Reg. ord. n. 171 del 2025 pubbl. su G.U. del 24/09/2025 n. 39

Ordinanza del Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Udine  del 03/06/2025

Tra: Acciaierie di Verona spa e altri  C/ Autorità garante della concorrenza e del mercato



Oggetto:

Autorità indipendenti – Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) – Previsione che per assicurare il relativo finanziamento vengono applicati contributi, pari allo 0,8 per mille del fatturato risultante dall’ultimo bilancio approvato dalla società di capitale, a carico dei soli imprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro – Previsione che la soglia massima di contribuzione a carico di ciascuna impresa non può essere superiore a cento volte la misura minima - Denunciata disciplina che confligge con il principio della capacità contributiva, dato che il criterio adottato per identificare la platea dei contribuenti non coincide necessariamente con la redditività di un’impresa, potendo, a parità di fatturato, essere ben diversi i profitti e quindi la redditività fra imprese operanti in settori diversi – Contrasto con il principio di progressività poiché i soggetti con maggiore capacità contributiva possono in concreto risultare destinatari di obblighi di contribuzione proporzionalmente minori di quelli gravanti sui contribuenti con minore capacità contributiva, atteso che il massimo importo di detto contributo non può esser superiore a cento volte la misura minima – Scelta legislativa non sorretta da adeguata giustificazione nella parte in cui prevede un’esenzione totale per i contribuenti sotto soglia – Lesione dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità ed eguaglianza del trattamento fiscale adottato – Discriminazione tra le società italiane con ricavi superiori a 50 milioni di euro iscritte al registro delle imprese tenuto dalle Camere di commercio italiane e tutte quelle imprese straniere non aventi una rappresentanza stabile in Italia, ma che esercitano attività di impresa nel nostro Paese, usufruendo dei servizi di vigilanza e di regolamentazione della AGCM – Contributo che grava esclusivamente su imprese che si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga a quelle che ne sono esentate e ciò solo in base al fatturato, elemento che non appare un ragionevole parametro discretivo sulla cui base strutturarne la debenza soggettiva - Lesione del principio di non discriminazione, come declinato dalla normativa europea che impone di non trattare in modo diverso situazioni omogenee – Disciplina che lede l’indipendenza dell’AGCM, violando il principio di leale collaborazione imposto agli Stati membri dalla normativa europea interposta, che implica il divieto di adottare misure che rischino di compromettere la realizzazione degli obiettivi di tutela della concorrenza dell’Unione europea.

Norme impugnate:

legge  del 10/10/1990  Num. 287  Art. 10  Co. 7

legge  del 10/10/1990  Num. 287  Art. 10  Co. 7

decreto-legge  del 24/01/2012  Num. 1  Art. 5  Co. 1

legge  del 24/03/2012  Num. 27



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 53   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

direttiva UE  Art.    Co.  

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  Art. 101   Co.  

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  Art. 102   Co.  

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  Art. 103   Co.  

regolamento CE  Art.    Co.  

Trattato CE  Art. 81   Co.  

Trattato CE  Art. 82   Co.  

Trattato unione europea  Art.  Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 20   Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 21   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 171 ORDINANZA (Atto di promovimento) 03 giugno 2025

Ordinanza del 3 giugno 2025 della Corte di  giustizia  tributaria  di
primo grado di Udine sul ricorso proposto  da  Acciaierie  di  Verona
S.p.a. e altri contro l'Autorita' garante  della  concorrenza  e  del
mercato e l'Agenzia delle entrate-Riscossione-Udine.. 
 
Autorita' indipendenti - Autorita' garante della  concorrenza  e  del
  mercato  (AGCM)  -  Previsione  che  per  assicurare  il   relativo
  finanziamento  vengono  applicati  contributi  a  carico  dei  soli
  imprenditori con  fatturato  superiore  a  50  milioni  di  euro  -
  Previsione che la soglia  massima  di  contribuzione  a  carico  di
  ciascuna impresa non puo' essere superiore a cento volte la  misura
  minima. 
- Legge  10  ottobre  1990,  n.  287  (Norme  per  la  tutela   della
  concorrenza e  del  mercato)  art.  10,  commi  7-ter  e  7-quater,
  aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1,  del  decreto-legge  24  gennaio
  2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la  concorrenza,  lo  sviluppo
  delle  infrastrutture  e  la   competitivita'),   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27. 


(GU n. 39 del 24-09-2025)

 
            LA CORTE DI GIUSTIZIA DI PRIMO GRADO DI UDINE 
 
 
                              Sezione 2 
 
    Riunita in udienza il  21  maggio  2025  alle  ore  9,45  con  la
seguente composizione collegiale: 
      Zoso Liana Maria Teresa, Presidente; 
      Fiorentin Fabio, Relatore; 
      Valle Alberto, Giudice. 
    In data 21 maggio 2025 ha pronunciato la seguente  ordinanza  sul
ricorso  n.  229/2024  depositato  il  22  giugno  2024  proposto  da
Acciaierie Di Verona S.p.a. - 02830390304. 
    Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B - Gabriele Dona' -
DNOGRL70S08Z103G   - Wilma   Viscardini   -    VSCWLM34P50F994F    ed
elettivamente                   domiciliato                    presso
barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it   contro    Ag.entrate    -
Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio  PLLDRA63L58L424C  ed
elettivamente                   domiciliato                    presso
protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it  Autorita'   garante   della
concorrenza e del mercato  -  97076950589  elettivamente  domiciliato
presso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it 
    Avente ad oggetto l'impugnazione di: 
      Ruolo n.  2024/000710  Contributo  AGCM  2023  sul  ricorso  n.
230/2024 depositato il 22  giugno  2024  proposto  da  Ferriere  Nord
S.p.a. - 00163780307 - Difeso da Barbara Comparini - CMPBBR70D47G224B
-   Gabriele   Dona'   -   DNOGRL70S08Z103G    - Wilma    Viscardini 
VSCWLM34P50F994F     ed     elettivamente     domiciliato      presso
barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it   contro    Ag.entrate    -
Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio  PLLDRA63L58L424C  ed
elettivamente                   domiciliato                    presso
protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it   Autorita'  garante   della
concorrenza e del mercato  -  97076950589  elettivamente  domiciliato
presso ads.ts@mail.cert.avvocaturastato.it 
    Avente ad oggetto l'impugnazione di: 
      Ruolo  n.  2024/000710 contributo  AGCM  2023  sul  ricorso  n.
231/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da Siderpotenza S.p.a.
- 02967560307  -  Difeso  da  Barbara  Comparini  -  CMPBBR70D47G224B
- Gabriele     Dona'     DNOGRL70S08Z103G     - Wilma     Viscardini 
VSCWLM34P50F994F     ed     elettivamente     domiciliato      presso
barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it   contro    Ag.entrate    -
Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio  PLLDRA63L58L424C  ed
elettivamente                   domiciliato                    presso
protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it  Autorita'   garante   della
concorrenza e del mercato  -  97076950589  elettivamente  domiciliato
presso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it 
    Avente ad oggetto l'impugnazione di: 
      ruolo  n.  2024/000710  contributoAGCM  2023  sul  ricorso   n.
232/2024 depositato il 22 giugno 2024 proposto da S.i.a.t.-  Societa'
italiana Acciai Trafilati S.p.a. - 00166750307 -  Difeso  da  Barbara
Comparini - CMPBBR70D47G224B  -  Gabriele  Dona'  DNOGRL70S08Z103G  -
Wilma Viscardini VSCWLM34P50F994F ed elettivamente domiciliato presso
barbara.comparini@ordineavvocatipadova.it   contro    Ag.entrate    -
Riscossione - Udine - Difeso da Daria Apollonio  PLLDRA63L58L424C  ed
elettivamente                   domiciliato                    presso
protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it  Autorita'   garante   della
concorrenza e del mercato  -  97076950589  elettivamente  domiciliato
presso ads.ts@mailcert.avvocaturastato.it 
    Avente ad oggetto l'impugnazione di: 
      ruolo  n.  2024/000710 contributo  AGCM  2023  a   seguito   di
discussione in pubblica udienza; 
 
