Reg. ord. n. 168 del 2025 pubbl. su G.U. del 17/09/2025 n. 38
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio del 13/05/2025
Tra: FRV Italia srl C/ Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e altri
Oggetto:
Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021 – Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo – Previsione che l'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Previsione che l’art. 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo, n. 199 del 2021, introdotto dal comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non si applica ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Norma che non istituisce nessuna forma di bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, senza considerare una loro possibile utilizzabilità finanche a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Assenza di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo costituzionale, che contrasta con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.
Norme impugnate:
decreto-legge del 15/05/2024 Num. 63 Art. 5 Co. 1
decreto-legge del 15/05/2024 Num. 63 Art. 5 Co. 2
legge del 12/07/2024 Num. 101
decreto legislativo del 25/11/2024 Num. 190 Art. 2 Co. 2
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 9 Co.
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
direttiva UE Art. Co.
direttiva UE Art. Co.
regolamento UE Art. Co.
regolamento UE Art. Co.
Testo dell'ordinanza
N. 168 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 2025 Ordinanza del 13 maggio 2025 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio sul ricorso proposto da FRV Italia srl contro Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e altri. Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021 - Disposizioni finalizzate a limitare l'uso del suolo agricolo - Previsione che l'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 - Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell'art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita' energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del predetto decreto nonche' in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR - Previsione che l'art. 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo, n. 199 del 2021, introdotto dal comma 1 dell'art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non si applica ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi - Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili - Previsione che gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilita', indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021. - Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonche' per le imprese di interesse strategico nazionale), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi 1 e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in attuazione dell'articolo 26, commi 4 e 5, lettera b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo periodo. (GU n. 38 del 17-09-2025) IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO (Sezione Terza) ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 10399 del 2024, proposto da FRV Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Carlo Comande', Enzo Puccio, Serena Caradonna, con domicilio eletto presso lo studio Carlo Comande' in Roma, via Pompeo Magno, 23/A; Contro Ministero della cultura, Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica, Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12; Nei confronti della Regione Puglia e della Regione Toscana, non costituite in giudizio; Per l'annullamento: degli articoli 1, 3 e 7 del decreto ministeriale 21 giugno 2024, recante «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili», adottato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica di concerto con il Ministero della cultura e il Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie generale n. 153 del 2 luglio 2024; di ogni atto presupposto, connesso, consequenziale, anche non conosciuto; Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della cultura, del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e del Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 febbraio 2025 il dott. Marco Savi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; 1. La ricorrente e' una societa' operante nel campo delle energie rinnovabili, che e' passata dall'essere un semplice sviluppatore di soluzioni a diventare un produttore di energia indipendente. 2. In Italia FRV ha presentato diverse iniziative, tra le quali anche progetti di impianti fotovoltaici con moduli a terra. 3. Tra le varie iniziative in corso di sviluppo, ve n'e' in particolare una per la quale la societa' ha gia' sostenuto tutti i costi per ottenere la soluzione di connessione alla rete di trasmissione nazionale da parte del competente gestore, per stipulare i contratti idonei ad acquisire la disponibilita' giuridica delle aree ove sviluppare il progetto, ma non ha ancora avviato l'iter di autorizzazione. Si tratta di un progetto per la realizzazione di un impianto fotovoltaico con moduli collocati a terra, in area a destinazione urbanistica agricola, sito nel Comune di Mazara del Vallo, localita' San Nicola, di potenza pari a 20 Mw. Le attivita' di sviluppo del progetto hanno avuto inizio nel 2022 con l'acquisizione delle aree, tutte private. Ad acquisizione completata e' stata fatta la richiesta di connessione a Terna per l'ottenimento della soluzione di connessione, con riferimento alla quale e' in corso un tavolo tecnico ancora in attesa di definizione. 4. Siffatto progetto si colloca in area con destinazione urbanistica agricola e, pertanto, risulta direttamente inciso dall'art. 1, comma 2, lettera d) del decreto ministeriale 21 giugno 2024, il quale impone il divieto di realizzazione di impianti fotovoltaici a terra in area agricola sulla scorta di quanto previsto dall'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024 (c.d. decreto-legge Agricoltura), convertito con modifiche con legge n. 101/2024. 5. La disposizione normativa richiamata e posta a fondamento della citata previsione del decreto ministeriale qui impugnata ha inserito all'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 un ulteriore comma (1-bis) nel quale si stabilisce un generalizzato divieto di collocare impianti FTV a terra in aree classificate agricole secondo i piani urbanistici vigenti. 6. La disposizione fa salvi solamente i progetti ubicati: 1) in siti che risultano gia' interessati dalla presenza di impianti della medesima fonte e solo per interventi che non comportino modifica dell'area occupata; 2) nelle cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati; 3) in siti nelle disponibilita' delle societa' del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonche' delle societa' concessionarie autostradali; 4) in siti nella disponibilita' delle societa' di gestione aeroportuale all'interno dei sedimi aeroportuali; 5) nelle aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti, nonche' le aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non piu' di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento; 6) nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri. 7. Tra queste ipotesi non rientra l'iniziativa della societa' sopra descritta, la quale non viene fatta salva neppure dal regime transitorio previsto dal gia' menzionato art. 5, che prevede la non applicazione del divieto solo «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». 8. Peraltro, gli effetti del decreto ministeriale che attua la normativa primaria si esplicherebbe anche su tutti i progetti fotovoltaici attualmente in esercizio in area agricola, per i quali viene interdetta alla societa' la possibilita' di ampliamento territoriale degli stessi, con un chiaro capovolgimento di quello che era il contesto normativo previgente delineato dal decreto legislativo n. 199/2021, adottato in attuazione della direttiva 2018/2001/UE «sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili». 9. Con il presente ricorso FRV sostiene che il decreto impugnato sia illegittimo per «Violazione e falsa applicazione dell'art. 20, commi 1 e 2 del decreto legislativo n. 199/2021 - violazione e falsa applicazione dell'art. 12, comma 7 del decreto legislativo n. 387/2003 - violazione e falsa applicazione delle linee guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010 - violazione della delega - eccesso di potere - manifesta irragionevolezza - violazione della direttiva 2009/28/CE, della direttiva 2001/77/CE e della direttiva 2018/2001/UE»: nell'individuare, come aree in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, le aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199/2021, il decreto contravverrebbe alla delega, che non avrebbe contemplato la possibilita' di individuare aree «in cui e' vietata» la installazione di impianti fotovoltaici a terra, sicche' il decreto ministeriale non avrebbe potuto essere utilizzato per dare attuazione al citato comma 1-bis. 10. Per l'ipotesi in cui non sia possibile un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n. 199/2021, la ricorrente ha prospettato l'illegittimita' costituzionale della disposizione per i seguenti profili: violazione e falsa applicazione dell'art. 77, comma secondo, della Costituzione: dalla disamina del «Preambolo» al decreto-legge Agricoltura si evincerebbe che l'iniziativa governativa da cui ha preso le mosse l'approvazione dell'art. 5, comma 1, del menzionato decreto-legge, che ha introdotto la norma contestata, e' stata motivata in ragione della ritenuta straordinaria necessita' e urgenza di contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola. Tale presupposto, tuttavia, non sarebbe sussistente, in quanto nel territorio italiano la Superficie agricola totale (SAT) e' pari a 16 milioni di ettari, mentre la Superficie agricola utilizzata (SAU) e' pari a 12,5 milioni di ettari. Inoltre, 4 milioni di ettari di terreni agricoli sono attualmente abbandonati. Al 2023 sono stati installati impianti pari a una potenza di 30,3 GW. Di questi, secondo il GSE, 9,2 GW sono impianti FTV a terra che utilizzano 16.400 ettari, che equivalgono solo allo 0,05% del territorio nazionale oppure allo 0,13% della SAU. Installare gli 84 GW di cui al Piano elettrico 2030/REPowerEU richiederebbe fino a 70.000 ettari - considerando l'ipotesi piu' estensiva secondo cui l'intero obiettivo fosse perseguito mediante l'utilizzo della sola tecnologia che utilizza pannelli fotovoltaici collocati a terra e senza considerare la quota installabile su edifici - che equivalgono allo 0,2% del territorio italiano ovvero allo 0,4% della SAT. Si tratterebbe di una porzione marginale di suoli agricoli anche se paragonata ai 4 milioni di ettari di terreni agricoli abbandonati e ai 12,5 milioni di ettari di SAU. Sarebbero stati, pertanto, in origine carenti i requisiti di necessita' e urgenza di cui all'art. 77 della Costituzione che avrebbero giustificato il ricorso allo strumento eccezionale della decretazione d'urgenza (motivo II); violazione e falsa applicazione degli articoli 117, commi primo e terzo, della Costituzione, in relazione, rispettivamente, alla direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili e all'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (attuazione della direttiva 2001/77/CE): la norma contestata, nel prevedere il divieto di installazione di nuovi impianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l'estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e, in particolare, con l'obiettivo di garantire la massima diffusione degli impianti