Reg. ord. n. 162 del 2025 pubbl. su G.U. del 10/09/2025 n. 37
Ordinanza del Corte d'appello di Lecce del 30/05/2025
Tra: P. O.
Oggetto:
Processo penale – Impugnazioni – Decisione sulla confisca in casi particolari nel caso di estinzione del reato per prescrizione – Denunciata previsione, secondo il diritto vivente (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 30 gennaio 2020, n. 13539), che quando è stata ordinata la confisca urbanistica di cui all’art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, il giudice di appello (o la Corte di cassazione), nel dichiarare estinto per prescrizione il reato di lottizzazione abusiva di cui all’art. 44, comma 1, lettera c), del medesimo decreto, decide sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato – Violazione del diritto alla presunzione di innocenza, come declinato dalla giurisprudenza della Corte EDU e affermato dal diritto dell'Unione europea.
Norme impugnate:
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 578
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 11
Co.
Costituzione
Art. 117
Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali
Art. 6
Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
Art. 48
Co.
direttiva UE
Art. 3
Co.
direttiva UE
Art. 4
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 162 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 maggio 2025
Ordinanza del 30 maggio 2025 della Corte d'appello di Lecce nel
procedimento penale a carico di P. O. e N. D.L..
Processo penale - Impugnazioni - Decisione sulla confisca in casi
particolari nel caso di estinzione del reato per prescrizione -
Denunciata previsione, secondo il diritto vivente (Corte di
cassazione, sezioni unite penali, sentenza 30 gennaio 2020, n.
13539), che quando e' stata ordinata la confisca urbanistica di cui
all'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, il giudice di
appello (o la Corte di cassazione), nel dichiarare estinto per
prescrizione il reato di lottizzazione abusiva di cui all'art. 44,
comma 1, lettera c), del medesimo decreto, decide sull'impugnazione
ai soli effetti della confisca, previo accertamento della
responsabilita' dell'imputato.
- Codice di procedura penale, art. 578-bis.
(GU n. 37 del 10-09-2025)
LA CORTE DI APPELLO DI LECCE
Sezione Prima Penale
Composta dai sigg.:
dott. Francesco Ottaviano Presidente;
dott. Giuseppe Biondi Consigliere rel.;
dott. Francesco Cacucci Consigliere;
Letti gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato a
carico di:
1) D L N (gia' legale rappresentante della ditta gia'
proprietaria delle aree e degli immobili di seguito indicati), l ,
ivi residente alla via difeso di fiducia dall'avv. Michele
Tedesco del Foro di Salerno e dall'avv. Vito Epifani del Foro di
Brindisi;
2) O P (locatario delle aree e degli immobili nonche' committente
ed esecutore dei lavori), nato a il , ivi residente in difeso di
fiducia dall'avv. Davide De Giuseppe del Foro di Brindisi Imputati
delle contravvenzioni di cui agli arti. 181 del decreto legislativo
n. 42/2004, 30, 44-lett. c) e 95 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 380/2001, 81 cpv. e 110 (113) codice penale in quanto,
con piu' azioni ed omissioni esecutive di un medesimo disegno
criminoso nonche' in concorso tra loro (ovvero cooperazione tra loro)
e con le qualita' di cui in rubrica, realizzavano ovvero cooperavano
a realizzare, in totale assenza di legittimi permessi di costruire e
autorizzazioni paesaggistiche, ed anche violando le prescrizioni di
cui al capo IV del decreto del Presidente della Repubblica n.
380/2001 (preavviso allo sportello unico del Comune), un complesso
intervento edilizio di trasformazione urbanistica ed edilizia dei
terreni di seguito indicati, mediante la realizzazione di una vera e
propria struttura commerciale, destinata ad ospitare stabilmente
attivita' ricreative (anche per intrattenimento musicale e danzante),
pubblici spettacoli ed eventi ristorazione e parcheggio,
assolutamente incompatibile con la destinazione urbanistica e d'uso
dell'area di intervento (zona E delle N.T.A. del Comune di ,
vincolata paesaggisticamente prima dal P.U.T.T./P. quale ambito
territoriale esteso di livello B, e poi dal P. P. T. R. quale Ambito
Paesaggistico 9/La campagna ).
Commesso in agro del Comune di localita' (catasto foglio e
porzioni delle particelle per un'area di mq. nonche' porzioni delle
particelle per un area di mq. ) fino al
Osserva
l. Premessa e svolgimento del processo.
1.1. Con sentenza del Tribunale di Brindisi in data 20 ottobre
2021 D L N e O Pierangelo venivano ritenuti responsabili dei reati di
cui agli articoli 30, 44 lettera c) e 95 decreto del Presidente della
Repubblica n. 380/2001, loro ascritti in imputazione, e, ritenuta la
continuazione criminosa tra le violazioni, venivano condannati alla
pena di mesi dieci di arresto e euro 37.500,00 di ammenda ciascuno,
oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa per il solo
O . Visto l'art. 31 decreto del Presidente della Repubblica n.
380/2001, veniva ordinata la demolizione di tutte le opere eseguite.
Visto l'art. 44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica n.
380/2001 veniva ordinata la confisca dell'area e delle opere in
giudiziale sequestro.
I due imputati venivano assolti dal reato di cui all'art. 181
decreto legislativo n. 42/2004 perche' il fatto non sussiste.
1.2. Avverso la citata sentenza proponevano tempestivi appelli i
difensori di fiducia dell'imputato D L N , censurando la pronuncia
sulla base dei seguenti motivi sintetizzati per quanto di interesse:
a. Appello presentato dall'avv. Michele Tedesco.
Con il primo motivo di appello si chiede l'assoluzione
dell'imputato perche' il fatto non sussiste o perche' il fatto non
costituisce reato, ovvero per non avere commesso il fatto, anche ai
sensi dell'art. 530 comma 2 codice di procedura penale.
Si chiede, altresi', sentenza di non doversi procedere per
intervenuta prescrizione maturata prima dell'esercizio dell'azione
penale. Sostanzialmente, si sostiene P estraneita' ai fatti
dell'imputato, il quale avrebbe rivestito la carica di amministratore
unico della data in cui veniva costituita la nuova societa' di cui
era legale rappresentante A M . In questa ultima societa' il D L
non era neppure socio, ne' sarebbe comparso in seguito alla fusione
nella societa' . Le varie autorizzazioni di cui si discute non
sarebbero state mai rilasciate al D L ne' in proprio ne' quale
rappresentante delle varie societa'. Sul piano societario, quindi, il
D L non potrebbe ritenersi coinvolto nei fatti in contestazione.
Sul piano fattuale, non pochi dubbi emergerebbero in ordine
all'individuazione del titolare dell'area e dei beni. In ogni caso,
non sarebbe stata affatto realizzata un'apprezzabile trasformazione
urbanistica della zona, atteso che gli eventi di cui si fa
riferimento in sentenza non avrebbero inciso sulla destinazione
agricola della zona. Gli immobili presenti sull'area sarebbero stati
realizzati in epoca anteriore al , con l'unica eccezione di un
muro dotato di archi che sarebbe stato realizzato in epoca successiva
al . In definitiva, il reato si sarebbe estinto per prescrizione
anche prima dell'esercizio dell'azione penale.
Con il secondo motivo di impugnazione si chiede la revoca della
confisca, che sarebbe stata disposta rispetto ad aree ed immobili di
proprieta' della societa' completamente estranea al processo. D'altra
parte, il reato si sarebbe estinto per prescrizione ben prima
dell'esercizio dell'azione penale.
Con il terzo motivo di doglianza si lamenta il gravoso
trattamento sanzionatorio in conseguenza anche della mancata
concessione delle circostanze attenuanti generiche. Si invoca il
beneficio di cui all'art. 163 codice penale e si chiede la
conversione della pena detentiva nella pena pecuniaria.
b. Appello presentato dall'avv. Vito Epifani.
Con il primo motivo di appello si chiede l'assoluzione
dell'imputato per non avere commesso il fatto, sostanzialmente
ricalcando le stesse argomentazioni gia' esposte nell'altro appello.
Con il secondo motivo di impugnazione si chiede la revoca della
confisca disposta in palese violazione dell'art. 7 CEDU, evidenziando
anche in questo caso che le aree e i beni confiscati appartengo alla
societa', che sarebbe estranea al reato.
1.3. Proponeva tempestivo appello anche il difensore di fiducia
dell'imputato O P. , censurando la pronuncia sulla base dei seguenti
motivi sintetizzati per quanto di interesse:
Con il primo motivo di appello si chiede l'assoluzione
dell'imputato perche' il fatto non sussiste, o con altra formula di
giustizia, anche ai sensi dell'art. 530 comma 2 codice di procedura
penale La sentenza impugnata si fonderebbe solo sulle errate
conclusioni cui sarebbe pervenuto il consulente tecnico del p.m.,
nonostante la loro smentita in sede dibattimentale. Piu' volte si
sarebbe evidenziata al primo giudice, da un lato, la buona fede
dell'O. P. , che aveva richiesto ed ottenuto dalla citta' di Brindisi
tutti i permessi necessari, dall'altra, la sua estraneita' con
riguardo ad ogni intervento edilizio di trasformazione urbanistica
dell'area de qua. Le attivita' svolte dall'appellante sarebbero
sempre state a carattere stagionale, rispettando sempre i limiti
temporali imposti -il periodo estivo- e le preclusioni di carattere
agricolo - la coltivazione invernale delle aree agricole. Ma il
giudice di primo grado, errando, sosteneva piu' volte che l'intera
struttura non avesse il carattere della precarieta' e stagionalita'.
Il reato di lottizzazione abusiva non potrebbe trovare alcun
giuridico o fattuale fondamento. Il semplice e temporaneo
«schiacciamento del terreno», operato dalle vetture dei partecipanti
agli eventi su aree precedentemente destinate a coltivazioni
stagionali, certamente non potrebbe assurgere al ruolo di
lottizzazione abusiva, in mancanza anche di indicazioni circa il
numero delle volte, durante la stagione estiva, in cui questi eventi
sarebbero stati tenuti. D'altra parte, l'O aveva sempre agito
sulla base di autorizzazioni amministrative, sicche' il reato di
lottizzazione abusiva non potrebbe configurarsi, essendo previsto che
si configuri in mancanza dell'atto amministrativo, e non in caso di
atto amministrativo illegittimo.
Con il secondo motivo di impugnazione si chiede di rideterminare
la pena in termini piu' equi previo riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche.
All'odierna udienza del 30 maggio 2025, presente il solo imputato
D L , assente l'imputato Oliva, dopo la discussione delle parti,
che hanno concluso come da verbale, e' stata emessa la seguente
ordinanza, letta alle parti presenti o da ritenersi tali e allegata
al verbale di udienza.
2. In punto di rilevanza della questione.
2.1. L'applicazione nel caso di specie dell'art. 578-bis c.p.p.,
oggetto delle censure di incostituzionalita'.
Va osservato che i reati per i quali i due imputati sono stati
condannati in primo grado sono estinti per prescrizione. Invero,
dalla data del commesso reato, individuata nel 9 agosto 2018
(coincidente con la data di sequestro dell'area e degli immobili, in
mancanza di elementi da cui desumere la prosecuzione dell'attivita'
lottizzatoria), sono decorsi i cinque anni, che costituiscono il
termine massimo di prescrizione, trattandosi di reati
contravvenzionali. In mancanza di altri periodi di sospensione del
termine prescrizionale, anche considerando il periodo di sospensione
di cui all'art. 159, comma 2, n. 1), c.p., nel testo modificato dalla
legge n. 103/2017 (vedi sul punto decisione delle Sezioni Unite come
da informazione provvisoria dell'udienza del 12 dicembre 2024), il
termine e' maturato al piu' tardi il 9 febbraio 2025. Gli imputati
non hanno rinunciato alla prescrizione.
Va ancora detto che, per quanto di rilevanza in questa sede, e
salvo approfondimenti di merito in sede di giudizio, allo stato non
emerge con evidenza che il reato risulti consumato in epoca anteriore
al 9 agosto 2018, e, precisamente, prima dell'esercizio dell'azione
penale, circostanza il cui accertamento comporterebbe
l'impossibilita' di disporre la confisca urbanistica di cui all'art.
44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001
(vedi ex plurimis Cassazione pen. sez. III, 26 settembre 2019, n.
50428). Al riguardo, si richiama non solo quanto diffusamente
argomentato dal giudice di prime cure in tutta la sentenza, ma
soprattutto e, in particolare, quanto riportato a pag. 35 della
sentenza impugnata.
Cio' precisato, con gli appelli, come visto, si chiede a vario
titolo l'assoluzione di entrambi gli imputati, anche con formula
dubitativa, e, quindi, anche ai sensi dell'art. 530 cpv. c.p.p., vuoi
prospettando la loro estraneita' ai fatti, vuoi contestando la stessa
sussistenza della lottizzazione abusiva.
Orbene, se l'estinzione dei reati per prescrizione comporta il
venire meno dell'ordine di demolizione ex art. 31 decreto del
Presidente della Repubblica n. 380/2001 (cfr. ex plurimis e da ultimo
Cassazione pen. sez. III, 27 ottobre 2015, n. 50441 e Cassazione pen.
sez. II, 13 febbraio 2025, n. 8616), per contro, ai sensi proprio
della norma censurata, come interpretata dalla giurisprudenza di
legittimita' (vedi su tutte Cass. pen. sez. un. 30 gennaio 2020, n.
13539, imp. ), «la confisca di cui all'art. 44 del decreto del
Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 puo' essere disposta
anche in presenza di una causa estintiva determinata dalla
prescrizione del reato purche' sia stata accertata la sussistenza
della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo,
nell'ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e
la piu' ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che,
una volta intervenuta detta causa, il giudizio non puo', in
applicazione dell'art. 129, comma 1, c.p.p., proseguire al solo fine
di compiere il predetto accertamento. In caso di declaratoria,
all'esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di
lottizzazione abusiva per prescrizione, il giudice di appello e la
Corte di cassazione sono tenuti, in applicazione dell'art. 578-bis
c.p.p., a decidere sull'impugnazione agli effetti della confisca di
cui all'art. 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380
del 2001». La confisca dei terreni abusivamente lottizzati e' delle
opere ivi illegittimamente costruite, gia' disposta in primo grado ai
sensi dell'art. 44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica
6 giugno 2001 n. 380, ove sia accertata la sussistenza degli elementi
soggettivo e oggettivo del reato, deve essere mantenuta dal giudice
dell'impugnazione, in caso di intervenuta prescrizione del reato,
anche in relazione ai reati commessi prima della entrata in vigore
dell'art. 578-bis c.p.p., avendo detta disposizione, in relazione
alla confisca in oggetto, natura esclusivamente processuale (Cass.
pen. sez. III, 7 aprile 2022, n. 21910). In tema di lottizzazione
abusiva, la decisione di appello che, in accoglimento
dell'impugnazione del procuratore generale, abbia disposto la
confisca dei terreni e delle opere abusive, omessa nella sentenza di
proscioglimento di primo grado per intervenuta prescrizione, senza
motivare adeguatamente sulla sussistenza dell'elemento soggettivo del
reato, va annullata con rinvio affinche' sia colmato tale deficit
argomentativo nel decidere, ex art. 578-bis c.p.p., sull'impugnazione
agli effetti della confisca di cui all'art. 44, comma 2, decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380 (Cass. pen. sez.
III, 16 settembre 2020, n. 31182). In tema di lottizzazione abusiva,
il giudice di appello, adito a seguito di decisione emessa in primo
grado dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione e
contestualmente dispositiva della confisca dei terreni abusivamente
lottizzati e delle opere su di essi realizzate, e' tenuto ad
accertare, con pieno apprezzamento del merito della regiudicanda, la
sussistenza degli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, del
reato e i presupposti di proporzionalita' richiesti per imporre
l'indicata misura ablatoria, imponendolo il disposto di cui all'art.
578-bis c.p.p., applicabile alla confisca prevista dall'art. 44,
comma 2, decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n.
380, e privandosi, altrimenti, il destinatario del provvedimento
ablativo di qualsiasi rimedio impugnativo, a fronte di una decisione
fortemente incidente sul suo diritto di proprieta' (Cass. pen. sez.
III, 19 gennaio 2024, n. 9456). In tema di lottizzazione abusiva, e'
legittima la confisca disposta nel giudizio di primo grado e
mantenuta in grado di appello con sentenza di conferma della
decisione che abbia accertato la sussistenza del reato, pur
dichiarandone la prescrizione, sulla base delle prove dichiarative o
documentali finalizzate all'accertamento dell'esistenza dei suoi
elementi oggettivi e soggettivi, acquisite, nel contraddittorio delle
parti, antecedentemente al maturare della causa estintiva, a nulla
rilevando la dedotta incompletezza dell'istruttoria dibattimentale,
per mancata assunzione delle prove a discarico, posto che e'
sufficiente che vi sia la possibilita', per il giudicante, di
decidere allo stato degli atti fino a quel momento acquisiti, in
ragione del potere di rinuncia all'assunzione delle prove ammesse,
riconosciuto alle parti, oltre che di revoca delle stesse per
superfluita', attribuito al giudice e del divieto, vigente in grado
di appello, di svolgere attivita' istruttoria integrativa ai sensi
dell'art. 603 codice di procedura penale (Cass. pen. sez. III, 13
novembre 2024, n. 8067/25).
