Reg. ord. n. 171 del 2025 pubbl. su G.U. del 24/09/2025 n. 39
Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Udine del 03/06/2025
Tra: Acciaierie di Verona spa e altri C/ Autorità garante della concorrenza e del mercato
Oggetto:
Autorità indipendenti – Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) – Previsione che per assicurare il relativo finanziamento vengono applicati contributi, pari allo 0,8 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato dalla società di capitale, a carico dei soli imprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro – Previsione che la soglia massima di contribuzione a carico di ciascuna impresa non può essere superiore a cento volte la misura minima - Denunciata disciplina che confligge con il principio della capacità contributiva, dato che il criterio adottato per identificare la platea dei contribuenti non coincide necessariamente con la redditività di un’impresa, potendo, a parità di fatturato, essere ben diversi i profitti e quindi la redditività fra imprese operanti in settori diversi – Contrasto con il principio di progressività poiché i soggetti con maggiore capacità contributiva possono in concreto risultare destinatari di obblighi di contribuzione proporzionalmente minori di quelli gravanti sui contribuenti con minore capacità contributiva, atteso che il massimo importo di detto contributo non può esser superiore a cento volte la misura minima – Scelta legislativa non sorretta da adeguata giustificazione nella parte in cui prevede un’esenzione totale per i contribuenti sotto soglia – Lesione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità ed eguaglianza del trattamento fiscale adottato – Discriminazione tra le società italiane con ricavi superiori a 50 milioni di euro iscritte al registro delle imprese tenuto dalle Camere di commercio italiane e tutte quelle imprese straniere non aventi una rappresentanza stabile in Italia, ma che esercitano attività di impresa nel nostro Paese, usufruendo dei servizi di vigilanza e di regolamentazione della AGCM – Contributo che grava esclusivamente su imprese che si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga a quelle che ne sono esentate e ciò solo in base al fatturato, elemento che non appare un ragionevole parametro discretivo sulla cui base strutturarne la debenza soggettiva - Lesione del principio di non discriminazione, come declinato dalla normativa europea che impone di non trattare in modo diverso situazioni omogenee – Disciplina che lede l’indipendenza dell’AGCM, violando il principio di leale collaborazione imposto agli Stati membri dalla normativa europea interposta, che implica il divieto di adottare misure che rischino di compromettere la realizzazione degli obiettivi di tutela della concorrenza dell’Unione europea.
Norme impugnate:
legge del 10/10/1990 Num. 287 Art. 10 Co. 7
legge del 10/10/1990 Num. 287 Art. 10 Co. 7
decreto-legge del 24/01/2012 Num. 1 Art. 5 Co. 1
legge del 24/03/2012 Num. 27
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 53 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
direttiva UE Art. Co.
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 101 Co.
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 102 Co.
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 103 Co.
regolamento CE Art. Co.
Trattato CE Art. 81 Co.
Trattato CE Art. 82 Co.
Trattato unione europea Art. 4 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 20 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 21 Co.
Udienza Pubblica del 10 febbraio 2026 rel. BUSCEMA
Testo dell'ordinanza
N. 171 ORDINANZA (Atto di promovimento) 03 giugno 2025
Ordinanza del 3 giugno 2025 della Corte di giustizia tributaria di
primo grado di Udine sul ricorso proposto da Acciaierie di Verona
S.p.a. e altri contro l'Autorita' garante della concorrenza e del
mercato e l'Agenzia delle entrate-Riscossione-Udine..
Autorita' indipendenti - Autorita' garante della concorrenza e del
mercato (AGCM) - Previsione che per assicurare il relativo
finanziamento vengono applicati contributi a carico dei soli
imprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro -
Previsione che la soglia massima di contribuzione a carico di
ciascuna impresa non puo' essere superiore a cento volte la misura
minima.
- Legge 10 ottobre 1990, n. 287 (Norme per la tutela della
concorrenza e del mercato) art. 10, commi 7-ter e 7-quater,
aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio
2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo
delle infrastrutture e la competitivita'), convertito, con
modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27.
(GU n. 39 del 24-09-2025)
LA CORTE DI GIUSTIZIA DI PRIMO GRADO DI UDINE
Sezione 2
Riunita in udienza il 21 maggio 2025 alle ore 9,45 con la
seguente composizione collegiale:
Zoso Liana Maria Teresa, Presidente;
Fiorentin Fabio, Relatore;
Valle Alberto, Giudice.
In data 21 maggio 2025 ha pronunciato la seguente ordinanza sul
ricorso n. 229/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da
Acciaierie Di Verona S.p.a. - 02830390304.
Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B - Gabriele Dona' -
DNOGRL70S08Z103G - Wilma Viscardini - VSCWLM34P50F994F ed
elettivamente domiciliato presso
barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate -
Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed
elettivamente domiciliato presso
protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita' garante della
concorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato
presso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it
Avente ad oggetto l'impugnazione di:
Ruolo n. 2024/000710 Contributo AGCM 2023 sul ricorso n.
230/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da Ferriere Nord
S.p.a. - 00163780307 - Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B
- Gabriele Dona' - DNOGRL70S08Z103G - Wilma Viscardini
VSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso
barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate -
Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed
elettivamente domiciliato presso
protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita' garante della
concorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato
presso ads.ts@mail.cert.avvocaturastato.it
Avente ad oggetto l'impugnazione di:
Ruolo n. 2024/000710 contributo AGCM 2023 sul ricorso n.
231/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da Siderpotenza S.p.a.
- 02967560307 - Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B
- Gabriele Dona' DNOGRL70S08Z103G - Wilma Viscardini
VSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso
barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate -
Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed
elettivamente domiciliato presso
protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita' garante della
concorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato
presso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it
Avente ad oggetto l'impugnazione di:
ruolo n. 2024/000710 contributoAGCM 2023 sul ricorso n.
232/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da S.i.a.t.- Societa'
italiana Acciai Trafilati S.p.a. - 00166750307 - Difeso da Barbara
Comparini - CMPBBR70D47G224B - Gabriele Dona' DNOGRL70S08Z103G -
Wilma Viscardini VSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso
barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it contro Ag.entrate -
Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio PLLDRA63L58L424C ed
elettivamente domiciliato presso
protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it Autorita' garante della
concorrenza e del mercato - 97076950589 elettivamente domiciliato
presso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it
Avente ad oggetto l'impugnazione di:
ruolo n. 2024/000710 contributo AGCM 2023 a seguito di
discussione in pubblica udienza;
Elmenti in fatto e diritto
1. Con ricorso iscritto al RGR n. 229/2024 dell'intestata Corte
di Giustizia Tributaria di I° grado di Udine, la societa' Acciaierie
di Verona S.p.A. (C.F. 02830390304), con sede legale in Osoppo (UD)
Zona Industriale Rivoli - in persona del legale rappresentante, ut
supra rappresentata e difesa, ha proposto ricorso avverso la cartella
di pagamento n. 11520240011262903000 emessa da Agenzia delle entrate
- Riscossione, Agente della riscossione-prov. di Udine su incarico
dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, notificata il
26 marzo 2024 e del sottostante ruolo n. 2024/000710, reso esecutivo
il 15 dicembre 2023, relativo alla richiesta di pagamento del
contributo previsto dall'art. 5-bis della legge n. 27/2012 a titolo
di oneri di funzionamento dell'Autorita' garante della concorrenza e
del mercato, posto a carico di imprese aventi specifiche
caratteristiche giuridiche e determinati volumi di ricavi, relativo
all'anno 2023.
