Reg. ord. n. 171 del 2025 pubbl. su G.U. del 24/09/2025 n. 39
Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Udine del 03/06/2025
Tra: Acciaierie di Verona spa e altri C/ Autorità garante della concorrenza e del mercato
Oggetto:
Autorità indipendenti – Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) – Previsione che per assicurare il relativo finanziamento vengono applicati contributi, pari allo 0,8 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato dalla società di capitale, a carico dei soli imprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro – Previsione che la soglia massima di contribuzione a carico di ciascuna impresa non può essere superiore a cento volte la misura minima - Denunciata disciplina che confligge con il principio della capacità contributiva, dato che il criterio adottato per identificare la platea dei contribuenti non coincide necessariamente con la redditività di un’impresa, potendo, a parità di fatturato, essere ben diversi i profitti e quindi la redditività fra imprese operanti in settori diversi – Contrasto con il principio di progressività poiché i soggetti con maggiore capacità contributiva possono in concreto risultare destinatari di obblighi di contribuzione proporzionalmente minori di quelli gravanti sui contribuenti con minore capacità contributiva, atteso che il massimo importo di detto contributo non può esser superiore a cento volte la misura minima – Scelta legislativa non sorretta da adeguata giustificazione nella parte in cui prevede un’esenzione totale per i contribuenti sotto soglia – Lesione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità ed eguaglianza del trattamento fiscale adottato – Discriminazione tra le società italiane con ricavi superiori a 50 milioni di euro iscritte al registro delle imprese tenuto dalle Camere di commercio italiane e tutte quelle imprese straniere non aventi una rappresentanza stabile in Italia, ma che esercitano attività di impresa nel nostro Paese, usufruendo dei servizi di vigilanza e di regolamentazione della AGCM – Contributo che grava esclusivamente su imprese che si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga a quelle che ne sono esentate e ciò solo in base al fatturato, elemento che non appare un ragionevole parametro discretivo sulla cui base strutturarne la debenza soggettiva - Lesione del principio di non discriminazione, come declinato dalla normativa europea che impone di non trattare in modo diverso situazioni omogenee – Disciplina che lede l’indipendenza dell’AGCM, violando il principio di leale collaborazione imposto agli Stati membri dalla normativa europea interposta, che implica il divieto di adottare misure che rischino di compromettere la realizzazione degli obiettivi di tutela della concorrenza dell’Unione europea.
Norme impugnate:
legge del 10/10/1990 Num. 287 Art. 10 Co. 7
legge del 10/10/1990 Num. 287 Art. 10 Co. 7
decreto-legge del 24/01/2012 Num. 1 Art. 5 Co. 1
legge del 24/03/2012 Num. 27
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 53 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
direttiva UE Art. Co.
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 101 Co.
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 102 Co.
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 103 Co.
regolamento CE Art. Co.
Trattato CE Art. 81 Co.
Trattato CE Art. 82 Co.
Trattato unione europea Art. 4 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 20 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 21 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 171 ORDINANZA (Atto di promovimento) 03 giugno 2025 Ordinanza del 3 giugno 2025 della Corte di giustizia tributaria di primo grado di Udine sul ricorso proposto da Acciaierie di Verona S.p.a. e altri contro l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato e l'Agenzia delle entrate-Riscossione-Udine.. Autorita' indipendenti - Autorita' garante della concorrenza e del mercato (AGCM) - Previsione che per assicurare il relativo finanziamento vengono applicati contributi a carico dei soli imprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro - Previsione che la soglia massima di contribuzione a carico di ciascuna impresa non puo' essere superiore a cento volte la misura minima. - Legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato) art. 10, commi 7-ter e 7-quater, aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27. (GU n. 39 del 24-09-2025) LA CORTE DI GIUSTIZIA DI PRIMO GRADO DI UDINE Sezione 2 Riunita in udienza il 21 maggio 2025 alle ore 9,45 con la seguente composizione collegiale: Zoso Liana Maria Teresa, Presidente; Fiorentin Fabio, Relatore; Valle Alberto, Giudice. In data 21 maggio 2025 ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 229/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da Acciaierie Di Verona S.p.a. - 02830390304. Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B - Gabriele Dona' - DNOGRL70S08Z103G - Wilma Viscardini - VSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate - Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed elettivamente domiciliato presso protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita' garante della concorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato presso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it Avente ad oggetto l'impugnazione di: Ruolo n. 2024/000710 Contributo AGCM 2023 sul ricorso n. 230/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da Ferriere Nord S.p.a. - 00163780307 - Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B - Gabriele Dona' - DNOGRL70S08Z103G - Wilma Viscardini VSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate - Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed elettivamente domiciliato presso protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita' garante della concorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato presso ads.ts@mail.cert.avvocaturastato.it Avente ad oggetto l'impugnazione di: Ruolo n. 2024/000710 contributo AGCM 2023 sul ricorso n. 231/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da Siderpotenza S.p.a. - 02967560307 - Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B - Gabriele Dona' DNOGRL70S08Z103G - Wilma Viscardini VSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate - Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed elettivamente domiciliato presso protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita' garante della concorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato presso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it Avente ad oggetto l'impugnazione di: ruolo n. 2024/000710 contributoAGCM 2023 sul ricorso n. 232/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da S.i.a.t.