Cio' posto, come ha ricordato la stessa Corte costituzionale
(vedi sentenza n. 182 del 2021), il giudizio che si chiede di
esprimere al giudice di appello ai sensi dell'art. 518-bis codice di
procedura penale e' diverso da quello previsto dall'art. 578 codice
di procedura penale Si legge testualmente: «anzitutto, un tale
giudizio non e' richiesto dal tenore testuale della disposizione
censurata (art. 578 codice di procedura penale) che, a differenza di
quella immediatamente successiva (art. 578-bis codice di procedura
penale), non prevede il «previo accertamento della responsabilita'
dell'imputalo». Il confronto tra l'art. 578 e l'art. 578-bis codice
di procedura penale e' rilevante proprio al fine di chiarire l
'ambito della cognizione richiesta dalla norma sospettata di
illegittimita' costituzionale. L'art. 578-bis concerne l'ipotesi in
cui la «coda» di accertamento richiesto al giudice dell'impugnazione
penale, in seguito alla sopravvenuta causa estintiva del reato (per
prescrizione o amnistia), che travolge la condanna emessa nel grado
precedente, concerne non gia' gli interessi civili, ma la
sussistenza, o meno, dei presupposti di un provvedimento avente
natura punitiva secondo i canoni interpretativi della giurisprudenza
di Strasburgo. Diversamente dall'art. 578, infatti, l'art. 578-bis
presuppone, ai fini della sua applicazione, non gia' che nel grado
precedente sia stata pronunciata condanna risarcitoria o restitutoria
in favore della parte civile, bensi' che sia stata ordinata la
«confisca in casi particolari» di cui al primo comma dell'art.
240-bis del codice penale o di altre disposizioni di legge o la
confisca prevista dall'art. 322-ter del codice penale. In questo
caso, pur rilevata la causa estintiva del reato, essendo il giudice
chiamato a valutare i presupposti della conferma, o meno, di una
sanzione di carattere punitivo ai sensi dell'art. 7 CEDU, la
dichiarazione di responsabilita' dell'imputato in ordine al reato
ascritto gli non solo e' consentita, ma e' anzi doverosa, poiche' non
si puo' irrogare una pena senza il giudizio sulla sussistenza di una
responsabilita' personale, sebbene sia sufficiente che tale giudizio
risulti nella «sostanza dell'«accertamento» contenuto nella
motivazione della sentenza, non essendo necessario che assuma, in
dispositivo, la «forma della pronuncia» di condanna (sentenza n. 49
del 2015; Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza e altri
contro Italia). Il dettato dell'art. 578-bis codice di procedura
penale risponde a tale esigenza, imponendo al giudice del gravame
penale, chiamato a decidere sulla confisca dopo aver rilevato la
causa estintiva del reato, il «previo accertamento della
responsabilita' dell'imputato».
Circa la natura di «pena» ai sensi dell'art. 7 Convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali della confisca urbanistica di cui all'art. 44, comma 2,
decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 si richiama Corte
europea dei diritti dell'uomo, grande camera, 28 giugno 2018, e altri
comma Italia (§ 233).
2.2. La rilevanza della questione di legittimita' costituzione.
Secondo il «diritto vivente», rappresentato dalla giurisprudenza
di legittimita' nella sua piu' alta espressione (le Sezioni Unite),
ma anche secondo la sentenza interpretativa di rigetto della Corte
costituzionale n. 182/2021, affinche' il giudice di appello confermi
la confisca urbanistica ai sensi dell'art. 44, comma 2, decreto del
Presidente della Repubblica n. 380/2001, disposta in primo grado, pur
constatando l'intervenuta estinzione del reato di lottizzazione
abusiva per prescrizione, e' necessario che confermi (o affermi) la
(sostanziale) responsabilita' penale dell'imputato in ordine al reato
di lottizzazione abusiva, che deve essere accertato in tutti i suoi
elementi costitutivi (oggettivi e soggettivi).
Non e' possibile limitarsi ad una mera constatazione
dell'insussistenza dei presupposti per pronunciare sentenza di
assoluzione ai sensi dell'art. 129, comma 2, c.p.p., ma occorre
necessariamente approfondire tutti gli aspetti della vicenda,
oggettivi e soggettivi, con pieno apprezzamento nel merito della
vicenda (vedi sempre Cassazione pen. sez. un. , 30 gennaio 2020, n.
13539, imp. Perroni, nonche' Cassazione pen. sez. III, 16 settembre
2020, n. 31182 e Cassazione pen. sez. III, 19 gennaio 2024, n. 9456).
A fronte di tale dato normativa, come interpretato dal «diritto
vivente», assume rilevanza la questione della conformita' dell'art.
578-bis codice di procedura penale relativamente al diritto
fondamentale al rispetto della presunzione di innocenza di cui
all'art. 6 comma 2 CEDU, cosi' come declinato dalla giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell'uomo, da intendersi come
parametro interposto dell'art. 117, comma 1, Cost. nonche', rispetto
al diritto dell'Unione europea, e, in specie, in relazione agli
articoli 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e art. 48 CDFUE, anche in
questo caso letti come parametri interposti degli articoli 11 e 117
Cost. 3. In punto di non manifesta infondatezza della questione.
3.1. Rispetto all'art. 6. comma 2, Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
quale parametro interposto dell'art. 117, comma 1, Cost.
La questione appare rilevante alla luce delle affermazioni della
Corte europea dei diritti dell'uomo in una recente sentenza che ha
riguardato un caso italiano, di applicazione dei principi espressi
dalla Cassazione penale nella nota sentenza (Cass. pen. sez. un. , n.
31617/2015), principi poi sostanzialmente trasfusi nella norma di cui
all'art. 578-bis c.p.p., in questa sede censurata, non a caso presa
in esame dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella descrizione
del quadro giuridico e delle prassi pertinenti nel diritto interno.
Si allude alla sentenza Corte europea dei diritti dell'uomo, I
sez., 19 dicembre 2024, i comma Italia, che puo' ritenersi definitiva
atteso che in data 28 aprile 2025 e' stata rigettata la richiesta di
rinvio alla grande camera avanzata dal Governo italiano.
Nel caso di specie, la Corte alsaziana ha ritenuto violato l'art.
6, comma 2, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali in un caso in cui era stata
confermata dalla Corte di Appello la confisca diretta, disposta in
primo grado con sentenza di condanna, benche' il reato fosse stato
dichiarato estinto per prescrizione, e cio' sulla base della
constatazione che, per confermare la confisca, i giudici di appello
avessero ribadito la penale responsabilita' dell'imputato.
E' bene riportare per esteso la parte della motivazione della
sentenza, come tradotta dal Ministero della giustizia, nella quale
sono riportati i principi generali in tema di presunzione di
innocenza.
«121. L'art. 6 § 2 tutela il diritto di essere «presunto
innocente fino a quando la colpevolezza non sia stata legalmente
accertata». Considerata una garanzia procedurale nel contesto del
processo penale, la presunzione di innocenza impone requisiti
relativi, inter alia, all'onere della prova, alle presunzioni di
fatto e di diritto, al diritto di non autoincriminarsi, alla
pubblicita' preprocessuale e alle espressioni premature, da parte del
tribunale di primo grado o di altri pubblici ufficiali, della
colpevolezza di un imputato (si veda Allen comma Regno
Unito [GC], n. 25424/09, § 93, CEDU 2013). Nello svolgimento
delle loro funzioni, i membri di un tribunale non dovrebbero partire
dall'idea preconcetta che l'imputato abbia commesso il reato di cui
e' accusato, e qualsiasi dubbio dovrebbe favorire l'imputato (si veda
Barbera', Messegue' e Jabardo comma Spagna, 6 dicembre 1988, § 77,
Serie A n. 146).
122. Tuttavia, in conformita' alla necessita' di assicurare che
il diritto garantito dall'art. 6 § 2 sia pratico ed effettivo, la
presunzione di innocenza presenta anche un altro aspetto. Il suo fine
generale, in tale secondo aspetto, e' quello di proteggere le persone
che sono state assolte da un'accusa penale, o nei cui confronti e'
stato disposto il non luogo a procedere, dall'essere trattate dai
pubblici ufficiali e dalle autorita' come se fossero effettivamente
colpevoli del reato di cui sono state accusate. In tali casi, la
presunzione di innocenza ha gia' operato, mediante l'applicazione
durante il processo dei vari requisiti inerenti alla garanzia
procedurale che esso offre, di impedire che sia inflitta un'iniqua
condanna penale. Senza una protezione che assicuri il rispetto
dell'assoluzione o della decisione di non luogo a procedere in
qualsiasi altro procedimento, le garanzie di un equo processo
previste dall'art. 6 § 2 potrebbero rischiare di diventare teoriche e
illusorie (si veda Allen, sopra citata, § 94). Benche' tali principi
siano stati enunciati in relazione a dichiarazioni effettuate nel
contesto di successivi procedimenti, essi sono stati applicati anche
alle dichiarazioni contenute nella stessa decisione che pronuncia
l'assoluzione o dispone il non luogo a procedere (si vedano Pasquini
comma San Marino (n. 2), n. 23349117, §§ 48-49 e 55, 20 ottobre 2020;
e altri, sopra citata, §§ 314 e 317; e Cleve c. Germania,
n. 48144/09, §§53 e 56, 15 gennaio 2015).
123. Nella recente causa Nealon e Hallam c. Regno Unito ([GC],
nn. 32483/19 e 35049/19, §§ 168-169, 11 giugno 2024), la Corte ha
chiarito che - a prescindere dal fatto che il procedimento penale in
questione si sia concluso con un'assoluzione o con un non luogo a
procedere - le decisioni (e la loro motivazione) pronunciate dai
tribunali interni o da altre autorita' nei successivi procedimenti
(considerate nell'insieme e adottate nel contesto dell'esercizio che
essi sono tenuti a svolgere in base al diritto interno) violerebbero
il secondo aspetto dell'art. 6 § 2 della Convenzione se equivalessero
all'attribuzione della responsabilita' penale al ricorrente. Inoltre,
la Corte ha chiarito che la protezione offerta dal secondo aspetto
dell'art. 6 § 2 non dovrebbe essere interpretata in modo da
precludere ai tribunali nazionali nei successivi procedimenti - nei
quali essi eserciterebbero una funzione differente da quella del
giudice penale, in conformita' alle pertinenti disposizioni del
diritto interno - di occuparsi dei medesimi fatti decisi nei
precedenti procedimenti penali, purche' nel farlo essi non
attribuiscano all'interessato la responsabilita' penale.
124. La Corte ribadisce che una decisione giudiziaria puo'
rispecchiare l'opinione che il ricorrente sia colpevole anche in
assenza di una formale constatazione della colpevolezza; e'
sufficiente che vi sia qualche ragionamento che indichi che il
tribunale considera l'imputato colpevole (si vedano Böhmer c.
Germania, n. 37568197, §54, 3 ottobre 2002; Baars c. Paesi Bassi, n.
44320/98, § 26, 28 ottobre 2003; e Cleve, sopra citata, §53).
125. La Corte ribadisce inoltre che nei casi concernenti il
rispetto della presunzione di innocenza, il linguaggio utilizzato
dalla persona responsabile della decisione sara' di importanza
cruciale nel valutare la compatibilita' della decisione e della sua
motivazione con l 'art. 6 § 2 (si raffronti Allen, sopra citata, §
126 con ulteriori rinvii). Si deve tenere conto, a tale riguardo,
della natura e del contesto del particolare procedimento in cui sono
state effettuate le dichiarazioni contestate. La Corte deve
determinare il vero senso delle dichiarazioni contestate, tenendo
conto delle particolari circostanze in cui sono state effettuate (si
raffronti Petyo Petkov c. Bulgaria, n. 32130/03, § 90, 7 gennaio
2010). A seconda delle circostanze, anche l 'uso di un linguaggio
infelice puo' quindi non essere ritenuto in violazione dell'art. 6 §
2 (si raffrontino Englert c. Germania, 25 agosto 1987, §§ 39 e 41,
Serie A n. 123; Allen, sopra citata§ 126; e Cleve, sopra citata §§
54-55).
126. Si puo' evincere dall'esame di cui sopra della
giurisprudenza della Corte che, nell'esaminare la conformita' di una
dichiarazione o di una decisione all'art. 6 § 2, e' decisivo tenere
conto della natura e del contesto del procedimento nel quale e' stata
effettuata la dichiarazione o e' stata adottata la decisione (si veda
Bikas c. Germania, n. 76607/13, § 47, 25 gennaio 2018).»
Applicati questi principi, che, e' bene dire fin da subito,
costituiscono diritto consolidato europeo, al caso sottoposto al suo
esame, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha cosi' motivato:
«127. La Corte osserva che, nel caso di specie, il primo
ricorrente non ha lamentato alcuno specifico linguaggio utilizzato
nelle sentenze dei tribunali interni. Ha sostenuto che il
provvedimento di confisca, che era stato basato sul sostanziale
accertamento della responsabilita' penale, comportava necessariamente
la constatazione della colpevolezza del primo ricorrente - nonostante
fosse stato disposto il non luogo a procedere.
128. Nel caso di specie, i tribunali interni hanno disposto la
confisca dei beni del ricorrente nonostante fosse stato disposto il
non luogo a procedere e, pertanto, in assenza di una formale
condanna.
129. A tale riguardo, la Corte e' consapevole del crescente
ricorso - sia ai sensi dell'ordinamento giuridico interno che a
livello internazionale - a forme di confisca non basate su una
condanna (si vedano i paragrafi 41-43 e 47-48 supra), in base alle
quali i giudici possono essere chiamati a disporre la confisca di
beni di origine illecita anche in assenza di una condanna. A tale
riguardo, la Corte ritiene che la protezione offerta dal secondo
aspetto dell'art. 6 § 2 non dovrebbe essere interpretata in modo da
precludere ai tribunali nazionali di occuparsi degli stessi fatti
decisi nei procedimenti penali al fine di disporre una forma di
confisca non basata su una condanna, purche' nel farlo essi non
attribuiscano all'interessato la responsabilita' penale (si veda,
mutatis mutandis, Nealon e Hallam, sopra citata, § 169).
130. La Corte esaminera' pertanto se, nel caso di specie, le
sentenze dei tribunali interni abbiano comportato un'attribuzione
della responsabilita' penale al ricorrente. A tale riguardo, essa
terra' conto sia del linguaggio che della motivazione delle decisioni
interne, nonche' del contesto circostante.
131. La Corte osserva che e' un requisito formale che per una
confisca ai sensi dell'art. 322-ter del CP debba esservi una
«condanna» (si veda il paragrafo 21 supra). Secondo l'interpretazione
seguita dai tribunali interni nella causa in esame, tale requisito
sara' soddisfatto anche in caso di estinzione del reato in questione,
purche' il ricorrente sia stato considerato responsabile in primo
grado e tale sentenza sia rimasta successivamente inalterata nel
merito (si vedano i paragrafi 34-35 supra).
132. Conseguentemente, in relazione al caso di specie la Corte di
appello di Salerno ha osservato che il ricorrente era stato
condannato in primo grado e che, in appello, tale considerata
compatibile con i requisiti dell'art. 7 della Convenzione (ibid., §§
258-62), cio' non ha pregiudicato la successiva valutazione
dell'eventuale violazione dell'art. 6 § 2 della Convenzione (ibid. §§
317-18).
140. Alla luce delle summenzionate considerazioni, la Corte
ritiene che l'attribuzione della responsabilita' penale al primo
ricorrente nonostante fosse stato disposto il non luogo a procedere
abbia violato il suo diritto di essere presunto innocente.»
Dunque, facendo applicazione di principi consolidati nella
giurisprudenza europea (a tale punto consolidati che, nonostante
opinioni dissenzienti espresse da alcuni giudici, fra i quali il
giudice di nazionalita' italiana, la richiesta del Governo italiano
di rimettere la questione alla grande camera e' stata rigettata) la
Corte dei diritti umani ha ribadito un concetto chiaro, e cioe' che,
quando un procedimento penale si chiude con sentenza di assoluzione o
di estinzione del reato per prescrizione, affinche' il diritto
fondamentale ad essere presunto innocente non venga violato e'
necessario che le persone che sono state assolte da un'accusa penale,
o nei confronti delle quali e' stato interrotto un procedimento
penale, non siano trattate dai pubblici ufficiali e dalle autorita'
come se fossero di fatto colpevoli del reato contestato.
Sicche', quando un procedimento penale, da un lato, si conclude
in appello con sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per
prescrizione, ma dall'altra attribuisce allo stesso giudice
dell'appello penale, che si e' pronunciato sull'imputazione penale,
anche di decidere su, ad esempio, il risarcimento del danno dovuto
alla vittima (vedi Corte europea dei diritti dell'uomo, 20 ottobre
2020, Pasquini c. San Marino), ovvero, sulla confisca diretta (vedi
Corte europea dei diritti dell'uomo, sez. l, 19 dicembre 2024, c.