2. La societa' ricorrente ritiene illegittimo il contributo de
quo, poiche' la relativa disciplina introduce una immotivata
discriminazione tra operatori economici che si trovano in una
medesima situazione di diritto e di fatto e mira, altresi', a
finanziare l'insieme delle funzioni dell'AGCM, comprese quelle che
non riguardano e non possono riguardare le imprese gravate dal
tributo. Chiede, su tali premesse, l'annullamento degli atti
impositivi impugnati con vittoria di spese e competenze di causa,
previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea ai sensi
dell'art. 267 TFUE.
3. Si e' costituito in giudizio l'Agente della Riscossione di
Udine, con richiesta di dichiarare il suo difetto di legittimazione
passiva essendo le contestazioni mosse dalla ricorrente
esclusivamente afferenti al merito della pretesa impositiva e non
essendo stata sollevata alcuna eccezione relativa a vizi attinenti
alla regolarita' formale della cartella o della notificazione della
stessa.
4. Nessuno si e' costituito per l'Autorita' garante della
concorrenza e del mercato.
5. Con memoria del 9 maggio 2025, i difensori hanno richiesto la
riunione al presente procedimento dei procedimenti iscritti ai nn.
RGR 230/2024 a seguito di ricorso notificato in data 27 maggio 2024
dalla societa' Ferriere Nord S.p.a. avverso la cartella di pagamento
n. 11520240011115315000 notificata il 26 marzo 2024 e sottostante
ruolo), n. RGR 231/2024 iscritto su ricorso presentato il 27 maggio
2024 dalla societa' Siderpotenza S.p.a. contro la cartella di
pagamento n. 11520240011297267000 notificata il 26 marzo 2024 e
sottostante ruolo n. 2024/000710 e n. RGR 232/2024 iscritto a seguito
di ricorso notificato in data 29 giugno 2023 dalla societa' S.I.A.T.
Societa' Italiana Acciai Trafilati S.p.a. nei confronti della
cartella di pagamento n. 11520240011116022000 notificata il 26 marzo
2024 e del sottostante ruolo n. 2023/001014, per la loro trattazione
congiunta ai sensi dell'art. 29, comma 1, decreto legislativo n.
546/92. Le difese chiedono, per tutti i ricorsi sopra indicati, in
via preliminare che questa Corte disponga rinvio pregiudiziale alla
CGUE ai sensi dell'art. 267 TFUE e, nel merito, l'annullamento degli
atti impugnati, sulla base delle medesime considerazioni ed elementi
di fatto e di diritto gia' veicolati con il ricorso iscritto al n.
RGR 229/2024.
6. Non essendosi raggiunta una composizione conciliazione tra le
parti e previa riunione al presente procedimento di quelli iscritti
ai nn. RGR 230/2024, 231/2024 e 232/2024 per connessione oggettiva
impropria, essendo stati, per tutti i detti ricorsi, proposti i
medesimi motivi di impugnazione ed essendo pertanto opportuno dare ai
medesimi una soluzione decisionale unitaria, cosi' evitando possibili
contraddizioni e incongruenze nell'indirizzo giurisprudenziale, si
procedeva alla trattazione unitaria dei sopra indicati ricorsi
riuniti alla pubblica udienza del 21 maggio 2025 e, sulle ribadite
conclusioni e deduzioni delle parti, la Corte riservava la decisione.
Motivi
1. Le ricorrenti non censurano la conformita' formale alla legge
italiana della pretesa impositiva di AGCM e dell'operato dell'ADER,
ma contestano, bensi', la legittimita' della disciplina di cui
all'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,
n. 287, aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24
gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24
marzo 2012, n. 27 sotto il profilo del dedotto contrasto con i
principi costituzionali e unionali, sotto articolati profili.
2. La ricorrente osserva preliminarmente che, se e' pur vero che
la legittimita' della disciplina del contributo in questione e' stata
affermata dalla Corte costituzionale in relazione agli artt. 3 e 53
Cost. con la sentenza n. 269/2017, depositata il 14 dicembre 2017,
che ha riconosciuto la natura tributaria del «contributo» previsto,
essa poggia su argomentazioni meritevoli di rivisitazione, laddove la
Consulta afferma che: «le spese di funzionamento dell'autorita'
preposta al corretto funzionamento del mercato gravano sulle imprese
caratterizzate da una presenza significativa nei mercati di
riferimento e dotate di considerevole capacita' di incidenza sui
movimenti delle relative attivita' economiche», potendosi configurare
fattualmente l'ipotesi di imprese che, pur rimanendo «sotto soglia»,
abbiano una presenza significativa nel mercato di riferimento e
purtuttavia non sono assoggettate al pagamento del contributo.
3. In secondo luogo, non corrisponderebbe - secondo le ricorrenti
- al dato statistico ed esperienziale che l'attivita' dell'AGCM, si
concentri soprattutto nei confronti delle imprese «sopra soglia» come
dimostrerebbero le rilevazioni statistiche, che dimostrano una
sostanziale equivalenza dal punto di vista degli interventi
dell'Autorita' tra imprese «sotto» e «sopra soglia» (le rilevazioni
prodotte dalle ricorrenti riportano che, negli anni 2018-2023, su 272
imprese coinvolte, 136, cioe' la meta', erano «sotto soglia») e nel
2023 (l'annualita' cui si riferiscono i ruoli oggi impugnati), le
societa' «sotto soglia» coinvolte sono state piu' del triplo di
quelle «sopra soglia». Neppure si potrebbe sostenere che l'attivita'
di indagine dell'AGCM sarebbe statisticamente piu' complessa in
relazione alle imprese «sopra soglia».
Pertanto - rilevano ancora le ricorrenti - a differenza di quanto
afferma la evocata pronuncia costituzionale - non corrisponderebbe
all'id quod plerumque accidit che le imprese «sopra soglia»,
assorbendo continuativamente e quantitativamente la maggior parte
delle risorse organizzative e di indagine dell'AGCM, possano
considerarsi le destinatarie prevalenti dell'attivita' dell'AGCM e
quindi le maggiori responsabili della relativa spesa.