- Societa' italiana Acciai Trafilati S.p.a. - 00166750307 - Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B - Gabriele Dona' DNOGRL70S08Z103G - Wilma Viscardini VSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate - Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed elettivamente domiciliato presso protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita' garante della concorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato presso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it Avente ad oggetto l'impugnazione di: ruolo n. 2024/000710 contributo AGCM 2023 a seguito di discussione in pubblica udienza; Elmenti in fatto e diritto 1. Con ricorso iscritto al RGR n. 229/2024 dell'intestata Corte di Giustizia Tributaria di I° grado di Udine, la societa' Acciaierie di Verona S.p.A. (C.F. 02830390304), con sede legale in Osoppo (UD) Zona Industriale Rivoli - in persona del legale rappresentante, ut supra rappresentata e difesa, ha proposto ricorso avverso la cartella di pagamento n. 11520240011262903000 emessa da Agenzia delle entrate - Riscossione, Agente della riscossione-prov. di Udine su incarico dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, notificata il 26 marzo 2024 e del sottostante ruolo n. 2024/000710, reso esecutivo il 15 dicembre 2023, relativo alla richiesta di pagamento del contributo previsto dall'art. 5-bis della legge n. 27/2012 a titolo di oneri di funzionamento dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, posto a carico di imprese aventi specifiche caratteristiche giuridiche e determinati volumi di ricavi, relativo all'anno 2023. 2. La societa' ricorrente ritiene illegittimo il contributo de quo, poiche' la relativa disciplina introduce una immotivata discriminazione tra operatori economici che si trovano in una medesima situazione di diritto e di fatto e mira, altresi', a finanziare l'insieme delle funzioni dell'AGCM, comprese quelle che non riguardano e non possono riguardare le imprese gravate dal tributo. Chiede, su tali premesse, l'annullamento degli atti impositivi impugnati con vittoria di spese e competenze di causa, previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea ai sensi dell'art. 267 TFUE. 3. Si e' costituito in giudizio l'Agente della Riscossione di Udine, con richiesta di dichiarare il suo difetto di legittimazione passiva essendo le contestazioni mosse dalla ricorrente esclusivamente afferenti al merito della pretesa impositiva e non essendo stata sollevata alcuna eccezione relativa a vizi attinenti alla regolarita' formale della cartella o della notificazione della stessa. 4. Nessuno si e' costituito per l'Autorita' garante della concorrenza e del mercato. 5. Con memoria del 9 maggio 2025, i difensori hanno richiesto la riunione al presente procedimento dei procedimenti iscritti ai nn. RGR 230/2024 a seguito di ricorso notificato in data 27 maggio 2024 dalla societa' Ferriere Nord S.p.a. avverso la cartella di pagamento n. 11520240011115315000 notificata il 26 marzo 2024 e sottostante ruolo), n. RGR 231/2024 iscritto su ricorso presentato il 27 maggio 2024 dalla societa' Siderpotenza S.p.a. contro la cartella di pagamento n. 11520240011297267000 notificata il 26 marzo 2024 e sottostante ruolo n. 2024/000710 e n. RGR 232/2024 iscritto a seguito di ricorso notificato in data 29 giugno 2023 dalla societa' S.I.A.T. Societa' Italiana Acciai Trafilati S.p.a. nei confronti della cartella di pagamento n. 11520240011116022000 notificata il 26 marzo 2024 e del sottostante ruolo n. 2023/001014, per la loro trattazione congiunta ai sensi dell'art. 29, comma 1, decreto legislativo n. 546/92. Le difese chiedono, per tutti i ricorsi sopra indicati, in via preliminare che questa Corte disponga rinvio pregiudiziale alla CGUE ai sensi dell'art. 267 TFUE e, nel merito, l'annullamento degli atti impugnati, sulla base delle medesime considerazioni ed elementi di fatto e di diritto gia' veicolati con il ricorso iscritto al n. RGR 229/2024. 6. Non essendosi raggiunta una composizione conciliazione tra le parti e previa riunione al presente procedimento di quelli iscritti ai nn. RGR 230/2024, 231/2024 e 232/2024 per connessione oggettiva impropria, essendo stati, per tutti i detti ricorsi, proposti i medesimi motivi di impugnazione ed essendo pertanto opportuno dare ai medesimi una soluzione decisionale unitaria, cosi' evitando possibili contraddizioni e incongruenze nell'indirizzo giurisprudenziale, si procedeva alla trattazione unitaria dei sopra indicati ricorsi riuniti alla pubblica udienza del 21 maggio 2025 e, sulle ribadite conclusioni e deduzioni delle parti, la Corte riservava la decisione. Motivi 1. Le ricorrenti non censurano la conformita' formale alla legge italiana della pretesa impositiva di AGCM e dell'operato dell'ADER, ma contestano, bensi', la legittimita' della disciplina di cui all'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27 sotto il profilo del dedotto contrasto con i principi costituzionali e unionali, sotto articolati profili. 2. La ricorrente osserva preliminarmente che, se e' pur vero che la legittimita' della disciplina del contributo in questione e' stata affermata dalla Corte costituzionale in relazione agli artt. 3 e 53 Cost. con la sentenza n. 269/2017, depositata il 14 dicembre 2017, che ha riconosciuto la natura tributaria del «contributo» previsto, essa poggia su argomentazioni meritevoli di rivisitazione, laddove la Consulta afferma che: «le spese di funzionamento dell'autorita' preposta al corretto funzionamento del mercato gravano sulle imprese caratterizzate da una presenza significativa nei mercati di riferimento e dotate di considerevole capacita' di incidenza sui movimenti delle relative attivita' economiche», potendosi configurare fattualmente l'ipotesi di imprese che, pur rimanendo «sotto soglia», abbiano una presenza significativa nel mercato di riferimento e purtuttavia non sono assoggettate al pagamento del contributo. 