emessa dal giudice dell'udienza preliminare all'esito di un
giudizio abbreviato non puo' essere appellata da parte dell'imputato
o del suo difensore, come affermato dalla Corte di cassazione
(sentenza Sez. V, n. 42578 del 20 novembre 2024): il gravame proposto
dal difensore deve pertanto essere necessariamente riqualificato ai
sensi del quinto comma dell'art. 568 del codice di procedura penale e
trasmesso alla Corte di cassazione;
la difesa, con memoria del 3 luglio 2025, chiede che la Corte
rigetti l'eccezione proposta della Procura generale militare e
dichiari l'ammissibilita' dell'appello;
con le note integrative datate 4 luglio 2025 la stessa difesa
solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 443,
comma 1 del codice di procedura penale - nella parte in cui vieta
l'appello avverso la sentenza di proscioglimento resa in rito
abbreviato anche nel caso di non punibilita' per particolare tenuita'
del fatto (art. 131-bis del codice penale) - per contrasto con i
principi di ragionevolezza, uguaglianza, diritto di difesa e giusto
processo;
alla odierna udienza e' stato chiesto preliminarmente alle
parti di esporre le proprie conclusioni in ordine alla ammissibilita'
dell'appello: il procuratore generale ribadisce la richiesta di
trasmissione degli atti alla Corte di cassazione; la difesa chiede
che l'appello sia ritenuto ammissibile.
Osserva
1. La Corte militare di appello ritiene rilevante e non
manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3 e 24 della
Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
443, comma 1 del codice di procedura penale, nella parte in cui
esclude che l'imputato possa proporre appello contro le sentenze di
proscioglimento per particolare tenuita' del fatto, emesse in sede di
giudizio abbreviato.
Sulla rilevanza della suddetta questione con riguardo alla
definizione del presente giudizio non sussiste dubbio, in quanto la
prospettata declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art.
443, comma 1 del codice di procedura penale, consentirebbe alla Corte
di valutare nel merito le ragioni proposte dall'appellante e la
fondatezza della richiesta di assoluzione, perche' il fatto non
sussiste, perche' il fatto non costituisce reato ovvero per
l'applicazione della causa di non punibilita' di cui all'art. 228 del
c.p.m.p.
Va considerato al riguardo che, nella prima memoria prodotta in
questa sede, la difesa dell'imputato aveva chiesto che fosse ritenuto
ammissibile l'appello avverso la sentenza, pronunciata nel giudizio
abbreviato, di esclusione della punibilita' per particolare tenuita'
del fatto, ed aveva richiamato una sentenza del giudice di
legittimita' (n. 459/2020), con cui si era affermato che l'imputato
fosse legittimato ad appellare una sentenza emessa, in sede di rito
abbreviato, ex art. 131-bis del codice penale.
La possibilita' di una interpretazione costituzionalmente
orientata dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale, tale
da consentire di escludere che il divieto di appello per le sentenze
assolutorie si estenda anche a quelle di proscioglimento per
particolare tenuita' dell'offesa, e' stata sostenuta, espressamente,
da questa Corte militare di appello, anche nella sentenza n. ... del
6 ottobre 2011 (irrevocabile il 25 dicembre 2021), nella quale e'
affermato che solo mediante tale interpretazione e' possibile non
compromettere il principio di ragionevolezza ed il diritto di difesa
e senza quindi dover sollevare una questione di legittimita'
costituzionale.
Una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 443,
comma 1 del codice di procedura penale, nel senso sopra indicato, e'
tuttavia ormai preclusa dalla chiara affermazione in diritto della
Corte di cassazione (n. 42578/2024), secondo cui:
con riguardo al rito abbreviato, «tra i "sacrifici" richiesti
all'imputato si annovera - a fianco del consenso ad essere giudicato
sulla base degli atti raccolti nelle indagini preliminari, con
conseguente rinuncia al contraddittorio nella formazione della prova
in sede dibattimentale - anche l'accettazione preventiva di
limitazioni alla facolta' di appello»;
nel novero delle «sentenze di proscioglimento», inappellabili
quando emesse all'esito di giudizio abbreviato, ricade anche quella
di assoluzione per particolare tenuita' del fatto ex art. 131-bis del
codice di procedura penale;
«ai sensi dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura
penale, la sentenza che dichiara la particolare tenuita' del fatto ex
art. 131-bis del codice penale, emessa all'esito di giudizio
abbreviato, non puo' essere appellata dall'imputato; quest'ultimo
dispone soltanto del rimedio del ricorso per cassazione».
Tale indirizzo puo' ritenersi ormai consolidato, anche alla luce
della recente sentenza (Cassazione, n. 13268/2025), secondo cui:
ha proposto ricorso per cassazione il difensore
dell'imputato, che ha dedotto violazione di legge, per avere la Corte
territoriale erroneamente ritenuto che la sentenza di assoluzione dal
reato ex art. 131-bis del codice penale, fosse una pronuncia non
appellabile;
la Corte di appello ha applicato correttamente l'art. 443,
comma 1 del codice di procedura penale, trattandosi di una sentenza
di proscioglimento, emessa all'esito del giudizio abbreviato.