Cio' premesso, poiche' le societa' di capitali con ricavi
inferiori a 50 milioni di euro, non tenute al versamento del
«contributo», si troverebbero in una situazione di diritto e di fatto
del tutto analoga a quella delle imprese di capitali con ricavi
superiori a tale soglia, ne conseguirebbe il carattere
irragionevolmente discriminatorio della misura fiscale de qua.
4. Appare, inoltre, emergere - ad avviso delle ricorrenti - il
profilo del contrasto della normativa interna qui rilevante con i
principi unionali e su tale profilo si concentrano in particolare i
rilievi veicolati nei ricorsi, con i quali, al fine di contrastare la
pretesa impositiva, le ricorrenti chiedono in via preliminare a
questa Corte di interporre rinvio pregiudiziale alla CGUE ai sensi
dell'art. 267 TFUE al fine di accertare la compatibilita' dell'art.
5-bis della legge n. 27/2012 con i principi europei della normativa
italiana che disciplina il contributo con le disposizioni comunitarie
sotto il profilo del contrasto con i principi generali e i diritti
fondamentali dell'Unione europea (eguaglianza davanti alla legge,
divieto di discriminazione, tutela del patrimonio, proporzionalita',
presunzione di innocenza) per la discriminazione che la normativa
italiana genera tra operatori economici che si trovano in una
situazione di diritto e di fatto omogenea e perche' mira a finanziare
l'insieme delle funzioni dell'AGCM, comprese quelle che non
riguardano le imprese gravate dal tributo. In questa prospettiva, le
ricorrenti ricordano che il giudice comune ben puo' promuovere il
rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE anche se su questioni analoghe
si sia pronunciata la Corte costituzionale nazionale (CGUE, sent.
«Global Starnet» del 20 dicembre 2017).
5. Sotto il profilo della dedotta illegittimita' convenzionale,
le ricorrenti assumono, che il «contributo» de quo sarebbe
discriminatorio e, dunque, in contrasto con la direttiva 2019/1
(direttiva ECN+) richiamata dalla stessa «Delibera AGCM 7 marzo 2023,
n. 30499», con cui e' stato quantificato il «Contributo all'onere
derivante dal funzionamento dell'Autorita' garante della concorrenza
e del mercato per l'anno 2023», la quale - pur non vietandolo
espressamente - non impone quale misura necessaria che gli Stati
membri traggano le risorse per il funzionamento dell'Autorita'
antitrust dai contributi imposti alle imprese e, a maggior ragione,
non impone ma, anzi, vieta qualunque discriminazione tra i soggetti
sui quali far gravare il detto onere.
Tale assunto sarebbe, in particolare, validato altresi' dalla
giurisprudenza unionale, che, con una recente decisione (Corte di
giustizia UE 7 settembre 2023, causa C-226/22, Nexive Commerce,
EU:C:2023:637) ha stabilito la legittimita' del finanziamento
dell'AGCOM posto a carico di tutti gli operatori del settore, dal
momento che tutti beneficiano dell'attivita' di regolamentazione di
detta Autorita' e che l'intensita' dell'attivita' svolta da
un'Autorita' di regolamentazione e monitoraggio non sia rilevante ai
fini del principio di non discriminazione.
6. Risulterebbe, inoltre, violato l'obbligo imposto agli Stati
membri dall'art. 4, par. 3, ultimo comma, TUE, di astenersi da
qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione
degli obiettivi dell'Unione. Nella fattispecie, l'art. 5-bis
della legge n. 27/2012 pregiudicherebbe l'obiettivo di favorire la
libera concorrenza tra le imprese, cosi' producendo effetti
distorsivi sulla concorrenza e sull'esercizio del diritto di
stabilimento delle societa' europee e di libera circolazione dei
capitali incidendo, altresi', sul buon funzionamento del mercato
unico.
Le ricorrenti assumono, precisamente, leso il principio di leale
cooperazione ai sensi dell'art. 4 TUE, poiche' la normativa italiana
impone di contribuire finanziariamente all'attivita' di un'autorita'
statale incaricata di svolgere indagini e comminare sanzioni di
natura sostanzialmente penale ai soggetti obbligati al versamento del
contributo che, tuttavia, risultano essere i soli obbligati laddove,
per le sopra ricordate caratteristiche, l'attivita' dell'AGCM, piu'
che a beneficio delle imprese controllate, va essenzialmente a
vantaggio dei consumatori, dunque dell'intera collettivita'.
Inoltre, affidare il finanziamento dell'attivita' di controllo ai
soggetti controllandi rischia di compromettere la neutralita' e
l'indipendenza dell'Autorita' preposta ai controlli.
Con tale misura, quindi, l'Italia avrebbe violato l'obbligo
imposto agli Stati membri dall'art. 4, par. 3, TUE, di astenersi da
qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione
degli obiettivi dell'Unione.
7. Le ricorrenti allegano, inoltre, il contrasto della evocata
disciplina nazionale con il diritto di stabilimento e della libera
circolazione dei capitali (artt. 49 e ss. TFUE e artt. 63 e ss.
TFUE), in quanto dal «contributo» sono esentate le imprese straniere
che non hanno sede in Italia pur operanti nel nostro Paese (e che
dunque potrebbero essere oggetto di indagini e sanzionate dall'AGCM
per eventuali loro comportamenti distorsivi della concorrenza) e
potrebbero essere dissuase (per non dover versare il «contributo»)
dallo stabilirsi in Italia.
8. Risulterebbe, infine, violata la normativa comunitaria in
materia di aiuti di stato (art. 107 TFUE), nella misura in cui il
pagamento del «contributo» favorisce le imprese il cui fatturato non
supera i 50 milioni, consentendo loro di ridurre i costi e quindi di
fare (piu' efficacemente) concorrenza sia alle imprese italiane (e
straniere iscritte in detto Registro) assoggettate al «contributo»
che alle imprese con sede in altri Stati membri. Le misure che
possano costituire un «aiuto di Stato» devono, tuttavia, essere
obbligatoriamente (e preventivamente) notificate alla Commissione
europea ex art. 108, par. 3, TFUE, affinche' questa possa valutare se
esse integrino effettivamente un aiuto di Stato e, in caso
affermativo, se siano o meno incompatibili con il mercato comune.
Qualora l'obbligo di notifica - come nella presente fattispecie - sia
stato disatteso, la misura e' illegittima.
9. A fronte degli articolati rilievi dedotti dalle ricorrenti,
questa Corte ritiene di sollevare d'ufficio dinanzi alla Corte
costituzionale la questione di legittimita' costituzionale delle
disposizioni interne qui in rilievo e, precisamente, dell'articolo
10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287
(Norme per la tutela della concorrenza e del mercato), aggiunti
dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1
(Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito, con modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, per contrasto con gli articoli 3,
53, 1° e 2° comma e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione
al diritto dell'Unione, con riferimento in particolare al principio
generale di non discriminazione; alla direttiva (UE) 2019/1 del
Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018 (specie il
suo «considerando» n. 8 e l'art. 2 n. 10), agli artt. 101, 102 e 103
TFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre
2002 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui
agli artt. 81 e 82 del Trattato CE (ora artt. 101 e 102 TFUE),
all'art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21 par. 1 della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, nella parte in cui, per
assicurare il funzionamento dell'Autorita' garante della concorrenza
e del mercato, vengono applicati contributi a carico dei soli
imprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro.
