Reg. ord. n. 164 del 2025 pubbl. su G.U. del 17/09/2025 n. 38

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio  del 09/07/2025

Tra: Green Sole Renewables Italia 1 srl  C/ Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e altri



Oggetto:

Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021 – Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo – Previsione che l'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere: a) limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata; c) incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati; c-bis); c-bis.1); e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Previsione che l’art. 20, comma 1-bis primo periodo del decreto legislativo n. 199 del 2021, introdotto dal comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non si applica ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Norma che non istituisce nessuna forma di bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, senza considerare una loro possibile utilizzabilità finanche a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili – Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Assenza di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo costituzionale, che contrasta con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.

Norme impugnate:

decreto-legge  del 15/05/2024  Num. 63  Art. 5  Co. 1

decreto-legge  del 15/05/2024  Num. 63  Art. 5  Co. 2

legge  del 12/07/2024  Num. 101

decreto legislativo  del 25/11/2024  Num. 190  Art. 2  Co. 2



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

direttiva UE  Art.    Co.  

direttiva UE  Art.    Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 164 ORDINANZA (Atto di promovimento) 09 luglio 2025

Ordinanza del 9 luglio 2025 del  Tribunale  amministrativo  regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Green Sole Renewables  Italia  1
S.r.l. contro Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica  e
altri. 
 
Energia - Impianti alimentati da fonti  rinnovabili  -  Modifiche  al
  decreto legislativo n. 199 del 2021 -  Disposizioni  finalizzate  a
  limitare l'uso del suolo agricolo - Previsione che  l'installazione
  degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra,  in  zone
  classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e'  consentita
  esclusivamente nelle aree di cui  alle  lettere  a),  limitatamente
  agli  interventi  per  modifica,   rifacimento,   potenziamento   o
  integrale  ricostruzione  degli   impianti   gia'   installati,   a
  condizione che non comportino  incremento  dell'area  occupata,  c)
  incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle  con
  piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le
  discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi  ovvero  ripristinati,
  c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8  dell'art.
  20 del decreto legislativo n. 199 del  2021  -  Previsione  che  il
  primo  periodo  del  comma  1-bis  dell'art.  20  di  tale  decreto
  legislativo non si applica  nel  caso  di  progetti  che  prevedano
  impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla
  costituzione di  una  comunita'  energetica  rinnovabile  ai  sensi
  dell'art. 31 del predetto  decreto  nonche'  in  caso  di  progetti
  attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di
  ripresa  e  resilienza  (PNRR)  e  del  Piano  nazionale  per   gli
  investimenti  complementari  al  PNRR  (PNC)  ovvero  di   progetti
  necessari  per  il  conseguimento  degli  obiettivi  del   PNRR   -
  Previsione che l'art. 20, comma 1-bis, primo periodo,  del  decreto
  legislativo, n. 199 del 2021, introdotto dal comma  1  dell'art.  5
  del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non  si  applica
  ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata  in  vigore,
  sia  stata  avviata  almeno  una  delle  procedure  amministrative,
  comprese   quelle    di    valutazione    ambientale,    necessarie
  all'ottenimento dei titoli per la costruzione e  l'esercizio  degli
  impianti  e  delle  relative  opere  connesse  ovvero   sia   stato
  rilasciato almeno uno dei titoli medesimi - Disciplina  dei  regimi
  amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili  -
  Previsione che gli interventi di  cui  all'art.  1,  comma  1,  del
  decreto legislativo n. 190 del 2024 sono  considerati  di  pubblica
  utilita', indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in
  zone classificate  agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici,  nel
  rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis,  del  decreto
  legislativo n. 199 del 2021. 
- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni  urgenti  per  le
  imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonche'  per  le
  imprese  di  interesse  strategico  nazionale),   convertito,   con
  modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi  1
  e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190  (Disciplina  dei
  regimi  amministrativi  per  la  produzione  di  energia  da  fonti
  rinnovabili, in attuazione dell'articolo 26, commi 4 e  5,  lettera
  b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo
  periodo. 


(GU n. 38 del 17-09-2025)