FER, perseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla direttiva 2001/77/CE, nonche' dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della quale e' stato emanato il decreto legislativo n. 199/2021. Sotto altro profilo, la norma si porrebbe in contrasto con i principi generali dettati in materia dallo stesso Legislatore statale, in attuazione delle direttive europee, e in particolare con l'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici», e con le Linee guida del 2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei e l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare porzioni significative del territorio. Per contro, una norma che introduce un divieto generalizzato a realizzare una tipologia di impianto FER su qualsiasi area agricola - a prescindere anche da una previa indagine in merito alle tecnologie utilizzate, alle specifiche qualita' del sito agricolo ovvero alle colture ivi condotte - si porrebbe in conflitto con i summenzionati principi fondamentali di cui all'art. 117, comma 1, della Costituzione ed all'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, attuativi di direttive dell'Unione europea e che riflettono anche impegni internazionali volti a favorire l'energia prodotta da fonti rinnovabili (motivo III); violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della Costituzione - violazione e falsa applicazione dell'art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili - violazione del principio di proporzionalita' - violazione dell'art. 11 del TFUE; violazione dell'art. 41 della Costituzione: la scelta di introdurre un generale e indiscriminato divieto a realizzare impianti FTV con moduli a terra su aree urbanisticamente campite come «agricole» risulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione delle fonti rinnovabili in modo da incidere sugli obiettivi di tutela dell'ambiente perseguiti. Sul punto, l'art. 15 della direttiva 2018/2001 prevede che «Gli Stati membri prendono in particolare le misure appropriate per assicurare che: b) le norme in materia di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze siano oggettive, trasparenti e proporzionate ...». La norma censurata sarebbe tutt'altro che una forma di esercizio «proporzionato» della potesta' legislativa. La norma, inoltre, violerebbe il principio di integrazione delle tutele - riconosciuto, sia a livello europeo (art. 11 del TFUE), sia nazionale (art. 3-quater del decreto legislativo n. 152 del 2006, sia pure con una formulazione ellittica che lo sottintende) - in virtu' del quale le esigenze di tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle altre pertinenti politiche pubbliche, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. Se il principio di proporzionalita' rappresenta il criterio alla stregua del quale mediare e comporre il potenziale conflitto tra i due valori costituzionali all'interno di un quadro argomentativo razionale, il principio di integrazione costituisce la direttiva di metodo. La tutela dell'ambiente e del paesaggio (nello specifico dell'ambiente e del contesto agricolo) non potrebbero essere visti quali valori contrapposti rispetto alla diffusione delle fonti rinnovabili, sia sotto il profilo della tutela dell'ambiente che sotto quello della tutela dell'iniziativa economica privata. Lo stesso art. 9 della Costituzione sancisce che la tutela dei valori ambientali deve essere perseguita «anche nell'interesse delle future generazioni». Al contrario, la disposizione in esame muoverebbe dall'assunto di un aprioristico conflitto tra la conservazione delle aree agricole e l'autorizzazione di impianti per la produzione di energia mediante collocazione di pannelli fotovoltaici a terra, come se le descritte finalita' non fossero tra loro contemperabili mediante la introduzione di parametri di valutazione idonei a stabilire, caso per caso, quando e dove consentire o meno la collocazione di impianti che utilizzano la tecnologia fotovoltaica a terra (inclusi gli agrivoltaici base o avanzati) in area agricola (motivo IV). 11. Le amministrazioni intimate si sono costituite in resistenza. Oltre ad eccepire la carenza di interesse al ricorso, rilevano che i presupposti su cui la ricorrente fonda le proprie deduzioni sarebbero smentiti dalla lettura della normativa di riferimento. Per quanto specificamente interessa l'art. 1, comma 2, lettera d), del d.m., secondo cui le regioni individuano, tra le altre, le «aree in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra: le aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199», la previsione non sarebbe strumento di «attuazione» dell'art. 20, comma 1-bis, perche' gli effetti di tale disposizione, di rango primario e introdotta successivamente con legge ordinaria, verrebbero gia' spiegati autonomamente all'interno del decreto legislativo n. 199 del 2021. Piuttosto, il rimando operato nel decreto ministeriale Aree idonee, lungi dal volere introdurre un divieto generalizzato di portata innovativa, troverebbe ragione in forza della ratio del medesimo provvedimento impugnato diretto a voler fornire, tra l'altro, agli operatori del settore chiare indicazioni sulla individuazione delle superfici e aree ove poter ubicare i progetti di impianti FER e di quelle in cui cio' e' precluso. 12. All'udienza pubblica del 5 febbraio 2025 la causa e' stata trattenuta in decisione. 13. Il Collegio reputa necessario sospendere il presente giudizio onde suscitare il controllo incidentale di costituzionalita' sulle questioni indicate nel prosieguo. 14. L'art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024 ha introdotto il comma 1-bis all'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, il quale stabilisce che «L'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo. Il primo periodo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita' energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del presente decreto nonche' in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), approvato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui all'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». 15. Il successivo comma 2 ha previsto che tale disciplina non si applichi «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del presente decreto [16 maggio 2024], sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». 16. Parte ricorrente allega di aver presentato un'iniziativa che sarebbe incisa dalla richiamata disciplina. Dalla documentazione agli atti risulta che per detto progetto, per il quale sono stati gia' sostenuti i costi di progettazione e quelli necessari all'elaborazione della soluzione di connessione alla rete (pari a circa 200.000,00 euro), non e' stata avviata nessuna delle procedure amministrative necessarie all'ottenimento dei titoli autorizzativi entro il termine di cui all'art. 5, comma 2, decreto-legge n. 63/2024. Il progetto e', pertanto, assoggettato al divieto di cui all'art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n. 199/2021. 17. Il decreto impugnato prevede, all'art. 1, comma 2, che le regioni individuino sul rispettivo territorio, tra l'altro, le «aree in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra», definite come «le aree agricole per le quali vige il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra ai sensi dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». 18. Diversamente da quanto ritenuto dalla difesa erariale, tale previsione costituisce senz'altro strumento di attuazione, per quanto del tutto vincolato nel contenuto, della norma primaria. Va rilevato, infatti, che il comma 1-bis dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 definisce il perimetro delle aree agricole in cui e' consentita l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree idonee come prevista dal comma 8 del medesimo art. 20 nelle more dell'adozione della disciplina di cui al comma 1. In tale contesto, il decreto ministeriale ribadisce che il divieto previsto dal comma 1-bis si applica anche nel nuovo quadro regolatorio e vincola la potesta' legislativa regionale: ai sensi dell'art. 3, comma 1, infatti, le regioni sono chiamate a individuare con legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, le aree di cui all'art. 1, comma 2, e, quindi, anche quelle in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra. 19. Il decreto impugnato costituisce anche l'unico atto amministrativo che interviene nel processo di implementazione del divieto, atteso che: esso e' stabilito direttamente dalla legge statale; secondo quanto previsto dal decreto, l'individuazione delle aree in questione avviene con legge regionale; le aree cosi' individuate non sono «non idonee», ma assolutamente vietate, con la conseguenza che e' finanche preclusa la valutazione, nel singolo procedimento, della compatibilita' dell'intervento con i valori confliggenti. 20. Va allora richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale «un atto generale [...] e' immediatamente impugnabile quando incide senz'altro - senza la necessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. st., IV, 17 marzo 2022, n. 1937). Nel caso di specie l'incidenza sui comportamenti degli operatori e' indubbia, derivando dal divieto cosi' previsto l'incondizionata preclusione agli interventi di nuova installazione sulle aree indicate dall'art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n. 199/2021, come pure degli interventi di modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia' installati che non siano collocati nelle aree di cui alla lettera dell'art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e che comportino un incremento dell'area occupata. 21. Cio' detto quanto all'ammissibilita' delle censure, e' infondata la doglianza secondo la quale, concernendo la disciplina rimessa alla determinazione ministeriale l'adozione di principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee, non sarebbe stata prevista alcuna delega a individuare le aree «in cui e' vietata» la installazione di impianti fotovoltaici a terra (di seguito «FTV»). 22. Per effetto della sopravvenienza normativa costituita dal disposto dell'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, infatti, il decreto di cui al comma 1 dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 non avrebbe potuto che prendere atto dei divieti cosi' introdotti e ribadire, anche nel contesto della disciplina da esso posta, le relative preclusioni. Nel momento in cui il legislatore ha inteso vietare ulteriori interventi concernenti impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra nelle aree classificate agricole, tale rinnovata valutazione si e' inevitabilmente sovrapposta alle previgenti direttive normative in materia di individuazione delle aree idonee, sicche' ai fini della relativa implementazione non era necessaria alcuna espressa e specifica delega, potendone l'Autorita' amministrativa soltanto prendere atto. Sull'impossibilita' di interpretare l'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 in modo conforme a Costituzione 23. La parte ricorrente ha condizionato l'interesse a sollevare l'incidente di costituzionalita' all'impossibilita' di fornire un'interpretazione della norma in base alla quale la preclusione alla realizzazione degli impianti fotovoltaici potrebbe conseguire soltanto a una specifica istruttoria in conformita' alle linee guida di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010. 24. Il Collegio ritiene che tale interpretazione non sia praticabile. 25. L'ambito del regime preclusivo introdotto dalla norma va ricostruito a partire dal «significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» (art. 12, comma 1, disp. prel. c.c.). 