10. Preliminarmente, sotto il profilo dell'ammissibilita', nessun
dubbio sembra porsi in rapporto alla natura tributaria del contributo
de quo e alla conseguente giurisdizione di questo giudice alla luce,
per un verso, del principio della generalita' della giurisdizione
tributaria, affermato dalla giurisprudenza delle sezioni unite della
Corte di cassazione (ex multis, Sez. Un. Sent. 3 maggio 2016, n.
8870), secondo cui la giurisdizione del giudice tributario si estende
a tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e
specie e ha carattere pieno ed esclusivo, includendo, oltre ai
giudizi sull'impugnazione del provvedimento impositivo, anche quelli
relativi alla legittimita' di tutti gli atti del procedimento e, per
l'altro verso, tenuto conto dell'elaborazione della giurisprudenza
costituzionale su analoghe contribuzioni di altra autorita'
indipendente (Corte cost., sentenza n. 256 del 2007 e n. 269 del
2017).
In particolare con la sentenza n. 256/2007 il giudice delle leggi
si e' espresso in merito al contributo dovuto per le spese di
funzionamento dell'Autorita' per la vigilanza sui lavori pubblici
qualificandolo di indubbia natura tributaria per il carattere di
obbligatorieta' e generalita', esprimendo un principio pianamente
estendibile alla materia che involge la disciplina dell'AGCM, essendo
il sistema di finanziamento dell'Autorita' per la concorrenza ed il
mercato del tutto analogo a quello ora indicato, anche sotto il
profilo degli analoghi contributi richiesti agli operatori economici
che superino una certa entita' di fatturato.
Per tali motivi, appare sussistente il necessario collegamento
tra la ravvisata natura tributaria della prestazione imposta in base
alle disposizioni, sopra precisamente evocate, e la giurisdizione di
questo giudice, che costituisce dunque il «giudice naturale» (art.
102 Cost.) della materia in esame, tenuto conto del principio ormai
consolidato nella giurisprudenza di legittimita' (Sez. Un. n. 6315
del 2009 e n. 11082 del 2010) secondo il quale la giurisdizione del
giudice tributario, a seguito della modifica introdotta dall'art. 12,
comma secondo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 all'art. 2
decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ha carattere pieno ed
esclusivo, estendendosi non solo all'impugnazione del provvedimento
impositivo, ma anche alla legittimita' di tutti gli atti del
procedimento, ivi compresi gli ordini di verifica, a seguito dei
quali l'attivita' di accertamento inizia.
Nel caso di specie, pertanto, non puo' essere dunque revocata in
dubbio la giurisdizione tributaria alla luce della elaborazione
costituzionale (Corte cost., sent. n. 64 del 2008) per cui sussiste
un nesso di inscindibilita' tra giurisdizione tributaria e la materia
tributaria la cui violazione darebbe luogo alla violazione dell'art.
102, secondo comma, della Costituzione (Corte cost., ord. n. 395 del
2007, n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006). Tale ricostruzione e'
stata, peraltro, confermata dalle piu' recenti pronunce della
giurisprudenza di vertice (Sez. Un., ord. n.10577 del 4 giugno 2020).
11. Ancora sotto il profilo dell'ammissibilita'/pregiudizialita',
questa Corte ritiene percorribile in via prioritaria l'investimento
della Corte costituzionale rispetto al rinvio pregiudiziale ex art
267 TFUE prospettato dalle parti ricorrenti, alla luce dei principi
affermati con le sentenze nn. 269 del 2017 e 63 del 2019 con cui la
Consulta ha fornito alcune importanti precisazioni in merito alle
ipotesi di doppia pregiudizialita', ovvero, alle controversie che -
come nel caso che qui occupa - possono dare luogo a questioni di
illegittimita' costituzionale e, simultaneamente, a questioni di
compatibilita' con il diritto dell'Unione.
In tali evocati arresti e, in particolare, nella pronuncia n. 269
del 2017, la Corte ha statuito «che, laddove una legge sia oggetto di
dubbi di illegittimita' tanto in riferimento ai diritti protetti
dalla Costituzione italiana, quanto in relazione a quelli garantiti
dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea in ambito di
rilevanza comunitaria, debba essere sollevata la questione di
legittimita' costituzionale, fatto salvo il ricorso al rinvio
pregiudiziale per le questioni di interpretazione o di invalidita'
del diritto dell'Unione, ai sensi dell'art. 267 del TFUE».
Tale principio, affermato dal Giudice delle leggi con riguardo
alla CDFUE, pare estensibile a tutti i casi in cui si pongono delle
questioni che attengono alla tutela dei diritti costituzionali, anche
con riguardo a fonti unionali diverse da quella da ultimo evocata,
come nel caso in cui vengano in considerazione il rispetto dei
Trattati - come il TFUE -, di un regolamento comunitario o di una
direttiva, quando risulti il rango costituzionale della questione e
dei diritti in gioco e - come nella fattispecie - la non immediata
applicabilita' del diritto europeo. Nel caso in esame, infatti, non
si rinviene una disposizione di matrice unionale direttamente
applicabile bensi' si prospetta una contrarieta' della disciplina
interna ai principi sanciti dalle fonti extranazionali (oltre che
dalla Carta fondamentale), come meglio si dira' piu' oltre.
12. Cio' premesso, questa Corte osserva, in punto rilevanza della
questione di costituzionalita', che necessariamente ai fini del
presente giudizio occorre fare applicazione della disciplina di cui
all'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,
n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato),
aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012,
n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito, con modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dal momento che i ricorsi in esame
contestano in radice la legittimita' della pretesa impositiva
azionata sulla base dell'evocato contesto normativo, del quale -
stante l'inequivocabile disposto letterale - non e' possibile fornire
una lettura costituzionalmente e convenzionalmente compatibile.
Non e' parimenti attuabile alcun forma di lettura in chiave
disapplicativa delle disposizioni interne sulla base del diritto
unionale, poiche' nella fattispecie - come si e' gia' rilevato - non
vi e' una disposizione specifica di fonte europea che possa
applicarsi direttamente alla fattispecie dedotta, vertendosi
piuttosto, nella diversa situazione della lamentata difformita' di
una disciplina interna rispetto (anche) a principi di matrice
eurounitaria non direttamente applicabili dal giudice nazionale.