 
         Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio 
                            Sezione terza 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro generale 10477 del 2024, proposto da Green  Sole  Renewables
Italia 1 S.r.l., in persona del legale  rappresentante  pro  tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Germana Lucia Riccarda  Cassar,
Michele Rondoni, con domicilio digitale come da PEC  da  registri  di
giustizia; 
    contro: Ministero dell'ambiente  e  della  sicurezza  energetica,
Ministero della cultura, Ministero dell'agricoltura, della sovranita'
alimentare e delle foreste, non costituiti in giudizio; 
    nei confronti: Ministero per gli affari regionali e le autonomie,
conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
Province autonome di Trento e di Bolzano,  Presidenza  del  Consiglio
dei ministri, Regione Molise, non costituiti in giudizio; 
    per l'annullamento del  decreto  del  Ministero  dell'ambiente  e
della sicurezza  energetica,  di  concerto  con  il  Ministero  della
cultura  e  con  il  Ministero  dell'agricoltura,  della   sovranita'
alimentare e delle foreste  del  21  giugno  2024,  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana  n.  153  del  2  luglio
2024, recante «Disciplina per l'individuazione di  superfici  e  aree
idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili» e di ogni
altro presupposto preordinato o connesso, inclusa l'intesa  raggiunta
in sede di in sede di conferenza unificata, resa nella seduta  del  7
giugno 2024; 
    eventualmente previa rimessione alla Corte  costituzionale  della
questione di legittimita'  dell'art.  20,  comma  1-bis  del  decreto
legislativo  n.  199/2021,  introdotto  dall'art.  5,  comma  1,  del
decreto-legge n. 63/2024,  convertito  con  modifiche  con  legge  n.
101/2024, nei termini sopra indicati - con riferimento agli  articoli
77, 117  commi  1  e  3,  9  e  41  della  Costituzione  nonche'  con
riferimento ai principi comunitari di massima diffusione delle  fonti
rinnovabili; 
    oppure, previa disapplicazione dell'art. 5 del  decreto-legge  15
maggio 2024, n. 63, convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  12
luglio  2024,  n.  101,  per  violazione  del  diritto   comunitario,
segnatamente del Protocollo n. 1  alla  Convenzione  europea  per  la
salvaguardia dei diritti  dell'uomo  e  delle  liberta'  fondamentali
(protezione della  proprieta'),  del  Trattato  sulla  Carta  europea
dell'energia, stipulato a Lisbona il 17 dicembre 1994,  e  ratificato
in Italia con  legge  10  novembre  1997,  n.  415,  della  direttiva
2009/28/CE e dei principi generali del diritto comunitario di  tutela
dell'affidamento,  della  certezza  del  diritto,  della  parita'  di
trattamento, 
    ovvero previa rimessione  alla  Corte  di  giustizia  dell'Unione
europea  della  questione  pregiudiziale  relativa  alla  conformita'
dell'art. 5, comma 1, del decreto-legge n.  63/2024,  convertito  con
modifiche con legge n. 101/2024, ai principi  di  massima  diffusione
delle fonti rinnovabili sanciti: (i) dalla direttiva 2018/2001/UE del
Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018 (modificata
dalla successiva direttiva 2023/2413  del  18  ottobre  2023),  sulla
promozione dell'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili;  (ii)  dal
regolamento (UE) 2022/2577 del Consiglio del 22 dicembre  2022,  come
modificato  dal  regolamento  (UE)  2024/223  del  Consiglio  del  22
dicembre 2023, che ha introdotto un  quadro  di  norme  di  carattere
emergenziale  tese  ad  accelerare  la  procedura  autorizzativa   di
rinnovabili; 
    (iii) regolamento (UE) n. 2021/1119 del Parlamento europeo e  del
Consiglio del 30  giugno  2021,  che  istituisce  il  quadro  per  il
conseguimento  della  neutralita'  climatica  e   che   modifica   il
regolamento (CE) n. 401/2009  e  il  regolamento  (UE)  n.  2018/1999
(«Normativa europea sul clima»). 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2025 il  dott.
Marco Savi e uditi per le parti  i  difensori  come  specificato  nel
verbale; 
    1. La ricorrente e'  una  societa'  che  opera  nel  campo  della
costruzione ed esercizio di  impianti  da  fonti  rinnovabili  ed  e'
titolare e' titolare di 5  progetti  in  via  di  autorizzazione,  da
realizzarsi in Comune di Larino, denominati Larino 2 (potenza pari  a
3,39 MW), Larino 4 (potenza pari a 51,39), Larino 6 (potenza  pari  a
10,12), Larino 7 (potenza pari a 24,34 MW) e Larino 8 (potenza pari a
21, 02). 
    2. Al fine di accelerare lo sviluppo di tali  impianti  da  fonti
rinnovabili, il decreto legislativo n. 199/2021 ha previsto l'obbligo
delle Regioni di individuare  (sulla  base  di  decreti  ministeriali
emanati previo parere della Conferenza Unificata) le aree idonee alla
realizzazione di impianti rinnovabili. Nelle more, il  medesimo  art.
20 ha dettato un dettagliato regime transitorio,  con  individuazione
ex lege delle aree idonee. 
    3. Sennonche', l'art. 5 del decreto-legge 15 maggio 2024, n.  63,
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101 (il
«dl 63/2024»), ha introdotto un divieto preventivo e assoluto  (salvo
le limitate eccezioni ivi previste) all'utilizzo di terreni  agricoli
per la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra, comprimendo in
modo significativo il regime transitorio previsto dall'art. 20, comma
8 e determinando un drastico cambio di prospettiva per gli  operatori
del   comparto   fotovoltaico:   mentre   la   previgente   normativa
privilegiava l'utilizzo di aree  formalmente  agricole  ma  degradate
(quali  le  aree  non  vincolate,  le  aree  in  adiacenza   a   zone
industriali, ecc.) il DL ha oggi  imposto  un  generalizzato  divieto
fondato sulla sola destinazione urbanistica dell'area. Ne deriva  che
viene capovolto il criterio di ammissibilita'  delle  iniziative  che
producono energia da fonti rinnovabili, atteso  che  per  effetto  di
tale norma sulla restante parte del territorio  tali  iniziative  non
sono piu' ammesse incorrendo nel divieto ivi previsto. 
    4. Da ultimo, il decreto ministeriale 21 giugno 2024  ha  attuato
le previsioni dell'art. 20, comma 1, decreto legislativo n. 199/2021,
non limitandosi alla disciplina di  aree  idonee  e  non  idonee,  ma
rendendo vincolante e inderogabile per tutte le Regioni il divieto di
realizzare impianti in  area  agricola  introdotto  dall'art.  5  del
decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 12 luglio 2024, n. 101. Il decreto, inoltre: 
        impone alle regioni di disciplinare con  legge  le  aree  non
idonee,  nonostante  il  decreto  legislativo  n.   199/2021   limiti
l'individuazione con legge alle  sole  aree  idonee,  confermando  la
riserva di  procedimento  amministrativo  per  le  aree  non  idonee;
qualifica le aree non idonee non piu' come aree  in  cui  e'  maggior
probabile un esito negativo del procedimento, ma come aree tout court
«incompatibili»; 
        definisce in proprio come non  idonee  le  aree  tutelate  ai
sensi dell'art. 10 e dell'art. 136, comma 1,  lettere  a)  e  b)  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e consente alle regioni di
imporre un buffer pari a 7 km da ogni bene tutelato sotto il  profilo
paesaggistico; 
        non prevede alcun  criterio  oggettivo  per  l'individuazione
delle aree idonee, fornendo una sostanziale  delega  in  bianco  alle
regioni e rendendo solo facoltativo il mantenimento delle fattispecie
previste dall'art. 20, comma 8; 
        non prevede alcun regime di salvaguardia per  i  procedimenti
in corso. 
    5. Rispetto alla posizione di parte ricorrente il decreto: 
        riduce drasticamente le aree eleggibili per la  realizzazione
di nuovi impianti,  ponendo  peraltro  le  basi  per  una  disciplina
difforme su tutto il territorio nazionale; 
        non  contiene  alcuna  disposizione   di   salvaguardia   dei
procedimenti in corso, avviati facendo affidamento  sulla  previgente
qualificazione delle aree idonee. 
    6. La ricorrente ha quindi impugnato  il  decreto  in  questione,
articolando le seguenti censure: 
        I)  violazione  dell'art.  12  del  decreto  legislativo   n.
387/2003, delle linee guida nazionali approvate con dm  10  settembre
2010 e dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 -  violazione
direttiva (UE) 2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni -
violazione  degli  articoli  3,   41,   97   della   Costituzione   -
irragionevolezza e ingiustizia manifesta. La previsione  per  cui  le
regioni debbano individuare con legge, oltre alle aree idonee,  anche
le aree inidonee, sarebbe  illegittima,  in  quanto  l'individuazione
delle aree non idonee sarebbe  soggetta  a  riserva  di  procedimento
amministrativo; 
        II)  violazione  dell'art.  12  del  decreto  legislativo  n.
387/2003, delle linee guida nazionali approvate con dm  10  settembre
2010 e dell'art. 20 del decreto  legislativo  199/2021  -  violazione
direttiva (UE) 2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni -
violazione degli articoli 3, 41, 97 della Costituzione -  eccesso  di
potere per sviamento - difetto di  istruttoria  e  di  motivazione  -
irragionevolezza  e  ingiustizia  manifesta.  Il  decreto   impugnato
trasformerebbe le aree non idonee da  strumenti  di  accelerazione  a
vere e proprie barriere alla realizzazione di  impianti  rinnovabili:
esse, infatti, diverrebbero aree  tout  court  incompatibili  con  la
realizzazione di impianti FER. Peraltro,  il  decreto  sancirebbe  in
modo evidente la prevalenza del bene paesaggio, ponendo  da  un  lato
aree non idonee ex  lege,  dall'altro  consentendo  l'apposizione  di
buffer pari a 7 km  da  ogni  bene  paesaggisticamente  tutelato,  in
contrasto con le indicazioni  ricavabili  dalle  linee  guida,  dalla
giurisprudenza costituzionale e dal diritto unionale; 
        III)  violazione  dell'art.  12   del   decreto   legislativo
387/2003, delle linee guida nazionali approvate con dm  10  settembre
2010 e dell'art. 20 del decreto  legislativo  199/2021  -  violazione
direttiva (UE) 2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni -
violazione degli articoli 3, 41, 97 della Costituzione -  eccesso  di
potere per sviamento - difetto di  istruttoria  e  di  motivazione  -
irragionevolezza e ingiustizia manifesta. Il decreto conferirebbe  in
sostanza una delega in bianco alle Regioni per l'individuazione delle
aree idonee, in violazione tanto dell'art. 20 del decreto legislativo
n. 199/2021, tanto del riparto di competenze  tra  Stato  e  Regioni.
Esso, infatti, non  avrebbe  fornito  alcun  criterio  oggettivo  per
l'individuazione  delle  aree  idonee,  contraddicendo   persino   la
disciplina prevista dal comma 8 e rendendo addirittura facoltativa la
scelta di mantenere in essere la disciplina transitoria; 
        IV) illegittimita' derivata per incostituzionalita' dell'art.
5  del  decreto-legge  15  maggio  2024,  n.  63,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge  12  luglio  2024,  n.  101  -  violazione
dell'art.  117  della  Costituzione  rispetto   alla   direttiva   n.
2001/77/CE, alla direttiva  n.  2009/28/CE  ed  alla  direttiva  (UE)
2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni, al  regolamento
(UE) 2022/2577  del  consiglio  del  22  dicembre  2022,  nonche'  in
relazione  in  relazione  all'art.  12  del  decreto  legislativo  n.
387/2003, alle linee guida nazionali approvate con  dm  10  settembre
2010, all'art. 20 del decreto legislativo n.  199/2021  -  violazione
degli articoli 3, 41, 97 della Costituzione.  Il  divieto  introdotto
dall'art. 5 del  decreto-legge  n.  63/2024  contrasterebbe  in  modo
insanabile  con  i  principi  di  massima  diffusione   delle   fonti
rinnovabili e  con  la  riserva  di  procedimento  amministrativo  di
diretta  derivazione  euro-unitaria,   con   conseguente   violazione
dell'art. 117 della Costituzione. La scelta di  attribuire  esclusivo
valore  alla  destinazione   urbanistica   dell'area   (senza   alcun
approfondimento in merito all'effettiva coltivazione dei terreni,  al
tipo di  colture,  all'esistenza  di  vincoli)  violerebbe,  inoltre,
apertamente  i  principi  di   ragionevolezza   e   proporzionalita',
discendenti dagli  articoli  3  e  97  della  Costituzione;  inoltre,
nell'attribuire  aprioristica  prevalenza  alla  tutela   del   suolo
agricolo, avrebbe apertamente violato l'interesse pubblico prevalente
sancito dall'art. 16-septies della direttiva RED II e dal regolamento
2022/2577 del 22 dicembre 2022; 
        V) illegittimita' derivata per incostituzionalita'  dell'art.
5  del  decreto-legge  15  maggio  2024,  n.  63,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101 - violazione  degli
articoli 10 e 117 della Costituzione  in  relazione  all'art.  1  del
protocollo n. 1 alla Convenzione  europea  per  la  salvaguardia  dei
diritti dell'uomo e delle  liberta'  fondamentali  (protezione  della
proprieta') - violazione art. 41 della Costituzione sulla liberta' di
iniziativa economica - violazione del legittimo affidamento. L'art. 5
del decreto-legge n. 63/2024 si disinteresserebbe delle situazioni in
cui i terreni agricoli sono stati gia' contrattualizzati da operatori
interessati allo sviluppo di un impianto FER  prima  dell'entrata  in
vigore della norma - ma  senza  essere  riusciti  ad  avviare  alcuna
procedura amministrativa - nella piena convinzione della liceita'  di
tale operazione. Si tratterebbe di previsione con  portata  ablativa,
che  ridurrebbe  enormemente  le  possibilita'  di  utilizzazione   e
godimento di tali beni, con lesione del  diritto  di  proprieta'  per
come tutelato dall'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione
EDU, nonche' del principio della certezza del diritto, della liberta'
di impresa di cui all'art. 41  della  Costituzione  e  del  legittimo
affidamento,  essendo  contraddetta  la  fiducia  del  concessionario
quanto  al  rispetto  da  parte  dello  Stato  di  regole  giuridiche
consolidate nel tempo e di cui non era  prevedibile  intervenisse  un
repentino e ingiustificato cambiamento; 
        VI) illegittimita' derivata per incostituzionalita' dell'art.
5  del  decreto-legge  15  maggio  2024,  n.  63,   convertito,   con
modificazioni, dalla legge  12  luglio  2024,  n.  101  -  violazione
dell'art. 117 della Costituzione rispetto alla con  riferimento  agli
obblighi di diritto comunitario - violazione degli articoli 3, 101  e
102 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  e  al  protocollo
(n. 27) sul  mercato  interno  e  sulla  concorrenza.  L'art.  5  del
decreto-legge  63/2024  sarebbe  anche  incostituzionale  in   quanto
contrario alla normativa europea, ed in particolare agli articoli  3,
101 e 102 del Trattato sul funzionamento  dell'Unione  europea  e  al
protocollo (n. 27) sul  mercato  interno  e  sulla  concorrenza.  Per
effetto di tale normativa, infatti,  l'operatore  nel  settore  delle
rinnovabili italiano si troverebbe ad operare senza  la  possibilita'
di  utilizzare  le  aree  agricole,  cosi'  risultando   discriminato
rispetto ad un operatore comunitario che operi in un qualunque  altro
stato dell'Unione. Inoltre, il nuovo regime inciderebbe  sui  diritti
economici degli investitori, ponendosi in contrasto con il  principio
di certezza del diritto, sul piano  oggettivo,  e  con  il  principio
della tutela dell'affidamento, sul piano soggettivo. 
    7. Le amministrazioni intimate non si sono costituite. 
    8.  All'udienza  pubblica  del  7  maggio  2025  il  Collegio  ha
prospettato alle parti, ai sensi dell'art. 73, comma  3,  c.p.a.,  la
sussistenza di possibili profili di inammissibilita' del ricorso  per
carenza d'interesse, come riportato a verbale.  La  causa  e'  stata,
quindi, trattenuta in decisione. 
    9. Con  ordinanza  23  maggio  2025,  n.  9929,  il  Collegio  ha
assegnato alla parte ricorrente  un  termine  di  10  giorni  per  la
produzione  di  documentazione  riguardante  le  caratteristiche  dei
progetti, onde  apprezzare  i  profili  di  rilevanza  delle  dedotte
questioni di legittimita' costituzionale. 
    10. La ricorrente ha prodotto documentazione in  data  30  maggio
2025. 
    11. Alla Camera di consiglio riconvocata del 18.6.2025  la  causa
e' stata trattenuta in decisione. 
    12. Dalla documentazione prodotta dalla ricorrente si ricava  che
almeno uno dei progetti avviati riguarda  impianti  fotovoltaici  con
moduli collocati a terra in area  agricola,  come  tali  soggetti  al
divieto  di  cui  all'art.  5  del  decreto-legge  n.  63/2024,   con
conseguente rilevanza delle questioni di legittimita'  costituzionale
sollevate nel ricorso. 
    13. Alla luce di quanto  sopra,  il  Collegio  reputa  necessario
sospendere  il  presente  giudizio  onde   suscitare   il   controllo
incidentale  di  costituzionalita'  sulle  questioni   indicate   nel
prosieguo. 
    14. L'art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024 ha introdotto  il
comma 1-bis all'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, il quale
stabilisce  che  "L'installazione  degli  impianti  fotovoltaici  con
moduli collocati a terra, in zone  classificate  agricole  dai  piani
urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree  di  cui
alle  lettere  a),  limitatamente  agli  interventi   per   modifica,
rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti
gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area
occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e
quelle con piano di coltivazione terminato ancora  non  ripristinate,