2. Quanto alla valutazione circa la non manifesta infondatezza
della questione di costituzionalita', va in primo luogo considerato
che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 274 del 2009, ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale art. 443, comma 1 del
codice di procedura penale, come modificato dall'art. 2 della legge
20 febbraio 2006, n. 46, «nella parte in cui esclude che l'imputato
possa proporre appello contro le sentenze di assoluzione per difetto
di imputabilita', derivante da vizio totale di mente».
In tale sentenza rileva la Corte costituzionale che:
nel merito la questione e' fondata, in riferimento agli
articoli 3 e 24, secondo comma della Costituzione;
il giudizio abbreviato si fonda sulla «libera e consapevole
accettazione», da parte dell'imputato - quale contropartita per un
trattamento premiale sul piano sanzionatorio (riduzione di un terzo
della pena eventualmente inflitta) - di «limitazioni di diritti e
facolta' [...], altrimenti riconosciuti nel rito ordinario»;
tra i «sacrifici» richiesti all'imputato figura - a fianco
del consenso ad essere giudicato sulla base degli atti raccolti nelle
indagini preliminari, con conseguente rinuncia al contraddittorio
nella formazione della prova in sede dibattimentale - anche
l'accettazione preventiva di limitazioni alla facolta' di appello:
cio' e' nella logica di un rito alternativo che, per un verso,
persegue obiettivi di semplificazione e accelerazione dei processi;
e, per altro verso, si fonda - ormai in via esclusiva - sulla
volonta' dello stesso imputato;
tuttavia, le limitazioni all'appello dell'imputato, per poter
essere considerate costituzionalmente compatibili, debbono risultare
comunque basate su criteri razionali, nel confronto con i casi di
perdurante appellabilita', e debbono trovare, altresi', «un
fondamento ragionevolmente commisurato ... al rilievo costituzionale
dell'interesse inciso» (sentenza n. 363 del 1991): difatti, pur in
assenza di un riconoscimento costituzionale della garanzia del doppio
grado di giurisdizione di merito, il potere di appello dell'imputato
si presenta correlato al fondamentale valore espresso dal diritto di
difesa (art. 24, secondo comma della Costituzione);
la categoria delle sentenze di proscioglimento - che la norma
censurata assoggetta ad un regime unitario, quanto alla sottrazione
all'appello dell'imputato - non costituisce un genus unitario, ma
abbraccia ipotesi marcatamente eterogenee, quanto all'attitudine
lesiva degli interessi morali e giuridici del prosciolto;
del tutto particolare si presenta la sentenza di assoluzione
per vizio totale di mente: lungi dall'assumere una valenza pienamente
liberatoria, detta pronuncia postula l'accertamento della sussistenza
del fatto di reato, della sua riferibilita' all'imputato - in termini
tanto materiali che psicologici - e dell'assenza di cause di
giustificazione: non distinguendosi, dunque, sotto tale profilo, da
una sentenza di condanna;
in definitiva «l'assoluzione per totale infermita' di mente -
assimilabile, come detto, ad una condanna, quanto alla attribuzione
del atto all'imputato - puo' avere, infatti, ad oggetto qualunque
tipo di reato, ivi compresi quelli di maggiore allarme sociale; puo'
comportare l'applicazione di misure che, anche se non punitive,
risultano marcatamente afflittive (oltre che, in ogni caso, un
pregiudizio di ordine morale di particolare intensita'); prescinde,
infine, dall'entita' della pena edittale prevista per il reato
oggetto di giudizio. L'interesse dell'imputato a contestare, anche
nei profili di merito, i presupposti della pronuncia emessa nei suoi
confronti subisce, dunque, una limitazione intrinsecamente
irrazionale, in rapporto all'assetto complessivo delle preclusioni
dell'appello nel giudizio abbreviato, e priva di adeguata
giustificazione nelle caratteristiche e nelle finalita' proprie di
tale rito».
E' vero che, diversamente dalla assoluzione per infermita' di
mente, il proscioglimento per particolare tenuita' del fatto· non
puo' concernere i reati di maggiore allarme sociale. Va tuttavia
ritenuto che gli effetti pregiudizievoli, per l'imputato, di una
sentenza emessa ex art. 131-bis, siano cosi' significativi da rendere
parimenti irrazionale e contrastante con i principi costituzionali di
cui agli articoli 3 e 24 della Costituzione, l'esclusione della
possibilita' di appellare la relativa sentenza emessa nel giudizio
abbreviato.
Sul fondamento dell'istituto di cui all'art. 131-bis del codice
penale, merita in particolare richiamare la sentenza della Corte
costituzionale, 25 maggio 2022, n. 173, con cui e' stata dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 538 del codice di procedura
penale, «nella parte in cui non prevede che il giudice, quando
pronuncia sentenza di proscioglimento per la particolare tenuita' del
fatto, ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale, decide sulla
domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta
dalla parte civile, a norma degli articoli 74 e seguenti del codice
di procedura penale».