13. In punto di non manifesta infondatezza della questione,
questa Corte dubita della costituzionalita' delle disposizioni di cui
all'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,
n. 287 (Norme per la tutela della concorrenza e del mercato),
aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012,
n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito, con modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n.27, nella parte in cui, per assicurare
il funzionamento dell'Autorita' garante della concorrenza e del
mercato, vengono applicati contributi a carico dei soli imprenditori
con fatturato superiore a 50 milioni di euro, sotto i profili di
seguito dedotti.
14. Contrasto con il principio di capacita' contributiva (art.
53, commi 1 e 2, Cost.): secondo la disciplina dubitata di
incostituzionalita', invero, a contribuire alle spese per il
funzionamento dell'AGCM sono chiamate le sole societa' di capitali e
non i cittadini e le pubbliche amministrazioni, che pure svolgono la
loro attivita' con efficacia diretta o indiretta sul mercato creando
o eliminando distorsioni alla concorrenza. Oltre alla limitazione
della platea dei contribuenti alle sole societa' di capitali, la
disciplina contestata pone un'ulteriore distinzione, derivante
dall'assoggettamento al contributo de quo di una percentuale ridotta
di tali imprese, quella cioe' con volume di affari superiore a 50
milioni di euro.
Sotto tale profilo, la disciplina in esame appare in contrasto
con l'indicato principio costituzionale, tenuto conto che il criterio
adottato per identificare la platea dei contribuenti non coincide
necessariamente con la redditivita' di un'impresa, ben potendo, a
parita' di fatturato, essere ben diversi i profitti e quindi la
redditivita' fra imprese operanti in settori diversi.
Ne' puo' escludersi che ad un elevato fatturato faccia poi
riscontro un saldo negativo del conto economico, che potrebbe quindi
chiudere in perdita. La detta disciplina, pertanto, si allontana dal
principio della capacita' contributiva per correlate al parametro
della redditivita' dell'impresa contribuente i costi fiscali che la
stessa viene chiamata a sostenere.
La strutturazione del contributo, inoltre, appare in contrasto
con il principio di progressivita' sopra evocato in quanto i soggetti
con maggiore capacita' contributiva possono in concreto risultare
destinatari di obblighi di contribuzione proporzionalmente minori di
quelli gravanti sui contribuenti con minore capacita' contributiva,
stante la previsione per cui il massimo importo di detto contributo
non puo' essere superiore a cento volte la misura minima pari allo
0,08 per mille del fatturato (successivamente ridotto allo 0,059)
risultante dall'ultimo bilancio.
Alla luce della vista strutturazione del contributo, puo' dunque
accadere che esso non venga applicato in termini di progressivita'
secondo la diversa capacita' contributiva delle imprese ma in misura
proporzionale (e solo al di sopra della indicata soglia di fatturato)
senza tener conto delle piu' elevate capacita' contributive per poi
divenire regressivo una volta raggiunta una certa soglia.
La Corte rimettente e' ben consapevole che tale profilo e' gia'
stato vagliato e disatteso dal Giudice delle leggi, in particolare
con la gia' evocata pronuncia n. 269 del 2017.
Tuttavia, in quell'occasione la Consulta aveva ritenuto la
denunziata previsione normativa conforme al parametro di cui all'art.
3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza della scelta operata
dal legislatore rilevando che «l'assenza di progressione e la
presenza di un tetto massimo alla contribuzione sono coerenti con la
finalita' ultima del tributo in questione, che non e' quella di
introdurre una nuova forma di prelievo sul reddito, ma quello di far
concorrere al finanziamento dell'Autorita' i soggetti cui
principalmente si rivolge l'attivita' di garanzia della stessa. Un
tale sistema corrisponderebbe a due ragionevoli esigenze equitative:
quella di contenere il carico economico posto a carico del singolo
operatore e quella di evitare che alcuni operatori possano
trasformarsi in «super-finanziatori» dell'Autorita', finendo per
comprometterne di fatto l'indipendenza».
Tale conclusione, fondata sull'assunto che l'attivita' dell'AGCM
si rivolga principalmente nei confronti delle imprese con il maggiore
fatturato (c.d. «sopra soglia») appare nell'attualita' revocabile in
dubbio sulla base di dati oggettivi, desumibili dalle rilevazioni
statistiche che si illustreranno con riferimento al rilievo di
costituzionalita' agganciato al parametro di cui all'art. 3 Cost.
Per tale ragione, questa Corte ritiene di riproporre i dubbi di
costituzionalita' che gia' erano stati esaminati, alla luce della
considerazione del (ritenuto) venir meno della premessa fattuale
sulla cui base essi erano stati disattesi dal Giudice delle leggi.
15. Contrasto con l'articolo 3, Cost.: le considerazioni sopra
svolte inducono a ritenere, altresi', violato il parametro
costituzionale di cui all'articolo 3 Cost., sotto i profili della
ragionevolezza della scelta legislativa, della proporzionalita' ed
eguaglianza del trattamento fiscale adottato.
Pur ammettendosi, infatti, che il legislatore possa diversamente
modulare l'imposizione fiscale fra diverse aree economiche o diverse
tipologie di contribuenti, pur tuttavia ogni eventuale
diversificazione del regime fiscale per tipologia di contribuenti
deve essere sorretta da adeguate giustificazioni in assenza delle
quali la differenziazione degenera in arbitraria discriminazione
(Corte cost., sent. n. 10/2015).
La giurisprudenza costituzionale ha, invero, affermato che le
differenziazioni impositive devono essere ancorate ad adeguata
giustificazione oggettiva la quale deve essere coerentemente,
proporzionalmente e ragionevolmente tradotta nella struttura
dell'imposta (Corte cost., sentenza n. 142 del 2014).
Sotto tali profili, la disciplina di cui all'art. 10, commi 7-ter
e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n. 287, in esame, appare
frutto di una scelta legislativa non sorretta da un'adeguata
giustificazione sia nella parte in cui prevede un'esenzione totale
per i contribuenti «sotto soglia» (con il risultato che un'impresa
con 49.999.999 euro di fatturato non paga nulla, mentre una
contribuente con 50.000.001 euro di fatturato e' assoggettata al
contributo), sia in quella ove stabilisce che l'imprenditore con
fatturato di oltre cento volte superiore al minimo previsto per la
tassabilita' sia tenuto a versare un contributo di importo meno che
proporzionale a tale indice di capacita' contributiva.
Non potrebbe neppure ritenersi che la disciplina qui dubitata di
incostituzionalita' e' orientata ad addossare le spese di
funzionamento di AGCM alle imprese caratterizzate da una presenza
importante nei mercati di riferimento e dotate di considerevole
capacita' di incidere sui movimenti delle relative attivita'
economiche, sull'assunto che il riferimento ad una determinata soglia
di fatturato non sia inteso a identificare una specifica capacita'
contributiva, bensi' a selezionare quei soggetti nei cui confronti,
secondo l'id quod plerumque accidit, si esercita il maggiore impegno
di controllo dell'Autorita' di garanzia.