3. In secondo luogo, non corrisponderebbe - secondo le ricorrenti - al dato statistico ed esperienziale che l'attivita' dell'AGCM, si concentri soprattutto nei confronti delle imprese «sopra soglia» come dimostrerebbero le rilevazioni statistiche, che dimostrano una sostanziale equivalenza dal punto di vista degli interventi dell'Autorita' tra imprese «sotto» e «sopra soglia» (le rilevazioni prodotte dalle ricorrenti riportano che, negli anni 2018-2023, su 272 imprese coinvolte, 136, cioe' la meta', erano «sotto soglia») e nel 2023 (l'annualita' cui si riferiscono i ruoli oggi impugnati), le societa' «sotto soglia» coinvolte sono state piu' del triplo di quelle «sopra soglia». Neppure si potrebbe sostenere che l'attivita' di indagine dell'AGCM sarebbe statisticamente piu' complessa in relazione alle imprese «sopra soglia». Pertanto - rilevano ancora le ricorrenti - a differenza di quanto afferma la evocata pronuncia costituzionale - non corrisponderebbe all'id quod plerumque accidit che le imprese «sopra soglia», assorbendo continuativamente e quantitativamente la maggior parte delle risorse organizzative e di indagine dell'AGCM, possano considerarsi le destinatarie prevalenti dell'attivita' dell'AGCM e quindi le maggiori responsabili della relativa spesa. Cio' premesso, poiche' le societa' di capitali con ricavi inferiori a 50 milioni di euro, non tenute al versamento del «contributo», si troverebbero in una situazione di diritto e di fatto del tutto analoga a quella delle imprese di capitali con ricavi superiori a tale soglia, ne conseguirebbe il carattere irragionevolmente discriminatorio della misura fiscale de qua. 4. Appare, inoltre, emergere - ad avviso delle ricorrenti - il profilo del contrasto della normativa interna qui rilevante con i principi unionali e su tale profilo si concentrano in particolare i rilievi veicolati nei ricorsi, con i quali, al fine di contrastare la pretesa impositiva, le ricorrenti chiedono in via preliminare a questa Corte di interporre rinvio pregiudiziale alla CGUE ai sensi dell'art. 267 TFUE al fine di accertare la compatibilita' dell'art. 5-bis della legge n. 27/2012 con i principi europei della normativa italiana che disciplina il contributo con le disposizioni comunitarie sotto il profilo del contrasto con i principi generali e i diritti fondamentali dell'Unione europea (eguaglianza davanti alla legge, divieto di discriminazione, tutela del patrimonio, proporzionalita', presunzione di innocenza) per la discriminazione che la normativa italiana genera tra operatori economici che si trovano in una situazione di diritto e di fatto omogenea e perche' mira a finanziare l'insieme delle funzioni dell'AGCM, comprese quelle che non riguardano le imprese gravate dal tributo. In questa prospettiva, le ricorrenti ricordano che il giudice comune ben puo' promuovere il rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE anche se su questioni analoghe si sia pronunciata la Corte costituzionale nazionale (CGUE, sent. «Global Starnet» del 20 dicembre 2017). 5. Sotto il profilo della dedotta illegittimita' convenzionale, le ricorrenti assumono, che il «contributo» de quo sarebbe discriminatorio e, dunque, in contrasto con la direttiva 2019/1 (direttiva ECN+) richiamata dalla stessa «Delibera AGCM 7 marzo 2023, n. 30499», con cui e' stato quantificato il «Contributo all'onere derivante dal funzionamento dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato per l'anno 2023», la quale - pur non vietandolo espressamente - non impone quale misura necessaria che gli Stati membri traggano le risorse per il funzionamento dell'Autorita' antitrust dai contributi imposti alle imprese e, a maggior ragione, non impone ma, anzi, vieta qualunque discriminazione tra i soggetti sui quali far gravare il detto onere. Tale assunto sarebbe, in particolare, validato altresi' dalla giurisprudenza unionale, che, con una recente decisione (Corte di giustizia UE 7 settembre 2023, causa C-226/22, Nexive Commerce, EU:C:2023:637) ha stabilito la legittimita' del finanziamento dell'AGCOM posto a carico di tutti gli operatori del settore, dal momento che tutti beneficiano dell'attivita' di regolamentazione di detta Autorita' e che l'intensita' dell'attivita' svolta da un'Autorita' di regolamentazione e monitoraggio non sia rilevante ai fini del principio di non discriminazione. 6. Risulterebbe, inoltre, violato l'obbligo imposto agli Stati membri dall'art. 4, par. 3, ultimo comma, TUE, di astenersi da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione. Nella fattispecie, l'art. 5-bis della legge n. 27/2012 pregiudicherebbe l'obiettivo di favorire la libera concorrenza tra le imprese, cosi' producendo effetti distorsivi sulla concorrenza e sull'esercizio del diritto di stabilimento delle societa' europee e di libera circolazione dei capitali incidendo, altresi', sul buon funzionamento del mercato unico. Le ricorrenti assumono, precisamente, leso il principio di leale cooperazione ai sensi dell'art. 4 TUE, poiche' la normativa italiana impone di contribuire finanziariamente all'attivita' di un'autorita' statale incaricata di svolgere indagini e comminare sanzioni di natura sostanzialmente penale ai soggetti obbligati al versamento del contributo che, tuttavia, risultano essere i soli obbligati laddove, per le sopra ricordate caratteristiche, l'attivita' dell'AGCM, piu' che a beneficio delle imprese controllate, va essenzialmente a vantaggio dei consumatori, dunque dell'intera collettivita'. Inoltre, affidare il finanziamento dell'attivita' di controllo ai soggetti controllandi rischia di compromettere la neutralita' e l'indipendenza dell'Autorita' preposta ai controlli. Con tale misura, quindi, l'Italia avrebbe violato l'obbligo imposto agli Stati membri dall'art. 4, par. 3, TUE, di astenersi da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione. 7. Le ricorrenti allegano, inoltre, il contrasto della evocata disciplina nazionale con il diritto di stabilimento e della libera circolazione dei capitali (artt. 49 e ss. TFUE e artt. 63 e ss. TFUE), in quanto dal «contributo» sono esentate le imprese straniere che non hanno sede in Italia pur operanti nel nostro Paese (e che dunque potrebbero essere oggetto di indagini e sanzionate dall'AGCM per eventuali loro comportamenti distorsivi della concorrenza) e potrebbero essere dissuase (per non dover versare il «contributo») dallo stabilirsi in Italia. 8. Risulterebbe, infine, violata la normativa comunitaria in materia di aiuti di stato (art. 107 TFUE), nella misura in cui il pagamento del «contributo» favorisce le imprese il cui fatturato non supera i 50 milioni, consentendo loro di ridurre i costi e quindi di fare (piu' efficacemente) concorrenza sia alle imprese italiane (e straniere iscritte in detto Registro) assoggettate al «contributo» che alle imprese con sede in altri Stati membri. Le misure che possano costituire un «aiuto di Stato» devono, tuttavia, essere obbligatoriamente (e preventivamente) notificate alla Commissione europea ex art. 108, par. 3, TFUE, affinche' questa possa valutare se esse integrino effettivamente un aiuto di Stato e, in caso affermativo, se siano o meno incompatibili con il mercato comune. Qualora l'obbligo di notifica - come nella presente fattispecie - sia stato disatteso, la misura e' illegittima. 9. A fronte degli articolati rilievi dedotti dalle ricorrenti, questa Corte ritiene di sollevare d'ufficio dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni interne qui in rilievo e, precisamente, dell'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, per contrasto con gli articoli 3, 53, 1° e 2° comma e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione al diritto dell'Unione, con riferimento in particolare al principio generale di non discriminazione; alla direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018 (specie il suo «considerando» n. 8 e l'art. 2 n. 10), agli artt. 101, 102 e 103 TFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 81 e 82 del Trattato CE (ora artt. 101 e 102 TFUE), all'art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21 par. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nella parte in cui, per assicurare il funzionamento dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, vengono applicati contributi a carico dei soli imprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro. 10. Preliminarmente, sotto il profilo dell'ammissibilita', nessun dubbio sembra porsi in rapporto alla natura tributaria del contributo de quo e alla conseguente giurisdizione di questo giudice alla luce, per un verso, del principio della generalita' della giurisdizione tributaria, affermato dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di cassazione (ex multis, Sez. Un. Sent. 3 maggio 2016, n. 8870), secondo cui la giurisdizione del giudice tributario si estende a tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie e ha carattere pieno ed esclusivo, includendo, oltre ai giudizi sull'impugnazione del provvedimento impositivo, anche quelli relativi alla legittimita' di tutti gli atti del procedimento e, per l'altro verso, tenuto conto dell'elaborazione della giurisprudenza costituzionale su analoghe contribuzioni di altra autorita' indipendente (Corte cost., sentenza n. 256 del 2007 e n. 269 del 2017). In particolare con la sentenza n. 256/2007 il giudice delle leggi si e' espresso in merito al contributo dovuto per le spese di funzionamento dell'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici qualificandolo di indubbia natura tributaria per il carattere di obbligatorieta' e generalita', esprimendo un principio pianamente estendibile alla materia che involge la disciplina dell'AGCM, essendo il sistema di finanziamento dell'Autorita' per la concorrenza ed il mercato del tutto analogo a quello ora indicato, anche sotto il profilo degli analoghi contributi richiesti agli operatori economici che superino una certa entita' di fatturato. Per tali motivi, appare sussistente il necessario collegamento tra la ravvisata natura tributaria della prestazione imposta in base alle disposizioni, sopra precisamente evocate, e la giurisdizione di questo giudice, che costituisce dunque il «giudice naturale» (art. 102 Cost.) della materia in esame, tenuto conto del principio ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimita' (Sez. Un. n. 6315 del 2009 e n. 11082 del 2010) secondo il quale la giurisdizione del giudice tributario, a seguito della modifica introdotta dall'art. 12, comma secondo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 all'art. 2 decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ha carattere pieno ed esclusivo, estendendosi non solo all'impugnazione del provvedimento impositivo, ma anche alla legittimita' di tutti gli atti del procedimento, ivi compresi gli ordini di verifica, a seguito dei quali l'attivita' di accertamento inizia. Nel caso di specie, pertanto, non puo' essere dunque revocata in dubbio la giurisdizione tributaria alla luce della elaborazione costituzionale (Corte cost., sent. n. 64 del 2008) per cui sussiste un nesso di inscindibilita' tra giurisdizione tributaria e la materia tributaria la cui violazione darebbe luogo alla violazione dell'art. 102, secondo comma, della Costituzione (Corte cost., ord. n. 395 del 2007, n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006). Tale ricostruzione e' stata, peraltro, confermata dalle piu' recenti pronunce della giurisprudenza di vertice (Sez. Un., ord. n.10577 del 4 giugno 2020). 11. Ancora sotto il profilo dell'ammissibilita'/pregiudizialita', questa Corte ritiene percorribile in via prioritaria l'investimento della Corte costituzionale rispetto al rinvio pregiudiziale ex art 267 TFUE prospettato dalle parti ricorrenti, alla luce dei principi affermati con le sentenze nn. 269 del 2017 e 63 del 2019 con cui la Consulta ha fornito alcune importanti precisazioni in merito alle ipotesi di doppia pregiudizialita', ovvero, alle controversie che - come nel caso che qui occupa - possono dare luogo a questioni di illegittimita' costituzionale e, simultaneamente, a questioni di compatibilita' con il diritto dell'Unione. In tali evocati arresti e, in particolare, nella pronuncia n. 269 del 2017, la Corte ha statuito «che, laddove una legge sia oggetto di dubbi di illegittimita' tanto in riferimento ai diritti protetti dalla Costituzione italiana, quanto in relazione a quelli garantiti dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea in ambito di rilevanza comunitaria, debba essere sollevata la questione di legittimita' costituzionale, fatto salvo il ricorso al rinvio pregiudiziale per le questioni di interpretazione o di invalidita' del diritto dell'Unione, ai sensi dell'art. 267 del TFUE». Tale principio, affermato dal Giudice delle leggi con riguardo alla CDFUE, pare estensibile a tutti i casi in cui si pongono delle questioni che attengono alla tutela dei diritti costituzionali, anche con riguardo a fonti unionali diverse da quella da ultimo evocata, come nel caso in cui vengano in considerazione il rispetto dei Trattati - come il TFUE -, di un regolamento comunitario o di una direttiva, quando risulti il rango costituzionale della questione e dei diritti in gioco e - come nella fattispecie - la non immediata applicabilita' del diritto europeo. Nel caso in esame, infatti, non si rinviene una disposizione di matrice unionale direttamente applicabile bensi' si prospetta una contrarieta' della disciplina interna ai principi sanciti dalle fonti extranazionali (oltre che dalla Carta fondamentale), come meglio si dira' piu' oltre. 12. Cio' premesso, questa Corte osserva, in punto rilevanza della questione di costituzionalita', che necessariamente ai fini del presente giudizio occorre fare applicazione della disciplina di cui all'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dal momento che i ricorsi in esame contestano in radice la legittimita' della pretesa impositiva azionata sulla base dell'evocato contesto normativo, del quale - stante l'inequivocabile disposto letterale - non e' possibile fornire una lettura costituzionalmente e convenzionalmente compatibile. Non e' parimenti attuabile alcun forma di lettura in chiave disapplicativa delle disposizioni interne sulla base del diritto unionale, poiche' nella fattispecie - come si e' gia' rilevato - non vi e' una disposizione specifica di fonte europea che possa applicarsi direttamente alla fattispecie dedotta, vertendosi piuttosto, nella diversa situazione della lamentata difformita' di una disciplina interna rispetto (anche) a principi di matrice eurounitaria non direttamente applicabili dal giudice nazionale. 