Nella suddetta sentenza e' stato osservato, in alcuni passaggi
che appaiono particolarmente significativi ai fini della problematica
qui in esame, che:
le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno evidenziato,
nella ipotesi di cui all'art. 131-bis del codice penale, che «il
fatto non e' punibile non perche' inoffensivo, ma perche' il
legislatore, pur in presenza di un fatto tipico, antigiuridico e
colpevole, ritiene che sia inopportuno punirlo, ove ricorrano le
condizioni indicate nella richiamata disposizione normativa» (Corte
di cassazione, sezioni unite penali, 27 gennaio-12 maggio 2022, n.
18891);
secondo la stessa Corte costituzionale (ordinanza n. 279 del
2017), «il fatto particolarmente lieve, cui fa riferimento l'art.
131-bis del codice penale, e' comunque un fatto offensivo, che
costituisce reato e che il legislatore preferisce non punire, sia per
riaffermare la natura di extrema ratio della pena e agevolare la
«rieducazione del condannato», sia per contenere il gravoso carico di
contenzioso penale gravante sulla giurisdizione»;
al pari della sentenza penale irrevocabile di condanna
pronunciata in seguito a dibattimento (art. 651 del codice di
procedura penale), anche quella dibattimentale di proscioglimento per
particolare tenuita' del fatto ha efficacia di giudicato, quanto
all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceita'
penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio
civile restitutorio o risarcitorio promosso nei confronti
dell'imputato;
la sentenza che dichiara la non punibilita' del fatto ex art.
131-bis del codice penale, pur integrando una decisione di
proscioglimento, contiene, dunque, gia' l'accertamento, con efficacia
di giudicato, delle circostanze che possono essere poste a fondamento
di una pretesa risarcitoria; la pronuncia di proscioglimento ex art.
131-bis del codice penale, si atteggia, pertanto, come una vera e
propria sentenza di accertamento dell'illecito penale, che, in quanto
avente efficacia di giudicato, puo' costituire presupposto di una
domanda di risarcimento del danno nel successivo giudizio civile;
la norma censurata contrasta con il principio di eguaglianza
(art. 3, primo comma della Costituzione) e con il diritto alla tutela
giurisdizionale (art. 24, secondo comma della Costituzione), nella
specie della parte civile, la quale subisce la mancata decisione in
ordine alla sua pretesa risarcitoria (o restitutoria) anche quando
essa appare fondata e meritevole di accoglimento proprio in ragione
del contestuale accertamento, ad opera del giudice penale, della
sussistenza del fatto, della sua illiceita' penale e della
riferibilita' della condotta illecita all'imputato nel contesto del
proscioglimento di quest'ultimo ex art. 131-bis del codice penale;
occorre quindi riconoscere al giudice penale, come necessaria
deroga alla regola posta dalla disposizione stessa, la possibilita'
di pronunciarsi anche sulla domanda di risarcimento del danno quando
accerti che sussistono i presupposti per dichiarare la non
punibilita' dell'imputato in ragione della particolare tenuita' del
fatto, ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale.
Va sottolineato che nella citata sentenza n. 173/2022 la Corte
costituzionale prende espressamente in considerazione gli effetti di
giudicato della sentenza dibattimentale di proscioglimento per
particolare tenuita' del fatto. L'art. 651-bis, comma 2 del codice di
procedura penale, prevede tuttavia che «la stessa efficacia» (di
giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della
sua illiceita' penale e all'affermazione che l'imputato lo ha
commesso) «ha la sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata
per particolare tenuita' del fatto a norma dell'art. 442, salvo che
vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito
abbreviato».
Sul tema puo' essere richiamata anche la sentenza n. 93/2024
della Corte costituzionale che ha dichiarato «l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 34, comma 2 del codice di procedura penale,
nella parte in cui non prevede l'incompatibilita', a decidere
sull'opposizione all'archiviazione per particolare tenuita' del
fatto, del giudice persona fisica che abbia rigettato la richiesta di
decreto penale di condanna, ritenendo sussistere la suddetta causa di
esclusione della punibilita'».