Italia), ovvero ancora sulla stessa confisca urbanistica (vedi Corte
EDU, grande camera, 28 giugno 2018, e altri), cio' facendo sulla
base dello stesso fascicolo processuale, esistendo un nesso tra le
due determinazioni, risulta pienamente operativa la garanzia del
processo equo di cui all'art. 6, comma 2, CEDU.
Cio' che e' in gioco, una volta terminato il procedimento penale,
e' anche la reputazione della persona e il modo in cui essa viene
percepita dal pubblico. In una certa misura, la protezione offerta
dall'art. 6, comma 2, CEDU a questo riguardo puo' sovrapporsi alla
protezione offerta dall'art. 8 CEDU (vedi ancora Corte europea dei
diritti dell'uomo, grande camera, 28 giugno 2018, e altri c. Italia,
§ 314).
Con riguardo a dichiarazioni successive alla cessazione del
procedimento penale non con sentenza di assoluzione, ma comunque
senza che l'imputato sia stato precedentemente dimostrato colpevole
secondo la legge, risulta violata la presunzione di innocenza se una
decisione giudiziaria che lo riguarda riflette un'opinione di
colpevolezza (nel senso che «imputare la responsabilita' penale a una
persona equivale a esprimere un'opinione secondo cui la stessa e'
colpevole secondo lo standard penale della commissione di un reato,
suggerendo cosi' che il procedimento penale avrebbe dovuto essere
definito diversamente»: Corte EDU, grande camera, 11 giugno 2024,
Nealon e Hallam c. Regno Unito, § 168). Peraltro, aggiunge sempre la
Corte, la sua giurisprudenza non distingue tra i casi in cui le
accuse vengono sospese perche' cadute in prescrizione prima di
qualsiasi accertamento penale e quelli in cui vengono sospese per lo
stesso motivo dopo una prima constatazione di colpevolezza.
Pertanto, afferma la Corte, le constatazioni di prima istanza,
che non sono definitive, non possono condizionare le determinazioni
successive (Corte EDU, la gia' citata Pasquini c. San Marino, § 63).
In buona sostanza, la Corte europea dei diritti dell'uomo non
esclude affatto che, dopo la conclusione di un processo penale con
sentenza di assoluzione o di estinzione del reato per prescrizione,
possa essere accertato il diritto della vittima o del danneggiato dal
reato al risarcimento del danno, ovvero possa essere disposta una
confisca, nello stesso procedimento e ad opera dello stesso giudice
che si e' pronunciato sull'imputazione penale (assolvendo l'imputato
o dichiarando estinto per prescrizione il reato), ovvero in altro
distinto procedimento riguardante, pero', gli stessi fatti. Cio' che
conta, al fine di tutelare la presunzione di innocenza del (gia')
imputato, e' che il giudice che si pronuncera' sul risarcimento del
danno o sulla confisca, sia che si tratti dello stesso giudice che si
e' pronunciato sull'imputazione penale nell'ambito del medesimo
procedimento, ovvero altro giudice (o altra pubblica autorita') in
diverso procedimento, non affermino in alcun modo che il risarcimento
del danno o la confisca siano conseguenza della ritenuta penale
responsabilita' dell'imputato (questo approccio riflette il fatto che
a livello nazionale i giudici possono essere tenuti, al di fuori del
contesto di un'accusa penale, a giudicare in casi derivanti dagli
stessi fatti di una precedente accusa penale che non ha portato a una
condanna. La tutela offerta dall'art. 6 § 2 nel suo secondo aspetto
non dovrebbe essere interpretata in modo da impedire ai tribunali
nazionali, in procedimenti successivi - in cui esercitano una
funzione diversa da quella del giudice penale, in conformita' alle
pertinenti disposizioni del diritto interno - di occuparsi degli
stessi fatti decisi nel precedente procedimento penale, a condizione
che cosi' facendo non imputino responsabilita' penale alla persona
interessata. Una persona che e' stata assolta o nei cui confronti e'
stato interrotto un procedimento penale rimarra' soggetta alla
normale applicazione delle norme nazionali in materia di prova e di
standard probatorio al di fuori dei processi penali»: Corte europea
dei diritti dell'uomo, grande camera, 11 giugno 2024, Nealon e Hallam
c. Regno Unito, § 169).
Come emerge dalla sentenza della grande camera nel caso,
l'attribuzione della natura di «pena» ai sensi dell'art. 7 della CEDU
alla confisca urbanistica comporta l'applicabilita' di questa
disposizione anche in assenza di un procedimento penale ai sensi
dell'art. 6 CEDU. Tuttavia, sostiene la Corte europea, come
sottolineato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 49/2015
(vedi punto 6.1. del Considerato in diritto), cio' non esclude la
possibilita' per le autorita' nazionali di imporre «pene» mediante
procedure diverse dai procedimenti penali nel senso del diritto
nazionale (vedi § 233). L'art. 7 CEDU esige che la confisca fosse
prevedibile per l'imputato e che non fosse imposta in mancanza di un
nesso intellettuale che denotasse un elemento di responsabilita'
nella sua condotta (§ 245). In cio' e' l'essenza della
responsabilita' «penale» richiesta dalla CEDU per applica, e una
«pena» ai sensi dell'art. 7 CEDU. Tuttavia, osserva sempre la Corte
dei diritti umani, se da un lato e' chiaro che la dichiarazione di
responsabilita' penale richiesta e' spesso contenuta in una sentenza
penale che condanna formalmente l'imputato, in ogni caso cio' non
costituisce una norma imperativa, purche' ci si assicuri che la
dichiarazione di responsabilita' penale rispetti le tutele di cui
all'art. 7 CEDU e derivi da un procedimento che soddisfi le esigenze
dell'art. 6 CEDU (§251). Ne consegue, altresi', che, riguardo al
carattere autonomo dell' interpretazione dell'art. 7 CEDU fornita
dalla Corte, la conformita' a detta norma non comporta che qualsiasi
controversia importante debba essere necessariamente trattata
nell'ambito del procedimento penale in senso stretto. In questo
senso, l'applicabilita' di questa norma non ha l'effetto di imporre
la «criminalizzazione», da parte degli Stati, di procedure che questi
ultimi, nell'esercizio del loro potere discrezionale, non fanno
rientrare nel diritto penale in senso stretto. In proposito, la Corte
rammenta che ha piu' volte considerato che il rispetto dell'art. 6
CEDU non esclude che, in un procedimento di natura amministrativa,
una «pena» sia imposta in primo luogo da un'autorita' amministrativa
(§§ 252 e 253). Avendo, pertanto, escluso la necessita' di un
procedimento penale (§ 254), la Corte conseguenzialmente esclude che
sia necessario, per disporre la confisca urbanistica, una formale
sentenza di condanna, a condizione che i Tribunali agiscano nel pieno
rispetto dei diritti della difesa sanciti dall'art. 6 CEDU. Per
questo motivo la Corte ritiene che, qualora i Tribunali investiti
constatino che sussistono tutti gli elementi del reato di
lottizzazione abusiva, pur pervenendo a un non luogo a procedere,
soltanto a causa della prescrizione, tali constatazioni, in sostanza,
costituiscono una condanna nel senso dell'art. 7 CEDU, che, pertanto,
non viene violato (§ 260). Tuttavia, se non viene violato l'art. 7
CEDU, si ha violazione dell'art. 6, comma 2, CEDU, come la Corte
constatava con riguardo al ricorrente G , che era stato assolto in
appello dal reato di lottizzazione abusiva, ma poi la sentenza era
stata annullata senza rinvio dalla Cassazione, che aveva dichiarato
l'estinzione del reato per prescrizione, dopo avere ritenuto provata
la penale responsabilita' dell' imputato, con conseguente
applicazione della confisca ( § § da 311 a 317). Nella sentenza c.
Italia, il Governo aveva fatto notare alla Corte questo aspetto, ma
la Corte ha escluso che vi fosse contraddizione tra la constatazione
della violazione dell'art. 6, comma 2, CEDU nel caso al suo esame e
la sentenza pronunciata nella causa e altri e cio' poiche' in tale
causa, mentre una confisca basata sulla sostanziale constatazione
della responsabilita' e' stata considerata compatibile con i
requisiti dell'art. 7 della Convenzione, cio' non aveva pregiudicato
la successiva valutazione dell'eventuale violazione dell'art. 6,
comma 2, della Convenzione (vedi § 139).
Nell'opinione dissenziente del giudice Pinto de Albuquerque,
allegata alla sentenza Corte EDU, grande camera, 28 giugno 2018, e
altri c. Italia, il giudice dissenziente aveva fatto notare
l'apparente contraddizione in cui sembrava essere incorsa la Corte
europea, che, da un lato, con riferimento al ricorrente G , aveva
negato la violazione dell'art. 7 CEDU, ma, dall'altra, aveva
riconosciuto la violazione dell'art. 6, comma 2, CEDU. Aveva concluso
testualmente il giudice: «in ogni caso, in fin dei conti, la confisca
urbanistica senza condanna non e' salva in quanto contravviene sempre
la presunzione di innocenza, come riconosce la Grande Camera in
maniera quasi unanime» (§ 63: vedi traduzione del Ministero della
Giustizia).
La successiva giurisprudenza della Corte di Strasburgo, nella
sostanza da' ragione alla previsione del giudice Pinto de
Albuquerque.
In definitiva, la confisca urbanistica, in quanto «pena» ai sensi
della CEDU, puo' essere anche disposta all'esito di un procedimento
che non ha la natura di «procedimento penale» ai sensi dell'art. 6
CED e del diritto interno. Purche' siano rispettati i diritti
previsti dall'art. 6 CEDU, in primis, il diritto al contraddittorio,
e purche' vengano accertati tutti gli elementi che necessariamente
devono comporre la fattispecie di lottizzazione abusiva (quindi, la
prevedibilita' e la riferibilita' oggettiva e soggettiva della
fattispecie al soggetto che patisce la «pena»), la confisca
urbanistica puo' essere disposta anche sulla base di un provvedimento
che non ha la natura «formale» di sentenza di condanna, e cio' e'
pienamente conforme all'art. 7 CEDU. Tuttavia, se la confisca in
questione viene disposta nell'ambito di un procedimento penale che si
chiude con sentenza di assoluzione o di estinzione del reato di
lottizzazione abusiva per prescrizione, sul presupposto (necessario,
per quanto su esposto, per potere disporre la confisca in esame,
considerata «pena» ai sensi della CEDU) della ritenuta
responsabilita' penale dell'imputato, cio' viola l'art. 6, comma 2,
CEDU.
Nel nostro ordinamento, sulla base dell'art. 578-bis c.p.p., come
interpretato dal «diritto vivente» su esposto, per potere confermare
la statuizione di confisca in appello malgrado la declaratoria di
estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, e'
necessario affermare o confermare la penale responsabilita'
dell'imputato, ma cio' si scontra inevitabilmente con l'art. 6, comma
2, CEDU. Non e' possibile promuovere interpretazioni
costituzionalmente e convenzionalmente conformi della norma
censurata, cosi' come prospettato dalla Corte costituzionale
nell'analoga questione sollevata con riguardo all'art. 578 codice di
procedura penale (vedi Corte costituzionale n. 182/2021). Invero e'
la stessa Corte delle leggi che, distinguendo nettamente il
presupposto alla base della pronuncia ex art. 578 codice di procedura
penale da quello alla base della pronuncia ai sensi dell'art. 578-bis
c.p.p., ha chiarito che l'art. 518-bis c.p.p. richiede il previo
accertamento della responsabilita' dell'imputato che, dovendosi
confermare il provvedimento di confisca, che, come nel caso di
specie, ha natura di «pena» ai sensi dell'art. 7 CEDU, non puo' che
essere la responsabilita' penale, cioe' una responsabilita'
accertata, in tutte le sue componenti, oggettive e soggettive, al di
la' di ogni ragionevole dubbio.
D'altra parte, come chiarito dalla Cassazione nella gia' citata
sentenza a Sezioni Unite 13539/2020, imp. (vedi § 7.5. del
Considerato in diritto), a proposito dell'impossibilita' di disporre
confisca in presenza di una maturata estinzione del reato per
prescrizione senza che sia stato accertato, in tutti i suoi elementi,
oggettivi e soggettivi, il reato di lottizzazione abusiva, «alla
conclusione nel senso qui adottato deve condurre infine anche la
natura della confisca/ottizzatoria, ostantemente qualificata da
questa Corte come sanzione amministrativo, sia pure irrogata dal
giudice penale, alla stessa stregua dell'ordine di demolizione di cui
all'art. 31, comma 9, decreto del Presidente della Repubblica n. 380
del 2001. E' proprio tale natura, infatti, a far escludere che
l'impossibilita' di operare in sede penale la confisca, perche' non
sia stato possibile accertare il fatto, impedisca all'amministrazione
di adottare i provvedimenti sanziona/ori previsti dall'art. 30
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, come infatti
gia' affermato da questa Corte (Sez. 3, n. 5857 del 6 ottobre 2010,
dep. 2011, , Rv. 249517). Ne' puo' trascurarsi la circostanza che,
all'interno del sistema delle sanzioni amministrative previsto, per
la lottizzazione, dall'art. 30, commi 7 e 8, l'intervento
sanzionatorio del giudice penale attuato tramite la confisca e' di
ordine meramente residua/e (Sez. 3, n. 47280 del 12 settembre 2019,
; Sez. 3, n. 47094 del 12 settembre 2019, ; Sez. 3, n. 31282, del 27
marzo 2019, ; Sez. 3 n. 8350 del 23 gennaio 2019, , Rv. 275756) e
non interferisce, quindi, ne' si sovrappone all'autonomo potere
principalmente attribuito all'autorita' amministrativa dall'art. 30
decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Sez. 3 n.
8350 del 23 gennaio 2019, .), Deve, del resto, escludersi che, in
tema di provvedimenti sanzionatori che conseguono all'accertamento di
una lottizzazione abusiva, possa desumersi dalla disciplina in
materia l'esistenza di una sorta di pregiudizio/e penale, ovvero di
previa verifica della sussistenza della responsabilita' penale di cui
all'art. 44, comma 1 , lettera c), decreto del Presidente della
Repubblica n. 380 del 2001 come del resto piu' volte affermato dalla
giurisprudenza amministrativa (cosi, Cons. Stato, Sez. 6, n. 2082 del
3 aprile 2018; negli stessi termini, Cons. Stato, Sez. 6, n. 1888 del
26 marzo 2018; Cons. Stato, Sez. 6, n. 1878 del 23 marzo 2018; cfr.
Tribunale amministrativo regionale Toscana, Sez. 3, n. 1643 del 19
dicembre 2018; Tribunale amministrativo regionale Toscana, n. 509 del
30 marzo 2015; Tribunale amministrativo regionale Toscana, Sez. 3,
Sent. n. 893 del 29 maggio 2014). Sicche', ai fini del provvedimento
di acquisizione in via amministrativa del terreno al patrimonio
disponibile del Comune e' irrilevante che possa venire a mancare una
pronuncia di confisca in sede penale. Resta, dunque, in definitiva,
confermato che neppure le ragioni di effettiva tutela dell'interesse
collettivo alla «corretta pianificazione territoriale» potrebbero
rappresentare motivo di deroga all'applicabilita', nella specie, del
principio dell'art. 129, comma 1, codice di procedura penale, non
potendo oltretutto situazioni patologiche come l'inerzia della
pubblica amministrazione fungere da criterio interpretativo delle
norme penali (cosi' Sez. 3, n. 6396 del 7 novembre 2006, , dep. 2007,
Rv. 236076). »
Anche la Corte costituzionale ha riconosciuto al giudice penale
un ruolo tendenzialmente suppletivo rispetto al ruolo principale che
la legge attribuisce ai Comuni ai sensi dell'art. 30, commi 7 e 8,
decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (Vedi Corte
costituzionale n. 146/2021 punti 3.4.2. e 5.2. del Considerato in
diritto).
In definitiva, a fronte della tutela del diritto alla presunzione
di innocenza, l'eventuale declaratoria di illegittimita'
costituzionale dell'art. 518-bis codice di procedura penale non puo'
essere «superata» o «accantonata» sulla base di ragioni di effettiva
tutela dell'interesse collettivo alla «corretta pianificazione
territoriale», in quanto si tratta di ragioni che potrebbero trovare
piena tutela in sede amministrativa, sempre che si prescinda dai
riferimenti, anche «nominalistici», alla penale responsabilita' del
gia' imputato, cioe' di quel soggetto che ha beneficiato nel processo
penale per il reato di lottizzazione abusiva di un'assoluzione o di
una declaratoria di non doversi procedere per estinzione del reato
per prescrizione.
3.2. Rispetto al diritto dell'Unione europea e segnatamente agli
artt. 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e all'art. 48 della Carta dei
diritti fondamentali dell'U.E. quali parametri interposti degli
articoli 11 e 117, comma 1, Cost.
