Reg. ord. n. 161 del 2025 pubbl. su G.U. del 10/09/2025 n. 37

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna  del 26/06/2025

Tra: EF Agri Società Agricola a rl  C/ Regione autonoma della Sardegna, Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura ed altri 2



Oggetto:

Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Norme della Regione Autonoma Sardegna – Disposizioni per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) – Previsione che individua tali aree al fine di favorire la transizione ecologica, energetica e climatica nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 9, primo e secondo periodo, della Costituzione nonché delle disposizioni di cui all'art. 3, lettera f), m) ed n), art. 4, lettera e), dello statuto speciale per la Sardegna e delle relative norme di attuazione nonché secondo un criterio pianificatorio di sistema che tenga in considerazione la pianificazione energetica e quella di governo del territorio – Previsione che è vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 – Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e agli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell'entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico-sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale – Disciplina che, nell’individuare le aree idonee e non, ha obliterato la valutazione in concreto, nella sede del procedimento amministrativo, dei diversi interessi in relazione agli impianti localizzati in tali aree non idonee, avendo posto un divieto assoluto di realizzazione di impianti FER – Violazione della riserva di procedimento amministrativo – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta – Lesione dei principi di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili e di contrasto al cambiamento climatico, evincibili dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità che, in una delle declinazioni specificata dal diritto europeo derivato, richiede agli stati membri di assicurare che le norme nazionali in materia di procedure autorizzative siano proporzionate, necessarie, trasparenti e non discriminatorie – Irragionevole sacrificio della libertà di iniziativa economica – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento, atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco.

Norme impugnate:

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 1

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 5

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 7

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 41   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

decreto legislativo  Art. 20   Co.

decreto legislativo  Art. 20   Co.

decreto legislativo  Art. 20   Co.

decreto ministeriale  Art.    Co.  

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  Art. 11   Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  

direttiva UE  Art.    Co.  

direttiva UE  Art.    Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 161 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 giugno 2025

Ordinanza del 26 giugno 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale
per la Sardegna sul ricorso proposto da EF Agri Societa'  Agricola  a
r.l. contro la Regione autonoma della Sardegna e altri. 
 
Energia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della
  Regione Autonoma Sardegna - Disposizioni  per  l'individuazione  di
  aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di  impianti
  a fonti di energia rinnovabile (FER)  -  Previsione  che  individua
  tali aree al fine di favorire la transizione ecologica,  energetica
  e climatica nel rispetto delle  disposizioni  di  cui  all'art.  9,
  primo  e  secondo  periodo,  della   Costituzione   nonche'   delle
  disposizioni di cui all'art. 3, lettera  f),  m)  ed  n),  art.  4,
  lettera e), dello statuto speciale per la Sardegna e delle relative
  norme di attuazione nonche' secondo un criterio  pianificatorio  di
  sistema che tenga in considerazione la pianificazione energetica  e
  quella di governo del territorio - Previsione  che  e'  vietata  la
  realizzazione degli impianti ricadenti nelle  rispettive  aree  non
  idonee, come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9
  e 11 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 -  Previsione
  che tale divieto si applica anche agli impianti e gli accumuli  FER
  la cui procedura autorizzativa  e  di  valutazione  ambientale,  di
  competenza regionale o statale, e' in corso al momento dell'entrata
  in vigore della medesima legge regionale - Previsione che non  puo'
  essere  dato  corso  alle  istanze  di  autorizzazione   che,   pur
  presentate prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20
  del 2024, risultino  in  contrasto  con  essa  e  ne  pregiudichino
  l'attuazione - Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti
  i titoli abilitativi comunque denominati gia'  emanati,  aventi  ad
  oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di
  efficacia - Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti  aventi
  ad oggetto impianti che hanno  gia'  comportato  una  modificazione
  irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione che,  qualora  un
  progetto di impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree
  definite idonee, sia nelle aree definite  non  idonee,  prevale  il
  criterio di non idoneita'. 
- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti
  per l'individuazione di  aree  e  superfici  idonee  e  non  idonee
  all'installazione e promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia
  rinnovabile  (FER)  e  per  la  semplificazione  dei   procedimenti
  autorizzativi) artt. 1, commi, 1, lettera a), 5, 7, e  Allegati  A,
  B, C, D ed E. 