La Corte costituzionale, in tale sentenza ha affermato, in
particolare, che:
sull'assunto che l'archiviazione per particolare tenuita' del
fatto possa avere effetti potenzialmente pregiudizievoli, sia per gli
interessi della persona offesa, sia per l'interesse dell'indagato -
che potrebbe mirare a ottenere l'archiviazione per causa piu'
favorevole -, la legge ha inteso assicurare un pieno contraddittorio
su questo possibile esito, che deve, per l'appunto, essere
preannunciato in termini espliciti dal pubblico ministero;
riconosciuti i tratti caratteristici di tale sequenza
processuale, questa Corte ha, dunque, recentemente affermato che «una
pronuncia di non punibilita' ex art. 131-bis del codice penale, in
qualunque fase procedimentale o processuale sia collocata, presuppone
logicamente la valutazione che un reato, completo di tutti i suoi
elementi oggettivi e soggettivi, sia stato commesso dalla persona
sottoposta a indagini o dall'imputato» (sentenza n. 116 del 2023);
proprio perche' l'archiviazione ex art. 131-bis del codice
penale, implica l'accertamento della commissione del reato - la Corte
di legittimita' ha stabilito che il provvedimento di archiviazione
per particolare tenuita' del fatto debba essere iscritto nel
casellario giudiziale, producendo cosi' effetti diretti nella sfera
soggettiva della persona indagata (Corte di cassazione, sezioni unite
penali, sentenza 30 maggio-24 settembre 2019, n. 38954).
Puo' quindi in una sintesi conclusiva essere evidenziato che:
la Corte costituzionale e la Corte di cassazione hanno
ripetutamente e chiaramente affermato che il proscioglimento per
particolare tenuita' del fatto presuppone l'accertamento della piena
responsabilita' dell'imputato, sia sotto il profilo oggettivo che
soggettivo;
il proscioglimento con tale formula, pronunciato sia in sede
dibattimentale che in sede di giudizio abbreviato, provoca rilevanti
conseguenze pregiudizievoli, in particolare nel giudizio civile per
il risarcimento del danno e, per quanto specificamente interessa il
personale militare, nel giudizio sulla responsabilita' disciplinare,
di competenza dell'autorita' militare;
l'art. 131-bis e' stato introdotto (con la legge 16 marzo
2015, n. 28) dopo l'introduzione dei limiti all'appello di cui
all'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale e, peraltro, con
la sentenza n. 173/2022, la Corte costituzionale ha riconosciuto la
necessita' di rafforzare la posizione della parte civile, nel caso il
giudice ritenga applicabile l'art. 131-bis del codice penale;
sembra pertanto necessario, per realizzare un corretto
«bilanciamento» a favore del diritto di difesa dell'imputato,
ammettere a suo favore la facolta' di appellare le sentenze con cui
e' affermata la particolare tenuita' del fatto, anche se emesse in
sede di giudizio abbreviato;
quanto alla considerazione secondo cui la richiesta di
giudizio abbreviato comporta anche l'accettazione preventiva di
limitazioni alla facolta' di appello (nella logica di un rito
alternativo che persegue obiettivi di semplificazione e accelerazione
dei processi e si fonda sulla volonta' dell'imputato) puo'
osservarsi: in primo luogo, che una limitazione del diritto di
appello, che riguardi sentenze aventi il significato di accertamento
della commissione del reato, introduce, a parere di questa Corte, una
limitazione inaccettabile del diritto di difesa, ex art. 24 della
Costituzione; in secondo luogo, che, quanto all'obiettivo, certamente
meritevole di tutela giuridica, di semplificazione e accelerazione
dei processi, l'esclusione dell'appello per le sentenze di
proscioglimento, in abbreviato, per la particolare tenuita' del
fatto, potrebbe costituire (in modo del tutto controproducente
rispetto agli obiettivi perseguiti) un disincentivo alla scelta del
giudizio abbreviato, per l'imputato che confidi in una assoluzione
piena, sulla base degli atti, e si prospetti comunque la possibilita'
di proporre appello, ove il giudice non pervenga ad una formula
assolutoria di esclusione della responsabilita' penale.
P. Q. M.
Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione
agli articoli 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale,
nella parte in cui esclude che l'imputato possa proporre appello
contro le sentenze di proscioglimento per particolare tenuita' del
fatto, ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale;
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale;
Ordina la sospensione del giudizio in corso;
Ordina che la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia
notificata alle parti in causa, al pubblico ministero e al Presidente
del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti delle
due Camere del Parlamento.
Roma, 9 luglio 2025
Il presidente: Mazzi
Oggetto:
Processo penale – Giudizio abbreviato – Limiti all'appello – Possibilità per l’imputato di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. – Esclusione – Contrasto con il principio di eguaglianza – Lesione del diritto di difesa.