nonche'  le  discariche  o  i  lotti  di  discarica   chiusi   ovvero
ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8
del presente articolo. Il primo periodo non si applica  nel  caso  di
progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli  collocati  a
terra finalizzati  alla  costituzione  di  una  comunita'  energetica
rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del  presente  decreto  nonche'  in
caso di progetti attuativi delle altre  misure  di  investimento  del
Piano  Nazionale  di  Ripresa  e  Resilienza  (PNRR),  approvato  con
decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio  2021,  come  modificato
con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del  Piano
nazionale per gli investimenti complementari al  PNRR  (PNC)  di  cui
all'art. 1 del decreto- legge 6 maggio 2021, n. 59,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti
necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR». 
    15. Il successivo comma 2 ha previsto che tale disciplina non  si
applichi «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del
presente decreto [16 maggio 2024], sia stata avviata almeno una delle
procedure amministrative, comprese quelle di valutazione  ambientale,
necessarie  all'ottenimento  dei  titoli   per   la   costruzione   e
l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia
stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi». 
    16. Parte ricorrente allega di aver presentato iniziative  incise
dalla richiamata disciplina, per le quali sono gia' stati sostenuti i
costi necessari all'elaborazione della soluzione di connessione  alla
rete ma non e' stata avviata nessuna delle  procedure  amministrative
necessarie all'ottenimento dei titoli autorizzativi entro il  termine
di cui all'art. 5, comma 2, decreto-legge  n.  63/2024.  I  progetti,
pertanto, sono assoggettati al divieto  di  cui  all'art.  20,  comma
1-bis, decreto legislativo n. 199/2021 
    17. Il decreto impugnato prevede, all'art. 1,  comma  2,  che  le
regioni individuino sul rispettivo territorio, tra l'altro, le  «aree
in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra", definite come "le aree agricole per le quali vige
il divieto di installazione di impianti  fotovoltaici  con  moduli  a
terra ai sensi dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto  legislativo  8
novembre 2021, n. 199». 
    18.  Tale  previsione   costituisce   senz'altro   strumento   di
attuazione, per quanto del tutto vincolato nel contenuto, della norma
primaria. Va rilevato, infatti, che il comma 1-bis dell'art.  20  del
decreto legislativo n. 199/2021 definisce  il  perimetro  delle  aree
agricole  in  cui   e'   consentita   l'installazione   di   impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra  facendo  riferimento  alla
classificazione delle aree idonee  come  prevista  dal  comma  8  del
medesimo art. 20 nelle more dell'adozione della disciplina di cui  al
comma 1. In tale contesto, il decreto ministeriale ribadisce  che  il
divieto previsto dal comma 1-bis si applica anche  nel  nuovo  quadro
regolatorio e vincola la potesta'  legislativa  regionale:  ai  sensi
dell'art. 3, comma 1, infatti, le Regioni sono chiamate a individuare
con legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata  in  vigore
del decreto, le aree di cui all'art. 1, comma  2,  e,  quindi,  anche
quelle in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con
moduli collocati a terra. 
    19.  Il  decreto  impugnato  costituisce   anche   l'unico   atto
amministrativo che interviene nel  processo  di  implementazione  del
divieto, atteso che: 
        esso e' stabilito direttamente dalla legge statale; 
        secondo quanto previsto dal decreto,  l'individuazione  delle
aree in questione avviene con legge regionale; 
        le  aree  cosi'  individuate  non  sono  «non   idonee»,   ma
assolutamente vietate, con la conseguenza che e' finanche preclusa la
valutazione,   nel   singolo   procedimento,   della   compatibilita'
dell'intervento con i valori confliggenti. 
    20.   Va   allora   richiamato   il   consolidato    orientamento
giurisprudenziale  secondo  il  quale  «un  atto  generale  [...]  e'
immediatamente  impugnabile  quando  incide  senz'altro  -  senza  la
necessaria  intermediazione  di  provvedimenti  applicativi   -   sui
comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari»  (Cons.  St.,  IV,
17.3.2022, n. 1937). Nel caso di specie l'incidenza sui comportamenti
degli operatori e' indubbia, derivando  dal  divieto  cosi'  previsto
l'incondizionata preclusione agli interventi di  nuova  installazione
sulle aree indicate dall'art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n.
199/2021,  come  pure  degli  interventi  di  modifica,  rifacimento,
potenziamento  o  integrale   ricostruzione   degli   impianti   gia'
installati che non siano collocati nelle aree  di  cui  alla  lettera
dell'art.  20,  comma  8,  decreto  legislativo  n.  199/2021  e  che
comportino un incremento dell'area occupata. 
Sull'impossibilita' di interpretare l'art.  5  del  decreto-legge  n.
63/2024 in modo conforme a Costituzione 
    21. La proposizione dell'incidente di costituzionalita' non  puo'
essere ovviata tramite un'interpretazione conforme a Costituzione del
decreto-legge n. 63/2024. 
    22. L'ambito del regime  preclusivo  introdotto  dalla  norma  va
ricostruito a partire dal «significato proprio delle  parole  secondo
la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» (art. 12,
comma 1, disp. prel. c.c.). 
    23. L'art. 20,  comma  1-bis,  decreto  legislativo  n.  199/2021
stabilisce  che  «L'installazione  degli  impianti  fotovoltaici  con
moduli collocati a terra, in zone  classificate  agricole  dai  piani
urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree  di  cui
alle  lettere  a),  limitatamente  agli  interventi   per   modifica,
rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti
gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area
occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e
quelle con piano di coltivazione terminato ancora  non  ripristinate,
nonche'  le  discariche  o  i  lotti  di  discarica   chiusi   ovvero
ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma  8
del presente articolo». 
    24. Il tenore letterale della disposizione non  lascia  spazio  a
dubbi circa la portata del divieto: l'avverbio  «esclusivamente»  sta
chiaramente ad indicare che al di fuori delle ipotesi  specificamente
previste non e' in nessun modo possibile realizzare questa  specifica
tipologia di impianti in aree agricole. Cio', peraltro,  e'  coerente
con l'interpretazione finalistica, avendo il divieto la  funzione  di
fronteggiare la «straordinaria necessita' e urgenza di contrastare il
fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola». 
    25. Non e' possibile interpretare la disposizione  censurata  nel
senso che il legislatore abbia inteso introdurre, piu' limitatamente,
una nuova fattispecie di area non  idonea,  tale  da  consentire,  in
seguito ad apposita istruttoria, l'eventuale superamento del divieto,
in quanto una simile interpretazione  contrasterebbe  con  il  chiaro
tenore letterale e la finalita' perseguita dal  legislatore,  che  ha
inteso consentire l'utilizzo delle aree  agricole  per  gli  impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra esclusivamente  nei  limiti
di cui al citato art. 5. D'altra  parte,  il  concetto  di  area  non
idonea e' legato all'individuazione di specifiche incompatibilita' di
determinate tipologie di impianti con  le  aree  interessate,  mentre
l'estesissima portata del divieto  introdotto  dal  decreto-legge  n.
63/2024, legato alla mera classificazione urbanistica del territorio,
rende evidente che si e' in presenza di un fattore preclusivo a  ogni
intervento,  piuttosto  che  a  un  criterio   di   esercizio   della
discrezionalita' amministrativa. 
    26. Al riguardo, non si puo', inoltre, fare a meno  di  osservare
che: 
        «la lettera  della  norma  costituisce  il  limite  cui  deve
arrestarsi  anche  l'interpretazione   costituzionalmente   orientata
dovendo, infatti, essere sollevato l'incidente  di  costituzionalita'
ogni  qual  volta   l'opzione   ermeneutica   supposta   conforme   a
Costituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale  della  norma
stessa» (Cass., S.U., 1.6.2021, n. 15177). Nel  caso  di  specie,  la
ricorrente vorrebbe proporre la  realizzazione  di  un  progetto  che
rientra pacificamente tra quelli oggetto del divieto; 
        l'ampiezza  del  divieto  introdotto   con   l'art.   5   del
decreto-legge n. 63/2024, che si risolve nella  preclusione  assoluta
di realizzare impianti  con  moduli  collocati  a  terra  sull'intero
territorio nazionale, induce a ritenere  che  l'obiettivo  perseguito
dal legislatore  fosse  quello  di  contrastare  la  sia  pur  minima
riduzione  del  territorio  a  vocazione   agricola   per   l'effetto
dell'installazione di impianti fotovoltaici.  Un'interpretazione  che
consentisse comunque di  realizzare  tali  interventi  a  seguito  di
apposita istruttoria si  porrebbe  in  frontale  contrasto  con  tale
obiettivo, quale chiaramente emergente dai presupposti e dall'oggetto
dell'enunciato normativo, operazione  che  non  puo'  in  alcun  modo
ritenersi consentita all'interprete. 
Sulla  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita'   costituzionale
dell'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 
    27.  Dall'acclarata   impercorribilita'   di   un'interpretazione
dell'enunciato normativo  integralmente  satisfattivo  per  la  parte
ricorrente  deriva  la  rilevanza  delle  questioni  di  legittimita'
costituzionale prospettate nel ricorso. 
    28. Si e' gia' osservato che il  comma  1-bis  dell'art.  20  del
decreto legislativo n. 199/2021 definisce  il  perimetro  delle  aree
agricole  in  cui   e'   consentita   l'installazione   di   impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra  facendo  riferimento  alla
classificazione delle aree idonee  come  prevista  dal  comma  8  del
medesimo art. 20 nelle more dell'adozione della disciplina di cui  al
comma 1. In tale contesto, il decreto ministeriale ribadisce  che  il
divieto previsto dal comma 1-bis si applica anche  nel  nuovo  quadro
regolatorio e vincola la potesta'  legislativa  regionale:  ai  sensi
dell'art. 3, comma 1, infatti, le Regioni sono chiamate a individuare
con legge, entro 180 giorni dalla  data  di  entrata  in  vigore  del
decreto, le aree di cui all'art. 1, comma 2, e, quindi, anche  quelle
in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra. 
    29. Si e' anche osservato che il  decreto  impugnato  costituisce
l'unico  atto  amministrativo  che   interviene   nel   processo   di
implementazione del divieto, atteso che: 
        esso e' stabilito direttamente dalla legge statale; 
        secondo quanto previsto dal decreto,  l'individuazione  delle
aree in questione avviene con legge regionale; 
        le  aree  cosi'  individuate  non  sono  «non   idonee»,   ma
assolutamente vietate, con la conseguenza che e' finanche preclusa la
valutazione,   nel   singolo   procedimento,   della   compatibilita'
dell'intervento con i valori confliggenti. 
    30.  E'  stato  quindi  richiamato  il  consolidato  orientamento
giurisprudenziale  secondo  il  quale  «un  atto  generale  [...]  e'
immediatamente  impugnabile  quando  incide  senz'altro  -  senza  la
necessaria  intermediazione  di  provvedimenti  applicativi   -   sui
comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari»  (Cons.  St.,  IV,
17.3.2022, n. 1937), rilevandosi che nel caso di  specie  l'incidenza
sui comportamenti degli operatori e' indubbia, derivando dal  divieto
cosi' previsto l'incondizionata preclusione agli interventi di  nuova
installazione sulle aree indicate dall'art. 20, comma 1-bis,  decreto
legislativo n. 199/2021, come  pure  degli  interventi  di  modifica,
rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli  impianti
gia' installati che non  siano  collocati  nelle  aree  di  cui  alla
lettera dell'art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e  che
comportino un incremento dell'area occupata. 
    31. Il decreto impugnato  replica,  quindi,  il  divieto  sancito
dalla  norma  primaria,  demandando  alla  legge  regionale  la   sua
pedissequa trasposizione, che determina  ex  se  l'impossibilita'  di
condurre in porto i progetti  menzionati.  La  perdurante  vigenza  e
validita' della  norma  primaria  impedisce  qualsivoglia  intervento
demolitorio da parte del Collegio, recando il decreto una  previsione
del tutto conforme a legge. 
    32.  In  mancanza  della  declaratoria   di   incostituzionalita'
dell'art. 5, comma 1, del decreto-legge n.  63/2024,  la  domanda  di
annullamento dell'art. 1 del decreto ministeriale, per  la  parte  di
interesse, dovrebbe essere rigettata. 
    33. Viceversa, laddove  la  norma  incriminata  fosse  dichiarata
incostituzionale, l'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto dovrebbe
essere annullato, ponendo a quel punto un divieto  generalizzato  che
nessuna norma primaria contemplerebbe o autorizzerebbe e che, per  le
ragioni che saranno illustrate, collide con il principio  di  massima
diffusione delle energie rinnovabili, quale  desumibile  dal  diritto
dell'Unione, dando peraltro luogo a una disciplina che non supera  lo
scrutinio di proporzionalita' e ragionevolezza. 
Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita'
dell'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 
    34. Con le censure sviluppate nel ricorso la parte ricorrente  ha
dedotto,  tra   l'altro,   la   violazione   del   quadro   normativo
eurounitario,  del  principio  di  massima  diffusione  delle   fonti
rinnovabili, del principio dello sviluppo  sostenibile.  Il  Collegio
ritiene che dette questioni, nei termini sviluppati di seguito, siano
non manifestamente infondate. 
    35. In  primo  luogo,  il  Collegio  ritiene  che  la  disciplina
censurata presenti profili di contrasto con gli articoli  11  e  117,
comma 1, Cost., sotto il profilo del mancato  rispetto  dei  «vincoli
derivanti  dall'ordinamento  comunitario»  e,  in  particolare,   del
principio di massima diffusione delle fonti di  energia  rinnovabili,
derivante dalla normativa europea. 
    36. Occorre  al  riguardo  ricordare,  anzitutto,  che  ai  sensi
dell'art. 3, par. 5, TUE, «Nelle relazioni con  il  resto  del  mondo
l'Unione afferma e promuove i suoi valori e  interessi,  contribuendo
alla protezione dei suoi cittadini» A  tal  fine  essa  «Contribuisce
[...] allo sviluppo sostenibile della Terra». 
    37. L'art. 6, par. 1, Trattato sull'Unione  europea  precisa  che
«L'Unione riconosce i diritti, le liberta' e i principi sanciti nella
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione  europea  del  7  dicembre
2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo,  che  ha  lo  stesso
valore giuridico dei trattati». Ai sensi dell'art.  37  della  Carta,
«Un livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento  della
sua qualita' devono essere integrati nelle  politiche  dell'Unione  e
garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile». 
    38. L'art. 11  Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea
esprime la medesima esigenza sancendo che «Le esigenze  connesse  con
la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella  definizione  e
nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in  particolare
nella  prospettiva  di  promuovere  lo  sviluppo  sostenibile»  (c.d.
principio di integrazione). 
    39. Secondo l'art. 191 TFUE, «La politica dell'Unione in  materia
ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: 
        salvaguardia,   tutela   e   miglioramento   della   qualita'
dell'ambiente; 
        protezione della salute umana; 
        utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; 
        promozione sul piano internazionale  di  misure  destinate  a
risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale  e,
in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 
    2. La politica  dell'Unione  in  materia  ambientale  mira  a  un
elevato livello di  tutela,  tenendo  conto  della  diversita'  delle
situazioni nelle varie  regioni  dell'Unione.  Essa  e'  fondata  sui
principi della precauzione e dell'azione  preventiva,  sul  principio
della correzione, in via prioritaria alla fonte,  dei  danni  causati
all'ambiente, nonche' sul principio "chi inquina paga"». 
    40. Ai sensi dell'art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento  europeo
e  il  Consiglio,  deliberando  secondo  la   procedura   legislativa
ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e  sociale  e
del Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono
essere intraprese dall'Unione per realizzare gli obiettivi  dell'art.
191». 
    41. L'art. 194 Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea
stabilisce, a sua volta, che «Nel  quadro  dell'instaurazione  o  del
funzionamento del mercato interno e tenendo  conto  dell'esigenza  di
preservare e  migliorare  l'ambiente,  la  politica  dell'Unione  nel
settore dell'energia e' intesa, in uno spirito  di  solidarieta'  tra
Stati  membri,  a   [...]   promuovere   il   risparmio   energetico,
l'efficienza  energetica  e  lo   sviluppo   di   energie   nuove   e
rinnovabili». 
    42. Protezione dell'ambiente  e  promozione  delle  c.d.  energie
rinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti.  Come