13. In punto di non manifesta infondatezza della questione, questa Corte dubita della costituzionalita' delle disposizioni di cui all'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitivita'), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n.27, nella parte in cui, per assicurare il funzionamento dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, vengono applicati contributi a carico dei soli imprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro, sotto i profili di seguito dedotti. 14. Contrasto con il principio di capacita' contributiva (art. 53, commi 1 e 2, Cost.): secondo la disciplina dubitata di incostituzionalita', invero, a contribuire alle spese per il funzionamento dell'AGCM sono chiamate le sole societa' di capitali e non i cittadini e le pubbliche amministrazioni, che pure svolgono la loro attivita' con efficacia diretta o indiretta sul mercato creando o eliminando distorsioni alla concorrenza. Oltre alla limitazione della platea dei contribuenti alle sole societa' di capitali, la disciplina contestata pone un'ulteriore distinzione, derivante dall'assoggettamento al contributo de quo di una percentuale ridotta di tali imprese, quella cioe' con volume di affari superiore a 50 milioni di euro. Sotto tale profilo, la disciplina in esame appare in contrasto con l'indicato principio costituzionale, tenuto conto che il criterio adottato per identificare la platea dei contribuenti non coincide necessariamente con la redditivita' di un'impresa, ben potendo, a parita' di fatturato, essere ben diversi i profitti e quindi la redditivita' fra imprese operanti in settori diversi. Ne' puo' escludersi che ad un elevato fatturato faccia poi riscontro un saldo negativo del conto economico, che potrebbe quindi chiudere in perdita. La detta disciplina, pertanto, si allontana dal principio della capacita' contributiva per correlate al parametro della redditivita' dell'impresa contribuente i costi fiscali che la stessa viene chiamata a sostenere. La strutturazione del contributo, inoltre, appare in contrasto con il principio di progressivita' sopra evocato in quanto i soggetti con maggiore capacita' contributiva possono in concreto risultare destinatari di obblighi di contribuzione proporzionalmente minori di quelli gravanti sui contribuenti con minore capacita' contributiva, stante la previsione per cui il massimo importo di detto contributo non puo' essere superiore a cento volte la misura minima pari allo 0,08 per mille del fatturato (successivamente ridotto allo 0,059) risultante dall'ultimo bilancio. Alla luce della vista strutturazione del contributo, puo' dunque accadere che esso non venga applicato in termini di progressivita' secondo la diversa capacita' contributiva delle imprese ma in misura proporzionale (e solo al di sopra della indicata soglia di fatturato) senza tener conto delle piu' elevate capacita' contributive per poi divenire regressivo una volta raggiunta una certa soglia. La Corte rimettente e' ben consapevole che tale profilo e' gia' stato vagliato e disatteso dal Giudice delle leggi, in particolare con la gia' evocata pronuncia n. 269 del 2017. Tuttavia, in quell'occasione la Consulta aveva ritenuto la denunziata previsione normativa conforme al parametro di cui all'art. 3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza della scelta operata dal legislatore rilevando che «l'assenza di progressione e la presenza di un tetto massimo alla contribuzione sono coerenti con la finalita' ultima del tributo in questione, che non e' quella di introdurre una nuova forma di prelievo sul reddito, ma quello di far concorrere al finanziamento dell'Autorita' i soggetti cui principalmente si rivolge l'attivita' di garanzia della stessa. Un tale sistema corrisponderebbe a due ragionevoli esigenze equitative: quella di contenere il carico economico posto a carico del singolo operatore e quella di evitare che alcuni operatori possano trasformarsi in «super-finanziatori» dell'Autorita', finendo per comprometterne di fatto l'indipendenza». Tale conclusione, fondata sull'assunto che l'attivita' dell'AGCM si rivolga principalmente nei confronti delle imprese con il maggiore fatturato (c.d. «sopra soglia») appare nell'attualita' revocabile in dubbio sulla base di dati oggettivi, desumibili dalle rilevazioni statistiche che si illustreranno con riferimento al rilievo di costituzionalita' agganciato al parametro di cui all'art. 3 Cost. Per tale ragione, questa Corte ritiene di riproporre i dubbi di costituzionalita' che gia' erano stati esaminati, alla luce della considerazione del (ritenuto) venir meno della premessa fattuale sulla cui base essi erano stati disattesi dal Giudice delle leggi. 15. Contrasto con l'articolo 3, Cost.: le considerazioni sopra svolte inducono a ritenere, altresi', violato il parametro costituzionale di cui all'articolo 3 Cost., sotto i profili della ragionevolezza della scelta legislativa, della proporzionalita' ed eguaglianza del trattamento fiscale adottato. Pur ammettendosi, infatti, che il legislatore possa diversamente modulare l'imposizione fiscale fra diverse aree economiche o diverse tipologie di contribuenti, pur tuttavia ogni eventuale diversificazione del regime fiscale per tipologia di contribuenti deve essere sorretta da adeguate giustificazioni in assenza delle quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione (Corte cost., sent. n. 10/2015). La giurisprudenza costituzionale ha, invero, affermato che le differenziazioni impositive devono essere ancorate ad adeguata giustificazione oggettiva la quale deve essere coerentemente, proporzionalmente e ragionevolmente tradotta nella struttura dell'imposta (Corte cost., sentenza n. 142 del 2014). Sotto tali profili, la disciplina di cui all'art. 