Norme impugnate:
codice di procedura penale del Num. Art. 443 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 24 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 173 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 luglio 2025 Ordinanza del 14 luglio 2025 della Corte militare d'appello nel procedimento militare a carico di A. S.. Processo penale - Giudizio abbreviato - Limiti all'appello - Possibilita' per l'imputato di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento per particolare tenuita' del fatto, ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen. - Esclusione. - Codice di procedura penale, art. 443, comma 1. (GU n. 39 del 24-09-2025) LA CORTE MILITARE DI APPELLO Seconda sezione Composta dai signori: 1. dott. Giuseppe Mazzi, presidente; 2. dott.ssa Maria Michela Teresa Mazzilli, giudice; 3. dott.ssa Anna Marconcini, giudice; 4. ten. col. AM Umberto Verde, giudice; 5. ten. col. EI Francesco Delle Femine, giudice, con l'intervento del procuratore generale militare in persona del dott. Carmine Vizza e con l'assistenza del cancelliere di udienza, dott. Alessio Luppino, in seguito all'appello proposto dal difensore avverso la sentenza n. 51 emessa dal G.U.P. presso il Tribunale militare di Verona - Sezione prima in data 19 luglio 2024, ha pronunciato in camera di consiglio la seguente Ordinanza Nel procedimento a carico di: S.A., nata a ... (...) il ...; residente a ... (...), via ... n. ...; elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore di fiducia avv. Gianfranco Ceoletta, in Verona, via Grazioli n. 5; carabiniere all'epoca dei fatti in servizio presso la Stazione carabinieri di ... (...), elettivamente domiciliata presso il difensore di fiducia, libera; presente; Imputata del reato di: «Lesione personale pluriaggravata» (articoli 223 del c.p.m.p., 585 del codice penale, in relazione all'art. 577, comma 1, n. 1 del codice penale, 47, n. 2 e n. 3 del c.p.m.p.) perche', carabiniere in servizio presso la Stazione CC di ... (...), mentre svolgeva servizio di militare di servizio alla caserma colpiva con due schiaffi il pari grado carabiniere ..., cagionandogli una lesione personale, dalla quale derivava, oltre al rossore del volto e dell'occhio sinistro, un lieve taglio del labbro e un leggero sanguinamento. Con l'aggravante di essere militare rivestito di un grado, di avere commesso il fatto durante un servizio militare e di avere commesso il fatto contro una persona a cui era legata da relazione affettiva. Fatto commesso in ... (...), in data 14 dicembre 2022. Identificata la persona offesa in ..., nato a ... il ..., residente in ... (...) alla via ... n. ..., in servizio alla Stazione CC di ... (...). Premesso che: con sentenza n. 51/2024 il GUP presso il Tribunale Militare di Verona assolveva ... dal reato a lei ascritto di lesione personale pluriaggravata perche' lo stesso non e' punibile per la particolare tenuita' del fatto; avverso tale sentenza il difensore di fiducia ha proposto appello, con cui chiede: in via principale, l'assoluzione perche' il fatto non sussiste, anche ai sensi dell'art. 530, comma 2 del codice di procedura penale; in subordine, l'assoluzione perche' il fatto non costituisce reato; in estremo subordine, la riqualificazione del fatto quale ingiuria reale e la declaratoria di non punibilita' ai sensi dell'art. 228 del c.p.m.p.; il procuratore generale militare, con propria memoria ex art. 121 del codice di procedura penale, in data 25 giugno 2025, ha rilevato che una sentenza di assoluzione per particolare tenuita' del fatto emessa dal giudice dell'udienza preliminare all'esito di un giudizio abbreviato non puo' essere appellata da parte dell'imputato o del suo difensore, come affermato dalla Corte di cassazione (sentenza Sez. V, n. 42578 del 20 novembre 2024): il gravame proposto dal difensore deve pertanto essere necessariamente riqualificato ai sensi del quinto comma dell'art. 568 del codice di procedura penale e trasmesso alla Corte di cassazione; la difesa, con memoria del 3 luglio 2025, chiede che la Corte rigetti l'eccezione proposta della Procura generale militare e dichiari l'ammissibilita' dell'appello; con le note integrative datate 4 luglio 2025 la stessa difesa solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale - nella parte in cui vieta l'appello avverso la sentenza di proscioglimento resa in rito abbreviato anche nel caso di non punibilita' per particolare tenuita' del fatto (art. 131-bis del codice penale) - per contrasto con i principi di ragionevolezza, uguaglianza, diritto di difesa e giusto processo; alla odierna udienza e' stato chiesto preliminarmente alle parti di esporre le proprie conclusioni in ordine alla ammissibilita' dell'appello: il procuratore generale ribadisce la richiesta di trasmissione degli atti alla Corte di cassazione; la difesa chiede che l'appello sia ritenuto ammissibile. Osserva 1. La Corte militare di appello ritiene rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude che l'imputato possa proporre appello contro le sentenze di proscioglimento per particolare tenuita' del fatto, emesse in sede di giudizio abbreviato. Sulla rilevanza della suddetta questione con riguardo alla definizione del presente giudizio non sussiste dubbio, in quanto la prospettata declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale, consentirebbe alla Corte di valutare nel merito le ragioni proposte dall'appellante e la fondatezza della richiesta di assoluzione, perche' il fatto non sussiste, perche' il fatto non costituisce reato ovvero per l'applicazione della causa