(GU n. 37 del 10-09-2025)

 
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE 
                           PER LA SARDEGNA 
                           (Sezione prima) 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  904  del  2024,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da EF Agri Societa' Agricola a r.l., in persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa  dall'avv.  Andrea
Sticchi Damiani con domicilio digitale come da  PEC  da  registri  di
giustizia; 
    Contro: 
        Regione  autonoma  della  Sardegna,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Floriana Isola e Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da  PEC
da registri di giustizia; 
        Ministero dell'ambiente  e  della  sicurezza  energetica,  in
persona del Ministro pro tempore, Ministero della cultura, in persona
del  Ministro  pro   tempore,   Ministero   dell'agricoltura,   della
sovranita' alimentare e delle foreste, in persona  del  Ministro  pro
tempore; Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  in  persona  del
Presidente  pro   tempore,   rappresentati   e   difesi   per   legge
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari,  con  domicilio
digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio  fisico  ex
lege presso i suoi uffici in via Nuoro n. 50; 
    Per l'annullamento: 
        quanto al ricorso introduttivo: 
          della nota prot. n. 28950 del 26  settembre  2024,  con  la
quale l'Assessorato della difesa dell'ambiente della Regione Sardegna
- Servizio valutazione impatti e incidenze ambientali, ha  comunicato
la «sospensione del procedimento» di  verifica  di  assoggettabilita'
alla valutazione di  impatto  ambientale  del  progetto  agrivoltaico
della societa' odierna ricorrente; 
          della  nota  dell'Assessorato  della  difesa  dell'ambiente
della Regione Sardegna - Direzione generale  dell'ambiente  prot.  n.
26528 del 3 settembre 2024, recante in  oggetto  «Applicazione  delle
misure  di  salvaguardia  della  legge   regionale   n.   5/2024   ai
procedimenti di VIA non ancora conclusi»; 
          il tutto previa, se del caso, disapplicazione  dell'art.  3
della legge regionale n. 5 del 3 luglio 2024  per  contrasto  con  la
normativa europea, ovvero previa rimessione alla Corte costituzionale
della questione di legittimita'  del  medesimo  art.  3  della  legge
regionale n. 5 del 3 luglio 2024, 
        e per l'accertamento dell'illegittimita' dell'inerzia serbata
dall'amministrazione  competente  alla   conclusione   dell'iter   di
verifica  di  assoggettabilita'  a  V.I.A.,  avviato  con   l'istanza
trasmessa dall'odierna ricorrente in data 8 novembre 2023, 
        e  per  la  condanna  dell'amministrazione   alla   sollecita
definizione del procedimento, chiedendo sin d'ora  la  nomina  di  un
commissario ad  acta  in  caso  di  perdurante  o  rinnovata  inerzia
dell'amministrazione a concludere il procedimento; 
        quanto al ricorso per motivi aggiunti: 
          della nota prot. n. 4777 del 13 febbraio 2025, con la quale
l'Assessorato della difesa dell'ambiente  della  Regione  Sardegna  -
Servizio valutazione impatti e incidenze  ambientali,  ha  comunicato
l'improcedibilita' dell'istanza di screening VIA; 
          della nota prot. n. 1841 del 21 gennaio 2025, con la  quale
l'Assessorato della difesa dell'ambiente  della  Regione  Sardegna  -
Servizio valutazione impatti e incidenze ambientali, ha comunicato il
