Reg. ord. n. 173 del 2025 pubbl. su G.U. del 24/09/2025 n. 39

Ordinanza del Corte militare d'appello  del 14/07/2025

Tra: A. S.

Oggetto:

Processo penale – Giudizio abbreviato – Limiti all'appello – Possibilità per l’imputato di proporre appello contro le sentenze di proscioglimento per particolare tenuità del fatto, ai sensi dell’art. 131-bis cod. pen. – Esclusione – Contrasto con il principio di eguaglianza – Lesione del diritto di difesa. 

Norme impugnate:

codice di procedura penale  del  Num.  Art. 443  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 24   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 173 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 luglio 2025

Ordinanza del 14 luglio  2025  della  Corte  militare  d'appello  nel
procedimento militare a carico di A. S.. 
 
Processo  penale  -  Giudizio  abbreviato  -  Limiti  all'appello   -
  Possibilita' per l'imputato di proporre appello contro le  sentenze
  di proscioglimento per particolare tenuita'  del  fatto,  ai  sensi
  dell'art. 131-bis cod. pen. - Esclusione. 
- Codice di procedura penale, art. 443, comma 1. 


(GU n. 39 del 24-09-2025)

 
                    LA CORTE MILITARE DI APPELLO 
                           Seconda sezione 
 
    Composta dai signori: 
        1. dott. Giuseppe Mazzi, presidente; 
        2. dott.ssa Maria Michela Teresa Mazzilli, giudice; 
        3. dott.ssa Anna Marconcini, giudice; 
        4. ten. col. AM Umberto Verde, giudice; 
        5. ten. col. EI Francesco Delle Femine, giudice, 
con l'intervento del procuratore generale  militare  in  persona  del
dott. Carmine Vizza e con l'assistenza del  cancelliere  di  udienza,
dott. Alessio Luppino, in seguito all'appello proposto dal  difensore
avverso la sentenza n. 51  emessa  dal  G.U.P.  presso  il  Tribunale
militare di Verona -  Sezione  prima  in  data  19  luglio  2024,  ha
pronunciato in camera di consiglio la seguente 
 
                              Ordinanza 
 
    Nel procedimento a carico di: 
        S.A., nata a ... (...) il ...; residente a ... (...), via ...
n. ...; elettivamente domiciliata presso lo studio del  difensore  di
fiducia avv. Gianfranco Ceoletta,  in  Verona,  via  Grazioli  n.  5;
carabiniere all'epoca  dei  fatti  in  servizio  presso  la  Stazione
carabinieri  di  ...  (...),  elettivamente  domiciliata  presso   il
difensore di fiducia, libera; presente; 
    Imputata  del  reato  di:  «Lesione   personale   pluriaggravata»
(articoli 223 del c.p.m.p.,  585  del  codice  penale,  in  relazione
all'art. 577, comma 1, n. 1 del codice penale, 47, n. 2 e  n.  3  del
c.p.m.p.) perche', carabiniere in servizio presso la Stazione  CC  di
... (...), mentre svolgeva servizio  di  militare  di  servizio  alla
caserma colpiva con due  schiaffi  il  pari  grado  carabiniere  ...,
cagionandogli una lesione personale, dalla quale derivava,  oltre  al
rossore del volto e dell'occhio sinistro, un lieve taglio del  labbro
e un leggero  sanguinamento.  Con  l'aggravante  di  essere  militare
rivestito di un grado, di avere commesso il fatto durante un servizio
militare e di avere commesso il fatto contro una persona  a  cui  era
legata da relazione affettiva. 
    Fatto commesso in ... (...), in data 14 dicembre 2022. 
    Identificata la persona  offesa  in  ...,  nato  a  ...  il  ...,
residente in ... (...) alla via ... n. ..., in servizio alla Stazione
CC di ... (...). 
    Premesso che: 
        con sentenza n. 51/2024 il GUP presso il  Tribunale  Militare
di Verona assolveva ... dal reato a lei ascritto di lesione personale
pluriaggravata perche' lo stesso non e' punibile per  la  particolare
tenuita' del fatto; 
        avverso tale sentenza il difensore  di  fiducia  ha  proposto
appello, con cui chiede: in via principale, l'assoluzione perche'  il
fatto non sussiste, anche ai sensi dell'art. 530, comma 2 del  codice
di procedura penale; in subordine, l'assoluzione perche' il fatto non
costituisce reato; in  estremo  subordine,  la  riqualificazione  del
fatto quale ingiuria reale e la declaratoria di  non  punibilita'  ai
sensi dell'art. 228 del c.p.m.p.; 
        il procuratore generale militare, con propria memoria ex art.
121 del codice di procedura  penale,  in  data  25  giugno  2025,  ha
rilevato che una sentenza di assoluzione per particolare tenuita' del
fatto emessa dal giudice dell'udienza  preliminare  all'esito  di  un
giudizio abbreviato non puo' essere appellata da parte  dell'imputato
o del  suo  difensore,  come  affermato  dalla  Corte  di  cassazione
(sentenza Sez. V, n. 42578 del 20 novembre 2024): il gravame proposto
dal difensore deve pertanto essere necessariamente  riqualificato  ai
sensi del quinto comma dell'art. 568 del codice di procedura penale e
trasmesso alla Corte di cassazione; 
        la difesa, con memoria del 3 luglio 2025, chiede che la Corte
rigetti  l'eccezione  proposta  della  Procura  generale  militare  e
dichiari l'ammissibilita' dell'appello; 
        con le note integrative datate 4 luglio 2025 la stessa difesa
solleva la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  443,
comma 1 del codice di procedura penale - nella  parte  in  cui  vieta
l'appello  avverso  la  sentenza  di  proscioglimento  resa  in  rito
abbreviato anche nel caso di non punibilita' per particolare tenuita'
del fatto (art. 131-bis del codice penale)  -  per  contrasto  con  i
principi di ragionevolezza, uguaglianza, diritto di difesa  e  giusto
processo; 
        alla odierna udienza e' stato  chiesto  preliminarmente  alle
parti di esporre le proprie conclusioni in ordine alla ammissibilita'
dell'appello: il  procuratore  generale  ribadisce  la  richiesta  di
trasmissione degli atti alla Corte di cassazione;  la  difesa  chiede
che l'appello sia ritenuto ammissibile. 
 