E', infatti, agevole ipotizzare una situazione di mercati nei
quali il prodotto (o servizio) rilevante ha un costo di
produzione/prezzo di vendita talmente basso per cui le imprese
interessate non potranno mai conseguire fatturati «sopra soglia», pur
rivestendo una presenza significativa nel mercato di riferimento ed
assumendo una capacita' di incidenza sullo stesso con comportamenti
anticoncorrenziali vietati dalla normativa comunitaria e nazionale,
cosi' come puo' ipotizzarsi che, in un determinato anno, un'impresa
scenda temporaneamente «sotto soglia», seguendo le dinamiche del
mercato, senza per questo perdere la propria posizione sul mercato.
Nella disciplina qui censurata deve, inoltre, rinvenirsi un
profilo di discriminazione tra le societa' italiane con ricavi
superiori a 50 milioni di euro iscritte al registro delle imprese
tenuto dalle Camere di commercio italiane e tutte quelle imprese
straniere che non hanno una rappresentanza stabile in Italia ma
esercitano attivita' di impresa nel nostro Paese, usufruendo dei
servizi di vigilanza e di regolamentazione resi dalla AGCM.
Considerata l'omogeneita' della situazione di fatto presa in
considerazione della legge ai fini dell'imposizione fiscale, la
limitazione della platea dei soggetti passivi chiamati al versamento
del contributo, limitato alle sole societa' di capitali residenti in
Italia a fini fiscali e i cui ricavi superano la soglia di 50 milioni
di euro di fatturato, materializza un'ingiustificata disparita' di
trattamento fondata unicamente sulla nazionalita' o
sull'organizzazione societaria del contribuente: il contributo de
quo, infatti, non grava sulle societa' di capitali che non
raggiungono i 50 milioni di euro di ricavi e sui soggetti diversi
dalle societa' di capitali (a prescindere dai loro ricavati), ne' su
imprese straniere non iscritte in Italia anche se operano comunque
sul mercato italiano.
15.1. Questa Corte e' ben consapevole che il Giudice delle leggi,
con la gia' ricordata sentenza n. 269 del 2017, ha ritenuto non
fondate le questioni di costituzionalita' dedotte in relazione agli
artt. 3 e 53 Cost. ritenendo che «10.1. . non puo' ritenersi
costituzionalmente illegittima la scelta del legislatore di imporre
la contribuzione in esame esclusivamente a carico delle imprese che
si contraddistinguono per una presenza significativa sui mercati,
perche' dotate di una particolare struttura e perche' caratterizzate
da una rilevante dimensione economica: tali imprese, infatti, in base
all'id quod plerumque accidit, sono le destinatarie prevalenti
dell'attivita' dell'Autorita' medesima e, quindi, le maggiori
responsabili della relativa spesa . Non inficia l'opzione legislativa
neppure il fatto che l'attivita' dell'AGCM possa indirizzarsi
talvolta anche verso soggetti non tenuti alla contribuzione, come gli
imprenditori cosiddetti sotto-soglia, le pubbliche amministrazioni,
le imprese senza stabile organizzazione in Italia o gli stessi
consumatori. Sul piano dell'effettivita', l'Autorita' antritust e'
prevalentemente impegnata dalle attivita' economiche degli
imprenditori di medie e grandi dimensione e cio' basta ad escludere
la manifesta irragionevolezza della normativa in esame. «Ed ancora:
«10.2. - Neppure irragionevole e' la scelta di riferirsi ad una
determinata dimensione del fatturato (50 milioni di euro) per
delimitare la platea degli imprenditori assoggettati al
contributo.... Il tributo in esame, infatti... intende ripartire gli
oneri economici relativi alla prestazione di un servizio pubblico (la
tutela della concorrenza e il funzionamento del mercato) fra i
soggetti che giustificano l'esistenza di un'autorita' garante della
concorrenza e che nei fatti maggiormente impegnano la sua
attivita'.».
15.2. Questo giudice rimettente prospetta, tuttavia, alcune
considerazioni che potrebbero indurre la Corte adita a rimeditare la
decisione adottata alla luce della ravvisata difformita' della
situazione dell'id quod plerumque accidit rispetto a quanto posto
alla base della pronuncia n. 269/2017, desumibile dalle rilevazioni
statistiche ufficiali riferite agli anni di attivita' dell'AGCM.
Infatti, come risulta dalle statistiche relative alla prassi
decisionale dell'AGCM, reperibili agevolmente sul sito ufficiale di
tale Autorita'
www.agcm.it/competenze/tutela-della-concorrenza/delibere/sanzioni, la
vigilanza dell'AGCM si produce in maniera sostanzialmente equivalente
tra le imprese «sotto soglia» e «sopra soglia». Precisamente, negli
anni 2012-2014, dei 66 procedimenti chiusi con provvedimento
sanzionatorio dall'AGCM, 17 riguardavano societa' di capitali con
ricavi inferiori a 50 milioni (ma uno di questi riguardava un
procedimento collettivo che aveva riguardato 20 societa' tutte con
fatturati inferiori a 50 milioni; nel biennio 2016-2017, risulta che,
su 121 imprese controllate, 65 erano «sotto soglia» e 56 «sopra
soglia». Anche con riferimento agli anni 2018-2023 emerge un quadro
analogo, che vede un totale di 272 imprese verificate di cui 136
«sotto soglia» e un pari numero «sopra soglia».
Se, dunque, i dati statistici riflettono una realta' fattuale
nella quale i destinatari dell'attivita' di AGCM sono costituiti da
imprese «sopra» e «sotto soglia» in numero sostanzialmente
equivalente, appare per contro problematico fondare su dati di fatto
oggettivi l'affermazione per cui l'attivita' di indagine dell'AGCM
sia piu' complessa e dispendiosa in relazione agli accertamenti nei
confronti delle imprese «sopra soglia».
Non sono, infatti, rinvenibili elementi empirici o dati
esperienziali dai quali desumere, come regola generale, che le
imprese che superano una certa soglia di fatturato, soltanto per le
loro dimensioni richiedano un maggiore impegno nell'attivita' di
controllo che le riguarda, ne' in termini quantitativi (relativi al
numero di accertamenti che riguardano, rispettivamente, le imprese
sotto o sopra soglia), ne' sotto il profilo qualitativo (in relazione
al numero degli accertatori impegnati nelle singole verifiche, alla
complessita' delle stesse e al tempo necessario per portarle a
termine), essendo, anzi, agevole prospettare casi in cui si puo'
verificare il contrario, come si e' sopra esemplificato.