si ricava dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia,  l'uso  di
fonti di energia rinnovabili per la  produzione  di  elettricita'  e'
utile alla tutela dell'ambiente in quanto contribuisce alla riduzione
delle  emissioni  di  gas  a  effetto  serra  che  compaiono  tra  le
principali cause dei cambiamenti climatici che l'Unione europea  e  i
suoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L'incremento della
quota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli  elementi
portanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni
e conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione  quadro  delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche' agli  altri  impegni
assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle
emissioni dei gas a effetto  serra.  Cio',  peraltro,  e'  funzionale
anche alla tutela della salute e della vita  delle  persone  e  degli
animali, nonche' alla preservazione dei vegetali  (cfr.  le  sentenze
1.7.2014, C- 573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.). 
    43. La Corte di giustizia ha peraltro precisato  che  l'art.  191
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea si limita  a  definire
gli obiettivi generali  dell'Unione  in  materia  ambientale,  mentre
l'art. 192 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  affida  al
Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea il  compito  di
decidere le azioni da avviare al fine  del  raggiungimento  di  detti
obiettivi. Di conseguenza,  l'art.  191  Trattato  sul  funzionamento
dell'Unione europea non puo'  essere  invocato  in  quanto  tale  dai
privati  al  fine  di  escludere  l'applicazione  di  una   normativa
nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale
quando non sia applicabile nessuna normativa dell'Unione adottata  in
base  all'art.  192  TFUE;  viceversa,  l'art.   191   Trattato   sul
funzionamento dell'Unione europea assume rilevanza  allorquando  esso
trovi attuazione nel diritto derivato (cfr. CGUE,  sentenza  4  marzo
2015, C-534/13, 39 seguenti). 
    44. Disposizioni sulla promozione dell'energia elettrica da fonti
energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell'art. 175  TCE  (ora
192 TFUE), sono state introdotte gia' con la direttiva 2001/77/CE del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  del  27  settembre  2001   e,
successivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 23 aprile 2009. 
    45. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e  del
Consiglio dell'11 dicembre 2018 si e' proceduto alla rifusione e alla
modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel
dettare la relativa disciplina e'  stato  considerato,  tra  l'altro,
che: 
        «[...] 
        (2) Ai sensi dell'art. 194, paragrafo  1,  del  trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la promozione  delle  forme
di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della
politica energetica dell'Unione. Tale obiettivo e'  perseguito  dalla
presente  direttiva.  Il  maggiore  ricorso  all'energia   da   fonti
rinnovabili  o  all'energia   rinnovabile   costituisce   una   parte
importante  del  pacchetto  di  misure  necessarie  per  ridurre   le
emissioni di gas  a  effetto  serra  e  per  rispettare  gli  impegni
dell'Unione  nel  quadro  dell'accordo  di  Parigi   del   2015   sui
cambiamenti climatici, a seguito della  21a  Conferenza  delle  parti
della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  Unite   sui   cambiamenti
climatici («accordo  di  Parigi»),  e  il  quadro  per  le  politiche
dell'energia e del clima  all'orizzonte  2030,  compreso  l'obiettivo
vincolante dell'Unione di ridurre  le  emissioni  di  almeno  il  40%
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L'obiettivo vincolante in
materia di energie rinnovabili a livello dell'Unione per il 2030 e  i
contributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote  di
riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi  nazionali  generali
per il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per
la politica energetica e ambientale dell'Unione [...]. 
        (3) Il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili puo'
svolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la
sicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire
un'energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo
tecnologico e l'innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e
industriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e
sanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo
regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o
nei territori a bassa densita'  demografica  o  soggetti  a  parziale
deindustrializzazione. 
        (4) In particolare, la riduzione del  consumo  energetico,  i
maggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all'uso   e   alla
diffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie
energeticamente efficienti e la promozione dell'utilizzo  di  energia
rinnovabile nei settori dell'energia elettrica, del  riscaldamento  e
del raffrescamento, cosi' come in quello dei trasporti sono strumenti
molto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per
ridurre le emissioni a effetto serra nell'Unione e la sua  dipendenza
energetica. 
        (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro  normativo
per la promozione dell'utilizzo di energia da fonti  rinnovabili  che
fissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota  di  energia
rinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da
raggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22
gennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell'energia e  del
clima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro  per  le
future politiche dell'Unione nei settori dell'energia e del  clima  e
ha promosso un'intesa comune sulle  modalita'  per  sviluppare  dette
politiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo
dell'Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell'Unione
pari ad almeno il  27  %  entro  il  2030.  Tale  proposta  e'  stata
sostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre
2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare
i  propri  obiettivi  nazionali  piu'  ambiziosi,  per  realizzare  i
contributi all'obiettivo dell'Unione per il 2030 da essi  pianificati
e andare oltre. 
        (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del  5  febbraio
2014,  «Un  quadro  per  le  politiche  dell'energia  e   del   clima
all'orizzonte 2030», e del 23  giugno  2016,  «I  progressi  compiuti
nell'ambito  delle  energie  rinnovabili»,  si  e'  spinto  oltre  la
proposta  della  Commissione  o   le   conclusioni   del   Consiglio,
sottolineando che, alla luce dell'accordo di Parigi e  delle  recenti
riduzioni del costo delle  tecnologie  rinnovabili,  era  auspicabile
essere molto piu' ambiziosi. 
        [...] 
        (8)  Appare  pertanto  opportuno   stabilire   un   obiettivo
vincolante dell'Unione in relazione alla quota di  energia  da  fonti
rinnovabili pari almeno al 32 %.  Inoltre,  la  Commissione  dovrebbe
valutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce
di sostanziali  riduzioni  del  costo  della  produzione  di  energia
rinnovabile, degli impegni internazionali dell'Unione a favore  della
decarbonizzazione o in caso di  un  significativo  calo  del  consumo
energetico nell'Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro
contributo  al  conseguimento  di  tale  obiettivo  nell'ambito   dei
rispettivi piani nazionali integrati per  l'energia  e  il  clima  in
applicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)
2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. 
        [...] 
        (10) Al fine di garantire  il  consolidamento  dei  risultati
conseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi
nazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il
contributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030.  In
nessun caso le quote nazionali delle energie  rinnovabili  dovrebbero
scendere al di sotto di tali contributi. [...]. 
        (11) Gli Stati membri dovrebbero  adottare  ulteriori  misure
qualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non
permettesse di mantenere la traiettoria dell'Unione verso l'obiettivo
di  almeno  il  32%  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito   nel
regolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali
integrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente
livello di ambizione, la Commissione puo' adottare misure  a  livello
dell'Unione per assicurare il conseguimento dell'obiettivo.  Se,  nel
valutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull'energia  e
il clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la
realizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero  applicare
le misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale
lacuna». 
    46. Le richiamate  rationes  hanno  condotto  a  introdurre,  tra
l'altro, un obiettivo vincolante complessivo dell'Unione per il  2030
(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a  far
si' che la quota di energia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale
lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia  almeno  pari  al  32%.  La
Commissione valuta tale obiettivo al fine  di  presentare,  entro  il
2023, una  proposta  legislativa  intesa  a  rialzarlo  nel  caso  di
ulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia
rinnovabile,  se  risulta  necessario  per  rispettare  gli   impegni
internazionali dell'Unione a favore della decarbonizzazione o  se  il
rialzo  e'  giustificato  da  un  significativo  calo   del   consumo
energetico nell'Unione», con la  precisazione  che  «Se,  sulla  base
della valutazione delle proposte dei piani  nazionali  integrati  per
l'energia e il clima, presentati ai sensi dell'art. 9 del regolamento
(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali
degli Stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente
l'obiettivo vincolante complessivo dell'Unione, la Commissione  segue
la procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». 
    47. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell'art.  192  TFUE,
ha  istituito  un  quadro  per  il  conseguimento  della  neutralita'
climatica, nel presupposto che: 
        «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici
richiede una maggiore ambizione e un'intensificazione dell'azione per
il clima da parte dell'Unione e degli Stati membri.  L'Unione  si  e'
impegnata a potenziare gli  sforzi  per  far  fronte  ai  cambiamenti
climatici  e  a  dare  attuazione  all'accordo  di  Parigi   adottato
nell'ambito  della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni   Unite   sui
cambiamenti  climatici  («accordo  di  Parigi»),  guidata  dai   suoi
principi  e  sulla  base  delle  migliori   conoscenze   scientifiche
disponibili, nel contesto dell'obiettivo  a  lungo  termine  relativo
alla temperatura previsto dall'accordo di Parigi. 
        [...] 
        (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e' fondamentale  per
contribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione
di posti di lavoro di alta qualita', alla crescita sostenibile  e  al
conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni
Unite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto
di vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi
l'obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui
all'accordo di Parigi. [...] 
        (9) L'azione per il clima dell'Unione e  degli  Stati  membri
mira  a  tutelare  le  persone  e  il  pianeta,  il   benessere,   la
prosperita',   l'economia,   la   salute,   i   sistemi   alimentari,
l'integrita' degli ecosistemi e la biodiversita' contro  la  minaccia
dei  cambiamenti  climatici,  nel  contesto  dell'agenda  2030  delle
Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel  perseguimento  degli
obiettivi dell'accordo di Parigi;  mira  inoltre  a  massimizzare  la
prosperita' entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza  e
ridurre la vulnerabilita' della societa' ai cambiamenti climatici. In
quest'ottica, le azioni dell'Unione e degli Stati  membri  dovrebbero
essere guidate dal principio di  precauzione  e  dal  principio  «chi
inquina paga», istituiti dal trattato sul  funzionamento  dell'Unione
europea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell'efficienza
energetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green
Deal europeo. 
        [...] 
        (11) Vista l'importanza della produzione  e  del  consumo  di
energia per il livello di  emissioni  di  gas  a  effetto  serra,  e'
indispensabile realizzare la transizione verso un sistema  energetico
sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato  sulla  diffusione
delle energie rinnovabili, su un  mercato  interno  dell'energia  ben
funzionante e sul miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo
nel  contempo  la  poverta'  energetica.  Anche   la   trasformazione
digitale, l'innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono
fattori  importanti  per  conseguire  l'obiettivo  della  neutralita'
climatica. 
        [...] 
        (20) L'Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,
un equilibrio all'interno dell'Unione tra le emissioni antropogeniche
dalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a
effetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,
raggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe
comprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a
livello dell'Unione regolamentati nel diritto dell'Unione. [...] 
        [...] 
        (25) La transizione verso la neutralita' climatica presuppone
cambiamenti  nell'intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo
collettivo di tutti i settori dell'economia e  della  societa',  come
evidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle
conclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le
normative e politiche pertinenti dell'Unione devono  essere  coerenti
con il conseguimento dell'obiettivo  della  neutralita'  climatica  e
contribuirvi, nel rispetto della parita' di condizioni, e ha invitato
la Commissione a valutare se cio' richieda un adeguamento delle norme
vigenti. 
        [...] 
        (36) Al fine di garantire che l'Unione  e  gli  Stati  membri
restino  sulla  buona  strada  per   conseguire   l'obiettivo   della
neutralita' climatica e  registrino  progressi  nell'adattamento,  e'
opportuno  che  la  Commissione  valuti  periodicamente  i  progressi
compiuti,  sulla  base  delle  informazioni  di   cui   al   presente
regolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma
del regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso  in  cui  i  progressi
collettivi compiuti dagli Stati membri rispetto  all'obiettivo  della
neutralita' climatica o all'adattamento siano insufficienti o che  le
misure dell'Unione siano incoerenti con l'obiettivo della neutralita'
climatica o inadeguate per migliorare la  capacita'  di  adattamento,
rafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita', la  Commissione
dovrebbe adottare le misure  necessarie  conformemente  ai  trattati.
[...] 
    48. Il  regolamento  ha  quindi  sancito  (art.  1)  «l'obiettivo
vincolante della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050,  in
vista dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'art.  2,  paragrafo  1,  lettera  a),  dell'accordo  di  Parigi»,
precisando  che,  onde  conseguire  tale  obiettivo,  «il   traguardo
vincolante dell'Unione in materia di clima per il  2030  consiste  in
una riduzione interna netta delle emissioni di gas  a  effetto  serra
(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto  ai
livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). 
    49.  Ai  sensi  dell'art.  5  del  regolamento,  «Le  istituzioni
competenti dell'Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante
progresso nel  miglioramento  della  capacita'  di  adattamento,  nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7  dell'accordo  di
Parigi»,  garantendo  inoltre  che  «le  politiche  in   materia   di
adattamento nell'Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si
sostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le
politiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio
l'adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di
intervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione». A tal  fine,  «Gli  Stati  membri  adottano  e  attuano
strategie e piani  nazionali  di  adattamento,  tenendo  conto  della
strategia dell'Unione sull'adattamento ai cambiamenti climatici [...]
e fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti  climatici  e
di vulnerabilita', sulle valutazioni dei progressi compiuti  e  sugli
indicatori, e  basandosi  sulle  migliori  e  piu'  recenti  evidenze
scientifiche  disponibili.  Nelle   loro   strategie   nazionali   di
adattamento,  gli  Stati  membri  tengono  conto  della   particolare
vulnerabilita' dei pertinenti settori, tra cui l'agricoltura,  e  dei
sistemi idrici e alimentari nonche'  della  sicurezza  alimentare,  e
promuovono soluzioni basate sulla natura e l'adattamento basato sugli
ecosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e
includono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono
tenuti  a  presentare  a  norma  dell'art.  19,  paragrafo   1,   del