riavvio del procedimento di screening VIA al fine  di  «valutare  gli
effetti della legge  regionale  n.  20/2024  sull'intervento  di  che
trattasi»; 
          il tutto previa, se del caso, disapplicazione dell'art.  1,
comma 1, lettera a), commi 5 e 7 della legge regionale n.  20  del  5
dicembre 2024, nonche' di tutti  gli  allegati  alla  predetta  legge
regionale n. 20/2024 e, in ogni caso, dell'allegato  B,  lettere  t),
u), w) punto 12, e bb),  per  contrasto  con  la  normativa  europea,
ovvero previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di
legittimita' del medesimo art. 1, comma 1, lettera a), commi  5  e  7
della legge regionale n. 5 del 3 luglio 2024 e di tutti gli  allegati
alla  predetta  legge  regionale  n.  20/2024  e,   in   ogni   caso,
dell'allegato B, lettere t), u), w) punto 12, e bb); 
          in  via  subordinata,  e  solo  ove  occorrer  possa,   per
l'annullamento degli articoli 1, comma 2, lettera b); 3, comma  1;  e
7, comma 2, lettera c), e comma 3 del decreto ministeriale 21  giugno
2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - Serie generale -  n.  153
del 2 luglio 2024,  adottato  dal  Ministero  dell'ambiente  e  della
sicurezza energetica di concerto con il Ministero della cultura e  il
Ministero  dell'agricoltura,  della  sovranita'  alimentare  e  delle
foreste e avente ad oggetto la «Disciplina  per  l'individuazione  di
superfici e aree idonee  per  l'installazione  di  impianti  a  fonti
rinnovabili», nella parte in  cui  prevede  la  possibilita'  per  le
regioni  di  individuare  le  superfici  e  le   aree   «non   idonee
all'installazione  di  impianti  a  fonti  rinnovabili»,  nonche'  la
«possibilita' di fare salve le aree idonee di  cui  all'art.  20  del
decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199»  e  la  possibilita'  di
«stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a
tutela  di  ampiezza  differenziata  a  seconda  della  tipologia  di
impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino a un  massimo
di 7 chilometri»; 
        e per  l'accertamento  dell'illegittimita'  della  perdurante
inerzia  serbata  dall'amministrazione  competente  alla  conclusione
dell'iter di verifica di  assoggettabilita'  a  V.I.A.,  avviato  con
l'istanza trasmessa dall'odierna ricorrente in data 8 novembre 2023; 
        e  per  la  condanna  dell'amministrazione   alla   sollecita
definizione del procedimento, chiedendo sin d'ora  la  nomina  di  un
commissario ad  acta  in  caso  di  perdurante  o  rinnovata  inerzia
dell'amministrazione a concludere il procedimento. 
    Visti il ricorso introduttivo, il ricorso per motivi aggiunti e i
relativi allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione autonoma
della Sardegna, dei Ministeri e della Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, con i relativi allegati; 
    Visti gli articoli 23, comma 3, legge 11 marzo 1953, n.  87,  79,
comma 1, c.p.a., e 295 del codice di procedura civile; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Ritenuta la propria giurisdizione e competenza; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2025 il dott.
Gabriele Serra e uditi per le parti: l'avv. Mattia  Malinverni  -  in
dichiarata sostituzione dell'avv. Andrea Sticchi  Damiani  -  per  la
societa' ricorrente, l'avv. Floriana Isola per la Regione Sardegna  e
l'avv. dello Stato Annabella  Risi  per  le  amministrazioni  statali
resistenti; 
 