di non punibilita' di cui all'art. 228 del c.p.m.p. Va considerato al riguardo che, nella prima memoria prodotta in questa sede, la difesa dell'imputato aveva chiesto che fosse ritenuto ammissibile l'appello avverso la sentenza, pronunciata nel giudizio abbreviato, di esclusione della punibilita' per particolare tenuita' del fatto, ed aveva richiamato una sentenza del giudice di legittimita' (n. 459/2020), con cui si era affermato che l'imputato fosse legittimato ad appellare una sentenza emessa, in sede di rito abbreviato, ex art. 131-bis del codice penale. La possibilita' di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale, tale da consentire di escludere che il divieto di appello per le sentenze assolutorie si estenda anche a quelle di proscioglimento per particolare tenuita' dell'offesa, e' stata sostenuta, espressamente, da questa Corte militare di appello, anche nella sentenza n. ... del 6 ottobre 2011 (irrevocabile il 25 dicembre 2021), nella quale e' affermato che solo mediante tale interpretazione e' possibile non compromettere il principio di ragionevolezza ed il diritto di difesa e senza quindi dover sollevare una questione di legittimita' costituzionale. Una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale, nel senso sopra indicato, e' tuttavia ormai preclusa dalla chiara affermazione in diritto della Corte di cassazione (n. 42578/2024), secondo cui: con riguardo al rito abbreviato, «tra i "sacrifici" richiesti all'imputato si annovera - a fianco del consenso ad essere giudicato sulla base degli atti raccolti nelle indagini preliminari, con conseguente rinuncia al contraddittorio nella formazione della prova in sede dibattimentale - anche l'accettazione preventiva di limitazioni alla facolta' di appello»; nel novero delle «sentenze di proscioglimento», inappellabili quando emesse all'esito di giudizio abbreviato, ricade anche quella di assoluzione per particolare tenuita' del fatto ex art. 131-bis del codice di procedura penale; «ai sensi dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale, la sentenza che dichiara la particolare tenuita' del fatto ex art. 131-bis del codice penale, emessa all'esito di giudizio abbreviato, non puo' essere appellata dall'imputato; quest'ultimo dispone soltanto del rimedio del ricorso per cassazione». Tale indirizzo puo' ritenersi ormai consolidato, anche alla luce della recente sentenza (Cassazione, n. 13268/2025), secondo cui: ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'imputato, che ha dedotto violazione di legge, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che la sentenza di assoluzione dal reato ex art. 131-bis del codice penale, fosse una pronuncia non appellabile; la Corte di appello ha applicato correttamente l'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale, trattandosi di una sentenza di proscioglimento, emessa all'esito del giudizio abbreviato. 2. Quanto alla valutazione circa la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita', va in primo luogo considerato che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 274 del 2009, ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale art. 443, comma 1 del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 46, «nella parte in cui esclude che l'imputato possa proporre appello contro le sentenze di assoluzione per difetto di imputabilita', derivante da vizio totale di mente». In tale sentenza rileva la Corte costituzionale che: nel merito la questione e' fondata, in riferimento agli articoli 3 e 24, secondo comma della Costituzione; il giudizio abbreviato si fonda sulla «libera e consapevole accettazione», da parte dell'imputato - quale contropartita per un trattamento premiale sul piano sanzionatorio (riduzione di un terzo della pena eventualmente inflitta) - di «limitazioni di diritti e facolta' [...], altrimenti riconosciuti nel rito ordinario»; tra i «sacrifici» richiesti all'imputato figura - a fianco del consenso ad essere giudicato sulla base degli atti raccolti nelle indagini preliminari, con conseguente rinuncia al contraddittorio nella formazione della prova in sede dibattimentale - anche l'accettazione preventiva di limitazioni alla facolta' di appello: cio' e' nella logica di un rito alternativo che, per un verso, persegue obiettivi di semplificazione e accelerazione dei processi; e, per altro verso, si fonda - ormai in via esclusiva - sulla volonta' dello stesso imputato; tuttavia, le limitazioni all'appello dell'imputato, per poter essere considerate costituzionalmente compatibili, debbono risultare comunque basate su criteri razionali, nel confronto con i casi di perdurante appellabilita', e debbono trovare, altresi', «un fondamento ragionevolmente commisurato ... al rilievo costituzionale dell'interesse inciso» (sentenza n. 363 del 1991): difatti, pur in assenza di un riconoscimento costituzionale della garanzia del doppio grado di giurisdizione di merito, il potere di appello dell'imputato si presenta correlato al fondamentale valore espresso dal diritto di difesa (art. 24, secondo comma della Costituzione); la categoria delle sentenze di proscioglimento - che la norma censurata assoggetta ad un regime unitario, quanto alla sottrazione all'appello dell'imputato - non costituisce un genus unitario, ma abbraccia ipotesi marcatamente eterogenee, quanto all'attitudine lesiva degli interessi morali e giuridici del prosciolto; del tutto particolare si presenta la sentenza di assoluzione per vizio totale di mente: lungi dall'assumere una valenza pienamente liberatoria, detta pronuncia postula l'accertamento