regolamento (UE) 2018/1999». 
    50. La direttiva (UE) 2023/2413  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l'altro,
disposizioni volte a  modificare  la  direttiva  (UE)  2018/2001,  il
regolamento (UE) 2018/1999 e la  direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto
riguarda   la   promozione   dell'energia   da   fonti   rinnovabili,
evidenziando che: 
        «[...] 
        (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel
conseguimento di tali  obiettivi,  dato  che  il  settore  energetico
contribuisce attualmente per oltre il 75% alle  emissioni  totali  di
gas a effetto serra nell'Unione. Riducendo tali emissioni  di  gas  a
effetto serra, le energie rinnovabili possono  anche  contribuire  ad
affrontare sfide ambientali come la perdita  di  biodiversita',  e  a
ridurre l'inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione
della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso  verso
un pianeta piu' sano  per  tutti  -  Piano  d'azione  dell'UE:  Verso
l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e il suolo».  La  transizione
verde verso un'economia basata sulle  energie  da  fonti  rinnovabili
contribuira' a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591
del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira  altresi'   a
proteggere,  ripristinare  e  migliorare  lo   stato   dell'ambiente,
mediante, tra l'altro, l'interruzione e l'inversione del processo  di
perdita di biodiversita'. [...]. 
        (4)   Il   contesto   generale   determinato   dall'invasione
dell'Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia  di
COVID-19  ha   provocato   un'impennata   dei   prezzi   dell'energia
nell'intera  Unione,  evidenziando  in  tal  modo  la  necessita'  di
accelerare l'efficienza energetica e accrescere l'uso  delle  energie
da fonti rinnovabili nell'Unione. Al fine di conseguire l'obiettivo a
lungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi  terzi,
l'Unione dovrebbe concentrarsi sull'accelerazione  della  transizione
verde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione  delle
emissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili
fossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i  cittadini  e
le imprese dell'Unione in tutti i settori dell'economia. 
        (5) Il piano REPowerEU stabilito  nella  comunicazione  della
Commissione del 18 maggio 2022 («piano  REPowerEU»)  mira  a  rendere
l'Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del
2030. Tale  comunicazione  prevede  l'anticipazione  delle  capacita'
eolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale
energia e capacita' supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili
entro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili
rinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori
a valutare la possibilita' di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi
fissati per l'aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix
energetico. [...] Al di la' di tale livello obbligatorio,  gli  Stati
membri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente
l'obiettivo complessivo dell'Unione del 45  %  di  energia  da  fonti
rinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. 
        (6)  [...]  E'  auspicabile  che  gli  Stati  membri  possano
combinare diverse fonti di energia non fossili al fine di  conseguire
l'obiettivo dell'Unione di raggiungere la neutralita' climatica entro
il 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e
della  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di
realizzare tale obiettivo, la diffusione dell'energia rinnovabile nel
quadro del piu' elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell'Unione
dovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione
che comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che
gli Stati membri decidono di perseguire. 
        [...] 
        (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere  una  piu'  rapida
diffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando
una mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili
e per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti
locali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare  le  zone
terrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e
marine necessarie per l'installazione degli impianti di produzione di
energia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di
apportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all'obiettivo
complessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per
il 2030  di  cui  all'art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)
2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell'obiettivo   della
neutralita' climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita'  del
regolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  Stati  membri  dovrebbero
garantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive
traiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e
dovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di
tecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro
piani nazionali integrati per l'energia e il clima presentati a norma
degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. 
        [...]. 
        (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme
di  tali  aree,  specifiche  zone  terrestri  (comprese  superfici  e
sottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di
accelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere
particolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia
di energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,
sulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia
da fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale
significativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le
energie rinnovabili, gli Stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone
protette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune
misure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero  poter  designare
zone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per
uno o piu' tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e
dovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili
adatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Gli Stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di
accelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di
tecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per
le energie rinnovabili, alla luce delle specificita' e dei  requisiti
del tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di
accelerazione per le energie rinnovabili. Cosi'  facendo,  gli  Stati
membri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate
di tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento
degli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. 
        (27) L'uso polivalente dello  spazio  per  la  produzione  di
energia rinnovabile e per  altre  attivita'  terrestri,  delle  acque
interne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il
ripristino della natura, allentano i vincoli d'uso del  suolo,  delle
acque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione
territoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui
individuare e orientare precocemente le sinergie per l'uso del suolo,
delle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  Stati  membri   dovrebbero
esplorare,  consentire  e  favorire  l'uso  polivalente  delle   zone
individuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali
adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri  agevolino,
ove necessario, i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare,  purche'
i diversi usi e attivita' siano compatibili tra  di  loro  e  possano
coesistere. 
        [...] 
    (36)  In  considerazione  della  necessita'  di   accelerare   la
diffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle
zone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe
impedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia
rinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi
progetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all'obbligo   di
valutazione specifica dell'impatto ambientale a norma della direttiva
2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle
autorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia
rinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie
rinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle
autorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l'obiettivo  di
energia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche
le procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti
fuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili
dovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso
l'introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della
procedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni
ambientali specifiche per ciascun progetto. 
    51.  In  ragione  delle  considerazioni  sopra   richiamate,   la
Direttiva ha introdotto, tra  l'altro,  disposizioni  in  materia  di
mappatura  delle  zone  necessarie   per   i   contributi   nazionali
all'obiettivo complessivo dell'Unione di energia rinnovabile  per  il
2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche' di
procedure   amministrative   per   il   rilascio    delle    relative
autorizzazioni. 
    52. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio dell'11 dicembre 2018, adottato sulla base  degli  articoli
192 e 194 TFUE, stabilisce la necessaria  base  legislativa  per  una
governance  dell'Unione  dell'energia  e  dell'azione  per  il  clima
affidabile,  inclusiva,  efficace  sotto  il   profilo   dei   costi,
trasparente e  prevedibile  che  garantisca  il  conseguimento  degli
obiettivi e dei traguardi a lungo termine fino  al  2030  dell'Unione
dell'energia,  in  linea  con  l'accordo  di  Parigi  del  2015   sui
cambiamenti climatici derivante dalla 21a Conferenza delle parti alla
Convenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti  climatici,
attraverso  sforzi  complementari,  coerenti  e  ambiziosi  da  parte
dell'Unione  e  degli  Stati  membri,   limitando   la   complessita'
amministrativa. 
    53. Nel configurare tale  meccanismo  e'  stato  considerato,  in
particolare, che: 
        (2) L'Unione dell'energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:
la   sicurezza   energetica;   il   mercato   interno   dell'energia;
l'efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la
ricerca, l'innovazione e la competitivita'. 
        (3)  L'obiettivo  di  un'Unione  dell'energia  resiliente   e
articolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e'  di
fornire ai consumatori  dell'UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -
energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di
promuovere la ricerca e l'innovazione  attraendo  investimenti;  cio'
richiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.
Tale trasformazione e' inoltre strettamente connessa alla  necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere  l'utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse
naturali, in particolare  promuovendo  l'efficienza  energetica  e  i
risparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile
[...]. 
        [...] 
        (7) L'obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno  il
40 % delle emissioni di gas a effetto  serra  nel  sistema  economico
entro il 2030, rispetto ai livelli del  1990,  e'  stato  formalmente
approvato in occasione del Consiglio «Ambiente»  del  6  marzo  2015,
quale  contributo   previsto   determinato   a   livello   nazionale,
dell'Unione e dei suoi Stati membri all'accordo di Parigi.  L'accordo
di Parigi e' stato ratificato dall'Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e'
entrato  in  vigore  il  4  novembre  2016;  sostituisce  l'approccio
adottato nell'ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che  e'  stato
approvato dall'Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio
(7) e che non sara' prorogato dopo il 2020. E'  opportuno  aggiornare
di conseguenza il  sistema  dell'Unione  per  il  monitoraggio  e  la
comunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas  a  effetto
serra. 
        (8) L'accordo di Parigi ha innalzato il livello di  ambizione
globale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e
stabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l'obiettivo  di
mantenere l'aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto
di 2 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad
adoperarsi per limitare tale  aumento  della  temperatura  a  1,5  °C
rispetto ai livelli preindustriali. [...] 
        (12) Nelle conclusioni del 23  e  del  24  ottobre  2014,  il
Consiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare  un  sistema  di
governance affidabile, trasparente,  privo  di  oneri  amministrativi
superflui e con una sufficiente flessibilita' per  gli  Stati  membri
per contribuire a garantire che l'Unione rispetti i suoi obiettivi di
politica energetica, nel pieno rispetto della  liberta'  degli  Stati
membri di stabilire il proprio mix energetico [...] 
        [...] 
        (18) Il principale obiettivo  del  meccanismo  di  governance
dovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli
obiettivi dell'Unione dell'energia, in particolare gli obiettivi  del
quadro 2030 per il clima e l'energia,  nei  settori  della  riduzione
delle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia
rinnovabili e dell'efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano
dalla politica dell'Unione in materia di energia e  dalla  necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere  l'utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse
naturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,
tra loro inscindibili, puo' essere  considerato  secondario  rispetto
all'altro. Il presente regolamento e' quindi legato alla legislazione
settoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia
e  di  clima.  Gli  Stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo
flessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze
nazionali e al loro mix energetico, purche'  tale  flessibilita'  sia
compatibile    con    l'ulteriore    integrazione    del     mercato,
l'intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli
obiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a
un'economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. 
        [...] 
      (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare  strategie  a  lungo
termine con una prospettiva di almeno trenta anni per contribuire  al
conseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell'UNFCCC  e
all'accordo di Parigi, nel contesto  dell'obiettivo  dell'accordo  di
Parigi di mantenere l'aumento della temperatura media mondiale ben al
di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per
limitare tale aumento a 1,5 °C  rispetto  ai  livelli  preindustriali
nonche' delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a
effetto serra e dell'aumento dell'assorbimento dai pozzi in  tutti  i
settori in linea con l'obiettivo dell'Unione [...]. 
        (56)  Se  l'ambizione  dei  piani  nazionali  integrati   per
l'energia e il clima, o dei loro aggiornamenti,  fosse  insufficiente
per  il  raggiungimento  collettivo   degli   obiettivi   dell'Unione
dell'energia  e,  nel  primo   periodo,   in   particolare   per   il
raggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile
e di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a
livello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo  di
tali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali  «divari  di
ambizione»). Qualora i progressi dell'Unione verso tali  obiettivi  e
traguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la
Commissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre
misure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure
gli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire
il  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi'  eventuali
«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi'  tenere
conto degli sforzi  pregressi  dagli  Stati  membri  per  raggiungere
l'obiettivo 2030 relativo all'energia rinnovabile ottenendo, nel 2020
o prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili
superiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando
progressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il
2020 o nell'attuazione del loro contributo  all'obiettivo  vincolante
dell'Unione di almeno il 32 % di energia  rinnovabile  nel  2030.  In
materia di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche
contributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati  a  un
meccanismo  di  finanziamento  dell'energia  rinnovabile  nell'Unione
gestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti
sull'energia rinnovabile piu' efficienti in termini di costi in tutta
l'Unione,  offrendo  cosi'  agli  Stati  membri  la  possibilita'  di
contribuire al  conseguimento  dell'obiettivo  dell'Unione  al  minor
costo possibile. Gli obiettivi  degli  Stati  membri  in  materia  di
rinnovabili per  il  2020  dovrebbero  servire  come  quota  base  di
riferimento di energia rinnovabile a partire dal  2021  e  dovrebbero
essere mantenuti per tutto  il  periodo.  In  materia  di  efficienza
energetica,  le  misure  aggiuntive  possono  mirare  soprattutto   a