                     Elmenti in fatto e diritto 
 
    1. Con ricorso iscritto al RGR n. 229/2024  dell'intestata  Corte
di Giustizia Tributaria di I° grado di Udine, la societa'  Acciaierie
di Verona S.p.A. (C.F. 02830390304), con sede legale in  Osoppo  (UD)
Zona Industriale Rivoli - in persona del  legale  rappresentante,  ut
supra rappresentata e difesa, ha proposto ricorso avverso la cartella
di pagamento n. 11520240011262903000 emessa da Agenzia delle  entrate
- Riscossione, Agente della riscossione-prov. di  Udine  su  incarico
dell'Autorita' garante della concorrenza e del mercato, notificata il
26 marzo 2024 e del sottostante ruolo n. 2024/000710, reso  esecutivo
il 15  dicembre  2023,  relativo  alla  richiesta  di  pagamento  del
contributo previsto dall'art. 5-bis della legge n. 27/2012  a  titolo
di oneri di funzionamento dell'Autorita' garante della concorrenza  e
del  mercato,  posto  a   carico   di   imprese   aventi   specifiche
caratteristiche giuridiche e determinati volumi di  ricavi,  relativo
all'anno 2023. 
    2. La societa' ricorrente ritiene illegittimo  il  contributo  de
quo,  poiche'  la  relativa  disciplina  introduce   una   immotivata
discriminazione  tra  operatori  economici  che  si  trovano  in  una
medesima situazione di  diritto  e  di  fatto  e  mira,  altresi',  a
finanziare l'insieme delle funzioni dell'AGCM,  comprese  quelle  che
non riguardano e  non  possono  riguardare  le  imprese  gravate  dal
tributo.  Chiede,  su  tali  premesse,  l'annullamento   degli   atti
impositivi impugnati con vittoria di spese  e  competenze  di  causa,
previo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea ai  sensi
dell'art. 267 TFUE. 
    3. Si e' costituito in giudizio  l'Agente  della  Riscossione  di
Udine, con richiesta di dichiarare il suo difetto  di  legittimazione
passiva   essendo   le   contestazioni   mosse    dalla    ricorrente
esclusivamente afferenti al merito della  pretesa  impositiva  e  non
essendo stata sollevata alcuna eccezione relativa  a  vizi  attinenti
alla regolarita' formale della cartella o della  notificazione  della
stessa. 
    4.  Nessuno  si  e'  costituito  per  l'Autorita'  garante  della
concorrenza e del mercato. 
    5. Con memoria del 9 maggio 2025, i difensori hanno richiesto  la
riunione al presente procedimento dei procedimenti  iscritti  ai  nn.
RGR 230/2024 a seguito di ricorso notificato in data 27  maggio  2024
dalla societa' Ferriere Nord S.p.a. avverso la cartella di  pagamento
n.  11520240011115315000 notificata il 26 marzo  2024  e  sottostante
ruolo), n. RGR 231/2024 iscritto su ricorso presentato il  27  maggio
2024  dalla  societa'  Siderpotenza  S.p.a.  contro  la  cartella  di
pagamento n. 11520240011297267000  notificata  il  26  marzo  2024  e
sottostante ruolo n. 2024/000710 e n. RGR 232/2024 iscritto a seguito
di ricorso notificato in data 29 giugno 2023 dalla societa'  S.I.A.T.
Societa'  Italiana  Acciai  Trafilati  S.p.a.  nei  confronti   della
cartella di pagamento n. 11520240011116022000 notificata il 26  marzo
2024 e del sottostante ruolo n. 2023/001014, per la loro  trattazione
congiunta ai sensi dell'art. 29,  comma  1,  decreto  legislativo  n.
546/92. Le difese chiedono, per tutti i ricorsi  sopra  indicati,  in
via preliminare che questa Corte disponga rinvio  pregiudiziale  alla
CGUE ai sensi dell'art. 267 TFUE e, nel merito, l'annullamento  degli
atti impugnati, sulla base delle medesime considerazioni ed  elementi
di fatto e di diritto gia' veicolati con il ricorso  iscritto  al  n.
RGR 229/2024. 
    6. Non essendosi raggiunta una composizione conciliazione tra  le
parti e previa riunione al presente procedimento di  quelli  iscritti
ai nn. RGR 230/2024, 231/2024 e 232/2024  per  connessione  oggettiva
impropria, essendo stati, per  tutti  i  detti  ricorsi,  proposti  i
medesimi motivi di impugnazione ed essendo pertanto opportuno dare ai
medesimi una soluzione decisionale unitaria, cosi' evitando possibili
contraddizioni e incongruenze  nell'indirizzo  giurisprudenziale,  si
procedeva  alla  trattazione  unitaria  dei  sopra  indicati  ricorsi
riuniti alla pubblica udienza del 21 maggio 2025  e,  sulle  ribadite
conclusioni e deduzioni delle parti, la Corte riservava la decisione. 
 