E' necessario esaminare la questione anche sul piano del diritto
dell'Unione europea, perche', come a breve si vedra', in questo
ambito e' stata recentemente emanata la direttiva 2024/UE/1260
riguardante il recupero e la confisca dei beni, che contiene la
previsione, in parte innovativa, di fattispecie di confisca senza
condanna, e cio' potrebbe indurre a ritenere che il diritto
eurounitario, che pure dispone di uno strumento giuridico ad hoc di
tutela della presunzione di innocenza, potrebbe prevedere principi
diversi da quelli affermati in ambito convenzionale nella materia
delle confische.
In particolare, deve osservarsi che l'Unione europea ha emanato
da tempo, ai sensi dell'art. 82 § 2 lettera b) TFUE, una specifica
direttiva sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di
innocenza (la direttiva del Parlamento e del Consiglio 2016/UE/343
del 9 marzo 2016, entrata in vigore il 1° aprile 2016, con obbligo di
recepimento fino al 1° aprile 2018; la direttiva e' stata recepita
nel nostro ordinamento con decreto legislativo n. 188/2021).
Nel dettaglio, l'art. 3, rubricato «Presunzione di innocenza»,
stabilisce che gli Stati Membri assicurano che agli indagati e
imputati sia riconosciuta la presunzione di innocenza fino a quando
non ne sia stata legalmente provata la colpevolezza. All'art. 4,
rubricato «Riferimenti in pubblico alla colpevolezza», si afferma che
gli Stati Membri adottano le misure necessarie per garantite che,
fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata
legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da
autorita' pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle
sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole. Cio'
lascia impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a
dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato e le decisioni
preliminari di natura procedurale adottate da autorita' giudiziarie o
da altre autorita' competenti e fondate sul sospetto o su indizi di
reita'.
Il Considerando 11 chiarisce che la direttiva si applica ai
procedimenti penali nell'accezione data dall'interpretazione della
Corte di Giustizia UE, fatta salva la giurisprudenza della Corte EDU.
Il Considerando 16 della direttiva chiarisce che la presunzione di
innocenza sarebbe violata se dichiarazioni pubbliche rilasciate da
autorita' pubbliche o decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla
colpevolezza presentassero l'indagato o imputato come colpevole fino
a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Tali
dichiarazioni o decisioni giudiziarie non dovrebbero rispecchiare
l'idea che una persona sia colpevole. Cio' dovrebbe lasciare
impregiudicati gli atti della pubblica accusa che mirano a dimostrare
la colpevolezza dell'indagato o imputato, come l'imputazione, nonche'
le decisioni giudiziarie in conseguenza delle quali decorrono effetti
di una pena sospesa, purche' siano rispettati i diritti della difesa.
Dovrebbero, altresi', restare impregiudicate le decisioni
preliminari di natura procedurale, adottate da autorita' giudiziarie
o da altre autorita' competenti e fondate sul sospetto o su indizi di
reita', quali le decisioni riguardanti la custodia cautelare, purche'
non presentino l'indagato o imputato come colpevole. Prima di
prendere una decisione preliminare di natura procedurale, l'autorita'
competente potrebbe prima dover verificare che vi siano sufficienti
prove a carico dell'indagato o imputato tali da giustificare la
decisione e la decisione potrebbe contenere un riferimento a tali
elementi. Il Considerando 17 della direttiva precisa che per
«dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorita' pubbliche» dovrebbe
intendersi qualsiasi dichiarazione riconducibile a un reato
proveniente da un'autorita' coinvolta nel procedimento penale che ha
ad oggetto tale reato, quali le autorita' giudiziarie, di polizia e
altre autorita' preposte all'applicazione della legge, o da un'altra
autorita' pubblica, quali ministri e altri funzionari pubblici, fermo
restando che cio' lascia impregiudicato il diritto nazionale in
materia di immunita'. Ai sensi dell'art. 13 della direttiva nessuna
disposizione della stessa puo' essere interpretata in modo da
limitare o derogare ai diritti e alle garanzie procedurali garantiti
dalla carta dei diritti fondamentali UE, dalla CEDU, da altre
pertinenti disposizioni di diritto internazionale o dal diritto di
qualsiasi Stato membro che assicurino un livello di protezione piu'
elevato.
Come ha definitivamente chiarito la Corte di Giustizia UE (vedi
Corte di Giustizia UE, I Sez., 13 giugno 2019, causa C-646/17, ,
punti da 29 a 37), le direttive emanate ai sensi dell'art. 82, § 2,
comma l, TFUE, si applicano a qualunque procedimento penale,
indipendentemente dal fatto che abbia o meno una dimensione
transnazionale, nel senso di avere ad oggetto materie penali aventi
dimensione transnazionale. Di conseguenza, devono essere tenute
presenti in qualsiasi procedimento penale. Cio' comporta, come logico
corollario, l'applicazione della Carta dei diritti fondamentali UE,
ai sensi dell'art. 51, § l, della medesima, che stabilisce che le
disposizioni della Carta si applicano agli Stati Membri
esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione europea (Corte
di Giustizia UE, 26 febbraio 2013, causa C-617/10, Akerberg Fransson,
punto 17). Pertanto, nell'attuazione del diritto dell'Unione europea
non si puo' prescindere dall'art. 48 della CDFUE, e, siccome la Carta
e' equiparata ai Trattati (art. 6, § l, TUE) e ne ha lo stesso valore
giuridico, ne consegue che trattasi di diritto primario dell'Unione
europea.
Dunque, tutti i principi espressi dalla Corte europea dei diritti
dell'uomo con riguardo alla presunzione di innocenza sancita
dall'art. 6, comma 2, CEDU, possono ritenersi pienamente viventi ed
operanti anche in ambito UE attraverso la citata direttiva e l'art.
48 della CDFUE (tenuto conto che il diritto alla presunzione di
innocenza in esso sancito, conformemente all'art. 52, paragrafo 3,
della CDFUE, ha significato e portata identici allo stesso diritto
garantito dalla CEDU), con la conseguente possibilita' di
disapplicare le norme interne che dovessero porsi in contrasto con le
norme dell'Unione europea aventi efficacia diretta.
Peraltro, trattandosi di questione che coinvolge diritti
fondamentali che godono tutela sia in ambito UE che interno (vedi
art. 27 Cost.), la relativa questione puo' essere sottoposta
all'attenzione anche della Corte costituzionale, ai sensi degli
articoli Il e 117, comma l, Cost., come chiarito da Corte
costituzionale sentenze nn. 269/2017, 20/2019, 63/2019 e, da ultimo,
n. 181/2024 e n. 7/2025.
Secondo la Corte di Giustizia UE (vedi Corte di Giustizia UE, II
Sez., 5 settembre 2019, causa C-377118, Ah e altri), ai sensi
dell'art. 4, § l, prima frase, della direttiva 2016/UE/343, gli Stati
membri sono tenuti ad adottare le misure necessarie per garantire
che, segnatamente, le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla
colpevolezza non presentino un indagato o un imputato come colpevole
fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata.
Secondo il Considerando 16 tali dichiarazioni o decisioni
giudiziarie non dovrebbero rispecchiare l'idea che una persona sia
colpevole. Nonostante l'art. 4, § l, della citata direttiva lasci
agli Stati membri un margine di discrezionalita' per l'adozione delle
misure necessarie ai sensi di detta disposizione, resta il fatto che,
come si evince dal Considerando 48 di tale direttiva, il livello di
tutela previsto dagli Stati membri non dovrebbe mai essere inferiore
alle norme della Carta o della CEDU, segnatamente quelle sulla
presunzione di innocenza. A tale riguardo, sottolinea la Corte del
Lussemburgo (vedi punto 41), occorre rilevare che la presunzione di
innocenza e' sancita dall'art. 48 della CDFUE, il quale, come risulta
dalle spiegazioni relative a quest'ultima, corrisponde all'art. 6,
commi 2 e 3, CEDU. Ne consegue che, conformemente all'art. 52, § 3,
della Carta, ai fini dell'interpretazione dell'art. 48 di
quest'ultima occorre prendere in considerazione l'art. 6, commi 2 e
3, CEDU, quale soglia di protezione minima. Sicche', in assenza di
indicazioni precise nella direttiva 2016/UE/343 e nella
giurisprudenza relativa all'art. 48 della CDFUE su come debba
stabilirsi se una persona sia presentata o meno come colpevole in una
decisione giudiziaria, ai fini dell'interpretazione dell'art. 4, § l,
della direttiva 2016/UE/343 occorre ispirarsi alla giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell'uomo relativa all'art. 6, comma
2, CEDU (punto 42: nel caso di specie la Corte di Giustizia UE,
proprio rifacendosi ad un precedente nella Corte europea dei diritti
dell'uomo, riteneva che l'art. 4 della direttiva dovesse essere
interpretato nel senso che non ostasse a che un accordo nel quale
l'imputato riconosce la propria colpevolezza in cambio di una
riduzione di pena, e che deve essere approvato da un giudice
nazionale, menzioni espressamente quali coautori del reato non
soltanto tale imputato ma anche altre persone imputate in un
procedimento separato, che procede ordinariamente, a condizione, da
un lato, che tale menzione sia necessaria per la qualificazione della
responsabilita' giuridica dell'imputato che ha concluso l'accordo,
dall'altro, che il medesimo accordo indichi chiaramente che tali
altre persone sono imputate in un procedimento penale distinto e che
la loro colpevolezza non e' stata legalmente accertata; in altra
sentenza- Corte di Giustizia UE, I Sez., 19 settembre 2018, causa
C-310/18 PPU, Milev -, la Corte ha affermato che l'art. 4, § l, della
direttiva 2016/UE/343 deve essere letto alla luce del Considerando
16, secondo il quale il rispetto della presunzione di innocenza non
pregiudica le decisioni riguardanti, ad esempio, la custodia
cautelare, purche' non presentino l'indagato o imputato come
colpevole. Ai sensi dello stesso Considerando, prima di prendere una
decisione preliminare di natura procedurale, l'autorita' competente
potrebbe anzitutto dovere verificare che vi siano sufficienti prove a
carico dell'indagato o imputato tali da giustificare la decisione e
quest'ultima potrebbe contenere un riferimento a tali elementi. Da
quanto precede risulta che, nell'ambito dei procedimenti penali, la
direttiva in questione e, in particolare, i suoi articoli 3 e 4, § l,
non ostano all'adozione di decisioni preliminari di natura
procedurale, come una decisione di mantenere una misura di custodia
cautelare adottata da un'autorita' giudiziaria, fondate sul sospetto
o su indizi di reita', purche' tali decisioni non presentino la
persona detenuta come colpevole).
Alla luce di cio', si dubita della conformita' anche al diritto
dell'Unione europea dell'art. 518-bis c.p.p., come interpretato dal
«diritto vivente».
Quanto alla possibilita' di prendere in esame la recente
direttiva 2024/UE/1260 riguardante il recupero e la confisca dei
beni, si osserva brevemente quanto segue.
La direttiva in questione, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
dell'Unione europa in data 2 maggio 2024, entrata in vigore il 22
maggio 2024, dovra' essere recepita entro il 23 novembre 2026. Si
tratta di una direttiva che sostituira' altri strumenti normativi
dell'Unione europea, quali l'azione comune 98/699/GAI del Consiglio,
la decisione quadro 2001/500/GAI del Consiglio, la decisione quadro
2005/212/GAI del Consiglio, la decisione 2007/845/GAI e, soprattutto,
la direttiva 2014/42/UE (art. 36 direttiva 2024/UE/1260). Come e'
noto, anche se la direttiva non e' stata ancora attuata in Italia,
nella pendenza del termine di attuazione gli Stati membri destinatari
della stessa devono astenersi dall'adottare disposizioni che possano
compromettere gravemente la realizzazione del risultato prescritto
dalla diretti va medesima (cfr. Corte di Giustizia CE, 4 luglio 2006,
Causa C-212/04, Adeneler, § 121; Corte di Giustizia CE, 22 novembre
2005, Causa C-144/14, Mangold, § 67). Ne consegue che, ove il
sollecitato intervento, teso al ripristino della costituzionalita'
violata, si ponesse gravemente in contrasto con le norme della
direttiva tanto da compromettere la realizzazione del suo risultato,
si potrebbe porre un problema in ordine al rispetto del diritto
dell'Unione europea.
La direttiva consente all'art. 15 la «confisca non basata sulla
condanna» nei seguenti casi:
l. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per poter
procedere, alle condizioni enunciate al paragrafo 2 del presente
articolo, alla confisca di beni strumentali, proventi o beni di cui
all'art. 12, o di proventi o beni trasferiti a terzi ai sensi
dell'art. 13, nei casi in cui un procedimento penale sia stato
avviato ma non sia stato possibile farlo proseguire a causa di una o
piu' delle circostanze seguenti:
a) malattia dell'indagato o imputato;
b) fuga dell'indagato o imputato;
c) decesso dell'indagato o imputato;
d) i termini di prescrizione per il reato in questione
stabiliti dal diritto nazionale sono inferiori a quindici anni e sono
scaduti dopo l'avvio del procedimento penale.
2. La confisca in assenza di una condanna ai sensi del presente
articolo e' limitata ai casi in cui, in mancanza delle circostanze di
cui al paragrafo l, il procedimento penale pertinente avrebbe potuto
portare a una condanna penale perlomeno per i reati che possono
produrre, direttamente o indirettamente, un vantaggio economico
considerevole, e se l'organo giurisdizionale nazionale e' convinto
che i beni strumentali, i proventi o i beni da confiscare derivino
dal reato in questione o siano ad esso connessi direttamente o
indirettamente.
Tuttavia, innanzitutto l'ambito di applicazione della direttiva
concerne una serie di reati indicati nell'art. 2, fra i quali (senza
la necessita' che gli elementi inerenti alla commissione di tali
reati si collochino nell'ambito di piu' Stati membri, essendo
sufficiente che si collochino all'interno di un unico Stato membro:
vedi Corte di Giustizia UE, III Sez., 21 ottobre 2021, cause C-845/19
e C-863/19, D.R., T.S., a proposito dell'ambito di applicazione della
direttiva 2014/42/UE) non rientra e comunque non e' riconducibile la
lottizzazione abusiva. Sicche', va esclusa la possibilita' di
applicazione della predetta direttiva nell'ambito di un procedimento
penale avente ad oggetto il reato di cui all'art. 44 lettera C)
decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (vedi sul punto
Corte Cost. n. 7 del 2025 punto 2.3. del Considerato in diritto).
In ogni caso, qualora si ritenesse applicabile la direttiva in
questione anche ad un procedimento penale come quello in esame, non
va dimenticato che la direttiva deve essere interpretata assicurando
il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dalla CDFUE, e,
segnatamente, dei diritti riconosciuti dagli articoli 47 e 48 della
Carta, fra i quali spicca il diritto alla presunzione di innocenza
(vedi Considerando 46 della direttiva). Inoltre, la direttiva lascia
espressamente impregiudicate altre direttive, fra le quali vi e' la
direttiva 343/2016/UE, che tutela la presunzione di innocenza (vedi
Considerando 51 della direttiva).
Orbene, come e' noto, ai sensi dell'art. 52, § 3, della CDFUE,
laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti
dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi sono uguali a
quelli conferiti dalla suddetta convenzione, salva la possibilita',
per il diritto dell'Unione europea, di una protezione piu' estesa.
E' evidente, pertanto, che il citato art. 15 della direttiva
2024/UE/1260 non potra' essere interpretato in modo da contrastare
con il diritto fondamentale alla presunzione di innocenza come
tutelato dall'art. 6, comma 2, CEDU e dall'art. 48 CDFUE, cosi' come
interpretato proprio alla luce della CEDU e della giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell'uomo.
Non a caso la Corte dei diritti umani, proprio nella sentenza _
c. Italia, ha precisato che, pur consapevole del crescente ricorso -
sia ai sensi dell'ordinamento giuridico interno che a livello
internazionale - a forme di confisca non basate su una condanna (fra
le quali la Corte ha esaminato proprio quelle introdotte dalla
direttiva 2024/UE/1260: vedi § 48 della sentenza), in base alle quali
i giudici possono essere chiamati a disporre la confisca di beni di
origine illecita anche in assenza di una condanna, tuttavia ha
ritenuto che la protezione offerta dal secondo aspetto dell'art. 6
comma 2 CEDU non dovrebbe essere interpretata in modo da precludere
ai Tribunali nazionali di occuparsi degli stessi fatti decisi nei
procedimenti penali al fine di disporre una forma di confisca non
basata su una condanna, purche' nel farlo essi non attribuiscano
all'interessato la responsabilita' penale (vedi § 129).
In conclusione, va sollevata questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 518-bis c.p.p. per violazione dell'art. 6,
comma 2, CEDU, quale parametro interposto dell'art. 117, comma l,
Cost., e degli articoli 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e dell'art.
48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, quali
parametri interposti degli articoli 11 e 117, comma 1, Cost., nella
parte in cui prevede che, secondo il «diritto vivente» (Cass. pen.
sez. un. 30 gennaio 2020, n. 13539), quando e' stata ordinata la
confisca urbanistica di cui all'art. 44, comma 2, decreto del
Presidente della Repubblica n. 380/2001, il giudice di appello (o la
Corte di cassazione), nel dichiarare estinto il reato di
lottizzazione abusiva di cui all'art. 44 lettera c) decreto del
Presidente della Repubblica n. 380/2001 per prescrizione, decide
sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento
della responsabilita' dell'imputato.