26. L'art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n. 199/2021 stabilisce che «L'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo». 27. Il tenore letterale della disposizione non lascia spazio a dubbi circa la portata del divieto: l'avverbio «esclusivamente» sta chiaramente ad indicare che al di fuori delle ipotesi specificamente previste non e' in nessun modo possibile realizzare questa specifica tipologia di impianti in aree agricole. Cio', peraltro, e' coerente con l'interpretazione finalistica, avendo il divieto la funzione di fronteggiare la «straordinaria necessita' e urgenza di contrastare il fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola». 28. L'interpretazione proposta dalla ricorrente si risolverebbe, di fatto, in un'interpretatio abrogans della norma e, in ogni caso, contrasta con il chiaro tenore letterale e la finalita' perseguita dal legislatore, che ha inteso consentire l'utilizzo delle aree agricole per gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra esclusivamente nei limiti di cui al citato art. 5. 29. Al riguardo, non si puo' fare a meno di osservare che: «la lettera della norma costituisce il limite cui deve arrestarsi anche l'interpretazione costituzionalmente orientata dovendo, infatti, essere sollevato l'incidente di costituzionalita' ogni qual volta l'opzione ermeneutica supposta conforme a Costituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale della norma stessa» (Cass., S.U., 1° giugno 2021, n. 15177). Nel caso di specie, la ricorrente vorrebbe proporre la realizzazione di un progetto che rientra pacificamente tra quelli oggetto del divieto; l'ampiezza del divieto introdotto con l'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, che si risolve nella preclusione assoluta di realizzare impianti con moduli collocati a terra sull'intero territorio nazionale, induce a ritenere che l'obiettivo perseguito dal legislatore fosse quello di contrastare la sia pur minima riduzione del territorio a vocazione agricola per l'effetto dell'installazione di impianti fotovoltaici. Un'interpretazione che consentisse comunque di realizzare tali interventi a seguito di apposita istruttoria si porrebbe in frontale contrasto con tale obiettivo, quale chiaramente emergente dai presupposti e dall'oggetto dell'enunciato normativo, operazione che non puo' in alcun modo ritenersi consentita all'interprete. Sulla rilevanza delle questioni 30. Dall'acclarata impercorribilita' di un'interpretazione dell'enunciato normativo integralmente satisfattivo per la parte ricorrente deriva la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale prospettate nel ricorso. 31. Si e' gia' osservato che il comma 1-bis dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 definisce il perimetro delle aree agricole in cui e' consentita l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree idonee come prevista dal comma 8 del medesimo art. 20 nelle more dell'adozione della disciplina di cui al comma 1. In tale contesto, il decreto ministeriale ribadisce che il divieto previsto dal comma 1-bis si applica anche nel nuovo quadro regolatorio e vincola la potesta' legislativa regionale: ai sensi dell'art. 3, comma 1, infatti, le regioni sono chiamate a individuare con legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, le aree di cui all'art. 1, comma 2, e, quindi, anche quelle in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra. 32. Si e' anche osservato che il decreto impugnato costituisce l'unico atto amministrativo che interviene nel processo di implementazione del divieto, atteso che: esso e' stabilito direttamente dalla legge statale; secondo quanto previsto dal decreto, l'individuazione delle aree in questione avviene con legge regionale; le aree cosi' individuate non sono «non idonee», ma assolutamente vietate, con la conseguenza che e' finanche preclusa la valutazione, nel singolo procedimento, della compatibilita' dell'intervento con i valori confliggenti. 33. E' stato quindi richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale «un atto generale [...] e' immediatamente impugnabile quando incide senz'altro - senza la necessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. st., IV, 17 marzo 2022, n. 1937), rilevandosi che nel caso di specie l'incidenza sui comportamenti degli operatori e' indubbia, derivando dal divieto cosi' previsto l'incondizionata preclusione agli interventi di nuova installazione sulle aree indicate dall'art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n. 199/2021, come pure degli interventi di modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia' installati che non siano collocati nelle aree di cui alla lettera dell'art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e che comportino un incremento dell'area occupata. 34. Il decreto impugnato replica, quindi, il divieto sancito dalla norma primaria, demandando alla legge regionale la sua pedissequa trasposizione, che determina ex se l'impossibilita' di condurre in porto i progetti menzionati. La perdurante vigenza e validita' della norma primaria impedisce qualsivoglia intervento demolitorio da parte del Collegio, recando il decreto una previsione del tutto conforme a legge. 35. In mancanza della declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, la domanda di annullamento dell'art. 1 del decreto ministeriale, per la parte di interesse, dovrebbe essere rigettata. 36. Viceversa, laddove la norma incriminata fosse dichiarata incostituzionale, l'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto dovrebbe essere annullato, ponendo a quel punto un divieto generalizzato che nessuna norma primaria contemplerebbe o autorizzerebbe e che, per le ragioni che saranno illustrate, collide con il principio di massima diffusione delle energie rinnovabili, quale desumibile dal diritto dell'Unione, dando peraltro luogo a una disciplina che non supera lo scrutinio di proporzionalita' e ragionevolezza. Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita' sollevate con il III e il IV motivo. 37. Con il quarto e il quinto motivo di ricorso la parte ricorrente ha in sostanza lamentato: la violazione dell'art. 117, commi primo e terzo, della Costituzione, in relazione, rispettivamente, alla direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili e all'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (attuazione della direttiva 2001/77/CE): la norma contestata, nel prevedere il divieto di installazione di nuovi impianti FTV con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l'estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, si porrebbe in contrasto con i vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e, in particolare, con l'obiettivo di garantire la massima diffusione degli impianti FER, perseguito dalla direttiva 2009/28/CE, dalla direttiva 2001/77/CE, nonche' dalla direttiva 2018/2001/UE, in attuazione della quale e' stato emanato il decreto legislativo n. 199/2021. Sotto altro profilo, la norma si porrebbe in contrasto con i principi generali dettati in materia dallo stesso Legislatore statale, in attuazione delle direttive europee, e in particolare con l'art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003, ai sensi del quale «Gli impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'art. 2, comma 1, lettere b) e c), possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici», e con le Linee guida del 2010, introdotte in attuazione del citato art. 12, secondo le quali le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei e l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare porzioni significative del territorio; la violazione e falsa applicazione dell'art. 9 della Costituzione, dell'art. 15 della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, del principio di proporzionalita', dell'art. 11 del TFUE, dell'art. 41 della Costituzione: la scelta di introdurre un generale e indiscriminato divieto a realizzare impianti FTV con moduli a terra su aree urbanisticamente campite come «agricole» risulterebbe sproporzionata e tale da rallentare la diffusione delle fonti rinnovabili in modo da incidere sugli obiettivi di tutela dell'ambiente perseguiti, dando luogo a una disciplina sproporzionata, in contrasto con il principio di integrazione delle tutele e con la stessa tutela dei valori ambientali. 38. In primo luogo, il Collegio ritiene che la disciplina censurata presenti profili di contrasto con gli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto «dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario» e, in particolare, del principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, derivante dalla normativa europea. 39. Occorre al riguardo ricordare, anzitutto, che ai sensi dell'art. 3, par. 5, TUE, «Nelle relazioni con il resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini» A tal fine essa «Contribuisce [...] allo sviluppo sostenibile della Terra». 40. L'art. 6, par. 1, Trattato sull'Unione europea precisa che «L'Unione riconosce i diritti, le liberta' e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati». Ai sensi dell'art. 37 della Carta, «Un livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualita' devono essere integrati nelle politiche dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile». 41. L'art. 11 TFUE esprime la medesima esigenza sancendo che «Le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile» (c.d. principio di integrazione). 42. Secondo l'art. 191 TFUE, «La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita' dell'ambiente; protezione della salute umana; utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 2. La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela, tenendo conto della diversita' delle situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa e' fondata sui principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonche' sul principio "chi inquina paga"». 43. Ai sensi dell'art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono essere intraprese dall'Unione per realizzare gli obiettivi dell'art. 191». 44. L'art. 194 TFUE stabilisce, a sua volta, che «Nel quadro dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell'esigenza di preservare e migliorare l'ambiente, la politica dell'Unione nel settore dell'energia e' intesa, in uno spirito di solidarieta' tra Stati membri, a [...] promuovere il risparmio energetico, l'efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e rinnovabili». 45. Protezione dell'ambiente e promozione delle c.d. energie rinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. Come si ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, l'uso di fonti di energia rinnovabili per la produzione di elettricita' e' utile alla tutela dell'ambiente in quanto contribuisce alla riduzione delle emissioni di gas a effetto serra che compaiono tra le principali cause dei cambiamenti climatici che l'Unione europea e i suoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L'incremento della quota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli elementi portanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni e conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche' agli altri impegni assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra. Cio', peraltro, e' funzionale anche alla tutela della salute e della vita delle persone e degli animali, nonche' alla preservazione dei vegetali (cfr. le sentenze 1° luglio 2014, C-573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.). 