migliorare l'efficienza di prodotti, edifici e trasporti. 
        (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di
energia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all'allegato  I  della
direttiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,
dovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria
indicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno
Stato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza
piu' elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una
quota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della
direttiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota
di energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia
di ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota
base di riferimento. 
        (58) Se uno Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base  di
riferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe
adottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario
rispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente
adottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare
il divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai
requisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento
in cui il divario in questione si e' verificato,  sia  ai  sensi  del
presente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». 
    54. Il meccanismo di governance  si  e'  tradotto,  tra  l'altro,
nelle seguenti previsioni (come  aggiornate  con  la  Direttiva  (UE)
2023/2413): 
        «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e
successivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla
Commissione un piano nazionale integrato per  l'energia  e  il  clima
[...]" (art. 3): 
        «Ciascuno Stato membro  definisce  nel  suo  piano  nazionale
integrato per l'energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi
e contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all'allegato  I,
sezione A, punto 2: 
a) dimensione «decarbonizzazione»: 
[...] 
        2) per quanto riguarda l'energia rinnovabile: 
al fine di conseguire l'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota
di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art.  3,  paragrafo  1,
della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo  in  termini  di  quota
dello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo  lordo
di energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo  segue
una traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria  indicativa
raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18%  dell'aumento
totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l'obiettivo
nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il
suo contributo all'obiettivo 2030.  Entro  il  2025,  la  traiettoria
indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad  almeno  il  43%
dell'aumento totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra
l'obiettivo nazionale vincolante  per  il  2020  dello  Stato  membro
interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2027, la
traiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad
almeno il 65% dell'aumento totale della quota  di  energia  da  fonti
rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello
Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. 
    Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve  raggiungere  almeno
il contributo previsto  dello  Stato  membro.  Se  uno  Stato  membro
prevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per  il
2020, la sua traiettoria indicativa puo' iniziare al livello  che  si
aspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,
nel  loro  insieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei   punti   di
riferimento  dell'Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all'obiettivo
vincolante dell'Unione per la quota di  energia  rinnovabile  per  il
2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)  2018/2001.
Indipendentemente dal  suo  contributo  all'obiettivo  dell'Unione  e
dalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,
uno Stato membro e' libero di stabilire obiettivi piu' ambiziosi  per
finalita' di politica nazionale» (art. 4); 
    «Nel proprio contributo alla propria quota di  energia  da  fonti
rinnovabili  nel  consumo  finale  lordo  di  energia  del   2030   e
dell'ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi
di cui all'art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene
conto degli elementi seguenti: 
        a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; 
        b) misure adottate per conseguire il traguardo di  efficienza
energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; 
        c)  altre  misure  esistenti  volte  a  promuovere  l'energia
rinnovabile nello Stato  membro  e,  ove  pertinente,  a  livello  di
Unione; 
        d) l'obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da  fonti
rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all'allegato I
della direttiva (EU) 2018/2001. 
        e) le circostanze pertinenti che  incidono  sulla  diffusione
dell'energia rinnovabile, quali: 
i) l'equa distribuzione della diffusione nell'Unione; 
ii) le condizioni economiche e il potenziale,  compreso  il  PIL  pro
capite; 
iii) il potenziale  per  una  diffusione  delle  energie  rinnovabili
efficace sul piano dei costi; 
iv) i vincoli geografici,  ambientali  e  naturali,  compresi  quelli
delle zone e regioni non interconnesse; 
v) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; 
vi)  altre  circostanze  pertinenti,  in   particolare   gli   sforzi
pregressi. 
[...] 
    2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la  somma  dei
rispettivi  contributi  ammonti   almeno   all'obiettivo   vincolante
dell'Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030
di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.
5); 
    «Se  nel  settore  dell'energia   rinnovabile,   in   base   alla
valutazione di cui all'art. 29,  paragrafi  1  e  2,  la  Commissione
conclude che uno  o  piu'  punti  di  riferimento  della  traiettoria
indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all'art.  29,
paragrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,
2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu' dei  rispettivi  punti  di
riferimento nazionali  di  cui  all'art.  4,  lettera  a),  punto  2,
provvedono all'attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal
ricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il
divario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: 
        a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare   la   diffusione
dell'energia rinnovabile; 
        b) l'adeguamento della quota di energia da fonti  rinnovabili
nel settore del riscaldamento e raffreddamento di  cui  all'art.  23,
paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; 
        c) l'adeguamento della quota di energia da fonti  rinnovabili
nel settore dei trasporti di cui  all'art.  25,  paragrafo  1,  della
direttiva (UE) 2018/2001; 
        d) un  pagamento  finanziario  volontario  al  meccanismo  di
finanziamento  dell'Unione  per  l'energia  rinnovabile  istituito  a
livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da
fonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla
Commissione, come indicato all'art. 33; 
        e) l'utilizzo dei meccanismi di cooperazione  previsti  dalla
direttiva (UE) 2018/2001» (art. 32). 
    55. Il decreto legislativo n.  199/2021  costituisce  «Attuazione
della  direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo   e   del
Consiglio,  dell'11  dicembre   2018,   sulla   promozione   dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l'obiettivo di
accelerare il percorso di crescita  sostenibile  del  Paese,  recando
disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in  coerenza
con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico
al 2030 e di completa  decarbonizzazione  al  2050",  definendo  «gli
strumenti, i meccanismi, gli incentivi  e  il  quadro  istituzionale,
finanziario  e  giuridico,  necessari  per  il  raggiungimento  degli
obiettivi di incremento della quota di energia da  fonti  rinnovabili
al 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel  rispetto
dei criteri fissati dalla legge  22  aprile  2021,  n.  53»,  recando
«disposizioni necessarie  all'  attuazione  delle  misure  del  Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia
di energia da fonti rinnovabili,  conformemente  al  Piano  Nazionale
Integrato per l'Energia e il Clima (di seguito anche: PNIEC), con  la
finalita' di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,
gia'  orientati  all'aggiornamento  degli  obiettivi   nazionali   da
stabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si
prevede, per l'Unione europea, un obiettivo vincolante  di  riduzione
delle emissioni di gas a effetto  serra  di  almeno  il  55  percento
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». 
    56.   Come   ripetutamente    rilevato    dalla    giurisprudenza
costituzionale (ex multis, sentenze n. 121 del 2022, n. 77 del  2022,
n. 106 del 2020, n. 286 del 2019, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n.
44 del 2011), la normativa eurounitaria (nonche' quella nazionale) e'
ispirata  nel  suo  insieme  al  principio  fondamentale  di  massima
diffusione delle fonti di energia rinnovabili, che tra l'altro «trova
attuazione nella generale utilizzabilita'  di  tutti  i  terreni  per
l'inserimento di tali impianti, con le eccezioni [...] ispirate  alla
tutela di altri interessi costituzionalmente protetti» (Corte  cost.,
sentenza n. 13 del 2014). 
    57. La disciplina  originariamente  contenuta  nell'art.  20  del
decreto legislativo n. 199/2021,  relativa  all'individuazione  delle
aree idonee e non idonee all'installazione degli impianti  alimentati
da fonti rinnovabili, non prevedeva alcuna preclusione indiscriminata
rispetto all'utilizzo di terreni classificati agricoli. 
    58. Il comma 3 stabilisce, in  effetti,  che  «nella  definizione
della disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui  al  comma
1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e
del paesaggio,  delle  aree  agricole  e  forestali,  della  qualita'
dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo  di  superfici
di strutture edificate,  quali  capannoni  industriali  e  parcheggi,
nonche' di aree a destinazione industriale, artigianale, per  servizi
e logistica, e verificando l'idoneita' di aree non  utilizzabili  per
altri scopi, ivi incluse le  superfici  agricole  non  utilizzabili».
Tale disposizione contempla bensi' un'esigenza di tutela  delle  aree
agricole, ma da un lato  non  pone  alcuna  preclusione  assoluta  e,
dall'altro, stabilisce chiaramente  che  le  superfici  agricole  non
utilizzabile costituiscono,  tra  le  altre,  aree  privilegiate  per
l'installazione degli impianti. 
    59. Il comma 7 prevede, a sua volta, che «Le aree non incluse tra
le  aree  idonee   non   possono   essere   dichiarate   non   idonee
all'installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,
in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di  singoli
procedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero
delle aree idonee». 
    60. Il comma 8,  inoltre,  nell'individuare  transitoriamente  le
aree idonee sino all'entrata in vigore della disciplina prevista  dal
comma 1, vi include, «fatto salvo quanto previsto  alle  lettere  a),
b), c), c-bis)  e  c-ter),  le  aree  che  non  sono  ricomprese  nel
perimetro  dei  beni  sottoposti  a  tutela  ai  sensi  del   decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone  gravate  da  usi
civici di cui  all'art.  142,  comma  1,  lettera  h),  del  medesimo
decreto, ne' ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti  a
tutela ai sensi della parte seconda oppure dell'art. 136 del medesimo
decreto legislativo». 
    61.  Il  nuovo  comma  1-bis  stravolge  completamente  l'assetto
previgente,   prevedendo   che   «L'installazione   degli    impianti
fotovoltaici con moduli  collocati  a  terra,  in  zone  classificate
agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita  esclusivamente
nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi  per
modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione  degli
impianti gia' installati, a condizione che non comportino  incremento
dell'area occupata, c), incluse le cave gia'  oggetto  di  ripristino
ambientale e quelle con piano di coltivazione  terminato  ancora  non
ripristinate, nonche' le discariche o i  lotti  di  discarica  chiusi
ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2)  e  3),  del
comma 8 del presente articolo. Il primo periodo non  si  applica  nel
caso di progetti  che  prevedano  impianti  fotovoltaici  con  moduli
collocati a terra finalizzati  alla  costituzione  di  una  comunita'
energetica rinnovabile ai sensi dell'art.  31  del  presente  decreto
nonche'  in  caso  di  progetti  attuativi  delle  altre  misure   di
investimento del Piano Nazionale  di  Ripresa  e  Resilienza  (PNRR),
approvato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come
modificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e
del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR  (PNC)
di  cui  all'art.  1  del  decreto-  legge  6  maggio  2021,  n.  59,
convertito, con modificazioni, dalla legge 1° luglio  2021,  n.  101,
ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del
PNRR». 
    62. In definitiva, in base alla norma introdotta dall'art. 5  del
decreto-legge  n.  63/2024,  gli  impianti  fotovoltaici  con  moduli
collocati a terra possono essere realizzati soltanto: 
        a) nei siti ove sono gia' installati  impianti  della  stessa
fonte,  nei  limiti  degli  interventi  di   modifica,   rifacimento,
potenziamento o ricostruzione, senza incremento dell'area occupata; 
        b)  presso  cave  e  miniere  cessate,   non   recuperate   o
abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le  porzioni  di
cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento; 
        c) presso i siti e gli impianti  nelle  disponibilita'  delle
societa' del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e  dei  gestori  di
infrastrutture  ferroviarie  nonche'  delle  societa'  concessionarie
autostradali; 
        d) presso i siti e gli impianti  nella  disponibilita'  delle
societa'   di   gestione   aeroportuale   all'interno   dei    sedimi
aeroportuale; 
        e) nelle  aree  interne  agli  impianti  industriali  e  agli
stabilimenti e  in  quelle  classificate  agricole  racchiuse  in  un
perimetro i cui punti distino non piu'  di  500  metri  dal  medesimo
impianto o stabilimento; 
        f) nelle aree adiacenti  alla  rete  autostradale  entro  una
distanza non superiore a 300 metri. 
    63. Dalla richiamata elencazione si desume che, in  sostanza,  la
generalita' dei terreni classificati agricoli (circa la  meta'  della
superficie  del  Paese)  e'  preclusa  a  qualsiasi   intervento   di
installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati  a  terra
che non che non consista nel mero rifacimento/modifica/ricostruzione,
con conseguente preclusione all'utilizzo di nuovo terreno agricolo. 
    64. Il divieto  non  riguarda  i  progetti  attuativi  di  misure
finanziate con il PNRR o il PNC, che tuttavia non comprendono tutti i
progetti necessari al raggiungimento dei target previsti  dal  PNIEC,
che  e'  lo  strumento  previsto  dalla  normativa  eurounitaria  per
conseguire gli obiettivi  vincolanti  dell'Unione  per  la  quota  di
energia rinnovabile. Gia' tale circostanza evidenzia che  un  divieto
di  tale  portata  rischia  di  mettere  seriamente  a   rischio   il
conseguimento di tali obiettivi, nella  misura  in  cui  sottrae  una
larga  porzione  del  territorio  a  ogni  possibile  utilizzo  della
tecnologia fotovoltaica senza che ne siano prevedibili gli effetti in
ordine alla possibilita' di rispettare le  traiettorie  stabilite  in
merito alla quota di energia da fonti rinnovabili. Tenuto conto dello
stato di attuazione della disciplina di cui  all'art.  20,  comma  1,
decreto legislativo  n.  199/2021,  nonche'  degli  ampi  margini  di
flessibilita' che  il  decreto  21.6.2024  lascia  alle  regioni  per
l'individuazione delle aree non idonee, l'impatto di tale divieto  e'
del tutto incerto e, in ogni caso, si risolve  in  un  severo  limite
all'individuazione delle zone disponibili per  l'installazione  degli
impianti che, a termini dell'art. 15-ter, par.  1,  secondo  periodo,
della direttiva  (UE)  2018/2001,  devono  essere  commisurate  «alle
traiettorie stimate e  alla  potenza  totale  installata  pianificata
delle tecnologie per  le  energie  rinnovabili  stabilite  nei  piani
nazionali per l'energia e il clima presentati a norma degli  articoli
3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». 
    65. Peraltro, si e' gia' visto che, in  forza  dell'art.  32  del
regolamento (UE) 2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu'
punti di riferimento della traiettoria  indicativa  unionale  per  il
2022, 2025 e 2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che  nel
2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti
di riferimento nazionali possono essere tenuti all'adozione di misure
supplementari, ivi incluso un  pagamento  finanziario  volontario  al
meccanismo di finanziamento  dell'Unione  per  l'energia  rinnovabile
istituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di