                               Osserva 
 
    1.  La  Corte  militare  di  appello  ritiene  rilevante  e   non
manifestamente infondata, in relazione agli articoli  3  e  24  della
Costituzione, la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
443, comma 1 del codice di  procedura  penale,  nella  parte  in  cui
esclude che l'imputato possa proporre appello contro le  sentenze  di
proscioglimento per particolare tenuita' del fatto, emesse in sede di
giudizio abbreviato. 
    Sulla  rilevanza  della  suddetta  questione  con  riguardo  alla
definizione del presente giudizio non sussiste dubbio, in  quanto  la
prospettata declaratoria di illegittimita'  costituzionale  dell'art.
443, comma 1 del codice di procedura penale, consentirebbe alla Corte
di valutare nel merito  le  ragioni  proposte  dall'appellante  e  la
fondatezza della richiesta  di  assoluzione,  perche'  il  fatto  non
sussiste,  perche'  il  fatto  non  costituisce  reato   ovvero   per
l'applicazione della causa di non punibilita' di cui all'art. 228 del
c.p.m.p. 
    Va considerato al riguardo che, nella prima memoria  prodotta  in
questa sede, la difesa dell'imputato aveva chiesto che fosse ritenuto
ammissibile l'appello avverso la sentenza, pronunciata  nel  giudizio
abbreviato, di esclusione della punibilita' per particolare  tenuita'
del  fatto,  ed  aveva  richiamato  una  sentenza  del   giudice   di
legittimita' (n. 459/2020), con cui si era affermato  che  l'imputato
fosse legittimato ad appellare una sentenza emessa, in sede  di  rito
abbreviato, ex art. 131-bis del codice penale. 
    La  possibilita'  di   una   interpretazione   costituzionalmente
orientata dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale, tale
da consentire di escludere che il divieto di appello per le  sentenze
assolutorie  si  estenda  anche  a  quelle  di  proscioglimento   per
particolare tenuita' dell'offesa, e' stata sostenuta,  espressamente,
da questa Corte militare di appello, anche nella sentenza n. ...  del
6 ottobre 2011 (irrevocabile il 25 dicembre  2021),  nella  quale  e'
affermato che solo mediante tale  interpretazione  e'  possibile  non
compromettere il principio di ragionevolezza ed il diritto di  difesa
e  senza  quindi  dover  sollevare  una  questione  di   legittimita'
costituzionale. 
    Una interpretazione costituzionalmente orientata  dell'art.  443,
comma 1 del codice di procedura penale, nel senso sopra indicato,  e'
tuttavia ormai preclusa dalla chiara affermazione  in  diritto  della
Corte di cassazione (n. 42578/2024), secondo cui: 
        con riguardo al rito abbreviato, «tra i "sacrifici" richiesti
all'imputato si annovera - a fianco del consenso ad essere  giudicato
sulla base  degli  atti  raccolti  nelle  indagini  preliminari,  con
conseguente rinuncia al contraddittorio nella formazione della  prova
in  sede  dibattimentale  -  anche   l'accettazione   preventiva   di
limitazioni alla facolta' di appello»; 
        nel novero delle «sentenze di proscioglimento», inappellabili
quando emesse all'esito di giudizio abbreviato, ricade  anche  quella
di assoluzione per particolare tenuita' del fatto ex art. 131-bis del
codice di procedura penale; 
        «ai sensi dell'art. 443, comma  1  del  codice  di  procedura
penale, la sentenza che dichiara la particolare tenuita' del fatto ex
art.  131-bis  del  codice  penale,  emessa  all'esito  di   giudizio
abbreviato, non puo'  essere  appellata  dall'imputato;  quest'ultimo
dispone soltanto del rimedio del ricorso per cassazione». 
    Tale indirizzo puo' ritenersi ormai consolidato, anche alla  luce
della recente sentenza (Cassazione, n. 13268/2025), secondo cui: 
        ha   proposto   ricorso   per   cassazione    il    difensore
dell'imputato, che ha dedotto violazione di legge, per avere la Corte
territoriale erroneamente ritenuto che la sentenza di assoluzione dal