                       Premesso e considerato 
                            quanto segue: 
 
    1. In data 8 novembre 2023 la societa' EF AGRI Societa'  agricola
a r.l.  ha  presentato  presso  il  Servizio  valutazione  impatti  e
incidenze ambientali della Regione Sardegna l'istanza per l'avvio del
procedimento di verifica di  assoggettabilita'  alla  Valutazione  di
impatto ambientale (c.d. screening VIA) ai sensi degli articoli 19  e
seguenti del decreto legislativo n. 152/2006, relativa a un  progetto
di impianto agri-voltaico sito nei Comuni di Siamaggiore e  Solarussa
(OR). 
    Ha rappresentato la ricorrente che il progetto, avente a  oggetto
un intervento «di pubblica utilita'» ed «indifferibile e urgente»  ai
sensi dell'art. 12, comma 1 del decreto  legislativo  n.  387/2003  e
art. 7-bis, comma 2-bis  del  decreto  legislativo  n.  152/2006,  e'
incluso nell'allegato I-bis del  testo  unico  dell'ambiente  -  TUA,
approvato  con  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,  in  quanto
costituente opera strategica ai fini dell'implementazione del PNIEC e
del PNRR. Il progetto, inoltre, insiste su  «area  idonea»  ai  sensi
dell'art. 20, comma 8, lettera c-quater) del decreto  legislativo  n.
199/2021. 
    2. Con nota prot. n. 28950 del 26 settembre 2024 il servizio VIA,
decorso il termine perentorio di cui all'art. 19,  comma  6,  decreto
legislativo n. 152/2006, ha tuttavia comunicato alla  ricorrente  «la
sospensione del procedimento in epigrafe, sino  al  termine  previsto
nella sopraccitata legge regionale n. 5/2024  [...]  considerato  che
con l'entrata in vigore della legge regionale 3  luglio  2024,  n.  5
[...],  la  Regione  Sardegna,  in   attuazione   delle   misure   di
salvaguardia ivi previste, ha stabilito  "il  divieto  di  realizzare
nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti
rinnovabili (F.E.R.)", negli ambiti territoriali elencati all'art. 3,
comma 1 della suddetta legge». 
    La societa' era, inoltre, venuta a conoscenza del  fatto  che  la
Direzione  generale  dell'ambiente,  in  seguito   alla   «moratoria»
introdotta dalla legge regionale  n.  5/2024  aveva  comunicato  agli
uffici  di  sospendere  i  procedimenti  di  valutazione  di  impatto
ambientale  di  competenza   regionale   e   relativi   agli   ambiti
territoriali   individuati   dalla    medesima    legge    presentate
successivamente o in corso di istruttoria alla data di  pubblicazione
nel BURAS della legge regionale (4 luglio 2024). 
    3.  Con  il  ricorso  introduttivo   la   societa'   ha   chiesto
l'annullamento delle note impugnate, in epigrafe specificate,  previa
disapplicazione dell'art. 3  della  legge  regionale  n.  5/2024  per
contrasto con la normativa  europea  ovvero  previa  rimessione  alla
Corte costituzionale della questione  di  legittimita'  del  medesimo
art.    3,    nonche'     l'accertamento     dell'inerzia     serbata
dall'amministrazione nel concludere il procedimento. 
    4.  La  ricorrente,  in  particolare,  ha  dedotto  il  vizio  di
violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 5/2024 e del
quadro normativo di riferimento in materia di rinnovabili,  deducendo
che  la  norma  regionale   richiamata   dal   servizio   VIA   fosse
inapplicabile  al  caso  di  specie,  anche  in  virtu'  di  una  sua
interpretazione costituzionalmente orientata, non venendo in  rilievo
un  impianto  gia'  autorizzato,  ma  un  procedimento  in  corso  di
svolgimento per la Verifica di assoggettabilita' a VIA. 
    4. Con il secondo  motivo  di  ricorso  la  societa'  ha  dedotto
l'illegittimita'    dei     provvedimenti     impugnati     derivante
dall'illegittimita' euro-unitaria dell'art. 3 della  legge  regionale
n.  5/2024,  disposizione  che,  pertanto,  avrebbe   dovuto   essere