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, in esame, appare frutto di una scelta legislativa non sorretta da un'adeguata giustificazione sia nella parte in cui prevede un'esenzione totale per i contribuenti «sotto soglia» (con il risultato che un'impresa con 49.999.999 euro di fatturato non paga nulla, mentre una contribuente con 50.000.001 euro di fatturato e' assoggettata al contributo), sia in quella ove stabilisce che l'imprenditore con fatturato di oltre cento volte superiore al minimo previsto per la tassabilita' sia tenuto a versare un contributo di importo meno che proporzionale a tale indice di capacita' contributiva. Non potrebbe neppure ritenersi che la disciplina qui dubitata di incostituzionalita' e' orientata ad addossare le spese di funzionamento di AGCM alle imprese caratterizzate da una presenza importante nei mercati di riferimento e dotate di considerevole capacita' di incidere sui movimenti delle relative attivita' economiche, sull'assunto che il riferimento ad una determinata soglia di fatturato non sia inteso a identificare una specifica capacita' contributiva, bensi' a selezionare quei soggetti nei cui confronti, secondo l'id quod plerumque accidit, si esercita il maggiore impegno di controllo dell'Autorita' di garanzia. E', infatti, agevole ipotizzare una situazione di mercati nei quali il prodotto (o servizio) rilevante ha un costo di produzione/prezzo di vendita talmente basso per cui le imprese interessate non potranno mai conseguire fatturati «sopra soglia», pur rivestendo una presenza significativa nel mercato di riferimento ed assumendo una capacita' di incidenza sullo stesso con comportamenti anticoncorrenziali vietati dalla normativa comunitaria e nazionale, cosi' come puo' ipotizzarsi che, in un determinato anno, un'impresa scenda temporaneamente «sotto soglia», seguendo le dinamiche del mercato, senza per questo perdere la propria posizione sul mercato. Nella disciplina qui censurata deve, inoltre, rinvenirsi un profilo di discriminazione tra le societa' italiane con ricavi superiori a 50 milioni di euro iscritte al registro delle imprese tenuto dalle Camere di commercio italiane e tutte quelle imprese straniere che non hanno una rappresentanza stabile in Italia ma esercitano attivita' di impresa nel nostro Paese, usufruendo dei servizi di vigilanza e di regolamentazione resi dalla AGCM. Considerata l'omogeneita' della situazione di fatto presa in considerazione della legge ai fini dell'imposizione fiscale, la limitazione della platea dei soggetti passivi chiamati al versamento del contributo, limitato alle sole societa' di capitali residenti in Italia a fini fiscali e i cui ricavi superano la soglia di 50 milioni di euro di fatturato, materializza un'ingiustificata disparita' di trattamento fondata unicamente sulla nazionalita' o sull'organizzazione societaria del contribuente: il contributo de quo, infatti, non grava sulle societa' di capitali che non raggiungono i 50 milioni di euro di ricavi e sui soggetti diversi dalle societa' di capitali (a prescindere dai loro ricavati), ne' su imprese straniere non iscritte in Italia anche se operano comunque sul mercato italiano. 15.1. Questa Corte e' ben consapevole che il Giudice delle leggi, con la gia' ricordata sentenza n. 269 del 2017, ha ritenuto non fondate le questioni di costituzionalita' dedotte in relazione agli artt. 3 e 53 Cost. ritenendo che «10.1. . non puo' ritenersi costituzionalmente illegittima la scelta del legislatore di imporre la contribuzione in esame esclusivamente a carico delle imprese che si contraddistinguono per una presenza significativa sui mercati, perche' dotate di una particolare struttura e perche' caratterizzate da una rilevante dimensione economica: tali imprese, infatti, in base all'id quod plerumque accidit, sono le destinatarie prevalenti dell'attivita' dell'Autorita' medesima e, quindi, le maggiori responsabili della relativa spesa . Non inficia l'opzione legislativa neppure il fatto che l'attivita' dell'AGCM possa indirizzarsi talvolta anche verso soggetti non tenuti alla contribuzione, come gli imprenditori cosiddetti sotto-soglia, le pubbliche amministrazioni, le imprese senza stabile organizzazione in Italia o gli stessi consumatori. Sul piano dell'effettivita', l'Autorita' antritust e' prevalentemente impegnata dalle attivita' economiche degli imprenditori di medie e grandi dimensione e cio' basta ad escludere la manifesta irragionevolezza della normativa in esame. «Ed ancora: «10.2. - Neppure irragionevole e' la scelta di riferirsi ad una determinata dimensione del fatturato (50 milioni di euro) per delimitare la platea degli imprenditori assoggettati al contributo.... Il tributo in esame, infatti... intende ripartire gli oneri economici relativi alla prestazione di un servizio pubblico (la tutela della concorrenza e il funzionamento del mercato) fra i soggetti che giustificano l'esistenza di un'autorita' garante della concorrenza e che nei fatti maggiormente impegnano la sua attivita'.». 15.2. Questo giudice rimettente prospetta, tuttavia, alcune considerazioni che potrebbero indurre la Corte adita a rimeditare la decisione adottata alla luce della ravvisata difformita' della situazione dell'id quod plerumque accidit rispetto a quanto posto alla base della pronuncia n. 269/2017, desumibile dalle rilevazioni statistiche ufficiali riferite agli anni di attivita' dell'AGCM. Infatti, come risulta dalle statistiche relative alla prassi decisionale dell'AGCM, reperibili agevolmente sul sito ufficiale di tale Autorita' www.agcm.it/competenze/tutela-della-concorrenza/delibere/sanzioni, la vigilanza dell'AGCM si produce in maniera sostanzialmente equivalente tra le imprese «sotto soglia» e «sopra soglia». Precisamente, negli anni 2012-2014, dei 66 procedimenti chiusi con provvedimento sanzionatorio dall'AGCM, 17 riguardavano societa' di capitali con ricavi inferiori a 50 milioni (ma uno di questi riguardava un procedimento collettivo che aveva riguardato 20 societa' tutte con fatturati inferiori a 50 milioni; nel biennio 2016-2017, risulta che, su 121 imprese controllate, 65 erano «sotto soglia» e 56 «sopra soglia». Anche con riferimento agli anni 2018-2023 emerge un quadro analogo, che vede un totale di 272 imprese verificate di cui 136 «sotto soglia» e un pari numero «sopra soglia». Se, dunque, i dati statistici riflettono una realta' fattuale nella quale i destinatari dell'attivita' di AGCM sono costituiti da imprese «sopra» e «sotto soglia» in numero sostanzialmente equivalente, appare per contro problematico fondare su dati di fatto oggettivi l'affermazione per cui l'attivita' di indagine dell'AGCM sia piu' complessa e dispendiosa in relazione agli accertamenti nei confronti delle imprese «sopra soglia». Non sono, infatti, rinvenibili elementi empirici o dati esperienziali dai quali desumere, come regola generale, che le imprese che superano una certa soglia di fatturato, soltanto per le loro dimensioni richiedano un maggiore impegno nell'attivita' di controllo che le riguarda, ne' in termini quantitativi (relativi al numero di accertamenti che riguardano, rispettivamente, le imprese sotto o sopra soglia), ne' sotto il profilo qualitativo (in relazione al numero degli accertatori impegnati nelle singole verifiche, alla complessita' delle stesse e al tempo necessario per portarle a termine), essendo, anzi, agevole prospettare casi in cui si puo' verificare il contrario, come si e' sopra esemplificato. 15.3. Inoltre, tra i compiti istituzionali di AGCM non e' ricompresa soltanto la vigilanza in materia di concorrenza tra imprese, ma l'attivita' di tale organismo si rivolge anche altri settori e, in definitiva, alla generalita' dei soggetti economici (italiani o non) operanti sul territorio italiano, senza alcuna distinzione tra societa' di capitali con fatturati superiori, o no, a 50 milioni e a prescindere dalla struttura che si sono date (societa' di persone, di capitali, ditte individuali, enti rappresentativi delle categorie imprenditoriali o professionali, etc.). Alla luce dell'ampio spettro di azione dell'AGCM, la strutturazione del contributo in esame appare vieppiu' irragionevole e immotivatamente discriminatoria. 