reato ex art. 131-bis del codice  penale,  fosse  una  pronuncia  non
appellabile; 
        la Corte di appello ha applicato  correttamente  l'art.  443,
comma 1 del codice di procedura penale, trattandosi di  una  sentenza
di proscioglimento, emessa all'esito del giudizio abbreviato. 
    2. Quanto alla valutazione circa la  non  manifesta  infondatezza
della questione di costituzionalita', va in primo  luogo  considerato
che la Corte costituzionale, con la sentenza  n.  274  del  2009,  ha
dichiarato l'illegittimita' costituzionale  art.  443,  comma  1  del
codice di procedura penale, come modificato dall'art. 2  della  legge
20 febbraio 2006, n. 46, «nella parte in cui esclude  che  l'imputato
possa proporre appello contro le sentenze di assoluzione per  difetto
di imputabilita', derivante da vizio totale di mente». 
    In tale sentenza rileva la Corte costituzionale che: 
        nel merito la  questione  e'  fondata,  in  riferimento  agli
articoli 3 e 24, secondo comma della Costituzione; 
        il giudizio abbreviato si fonda sulla «libera  e  consapevole
accettazione», da parte dell'imputato - quale  contropartita  per  un
trattamento premiale sul piano sanzionatorio (riduzione di  un  terzo
della pena eventualmente inflitta) - di  «limitazioni  di  diritti  e
facolta' [...], altrimenti riconosciuti nel rito ordinario»; 
        tra i «sacrifici» richiesti all'imputato figura  -  a  fianco
del consenso ad essere giudicato sulla base degli atti raccolti nelle
indagini preliminari, con  conseguente  rinuncia  al  contraddittorio
nella  formazione  della  prova  in  sede  dibattimentale   -   anche
l'accettazione preventiva di limitazioni alla  facolta'  di  appello:
cio' e' nella logica di  un  rito  alternativo  che,  per  un  verso,
persegue obiettivi di semplificazione e accelerazione  dei  processi;
e, per altro verso, si  fonda  -  ormai  in  via  esclusiva  -  sulla
volonta' dello stesso imputato; 
        tuttavia, le limitazioni all'appello dell'imputato, per poter
essere considerate costituzionalmente compatibili, debbono  risultare
comunque basate su criteri razionali, nel confronto  con  i  casi  di
perdurante  appellabilita',  e   debbono   trovare,   altresi',   «un
fondamento ragionevolmente commisurato ... al rilievo  costituzionale
dell'interesse inciso» (sentenza n. 363 del 1991):  difatti,  pur  in
assenza di un riconoscimento costituzionale della garanzia del doppio
grado di giurisdizione di merito, il potere di appello  dell'imputato
si presenta correlato al fondamentale valore espresso dal diritto  di
difesa (art. 24, secondo comma della Costituzione); 
        la categoria delle sentenze di proscioglimento - che la norma
censurata assoggetta ad un regime unitario, quanto  alla  sottrazione
all'appello dell'imputato - non costituisce  un  genus  unitario,  ma
abbraccia  ipotesi  marcatamente  eterogenee,  quanto  all'attitudine
lesiva degli interessi morali e giuridici del prosciolto; 
        del tutto particolare si presenta la sentenza di  assoluzione
per vizio totale di mente: lungi dall'assumere una valenza pienamente
liberatoria, detta pronuncia postula l'accertamento della sussistenza
del fatto di reato, della sua riferibilita' all'imputato - in termini
tanto  materiali  che  psicologici  -  e  dell'assenza  di  cause  di
giustificazione: non distinguendosi, dunque, sotto tale  profilo,  da
una sentenza di condanna; 
        in definitiva «l'assoluzione per totale infermita' di mente -
assimilabile, come detto, ad una condanna, quanto  alla  attribuzione
del atto all'imputato - puo' avere,  infatti,  ad  oggetto  qualunque
tipo di reato, ivi compresi quelli di maggiore allarme sociale;  puo'
comportare l'applicazione di  misure  che,  anche  se  non  punitive,
risultano marcatamente  afflittive  (oltre  che,  in  ogni  caso,  un