15.3. Inoltre, tra i compiti istituzionali di AGCM non e'
ricompresa soltanto la vigilanza in materia di concorrenza tra
imprese, ma l'attivita' di tale organismo si rivolge anche altri
settori e, in definitiva, alla generalita' dei soggetti economici
(italiani o non) operanti sul territorio italiano, senza alcuna
distinzione tra societa' di capitali con fatturati superiori, o no, a
50 milioni e a prescindere dalla struttura che si sono date (societa'
di persone, di capitali, ditte individuali, enti rappresentativi
delle categorie imprenditoriali o professionali, etc.). Alla luce
dell'ampio spettro di azione dell'AGCM, la strutturazione del
contributo in esame appare vieppiu' irragionevole e immotivatamente
discriminatoria.
15.4. Benvero che la discrezionalita' del legislatore in
relazione alle finalita' dell'imposizione fiscale ed alle modalita'
impositive e' certamente molto ampia ma, nel caso di specie, essa
appare connotata da profili di innegabile irrazionalita', emergenti
alla luce della realta' fattuale sopra riportata.
Quest'ultima, infatti, restituisce in tutta evidenza il dato di
una imposizione che, irragionevolmente, grava in via esclusiva su una
parte soltanto della compagine dei soggetti che effettivamente sono
coinvolti nell'attivita' dell'attivita' dell'AGCM e, all'interno
della piu' ristretta platea individuata dal legislatore, di un onere
ripartito a prescindere dal criterio di proporzionalita', per effetto
del meccanismo di tetto massimo dell'importo contributivo, che - come
si e' osservato - induce oltre una determinata soglia effetti (non
progressivi bensi') regressivi e mina l'indipendenza dell'azione
amministrativa svolta dall'AGCM.
Infine, la disciplina in esame introduce effetti discriminatori
tra imprese «sopra soglia» con sede in Italia e imprese «sopra
soglia» estere operanti sul medesimo mercato interno.
Tale strutturazione del contributo risulta sfornita di una
ragionevole giustificazione ed appare, per tali motivi, in contrasto
con il disposto costituzionale (art. 3 Cost.) sotto il profilo della
ragionevolezza e proporzione e non discriminazione della disciplina
sottoposta al vaglio di costituzionalita'.
16. Contrasto con l'art.117 della Costituzione, quest'ultimo in
relazione al diritto dell'Unione, con riferimento in particolare al
principio generale di non discriminazione; alla direttiva (UE) 2019/1
del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018 (specie
il suo «considerando» n. 8 e l'art. 2 n. 10), agli artt. 101, 102 e
103 TFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre
2002 concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui
agli artt. 81 e 82 del Trattato CE (ora artt. 101 e 102 TFUE),
all'art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21 par. 1 della Carta dei
diritti fondamentali dell'Unione europea: la disciplina del
finanziamento dell'AGCM in esame appare contrastante altresi' con la
normativa di fonte unionale, configurandosi dunque una violazione del
disposto costituzionale di cui all'art. 117 Cost. 18.1. La disciplina
interna qui censurata, nella misura in cui costituisce attuazione del
diritto dell'Unione - ponendosi quale meccanismo di finanziamento
dell'AGCM, organismo che vigila sulla materia disciplinata dal
regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre 2002
(«concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui agli
artt. 81 e 82 del Trattato CE» oggi, artt. 101 e 102 TFUE), dall'art.
1, comma 2, legge n. 287/1990; dalla direttiva (UE) 2019/1 del
Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 201826 «che
conferisce alle autorita' garanti della concorrenza degli Stati
membri poteri di applicazione piu' efficace e che assicura il
corretto funzionamento del mercato interno» («direttiva ECN+»),
adottata sulla base dell'art. 103, in tema di finanziamento
dell'attivita' delle Autorita' antitrust nazionali - dovrebbe
conformarsi ai principi enunciati dalle disposizioni della CDFUE.
17. Al contrario, essa appare in contrasto, anzitutto, con il
principio di non discriminazione che, nella gerarchia delle fonti
unionali, ha valenza di principio generale di diritto e che impone di
non trattare in modo diverso situazioni omogenee.
Come si e' gia' osservato, il contributo per il finanziamento
dell'attivita' dell'AGCM grava esclusivamente su imprese che si
trovano in una situazione fattuale e giuridica del tutto analoga a
quelle che ne sono esentate e cio' unicamente sulla base di un
elemento (il loro fatturato) che non appare - anche alla luce dei
dati oggettivi di natura statistica --un ragionevole parametro
discretivo sulla cui base strutturarne la debenza soggettiva.
Come si e' gia' rilevato, infatti, il contributo de quo e'
imposto solo ad alcuni soggetti di una platea coinvolta
dall'attivita' dell'organismo di garanzia, cosi' violando il gia'
evocato principio di non discriminazione e le disposizioni unionali
che ne contengono la positiva esplicitazione: l'art. 20 della «Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea» che enuncia il
principio di eguaglianza; l'art. 21 par.1 della medesima Carta, che
vieta «qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare,
sul ... patrimonio...» laddove tratta diversamente i contribuenti
sulla base esclusiva del loro fatturato.
18. In secondo luogo, la disciplina interna de qua appare in
contrasto con la direttiva ECN+, richiamata dalla stessa Delibera
AGCM 7 marzo 2023, n. 30499» con cui e' stato quantificato il
«Contributo all'onere derivante dal funzionamento dell'Autorita'
garante della Concorrenza e del Mercato per l'anno 2023»).
La direttiva 2019/1 (o ECN+), recepita in Italia con decreto
legislativo 8 novembre 2021, n. 185, vieta trattamenti
discriminatori: il suo «considerando» n. 8 - proprio in relazione
alle adeguate risorse finanziarie che gli Stati devono assicurare
alle Autorita' garanti - precisa che esse devono garantire «parita'
di condizioni alle imprese operanti nel mercato interno»,
intendendosi per «impresa» «... ai sensi degli articoli 101 e 102
TFUE, qualsiasi entita' che esercita un'attivita' economica, a
prescindere dal suo status giuridico e dalle sue modalita' di
finanziamento» (art. 2, n. 10, direttiva ECN+) senza alcuna
distinzione tra imprese sulla base del fatturato o di altri criteri.
Sotto il profilo del finanziamento, la direttiva prevede che:
«Per garantire che le autorita' amministrative nazionali garanti
della concorrenza dispongano delle risorse necessarie per svolgere i
loro compiti, potrebbero essere presi in considerazione diversi mezzi
di finanziamento, come il finanziamento proveniente da fonti
alternative, diverse dal bilancio dello Stato» e l'art. 5, par. 1,
stabilisce che: «Gli Stati membri assicurano almeno che le autorita'
nazionali garanti della concorrenza dispongano di sufficiente
personale qualificato e di sufficienti risorse finanziarie, tecniche
e tecnologiche per l'efficace svolgimento dei loro compiti e
l'esercizio dei loro poteri, ai fini dell'applicazione degli articoli
101 e 102 TFUE, come definiti al paragrafo 2 del presente articolo»).