46. La Corte di giustizia ha peraltro precisato che l'art. 191 TFUE si limita a definire gli obiettivi generali dell'Unione in materia ambientale, mentre l'art. 192 TFUE affida al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea il compito di decidere le azioni da avviare al fine del raggiungimento di detti obiettivi. Di conseguenza, l'art. 191 TFUE non puo' essere invocato in quanto tale dai privati al fine di escludere l'applicazione di una normativa nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale quando non sia applicabile nessuna normativa dell'Unione adottata in base all'art. 192 TFUE; viceversa, l'art. 191 TFUE assume rilevanza allorquando esso trovi attuazione nel diritto derivato (cfr. CGUE, sentenza 4 marzo 2015, C-534/13, 39 ss.). 47. Disposizioni sulla promozione dell'energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell'art. 175 TCE (ora 192 TFUE), sono state introdotte gia' con la direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 e, successivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2009. 48. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018 si e' proceduto alla rifusione e alla modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel dettare la relativa disciplina e' stato considerato, tra l'altro, che: «[...] (2) Ai sensi dell'art. 194, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la promozione delle forme di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della politica energetica dell'Unione. Tale obiettivo e' perseguito dalla presente direttiva. Il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili o all'energia rinnovabile costituisce una parte importante del pacchetto di misure necessarie per ridurre le emissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni dell'Unione nel quadro dell'accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici, a seguito della 21a Conferenza delle parti della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici («accordo di Parigi»), e il quadro per le politiche dell'energia e del clima all'orizzonte 2030, compreso l'obiettivo vincolante dell'Unione di ridurre le emissioni di almeno il 40% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L'obiettivo vincolante in materia di energie rinnovabili a livello dell'Unione per il 2030 e i contributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote di riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi nazionali generali per il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per la politica energetica e ambientale dell'Unione [...]. (3) Il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili puo' svolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire un'energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo tecnologico e l'innovazione, oltre alla leadership tecnologica e industriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e sanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o nei territori a bassa densita' demografica o soggetti a parziale deindustrializzazione. (4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i maggiori progressi tecnologici, gli incentivi all'uso e alla diffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie energeticamente efficienti e la promozione dell'utilizzo di energia rinnovabile nei settori dell'energia elettrica, del riscaldamento e del raffrescamento, cosi' come in quello dei trasporti sono strumenti molto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per ridurre le emissioni a effetto serra nell'Unione e la sua dipendenza energetica. (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo per la promozione dell'utilizzo di energia da fonti rinnovabili che fissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia rinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da raggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22 gennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell'energia e del clima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro per le future politiche dell'Unione nei settori dell'energia e del clima e ha promosso un'intesa comune sulle modalita' per sviluppare dette politiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo dell'Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell'Unione pari ad almeno il 27% entro il 2030. Tale proposta e' stata sostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre 2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare i propri obiettivi nazionali piu' ambiziosi, per realizzare i contributi all'obiettivo dell'Unione per il 2030 da essi pianificati e andare oltre. (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio 2014, «Un quadro per le politiche dell'energia e del clima all'orizzonte 2030», e del 23 giugno 2016, «I progressi compiuti nell'ambito delle energie rinnovabili», si e' spinto oltre la proposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio, sottolineando che, alla luce dell'accordo di Parigi e delle recenti riduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile essere molto piu' ambiziosi. [...] (8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo vincolante dell'Unione in relazione alla quota di energia da fonti rinnovabili pari almeno al 32%. Inoltre, la Commissione dovrebbe valutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce di sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia rinnovabile, degli impegni internazionali dell'Unione a favore della decarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo energetico nell'Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro contributo al conseguimento di tale obiettivo nell'ambito dei rispettivi piani nazionali integrati per l'energia e il clima in applicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. [...] (10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati conseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi nazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il contributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030. In nessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili dovrebbero scendere al di sotto di tali contributi. [...]. (11) Gli Stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure qualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non permettesse di mantenere la traiettoria dell'Unione verso l'obiettivo di almeno il 32% di energie rinnovabili. Come stabilito nel regolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali integrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente livello di ambizione, la Commissione puo' adottare misure a livello dell'Unione per assicurare il conseguimento dell'obiettivo. Se, nel valutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull'energia e il clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la realizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero applicare le misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale lacuna». 49. Le richiamate rationes hanno condotto a introdurre, tra l'altro, un obiettivo vincolante complessivo dell'Unione per il 2030 (art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a far si' che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%. La Commissione valuta tale obiettivo al fine di presentare, entro il 2023, una proposta legislativa intesa a rialzarlo nel caso di ulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia rinnovabile, se risulta necessario per rispettare gli impegni internazionali dell'Unione a favore della decarbonizzazione o se il rialzo e' giustificato da un significativo calo del consumo energetico nell'Unione», con la precisazione che «Se, sulla base della valutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per l'energia e il clima, presentati ai sensi dell'art. 9 del regolamento (UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali degli Stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente l'obiettivo vincolante complessivo dell'Unione, la Commissione segue la procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». 50. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell'art. 192 TFUE, ha istituito un quadro per il conseguimento della neutralita' climatica, nel presupposto che: «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici richiede una maggiore ambizione e un'intensificazione dell'azione per il clima da parte dell'Unione e degli Stati membri. L'Unione si e' impegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti climatici e a dare attuazione all'accordo di Parigi adottato nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici («accordo di Parigi»), guidata dai suoi principi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche disponibili, nel contesto dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura previsto dall'accordo di Parigi. [...] (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e' fondamentale per contribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione di posti di lavoro di alta qualita', alla crescita sostenibile e al conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto di vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi l'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui all'accordo di Parigi. [...] (9) L'azione per il clima dell'Unione e degli Stati membri mira a tutelare le persone e il pianeta, il benessere, la prosperita', l'economia, la salute, i sistemi alimentari, l'integrita' degli ecosistemi e la biodiversita' contro la minaccia dei cambiamenti climatici, nel contesto dell'agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli obiettivi dell'accordo di Parigi; mira inoltre a massimizzare la prosperita' entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza e ridurre la vulnerabilita' della societa' ai cambiamenti climatici. In quest'ottica, le azioni dell'Unione e degli Stati membri dovrebbero essere guidate dal principio di precauzione e dal principio «chi inquina paga», istituiti dal trattato sul funzionamento dell'Unione europea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell'efficienza energetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green Deal europeo. [...] (11) Vista l'importanza della produzione e del consumo di energia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e' indispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione delle energie rinnovabili, su un mercato interno dell'energia ben funzionante e sul miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo nel contempo la poverta' energetica. Anche la trasformazione digitale, l'innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono fattori importanti per conseguire l'obiettivo della neutralita' climatica. [...] (20) L'Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050, un equilibrio all'interno dell'Unione tra le emissioni antropogeniche dalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a effetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno, raggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe comprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a livello dell'Unione regolamentati nel diritto dell'Unione. [...] [...] (25) La transizione verso la neutralita' climatica presuppone cambiamenti nell'intero spettro delle politiche e uno sforzo collettivo di tutti i settori dell'economia e della societa', come evidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle conclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le normative e politiche pertinenti dell'Unione devono essere coerenti con il conseguimento dell'obiettivo della neutralita' climatica e contribuirvi, nel rispetto della parita' di condizioni, e ha invitato la Commissione a valutare se cio' richieda un adeguamento delle norme vigenti. [...] (36) Al fine di garantire che l'Unione e gli Stati membri restino sulla buona strada per conseguire l'obiettivo della neutralita' climatica e registrino progressi nell'adattamento, e' opportuno che la Commissione valuti periodicamente i progressi compiuti, sulla base delle informazioni di cui al presente regolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma del regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi collettivi compiuti dagli Stati membri rispetto all'obiettivo della neutralita' climatica o all'adattamento siano insufficienti o che le misure dell'Unione siano incoerenti con l'obiettivo della neutralita' climatica o inadeguate per migliorare la capacita' di adattamento, rafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita', la Commissione dovrebbe adottare le misure necessarie conformemente ai trattati. [...] 