disapplicata. 
    4.1. Il divieto di autorizzare  e  realizzare  gli  impianti  FER
previsto dall'art.  3,  comma  1  della  legge  regionale  n.  5/2024
avrebbe, infatti, sottratto  in  modo  indiscriminato  il  territorio
regionale dal  perseguimento  dei  target  vincolanti  per  lo  Stato
italiano. In particolare, la direttiva UE 2018/2001,  recepita  dallo
Stato italiano con il decreto  legislativo  n.  199/2021  ha  fissato
l'obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030  pari  al  32%  (poi
aggiornato al 42,5% con la direttiva UE 2023/2413) e, all'art. 15, ha
previsto  il  vincolo  per  gli  Stati  membri  di  adottare   misure
appropriate per assicurare che «a) le procedure amministrative  siano
razionalizzate e accelerate  al  livello  amministrativo  adeguato  e
siano fissati termini prevedibili per le procedure di  cui  al  primo
comma; b) le norme in materia  di  autorizzazione,  certificazione  e
concessione di licenze siano oggettive, trasparenti e  proporzionate,
non contengano discriminazioni tra partecipanti e tengano  pienamente
conto delle specificita' di ogni singola tecnologia  per  le  energie
rinnovabili», nonche' l'adozione di zone di accelerazione per  uno  o
piu' tipi di energie da fonti rinnovabili. Ugualmente il  regolamento
UE 2577/2022 ha stabilito il principio, in sede di ponderazione degli
interessi  giuridici  nei  singoli  casi,   della   priorita'   della
costruzione e dell'esercizio degli impianti di produzione di  energia
da fonti rinnovabili. 
    4.2. I provvedimenti impugnati, pertanto,  nella  misura  in  cui
recepiscono e danno attuazione all'art. 3 della  legge  regionale  n.
5/2024 si pongono in contrasto con la normativa europea, frustrandone
l'effetto utile. La normativa regionale, infatti, nella parte in  cui
vieta l'autorizzazione e la realizzazione di impianti FER si pone  in
contrasto  con  il  principio  di  massima  diffusione  delle   fonti
rinnovabili e coi target stabiliti a  livello  euro-unitario,  con  i
principi  di  semplificazione  dei  procedimenti   autorizzativi   di
impianti FER, con la natura di  interesse  pubblico  prevalente  alla
realizzazione  di  impianti  FER,  con  l'obiettivo  di  semplificare
ulteriormente  le  procedure  autorizzative  nelle   c.d.   aree   di
accelerazione, tra cui l'area in esame che si configura  come  idonea
ai sensi  dell'art.  20,  comma  8,  lettera  c-quater)  del  decreto
legislativo n. 199/2021, con l'obiettivo di ridurre al minimo le c.d.
zone di esclusione, che invece vengono estese di fatto alla totalita'
del territorio regionale. 
    5. Con  il  terzo  motivo  di  ricorso  la  societa'  ha  dedotto
l'illegittimita'  dei  provvedimenti  impugnati   in   via   derivata
dall'illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge  regionale
n. 5/2024, ove interpretabile nel senso prospettato  dall'assessorato
ambiente (ovvero che il divieto di realizzare nuovi impianti comporti
anche la sospensione delle procedure autorizzative in corso). 
    5.1. In primo luogo, infatti, l'art. 3 della legge  regionale  n.
5/2024 si porrebbe in contrasto con gli articoli 3  e  117,  comma  3
della  Costituzione,  poiche'  nel  prevedere  la  c.d.   «moratoria»
contrasterebbe con la normativa statale di  riferimento  che  pone  i
principi fondamentali, vincolanti  per  le  regioni,  in  materia  di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», e  in
particolare con  l'art.  20,  comma  6  del  decreto  legislativo  n.
199/2021 secondo  cui  «Nelle  more  dell'individuazione  delle  aree
idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni  dei
termini dei procedimenti di autorizzazione». Inoltre,  la  previsione
impedirebbe  in  modo   illogico   e   irragionevole   una   adeguata