pregiudizio di ordine morale di particolare  intensita');  prescinde,
infine, dall'entita'  della  pena  edittale  prevista  per  il  reato
oggetto di giudizio. L'interesse dell'imputato  a  contestare,  anche
nei profili di merito, i presupposti della pronuncia emessa nei  suoi
confronti   subisce,   dunque,   una   limitazione    intrinsecamente
irrazionale, in rapporto all'assetto  complessivo  delle  preclusioni
dell'appello  nel  giudizio   abbreviato,   e   priva   di   adeguata
giustificazione nelle caratteristiche e nelle  finalita'  proprie  di
tale rito». 
    E' vero che, diversamente dalla  assoluzione  per  infermita'  di
mente, il proscioglimento per particolare  tenuita'  del  fatto·  non
puo' concernere i reati di  maggiore  allarme  sociale.  Va  tuttavia
ritenuto che gli effetti  pregiudizievoli,  per  l'imputato,  di  una
sentenza emessa ex art. 131-bis, siano cosi' significativi da rendere
parimenti irrazionale e contrastante con i principi costituzionali di
cui agli articoli 3  e  24  della  Costituzione,  l'esclusione  della
possibilita' di appellare la relativa sentenza  emessa  nel  giudizio
abbreviato. 
    Sul fondamento dell'istituto di cui all'art. 131-bis  del  codice
penale, merita in particolare  richiamare  la  sentenza  della  Corte
costituzionale, 25 maggio 2022, n. 173, con cui e'  stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 538 del codice di procedura
penale, «nella parte in  cui  non  prevede  che  il  giudice,  quando
pronuncia sentenza di proscioglimento per la particolare tenuita' del
fatto, ai sensi dell'art. 131-bis del  codice  penale,  decide  sulla
domanda per le restituzioni e  il  risarcimento  del  danno  proposta
dalla parte civile, a norma degli articoli 74 e seguenti  del  codice
di procedura penale». 
    Nella suddetta sentenza e' stato osservato,  in  alcuni  passaggi
che appaiono particolarmente significativi ai fini della problematica
qui in esame, che: 
        le Sezioni unite della Corte di cassazione hanno evidenziato,
nella ipotesi di cui all'art. 131-bis  del  codice  penale,  che  «il
fatto  non  e'  punibile  non  perche'  inoffensivo,  ma  perche'  il
legislatore, pur in presenza di  un  fatto  tipico,  antigiuridico  e
colpevole, ritiene che sia  inopportuno  punirlo,  ove  ricorrano  le
condizioni indicate nella richiamata disposizione  normativa»  (Corte
di cassazione, sezioni unite penali, 27 gennaio-12  maggio  2022,  n.
18891); 
        secondo la stessa Corte costituzionale (ordinanza n. 279  del
2017), «il fatto particolarmente lieve,  cui  fa  riferimento  l'art.
131-bis del codice  penale,  e'  comunque  un  fatto  offensivo,  che
costituisce reato e che il legislatore preferisce non punire, sia per
riaffermare la natura di extrema ratio  della  pena  e  agevolare  la
«rieducazione del condannato», sia per contenere il gravoso carico di
contenzioso penale gravante sulla giurisdizione»; 
        al  pari  della  sentenza  penale  irrevocabile  di  condanna
pronunciata in  seguito  a  dibattimento  (art.  651  del  codice  di
procedura penale), anche quella dibattimentale di proscioglimento per
particolare tenuita' del fatto  ha  efficacia  di  giudicato,  quanto
all'accertamento della sussistenza del fatto,  della  sua  illiceita'
penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio
civile   restitutorio   o   risarcitorio   promosso   nei   confronti
dell'imputato; 
        la sentenza che dichiara la non punibilita' del fatto ex art.
131-bis  del  codice  penale,  pur  integrando   una   decisione   di
proscioglimento, contiene, dunque, gia' l'accertamento, con efficacia
di giudicato, delle circostanze che possono essere poste a fondamento
di una pretesa risarcitoria; la pronuncia di proscioglimento ex  art.
131-bis del codice penale, si atteggia, pertanto,  come  una  vera  e
propria sentenza di accertamento dell'illecito penale, che, in quanto