                               Motivi 
 
    1. Le ricorrenti non censurano la conformita' formale alla  legge
italiana della pretesa impositiva di AGCM e  dell'operato  dell'ADER,
ma contestano,  bensi',  la  legittimita'  della  disciplina  di  cui
all'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,
n. 287, aggiunti dall'art.  5-bis,  comma  1,  del  decreto-legge  24
gennaio 2012, n. 1, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  24
marzo 2012, n. 27 sotto  il  profilo  del  dedotto  contrasto  con  i
principi costituzionali e unionali, sotto articolati profili. 
    2. La ricorrente osserva preliminarmente che, se e' pur vero  che
la legittimita' della disciplina del contributo in questione e' stata
affermata dalla Corte costituzionale in relazione agli artt. 3  e  53
Cost. con la sentenza n. 269/2017, depositata il  14  dicembre  2017,
che ha riconosciuto la natura tributaria del  «contributo»  previsto,
essa poggia su argomentazioni meritevoli di rivisitazione, laddove la
Consulta afferma  che:  «le  spese  di  funzionamento  dell'autorita'
preposta al corretto funzionamento del mercato gravano sulle  imprese
caratterizzate  da  una  presenza  significativa   nei   mercati   di
riferimento e dotate di  considerevole  capacita'  di  incidenza  sui
movimenti delle relative attivita' economiche», potendosi configurare
fattualmente l'ipotesi di imprese che, pur rimanendo «sotto  soglia»,
abbiano una presenza  significativa  nel  mercato  di  riferimento  e
purtuttavia non sono assoggettate al pagamento del contributo. 
    3. In secondo luogo, non corrisponderebbe - secondo le ricorrenti
- al dato statistico ed esperienziale che l'attivita'  dell'AGCM,  si
concentri soprattutto nei confronti delle imprese «sopra soglia» come
dimostrerebbero  le  rilevazioni  statistiche,  che  dimostrano   una
sostanziale  equivalenza  dal  punto  di   vista   degli   interventi
dell'Autorita' tra imprese «sotto» e «sopra soglia»  (le  rilevazioni
prodotte dalle ricorrenti riportano che, negli anni 2018-2023, su 272
imprese coinvolte, 136, cioe' la meta', erano «sotto soglia»)  e  nel
2023 (l'annualita' cui si riferiscono i  ruoli  oggi  impugnati),  le
societa' «sotto soglia» coinvolte  sono  state  piu'  del  triplo  di
quelle «sopra soglia». Neppure si potrebbe sostenere che  l'attivita'
di indagine  dell'AGCM  sarebbe  statisticamente  piu'  complessa  in
relazione alle imprese «sopra soglia». 
    Pertanto - rilevano ancora le ricorrenti - a differenza di quanto
afferma la evocata pronuncia costituzionale  -  non  corrisponderebbe
all'id  quod  plerumque  accidit  che  le  imprese  «sopra   soglia»,
assorbendo continuativamente e  quantitativamente  la  maggior  parte
delle  risorse  organizzative  e  di  indagine   dell'AGCM,   possano
considerarsi le destinatarie prevalenti  dell'attivita'  dell'AGCM  e
quindi le maggiori responsabili della relativa spesa. 
    Cio'  premesso,  poiche'  le  societa'  di  capitali  con  ricavi
inferiori a  50  milioni  di  euro,  non  tenute  al  versamento  del
«contributo», si troverebbero in una situazione di diritto e di fatto
del tutto analoga a quella  delle  imprese  di  capitali  con  ricavi
superiori   a   tale   soglia,   ne   conseguirebbe   il    carattere
irragionevolmente discriminatorio della misura fiscale de qua. 
    4. Appare, inoltre, emergere - ad avviso delle  ricorrenti  -  il
profilo del contrasto della normativa interna  qui  rilevante  con  i
principi unionali e su tale profilo si concentrano in  particolare  i
rilievi veicolati nei ricorsi, con i quali, al fine di contrastare la
pretesa impositiva, le  ricorrenti  chiedono  in  via  preliminare  a
questa Corte di interporre rinvio pregiudiziale alla  CGUE  ai  sensi
dell'art. 267 TFUE al fine di accertare la  compatibilita'  dell'art.
5-bis della legge n. 27/2012 con i principi europei  della  normativa
italiana che disciplina il contributo con le disposizioni comunitarie
sotto il profilo del contrasto con i principi generali  e  i  diritti
fondamentali dell'Unione europea  (eguaglianza  davanti  alla  legge,
divieto di discriminazione, tutela del patrimonio,  proporzionalita',
presunzione di innocenza) per la  discriminazione  che  la  normativa
italiana genera  tra  operatori  economici  che  si  trovano  in  una
situazione di diritto e di fatto omogenea e perche' mira a finanziare
l'insieme  delle  funzioni  dell'AGCM,  comprese   quelle   che   non
riguardano le imprese gravate dal tributo. In questa prospettiva,  le
ricorrenti ricordano che il giudice comune  ben  puo'  promuovere  il
rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE anche se su questioni  analoghe
si sia pronunciata la Corte  costituzionale  nazionale  (CGUE,  sent.
«Global Starnet» del 20 dicembre 2017). 
    5. Sotto il profilo della dedotta  illegittimita'  convenzionale,
le  ricorrenti  assumono,  che  il  «contributo»   de   quo   sarebbe
discriminatorio e, dunque,  in  contrasto  con  la  direttiva  2019/1
(direttiva ECN+) richiamata dalla stessa «Delibera AGCM 7 marzo 2023,
n. 30499», con cui e' stato  quantificato  il  «Contributo  all'onere
derivante dal funzionamento dell'Autorita' garante della  concorrenza
e del mercato per  l'anno  2023»,  la  quale  -  pur  non  vietandolo
espressamente - non impone quale  misura  necessaria  che  gli  Stati
membri  traggano  le  risorse  per  il  funzionamento  dell'Autorita'
antitrust dai contributi imposti alle imprese e, a  maggior  ragione,
non impone ma, anzi, vieta qualunque discriminazione tra  i  soggetti
sui quali far gravare il detto onere. 
    Tale assunto sarebbe, in  particolare,  validato  altresi'  dalla
giurisprudenza unionale, che, con una  recente  decisione  (Corte  di
giustizia UE 7  settembre  2023,  causa  C-226/22,  Nexive  Commerce,
EU:C:2023:637)  ha  stabilito  la  legittimita'   del   finanziamento
dell'AGCOM posto a carico di tutti gli  operatori  del  settore,  dal
momento che tutti beneficiano dell'attivita' di  regolamentazione  di
detta  Autorita'  e  che  l'intensita'   dell'attivita'   svolta   da
un'Autorita' di regolamentazione e monitoraggio non sia rilevante  ai
fini del principio di non discriminazione. 
    6. Risulterebbe, inoltre, violato l'obbligo  imposto  agli  Stati
membri dall'art. 4, par.  3,  ultimo  comma,  TUE,  di  astenersi  da
qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo  la  realizzazione
degli  obiettivi  dell'Unione.  Nella   fattispecie,   l'art.   5-bis
della legge n. 27/2012 pregiudicherebbe l'obiettivo  di  favorire  la
libera  concorrenza  tra  le  imprese,   cosi'   producendo   effetti
distorsivi  sulla  concorrenza  e  sull'esercizio  del   diritto   di
stabilimento delle societa' europee  e  di  libera  circolazione  dei
capitali incidendo, altresi',  sul  buon  funzionamento  del  mercato
unico. 
    Le ricorrenti assumono, precisamente, leso il principio di  leale
cooperazione ai sensi dell'art. 4 TUE, poiche' la normativa  italiana
impone di contribuire finanziariamente all'attivita' di  un'autorita'
statale incaricata di  svolgere  indagini  e  comminare  sanzioni  di
natura sostanzialmente penale ai soggetti obbligati al versamento del
contributo che, tuttavia, risultano essere i soli obbligati  laddove,
per le sopra ricordate caratteristiche, l'attivita'  dell'AGCM,  piu'
che a  beneficio  delle  imprese  controllate,  va  essenzialmente  a
vantaggio dei consumatori, dunque dell'intera collettivita'. 
    Inoltre, affidare il finanziamento dell'attivita' di controllo ai
soggetti controllandi  rischia  di  compromettere  la  neutralita'  e
l'indipendenza dell'Autorita' preposta ai controlli. 
    Con tale  misura,  quindi,  l'Italia  avrebbe  violato  l'obbligo
imposto agli Stati membri dall'art. 4, par. 3, TUE, di  astenersi  da
qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo  la  realizzazione
degli obiettivi dell'Unione. 
    7. Le ricorrenti allegano, inoltre, il  contrasto  della  evocata
disciplina nazionale con il diritto di stabilimento  e  della  libera
circolazione dei capitali (artt. 49 e ss.  TFUE  e  artt.  63  e  ss.
TFUE), in quanto dal «contributo» sono esentate le imprese  straniere
che non hanno sede in Italia pur operanti nel  nostro  Paese  (e  che
dunque potrebbero essere oggetto di indagini e  sanzionate  dall'AGCM
per eventuali loro  comportamenti  distorsivi  della  concorrenza)  e
potrebbero essere dissuase (per non dover  versare  il  «contributo»)
dallo stabilirsi in Italia. 
    8. Risulterebbe, infine,  violata  la  normativa  comunitaria  in
materia di aiuti di stato (art. 107 TFUE), nella  misura  in  cui  il
pagamento del «contributo» favorisce le imprese il cui fatturato  non
supera i 50 milioni, consentendo loro di ridurre i costi e quindi  di
fare (piu' efficacemente) concorrenza sia alle  imprese  italiane  (e
straniere iscritte in detto Registro)  assoggettate  al  «contributo»
che alle imprese con sede  in  altri  Stati  membri.  Le  misure  che
possano costituire un  «aiuto  di  Stato»  devono,  tuttavia,  essere
obbligatoriamente (e  preventivamente)  notificate  alla  Commissione
europea ex art. 108, par. 3, TFUE, affinche' questa possa valutare se
esse  integrino  effettivamente  un  aiuto  di  Stato  e,   in   caso
affermativo, se siano o meno incompatibili  con  il  mercato  comune.