della sussistenza del fatto di reato, della sua riferibilita' all'imputato - in termini tanto materiali che psicologici - e dell'assenza di cause di giustificazione: non distinguendosi, dunque, sotto tale profilo, da una sentenza di condanna; in definitiva «l'assoluzione per totale infermita' di mente - assimilabile, come detto, ad una condanna, quanto alla attribuzione del atto all'imputato - puo' avere, infatti, ad oggetto qualunque tipo di reato, ivi compresi quelli di maggiore allarme sociale; puo' comportare l'applicazione di misure che, anche se non punitive, risultano marcatamente afflittive (oltre che, in ogni caso, un pregiudizio di ordine morale di particolare intensita'); prescinde, infine, dall'entita' della pena edittale prevista per il reato oggetto di giudizio. L'interesse dell'imputato a contestare, anche nei profili di merito, i presupposti della pronuncia emessa nei suoi confronti subisce, dunque, una limitazione intrinsecamente irrazionale, in rapporto all'assetto complessivo delle preclusioni dell'appello nel giudizio abbreviato, e priva di adeguata giustificazione nelle caratteristiche e nelle finalita' proprie di tale rito». E' vero che, diversamente dalla assoluzione per infermita' di mente, il proscioglimento per particolare tenuita' del fatto· non puo' concernere i reati di maggiore allarme sociale. Va tuttavia ritenuto che gli effetti pregiudizievoli, per l'imputato, di una sentenza emessa ex art. 131-bis, siano cosi' significativi da rendere parimenti irrazionale e contrastante con i principi costituzionali di cui agli articoli 3 e 24 della Costituzione, l'esclusione della possibilita' di appellare la relativa sentenza emessa nel giudizio abbreviato. Sul fondamento dell'istituto di cui all'art. 131-bis del codice penale, merita in particolare richiamare la sentenza della Corte costituzionale, 25 maggio 2022, n. 173, con cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 538 del codice di procedura penale, «nella parte in cui non prevede che il giudice, quando pronuncia sentenza di proscioglimento per la particolare tenuita' del fatto, ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale, decide sulla domanda per le restituzioni e il risarcimento del danno proposta dalla parte civile, a norma degli articoli 74 e seguenti del codice di procedura penale». Nella suddetta sentenza e' stato osservato, in alcuni passaggi che appaiono particolarmente significativi ai fini della problematica qui in esame, che: le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno evidenziato, nella ipotesi di cui all'art. 131-bis del codice penale, che «il fatto non e' punibile non perche' inoffensivo, ma perche' il legislatore, pur in presenza di un fatto tipico, antigiuridico e colpevole, ritiene che sia inopportuno punirlo, ove ricorrano le condizioni indicate nella richiamata disposizione normativa» (Corte di cassazione, sezioni unite penali, 27 gennaio-12 maggio 2022, n. 18891); secondo la stessa Corte costituzionale (ordinanza n. 279 del 2017), «il fatto particolarmente lieve, cui fa riferimento l'art. 131-bis del codice penale, e' comunque un fatto offensivo, che costituisce reato e che il legislatore preferisce non punire, sia per riaffermare la natura di extrema ratio della pena e agevolare la «rieducazione del condannato», sia per contenere il gravoso carico di contenzioso penale gravante sulla giurisdizione»; al pari della sentenza penale irrevocabile di condanna pronunciata in seguito a dibattimento (art. 651 del codice di procedura penale), anche quella dibattimentale di proscioglimento per particolare tenuita' del fatto ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceita' penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile restitutorio o risarcitorio promosso nei confronti dell'imputato; la sentenza che dichiara la non punibilita' del fatto ex art. 131-bis del codice penale, pur integrando una decisione di proscioglimento, contiene, dunque, gia' l'accertamento, con efficacia di giudicato, delle circostanze che possono essere poste a fondamento di una pretesa risarcitoria; la pronuncia di proscioglimento ex art. 131-bis del codice penale, si atteggia, pertanto, come una vera e propria sentenza di accertamento dell'illecito penale, che, in quanto avente efficacia di giudicato, puo' costituire presupposto di una domanda di risarcimento del danno nel successivo giudizio civile; la norma censurata contrasta con il principio di eguaglianza (art. 3, primo comma della Costituzione) e con il diritto alla tutela giurisdizionale (art. 24, secondo comma della Costituzione), nella specie della parte civile, la quale subisce la mancata decisione in ordine alla sua pretesa risarcitoria (o restitutoria) anche quando essa appare fondata e meritevole di accoglimento proprio in ragione del contestuale accertamento, ad opera del giudice penale, della sussistenza del fatto, della sua illiceita' penale e della riferibilita' della condotta illecita all'imputato nel contesto del proscioglimento di quest'ultimo ex art. 131-bis del codice penale; occorre quindi riconoscere al giudice penale, come necessaria deroga alla regola posta dalla disposizione stessa, la possibilita' di pronunciarsi anche sulla domanda di risarcimento del danno quando accerti che sussistono i presupposti per dichiarare la non punibilita' dell'imputato in ragione della particolare tenuita' del fatto, ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale. Va sottolineato che nella citata sentenza n. 173/2022 la Corte costituzionale prende espressamente in considerazione gli effetti