51. Il regolamento ha quindi sancito (art. 1) «l'obiettivo vincolante della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050, in vista dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui all'art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell'accordo di Parigi», precisando che, onde conseguire tale obiettivo, «il traguardo vincolante dell'Unione in materia di clima per il 2030 consiste in una riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra (emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). 52. Ai sensi dell'art. 5 del regolamento, «Le istituzioni competenti dell'Unione e gli Stati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento della capacita' di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita' ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7 dell'accordo di Parigi», garantendo inoltre che «le politiche in materia di adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano coerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna dell'Unione». A tal fine, «Gli Stati membri adottano e attuano strategie e piani nazionali di adattamento, tenendo conto della strategia dell'Unione sull'adattamento ai cambiamenti climatici [...] e fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti climatici e di vulnerabilita', sulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli indicatori, e basandosi sulle migliori e piu' recenti evidenze scientifiche disponibili. Nelle loro strategie nazionali di adattamento, gli Stati membri tengono conto della particolare vulnerabilita' dei pertinenti settori, tra cui l'agricoltura, e dei sistemi idrici e alimentari nonche' della sicurezza alimentare, e promuovono soluzioni basate sulla natura e l'adattamento basato sugli ecosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e includono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono tenuti a presentare a norma dell'art. 19, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2018/1999». 53. La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l'altro, disposizioni volte a modificare la direttiva (UE) 2018/2001, il regolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto riguarda la promozione dell'energia da fonti rinnovabili, evidenziando che: «[...] (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel conseguimento di tali obiettivi, dato che il settore energetico contribuisce attualmente per oltre il 75% alle emissioni totali di gas a effetto serra nell'Unione. Riducendo tali emissioni di gas a effetto serra, le energie rinnovabili possono anche contribuire ad affrontare sfide ambientali come la perdita di biodiversita', e a ridurre l'inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso verso un pianeta piu' sano per tutti - Piano d'azione dell'UE: Verso l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e il suolo». La transizione verde verso un'economia basata sulle energie da fonti rinnovabili contribuira' a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591 del Parlamento europeo e del Consiglio, che mira altresi' a proteggere, ripristinare e migliorare lo stato dell'ambiente, mediante, tra l'altro, l'interruzione e l'inversione del processo di perdita di biodiversita'. [...]. (4) Il contesto generale determinato dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di COVID-19 ha provocato un'impennata dei prezzi dell'energia nell'intera Unione, evidenziando in tal modo la necessita' di accelerare l'efficienza energetica e accrescere l'uso delle energie da fonti rinnovabili nell'Unione. Al fine di conseguire l'obiettivo a lungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi terzi, l'Unione dovrebbe concentrarsi sull'accelerazione della transizione verde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione delle emissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e le imprese dell'Unione in tutti i settori dell'economia. (5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della Commissione del 18 maggio 2022 («piano REPowerEU») mira a rendere l'Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del 2030. Tale comunicazione prevede l'anticipazione delle capacita' eolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale energia e capacita' supplementari di energia da fonti rinnovabili entro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili rinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori a valutare la possibilita' di innalzare o anticipare gli obiettivi fissati per l'aumento della quota di energia rinnovabile nel mix energetico. [...] Al di la' di tale livello obbligatorio, gli Stati membri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente l'obiettivo complessivo dell'Unione del 45% di energia da fonti rinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. (6) [...] E' auspicabile che gli Stati membri possano combinare diverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire l'obiettivo dell'Unione di raggiungere la neutralita' climatica entro il 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e della struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di realizzare tale obiettivo, la diffusione dell'energia rinnovabile nel quadro del piu' elevato obiettivo generale vincolante dell'Unione dovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione che comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che gli Stati membri decidono di perseguire. [...] (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere una piu' rapida diffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando una mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili e per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti locali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare le zone terrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e marine necessarie per l'installazione degli impianti di produzione di energia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di apportare almeno i rispettivi contributi nazionali all'obiettivo complessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell'obiettivo della neutralita' climatica entro e non oltre il 2050, in conformita' del regolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli Stati membri dovrebbero garantire che le zone in questione riflettano le rispettive traiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e dovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di tecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro piani nazionali integrati per l'energia e il clima presentati a norma degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. [...]. (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme di tali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e sottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di accelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere particolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia di energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia, sulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia da fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale significativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le energie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero evitare le zone protette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune misure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero poter designare zone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per uno o piu' tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e dovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili adatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie rinnovabili. Gli Stati membri dovrebbero designare tali zone di accelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di tecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per le energie rinnovabili, alla luce delle specificita' e dei requisiti del tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di accelerazione per le energie rinnovabili. Cosi' facendo, gli Stati membri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate di tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento degli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. (27) L'uso polivalente dello spazio per la produzione di energia rinnovabile e per altre attivita' terrestri, delle acque interne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il ripristino della natura, allentano i vincoli d'uso del suolo, delle acque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione territoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui individuare e orientare precocemente le sinergie per l'uso del suolo, delle acque interne e del mare. Gli Stati membri dovrebbero esplorare, consentire e favorire l'uso polivalente delle zone individuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri agevolino, ove necessario, i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare, purche' i diversi usi e attivita' siano compatibili tra di loro e possano coesistere. [...] (36) In considerazione della necessita' di accelerare la diffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle zone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe impedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia rinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi progetti dovrebbero continuare a sottostare all'obbligo di valutazione specifica dell'impatto ambientale a norma della direttiva 2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia rinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle autorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l'obiettivo di energia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche le procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti fuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili dovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso l'introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della procedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni ambientali specifiche per ciascun progetto. 54. In ragione delle considerazioni sopra richiamate, la direttiva ha introdotto, tra l'altro, disposizioni in materia di mappatura delle zone necessarie per i contributi nazionali all'obiettivo complessivo dell'Unione di energia rinnovabile per il 2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche' di procedure amministrative per il rilascio delle relative autorizzazioni. 55. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 dicembre 2018, adottato sulla base degli articoli 192 e 194 TFUE, stabilisce la necessaria base legislativa per una governance dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima affidabile, inclusiva, efficace sotto il profilo dei costi, trasparente e prevedibile che garantisca il conseguimento degli obiettivi e dei traguardi a lungo termine fino al 2030 dell'Unione dell'energia, in linea con l'accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici derivante dalla 21a Conferenza delle parti alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, attraverso sforzi complementari, coerenti e ambiziosi da parte dell'Unione e degli Stati membri, limitando la complessita' amministrativa. 56. Nel configurare tale meccanismo e' stato considerato, in particolare, che: (2) L'Unione dell'energia dovrebbe coprire cinque dimensioni: la sicurezza energetica; il mercato interno dell'energia; l'efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la ricerca, l'innovazione e la competitivita'. (3) L'obiettivo di un'Unione dell'energia resiliente e articolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e' di fornire ai consumatori dell'UE - comprese famiglie e imprese - energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di promuovere la ricerca e l'innovazione attraendo investimenti; cio' richiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo. Tale trasformazione e' inoltre strettamente connessa alla necessita' di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, in particolare promuovendo l'efficienza energetica e i risparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile [...]. [...] (7) L'obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il 40% delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e' stato formalmente approvato in occasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015, quale contributo previsto determinato a livello nazionale, dell'Unione e dei suoi Stati membri all'accordo di Parigi. L'accordo di Parigi e' stato ratificato dall'Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e' entrato in vigore il 4 novembre 2016; sostituisce l'approccio adottato nell'ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che e' stato approvato dall'Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio (7) e che non sara' prorogato dopo il 2020. E' opportuno aggiornare di conseguenza il sistema dell'Unione per il monitoraggio e la comunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto serra. (8) L'accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione globale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e stabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l'obiettivo di mantenere l'aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad adoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. [...] (12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il Consiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di governance affidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi superflui e con una sufficiente flessibilita' per gli Stati membri per contribuire a garantire che l'Unione rispetti i suoi obiettivi di politica energetica, nel pieno rispetto della liberta' degli Stati membri di stabilire il proprio mix energetico [...] [...] (18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance dovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli obiettivi dell'Unione dell'energia, in particolare gli obiettivi del quadro 2030 per il clima e l'energia, nei settori della riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia rinnovabili e dell'efficienza energetica. Tali obiettivi derivano dalla politica dell'Unione in materia di energia e dalla necessita' di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi, tra loro inscindibili, puo' essere considerato secondario rispetto all'altro. Il presente regolamento e' quindi legato alla legislazione settoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia e di clima. Gli Stati membri devono poter scegliere in modo flessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze nazionali e al loro mix energetico, purche' tale flessibilita' sia compatibile con l'ulteriore integrazione del mercato, l'intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli obiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a un'economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. [...] (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo termine con una prospettiva di almeno 30 anni per contribuire al conseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell'UNFCCC e all'accordo di Parigi, nel contesto dell'obiettivo dell'accordo di Parigi di mantenere l'aumento della temperatura media mondiale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per limitare tale aumento a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali nonche' delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a effetto serra e dell'aumento dell'assorbimento dai pozzi in tutti i settori in linea con l'obiettivo dell'Unione [...]. (56) Se l'ambizione dei piani nazionali integrati per l'energia e il clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente per il raggiungimento collettivo degli obiettivi dell'Unione dell'energia e, nel primo periodo, in particolare per il raggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile e di efficienza energetica, la commissione dovrebbe adottare misure a livello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di tali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali «divari di ambizione»). Qualora i progressi dell'Unione verso tali obiettivi e traguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la commissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre misure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure gli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire il raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi' eventuali «divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero altresi' tenere conto degli sforzi pregressi dagli Stati membri per raggiungere l'obiettivo 2030 relativo all'energia rinnovabile ottenendo, nel 2020 o prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili superiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando progressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il 2020 o nell'attuazione del loro contributo all'obiettivo vincolante dell'Unione di almeno il 32 % di energia rinnovabile nel 2030. In materia di energia rinnovabile, le misure possono includere anche contributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati a un meccanismo di finanziamento dell'energia rinnovabile nell'Unione gestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti sull'energia rinnovabile piu' efficienti in termini di costi in tutta l'Unione, offrendo cosi' agli Stati membri la possibilita' di contribuire al conseguimento dell'obiettivo dell'Unione al minor costo possibile. Gli obiettivi degli Stati membri in materia di rinnovabili per il 2020 dovrebbero servire come quota base di riferimento di energia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero essere mantenuti per tutto il periodo. In materia di efficienza energetica, le misure aggiuntive possono mirare soprattutto a migliorare l'efficienza di prodotti, edifici e trasporti. (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di energia rinnovabile per il 2020, di cui all'allegato I della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria indicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno Stato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza piu' elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una quota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della direttiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota di energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia di ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota base di riferimento. (58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di riferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe adottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario rispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente adottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare il divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai requisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento in cui il divario in questione si e' verificato, sia ai sensi del presente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». 57. Il meccanismo di governance si e' tradotto, tra l'altro, nelle seguenti previsioni (come aggiornate con la direttiva (UE) 2023/2413): «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e successivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla Commissione un piano nazionale integrato per l'energia e il clima [...]» (art. 3): «Ciascuno Stato membro definisce nel suo piano nazionale integrato per l'energia e il clima i principali obiettivi, traguardi e contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all'allegato I, sezione A, punto 2: a) dimensione «decarbonizzazione»: [...] 2) per quanto riguarda l'energia rinnovabile: al fine di conseguire l'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota dello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo di energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue una traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18% dell'aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43% dell'aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2027, la traiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 65% dell'aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere almeno il contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro prevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la sua traiettoria indicativa puo' iniziare al livello che si aspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri, nel loro insieme, concorrono al raggiungimento dei punti di riferimento dell'Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001. Indipendentemente dal suo contributo all'obiettivo dell'Unione e dalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento, uno Stato membro e' libero di stabilire obiettivi piu' ambiziosi per finalita' di politica nazionale» (art. 4); «Nel proprio contributo alla propria quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e dell'ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi di cui all'art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene conto degli elementi seguenti: a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; b) misure adottate per conseguire il traguardo di efficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; c) altre misure esistenti volte a promuovere l'energia rinnovabile nello Stato membro e, ove pertinente, a livello di Unione; d) l'obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all'allegato I della direttiva (EU) 2018/2001; e) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione dell'energia rinnovabile, quali: i) l'equa distribuzione della diffusione nell'Unione; ii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL pro capite; iii) il potenziale per una diffusione delle energie rinnovabili efficace sul piano dei costi; iv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi quelli delle zone e regioni non interconnesse; v) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; vi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi pregressi. [...] 