Qualora l'obbligo di notifica - come nella presente fattispecie - sia
stato disatteso, la misura e' illegittima. 
    9. A fronte degli articolati rilievi  dedotti  dalle  ricorrenti,
questa Corte  ritiene  di  sollevare  d'ufficio  dinanzi  alla  Corte
costituzionale la  questione  di  legittimita'  costituzionale  delle
disposizioni interne qui in rilievo  e,  precisamente,  dell'articolo
10, commi 7-ter e 7-quater, della  legge  10  ottobre  1990,  n.  287
(Norme per la tutela  della  concorrenza  e  del  mercato),  aggiunti
dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24  gennaio  2012,  n.  1
(Disposizioni  urgenti  per  la  concorrenza,   lo   sviluppo   delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, per contrasto con gli  articoli  3,
53, 1° e 2° comma e 117 della Costituzione, quest'ultimo in relazione
al diritto dell'Unione, con riferimento in particolare  al  principio
generale di non  discriminazione;  alla  direttiva  (UE)  2019/1  del
Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018  (specie  il
suo «considerando» n. 8 e l'art. 2 n. 10), agli artt. 101, 102 e  103
TFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del  Consiglio  del  16  dicembre
2002 concernente l'applicazione delle regole di  concorrenza  di  cui
agli artt. 81 e 82 del Trattato  CE  (ora  artt.  101  e  102  TFUE),
all'art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21 par.  1  della  Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea, nella  parte  in  cui,  per
assicurare il funzionamento dell'Autorita' garante della  concorrenza
e del  mercato,  vengono  applicati  contributi  a  carico  dei  soli
imprenditori con fatturato superiore a 50 milioni di euro. 
    10. Preliminarmente, sotto il profilo dell'ammissibilita', nessun
dubbio sembra porsi in rapporto alla natura tributaria del contributo
de quo e alla conseguente giurisdizione di questo giudice alla  luce,
per un verso, del principio  della  generalita'  della  giurisdizione
tributaria, affermato dalla giurisprudenza delle sezioni unite  della
Corte di cassazione (ex multis, Sez. Un.  Sent.  3  maggio  2016,  n.
8870), secondo cui la giurisdizione del giudice tributario si estende
a tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di  ogni  genere  e
specie e ha  carattere  pieno  ed  esclusivo,  includendo,  oltre  ai
giudizi sull'impugnazione del provvedimento impositivo, anche  quelli
relativi alla legittimita' di tutti gli atti del procedimento e,  per
l'altro verso, tenuto conto  dell'elaborazione  della  giurisprudenza
costituzionale  su  analoghe   contribuzioni   di   altra   autorita'
indipendente (Corte cost., sentenza n. 256 del  2007  e  n.  269  del
2017). 
    In particolare con la sentenza n. 256/2007 il giudice delle leggi
si e' espresso in  merito  al  contributo  dovuto  per  le  spese  di
funzionamento dell'Autorita' per la  vigilanza  sui  lavori  pubblici
qualificandolo di indubbia natura  tributaria  per  il  carattere  di
obbligatorieta' e generalita',  esprimendo  un  principio  pianamente
estendibile alla materia che involge la disciplina dell'AGCM, essendo
il sistema di finanziamento dell'Autorita' per la concorrenza  ed  il
mercato del tutto analogo a  quello  ora  indicato,  anche  sotto  il
profilo degli analoghi contributi richiesti agli operatori  economici
che superino una certa entita' di fatturato. 
    Per tali motivi, appare sussistente  il  necessario  collegamento
tra la ravvisata natura tributaria della prestazione imposta in  base
alle disposizioni, sopra precisamente evocate, e la giurisdizione  di
questo giudice, che costituisce dunque il  «giudice  naturale»  (art.
102 Cost.) della materia in esame, tenuto conto del  principio  ormai
consolidato nella giurisprudenza di legittimita' (Sez.  Un.  n.  6315
del 2009 e n. 11082 del 2010) secondo il quale la  giurisdizione  del
giudice tributario, a seguito della modifica introdotta dall'art. 12,
comma secondo, della legge  28  dicembre  2001,  n.  448  all'art.  2
decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ha carattere  pieno  ed
esclusivo, estendendosi non solo all'impugnazione  del  provvedimento
impositivo,  ma  anche  alla  legittimita'  di  tutti  gli  atti  del
procedimento, ivi compresi gli ordini  di  verifica,  a  seguito  dei
quali l'attivita' di accertamento inizia. 
    Nel caso di specie, pertanto, non puo' essere dunque revocata  in
dubbio la  giurisdizione  tributaria  alla  luce  della  elaborazione
costituzionale (Corte cost., sent. n. 64 del 2008) per  cui  sussiste
un nesso di inscindibilita' tra giurisdizione tributaria e la materia
tributaria la cui violazione darebbe luogo alla violazione  dell'art.
102, secondo comma, della Costituzione (Corte cost., ord. n. 395  del
2007, n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34 del 2006). Tale  ricostruzione  e'
stata,  peraltro,  confermata  dalle  piu'  recenti  pronunce   della
giurisprudenza di vertice (Sez. Un., ord. n.10577 del 4 giugno 2020). 
    11. Ancora sotto il profilo dell'ammissibilita'/pregiudizialita',
questa Corte ritiene percorribile in via  prioritaria  l'investimento
della Corte costituzionale rispetto al rinvio  pregiudiziale  ex  art
267 TFUE prospettato dalle parti ricorrenti, alla luce  dei  principi
affermati con le sentenze nn. 269 del 2017 e 63 del 2019 con  cui  la
Consulta ha fornito alcune importanti  precisazioni  in  merito  alle
ipotesi di doppia pregiudizialita', ovvero, alle controversie  che  -
come nel caso che qui occupa - possono  dare  luogo  a  questioni  di
illegittimita' costituzionale  e,  simultaneamente,  a  questioni  di
compatibilita' con il diritto dell'Unione. 
    In tali evocati arresti e, in particolare, nella pronuncia n. 269
del 2017, la Corte ha statuito «che, laddove una legge sia oggetto di
dubbi di illegittimita' tanto  in  riferimento  ai  diritti  protetti
dalla Costituzione italiana, quanto in relazione a  quelli  garantiti
dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea in ambito di
rilevanza  comunitaria,  debba  essere  sollevata  la  questione   di
legittimita'  costituzionale,  fatto  salvo  il  ricorso  al   rinvio
pregiudiziale per le questioni di interpretazione  o  di  invalidita'
del diritto dell'Unione, ai sensi dell'art. 267 del TFUE». 
    Tale principio, affermato dal Giudice delle  leggi  con  riguardo
alla CDFUE, pare estensibile a tutti i casi in cui si  pongono  delle
questioni che attengono alla tutela dei diritti costituzionali, anche
con riguardo a fonti unionali diverse da quella  da  ultimo  evocata,
come nel caso in  cui  vengano  in  considerazione  il  rispetto  dei
Trattati - come il TFUE -, di un regolamento  comunitario  o  di  una
direttiva, quando risulti il rango costituzionale della  questione  e
dei diritti in gioco e - come nella fattispecie -  la  non  immediata
applicabilita' del diritto europeo. Nel caso in esame,  infatti,  non
si  rinviene  una  disposizione  di  matrice  unionale   direttamente
applicabile bensi' si prospetta  una  contrarieta'  della  disciplina
interna ai principi sanciti dalle  fonti  extranazionali  (oltre  che
dalla Carta fondamentale), come meglio si dira' piu' oltre. 
    12. Cio' premesso, questa Corte osserva, in punto rilevanza della
questione di  costituzionalita',  che  necessariamente  ai  fini  del
presente giudizio occorre fare applicazione della disciplina  di  cui
all'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,
n. 287 (Norme  per  la  tutela  della  concorrenza  e  del  mercato),
aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012,
n. 1 (Disposizioni urgenti per  la  concorrenza,  lo  sviluppo  delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, dal momento che i ricorsi in  esame
contestano  in  radice  la  legittimita'  della  pretesa   impositiva
azionata sulla base dell'evocato  contesto  normativo,  del  quale  -
stante l'inequivocabile disposto letterale - non e' possibile fornire
una lettura costituzionalmente e convenzionalmente compatibile. 
    Non e' parimenti attuabile  alcun  forma  di  lettura  in  chiave
disapplicativa delle disposizioni  interne  sulla  base  del  diritto
unionale, poiche' nella fattispecie - come si e' gia' rilevato -  non
vi  e'  una  disposizione  specifica  di  fonte  europea  che   possa
applicarsi  direttamente   alla   fattispecie   dedotta,   vertendosi
piuttosto, nella diversa situazione della  lamentata  difformita'  di
una  disciplina  interna  rispetto  (anche)  a  principi  di  matrice
eurounitaria non direttamente applicabili dal giudice nazionale. 
    13. In punto  di  non  manifesta  infondatezza  della  questione,
questa Corte dubita della costituzionalita' delle disposizioni di cui
all'articolo 10, commi 7-ter e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990,
n. 287 (Norme  per  la  tutela  della  concorrenza  e  del  mercato),
aggiunti dall'art. 5-bis, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012,
n. 1 (Disposizioni urgenti per  la  concorrenza,  lo  sviluppo  delle
infrastrutture e la competitivita'), convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 24 marzo 2012, n.27, nella parte in cui,  per  assicurare
il funzionamento  dell'Autorita'  garante  della  concorrenza  e  del
mercato, vengono applicati contributi a carico dei soli  imprenditori