di giudicato della sentenza dibattimentale di proscioglimento per particolare tenuita' del fatto. L'art. 651-bis, comma 2 del codice di procedura penale, prevede tuttavia che «la stessa efficacia» (di giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceita' penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso) «ha la sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata per particolare tenuita' del fatto a norma dell'art. 442, salvo che vi si opponga la parte civile che non abbia accettato il rito abbreviato». Sul tema puo' essere richiamata anche la sentenza n. 93/2024 della Corte costituzionale che ha dichiarato «l'illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 2 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede l'incompatibilita', a decidere sull'opposizione all'archiviazione per particolare tenuita' del fatto, del giudice persona fisica che abbia rigettato la richiesta di decreto penale di condanna, ritenendo sussistere la suddetta causa di esclusione della punibilita'». La Corte costituzionale, in tale sentenza ha affermato, in particolare, che: sull'assunto che l'archiviazione per particolare tenuita' del fatto possa avere effetti potenzialmente pregiudizievoli, sia per gli interessi della persona offesa, sia per l'interesse dell'indagato - che potrebbe mirare a ottenere l'archiviazione per causa piu' favorevole -, la legge ha inteso assicurare un pieno contraddittorio su questo possibile esito, che deve, per l'appunto, essere preannunciato in termini espliciti dal pubblico ministero; riconosciuti i tratti caratteristici di tale sequenza processuale, questa Corte ha, dunque, recentemente affermato che «una pronuncia di non punibilita' ex art. 131-bis del codice penale, in qualunque fase procedimentale o processuale sia collocata, presuppone logicamente la valutazione che un reato, completo di tutti i suoi elementi oggettivi e soggettivi, sia stato commesso dalla persona sottoposta a indagini o dall'imputato» (sentenza n. 116 del 2023); proprio perche' l'archiviazione ex art. 131-bis del codice penale, implica l'accertamento della commissione del reato - la Corte di legittimita' ha stabilito che il provvedimento di archiviazione per particolare tenuita' del fatto debba essere iscritto nel casellario giudiziale, producendo cosi' effetti diretti nella sfera soggettiva della persona indagata (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 30 maggio-24 settembre 2019, n. 38954). Puo' quindi in una sintesi conclusiva essere evidenziato che: la Corte costituzionale e la Corte di cassazione hanno ripetutamente e chiaramente affermato che il proscioglimento per particolare tenuita' del fatto presuppone l'accertamento della piena responsabilita' dell'imputato, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo; il proscioglimento con tale formula, pronunciato sia in sede dibattimentale che in sede di giudizio abbreviato, provoca rilevanti conseguenze pregiudizievoli, in particolare nel giudizio civile per il risarcimento del danno e, per quanto specificamente interessa il personale militare, nel giudizio sulla responsabilita' disciplinare, di competenza dell'autorita' militare; l'art. 131-bis e' stato introdotto (con la legge 16 marzo 2015, n. 28) dopo l'introduzione dei limiti all'appello di cui all'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale e, peraltro, con la sentenza n. 173/2022, la Corte costituzionale ha riconosciuto la necessita' di rafforzare la posizione della parte civile, nel caso il giudice ritenga applicabile l'art. 131-bis del codice penale; sembra pertanto necessario, per realizzare un corretto «bilanciamento» a favore del diritto di difesa dell'imputato, ammettere a suo favore la facolta' di appellare le sentenze con cui e' affermata la particolare tenuita' del fatto, anche se emesse in sede di giudizio abbreviato; quanto alla considerazione secondo cui la richiesta di giudizio abbreviato comporta anche l'accettazione preventiva di limitazioni alla facolta' di appello (nella logica di un rito alternativo che persegue obiettivi di semplificazione e accelerazione dei processi e si fonda sulla volonta' dell'imputato) puo' osservarsi: in primo luogo, che una limitazione del diritto di appello, che riguardi sentenze aventi il significato di accertamento della commissione del reato, introduce, a parere di questa Corte, una limitazione inaccettabile del diritto di difesa, ex art. 24 della Costituzione; in secondo luogo, che, quanto all'obiettivo, certamente meritevole di tutela giuridica, di semplificazione e accelerazione dei processi, l'esclusione dell'appello per le sentenze di proscioglimento, in abbreviato, per la particolare tenuita' del fatto, potrebbe costituire (in modo del tutto controproducente rispetto agli obiettivi perseguiti) un disincentivo alla scelta del giudizio abbreviato, per l'imputato che confidi in una assoluzione piena, sulla base degli atti, e si prospetti comunque la possibilita' di proporre appello, ove il giudice non pervenga ad una formula assolutoria di esclusione della responsabilita' penale. P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude che l'imputato possa proporre appello contro le sentenze di proscioglimento per particolare tenuita' del fatto, ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina la sospensione del giudizio in corso; Ordina che la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia notificata alle parti in causa, al pubblico ministero e al Presidente del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Roma, 9 luglio 2025 Il presidente: Mazzi