2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la somma dei rispettivi contributi ammonti almeno all'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art. 5); «Se nel settore dell'energia rinnovabile, in base alla valutazione di cui all'arti. 29, paragrafi 1 e 2, la Commissione conclude che uno o piu' punti di riferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all'art. 29, paragrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti di riferimento nazionali di cui all'art. 4, lettera a), punto 2, provvedono all'attuazione di misure supplementari entro un anno dal ricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il divario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione dell'energia rinnovabile; b) l'adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili nel settore del riscaldamento e raffreddamento di cui all'art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; c) l'adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili nel settore dei trasporti di cui all'art. 25, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di finanziamento dell'Unione per l'energia rinnovabile istituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla Commissione, come indicato all'art. 33; e) l'utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla direttiva (UE) 2018/2001» (art. 32). 58. Il decreto legislativo n. 199/2021 costituisce «Attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l'obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050», definendo «gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto dei criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53», recando «disposizioni necessarie all' attuazione delle misure del Piano nazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia di energia da fonti rinnovabili, conformemente al Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con la finalita' di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati, gia' orientati all'aggiornamento degli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si prevede, per l'Unione europea, un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». 59. Come ripetutamente rilevato dalla giurisprudenza costituzionale (ex multis, sentenze n. 121 del 2022, n. 77 del 2022, n. 106 del 2020, n. 286 del 2019, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n. 44 del 2011), la normativa eurounitaria (nonche' quella nazionale) e' ispirata nel suo insieme al principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, che tra l'altro «trova attuazione nella generale utilizzabilita' di tutti i terreni per l'inserimento di tali impianti, con le eccezioni [...] ispirate alla tutela di altri interessi costituzionalmente protetti» (Corte cost., sentenza n. 13 del 2014). 60. La disciplina originariamente contenuta nell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, relativa all'individuazione delle aree idonee e non idonee all'installazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, non prevedeva alcuna preclusione indiscriminata rispetto all'utilizzo di terreni classificati agricoli. 61. Il comma 3 stabilisce, in effetti, che «nella definizione della disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui al comma 1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonche' di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili». Tale disposizione contempla bensi' un'esigenza di tutela delle aree agricole, ma da un lato non pone alcuna preclusione assoluta e, dall'altro, stabilisce chiaramente che le superfici agricole non utilizzabile costituiscono, tra le altre, aree privilegiate per l'installazione degli impianti. 62. Il comma 7 prevede, a sua volta, che «Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee». 63. Il comma 8, inoltre, nell'individuare transitoriamente le aree idonee sino all'entrata in vigore della disciplina prevista dal comma 1, vi include, «fatto salvo quanto previsto alle lettere a), b), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi civici di cui all'art. 142, comma 1, lettera h), del medesimo decreto, ne' ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell'art. 136 del medesimo decreto legislativo». 64. Il nuovo comma 1-bis stravolge completamente l'assetto previgente, prevedendo che «L'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2) e 3), del comma 8 del presente articolo. Il primo periodo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita' energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del presente decreto nonche' in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), approvato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui all'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». 65. In definitiva, in base alla norma introdotta dall'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024, gli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra possono essere realizzati soltanto: a) nei siti ove sono gia' installati impianti della stessa fonte, nei limiti degli interventi di modifica, rifacimento, potenziamento o ricostruzione, senza incremento dell'area occupata; b) presso cave e miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; c) presso i siti e gli impianti nelle disponibilita' delle societa' del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonche' delle societa' concessionarie autostradali; d) presso i siti e gli impianti nella disponibilita' delle societa' di gestione aeroportuale all'interno dei sedimi aeroportuale; e) nelle aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti e in quelle classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non piu' di 500 metri dal medesimo impianto o stabilimento; f) nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri. 66. Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza, la generalita' dei terreni classificati agricoli (circa la meta' della superficie del Paese) e' preclusa a qualsiasi intervento di installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra che non che non consista nel mero rifacimento/modifica/ricostruzione, con conseguente preclusione all'utilizzo di nuovo terreno agricolo. 67. Il divieto non riguarda i progetti attuativi di misure finanziate con il PNRR o il PNC, che tuttavia non comprendono tutti i progetti necessari al raggiungimento dei target previsti dal PNIEC, che e' lo strumento previsto dalla normativa eurounitaria per conseguire gli obiettivi vincolanti dell'Unione per la quota di energia rinnovabile. Gia' tale circostanza evidenzia che un divieto di tale portata rischia di mettere seriamente a rischio il conseguimento di tali obiettivi, nella misura in cui sottrae una larga porzione del territorio a ogni possibile utilizzo della tecnologia fotovoltaica senza che ne siano prevedibili gli effetti in ordine alla possibilita' di rispettare le traiettorie stabilite in merito alla quota di energia da fonti rinnovabili. Tenuto conto dello stato di attuazione della disciplina di cui all'art. 20, comma 1, decreto legislativo n. 199/2021, nonche' degli ampi margini di flessibilita' che il decreto 21 giugno 2024 lascia alle regioni per l'individuazione delle aree non idonee, l'impatto di tale divieto e' del tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un severo limite all'individuazione delle zone disponibili per l'installazione degli impianti che, a termini dell'art. 15-ter, par. 1, secondo periodo, della direttiva (UE) 2018/2001, devono essere commisurate «alle traiettorie stimate e alla potenza totale installata pianificata delle tecnologie per le energie rinnovabili stabilite nei piani nazionali per l'energia e il clima presentati a norma degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». 68. Peraltro, si e' gia' visto che, in forza dell'art. 32 del regolamento (UE) 2018/1999, se la commissione conclude che uno o piu' punti di riferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti di riferimento nazionali possono essere tenuti all'adozione di misure supplementari, ivi incluso un pagamento finanziario volontario al meccanismo di finanziamento dell'Unione per l'energia rinnovabile istituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla commissione. La sottrazione indiscriminata di larga parte del territorio nazionale all'utilizzo della tecnologia fotovoltaica potrebbe, pertanto, implicare l'obbligo di adottare misure supplementari, con impatti anche sulle finanze pubbliche, ove ostacoli il raggiungimento degli obiettivi. 69. La preclusione generalizzata all'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra sembra inoltre contrastare con il principio per cui, nell'ambito del processo di individuazione delle zone necessarie per i contributi nazionali all'obiettivo complessivo dell'Unione di energia rinnovabile per il 2030 ai sensi del paragrafo 1 dell'art. 15-ter della direttiva (UE) 2018/2001, «Gli Stati membri favoriscono l'uso polivalente delle zone di cui al paragrafo 1. I progetti in materia di energia rinnovabile sono compatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter, par. 3). Come gia' rilevato, il considerando (27) della direttiva precisa che «Gli Stati membri dovrebbero esplorare, consentire e favorire l'uso polivalente delle zone individuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri agevolino, ove necessario, i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare, purche' i diversi usi e attivita' siano compatibili tra di loro e possano coesistere». Il divieto introdotto dall'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 istituisce, invece, un insanabile conflitto tra l'utilizzo della tecnologia fotovoltaica con moduli collocati a terra e l'uso del suolo a fini agricoli che, tuttavia, non sussiste (o sussiste solo in parte) quantomeno per la tecnologia agrivoltaica (anche non avanzata). 70. Nella misura in cui puo' ostacolare il raggiungimento degli obiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie rinnovabili, il divieto in questione si pone anche in posizione critica rispetto alla strategia di adattamento ai cambiamenti climatici dell'Unione. Come precedentemente ricordato, ai sensi dell'art. 5 del regolamento (UE) 2021/1119, «Le istituzioni competenti dell'Unione e gli Stati membri assicurano il costante progresso nel miglioramento della capacita' di adattamento, nel rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita' ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7 dell'accordo di Parigi». Essi, inoltre, «garantiscono [...] che le politiche in materia di adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano coerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna dell'Unione». 71. Come precisato dalla Commissione europea nella comunicazione COM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell'UE per l'adattamento ai cambiamenti climatici, «Il Green Deal europeo, la strategia di crescita dell'UE per un futuro sostenibile, si basa sulla consapevolezza che la trasformazione verde e' un'opportunita' e che la mancata azione ha un costo enorme. Con esso l'UE ha mostrato la propria leadership per scongiurare lo scenario peggiore - impegnandosi a raggiungere la neutralita' climatica - e prepararsi al meglio - puntando ad azioni di adattamento piu' ambiziose che si fondano sulla strategia dell'UE di adattamento del 2013. La visione a lungo termine prevede che nel 2050 l'UE sara' una societa' resiliente ai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti dei cambiamenti climatici. Cio' significa che entro il 2050, anno in cui l'Unione aspira ad aver raggiunto la neutralita' climatica, avremo rafforzato la capacita' di adattamento e ridotto al minimo la vulnerabilita' agli effetti dei cambiamenti climatici, in linea con l'accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il raggiungimento dei target di potenza installata delle tecnologie rinnovabili costituisce, all'evidenza, un elemento centrale per conseguire nel lungo termine l'obiettivo della neutralita' climatica, che potrebbe essere posto seriamente a rischio da una disciplina, come quella censurata, che vieta sul tutto il territorio nazionale la tecnologia fotovoltaica con pannelli collocati a terra su tutti i terreni classificati agricoli, corrispondenti a oltre la meta' della superficie nazionale. 