con fatturato superiore a 50 milioni di  euro,  sotto  i  profili  di
seguito dedotti. 
    14. Contrasto con il principio di  capacita'  contributiva  (art.
53,  commi  1  e  2,  Cost.):  secondo  la  disciplina  dubitata   di
incostituzionalita',  invero,  a  contribuire  alle  spese   per   il
funzionamento dell'AGCM sono chiamate le sole societa' di capitali  e
non i cittadini e le pubbliche amministrazioni, che pure svolgono  la
loro attivita' con efficacia diretta o indiretta sul mercato  creando
o eliminando distorsioni alla  concorrenza.  Oltre  alla  limitazione
della platea dei contribuenti alle  sole  societa'  di  capitali,  la
disciplina  contestata  pone  un'ulteriore   distinzione,   derivante
dall'assoggettamento al contributo de quo di una percentuale  ridotta
di tali imprese, quella cioe' con volume di  affari  superiore  a  50
milioni di euro. 
    Sotto tale profilo, la disciplina in esame  appare  in  contrasto
con l'indicato principio costituzionale, tenuto conto che il criterio
adottato per identificare la platea  dei  contribuenti  non  coincide
necessariamente con la redditivita' di  un'impresa,  ben  potendo,  a
parita' di fatturato, essere ben  diversi  i  profitti  e  quindi  la
redditivita' fra imprese operanti in settori diversi. 
    Ne' puo' escludersi  che  ad  un  elevato  fatturato  faccia  poi
riscontro un saldo negativo del conto economico, che potrebbe  quindi
chiudere in perdita. La detta disciplina, pertanto, si allontana  dal
principio della capacita' contributiva  per  correlate  al  parametro
della redditivita' dell'impresa contribuente i costi fiscali  che  la
stessa viene chiamata a sostenere. 
    La strutturazione del contributo, inoltre,  appare  in  contrasto
con il principio di progressivita' sopra evocato in quanto i soggetti
con maggiore capacita' contributiva  possono  in  concreto  risultare
destinatari di obblighi di contribuzione proporzionalmente minori  di
quelli gravanti sui contribuenti con minore  capacita'  contributiva,
stante la previsione per cui il massimo importo di  detto  contributo
non puo' essere superiore a cento volte la misura  minima  pari  allo
0,08 per mille del fatturato  (successivamente  ridotto  allo  0,059)
risultante dall'ultimo bilancio. 
    Alla luce della vista strutturazione del contributo, puo'  dunque
accadere che esso non venga applicato in  termini  di  progressivita'
secondo la diversa capacita' contributiva delle imprese ma in  misura
proporzionale (e solo al di sopra della indicata soglia di fatturato)
senza tener conto delle piu' elevate capacita' contributive  per  poi
divenire regressivo una volta raggiunta una certa soglia. 
    La Corte rimettente e' ben consapevole che tale profilo  e'  gia'
stato vagliato e disatteso dal Giudice delle  leggi,  in  particolare
con la gia' evocata pronuncia n. 269 del 2017. 
    Tuttavia,  in  quell'occasione  la  Consulta  aveva  ritenuto  la
denunziata previsione normativa conforme al parametro di cui all'art.
3 Cost. sotto il profilo della ragionevolezza  della  scelta  operata
dal  legislatore  rilevando  che  «l'assenza  di  progressione  e  la
presenza di un tetto massimo alla contribuzione sono coerenti con  la
finalita' ultima del tributo in  questione,  che  non  e'  quella  di
introdurre una nuova forma di prelievo sul reddito, ma quello di  far
concorrere   al   finanziamento   dell'Autorita'   i   soggetti   cui
principalmente si rivolge l'attivita' di garanzia  della  stessa.  Un
tale sistema corrisponderebbe a due ragionevoli esigenze  equitative:
quella di contenere il carico economico posto a  carico  del  singolo
operatore  e  quella  di  evitare  che   alcuni   operatori   possano
trasformarsi  in  «super-finanziatori»  dell'Autorita',  finendo  per
comprometterne di fatto l'indipendenza». 
    Tale conclusione, fondata sull'assunto che l'attivita'  dell'AGCM
si rivolga principalmente nei confronti delle imprese con il maggiore
fatturato (c.d. «sopra soglia») appare nell'attualita' revocabile  in
dubbio sulla base di dati  oggettivi,  desumibili  dalle  rilevazioni
statistiche che  si  illustreranno  con  riferimento  al  rilievo  di
costituzionalita' agganciato al parametro di cui all'art. 3 Cost. 
    Per tale ragione, questa Corte ritiene di riproporre i  dubbi  di
costituzionalita' che gia' erano stati  esaminati,  alla  luce  della
considerazione del (ritenuto)  venir  meno  della  premessa  fattuale
sulla cui base essi erano stati disattesi dal Giudice delle leggi. 
    15. Contrasto con l'articolo 3, Cost.:  le  considerazioni  sopra
svolte  inducono  a  ritenere,   altresi',   violato   il   parametro
costituzionale di cui all'articolo 3 Cost.,  sotto  i  profili  della
ragionevolezza della scelta legislativa,  della  proporzionalita'  ed
eguaglianza del trattamento fiscale adottato. 
    Pur ammettendosi, infatti, che il legislatore possa  diversamente
modulare l'imposizione fiscale fra diverse aree economiche o  diverse
tipologie   di   contribuenti,   pur    tuttavia    ogni    eventuale
diversificazione del regime fiscale  per  tipologia  di  contribuenti
deve essere sorretta da adeguate  giustificazioni  in  assenza  delle
quali la  differenziazione  degenera  in  arbitraria  discriminazione
(Corte cost., sent. n. 10/2015). 
    La giurisprudenza costituzionale ha,  invero,  affermato  che  le
differenziazioni  impositive  devono  essere  ancorate  ad   adeguata
giustificazione  oggettiva  la  quale  deve   essere   coerentemente,
proporzionalmente  e   ragionevolmente   tradotta   nella   struttura
dell'imposta (Corte cost., sentenza n. 142 del 2014). 
    Sotto tali profili, la disciplina di cui all'art. 10, commi 7-ter
e 7-quater, della legge 10 ottobre 1990, n.  287,  in  esame,  appare
frutto  di  una  scelta  legislativa  non  sorretta  da   un'adeguata
giustificazione sia nella parte in cui  prevede  un'esenzione  totale
per i contribuenti «sotto soglia» (con il  risultato  che  un'impresa
con  49.999.999  euro  di  fatturato  non  paga  nulla,  mentre   una
contribuente con 50.000.001 euro  di  fatturato  e'  assoggettata  al
contributo), sia in quella  ove  stabilisce  che  l'imprenditore  con
fatturato di oltre cento volte superiore al minimo  previsto  per  la
tassabilita' sia tenuto a versare un contributo di importo  meno  che
proporzionale a tale indice di capacita' contributiva. 
    Non potrebbe neppure ritenersi che la disciplina qui dubitata  di
incostituzionalita'  e'  orientata   ad   addossare   le   spese   di
funzionamento di AGCM alle imprese  caratterizzate  da  una  presenza
importante nei mercati  di  riferimento  e  dotate  di  considerevole
capacita'  di  incidere  sui  movimenti  delle   relative   attivita'
economiche, sull'assunto che il riferimento ad una determinata soglia
di fatturato non sia inteso a identificare  una  specifica  capacita'
contributiva, bensi' a selezionare quei soggetti nei  cui  confronti,
secondo l'id quod plerumque accidit, si esercita il maggiore  impegno
di controllo dell'Autorita' di garanzia. 
    E', infatti, agevole ipotizzare una  situazione  di  mercati  nei
quali  il  prodotto  (o  servizio)   rilevante   ha   un   costo   di
produzione/prezzo di  vendita  talmente  basso  per  cui  le  imprese
interessate non potranno mai conseguire fatturati «sopra soglia», pur
rivestendo una presenza significativa nel mercato di  riferimento  ed
assumendo una capacita' di incidenza sullo stesso  con  comportamenti
anticoncorrenziali vietati dalla normativa comunitaria  e  nazionale,
cosi' come puo' ipotizzarsi che, in un determinato  anno,  un'impresa
scenda temporaneamente «sotto  soglia»,  seguendo  le  dinamiche  del
mercato, senza per questo perdere la propria posizione sul mercato. 
    Nella disciplina  qui  censurata  deve,  inoltre,  rinvenirsi  un
profilo di  discriminazione  tra  le  societa'  italiane  con  ricavi
superiori a 50 milioni di euro iscritte  al  registro  delle  imprese
tenuto dalle Camere di commercio  italiane  e  tutte  quelle  imprese
straniere che non hanno  una  rappresentanza  stabile  in  Italia  ma
esercitano attivita' di impresa  nel  nostro  Paese,  usufruendo  dei
servizi  di  vigilanza  e  di  regolamentazione  resi   dalla   AGCM.
Considerata  l'omogeneita'  della  situazione  di  fatto   presa   in
considerazione della  legge  ai  fini  dell'imposizione  fiscale,  la
limitazione della platea dei soggetti passivi chiamati al  versamento
del contributo, limitato alle sole societa' di capitali residenti  in
Italia a fini fiscali e i cui ricavi superano la soglia di 50 milioni
di euro di fatturato, materializza  un'ingiustificata  disparita'  di
trattamento    fondata    unicamente     sulla     nazionalita'     o
sull'organizzazione societaria del  contribuente:  il  contributo  de
quo,  infatti,  non  grava  sulle  societa'  di  capitali   che   non
raggiungono i 50 milioni di euro di ricavi  e  sui  soggetti  diversi
dalle societa' di capitali (a prescindere dai loro ricavati), ne'  su
imprese straniere non iscritte in Italia anche  se  operano  comunque
sul mercato italiano. 
    15.1. Questa Corte e' ben consapevole che il Giudice delle leggi,
con la gia' ricordata sentenza n.  269  del  2017,  ha  ritenuto  non
fondate le questioni di costituzionalita' dedotte in  relazione  agli