In caso di accoglimento della questione, il giudice di Appello (o
la Corte di cassazione) dovrebbe limitarsi a constatare la
sopravvenuta causa estintiva ai sensi dell'art. 129 codice di
procedura penale e a revocare la disposta confisca, ferma restando la
possibilita' da parte della competente Autorita' amministrativa di
agire ai sensi dell'art. 30 decreto del Presidente della Repubblica
n. 380/2001, nel rispetto dell'art. 6 comma 2 CEDU.
P. Q. M.
La Corte visto l'art. 23 della legge n. 87/1953 solleva, di
ufficio, questione di legittimita' costituzionale, in relazione
all'art. 6, comma 2, CEDU, quale parametro interposto dell'art. 117,
comma l, Cost., in relazione agli articoli 3 e 4 della direttiva
2016/UE/343 e art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'U.E.,
quali parametri interposti degli articoli 11 e 117, comma l, Cost.,
con riferimento all'art. 518-bis c.p.p., nella parte in cui, secondo
il «diritto vivente» (Cass. pen. sez. un. 30 gennaio 2020, n. 13539),
quando e' stata ordinata la confisca urbanistica di cui all'art. 44,
comma 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, il
giudice di appello (o la Corte di cassazione), nel dichiarare estinto
il reato di lottizzazione abusiva di cui all'art. 44 lettera c)
decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 per prescrizione,
decide sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo
accertamento della responsabilita' dell'imputato.
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale e la sospensione del presente giudizio.
Dispone che la presente ordinanza sia notificata al sig.
Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata al sig.
Presidente della Camera dei deputati ed al sig. Presidente del
Senato.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti.
Cosi' deciso in Lecce all'esito della Camera di consiglio del
30 maggio 2025.
Il Presidente: Ottaviano
Il Consigliere est.: Biondi
Oggetto:
Processo penale – Impugnazioni – Decisione sulla confisca in casi particolari nel caso di estinzione del reato per prescrizione – Denunciata previsione, secondo il diritto vivente (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 30 gennaio 2020, n. 13539), che quando è stata ordinata la confisca urbanistica di cui all’art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, il giudice di appello (o la Corte di cassazione), nel dichiarare estinto per prescrizione il reato di lottizzazione abusiva di cui all’art. 44, comma 1, lettera c), del medesimo decreto, decide sull’impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato – Violazione del diritto alla presunzione di innocenza, come declinato dalla giurisprudenza della Corte EDU e affermato dal diritto dell'Unione europea.
Norme impugnate:
codice di procedura penale del Num. Art. 578
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 6 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 48 Co.
direttiva UE Art. 3 Co.
direttiva UE Art. 4 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 162 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 maggio 2025 Ordinanza del 30 maggio 2025 della Corte d'appello di Lecce nel procedimento penale a carico di P. O. e N. D.L.. Processo penale - Impugnazioni - Decisione sulla confisca in casi particolari nel caso di estinzione del reato per prescrizione - Denunciata previsione, secondo il diritto vivente (Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 30 gennaio 2020, n. 13539), che quando e' stata ordinata la confisca urbanistica di cui all'art. 44, comma 2, del d.P.R. n. 380 del 2001, il giudice di appello (o la Corte di cassazione), nel dichiarare estinto per prescrizione il reato di lottizzazione abusiva di cui all'art. 44, comma 1, lettera c), del medesimo decreto, decide sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilita' dell'imputato. - Codice di procedura penale, art. 578-bis. (GU n. 37 del 10-09-2025) LA CORTE DI APPELLO DI LECCE Sezione Prima Penale Composta dai sigg.: dott. Francesco Ottaviano Presidente; dott. Giuseppe Biondi Consigliere rel.; dott. Francesco Cacucci Consigliere; Letti gli atti del procedimento penale in epigrafe indicato a carico di: 1) D L N (gia' legale rappresentante della ditta gia' proprietaria delle aree e degli immobili di seguito indicati), l , ivi residente alla via difeso di fiducia dall'avv. Michele Tedesco del Foro di Salerno e dall'avv. Vito Epifani del Foro di Brindisi; 2) O P (locatario delle aree e degli immobili nonche' committente ed esecutore dei lavori), nato a il , ivi residente in difeso di fiducia dall'avv. Davide De Giuseppe del Foro di Brindisi Imputati delle contravvenzioni di cui agli arti. 181 del decreto legislativo n. 42/2004, 30, 44-lett. c) e 95 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, 81 cpv. e 110 (113) codice penale in quanto, con piu' azioni ed omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso nonche' in concorso tra loro (ovvero cooperazione tra loro) e con le qualita' di cui in rubrica, realizzavano ovvero cooperavano a realizzare, in totale assenza di legittimi permessi di costruire e autorizzazioni paesaggistiche, ed anche violando le prescrizioni di cui al capo IV del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (preavviso allo sportello unico del Comune), un complesso intervento edilizio di trasformazione urbanistica ed edilizia dei terreni di seguito indicati, mediante la realizzazione di una vera e propria struttura commerciale, destinata ad ospitare stabilmente attivita' ricreative (anche per intrattenimento musicale e danzante), pubblici spettacoli ed eventi ristorazione e parcheggio, assolutamente incompatibile con la destinazione urbanistica e d'uso dell'area di intervento (zona E delle N.T.A. del Comune di , vincolata paesaggisticamente prima dal P.U.T.T./P. quale ambito territoriale esteso di livello B, e poi dal P. P. T. R. quale Ambito Paesaggistico 9/La campagna ). Commesso in agro del Comune di localita' (catasto foglio e porzioni delle particelle per un'area di mq. nonche' porzioni delle particelle per un area di mq. ) fino al Osserva l. Premessa e svolgimento del processo. 1.1. Con sentenza del Tribunale di Brindisi in data 20 ottobre 2021 D L N e O Pierangelo venivano ritenuti responsabili dei reati di cui agli articoli 30, 44 lettera c) e 95 decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, loro ascritti in imputazione, e, ritenuta la continuazione criminosa tra le violazioni, venivano condannati alla pena di mesi dieci di arresto e euro 37.500,00 di ammenda ciascuno, oltre al pagamento delle spese processuali. Pena sospesa per il solo O . Visto l'art. 31 decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, veniva ordinata la demolizione di tutte le opere eseguite. Visto l'art. 44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 veniva ordinata la confisca dell'area e delle opere in giudiziale sequestro. I due imputati venivano assolti dal reato di cui all'art. 181 decreto legislativo n. 42/2004 perche' il fatto non sussiste. 1.2. Avverso la citata sentenza proponevano tempestivi appelli i difensori di fiducia dell'imputato D L N , censurando la pronuncia sulla base dei seguenti motivi sintetizzati per quanto di interesse: a. Appello presentato dall'avv. Michele Tedesco. Con il primo motivo di appello si chiede l'assoluzione dell'imputato perche' il fatto non sussiste o perche' il fatto non costituisce reato, ovvero per non avere commesso il fatto, anche ai sensi dell'art. 530 comma 2 codice di procedura penale. Si chiede, altresi', sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione maturata prima dell'esercizio dell'azione penale. Sostanzialmente, si sostiene P estraneita' ai fatti dell'imputato, il quale avrebbe rivestito la carica di amministratore unico della data in cui veniva costituita la nuova societa' di cui era legale rappresentante A M . In questa ultima societa' il D L non era neppure socio, ne' sarebbe comparso in seguito alla fusione nella societa' . Le varie autorizzazioni di cui si discute non sarebbero state mai rilasciate al D L ne' in proprio ne' quale rappresentante delle varie societa'. Sul piano societario, quindi, il D L non potrebbe ritenersi coinvolto nei fatti in contestazione. Sul piano fattuale, non pochi dubbi emergerebbero in ordine all'individuazione del titolare dell'area e dei beni. In ogni caso, non sarebbe stata affatto realizzata un'apprezzabile trasformazione urbanistica della zona, atteso che gli eventi di cui si fa riferimento in sentenza non avrebbero inciso sulla destinazione agricola della zona. Gli immobili presenti sull'area sarebbero stati realizzati in epoca anteriore al , con l'unica eccezione di un muro dotato di archi che sarebbe stato realizzato in epoca successiva al . In definitiva, il reato si sarebbe estinto per prescrizione anche prima dell'esercizio dell'azione penale. Con il secondo motivo di impugnazione si chiede la revoca della confisca, che sarebbe stata disposta rispetto ad aree ed immobili di proprieta' della societa' completamente estranea al processo. D'altra parte, il reato si sarebbe estinto per prescrizione ben prima dell'esercizio dell'azione penale. Con il terzo motivo di doglianza si lamenta il gravoso trattamento sanzionatorio in conseguenza anche della mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Si invoca il beneficio di cui all'art. 163 codice penale e si chiede la conversione della pena detentiva nella pena pecuniaria. b. Appello presentato dall'avv. Vito Epifani. Con il primo motivo di appello si chiede l'assoluzione dell'imputato per non avere commesso il fatto, sostanzialmente ricalcando le stesse argomentazioni gia' esposte nell'altro appello. Con il secondo motivo di impugnazione si chiede la revoca della confisca disposta in palese violazione dell'art. 7 CEDU, evidenziando anche in questo caso che le aree e i beni confiscati appartengo alla societa', che sarebbe estranea al reato. 1.3. Proponeva tempestivo appello anche il difensore di fiducia dell'imputato O P. , censurando la pronuncia sulla base dei seguenti motivi sintetizzati per quanto di interesse: Con il primo motivo di appello si chiede l'assoluzione dell'imputato perche' il fatto non sussiste, o con altra formula di giustizia, anche ai sensi dell'art. 530 comma 2 codice di procedura penale La sentenza impugnata si fonderebbe solo sulle errate conclusioni cui sarebbe pervenuto il consulente tecnico del p.m., nonostante la loro smentita in sede dibattimentale. Piu' volte si sarebbe evidenziata al primo giudice, da un lato, la buona fede dell'O. P. , che aveva richiesto ed ottenuto dalla citta' di Brindisi tutti i permessi necessari, dall'altra, la sua estraneita' con riguardo ad ogni intervento edilizio di trasformazione urbanistica dell'area de qua. Le attivita' svolte dall'appellante sarebbero sempre state a carattere stagionale, rispettando sempre i limiti temporali imposti -il periodo estivo- e le preclusioni di carattere agricolo - la coltivazione invernale delle aree agricole. Ma il giudice di primo grado, errando, sosteneva piu' volte che l'intera struttura non avesse il carattere della precarieta' e stagionalita'. Il reato di lottizzazione abusiva non potrebbe trovare alcun giuridico o fattuale fondamento. Il semplice e temporaneo «schiacciamento del terreno», operato dalle vetture dei partecipanti agli eventi su aree precedentemente destinate a coltivazioni stagionali, certamente non potrebbe assurgere al ruolo di lottizzazione abusiva, in mancanza anche di indicazioni circa il numero delle volte, durante la stagione estiva, in cui questi eventi sarebbero stati tenuti. D'altra parte, l'O aveva sempre agito sulla base di autorizzazioni amministrative, sicche' il reato di lottizzazione abusiva non potrebbe configurarsi, essendo previsto che si configuri in mancanza dell'atto amministrativo, e non in caso di atto amministrativo illegittimo. Con il secondo motivo di impugnazione si chiede di rideterminare la pena in termini piu' equi previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. All'odierna udienza del 30 maggio 2025, presente il solo imputato D L , assente l'imputato Oliva, dopo la discussione delle parti, che hanno concluso come da verbale, e' stata emessa la seguente ordinanza, letta alle parti presenti o da ritenersi tali e allegata al verbale di udienza. 2. In punto di rilevanza della questione. 2.1. L'applicazione nel caso di specie dell'art. 578-bis c.p.p., oggetto delle censure di incostituzionalita'. Va osservato che i reati per i quali i due imputati sono stati condannati in primo grado sono estinti per prescrizione. Invero, dalla data del commesso reato, individuata nel 9 agosto 2018 (coincidente con la data di sequestro dell'area e degli immobili, in mancanza di elementi da cui desumere la prosecuzione dell'attivita' lottizzatoria), sono decorsi i cinque anni, che costituiscono il termine massimo di prescrizione, trattandosi di reati contravvenzionali. In mancanza di altri periodi di sospensione del termine prescrizionale, anche considerando il periodo di sospensione di cui all'art. 159, comma 2, n. 1), c.p., nel testo modificato dalla legge n. 103/2017 (vedi sul punto decisione delle Sezioni Unite come da informazione provvisoria dell'udienza del 12 dicembre 2024), il termine e' maturato al piu' tardi il 9 febbraio 2025. Gli imputati non hanno rinunciato alla prescrizione. Va ancora detto che, per quanto di rilevanza in questa sede, e salvo approfondimenti di merito in sede di giudizio, allo stato non emerge con evidenza che il reato risulti consumato in epoca anteriore al 9 agosto 2018, e, precisamente, prima dell'esercizio dell'azione penale, circostanza il cui accertamento comporterebbe l'impossibilita' di disporre la confisca urbanistica di cui all'art. 44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (vedi ex plurimis Cassazione pen. sez. III, 26 settembre 2019, n. 50428). Al riguardo, si richiama non solo quanto diffusamente argomentato dal giudice di prime cure in tutta la sentenza, ma soprattutto e, in particolare, quanto riportato a pag. 35 della sentenza impugnata. Cio' precisato, con gli appelli, come visto, si chiede a vario titolo l'assoluzione di entrambi gli imputati, anche con formula dubitativa, e, quindi, anche ai sensi dell'art. 530 cpv. c.p.p., vuoi prospettando la loro estraneita' ai fatti, vuoi contestando la stessa sussistenza della lottizzazione abusiva. Orbene, se l'estinzione dei reati per prescrizione comporta il venire meno dell'ordine di demolizione ex art. 31 decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (cfr. ex plurimis e da ultimo Cassazione pen. sez. III, 27 ottobre 2015, n. 50441 e Cassazione pen. sez. II, 13 febbraio 2025, n. 8616), per contro, ai sensi proprio della norma censurata, come interpretata dalla giurisprudenza di legittimita' (vedi su tutte Cass. pen. sez. un. 30 gennaio 2020, n. 13539, imp. ), «la confisca di cui all'art. 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 puo' essere disposta anche in presenza di una causa estintiva determinata dalla prescrizione del reato purche' sia stata accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell'ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la piu' ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio non puo', in applicazione dell'art. 129, comma 1, c.p.p., proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento. In caso di declaratoria, all'esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, il giudice di appello e la Corte di cassazione sono tenuti, in applicazione dell'art. 578-bis c.p.p., a decidere sull'impugnazione agli effetti della confisca di cui all'art. 