Pur lasciando ampia discrezionalita' al legislatore nazionale
nella determinazione della fonte del contributo stesso, e dunque
essendo lecito che gli Stati richiedano anche alle imprese un
contributo per il funzionamento dell'Autorita', e' altrettanto vero
che, nel fare cio', gli Stati non possono adottare criteri
discriminatori.
19. Sotto il profilo della conformita' della disciplina interna
sottoposta allo scrutinio di costituzionalita' con il principio di
non discriminazione, oltre al dato fattuale di premessa, costituito
dal fatto che tutte le imprese, quale che sia il loro fatturato,
possono violare le regole di concorrenza e sono quindi passibili
dell'attivita' di controllo e sanzione esercitata dall'AGCM, si
osserva inoltre che, in un caso del tutto analogo e sovrapponibile a
quello che qui occupa, la Corte di giustizia UE si e' pronunciata
affermando una serie di principi che appaiono significativi e
rilevanti anche ai presenti fini.
Nella causa Nexive Commerce (CGUE, 7 settembre 2023, causa
C-226/22, Nexive Commerce, EU:C:2023:637) la Corte di Lussemburgo ha,
infatti, affrontato il caso di fornitori privati del servizio postale
ai quali era stato imposto un «contributo» uniforme per sostenere
l'attivita' dell'Autorita' garante (AGCOM) analoga all'AGCM. Alcuni
operatori esercenti il servizio di corriere espresso sostenevano
pero' che il contributo dovesse essere gravare solo a carico degli
operatori esercenti il servizio universale o comunque contestavano di
dover contribuire con la stessa percentuale (1/1000) in quanto
assorbenti meno intensamente l'attivita' dell'AGCOM. A sostegno delle
loro ragioni invocavano la violazione del divieto di discriminazione
in quanto - a loro avviso - erano trattate in maniera identica
situazioni diverse, allegando che puo' aversi trattamento
discriminatorio tanto quando situazioni omogenee sono trattate
diversamente, tanto nel caso in cui situazioni diverse siano trattate
allo stesso modo.
Nella evocata sentenza, la Corte UE ha ritenuto legittimo che il
finanziamento dell'AGCOM fosse a carico di tutti gli operatori del
settore postale, dato che tutti beneficiavano dell'attivita' di
regolamentazione di detta Autorita' (e dunque si trovavano in una
situazione comparabile e non diversa) affermando, altresi', che
l'intensita' dell'attivita' svolta da un'Autorita' di
regolamentazione e monitoraggio non fosse rilevante ai fini del
principio di non discriminazione.
19.1. I principi enunciati dalla sentenza Nexive Commerce
appaiono perfettamente attagliabili alla disciplina del contributo di
che trattasi, poiche' il Giudice europeo afferma, per un verso,
l'omogeneita' della situazione di tutti i soggetti che sono
sottoposti all'attivita' dell'Autorita' di controllo e, per l'altro
verso, che l'intensita' del controllo esercitato dall'Autorita' non
costituisce elemento che puo' legittimamente differenziarne il
trattamento per quanto attiene al finanziamento della medesima.
Ora, riportando le affermazioni della CGUE al caso del contributo
imposto alle sole imprese «sopra soglia», appare confortata la
prospettazione qui affacciata, relativa al trattamento
immotivatamente discriminatorio della disciplina interna che si
censura, imperniato su una distinzione fondata sul fatturato e
giustificata sulla base della (peraltro presunta e - come si e'
cercato di dimostrare - infondata) presunzione della maggiore
incidenza dell'attivita' dell'organo finanziato proprio nei confronti
delle contribuenti su cui grava la contribuzione.
20. La disciplina interna dubitata di incostituzionalita'
contrasta, infine, con il principio di leale cooperazione integrato
nell'art. 4, par. 3, TUE, ove e' stabilito che gli Stati membri
«adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad
assicurare l'esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o
conseguenti agli atti delle istituzioni dell'Unione» e «devono
astenersi da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la
realizzazione degli obiettivi dell'Unione».
L'AGCM opera quale autorita' garante ai fini del contrasto di
pratiche anticoncorrenziali vigilando affinche' le imprese non
concludano accordi o mettano in atto pratiche «... che possano
pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto
o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della
concorrenza all'interno del mercato interno...» (art. 101 TFUE) e non
sfruttino abusivamente la loro eventuale posizione dominante (art.
102 TFUE), con il potere di applicare sanzioni in caso di accertato
abuso.
In altri termini, l'AGCM svolge un servizio pubblico che va a
beneficio dell'intera collettivita' e non un servizio specifico a
vantaggio di singole imprese e, in ultima analisi, avvantaggia la
generalita' dei cittadini in quanto consumatori interessati alla
libera concorrenza delle imprese.
In tale contesto, la disciplina interna qui censurata appare
lesiva dell'indipendenza e - dunque - dell'efficacia dell'AGCM la
strutturazione del finanziamento della medesima, che si fonda
essenzialmente sul contributo fornito da quegli stessi soggetti che
sono i principali destinatari dell'attivita' di controllo e sanzione
dell'Autorita' di garanzia.
Al fine di garantire l'assoluta indipendenza dell'AGCM e, dunque,
la piu' ampia efficacia della sua azione, quest'ultima non dovrebbe
dipendere finanziariamente dalle imprese dato che esse - come appena
rilevato - non sono soltanto le beneficiarie della sua attivita', ma
costituiscono soprattutto i soggetti nei cui confronti si esercitano
i poteri ispettivi e sanzionatori attribuiti all'organismo di
garanzia.
In definitiva, la disciplina interna che si sottopone al vaglio
di costituzionalita' appare dunque, in quanto lesiva
dell'indipendenza dell'AGCM, una misura che viola il principio di
leale collaborazione imposto agli Stati membri dall'art. 4, par. 3,
TUE, che implica il divieto di adottare misure che rischino di
mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione.
21. Per tutti i sopra esposti profili, le disposizioni
dell'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre
1990, n. 287 appaiono in contrasto non componibile in via
interpretativa con i parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 53
e 117 Cost.
P.Q.M.
La Corte di giustizia tributaria di Udine, solleva la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 7-ter e 7-quater,
legge n. 287/1990, aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1,
del decreto-legge 2 n. 1/2012, conv. legge n. 27/2012, per contrasto
con gli artt. 3, 53 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione al diritto
dell'Unione, con riferimento in particolare al principio generale di
non discriminazione; alla direttiva 11 dicembre 2019, n. 1, agli
artt. 101, 102 e 103 TFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del 16
dicembre 2002 in riferimento agli artt. 81 e 82 del Trattato CE (ora
artt. 101 e 102 TFUE), all'art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21
par. 1 CDFUE, nella parte in cui, per assicurare il funzionamento
dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, vengono
applicati contributi a carico dei soli imprenditori con fatturato
superiore a 50 milioni di euro;
Sospende il giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale;
Dispone che la presente ordinanza sia notificata a cura della
segreteria alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Udine, 3 giugno 2025
Il Presidente: Zoso