avente efficacia di giudicato, puo'  costituire  presupposto  di  una
domanda di risarcimento del danno nel successivo giudizio civile; 
        la norma censurata contrasta con il principio di  eguaglianza
(art. 3, primo comma della Costituzione) e con il diritto alla tutela
giurisdizionale (art. 24, secondo comma  della  Costituzione),  nella
specie della parte civile, la quale subisce la mancata  decisione  in
ordine alla sua pretesa risarcitoria (o  restitutoria)  anche  quando
essa appare fondata e meritevole di accoglimento proprio  in  ragione
del contestuale accertamento, ad  opera  del  giudice  penale,  della
sussistenza  del  fatto,  della  sua  illiceita'   penale   e   della
riferibilita' della condotta illecita all'imputato nel  contesto  del
proscioglimento di quest'ultimo ex art. 131-bis del codice penale; 
        occorre quindi riconoscere al giudice penale, come necessaria
deroga alla regola posta dalla disposizione stessa,  la  possibilita'
di pronunciarsi anche sulla domanda di risarcimento del danno  quando
accerti  che  sussistono  i  presupposti  per   dichiarare   la   non
punibilita' dell'imputato in ragione della particolare  tenuita'  del
fatto, ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale. 
    Va sottolineato che nella citata sentenza n.  173/2022  la  Corte
costituzionale prende espressamente in considerazione gli effetti  di
giudicato  della  sentenza  dibattimentale  di  proscioglimento   per
particolare tenuita' del fatto. L'art. 651-bis, comma 2 del codice di
procedura penale, prevede tuttavia  che  «la  stessa  efficacia»  (di
giudicato quanto all'accertamento della sussistenza del fatto,  della
sua  illiceita'  penale  e  all'affermazione  che  l'imputato  lo  ha
commesso) «ha la sentenza irrevocabile di proscioglimento pronunciata
per particolare tenuita' del fatto a norma dell'art. 442,  salvo  che
vi si opponga la  parte  civile  che  non  abbia  accettato  il  rito
abbreviato». 
    Sul tema puo' essere richiamata  anche  la  sentenza  n.  93/2024
della  Corte  costituzionale  che  ha  dichiarato   «l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 34, comma 2 del codice di procedura  penale,
nella  parte  in  cui  non  prevede  l'incompatibilita',  a  decidere
sull'opposizione  all'archiviazione  per  particolare  tenuita'   del
fatto, del giudice persona fisica che abbia rigettato la richiesta di
decreto penale di condanna, ritenendo sussistere la suddetta causa di
esclusione della punibilita'». 
    La Corte  costituzionale,  in  tale  sentenza  ha  affermato,  in
particolare, che: 
        sull'assunto che l'archiviazione per particolare tenuita' del
fatto possa avere effetti potenzialmente pregiudizievoli, sia per gli
interessi della persona offesa, sia per l'interesse  dell'indagato  -
che  potrebbe  mirare  a  ottenere  l'archiviazione  per  causa  piu'
favorevole -, la legge ha inteso assicurare un pieno  contraddittorio
su  questo  possibile  esito,  che  deve,   per   l'appunto,   essere
preannunciato in termini espliciti dal pubblico ministero; 
        riconosciuti  i  tratti  caratteristici  di   tale   sequenza
processuale, questa Corte ha, dunque, recentemente affermato che «una
pronuncia di non punibilita' ex art. 131-bis del  codice  penale,  in
qualunque fase procedimentale o processuale sia collocata, presuppone
logicamente la valutazione che un reato, completo  di  tutti  i  suoi
elementi oggettivi e soggettivi, sia  stato  commesso  dalla  persona
sottoposta a indagini o dall'imputato» (sentenza n. 116 del 2023); 
        proprio perche' l'archiviazione ex art.  131-bis  del  codice
penale, implica l'accertamento della commissione del reato - la Corte
di legittimita' ha stabilito che il  provvedimento  di  archiviazione
per  particolare  tenuita'  del  fatto  debba  essere  iscritto   nel