ponderazione  degli  interessi  coinvolti,  trascurando   l'interesse
pubblico  alla  realizzazione  di  impianti  FER   e   imponendo   la
sospensione dei procedimenti autorizzativi in  base  alla  loro  mera
pendenza e non per effetto dell'effettiva sussistenza  di  pregiudizi
derivanti dall'installazione degli impianti. 
    La stessa giurisprudenza costituzionale, secondo  quanto  dedotto
dalla ricorrente, ha piu' volte affermato che i principi fondamentali
degli impianti FER sul territorio nazionale sono, in primo luogo,  la
compatibilita' ex lege degli impianti con le aree agricole  (ex  art.
12, comma 7, decreto legislativo n. 387/2003) e,  in  secondo  luogo,
che il solo potere conferito alle regioni e'  quello  di  individuare
aree non idonee all'installazione di impianti FER con la precisazione
che si deve trattare di una indicazione di massima da operare con  un
atto di pianificazione da  bilanciare  e  ponderare  nella  sede  del
procedimento   amministrativo,   stigmatizzando   invece   interventi
normativi volti a precludere la  realizzazione  di  impianti  FER  su
ampie porzioni del territorio regionale. 
    Le disposizioni regionali censurate, vietando l'autorizzazione  e
la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili in aree nelle  quali
il legislatore statale lo permette e prevedendo che siano le  proprie
«misure  di  salvaguardia»  a   trovare   applicazione   nelle   more
dell'approvazione della legge regionale di individuazione delle  aree
idonee  ex  art.  20,  comma  4,  decreto  legislativo  n.  199/2021,
contrastano dunque con la normativa statale stessa  che  non  ammette
divieti o moratorie e che, in relazione  alle  aree  non  idonee,  si
limita ad attribuire alle regioni il potere di individuare tali  aree
mediante  strumenti  di  programmazione  senza  che   cio'   comporti
impedimenti assoluti alla localizzazione degli impianti FER. 
    In sintesi, dunque, la norma regionale  eccederebbe,  secondo  la
ricorrente, le competenze in materia,  i  cui  principi  fondamentali
sono stabiliti dallo  Stato  e  rispetto  ai  quali  si  porrebbe  in
frontale contrasto. 
    5.2.  Inoltre,  secondo  la  ricorrente,  poiche'  la  disciplina
statale  e'  di  derivazione  eurounitaria   sussisterebbe   altresi'
l'illegittimita' costituzionale per contrasto con l'art.  117,  primo
comma  della  Costituzione,  della  legge  regionale  che,   vietando
indiscriminatamente l'autorizzazione  e  la  realizzazione  di  nuovi
impianti,  e'  idonea  a  pregiudicare  gli  obiettivi  fissati   dal
legislatore nazionale in attuazione della disciplina europea. 
    5.3. In terzo luogo, l'art. 3 della legge regionale n. 5/2024  si
porrebbe in contrasto con l'art. 9 della Costituzione, e, dunque, con
il principio di tutela dell'ambiente, cui  contribuiscono  in  misura
rilevante le energie rinnovabili, e con il principio di  integrazione
di cui all'art. 11 del  TFUE  (secondo  cui  le  esigenze  di  tutela
dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e  attuazione
delle altre pertinenti politiche pubbliche, al fine di promuovere  lo
sviluppo sostenibile). Le esigenze di tutela dell'ambiente,  inoltre,
impongono di operare un bilanciamento dei vari interessi in  concreto
nell'ambito del  procedimento  amministrativo,  come  chiarito  dalla
giurisprudenza amministrativa e costituzionale. La legge regionale  e
i provvedimenti impugnati, invece, sottrarrebbero alla  sede  propria
del procedimento  amministrativo  tale  attivita'  di  bilanciamento,
introducendo un  divieto  aprioristico  contrastante  con  l'esigenza
prioritaria di incrementare la produzione di energia green al fine di
tutelare l'ambiente. 
    5.4. Inoltre, secondo la ricorrente,  la  disposizione  in  esame
violerebbe altresi' gli articoli 3 e 41  della  Costituzione,  avendo