15.4. Benvero che la discrezionalita' del legislatore in relazione alle finalita' dell'imposizione fiscale ed alle modalita' impositive e' certamente molto ampia ma, nel caso di specie, essa appare connotata da profili di innegabile irrazionalita', emergenti alla luce della realta' fattuale sopra riportata. Quest'ultima, infatti, restituisce in tutta evidenza il dato di una imposizione che, irragionevolmente, grava in via esclusiva su una parte soltanto della compagine dei soggetti che effettivamente sono coinvolti nell'attivita' dell'attivita' dell'AGCM e, all'interno della piu' ristretta platea individuata dal legislatore, di un onere ripartito a prescindere dal criterio di proporzionalita', per effetto del meccanismo di tetto massimo dell'importo contributivo, che - come si e' osservato - induce oltre una determinata soglia effetti (non progressivi bensi') regressivi e mina l'indipendenza dell'azione amministrativa svolta dall'AGCM. Infine, la disciplina in esame introduce effetti discriminatori tra imprese «sopra soglia» con sede in Italia e imprese «sopra soglia» estere operanti sul medesimo mercato interno. Tale strutturazione del contributo risulta sfornita di una ragionevole giustificazione ed appare, per tali motivi, in contrasto con il disposto costituzionale (art. 3 Cost.) sotto il profilo della ragionevolezza e proporzione e non discriminazione della disciplina sottoposta al vaglio di costituzionalita'. 16. Contrasto con l'art.117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione al diritto dell'Unione, con riferimento in particolare al principio generale di non discriminazione; alla direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018 (specie il suo «considerando» n. 8 e l'art. 2 n. 10), agli artt. 101, 102 e 103 TFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 81 e 82 del Trattato CE (ora artt. 101 e 102 TFUE), all'art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21 par. 1 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea: la disciplina del finanziamento dell'AGCM in esame appare contrastante altresi' con la normativa di fonte unionale, configurandosi dunque una violazione del disposto costituzionale di cui all'art. 117 Cost. 18.1. La disciplina interna qui censurata, nella misura in cui costituisce attuazione del diritto dell'Unione - ponendosi quale meccanismo di finanziamento dell'AGCM, organismo che vigila sulla materia disciplinata dal regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002 («concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli artt. 81 e 82 del Trattato CE» oggi, artt. 101 e 102 TFUE), dall'art. 1, comma 2, legge n. 287/1990; dalla direttiva (UE) 2019/1 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 201826 «che conferisce alle autorita' garanti della concorrenza degli Stati membri poteri di applicazione piu' efficace e che assicura il corretto funzionamento del mercato interno» («direttiva ECN+»), adottata sulla base dell'art. 103, in tema di finanziamento dell'attivita' delle Autorita' antitrust nazionali - dovrebbe conformarsi ai principi enunciati dalle disposizioni della CDFUE. 17. Al contrario, essa appare in contrasto, anzitutto, con il principio di non discriminazione che, nella gerarchia delle fonti unionali, ha valenza di principio generale di diritto e che impone di non trattare in modo diverso situazioni omogenee. Come si e' gia' osservato, il contributo per il finanziamento dell'attivita' dell'AGCM grava esclusivamente su imprese che si trovano in una situazione fattuale e giuridica del tutto analoga a quelle che ne sono esentate e cio' unicamente sulla base di un elemento (il loro fatturato) che non appare - anche alla luce dei dati oggettivi di natura statistica --un ragionevole parametro discretivo sulla cui base strutturarne la debenza soggettiva. Come si e' gia' rilevato, infatti, il contributo de quo e' imposto solo ad alcuni soggetti di una platea coinvolta dall'attivita' dell'organismo di garanzia, cosi' violando il gia' evocato principio di non discriminazione e le disposizioni unionali che ne contengono la positiva esplicitazione: l'art. 20 della «Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea» che enuncia il principio di eguaglianza; l'art. 21 par.1 della medesima Carta, che vieta «qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul ... patrimonio...» laddove tratta diversamente i contribuenti sulla base esclusiva del loro fatturato. 18. In secondo luogo, la disciplina interna de qua appare in contrasto con la direttiva ECN+, richiamata dalla stessa Delibera AGCM 7 marzo 2023, n. 30499» con cui e' stato quantificato il «Contributo all'onere derivante dal funzionamento dell'Autorita' garante della Concorrenza e del Mercato per l'anno 2023»). La direttiva 2019/1 (o ECN+), recepita in Italia con decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 185, vieta trattamenti discriminatori: il suo «considerando» n. 8 - proprio in relazione alle adeguate risorse finanziarie che gli Stati devono assicurare alle Autorita' garanti - precisa che esse devono garantire «parita' di condizioni alle imprese operanti nel mercato interno», intendendosi per «impresa» «... ai sensi degli articoli 101 e 102 TFUE, qualsiasi entita' che esercita un'attivita' economica, a prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalita' di finanziamento» (art. 2, n. 10, direttiva ECN+) senza alcuna distinzione tra imprese sulla base del fatturato o di altri criteri. Sotto il profilo del finanziamento, la direttiva prevede che: «Per garantire che le autorita' amministrative nazionali garanti della concorrenza dispongano delle risorse necessarie per svolgere i loro compiti, potrebbero essere presi in considerazione diversi mezzi di finanziamento, come il finanziamento proveniente da fonti alternative, diverse dal bilancio dello Stato» e l'art. 5, par. 1, stabilisce che: «Gli Stati membri assicurano almeno che le autorita' nazionali garanti della concorrenza dispongano di sufficiente personale qualificato e di sufficienti risorse finanziarie, tecniche e tecnologiche per l'efficace svolgimento dei loro compiti e l'esercizio dei loro poteri, ai fini dell'applicazione degli articoli 101 e 102 TFUE, come definiti al paragrafo 2 del presente articolo»). Pur lasciando ampia discrezionalita' al legislatore nazionale nella determinazione della fonte del contributo stesso, e dunque essendo lecito che gli Stati richiedano anche alle imprese un contributo per il funzionamento dell'Autorita', e' altrettanto vero che, nel fare cio', gli Stati non possono adottare criteri discriminatori. 