energia da fonti rinnovabili gestiti  direttamente  o  indirettamente
dalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga  parte  del
territorio  nazionale  all'utilizzo  della  tecnologia   fotovoltaica
potrebbe,  pertanto,   implicare   l'obbligo   di   adottare   misure
supplementari,  con  impatti  anche  sulle  finanze  pubbliche,   ove
ostacoli il raggiungimento degli obiettivi. 
    66. La preclusione generalizzata  all'installazione  di  impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra sembra inoltre  contrastare
con il principio per cui, nell'ambito del processo di  individuazione
delle  zone  necessarie  per  i  contributi  nazionali  all'obiettivo
complessivo dell'Unione di energia rinnovabile per il 2030  ai  sensi
del paragrafo 1 dell'art. 15-ter della direttiva (UE) 2018/2001, «Gli
Stati membri favoriscono l'uso  polivalente  delle  zone  di  cui  al
paragrafo 1. I  progetti  in  materia  di  energia  rinnovabile  sono
compatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter, par.
3). Come gia' rilevato, il considerando (27) della Direttiva  precisa
che «Gli Stati membri dovrebbero  esplorare,  consentire  e  favorire
l'uso polivalente delle zone individuate a seguito  delle  misure  di
pianificazione territoriali adottate. A tal fine, e' auspicabile  che
gli Stati membri agevolino, ove necessario,  i  cambiamenti  nell'uso
del suolo e del  mare,  purche'  i  diversi  usi  e  attivita'  siano
compatibili tra di loro e possano coesistere». Il divieto  introdotto
dall'art. 5 del  decreto-legge  n.  63/2024  istituisce,  invece,  un
insanabile conflitto tra l'utilizzo della tecnologia fotovoltaica con
moduli collocati a terra e l'uso  del  suolo  a  fini  agricoli  che,
tuttavia, non sussiste (o sussiste solo in parte) quantomeno  per  la
tecnologia agrivoltaica (anche non avanzata). 
    67. Nella misura in cui puo' ostacolare il  raggiungimento  degli
obiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie
rinnovabili, il divieto in  questione  si  pone  anche  in  posizione
critica  rispetto  alla  strategia  di  adattamento  ai   cambiamenti
climatici  dell'Unione.  Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi
dell'art.  5  del  regolamento  (UE)   2021/1119,   «Le   istituzioni
competenti dell'Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante
progresso nel  miglioramento  della  capacita'  di  adattamento,  nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7  dell'accordo  di
Parigi». Essi, inoltre,  «garantiscono  [...]  che  le  politiche  in
materia  di  adattamento  nell'Unione  e  negli  Stati  membri  siano
coerenti,   si   sostengano   reciprocamente,   comportino   benefici
collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per  integrare
meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i  settori  di
intervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione». 
    68. Come precisato dalla Commissione europea nella  comunicazione
COM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell'UE per l'adattamento  ai
cambiamenti climatici,  «Il  Green  Deal  europeo,  la  strategia  di
crescita  dell'UE  per  un  futuro   sostenibile,   si   basa   sulla
consapevolezza che la trasformazione verde e' un'opportunita'  e  che
la mancata azione ha un costo enorme. Con esso l'UE  ha  mostrato  la
propria  leadership  per   scongiurare   lo   scenario   peggiore   -
impegnandosi a raggiungere la neutralita' climatica - e prepararsi al
meglio - puntando ad azioni di  adattamento  piu'  ambiziose  che  si
fondano sulla strategia dell'UE di adattamento del 2013. La visione a
lungo termine prevede che nel 2050 l'UE sara' una societa' resiliente
ai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti
dei cambiamenti climatici. Cio' significa che entro il 2050, anno  in
cui l'Unione aspira  ad  aver  raggiunto  la  neutralita'  climatica,
avremo rafforzato la capacita' di adattamento e ridotto al minimo  la
vulnerabilita' agli effetti dei cambiamenti climatici, in  linea  con
l'accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il
raggiungimento dei target  di  potenza  installata  delle  tecnologie
rinnovabili  costituisce,  all'evidenza,  un  elemento  centrale  per
conseguire nel lungo termine l'obiettivo della neutralita' climatica,
che potrebbe essere posto seriamente a  rischio  da  una  disciplina,
come quella censurata, che vieta sul tutto il territorio nazionale la
tecnologia fotovoltaica con pannelli collocati a  terra  su  tutti  i
terreni classificati agricoli, corrispondenti a oltre la meta'  della
superficie nazionale. 
    69. Il divieto sembra  anche  contrastare  con  il  principio  di
integrazione  di  cui  all'art.   11   Trattato   sul   funzionamento
dell'Unione europea e all'art. 37 della Carta di Nizza,  secondo  cui
«Le esigenze connesse  con  la  tutela  dell'ambiente  devono  essere
integrate nella  definizione  e  nell'attuazione  delle  politiche  e
azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo
sviluppo sostenibile». L'integrazione ambientale in tutti  i  settori
politici pertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e'
funzionale a  ridurre  le  pressioni  sull'ambiente  derivanti  dalle
politiche e dalle attivita' di altri settori e  per  raggiungere  gli
obiettivi ambientali e climatici. Il divieto introdotto  dall'art.  5
del decreto-legge n. 63/2024,  nel  contesto  di  una  disciplina  di
attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla  promozione  dell'uso
dell'energia da fonti  rinnovabili  quale  obiettivo  della  politica
energetica dell'Unione, solleva sul punto notevoli perplessita': 
        da  un  lato,  infatti,  si  inserisce  nel  complesso  delle
previsioni dell'art. 20 del decreto  legislativo  n.  199/2021  quale
corpo tendenzialmente estraneo, tant'e' che  le  relative  previsioni
non  risultano  neppure  adeguatamente  coordinate   con   il   resto
dell'articolato (v., ad esempio, il comma 3  del  medesimo  art.  20,
laddove prevede che i decreti di cui  al  comma  1  verifichino,  tra
l'altro, «l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri  scopi,  ivi
incluse le superfici agricole non utilizzabili»); 
        dall'altro lato, la norma  non  istituisce  alcuna  forma  di
possibile   bilanciamento   tra   i   valori   in   gioco,   sancendo
un'indefettibile prevalenza dell'interesse alla  conservazione  dello
stato dei luoghi  dei  terreni  classificati  agricoli  senza  alcuna
considerazione    finanche    della    loro    possibile,    concreta
utilizzabilita' a fini agricoli, in  contrasto  con  l'obiettivo  del
decreto stesso di promuovere l'uso dell'energia da fonti rinnovabili. 
    70. Da quanto precede risulta anche che la  disciplina  censurata
confligge con il principio di proporzionalita', con violazione  anche
dell'art. 3 Cost. Come la Corte di giustizia ha piu' volte  ribadito,
«il principio  di  proporzionalita'  e'  un  principio  generale  del
diritto comunitario che dev'essere rispettato tanto  dal  legislatore
comunitario quanto dai legislatori e dai giudici nazionali» (sentenza
11.6.2009,  C-  170/08,  41).  Il   sindacato   di   proporzionalita'
costituisce, inoltre, un  aspetto  del  controllo  di  ragionevolezza
delle  leggi  condotto  dalla  giurisprudenza  costituzionale,   onde
verificare che il bilanciamento  degli  interessi  costituzionalmente
rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da  determinare
il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva  e
pertanto incompatibile con il dettato costituzionale. Come la  stessa
Corte  ha  precisato,  «Tale  giudizio  deve  svolgersi   "attraverso
ponderazioni relative alla proporzionalita' dei mezzi  prescelti  dal
legislatore nella sua insindacabile  discrezionalita'  rispetto  alle
esigenze  obiettive  da  soddisfare  o  alle  finalita'  che  intende
perseguire,  tenuto  conto  delle  circostanze  e  delle  limitazioni
concretamente sussistenti" (sentenza n. 1130 del 1988).  Il  test  di
proporzionalita' utilizzato da  questa  Corte  come  da  molte  delle
giurisdizioni costituzionali europee, spesso insieme  con  quello  di
ragionevolezza, ed essenziale  strumento  della  Corte  di  giustizia
dell'Unione europea per il controllo giurisdizionale di  legittimita'
degli atti dell'Unione e degli Stati membri, richiede di valutare  se
la norma oggetto di scrutinio,  con  la  misura  e  le  modalita'  di
applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al  conseguimento  di
obiettivi legittimamente  perseguiti,  in  quanto,  tra  piu'  misure
appropriate,  prescriva  quella  meno  restrittiva  dei   diritti   a
confronto  e  stabilisca  oneri  non   sproporzionati   rispetto   al
perseguimento di detti obiettivi» (Corte cost.,  sentenza  n.  1  del
2014). 
    71. Innanzitutto, la misura  censurata  consiste  in  un  divieto
generalizzato  e  assoluto  all'utilizzo,  su  un'ampia   parte   del
territorio  nazionale,  di  una  determinata   tecnologia   a   fonti
rinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto  a
quella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri  valori  che
entrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle
fonti  rinnovabili:  le  esigenze  di  tutela  dell'ambiente,   della
biodiversita', dei beni culturali e  del  paesaggio  passa,  infatti,
attraverso  l'individuazione  di  aree  non  idonee  che,   come   in
precedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi'  zone  in
cui, in ragione delle esigenze di protezione in  concreto  esistenti,
e' altamente  verosimile  un  esito  negativo  della  valutazione  di
compatibilita'  dei  progetti.  Cio',   peraltro,   non   osta   alla
possibilita' di verificare, in concreto  e  nell'ambito  dei  singoli
procedimenti autorizzativi, eventuali margini di compatibilita' degli
interventi  proposti.  L'art.  5   del   decreto-legge   n.   63/2024
stabilisce,  invece,  una  prevalenza   assoluta   e   incondizionata
dell'interesse alla conservazione dei  suoli  classificati  agricoli,
valutata in astratto dal legislatore e che non consente la pur minima
possibilita' di contemperamento con gli  altri  interessi  in  gioco,
anche di rilievo costituzionale. 
    72. Sotto tale profilo, occorre  rilevare,  in  disparte  i  gia'
evidenziati profili di contrasto con  il  diritto  unionale,  che  ai
sensi  dell'art.  9  Cost.  la  Repubblica  tutela   l'ambiente,   la
biodiversita' e gli ecosistemi  «anche  nell'interesse  delle  future
generazioni»,  con  cio'  incorporando  il  principio   di   sviluppo
sostenibile nell'ambito  dei  principi  fondamentali  in  materia  di
tutela ambientale. L'incondizionato  sacrificio  di  tale  principio,
quale sotteso al divieto in esame, contrasta, pertanto, con l'art.  3
Cost.,  nonche'  con  l'art.  9   citato   e   con   la   consolidata
giurisprudenza  costituzionale   secondo   cui   "Tutti   i   diritti
fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano  in  rapporto  di
integrazione reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di
essi che abbia la prevalenza assoluta sugli  altri.  La  tutela  deve
essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di  norme  non
coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264  del
2012). Se cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata  espansione
di uno dei diritti, che  diverrebbe  "tiranno"  nei  confronti  delle
altre  situazioni  giuridiche   costituzionalmente   riconosciute   e
protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre  Costituzioni
democratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e
vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza
pretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di
equilibrio, proprio perche' dinamico e non  prefissato  in  anticipo,
deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme
e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di
proporzionalita' e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un
sacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte cost., sentenza  n.  85
del 2013). 
    73. Sotto altro profilo, il divieto cosi' introdotto e' operativo
a partire dalla mera classificazione dell'area come agricola in  base
ai piani urbanistici, senza che  alcuna  rilevanza  assumano  il  suo
concreto utilizzo o la sua utilizzabilita' a  tali  fini.  Anche  per
tale   riguardo   la   disposizione   si   mostra   irragionevole   e
sproporzionata, in quanto la dichiarata finalita' di  contrastare  il
consumo di suolo agricolo non e' riscontrabile (o quantomeno non  nei
termini incondizionati e assoluti previsti dalla norma) in  relazione
alle superfici agricole non utilizzabili o degradate. Manca, inoltre,
qualsivoglia considerazione della qualita'  e  dell'importanza  delle
colture. 
    74. In raffronto, le  attuali  linee  guida  di  cui  al  decreto
ministeriale 10 settembre 2010 prevedono che: 
        le zone classificate agricole dai vigenti  piani  urbanistici
non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei; 
        l'individuazione delle aree e dei siti non  idonei  non  puo'
riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente
soggette a tutela  dell'ambiente,  del  paesaggio  e  del  patrimonio
storico-artistico, ne'  tradursi  nell'identificazione  di  fasce  di
rispetto di dimensioni non  giustificate  da  specifiche  e  motivate
esigenze  di  tutela.  La  tutela  di  tali  interessi   e'   infatti
salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore  ed  affidate
nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche,  alle
regioni, agli enti  locali  ed  alle  autonomie  funzionali  all'uopo
preposte, che sono tenute a garantirla all'interno  del  procedimento
unico e della procedura di Valutazione  dell'Impatto  Ambientale  nei
casi previsti; 
        le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non
idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree
particolarmente  sensibili  e/o   vulnerabili   alle   trasformazioni
territoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da
produzioni agricolo-alimentari di  qualita'  (produzioni  biologiche,
produzioni  D.O.P.,  I.G.P.,  S.T.G.,  D.O.C.,  D.O.C.G.,  produzioni
tradizionali)  e/o  di  particolare  pregio  rispetto   al   contesto
paesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste
dalla  programmazione   regionale,   caratterizzate   da   un'elevata
capacita' d'uso del suolo. 
    75. Una siffatta, contestualizzata  disciplina  risulta  conforme
alle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri
dovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui
non  puo'  essere  sviluppata   l'energia   rinnovabile   («zone   di
esclusione»).  Essi  dovrebbero   fornire   informazioni   chiare   e
trasparenti,  corredate  di  una  giustificazione   motivata,   sulle
restrizioni  dovute  alla  distanza  dagli  abitati  e   dalle   zone
dell'aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero  essere
basate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo  scopo
perseguito massimizzando la disponibilita' di spazio per lo  sviluppo
dei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli
di  pianificazione  territoriale»  (cfr.  la   raccomandazione   (UE)
2024/1343 della Commissione del  13.5.2024  sull'accelerazione  delle
procedure autorizzative  per  l'energia  da  fonti  rinnovabili  e  i
progetti infrastrutturali correlati). La disciplina posta dall'art. 5
del decreto-legge n. 63/2024 si traduce, invece, nell'esatto opposto,
ponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, non  fondato
su  dati  concreti  e  certamente  non  rispondente  all'obietto   di
massimizzare la disponibilita' di spazio per lo sviluppo dei progetti
di energia rinnovabile. 
    76.  Occorre  solo  aggiungere  che   i   rilevati   profili   di
incostituzionalita' vanno del pari riferiti all'art. 5, comma 2,  del
decreto-legge n. 63/2024, laddove pone una disciplina di salvaguardia
che ha quale presupposto il  divieto  di  cui  al  comma  1,  nonche'
all'art.  2,  comma  2,  primo  periodo,  del   decreto   legislativo
25.11.2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi amministrativi per
la produzione di energia da fonti rinnovabili», ove prevede che  «Gli
interventi di cui all'art. 1, comma 1, sono considerati  di  pubblica
utilita', indifferibili e urgenti e possono essere ubicati  anche  in
zone  classificate  agricole  dai  vigenti  piani  urbanistici,   nel
rispetto di quanto previsto all'art. 20,  comma  1-bis,  del  decreto
legislativo 8 novembre 2021, n.  199».  Tale  disposizione,  infatti,
riproduce il divieto di cui al citato comma 1-bis  dell'art.  20  del
decreto legislativo n. 199/2021. 
Questioni da sottoporre alla Corte costituzionale 
    77. In ragione di  tutto  quanto  sopra,  sono  rilevanti  e  non
manifestamente infondate le questioni di legittimita'  costituzionale
dell'art. 5, comma 1 e 2, decreto-legge n. 63/2024,  convertito,  con
modificazioni, dalla legge n. 101/2024, nonche' dell'art. 2, comma 2,
primo periodo, decreto legislativo 25.11.2024, n. 190, per violazione
degli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, Cost., anche in relazione  ai
principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento
(UE) 2018/1999,  come  modificati  dalla  direttiva  (UE)  2023/2413,
nonche' dal regolamento (UE) 2021/1119. 
    78.  Il  giudizio  va  quindi  sospeso  per   le   determinazioni
conseguenti alla definizione dell'incidente di costituzionalita'. 
    79.  Il  regolamento  delle  spese  va  rinviato  all'esito   del
giudizio. 