introdotto in modo inaspettato un divieto generale di  autorizzazione
e  realizzazione  di  impianti  cosi'  sacrificando  la  liberta'  di
iniziativa privata e l'affidamento della societa' ricorrente;  l'art.
97 della Costituzione, nella misura in cui, trascurando le  attivita'
amministrative gia' svolte dalle autorita' competenti, pregiudica  il
principio di buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  e  di
doverosita' dell'azione amministrativa; l'art. 3 della  Costituzione,
anche   sotto   il   profilo   della   manifesta   sproporzionalita',
irrazionalita', irragionevolezza e arbitrarieta'  della  disposizione
impugnata. Infatti, l'opzione perseguita dal legislatore regionale di
porre  un  generale  ed  indiscriminato  divieto  di  autorizzare   e
realizzare iniziative FER risulta viziata,  sotto  il  profilo  della
proporzionalita'  della  misura  adottata,  in  quanto  destinata  ad
incidere in maniera pregiudizievole sugli interessi privati  e  sugli
obiettivi  di  tutela  ambientale   e   paesaggistica   astrattamente
perseguiti. 
    Cio'  avverrebbe  in  virtu'  dell'obiettivo  di  scongiurare  un
rischio (l'irreversibilita' degli impatti  sul  territorio  regionale
derivanti dalla realizzazione degli impianti FER ex art. 1, comma  2,
legge regionale n. 5/2024) oltre che indimostrato, anche  inesistente
soprattutto nel caso degli  impianti  agri-voltaici  come  quello  in
esame. 
    6. Con un  quarto  motivo  di  ricorso  la  societa'  ha  dedotto
l'illegittimita'    dell'inerzia     serbata     dall'amministrazione
sull'istanza di verifica di assoggettabilita' a VIA. 
    L'art. 19 ai commi 6 e 11 del TUA prevede un  termine  perentorio
di quarantacinque giorni decorrente dalla  scadenza  del  termine  di
trenta  giorni  cui  al  precedente  comma  4  per   l'adozione   del
provvedimento di verifica di assoggettabilita' a  VIA,  termini  che,
nel  caso  di  specie,  sarebbero  ampiamente   decorsi   in   quanto
l'amministrazione avrebbe dovuto adottare il provvedimento entro il 5
febbraio 2024). 
    7. Con ricorso per  motivi  aggiunti  del  18  febbraio  2025  la
societa' ricorrente ha chiesto, in primo luogo, l'annullamento  della
nota in data 21  gennaio  2025  con  la  quale  il  servizio  VIA  ha
comunicato il riavvio del procedimento di screening VIA  al  fine  di
«valutare   gli   effetti   della   legge   regionale   n.    20/2024
sull'intervento di che trattasi». 
    7.1. Nelle more del giudizio, infatti, la  regione  con  la  nota
impugnata, pur comunicando il formale  riavvio  del  procedimento  di
screening VIA, ha nella sostanza reiterato la  sospensione  dell'iter
attivando il suindicato sub-procedimento. In data  6  dicembre  2024,
infatti, era entrata in vigore la legge regionale n. 20/2024 con  cui
il legislatore ha abrogato la precedente legge regionale n. 5/2024  e
ha introdotto una disciplina normativa relativa alle aree non  idonee
(che,  invece  sarebbe  riservata  a  un   atto   di   programmazione
amministrativa),     introducendo     un     divieto     aprioristico
all'autorizzazione e alla realizzazione di impianti  FER  localizzati
in tali aree, senza  peraltro  recepire  le  indicazioni  sulle  aree
idonee individuate dal legislatore statale e prevedendo  persino  che
la declaratoria di non idoneita' prevalga su quella di idoneita'. 
    La regione,  con  la  nota  impugnata,  avrebbe  illegittimamente
aggravato il procedimento con un'attivita' istruttoria  non  prevista
dalla normativa statale e finalizzata  a  valutare  gli  effetti  sul
progetto della  ricorrente  di  una  legge  regionale  manifestamente
incostituzionale e anti-comunitaria. 
    7.2. Con lo  stesso  ricorso  per  motivi  aggiunti  la  societa'