casellario giudiziale, producendo cosi' effetti diretti  nella  sfera
soggettiva della persona indagata (Corte di cassazione, sezioni unite
penali, sentenza 30 maggio-24 settembre 2019, n. 38954). 
    Puo' quindi in una sintesi conclusiva essere evidenziato che: 
        la Corte  costituzionale  e  la  Corte  di  cassazione  hanno
ripetutamente e chiaramente  affermato  che  il  proscioglimento  per
particolare tenuita' del fatto presuppone l'accertamento della  piena
responsabilita' dell'imputato, sia sotto  il  profilo  oggettivo  che
soggettivo; 
        il proscioglimento con tale formula, pronunciato sia in  sede
dibattimentale che in sede di giudizio abbreviato, provoca  rilevanti
conseguenze pregiudizievoli, in particolare nel giudizio  civile  per
il risarcimento del danno e, per quanto specificamente  interessa  il
personale militare, nel giudizio sulla responsabilita'  disciplinare,
di competenza dell'autorita' militare; 
        l'art. 131-bis e' stato introdotto (con  la  legge  16  marzo
2015, n. 28)  dopo  l'introduzione  dei  limiti  all'appello  di  cui
all'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale e, peraltro, con
la sentenza n. 173/2022, la Corte costituzionale ha  riconosciuto  la
necessita' di rafforzare la posizione della parte civile, nel caso il
giudice ritenga applicabile l'art. 131-bis del codice penale; 
        sembra  pertanto  necessario,  per  realizzare  un   corretto
«bilanciamento»  a  favore  del  diritto  di  difesa   dell'imputato,
ammettere a suo favore la facolta' di appellare le sentenze  con  cui
e' affermata la particolare tenuita' del fatto, anche  se  emesse  in
sede di giudizio abbreviato; 
        quanto  alla  considerazione  secondo  cui  la  richiesta  di
giudizio  abbreviato  comporta  anche  l'accettazione  preventiva  di
limitazioni alla  facolta'  di  appello  (nella  logica  di  un  rito
alternativo che persegue obiettivi di semplificazione e accelerazione
dei  processi  e  si  fonda  sulla   volonta'   dell'imputato)   puo'
osservarsi: in primo  luogo,  che  una  limitazione  del  diritto  di
appello, che riguardi sentenze aventi il significato di  accertamento
della commissione del reato, introduce, a parere di questa Corte, una
limitazione inaccettabile del diritto di difesa,  ex  art.  24  della
Costituzione; in secondo luogo, che, quanto all'obiettivo, certamente
meritevole di tutela giuridica, di  semplificazione  e  accelerazione
dei  processi,  l'esclusione  dell'appello   per   le   sentenze   di
proscioglimento, in  abbreviato,  per  la  particolare  tenuita'  del
fatto,  potrebbe  costituire  (in  modo  del  tutto  controproducente
rispetto agli obiettivi perseguiti) un disincentivo alla  scelta  del
giudizio abbreviato, per l'imputato che confidi  in  una  assoluzione
piena, sulla base degli atti, e si prospetti comunque la possibilita'
di proporre appello, ove il  giudice  non  pervenga  ad  una  formula
assolutoria di esclusione della responsabilita' penale. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; 
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata,  in  relazione
agli articoli 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 443, comma 1 del codice di procedura penale,
nella parte in cui esclude  che  l'imputato  possa  proporre  appello
contro le sentenze di proscioglimento per  particolare  tenuita'  del
fatto, ai sensi dell'art. 131-bis del codice penale; 
    Dispone  l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
costituzionale; 
    Ordina la sospensione del giudizio in corso; 
    Ordina che la presente ordinanza, a cura della  cancelleria,  sia
notificata alle parti in causa, al pubblico ministero e al Presidente
del Consiglio dei ministri, nonche' comunicata  ai  Presidenti  delle
due Camere del Parlamento. 
      Roma, 9 luglio 2025 
 
                        Il presidente: Mazzi