 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio  (Sezione
Terza) cosi' dispone: 
        a) dichiara rilevanti e  non  manifestamente  infondate,  nei
termini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 1 e 2,  decreto-legge  n.  63/2024,
convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  n.  101/2024,  nonche'
dell'art. 2, comma 2, primo periodo, decreto legislativo n. 190/2024,
per violazione  degli  articoli  3,  9,  11  e  117,  comma  1  della
Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva
(UE) 2018/2001 e dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come  modificati
dalla  direttiva  (UE)  2023/2413,  nonche'  dal   regolamento   (UE)
2021/1119; 
        b) sospende il giudizio  per  le  determinazioni  conseguenti
alla definizione dell'incidente  di  costituzionalita'  e,  ai  sensi
dell'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,   dispone   la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
        c) dispone la  comunicazione  della  presente  sentenza  alle
parti in causa,  nonche'  la  sua  notificazione  al  Presidente  del
Consiglio dei ministri, al Presidente del Senato della  Repubblica  e
al Presidente della Camera dei deputati; 
        d) rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito del giudizio. 
    Cosi' deciso in Roma nelle  camere  di  consiglio  dei  giorni  7
maggio 2025 e 18 giugno 2025, 
    con l'intervento dei magistrati: 
        Elena Stanizzi, Presidente; 
        Giovanna Vigliotti, primo referendario; 
        Marco Savi, referendario, estensore. 
 
                       Il Presidente: Stanizzi 
 
 
                                                    L'estensore: Savi