artt. 3 e  53  Cost.  ritenendo  che  «10.1.  .  non  puo'  ritenersi
costituzionalmente illegittima la scelta del legislatore  di  imporre
la contribuzione in esame esclusivamente a carico delle  imprese  che
si contraddistinguono per una  presenza  significativa  sui  mercati,
perche' dotate di una particolare struttura e perche'  caratterizzate
da una rilevante dimensione economica: tali imprese, infatti, in base
all'id  quod  plerumque  accidit,  sono  le  destinatarie  prevalenti
dell'attivita'  dell'Autorita'  medesima  e,  quindi,   le   maggiori
responsabili della relativa spesa . Non inficia l'opzione legislativa
neppure  il  fatto  che  l'attivita'  dell'AGCM  possa   indirizzarsi
talvolta anche verso soggetti non tenuti alla contribuzione, come gli
imprenditori cosiddetti sotto-soglia, le  pubbliche  amministrazioni,
le imprese senza  stabile  organizzazione  in  Italia  o  gli  stessi
consumatori. Sul piano dell'effettivita',  l'Autorita'  antritust  e'
prevalentemente   impegnata   dalle   attivita'   economiche    degli
imprenditori di medie e grandi dimensione e cio' basta  ad  escludere
la manifesta irragionevolezza della normativa in esame.  «Ed  ancora:
«10.2. - Neppure irragionevole e'  la  scelta  di  riferirsi  ad  una
determinata  dimensione  del  fatturato  (50  milioni  di  euro)  per
delimitare   la   platea   degli   imprenditori    assoggettati    al
contributo.... Il tributo in esame, infatti... intende ripartire  gli
oneri economici relativi alla prestazione di un servizio pubblico (la
tutela della concorrenza  e  il  funzionamento  del  mercato)  fra  i
soggetti che giustificano l'esistenza di un'autorita'  garante  della
concorrenza  e  che  nei  fatti   maggiormente   impegnano   la   sua
attivita'.». 
    15.2.  Questo  giudice  rimettente  prospetta,  tuttavia,  alcune
considerazioni che potrebbero indurre la Corte adita a rimeditare  la
decisione  adottata  alla  luce  della  ravvisata  difformita'  della
situazione dell'id quod plerumque accidit  rispetto  a  quanto  posto
alla base della pronuncia n. 269/2017, desumibile  dalle  rilevazioni
statistiche ufficiali riferite agli anni di attivita' dell'AGCM. 
    Infatti, come risulta  dalle  statistiche  relative  alla  prassi
decisionale dell'AGCM, reperibili agevolmente sul sito  ufficiale  di
tale                                                        Autorita'
www.agcm.it/competenze/tutela-della-concorrenza/delibere/sanzioni, la
vigilanza dell'AGCM si produce in maniera sostanzialmente equivalente
tra le imprese «sotto soglia» e «sopra soglia».  Precisamente,  negli
anni  2012-2014,  dei  66  procedimenti  chiusi   con   provvedimento
sanzionatorio dall'AGCM, 17 riguardavano  societa'  di  capitali  con
ricavi inferiori a  50  milioni  (ma  uno  di  questi  riguardava  un
procedimento collettivo che aveva riguardato 20  societa'  tutte  con
fatturati inferiori a 50 milioni; nel biennio 2016-2017, risulta che,
su 121 imprese controllate, 65  erano  «sotto  soglia»  e  56  «sopra
soglia». Anche con riferimento agli anni 2018-2023 emerge  un  quadro
analogo, che vede un totale di 272  imprese  verificate  di  cui  136
«sotto soglia» e un pari numero «sopra soglia». 
    Se, dunque, i dati statistici  riflettono  una  realta'  fattuale
nella quale i destinatari dell'attivita' di AGCM sono  costituiti  da
imprese  «sopra»  e  «sotto   soglia»   in   numero   sostanzialmente
equivalente, appare per contro problematico fondare su dati di  fatto
oggettivi l'affermazione per cui l'attivita'  di  indagine  dell'AGCM
sia piu' complessa e dispendiosa in relazione agli  accertamenti  nei
confronti delle imprese «sopra soglia». 
    Non  sono,  infatti,  rinvenibili  elementi   empirici   o   dati
esperienziali dai  quali  desumere,  come  regola  generale,  che  le
imprese che superano una certa soglia di fatturato, soltanto  per  le
loro dimensioni richiedano  un  maggiore  impegno  nell'attivita'  di
controllo che le riguarda, ne' in termini quantitativi  (relativi  al
numero di accertamenti che riguardano,  rispettivamente,  le  imprese
sotto o sopra soglia), ne' sotto il profilo qualitativo (in relazione
al numero degli accertatori impegnati nelle singole  verifiche,  alla
complessita' delle stesse  e  al  tempo  necessario  per  portarle  a
termine), essendo, anzi, agevole prospettare  casi  in  cui  si  puo'
verificare il contrario, come si e' sopra esemplificato. 
    15.3. Inoltre,  tra  i  compiti  istituzionali  di  AGCM  non  e'
ricompresa soltanto  la  vigilanza  in  materia  di  concorrenza  tra
imprese, ma l'attivita' di tale  organismo  si  rivolge  anche  altri
settori e, in definitiva, alla  generalita'  dei  soggetti  economici
(italiani o non)  operanti  sul  territorio  italiano,  senza  alcuna
distinzione tra societa' di capitali con fatturati superiori, o no, a
50 milioni e a prescindere dalla struttura che si sono date (societa'
di persone, di  capitali,  ditte  individuali,  enti  rappresentativi
delle categorie imprenditoriali o  professionali,  etc.).  Alla  luce
dell'ampio  spettro  di  azione  dell'AGCM,  la  strutturazione   del
contributo in esame appare vieppiu' irragionevole  e  immotivatamente
discriminatoria. 
    15.4.  Benvero  che  la  discrezionalita'  del   legislatore   in
relazione alle finalita' dell'imposizione fiscale ed  alle  modalita'
impositive e' certamente molto ampia ma, nel  caso  di  specie,  essa
appare connotata da profili di innegabile  irrazionalita',  emergenti
alla luce della realta' fattuale sopra riportata. 
    Quest'ultima, infatti, restituisce in tutta evidenza il  dato  di
una imposizione che, irragionevolmente, grava in via esclusiva su una
parte soltanto della compagine dei soggetti che  effettivamente  sono
coinvolti  nell'attivita'  dell'attivita'  dell'AGCM  e,  all'interno
della piu' ristretta platea individuata dal legislatore, di un  onere
ripartito a prescindere dal criterio di proporzionalita', per effetto
del meccanismo di tetto massimo dell'importo contributivo, che - come
si e' osservato - induce oltre una determinata  soglia  effetti  (non
progressivi bensi')  regressivi  e  mina  l'indipendenza  dell'azione
amministrativa svolta dall'AGCM. 
    Infine, la disciplina in esame introduce  effetti  discriminatori
tra imprese «sopra soglia»  con  sede  in  Italia  e  imprese  «sopra
soglia» estere operanti sul medesimo mercato interno. 
    Tale  strutturazione  del  contributo  risulta  sfornita  di  una
ragionevole giustificazione ed appare, per tali motivi, in  contrasto
con il disposto costituzionale (art. 3 Cost.) sotto il profilo  della
ragionevolezza e proporzione e non discriminazione  della  disciplina
sottoposta al vaglio di costituzionalita'. 
    16. Contrasto con l'art.117 della Costituzione,  quest'ultimo  in
relazione al diritto dell'Unione, con riferimento in  particolare  al
principio generale di non discriminazione; alla direttiva (UE) 2019/1
del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018  (specie
il suo «considerando» n. 8 e l'art. 2 n. 10), agli artt. 101,  102  e
103 TFUE; al regolamento (CE) n. 1/2003 del Consiglio del 16 dicembre
2002 concernente l'applicazione delle regole di  concorrenza  di  cui
agli artt. 81 e 82 del Trattato  CE  (ora  artt.  101  e  102  TFUE),
all'art. 4, par. 3, TUE, agli artt. 20, 21 par.  1  della  Carta  dei
diritti  fondamentali  dell'Unione   europea:   la   disciplina   del
finanziamento dell'AGCM in esame appare contrastante altresi' con  la
normativa di fonte unionale, configurandosi dunque una violazione del
disposto costituzionale di cui all'art. 117 Cost. 18.1. La disciplina
interna qui censurata, nella misura in cui costituisce attuazione del
diritto dell'Unione - ponendosi  quale  meccanismo  di  finanziamento
dell'AGCM,  organismo  che  vigila  sulla  materia  disciplinata  dal
regolamento (CE)  n.  1/2003  del  Consiglio  del  16  dicembre  2002
(«concernente l'applicazione delle regole di concorrenza di cui  agli
artt. 81 e 82 del Trattato CE» oggi, artt. 101 e 102 TFUE), dall'art.
1, comma 2, legge  n.  287/1990;  dalla  direttiva  (UE)  2019/1  del
Parlamento europeo e  del  Consiglio  dell'11  dicembre  201826  «che
conferisce alle  autorita'  garanti  della  concorrenza  degli  Stati
membri poteri  di  applicazione  piu'  efficace  e  che  assicura  il
corretto  funzionamento  del  mercato  interno»  («direttiva  ECN+»),
adottata  sulla  base  dell'art.  103,  in  tema   di   finanziamento
dell'attivita'  delle  Autorita'  antitrust  nazionali   -   dovrebbe
conformarsi ai principi enunciati dalle disposizioni della CDFUE. 
    17. Al contrario, essa appare in  contrasto,  anzitutto,  con  il
principio di non discriminazione che,  nella  gerarchia  delle  fonti
unionali, ha valenza di principio generale di diritto e che impone di
non trattare in modo diverso situazioni omogenee. 
    Come si e' gia' osservato, il  contributo  per  il  finanziamento
dell'attivita' dell'AGCM  grava  esclusivamente  su  imprese  che  si
trovano in una situazione fattuale e giuridica del  tutto  analoga  a
quelle che ne sono esentate  e  cio'  unicamente  sulla  base  di  un
elemento (il loro fatturato) che non appare -  anche  alla  luce  dei
dati  oggettivi  di  natura  statistica  --un  ragionevole  parametro
discretivo sulla cui base strutturarne la debenza soggettiva. 