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001». La confisca dei terreni abusivamente lottizzati e' delle opere ivi illegittimamente costruite, gia' disposta in primo grado ai sensi dell'art. 44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380, ove sia accertata la sussistenza degli elementi soggettivo e oggettivo del reato, deve essere mantenuta dal giudice dell'impugnazione, in caso di intervenuta prescrizione del reato, anche in relazione ai reati commessi prima della entrata in vigore dell'art. 578-bis c.p.p., avendo detta disposizione, in relazione alla confisca in oggetto, natura esclusivamente processuale (Cass. pen. sez. III, 7 aprile 2022, n. 21910). In tema di lottizzazione abusiva, la decisione di appello che, in accoglimento dell'impugnazione del procuratore generale, abbia disposto la confisca dei terreni e delle opere abusive, omessa nella sentenza di proscioglimento di primo grado per intervenuta prescrizione, senza motivare adeguatamente sulla sussistenza dell'elemento soggettivo del reato, va annullata con rinvio affinche' sia colmato tale deficit argomentativo nel decidere, ex art. 578-bis c.p.p., sull'impugnazione agli effetti della confisca di cui all'art. 44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001 n. 380 (Cass. pen. sez. III, 16 settembre 2020, n. 31182). In tema di lottizzazione abusiva, il giudice di appello, adito a seguito di decisione emessa in primo grado dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione e contestualmente dispositiva della confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere su di essi realizzate, e' tenuto ad accertare, con pieno apprezzamento del merito della regiudicanda, la sussistenza degli elementi costitutivi, oggettivi e soggettivi, del reato e i presupposti di proporzionalita' richiesti per imporre l'indicata misura ablatoria, imponendolo il disposto di cui all'art. 578-bis c.p.p., applicabile alla confisca prevista dall'art. 44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, e privandosi, altrimenti, il destinatario del provvedimento ablativo di qualsiasi rimedio impugnativo, a fronte di una decisione fortemente incidente sul suo diritto di proprieta' (Cass. pen. sez. III, 19 gennaio 2024, n. 9456). In tema di lottizzazione abusiva, e' legittima la confisca disposta nel giudizio di primo grado e mantenuta in grado di appello con sentenza di conferma della decisione che abbia accertato la sussistenza del reato, pur dichiarandone la prescrizione, sulla base delle prove dichiarative o documentali finalizzate all'accertamento dell'esistenza dei suoi elementi oggettivi e soggettivi, acquisite, nel contraddittorio delle parti, antecedentemente al maturare della causa estintiva, a nulla rilevando la dedotta incompletezza dell'istruttoria dibattimentale, per mancata assunzione delle prove a discarico, posto che e' sufficiente che vi sia la possibilita', per il giudicante, di decidere allo stato degli atti fino a quel momento acquisiti, in ragione del potere di rinuncia all'assunzione delle prove ammesse, riconosciuto alle parti, oltre che di revoca delle stesse per superfluita', attribuito al giudice e del divieto, vigente in grado di appello, di svolgere attivita' istruttoria integrativa ai sensi dell'art. 603 codice di procedura penale (Cass. pen. sez. III, 13 novembre 2024, n. 8067/25). Cio' posto, come ha ricordato la stessa Corte costituzionale (vedi sentenza n. 182 del 2021), il giudizio che si chiede di esprimere al giudice di appello ai sensi dell'art. 518-bis codice di procedura penale e' diverso da quello previsto dall'art. 578 codice di procedura penale Si legge testualmente: «anzitutto, un tale giudizio non e' richiesto dal tenore testuale della disposizione censurata (art. 578 codice di procedura penale) che, a differenza di quella immediatamente successiva (art. 578-bis codice di procedura penale), non prevede il «previo accertamento della responsabilita' dell'imputalo». Il confronto tra l'art. 578 e l'art. 578-bis codice di procedura penale e' rilevante proprio al fine di chiarire l 'ambito della cognizione richiesta dalla norma sospettata di illegittimita' costituzionale. L'art. 578-bis concerne l'ipotesi in cui la «coda» di accertamento richiesto al giudice dell'impugnazione penale, in seguito alla sopravvenuta causa estintiva del reato (per prescrizione o amnistia), che travolge la condanna emessa nel grado precedente, concerne non gia' gli interessi civili, ma la sussistenza, o meno, dei presupposti di un provvedimento avente natura punitiva secondo i canoni interpretativi della giurisprudenza di Strasburgo. Diversamente dall'art. 578, infatti, l'art. 578-bis presuppone, ai fini della sua applicazione, non gia' che nel grado precedente sia stata pronunciata condanna risarcitoria o restitutoria in favore della parte civile, bensi' che sia stata ordinata la «confisca in casi particolari» di cui al primo comma dell'art. 240-bis del codice penale o di altre disposizioni di legge o la confisca prevista dall'art. 322-ter del codice penale. In questo caso, pur rilevata la causa estintiva del reato, essendo il giudice chiamato a valutare i presupposti della conferma, o meno, di una sanzione di carattere punitivo ai sensi dell'art. 7 CEDU, la dichiarazione di responsabilita' dell'imputato in ordine al reato ascritto gli non solo e' consentita, ma e' anzi doverosa, poiche' non si puo' irrogare una pena senza il giudizio sulla sussistenza di una responsabilita' personale, sebbene sia sufficiente che tale giudizio risulti nella «sostanza dell'«accertamento» contenuto nella motivazione della sentenza, non essendo necessario che assuma, in dispositivo, la «forma della pronuncia» di condanna (sentenza n. 49 del 2015; Corte europea dei diritti dell'uomo, sentenza e altri contro Italia). Il dettato dell'art. 578-bis codice di procedura penale risponde a tale esigenza, imponendo al giudice del gravame penale, chiamato a decidere sulla confisca dopo aver rilevato la causa estintiva del reato, il «previo accertamento della responsabilita' dell'imputato». Circa la natura di «pena» ai sensi dell'art. 7 Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali della confisca urbanistica di cui all'art. 44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 si richiama Corte europea dei diritti dell'uomo, grande camera, 28 giugno 2018, e altri comma Italia (§ 233). 2.2. La rilevanza della questione di legittimita' costituzione. Secondo il «diritto vivente», rappresentato dalla giurisprudenza di legittimita' nella sua piu' alta espressione (le Sezioni Unite), ma anche secondo la sentenza interpretativa di rigetto della Corte costituzionale n. 182/2021, affinche' il giudice di appello confermi la confisca urbanistica ai sensi dell'art. 44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, disposta in primo grado, pur constatando l'intervenuta estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, e' necessario che confermi (o affermi) la (sostanziale) responsabilita' penale dell'imputato in ordine al reato di lottizzazione abusiva, che deve essere accertato in tutti i suoi elementi costitutivi (oggettivi e soggettivi). Non e' possibile limitarsi ad una mera constatazione dell'insussistenza dei presupposti per pronunciare sentenza di assoluzione ai sensi dell'art. 129, comma 2, c.p.p., ma occorre necessariamente approfondire tutti gli aspetti della vicenda, oggettivi e soggettivi, con pieno apprezzamento nel merito della vicenda (vedi sempre Cassazione pen. sez. un. , 30 gennaio 2020, n. 13539, imp. Perroni, nonche' Cassazione pen. sez. III, 16 settembre 2020, n. 31182 e Cassazione pen. sez. III, 19 gennaio 2024, n. 9456). A fronte di tale dato normativa, come interpretato dal «diritto vivente», assume rilevanza la questione della conformita' dell'art. 578-bis codice di procedura penale relativamente al diritto fondamentale al rispetto della presunzione di innocenza di cui all'art. 6 comma 2 CEDU, cosi' come declinato dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, da intendersi come parametro interposto dell'art. 117, comma 1, Cost. nonche', rispetto al diritto dell'Unione europea, e, in specie, in relazione agli articoli 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e art. 48 CDFUE, anche in questo caso letti come parametri interposti degli articoli 11 e 117 Cost. 3. In punto di non manifesta infondatezza della questione. 3.1. Rispetto all'art. 6. comma 2, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali quale parametro interposto dell'art. 117, comma 1, Cost. La questione appare rilevante alla luce delle affermazioni della Corte europea dei diritti dell'uomo in una recente sentenza che ha riguardato un caso italiano, di applicazione dei principi espressi dalla Cassazione penale nella nota sentenza (Cass. pen. sez. un. , n. 31617/2015), principi poi sostanzialmente trasfusi nella norma di cui all'art. 578-bis c.p.p., in questa sede censurata, non a caso presa in esame dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella descrizione del quadro giuridico e delle prassi pertinenti nel diritto interno. Si allude alla sentenza Corte europea dei diritti dell'uomo, I sez., 19 dicembre 2024, i comma Italia, che puo' ritenersi definitiva atteso che in data 28 aprile 2025 e' stata rigettata la richiesta di rinvio alla grande camera avanzata dal Governo italiano. Nel caso di specie, la Corte alsaziana ha ritenuto violato l'art. 6, comma 2, Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali in un caso in cui era stata confermata dalla Corte di Appello la confisca diretta, disposta in primo grado con sentenza di condanna, benche' il reato fosse stato dichiarato estinto per prescrizione, e cio' sulla base della constatazione che, per confermare la confisca, i giudici di appello avessero ribadito la penale responsabilita' dell'imputato. E' bene riportare per esteso la parte della motivazione della sentenza, come tradotta dal Ministero della giustizia, nella quale sono riportati i principi generali in tema di presunzione di innocenza. «121. L'art. 6 § 2 tutela il diritto di essere «presunto innocente fino a quando la colpevolezza non sia stata legalmente accertata». Considerata una garanzia procedurale nel contesto del processo penale, la presunzione di innocenza impone requisiti relativi, inter alia, all'onere della prova, alle presunzioni di fatto e di diritto, al diritto di non autoincriminarsi, alla pubblicita' preprocessuale e alle espressioni premature, da parte del tribunale di primo grado o di altri pubblici ufficiali, della colpevolezza di un imputato (si veda Allen comma Regno Unito [GC], n. 25424/09, § 93, CEDU 2013). Nello svolgimento delle loro funzioni, i membri di un tribunale non dovrebbero partire dall'idea preconcetta che l'imputato abbia commesso il reato di cui e' accusato, e qualsiasi dubbio dovrebbe favorire l'imputato (si veda Barbera', Messegue' e Jabardo comma Spagna, 6 dicembre 1988, § 77, Serie A n. 146). 122. Tuttavia, in conformita' alla necessita' di assicurare che il diritto garantito dall'art. 6 § 2 sia pratico ed effettivo, la presunzione di innocenza presenta anche un altro aspetto. Il suo fine generale, in tale secondo aspetto, e' quello di proteggere le persone che sono state assolte da un'accusa penale, o nei cui confronti e' stato disposto il non luogo a procedere, dall'essere trattate dai pubblici ufficiali e dalle autorita' come se fossero effettivamente colpevoli del reato di cui sono state accusate. In tali casi, la presunzione di innocenza ha gia' operato, mediante l'applicazione durante il processo dei vari requisiti inerenti alla garanzia procedurale che esso offre, di impedire che sia inflitta un'iniqua condanna penale. Senza una protezione che assicuri il rispetto dell'assoluzione o della decisione di non luogo a procedere in qualsiasi altro procedimento, le garanzie di un equo processo previste dall'art. 6 § 2 potrebbero rischiare di diventare teoriche e illusorie (si veda Allen, sopra citata, § 94). Benche' tali principi siano stati enunciati in relazione a dichiarazioni effettuate nel contesto di successivi procedimenti, essi sono stati applicati anche alle dichiarazioni contenute nella stessa decisione che pronuncia l'assoluzione o dispone il non luogo a procedere (si vedano Pasquini comma San Marino (n. 2), n. 23349117, §§ 48-49 e 55, 20 ottobre 2020; e altri, sopra citata, §§ 314 e 317; e Cleve c. Germania, n. 48144/09, §§53 e 56, 15 gennaio 2015). 123. Nella recente causa Nealon e Hallam c. Regno Unito ([GC], nn. 32483/19 e 35049/19, §§ 168-169, 11 giugno 2024), la Corte ha chiarito che - a prescindere dal fatto che il procedimento penale in questione si sia concluso con un'assoluzione o con un non luogo a procedere - le decisioni (e la loro motivazione) pronunciate dai tribunali interni o da altre autorita' nei successivi procedimenti (considerate nell'insieme e adottate nel contesto dell'esercizio che essi sono tenuti a svolgere in base al diritto interno) violerebbero il secondo aspetto dell'art. 6 § 2 della Convenzione se equivalessero all'attribuzione della responsabilita' penale al ricorrente. Inoltre, la Corte ha chiarito che la protezione offerta dal secondo aspetto dell'art. 6 § 2 non dovrebbe essere interpretata in modo da precludere ai tribunali nazionali nei successivi procedimenti - nei quali essi eserciterebbero una funzione differente da quella del giudice penale, in conformita' alle pertinenti disposizioni del diritto interno - di occuparsi dei medesimi fatti decisi nei precedenti procedimenti penali, purche' nel farlo essi non attribuiscano all'interessato la responsabilita' penale. 124. La Corte ribadisce che una decisione giudiziaria puo' rispecchiare l'opinione che il ricorrente sia colpevole anche in assenza di una formale constatazione della colpevolezza; e' sufficiente che vi sia qualche ragionamento che indichi che il tribunale considera l'imputato colpevole (si vedano Böhmer c. Germania, n. 37568197, §54, 3 ottobre 2002; Baars c. Paesi Bassi, n. 44320/98, § 26, 28 ottobre 2003; e Cleve, sopra citata, §53). 125. La Corte ribadisce inoltre che nei casi concernenti il rispetto della presunzione di innocenza, il linguaggio utilizzato dalla persona responsabile della decisione sara' di importanza cruciale nel valutare la compatibilita' della decisione e della sua motivazione con l 'art. 6 § 2 (si raffronti Allen, sopra citata, § 126 con ulteriori rinvii). Si deve tenere conto, a tale riguardo, della natura e del contesto del particolare procedimento in cui sono state effettuate le dichiarazioni contestate. La Corte deve determinare il vero senso delle dichiarazioni contestate, tenendo conto delle particolari circostanze in cui sono state effettuate (si raffronti Petyo Petkov c. Bulgaria, n. 32130/03, § 90, 7 gennaio 2010). A seconda delle circostanze, anche l 'uso di un linguaggio infelice puo' quindi non essere ritenuto in violazione dell'art. 6 § 2 (si raffrontino Englert c. Germania, 25 agosto 1987, §§ 39 e 41, Serie A n. 123; Allen, sopra citata§ 126; e Cleve, sopra citata §§ 54-55). 126. Si puo' evincere dall'esame di cui sopra della giurisprudenza della Corte che, nell'esaminare la conformita' di una dichiarazione o di una decisione all'art. 6 § 2, e' decisivo tenere conto della natura e del contesto del procedimento nel quale e' stata effettuata la dichiarazione o e' stata adottata la decisione (si veda Bikas c. Germania, n. 76607/13, § 47, 25 gennaio 2018).» Applicati questi principi, che, e' bene dire fin da subito, costituiscono diritto consolidato europeo, al caso sottoposto al suo esame, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha cosi' motivato: «127. La Corte osserva che, nel caso di specie, il primo ricorrente non ha lamentato alcuno specifico linguaggio utilizzato nelle sentenze dei tribunali interni. Ha sostenuto che il provvedimento di confisca, che era stato basato sul sostanziale accertamento della responsabilita' penale, comportava necessariamente la constatazione della colpevolezza del primo ricorrente - nonostante fosse stato disposto il non luogo a procedere. 128. Nel caso di specie, i tribunali interni hanno disposto la confisca dei beni del ricorrente nonostante fosse stato disposto il non luogo a procedere e, pertanto, in assenza di una formale condanna. 129. A tale riguardo, la Corte e' consapevole del crescente ricorso - sia ai sensi dell'ordinamento giuridico interno che a livello internazionale - a forme di confisca non basate su una condanna (si vedano i paragrafi 41-43 e 47-48 supra), in base alle quali i giudici possono essere chiamati a disporre la confisca di beni di origine illecita anche in assenza di una condanna. A tale riguardo, la Corte ritiene che la protezione offerta dal secondo aspetto dell'art. 6 § 2 non dovrebbe essere interpretata in modo da precludere ai tribunali nazionali di occuparsi degli stessi fatti decisi nei procedimenti penali al fine di disporre una forma di confisca non basata su una condanna, purche' nel farlo essi non attribuiscano all'interessato la responsabilita' penale (si veda, mutatis mutandis, Nealon e Hallam, sopra citata, § 169). 130. La Corte esaminera' pertanto se, nel caso di specie, le sentenze dei tribunali interni abbiano comportato un'attribuzione della responsabilita' penale al ricorrente. A tale riguardo, essa terra' conto sia del linguaggio che della motivazione delle decisioni interne, nonche' del contesto circostante. 131. La Corte osserva che e' un requisito formale che per una confisca ai sensi dell'art. 322-ter del CP debba esservi una «condanna» (si veda il paragrafo 21 supra). Secondo l'interpretazione seguita dai tribunali interni nella causa in esame, tale requisito sara' soddisfatto anche in caso di estinzione del reato in questione, purche' il ricorrente sia stato considerato responsabile in primo grado e tale sentenza sia rimasta successivamente inalterata nel merito (si vedano i paragrafi 34-35 supra). 132. Conseguentemente, in relazione al caso di specie la Corte di appello di Salerno ha osservato che il ricorrente era stato condannato in primo grado e che, in appello, tale considerata compatibile con i requisiti dell'art. 7 della Convenzione (ibid., §§ 258-62), cio' non ha pregiudicato la successiva valutazione dell'eventuale violazione dell'art. 6 § 2 della Convenzione (ibid. §§ 317-18). 