19. Sotto il profilo della conformita' della disciplina interna sottoposta allo scrutinio di costituzionalita' con il principio di non discriminazione, oltre al dato fattuale di premessa, costituito dal fatto che tutte le imprese, quale che sia il loro fatturato, possono violare le regole di concorrenza e sono quindi passibili dell'attivita' di controllo e sanzione esercitata dall'AGCM, si osserva inoltre che, in un caso del tutto analogo e sovrapponibile a quello che qui occupa, la Corte di giustizia UE si e' pronunciata affermando una serie di principi che appaiono significativi e rilevanti anche ai presenti fini. Nella causa Nexive Commerce (CGUE, 7 settembre 2023, causa C-226/22, Nexive Commerce, EU:C:2023:637) la Corte di Lussemburgo ha, infatti, affrontato il caso di fornitori privati del servizio postale ai quali era stato imposto un «contributo» uniforme per sostenere l'attivita' dell'Autorita' garante (AGCOM) analoga all'AGCM. Alcuni operatori esercenti il servizio di corriere espresso sostenevano pero' che il contributo dovesse essere gravare solo a carico degli operatori esercenti il servizio universale o comunque contestavano di dover contribuire con la stessa percentuale (1/1000) in quanto assorbenti meno intensamente l'attivita' dell'AGCOM. A sostegno delle loro ragioni invocavano la violazione del divieto di discriminazione in quanto - a loro avviso - erano trattate in maniera identica situazioni diverse, allegando che puo' aversi trattamento discriminatorio tanto quando situazioni omogenee sono trattate diversamente, tanto nel caso in cui situazioni diverse siano trattate allo stesso modo. Nella evocata sentenza, la Corte UE ha ritenuto legittimo che il finanziamento dell'AGCOM fosse a carico di tutti gli operatori del settore postale, dato che tutti beneficiavano dell'attivita' di regolamentazione di detta Autorita' (e dunque si trovavano in una situazione comparabile e non diversa) affermando, altresi', che l'intensita' dell'attivita' svolta da un'Autorita' di regolamentazione e monitoraggio non fosse rilevante ai fini del principio di non discriminazione. 19.1. I principi enunciati dalla sentenza Nexive Commerce appaiono perfettamente attagliabili alla disciplina del contributo di che trattasi, poiche' il Giudice europeo afferma, per un verso, l'omogeneita' della situazione di tutti i soggetti che sono sottoposti all'attivita' dell'Autorita' di controllo e, per l'altro verso, che l'intensita' del controllo esercitato dall'Autorita' non costituisce elemento che puo' legittimamente differenziarne il trattamento per quanto attiene al finanziamento della medesima. Ora, riportando le affermazioni della CGUE al caso del contributo imposto alle sole imprese «sopra soglia», appare confortata la prospettazione qui affacciata, relativa al trattamento immotivatamente discriminatorio della disciplina interna che si censura, imperniato su una distinzione fondata sul fatturato e giustificata sulla base della (peraltro presunta e - come si e' cercato di dimostrare - infondata) presunzione della maggiore incidenza dell'attivita' dell'organo finanziato proprio nei confronti delle contribuenti su cui grava la contribuzione. 20. La disciplina interna dubitata di incostituzionalita' contrasta, infine, con il principio di leale cooperazione integrato nell'art. 4, par. 3, TUE, ove e' stabilito che gli Stati membri «adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione» e «devono astenersi da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione». L'AGCM opera quale autorita' garante ai fini del contrasto di pratiche anticoncorrenziali vigilando affinche' le imprese non concludano accordi o mettano in atto pratiche «... che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno...» (art. 101 TFUE) e non sfruttino abusivamente la loro eventuale posizione dominante (art. 102 TFUE), con il potere di applicare sanzioni in caso di accertato abuso. In altri termini, l'AGCM svolge un servizio pubblico che va a beneficio dell'intera collettivita' e non un servizio specifico a vantaggio di singole imprese e, in ultima analisi, avvantaggia la generalita' dei cittadini in quanto consumatori interessati alla libera concorrenza delle imprese. In tale contesto, la disciplina interna qui censurata appare lesiva dell'indipendenza e - dunque - dell'efficacia dell'AGCM la strutturazione del finanziamento della medesima, che si fonda essenzialmente sul contributo fornito da quegli stessi soggetti che sono i principali destinatari dell'attivita' di controllo e sanzione dell'Autorita' di garanzia. Al fine di garantire l'assoluta indipendenza dell'AGCM e, dunque, la piu' ampia efficacia della sua azione, quest'ultima non dovrebbe dipendere finanziariamente dalle imprese dato che esse - come appena rilevato - non sono soltanto le beneficiarie della sua attivita', ma costituiscono soprattutto i soggetti nei cui confronti si esercitano i poteri ispettivi e sanzionatori attribuiti all'organismo di garanzia. In definitiva, la disciplina interna che si sottopone al vaglio di costituzionalita' appare dunque, in quanto lesiva dell'indipendenza dell'AGCM, una misura che viola il principio di leale collaborazione imposto agli Stati membri dall'art. 4, par. 3, TUE, che implica il divieto di adottare misure che rischino di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione. 21. Per tutti i sopra esposti profili, le disposizioni dell'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287 appaiono in contrasto non componibile in via interpretativa con i parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 53 e 117 Cost. P.Q.M. La Corte di giustizia tributaria di Udine, solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 7-ter e 7-quater, legge n. 287/1990, aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 2 n. 1/2012, conv. legge n. 27/2012, per contrasto con gli artt. 3, 53 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione al diritto dell'Unione, con riferimento in particolare al principio generale di non discriminazione; alla direttiva 11 dicembre 2019, n. 1, agli artt. 101, 102 e 103 TFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del 16 dicembre 2002 in riferimento agli artt. 81 e 82 del Trattato CE (ora artt. 101 e 102 TFUE), all'art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21 par. 1 CDFUE, nella parte in cui, per assicurare il funzionamento dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, vengono applicati contributi a carico dei soli imprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro; Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della segreteria alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Udine, 3 giugno 2025 Il Presidente: Zoso