    Come si e' gia'  rilevato,  infatti,  il  contributo  de  quo  e'
imposto  solo  ad   alcuni   soggetti   di   una   platea   coinvolta
dall'attivita' dell'organismo di garanzia,  cosi'  violando  il  gia'
evocato principio di non discriminazione e le  disposizioni  unionali
che ne contengono la positiva esplicitazione: l'art. 20 della  «Carta
dei  diritti  fondamentali  dell'Unione  europea»  che   enuncia   il
principio di eguaglianza; l'art. 21 par.1 della medesima  Carta,  che
vieta «qualsiasi forma di discriminazione  fondata,  in  particolare,
sul ... patrimonio...» laddove  tratta  diversamente  i  contribuenti
sulla base esclusiva del loro fatturato. 
    18. In secondo luogo, la disciplina  interna  de  qua  appare  in
contrasto con la direttiva ECN+,  richiamata  dalla  stessa  Delibera
AGCM 7 marzo 2023,  n.  30499»  con  cui  e'  stato  quantificato  il
«Contributo  all'onere  derivante  dal  funzionamento  dell'Autorita'
garante della Concorrenza e del Mercato per l'anno 2023»). 
    La direttiva 2019/1 (o  ECN+),  recepita  in  Italia  con decreto
legislativo 8   novembre   2021,   n.    185,    vieta    trattamenti
discriminatori: il suo «considerando» n. 8  -  proprio  in  relazione
alle adeguate risorse finanziarie che  gli  Stati  devono  assicurare
alle Autorita' garanti - precisa che esse devono  garantire  «parita'
di  condizioni  alle   imprese   operanti   nel   mercato   interno»,
intendendosi per «impresa» «... ai sensi degli  articoli  101  e  102
TFUE,  qualsiasi  entita'  che  esercita  un'attivita'  economica,  a
prescindere dal  suo  status  giuridico  e  dalle  sue  modalita'  di
finanziamento»  (art.  2,  n.  10,  direttiva  ECN+)   senza   alcuna
distinzione tra imprese sulla base del fatturato o di altri criteri. 
    Sotto il profilo del finanziamento,  la  direttiva  prevede  che:
«Per garantire che  le  autorita'  amministrative  nazionali  garanti
della concorrenza dispongano delle risorse necessarie per svolgere  i
loro compiti, potrebbero essere presi in considerazione diversi mezzi
di  finanziamento,  come  il  finanziamento  proveniente   da   fonti
alternative, diverse dal bilancio dello Stato» e l'art.  5,  par.  1,
stabilisce che: «Gli Stati membri assicurano almeno che le  autorita'
nazionali  garanti  della  concorrenza  dispongano   di   sufficiente
personale qualificato e di sufficienti risorse finanziarie,  tecniche
e  tecnologiche  per  l'efficace  svolgimento  dei  loro  compiti   e
l'esercizio dei loro poteri, ai fini dell'applicazione degli articoli
101 e 102 TFUE, come definiti al paragrafo 2 del presente articolo»). 
    Pur lasciando ampia  discrezionalita'  al  legislatore  nazionale
nella determinazione della fonte  del  contributo  stesso,  e  dunque
essendo lecito  che  gli  Stati  richiedano  anche  alle  imprese  un
contributo per il funzionamento dell'Autorita', e'  altrettanto  vero
che,  nel  fare  cio',  gli  Stati  non  possono   adottare   criteri
discriminatori. 
    19. Sotto il profilo della conformita' della  disciplina  interna
sottoposta allo scrutinio di costituzionalita' con  il  principio  di
non discriminazione, oltre al dato fattuale di  premessa,  costituito
dal fatto che tutte le imprese, quale  che  sia  il  loro  fatturato,
possono violare le regole di  concorrenza  e  sono  quindi  passibili
dell'attivita' di  controllo  e  sanzione  esercitata  dall'AGCM,  si
osserva inoltre che, in un caso del tutto analogo e sovrapponibile  a
quello che qui occupa, la Corte di giustizia  UE  si  e'  pronunciata
affermando  una  serie  di  principi  che  appaiono  significativi  e
rilevanti anche ai presenti fini. 
    Nella causa  Nexive  Commerce  (CGUE,  7  settembre  2023,  causa
C-226/22, Nexive Commerce, EU:C:2023:637) la Corte di Lussemburgo ha,
infatti, affrontato il caso di fornitori privati del servizio postale
ai quali era stato imposto un  «contributo»  uniforme  per  sostenere
l'attivita' dell'Autorita' garante (AGCOM) analoga  all'AGCM.  Alcuni
operatori esercenti il  servizio  di  corriere  espresso  sostenevano
pero' che il contributo dovesse essere gravare solo  a  carico  degli
operatori esercenti il servizio universale o comunque contestavano di
dover contribuire  con  la  stessa  percentuale  (1/1000)  in  quanto
assorbenti meno intensamente l'attivita' dell'AGCOM. A sostegno delle
loro ragioni invocavano la violazione del divieto di  discriminazione
in quanto - a loro  avviso  -  erano  trattate  in  maniera  identica
situazioni   diverse,   allegando   che   puo'   aversi   trattamento
discriminatorio  tanto  quando  situazioni  omogenee  sono   trattate
diversamente, tanto nel caso in cui situazioni diverse siano trattate
allo stesso modo. 
    Nella evocata sentenza, la Corte UE ha ritenuto legittimo che  il
finanziamento dell'AGCOM fosse a carico di tutti  gli  operatori  del
settore postale,  dato  che  tutti  beneficiavano  dell'attivita'  di
regolamentazione di detta Autorita' (e dunque  si  trovavano  in  una
situazione comparabile  e  non  diversa)  affermando,  altresi',  che
l'intensita'    dell'attivita'    svolta    da    un'Autorita'     di
regolamentazione e monitoraggio  non  fosse  rilevante  ai  fini  del
principio di non discriminazione. 
    19.1.  I  principi  enunciati  dalla  sentenza  Nexive   Commerce
appaiono perfettamente attagliabili alla disciplina del contributo di
che trattasi, poiche' il  Giudice  europeo  afferma,  per  un  verso,
l'omogeneita'  della  situazione  di  tutti  i  soggetti   che   sono
sottoposti all'attivita' dell'Autorita' di controllo e,  per  l'altro
verso, che l'intensita' del controllo esercitato  dall'Autorita'  non
costituisce  elemento  che  puo'  legittimamente  differenziarne   il
trattamento per quanto attiene al finanziamento della medesima. 
    Ora, riportando le affermazioni della CGUE al caso del contributo
imposto alle  sole  imprese  «sopra  soglia»,  appare  confortata  la
prospettazione    qui    affacciata,    relativa    al    trattamento
immotivatamente  discriminatorio  della  disciplina  interna  che  si
censura, imperniato  su  una  distinzione  fondata  sul  fatturato  e
giustificata sulla base della (peraltro  presunta  e  -  come  si  e'
cercato  di  dimostrare  -  infondata)  presunzione  della   maggiore
incidenza dell'attivita' dell'organo finanziato proprio nei confronti
delle contribuenti su cui grava la contribuzione. 
    20.  La  disciplina  interna  dubitata   di   incostituzionalita'
contrasta, infine, con il principio di leale  cooperazione  integrato
nell'art. 4, par. 3, TUE, ove  e'  stabilito  che  gli  Stati  membri
«adottano ogni misura di carattere generale  o  particolare  atta  ad
assicurare l'esecuzione  degli  obblighi  derivanti  dai  trattati  o
conseguenti  agli  atti  delle  istituzioni  dell'Unione»  e  «devono
astenersi da qualsiasi misura che rischi di mettere  in  pericolo  la
realizzazione degli obiettivi dell'Unione». 
    L'AGCM opera quale autorita' garante ai  fini  del  contrasto  di
pratiche  anticoncorrenziali  vigilando  affinche'  le  imprese   non
concludano accordi o  mettano  in  atto  pratiche  «...  che  possano
pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per  oggetto
o per effetto di impedire,  restringere  o  falsare  il  gioco  della
concorrenza all'interno del mercato interno...» (art. 101 TFUE) e non
sfruttino abusivamente la loro eventuale  posizione  dominante  (art.
102 TFUE), con il potere di applicare sanzioni in caso  di  accertato
abuso. 
    In altri termini, l'AGCM svolge un servizio  pubblico  che  va  a
beneficio dell'intera collettivita' e non  un  servizio  specifico  a
vantaggio di singole imprese e, in  ultima  analisi,  avvantaggia  la
generalita' dei cittadini  in  quanto  consumatori  interessati  alla
libera concorrenza delle imprese. 
    In tale contesto, la  disciplina  interna  qui  censurata  appare
lesiva dell'indipendenza e - dunque  -  dell'efficacia  dell'AGCM  la
strutturazione  del  finanziamento  della  medesima,  che  si   fonda
essenzialmente sul contributo fornito da quegli stessi  soggetti  che
sono i principali destinatari dell'attivita' di controllo e  sanzione
dell'Autorita' di garanzia. 
    Al fine di garantire l'assoluta indipendenza dell'AGCM e, dunque,
la piu' ampia efficacia della sua azione, quest'ultima  non  dovrebbe
dipendere finanziariamente dalle imprese dato che esse - come  appena
rilevato - non sono soltanto le beneficiarie della sua attivita',  ma
costituiscono soprattutto i soggetti nei cui confronti si  esercitano
i  poteri  ispettivi  e  sanzionatori  attribuiti  all'organismo   di
garanzia. 
    In definitiva, la disciplina interna che si sottopone  al  vaglio
di   costituzionalita'    appare    dunque,    in    quanto    lesiva
dell'indipendenza dell'AGCM, una misura che  viola  il  principio  di
leale collaborazione imposto agli Stati membri dall'art. 4,  par.  3,
TUE, che implica il  divieto  di  adottare  misure  che  rischino  di
mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell'Unione. 
    21.  Per  tutti  i  sopra  esposti   profili,   le   disposizioni
dell'articolo 10, commi 7-ter e  7-quater,  della  legge  10  ottobre
1990,  n.  287  appaiono  in  contrasto  non   componibile   in   via
interpretativa con i parametri costituzionali di cui agli artt. 3, 53
e 117 Cost. 