140. Alla luce delle summenzionate considerazioni, la Corte ritiene che l'attribuzione della responsabilita' penale al primo ricorrente nonostante fosse stato disposto il non luogo a procedere abbia violato il suo diritto di essere presunto innocente.» Dunque, facendo applicazione di principi consolidati nella giurisprudenza europea (a tale punto consolidati che, nonostante opinioni dissenzienti espresse da alcuni giudici, fra i quali il giudice di nazionalita' italiana, la richiesta del Governo italiano di rimettere la questione alla grande camera e' stata rigettata) la Corte dei diritti umani ha ribadito un concetto chiaro, e cioe' che, quando un procedimento penale si chiude con sentenza di assoluzione o di estinzione del reato per prescrizione, affinche' il diritto fondamentale ad essere presunto innocente non venga violato e' necessario che le persone che sono state assolte da un'accusa penale, o nei confronti delle quali e' stato interrotto un procedimento penale, non siano trattate dai pubblici ufficiali e dalle autorita' come se fossero di fatto colpevoli del reato contestato. Sicche', quando un procedimento penale, da un lato, si conclude in appello con sentenza dichiarativa dell'estinzione del reato per prescrizione, ma dall'altra attribuisce allo stesso giudice dell'appello penale, che si e' pronunciato sull'imputazione penale, anche di decidere su, ad esempio, il risarcimento del danno dovuto alla vittima (vedi Corte europea dei diritti dell'uomo, 20 ottobre 2020, Pasquini c. San Marino), ovvero, sulla confisca diretta (vedi Corte europea dei diritti dell'uomo, sez. l, 19 dicembre 2024, c. Italia), ovvero ancora sulla stessa confisca urbanistica (vedi Corte EDU, grande camera, 28 giugno 2018, e altri), cio' facendo sulla base dello stesso fascicolo processuale, esistendo un nesso tra le due determinazioni, risulta pienamente operativa la garanzia del processo equo di cui all'art. 6, comma 2, CEDU. Cio' che e' in gioco, una volta terminato il procedimento penale, e' anche la reputazione della persona e il modo in cui essa viene percepita dal pubblico. In una certa misura, la protezione offerta dall'art. 6, comma 2, CEDU a questo riguardo puo' sovrapporsi alla protezione offerta dall'art. 8 CEDU (vedi ancora Corte europea dei diritti dell'uomo, grande camera, 28 giugno 2018, e altri c. Italia, § 314). Con riguardo a dichiarazioni successive alla cessazione del procedimento penale non con sentenza di assoluzione, ma comunque senza che l'imputato sia stato precedentemente dimostrato colpevole secondo la legge, risulta violata la presunzione di innocenza se una decisione giudiziaria che lo riguarda riflette un'opinione di colpevolezza (nel senso che «imputare la responsabilita' penale a una persona equivale a esprimere un'opinione secondo cui la stessa e' colpevole secondo lo standard penale della commissione di un reato, suggerendo cosi' che il procedimento penale avrebbe dovuto essere definito diversamente»: Corte EDU, grande camera, 11 giugno 2024, Nealon e Hallam c. Regno Unito, § 168). Peraltro, aggiunge sempre la Corte, la sua giurisprudenza non distingue tra i casi in cui le accuse vengono sospese perche' cadute in prescrizione prima di qualsiasi accertamento penale e quelli in cui vengono sospese per lo stesso motivo dopo una prima constatazione di colpevolezza. Pertanto, afferma la Corte, le constatazioni di prima istanza, che non sono definitive, non possono condizionare le determinazioni successive (Corte EDU, la gia' citata Pasquini c. San Marino, § 63). In buona sostanza, la Corte europea dei diritti dell'uomo non esclude affatto che, dopo la conclusione di un processo penale con sentenza di assoluzione o di estinzione del reato per prescrizione, possa essere accertato il diritto della vittima o del danneggiato dal reato al risarcimento del danno, ovvero possa essere disposta una confisca, nello stesso procedimento e ad opera dello stesso giudice che si e' pronunciato sull'imputazione penale (assolvendo l'imputato o dichiarando estinto per prescrizione il reato), ovvero in altro distinto procedimento riguardante, pero', gli stessi fatti. Cio' che conta, al fine di tutelare la presunzione di innocenza del (gia') imputato, e' che il giudice che si pronuncera' sul risarcimento del danno o sulla confisca, sia che si tratti dello stesso giudice che si e' pronunciato sull'imputazione penale nell'ambito del medesimo procedimento, ovvero altro giudice (o altra pubblica autorita') in diverso procedimento, non affermino in alcun modo che il risarcimento del danno o la confisca siano conseguenza della ritenuta penale responsabilita' dell'imputato (questo approccio riflette il fatto che a livello nazionale i giudici possono essere tenuti, al di fuori del contesto di un'accusa penale, a giudicare in casi derivanti dagli stessi fatti di una precedente accusa penale che non ha portato a una condanna. La tutela offerta dall'art. 6 § 2 nel suo secondo aspetto non dovrebbe essere interpretata in modo da impedire ai tribunali nazionali, in procedimenti successivi - in cui esercitano una funzione diversa da quella del giudice penale, in conformita' alle pertinenti disposizioni del diritto interno - di occuparsi degli stessi fatti decisi nel precedente procedimento penale, a condizione che cosi' facendo non imputino responsabilita' penale alla persona interessata. Una persona che e' stata assolta o nei cui confronti e' stato interrotto un procedimento penale rimarra' soggetta alla normale applicazione delle norme nazionali in materia di prova e di standard probatorio al di fuori dei processi penali»: Corte europea dei diritti dell'uomo, grande camera, 11 giugno 2024, Nealon e Hallam c. Regno Unito, § 169). Come emerge dalla sentenza della grande camera nel caso, l'attribuzione della natura di «pena» ai sensi dell'art. 7 della CEDU alla confisca urbanistica comporta l'applicabilita' di questa disposizione anche in assenza di un procedimento penale ai sensi dell'art. 6 CEDU. Tuttavia, sostiene la Corte europea, come sottolineato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 49/2015 (vedi punto 6.1. del Considerato in diritto), cio' non esclude la possibilita' per le autorita' nazionali di imporre «pene» mediante procedure diverse dai procedimenti penali nel senso del diritto nazionale (vedi § 233). L'art. 7 CEDU esige che la confisca fosse prevedibile per l'imputato e che non fosse imposta in mancanza di un nesso intellettuale che denotasse un elemento di responsabilita' nella sua condotta (§ 245). In cio' e' l'essenza della responsabilita' «penale» richiesta dalla CEDU per applica, e una «pena» ai sensi dell'art. 7 CEDU. Tuttavia, osserva sempre la Corte dei diritti umani, se da un lato e' chiaro che la dichiarazione di responsabilita' penale richiesta e' spesso contenuta in una sentenza penale che condanna formalmente l'imputato, in ogni caso cio' non costituisce una norma imperativa, purche' ci si assicuri che la dichiarazione di responsabilita' penale rispetti le tutele di cui all'art. 7 CEDU e derivi da un procedimento che soddisfi le esigenze dell'art. 6 CEDU (§251). Ne consegue, altresi', che, riguardo al carattere autonomo dell' interpretazione dell'art. 7 CEDU fornita dalla Corte, la conformita' a detta norma non comporta che qualsiasi controversia importante debba essere necessariamente trattata nell'ambito del procedimento penale in senso stretto. In questo senso, l'applicabilita' di questa norma non ha l'effetto di imporre la «criminalizzazione», da parte degli Stati, di procedure che questi ultimi, nell'esercizio del loro potere discrezionale, non fanno rientrare nel diritto penale in senso stretto. In proposito, la Corte rammenta che ha piu' volte considerato che il rispetto dell'art. 6 CEDU non esclude che, in un procedimento di natura amministrativa, una «pena» sia imposta in primo luogo da un'autorita' amministrativa (§§ 252 e 253). Avendo, pertanto, escluso la necessita' di un procedimento penale (§ 254), la Corte conseguenzialmente esclude che sia necessario, per disporre la confisca urbanistica, una formale sentenza di condanna, a condizione che i Tribunali agiscano nel pieno rispetto dei diritti della difesa sanciti dall'art. 6 CEDU. Per questo motivo la Corte ritiene che, qualora i Tribunali investiti constatino che sussistono tutti gli elementi del reato di lottizzazione abusiva, pur pervenendo a un non luogo a procedere, soltanto a causa della prescrizione, tali constatazioni, in sostanza, costituiscono una condanna nel senso dell'art. 7 CEDU, che, pertanto, non viene violato (§ 260). Tuttavia, se non viene violato l'art. 7 CEDU, si ha violazione dell'art. 6, comma 2, CEDU, come la Corte constatava con riguardo al ricorrente G , che era stato assolto in appello dal reato di lottizzazione abusiva, ma poi la sentenza era stata annullata senza rinvio dalla Cassazione, che aveva dichiarato l'estinzione del reato per prescrizione, dopo avere ritenuto provata la penale responsabilita' dell' imputato, con conseguente applicazione della confisca ( § § da 311 a 317). Nella sentenza c. Italia, il Governo aveva fatto notare alla Corte questo aspetto, ma la Corte ha escluso che vi fosse contraddizione tra la constatazione della violazione dell'art. 6, comma 2, CEDU nel caso al suo esame e la sentenza pronunciata nella causa e altri e cio' poiche' in tale causa, mentre una confisca basata sulla sostanziale constatazione della responsabilita' e' stata considerata compatibile con i requisiti dell'art. 7 della Convenzione, cio' non aveva pregiudicato la successiva valutazione dell'eventuale violazione dell'art. 6, comma 2, della Convenzione (vedi § 139). Nell'opinione dissenziente del giudice Pinto de Albuquerque, allegata alla sentenza Corte EDU, grande camera, 28 giugno 2018, e altri c. Italia, il giudice dissenziente aveva fatto notare l'apparente contraddizione in cui sembrava essere incorsa la Corte europea, che, da un lato, con riferimento al ricorrente G , aveva negato la violazione dell'art. 7 CEDU, ma, dall'altra, aveva riconosciuto la violazione dell'art. 6, comma 2, CEDU. Aveva concluso testualmente il giudice: «in ogni caso, in fin dei conti, la confisca urbanistica senza condanna non e' salva in quanto contravviene sempre la presunzione di innocenza, come riconosce la Grande Camera in maniera quasi unanime» (§ 63: vedi traduzione del Ministero della Giustizia). La successiva giurisprudenza della Corte di Strasburgo, nella sostanza da' ragione alla previsione del giudice Pinto de Albuquerque. In definitiva, la confisca urbanistica, in quanto «pena» ai sensi della CEDU, puo' essere anche disposta all'esito di un procedimento che non ha la natura di «procedimento penale» ai sensi dell'art. 6 CED e del diritto interno. Purche' siano rispettati i diritti previsti dall'art. 6 CEDU, in primis, il diritto al contraddittorio, e purche' vengano accertati tutti gli elementi che necessariamente devono comporre la fattispecie di lottizzazione abusiva (quindi, la prevedibilita' e la riferibilita' oggettiva e soggettiva della fattispecie al soggetto che patisce la «pena»), la confisca urbanistica puo' essere disposta anche sulla base di un provvedimento che non ha la natura «formale» di sentenza di condanna, e cio' e' pienamente conforme all'art. 7 CEDU. Tuttavia, se la confisca in questione viene disposta nell'ambito di un procedimento penale che si chiude con sentenza di assoluzione o di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, sul presupposto (necessario, per quanto su esposto, per potere disporre la confisca in esame, considerata «pena» ai sensi della CEDU) della ritenuta responsabilita' penale dell'imputato, cio' viola l'art. 6, comma 2, CEDU. Nel nostro ordinamento, sulla base dell'art. 578-bis c.p.p., come interpretato dal «diritto vivente» su esposto, per potere confermare la statuizione di confisca in appello malgrado la declaratoria di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, e' necessario affermare o confermare la penale responsabilita' dell'imputato, ma cio' si scontra inevitabilmente con l'art. 6, comma 2, CEDU. Non e' possibile promuovere interpretazioni costituzionalmente e convenzionalmente conformi della norma censurata, cosi' come prospettato dalla Corte costituzionale nell'analoga questione sollevata con riguardo all'art. 578 codice di procedura penale (vedi Corte costituzionale n. 182/2021). Invero e' la stessa Corte delle leggi che, distinguendo nettamente il presupposto alla base della pronuncia ex art. 578 codice di procedura penale da quello alla base della pronuncia ai sensi dell'art. 578-bis c.p.p., ha chiarito che l'art. 518-bis c.p.p. richiede il previo accertamento della responsabilita' dell'imputato che, dovendosi confermare il provvedimento di confisca, che, come nel caso di specie, ha natura di «pena» ai sensi dell'art. 7 CEDU, non puo' che essere la responsabilita' penale, cioe' una responsabilita' accertata, in tutte le sue componenti, oggettive e soggettive, al di la' di ogni ragionevole dubbio. D'altra parte, come chiarito dalla Cassazione nella gia' citata sentenza a Sezioni Unite 13539/2020, imp. (vedi § 7.5. del Considerato in diritto), a proposito dell'impossibilita' di disporre confisca in presenza di una maturata estinzione del reato per prescrizione senza che sia stato accertato, in tutti i suoi elementi, oggettivi e soggettivi, il reato di lottizzazione abusiva, «alla conclusione nel senso qui adottato deve condurre infine anche la natura della confisca/ottizzatoria, ostantemente qualificata da questa Corte come sanzione amministrativo, sia pure irrogata dal giudice penale, alla stessa stregua dell'ordine di demolizione di cui all'art. 31, comma 9, decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001. E' proprio tale natura, infatti, a far escludere che l'impossibilita' di operare in sede penale la confisca, perche' non sia stato possibile accertare il fatto, impedisca all'amministrazione di adottare i provvedimenti sanziona/ori previsti dall'art. 30 decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001, come infatti gia' affermato da questa Corte (Sez. 3, n. 5857 del 6 ottobre 2010, dep. 2011, , Rv. 249517). Ne' puo' trascurarsi la circostanza che, all'interno del sistema delle sanzioni amministrative previsto, per la lottizzazione, dall'art. 30, commi 7 e 8, l'intervento sanzionatorio del giudice penale attuato tramite la confisca e' di ordine meramente residua/e (Sez. 3, n. 47280 del 12 settembre 2019, ; Sez. 3, n. 47094 del 12 settembre 2019, ; Sez. 3, n. 31282, del 27 marzo 2019, ; Sez. 3 n. 8350 del 23 gennaio 2019, , Rv. 275756) e non interferisce, quindi, ne' si sovrappone all'autonomo potere principalmente attribuito all'autorita' amministrativa dall'art. 30 decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 (Sez. 3 n. 8350 del 23 gennaio 2019, .), Deve, del resto, escludersi che, in tema di provvedimenti sanzionatori che conseguono all'accertamento di una lottizzazione abusiva, possa desumersi dalla disciplina in materia l'esistenza di una sorta di pregiudizio/e penale, ovvero di previa verifica della sussistenza della responsabilita' penale di cui all'art. 44, comma 1 , lettera c), decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 come del resto piu' volte affermato dalla giurisprudenza amministrativa (cosi, Cons. Stato, Sez. 6, n. 2082 del 3 aprile 2018; negli stessi termini, Cons. Stato, Sez. 6, n. 1888 del 26 marzo 2018; Cons. Stato, Sez. 6, n. 1878 del 23 marzo 2018; cfr. Tribunale amministrativo regionale Toscana, Sez. 3, n. 1643 del 19 dicembre 2018; Tribunale amministrativo regionale Toscana, n. 509 del 30 marzo 2015; Tribunale amministrativo regionale Toscana, Sez. 3, Sent. n. 893 del 29 maggio 2014). Sicche', ai fini del provvedimento di acquisizione in via amministrativa del terreno al patrimonio disponibile del Comune e' irrilevante che possa venire a mancare una pronuncia di confisca in sede penale. Resta, dunque, in definitiva, confermato che neppure le ragioni di effettiva tutela dell'interesse collettivo alla «corretta pianificazione territoriale» potrebbero rappresentare motivo di deroga all'applicabilita', nella specie, del principio dell'art. 129, comma 1, codice di procedura penale, non potendo oltretutto situazioni patologiche come l'inerzia della pubblica amministrazione fungere da criterio interpretativo delle norme penali (cosi' Sez. 3, n. 6396 del 7 novembre 2006, , dep. 2007, Rv. 236076). » Anche la Corte costituzionale ha riconosciuto al giudice penale un ruolo tendenzialmente suppletivo rispetto al ruolo principale che la legge attribuisce ai Comuni ai sensi dell'art. 30, commi 7 e 8, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (Vedi Corte costituzionale n. 146/2021 punti 3.4.2. e 5.2. del Considerato in diritto). In definitiva, a fronte della tutela del diritto alla presunzione di innocenza, l'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 518-bis codice di procedura penale non puo' essere «superata» o «accantonata» sulla base di ragioni di effettiva tutela dell'interesse collettivo alla «corretta pianificazione territoriale», in quanto si tratta di ragioni che potrebbero trovare piena tutela in sede amministrativa, sempre che si prescinda dai riferimenti, anche «nominalistici», alla penale responsabilita' del gia' imputato, cioe' di quel soggetto che ha beneficiato nel processo penale per il reato di lottizzazione abusiva di un'assoluzione o di una declaratoria di non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione. 3.2. Rispetto al diritto dell'Unione europea e segnatamente agli artt. 