72. Il divieto sembra anche contrastare con il principio di integrazione di cui all'art. 11 TFUE e all'art. 37 della Carta di Nizza, secondo cui «Le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile». L'integrazione ambientale in tutti i settori politici pertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e' funzionale a ridurre le pressioni sull'ambiente derivanti dalle politiche e dalle attivita' di altri settori e per raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici. Il divieto introdotto dall'art. 5 del d.l. n. 63/2024, nel contesto di una disciplina di attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili quale obiettivo della politica energetica dell'Unione, solleva sul punto notevoli perplessita': da un lato, infatti, si inserisce nel complesso delle previsioni dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 quale corpo tendenzialmente estraneo, tant'e' che le relative previsioni non risultano neppure adeguatamente coordinate con il resto dell'articolato (v., ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20, laddove prevede che i decreti di cui al comma 1 verifichino, tra l'altro, «l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili»); dall'altro lato, la norma non istituisce alcuna forma di possibile bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo un'indefettibile prevalenza dell'interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni classificati agricoli senza alcuna considerazione finanche della loro possibile, concreta utilizzabilita' a fini agricoli, in contrasto con l'obiettivo del decreto stesso di promuovere l'uso dell'energia da fonti rinnovabili. 73. Da quanto precede risulta anche che la disciplina censurata confligge con il principio di proporzionalita', con violazione anche dell'art. 3 della Costituzione. Come la Corte di giustizia ha piu' volte ribadito, «il principio di proporzionalita' e' un principio generale del diritto comunitario che dev'essere rispettato tanto dal legislatore comunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali» (sentenza 11 giugno 2009, C-170/08, 41). Il sindacato di proporzionalita' costituisce, inoltre, un aspetto del controllo di ragionevolezza delle leggi condotto dalla giurisprudenza costituzionale, onde verificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato costituzionale. Come la stessa Corte ha precisato, «Tale giudizio deve svolgersi «attraverso ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti» (sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita' utilizzato da questa Corte come da molte delle giurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza, ed essenziale strumento della Corte di giustizia dell'Unione europea per il controllo giurisdizionale di legittimita' degli atti dell'Unione e degli Stati membri, richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalita' di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi» (Corte costituzionale, sentenza n. 1 del 2014). 74. Innanzitutto, la misura censurata consiste in un divieto generalizzato e assoluto all'utilizzo, su un'ampia parte del territorio nazionale, di una determinata tecnologia a fonti rinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto a quella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri valori che entrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili: le esigenze di tutela dell'ambiente, della biodiversita', dei beni culturali e del paesaggio passa, infatti, attraverso l'individuazione di aree non idonee che, come in precedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi' zone in cui, in ragione delle esigenze di protezione in concreto esistenti, e' altamente verosimile un esito negativo della valutazione di compatibilita' dei progetti. Cio', peraltro, non osta alla possibilita' di verificare, in concreto e nell'ambito dei singoli procedimenti autorizzativi, eventuali margini di compatibilita' degli interventi proposti. L'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 stabilisce, invece, una prevalenza assoluta e incondizionata dell'interesse alla conservazione dei suoli classificati agricoli, valutata in astratto dal legislatore e che non consente la pur minima possibilita' di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo costituzionale. 75. Sotto tale profilo, occorre rilevare, in disparte i gia' evidenziati profili di contrasto con il diritto unionale, che ai sensi dell'art. 9 della Costituzione la Repubblica tutela l'ambiente, la biodiversita' e gli ecosistemi «anche nell'interesse delle future generazioni», con cio' incorporando il principio di sviluppo sostenibile nell'ambito dei principi fondamentali in materia di tutela ambientale. L'incondizionato sacrificio di tale principio, quale sotteso al divieto in esame, contrasta, pertanto, con l'art. 3 della Costituzione, nonche' con l'art. 9 citato e con la consolidata giurisprudenza costituzionale secondo cui «Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe «tiranno» nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di equilibrio, proprio perche' dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di proporzionalita' e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte costituzionale, sentenza n. 85 del 2013). 76. Sotto altro profilo, il divieto cosi' introdotto e' operativo a partire dalla mera classificazione dell'area come agricola in base ai piani urbanistici, senza che alcuna rilevanza assumano il suo concreto utilizzo o la sua utilizzabilita' a tali fini. Anche per tale riguardo la disposizione si mostra irragionevole e sproporzionata, in quanto la dichiarata finalita' di contrastare il consumo di suolo agricolo non e' riscontrabile (o quantomeno non nei termini incondizionati e assoluti previsti dalla norma) in relazione alle superfici agricole non utilizzabili o degradate. Manca, inoltre, qualsivoglia considerazione della qualita' e dell'importanza delle colture. 77. In raffronto, le attuali linee guida di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010 prevedono che: le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, ne' tradursi nell'identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela. La tutela di tali interessi e' infatti salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle regioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all'uopo preposte, che sono tenute a garantirla all'interno del procedimento unico e della procedura di Valutazione dell'impatto ambientale nei casi previsti; le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni territoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da produzioni agricolo-alimentari di qualita' (produzioni biologiche, produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste dalla programmazione regionale, caratterizzate da un'elevata capacita' d'uso del suolo. 78. Una siffatta, contestualizzata disciplina risulta conforme alle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri dovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui non puo' essere sviluppata l'energia rinnovabile ("zone di esclusione"). Essi dovrebbero fornire informazioni chiare e trasparenti, corredate di una giustificazione motivata, sulle restrizioni dovute alla distanza dagli abitati e dalle zone dell'aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero essere basate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo scopo perseguito massimizzando la disponibilita' di spazio per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli di pianificazione territoriale» (cfr. la Raccomandazione (UE) 2024/1343 della Commissione del 13 maggio 2024 sull'accelerazione delle procedure autorizzative per l'energia da fonti rinnovabili e i progetti infrastrutturali correlati). La disciplina posta dall'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 si traduce, invece, nell'esatto opposto, ponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, non fondato su dati concreti e certamente non rispondente all'obietto di massimizzare la disponibilita' di spazio per lo sviluppo dei progetti di energia rinnovabile. 79. Occorre solo aggiungere che i rilevati profili di incostituzionalita' vanno del pari riferiti all'art. 5, comma 2, del decreto-legge n. 63/2024, laddove pone una disciplina di salvaguardia che ha quale presupposto il divieto di cui al comma 1, nonche' all'art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili», ove prevede che «Gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, sono considerati di pubblica utilita', indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199». Tale disposizione, infatti, riproduce il divieto di cui al citato comma 1-bis dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021. Questioni da sottoporre alla Corte costituzionale 80. In ragione di tutto quanto sopra, sono rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1 e 2, decreto-legge n. 63/2024, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024, nonche' dell'art. 2, comma 2, primo periodo, decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190, per violazione degli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, della Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento (UE) 2021/1119. 81. Il giudizio va quindi sospeso per le determinazioni conseguenti alla definizione dell'incidente di costituzionalita'. 82. Il regolamento delle spese va rinviato all'esito del giudizio. P.Q.M. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Terza) cosi' dispone: a) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei termini espressi in motivazione, le questioni di legittimita' costituzionale del richiamato art. 5, comma 1 e 2, decreto-legge n. 63/2024, nonche' dell'art. 2, comma 2, primo periodo, decreto legislativo n. 190/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, della Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento (UE) 2021/1119; b) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti alla definizione dell'incidente di costituzionalita' e, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; c) dispone la comunicazione della presente sentenza alle parti in causa, nonche' la sua notificazione al Presidente del Consiglio dei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati; d) rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito del giudizio incidentale promosso con la presente sentenza. Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 5 febbraio 2025 con l'intervento dei magistrati: Elena Stanizzi, Presidente; Luca Biffaro, referendario; Marco Savi, referendario, estensore. Il Presidente: Stanizzi L'estensore: Savi Con decreto collegiale n. 202514256 pubblicato in data 18 luglio 2025 - Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Terza) dispone che, nell'epigrafe dell'ordinanza n. 9163 del 13 maggio 2025, le parole: «nei confronti della Regione Puglia e della Regione Toscana, non costituite in giudizio» siano sostituite dalle seguenti: «nei confronti della Regione Siciliana, in persona del Presidente e rappresentante legale pro tempore; della Giunta Regionale della Regione Siciliana, in persona del Presidente della Giunta e rappresentante legale pro tempore; della Presidenza della Regione Siciliana, in persona del Presidente e rappresentante legale pro tempore» -.