 
                               P.Q.M. 
 
    La Corte di giustizia tributaria di Udine, solleva  la  questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 7-ter e  7-quater,
legge   n.   287/1990,   aggiunti   dall'art.   5-bis,    comma    1,
del decreto-legge 2 n. 1/2012, conv. legge  n. 27/2012, per contrasto
con gli artt. 3, 53 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione al diritto
dell'Unione, con riferimento in particolare al principio generale  di
non discriminazione; alla direttiva 11  dicembre  2019,  n.  1,  agli
artt. 101, 102 e 103 TFUE; al  regolamento  (CE)  n.  1/2003  del  16
dicembre 2002 in riferimento agli artt. 81 e 82 del Trattato CE  (ora
artt. 101 e 102 TFUE), all'art. 4, par. 3, TUE,  agli  artt.  20,  21
par. 1 CDFUE, nella parte in cui,  per  assicurare  il  funzionamento
dell'Autorita' garante  della  concorrenza  e  del  mercato,  vengono
applicati contributi a carico dei  soli  imprenditori  con  fatturato
superiore a 50 milioni di euro; 
    Sospende il giudizio e  dispone  l'immediata  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale; 
    Dispone che la presente ordinanza sia  notificata  a  cura  della
segreteria alle parti, al Presidente del Consiglio dei ministri e sia
comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. 
      Udine, 3 giugno 2025 
 
                         Il Presidente: Zoso