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e all'art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'U.E. quali parametri interposti degli articoli 11 e 117, comma 1, Cost. E' necessario esaminare la questione anche sul piano del diritto dell'Unione europea, perche', come a breve si vedra', in questo ambito e' stata recentemente emanata la direttiva 2024/UE/1260 riguardante il recupero e la confisca dei beni, che contiene la previsione, in parte innovativa, di fattispecie di confisca senza condanna, e cio' potrebbe indurre a ritenere che il diritto eurounitario, che pure dispone di uno strumento giuridico ad hoc di tutela della presunzione di innocenza, potrebbe prevedere principi diversi da quelli affermati in ambito convenzionale nella materia delle confische. In particolare, deve osservarsi che l'Unione europea ha emanato da tempo, ai sensi dell'art. 82 § 2 lettera b) TFUE, una specifica direttiva sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza (la direttiva del Parlamento e del Consiglio 2016/UE/343 del 9 marzo 2016, entrata in vigore il 1° aprile 2016, con obbligo di recepimento fino al 1° aprile 2018; la direttiva e' stata recepita nel nostro ordinamento con decreto legislativo n. 188/2021). Nel dettaglio, l'art. 3, rubricato «Presunzione di innocenza», stabilisce che gli Stati Membri assicurano che agli indagati e imputati sia riconosciuta la presunzione di innocenza fino a quando non ne sia stata legalmente provata la colpevolezza. All'art. 4, rubricato «Riferimenti in pubblico alla colpevolezza», si afferma che gli Stati Membri adottano le misure necessarie per garantite che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorita' pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole. Cio' lascia impregiudicati gli atti della pubblica accusa volti a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato e le decisioni preliminari di natura procedurale adottate da autorita' giudiziarie o da altre autorita' competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reita'. Il Considerando 11 chiarisce che la direttiva si applica ai procedimenti penali nell'accezione data dall'interpretazione della Corte di Giustizia UE, fatta salva la giurisprudenza della Corte EDU. Il Considerando 16 della direttiva chiarisce che la presunzione di innocenza sarebbe violata se dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorita' pubbliche o decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza presentassero l'indagato o imputato come colpevole fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Tali dichiarazioni o decisioni giudiziarie non dovrebbero rispecchiare l'idea che una persona sia colpevole. Cio' dovrebbe lasciare impregiudicati gli atti della pubblica accusa che mirano a dimostrare la colpevolezza dell'indagato o imputato, come l'imputazione, nonche' le decisioni giudiziarie in conseguenza delle quali decorrono effetti di una pena sospesa, purche' siano rispettati i diritti della difesa. Dovrebbero, altresi', restare impregiudicate le decisioni preliminari di natura procedurale, adottate da autorita' giudiziarie o da altre autorita' competenti e fondate sul sospetto o su indizi di reita', quali le decisioni riguardanti la custodia cautelare, purche' non presentino l'indagato o imputato come colpevole. Prima di prendere una decisione preliminare di natura procedurale, l'autorita' competente potrebbe prima dover verificare che vi siano sufficienti prove a carico dell'indagato o imputato tali da giustificare la decisione e la decisione potrebbe contenere un riferimento a tali elementi. Il Considerando 17 della direttiva precisa che per «dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorita' pubbliche» dovrebbe intendersi qualsiasi dichiarazione riconducibile a un reato proveniente da un'autorita' coinvolta nel procedimento penale che ha ad oggetto tale reato, quali le autorita' giudiziarie, di polizia e altre autorita' preposte all'applicazione della legge, o da un'altra autorita' pubblica, quali ministri e altri funzionari pubblici, fermo restando che cio' lascia impregiudicato il diritto nazionale in materia di immunita'. Ai sensi dell'art. 13 della direttiva nessuna disposizione della stessa puo' essere interpretata in modo da limitare o derogare ai diritti e alle garanzie procedurali garantiti dalla carta dei diritti fondamentali UE, dalla CEDU, da altre pertinenti disposizioni di diritto internazionale o dal diritto di qualsiasi Stato membro che assicurino un livello di protezione piu' elevato. Come ha definitivamente chiarito la Corte di Giustizia UE (vedi Corte di Giustizia UE, I Sez., 13 giugno 2019, causa C-646/17, , punti da 29 a 37), le direttive emanate ai sensi dell'art. 82, § 2, comma l, TFUE, si applicano a qualunque procedimento penale, indipendentemente dal fatto che abbia o meno una dimensione transnazionale, nel senso di avere ad oggetto materie penali aventi dimensione transnazionale. Di conseguenza, devono essere tenute presenti in qualsiasi procedimento penale. Cio' comporta, come logico corollario, l'applicazione della Carta dei diritti fondamentali UE, ai sensi dell'art. 51, § l, della medesima, che stabilisce che le disposizioni della Carta si applicano agli Stati Membri esclusivamente nell'attuazione del diritto dell'Unione europea (Corte di Giustizia UE, 26 febbraio 2013, causa C-617/10, Akerberg Fransson, punto 17). Pertanto, nell'attuazione del diritto dell'Unione europea non si puo' prescindere dall'art. 48 della CDFUE, e, siccome la Carta e' equiparata ai Trattati (art. 6, § l, TUE) e ne ha lo stesso valore giuridico, ne consegue che trattasi di diritto primario dell'Unione europea. Dunque, tutti i principi espressi dalla Corte europea dei diritti dell'uomo con riguardo alla presunzione di innocenza sancita dall'art. 6, comma 2, CEDU, possono ritenersi pienamente viventi ed operanti anche in ambito UE attraverso la citata direttiva e l'art. 48 della CDFUE (tenuto conto che il diritto alla presunzione di innocenza in esso sancito, conformemente all'art. 52, paragrafo 3, della CDFUE, ha significato e portata identici allo stesso diritto garantito dalla CEDU), con la conseguente possibilita' di disapplicare le norme interne che dovessero porsi in contrasto con le norme dell'Unione europea aventi efficacia diretta. Peraltro, trattandosi di questione che coinvolge diritti fondamentali che godono tutela sia in ambito UE che interno (vedi art. 27 Cost.), la relativa questione puo' essere sottoposta all'attenzione anche della Corte costituzionale, ai sensi degli articoli Il e 117, comma l, Cost., come chiarito da Corte costituzionale sentenze nn. 269/2017, 20/2019, 63/2019 e, da ultimo, n. 181/2024 e n. 7/2025. Secondo la Corte di Giustizia UE (vedi Corte di Giustizia UE, II Sez., 5 settembre 2019, causa C-377118, Ah e altri), ai sensi dell'art. 4, § l, prima frase, della direttiva 2016/UE/343, gli Stati membri sono tenuti ad adottare le misure necessarie per garantire che, segnatamente, le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino un indagato o un imputato come colpevole fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Secondo il Considerando 16 tali dichiarazioni o decisioni giudiziarie non dovrebbero rispecchiare l'idea che una persona sia colpevole. Nonostante l'art. 4, § l, della citata direttiva lasci agli Stati membri un margine di discrezionalita' per l'adozione delle misure necessarie ai sensi di detta disposizione, resta il fatto che, come si evince dal Considerando 48 di tale direttiva, il livello di tutela previsto dagli Stati membri non dovrebbe mai essere inferiore alle norme della Carta o della CEDU, segnatamente quelle sulla presunzione di innocenza. A tale riguardo, sottolinea la Corte del Lussemburgo (vedi punto 41), occorre rilevare che la presunzione di innocenza e' sancita dall'art. 48 della CDFUE, il quale, come risulta dalle spiegazioni relative a quest'ultima, corrisponde all'art. 6, commi 2 e 3, CEDU. Ne consegue che, conformemente all'art. 52, § 3, della Carta, ai fini dell'interpretazione dell'art. 48 di quest'ultima occorre prendere in considerazione l'art. 6, commi 2 e 3, CEDU, quale soglia di protezione minima. Sicche', in assenza di indicazioni precise nella direttiva 2016/UE/343 e nella giurisprudenza relativa all'art. 48 della CDFUE su come debba stabilirsi se una persona sia presentata o meno come colpevole in una decisione giudiziaria, ai fini dell'interpretazione dell'art. 4, § l, della direttiva 2016/UE/343 occorre ispirarsi alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo relativa all'art. 6, comma 2, CEDU (punto 42: nel caso di specie la Corte di Giustizia UE, proprio rifacendosi ad un precedente nella Corte europea dei diritti dell'uomo, riteneva che l'art. 4 della direttiva dovesse essere interpretato nel senso che non ostasse a che un accordo nel quale l'imputato riconosce la propria colpevolezza in cambio di una riduzione di pena, e che deve essere approvato da un giudice nazionale, menzioni espressamente quali coautori del reato non soltanto tale imputato ma anche altre persone imputate in un procedimento separato, che procede ordinariamente, a condizione, da un lato, che tale menzione sia necessaria per la qualificazione della responsabilita' giuridica dell'imputato che ha concluso l'accordo, dall'altro, che il medesimo accordo indichi chiaramente che tali altre persone sono imputate in un procedimento penale distinto e che la loro colpevolezza non e' stata legalmente accertata; in altra sentenza- Corte di Giustizia UE, I Sez., 19 settembre 2018, causa C-310/18 PPU, Milev -, la Corte ha affermato che l'art. 4, § l, della direttiva 2016/UE/343 deve essere letto alla luce del Considerando 16, secondo il quale il rispetto della presunzione di innocenza non pregiudica le decisioni riguardanti, ad esempio, la custodia cautelare, purche' non presentino l'indagato o imputato come colpevole. Ai sensi dello stesso Considerando, prima di prendere una decisione preliminare di natura procedurale, l'autorita' competente potrebbe anzitutto dovere verificare che vi siano sufficienti prove a carico dell'indagato o imputato tali da giustificare la decisione e quest'ultima potrebbe contenere un riferimento a tali elementi. Da quanto precede risulta che, nell'ambito dei procedimenti penali, la direttiva in questione e, in particolare, i suoi articoli 3 e 4, § l, non ostano all'adozione di decisioni preliminari di natura procedurale, come una decisione di mantenere una misura di custodia cautelare adottata da un'autorita' giudiziaria, fondate sul sospetto o su indizi di reita', purche' tali decisioni non presentino la persona detenuta come colpevole). Alla luce di cio', si dubita della conformita' anche al diritto dell'Unione europea dell'art. 518-bis c.p.p., come interpretato dal «diritto vivente». Quanto alla possibilita' di prendere in esame la recente direttiva 2024/UE/1260 riguardante il recupero e la confisca dei beni, si osserva brevemente quanto segue. La direttiva in questione, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europa in data 2 maggio 2024, entrata in vigore il 22 maggio 2024, dovra' essere recepita entro il 23 novembre 2026. Si tratta di una direttiva che sostituira' altri strumenti normativi dell'Unione europea, quali l'azione comune 98/699/GAI del Consiglio, la decisione quadro 2001/500/GAI del Consiglio, la decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio, la decisione 2007/845/GAI e, soprattutto, la direttiva 2014/42/UE (art. 36 direttiva 2024/UE/1260). Come e' noto, anche se la direttiva non e' stata ancora attuata in Italia, nella pendenza del termine di attuazione gli Stati membri destinatari della stessa devono astenersi dall'adottare disposizioni che possano compromettere gravemente la realizzazione del risultato prescritto dalla diretti va medesima (cfr. Corte di Giustizia CE, 4 luglio 2006, Causa C-212/04, Adeneler, § 121; Corte di Giustizia CE, 22 novembre 2005, Causa C-144/14, Mangold, § 67). Ne consegue che, ove il sollecitato intervento, teso al ripristino della costituzionalita' violata, si ponesse gravemente in contrasto con le norme della direttiva tanto da compromettere la realizzazione del suo risultato, si potrebbe porre un problema in ordine al rispetto del diritto dell'Unione europea. La direttiva consente all'art. 15 la «confisca non basata sulla condanna» nei seguenti casi: l. Gli Stati membri adottano le misure necessarie per poter procedere, alle condizioni enunciate al paragrafo 2 del presente articolo, alla confisca di beni strumentali, proventi o beni di cui all'art. 12, o di proventi o beni trasferiti a terzi ai sensi dell'art. 13, nei casi in cui un procedimento penale sia stato avviato ma non sia stato possibile farlo proseguire a causa di una o piu' delle circostanze seguenti: a) malattia dell'indagato o imputato; b) fuga dell'indagato o imputato; c) decesso dell'indagato o imputato; d) i termini di prescrizione per il reato in questione stabiliti dal diritto nazionale sono inferiori a quindici anni e sono scaduti dopo l'avvio del procedimento penale. 2. La confisca in assenza di una condanna ai sensi del presente articolo e' limitata ai casi in cui, in mancanza delle circostanze di cui al paragrafo l, il procedimento penale pertinente avrebbe potuto portare a una condanna penale perlomeno per i reati che possono produrre, direttamente o indirettamente, un vantaggio economico considerevole, e se l'organo giurisdizionale nazionale e' convinto che i beni strumentali, i proventi o i beni da confiscare derivino dal reato in questione o siano ad esso connessi direttamente o indirettamente. Tuttavia, innanzitutto l'ambito di applicazione della direttiva concerne una serie di reati indicati nell'art. 2, fra i quali (senza la necessita' che gli elementi inerenti alla commissione di tali reati si collochino nell'ambito di piu' Stati membri, essendo sufficiente che si collochino all'interno di un unico Stato membro: vedi Corte di Giustizia UE, III Sez., 21 ottobre 2021, cause C-845/19 e C-863/19, D.R., T.S., a proposito dell'ambito di applicazione della direttiva 2014/42/UE) non rientra e comunque non e' riconducibile la lottizzazione abusiva. Sicche', va esclusa la possibilita' di applicazione della predetta direttiva nell'ambito di un procedimento penale avente ad oggetto il reato di cui all'art. 44 lettera C) decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 (vedi sul punto Corte Cost. n. 7 del 2025 punto 2.3. del Considerato in diritto). In ogni caso, qualora si ritenesse applicabile la direttiva in questione anche ad un procedimento penale come quello in esame, non va dimenticato che la direttiva deve essere interpretata assicurando il rispetto dei diritti fondamentali riconosciuti dalla CDFUE, e, segnatamente, dei diritti riconosciuti dagli articoli 47 e 48 della Carta, fra i quali spicca il diritto alla presunzione di innocenza (vedi Considerando 46 della direttiva). Inoltre, la direttiva lascia espressamente impregiudicate altre direttive, fra le quali vi e' la direttiva 343/2016/UE, che tutela la presunzione di innocenza (vedi Considerando 51 della direttiva). Orbene, come e' noto, ai sensi dell'art. 52, § 3, della CDFUE, laddove la Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla CEDU, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione, salva la possibilita', per il diritto dell'Unione europea, di una protezione piu' estesa. E' evidente, pertanto, che il citato art. 15 della direttiva 2024/UE/1260 non potra' essere interpretato in modo da contrastare con il diritto fondamentale alla presunzione di innocenza come tutelato dall'art. 6, comma 2, CEDU e dall'art. 48 CDFUE, cosi' come interpretato proprio alla luce della CEDU e della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo. Non a caso la Corte dei diritti umani, proprio nella sentenza _ c. Italia, ha precisato che, pur consapevole del crescente ricorso - sia ai sensi dell'ordinamento giuridico interno che a livello internazionale - a forme di confisca non basate su una condanna (fra le quali la Corte ha esaminato proprio quelle introdotte dalla direttiva 2024/UE/1260: vedi § 48 della sentenza), in base alle quali i giudici possono essere chiamati a disporre la confisca di beni di origine illecita anche in assenza di una condanna, tuttavia ha ritenuto che la protezione offerta dal secondo aspetto dell'art. 6 comma 2 CEDU non dovrebbe essere interpretata in modo da precludere ai Tribunali nazionali di occuparsi degli stessi fatti decisi nei procedimenti penali al fine di disporre una forma di confisca non basata su una condanna, purche' nel farlo essi non attribuiscano all'interessato la responsabilita' penale (vedi § 129). In conclusione, va sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 518-bis c.p.p. per violazione dell'art. 6, comma 2, CEDU, quale parametro interposto dell'art. 117, comma l, Cost., e degli articoli 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e dell'art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, quali parametri interposti degli articoli 11 e 117, comma 1, Cost., nella parte in cui prevede che, secondo il «diritto vivente» (Cass. pen. sez. un. 30 gennaio 2020, n. 13539), quando e' stata ordinata la confisca urbanistica di cui all'art. 44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, il giudice di appello (o la Corte di cassazione), nel dichiarare estinto il reato di lottizzazione abusiva di cui all'art. 44 lettera c) decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 per prescrizione, decide sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilita' dell'imputato. In caso di accoglimento della questione, il giudice di Appello (o la Corte di cassazione) dovrebbe limitarsi a constatare la sopravvenuta causa estintiva ai sensi dell'art. 129 codice di procedura penale e a revocare la disposta confisca, ferma restando la possibilita' da parte della competente Autorita' amministrativa di agire ai sensi dell'art. 30 decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, nel rispetto dell'art. 6 comma 2 CEDU. P. Q. M. La Corte visto l'art. 23 della legge n. 87/1953 solleva, di ufficio, questione di legittimita' costituzionale, in relazione all'art. 6, comma 2, CEDU, quale parametro interposto dell'art. 117, comma l, Cost., in relazione agli articoli 3 e 4 della direttiva 2016/UE/343 e art. 48 della Carta dei diritti fondamentali dell'U.E., quali parametri interposti degli articoli 11 e 117, comma l, Cost., con riferimento all'art. 518-bis c.p.p., nella parte in cui, secondo il «diritto vivente» (Cass. pen. sez. un. 30 gennaio 2020, n. 13539), quando e' stata ordinata la confisca urbanistica di cui all'art. 44, comma 2, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, il giudice di appello (o la Corte di cassazione), nel dichiarare estinto il reato di lottizzazione abusiva di cui all'art. 44 lettera c) decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 per prescrizione, decide sull'impugnazione ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilita' dell'imputato. Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del presente giudizio. Dispone che la presente ordinanza sia notificata al sig. Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata al sig. Presidente della Camera dei deputati ed al sig. Presidente del Senato. Manda alla cancelleria per gli adempimenti. Cosi' deciso in Lecce all'esito della Camera di consiglio del 30 maggio 2025. Il Presidente: Ottaviano Il Consigliere est.: Biondi