ricorrente ha chiesto l'annullamento, quale atto propriamente lesivo,
della nota prot. n. 4777  del  13  febbraio  2025  con  la  quale  il
servizio  VIA  ha  comunicato  gli  esiti   di   tale   asseritamente
illegittimo    sub-procedimento,    disponendo     l'improcedibilita'
dell'istanza di screening VIA alla luce del  fatto  che  il  progetto
ricadrebbe in alcune aree non idonee ai sensi dell'allegato  B  della
legge  regionale  n.  20/2024   per   l'installazione   di   impianti
agri-voltaici,  con  conseguente  applicazione  del  divieto  di  cui
all'art. 1, comma 5 della medesima legge regionale. 
    8. Con  un  primo  motivo,  la  societa'  ricorrente  ha  dedotto
l'illegittimita'  degli  atti  impugnati  in   via   derivata   dalla
illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera a), commi
5 e 7, legge regionale n. 20/2024 (e dei  relativi  allegati),  nella
parte in cui - disciplinando in carenza di potere con atto  normativo
le   aree   non   idonee,   prevedendo   un   divieto    aprioristico
all'autorizzazione e all'installazione di  impianti  FER  nelle  aree
qualificate dalla medesima legge come «non idonee»  e  sancendone  la
prevalenza perfino rispetto alla disciplina delle aree c.d.  «idonee»
- violerebbe apertamente la normativa primaria di riferimento. 
    8.1. La regione, innanzitutto, con legge regionale (art. 1, comma
1, lettera a) avrebbe  proceduto  in  via  principale  e  prioritaria
all'individuazione delle aree  non  idonee  (peraltro  configurandole
come divieti preventivi), per poi individuare  anche  quelle  idonee,
residuali  sia  nella  loro  entita'  che  negli  effetti  del   loro
riconoscimento. Cosi' facendo, l'art.  1  della  legge  regionale  si
sarebbe posto in contrasto con i principi fondamentali della materia,
desumibili  dal  combinato  disposto   dell'art.   12   del   decreto
legislativo n. 387/2003 e delle Linee guida nazionali  approvate  con
decreto ministeriale 10 settembre 2010 (che configurano le  aree  non
idonee come strumento di accelerazione, dal contenuto non  vincolante
e pongono una riserva  di  procedimento  amministrativo  sul  punto),
nonche' con il decreto legislativo n. 199/2021, il quale: 
        1) all'art. 20,  comma  4,  accorda  priorita'  e  prevalenza
all'individuazione delle aree  idonee,  assegnando  alla  Regione  il
compito di provvedere con fonte legislativa esclusivamente in  merito
a tale tipologia di aree; 
        2)   all'art.   18,   rinvia   a   un   momento    successivo
all'individuazione delle  aree  idonee,  a  valle  dell'aggiornamento
delle Linee guida nazionali, l'aggiornamento della  disciplina  delle
aree non idonee, confermando la riserva di procedimento. 
    9.1.1. In particolare,  l'art.  12  del  decreto  legislativo  n.
387/2003 ha fissato il principio di generale utilizzabilita' di tutti
i terreni per la realizzazione di impianti FER, salvo il potere delle
regioni di individuare, nei limiti di  quanto  previsto  dalle  Linee
guida nazionali emanate a completamento della disciplina primaria, le
aree non idonee.  Queste  ultime  non  si  configurano  come  divieti
preventivi, ma costituiscono  uno  strumento  di  accelerazione,  non
vincolante (v. paragrafo 17 e allegato 3 del decreto ministeriale  10
settembre 2010), la cui individuazione deve avvenire previa  apposita
istruttoria e confluire in un atto  di  pianificazione  (a  carattere
amministrativo, dunque,  e  non  normativo),  dovendosi  motivare  la
incompatibilita' in relazione a specifiche tipologie  e/o  dimensioni
di impianti con riferimento agli obiettivi di protezione  perseguiti.
L'individuazione delle aree non idonee dovrebbe avvenire, dunque, con
uno  strumento  amministrativo  flessibile,  in  modo  da   garantire
l'opportuno bilanciamento degli interessi  in  gioco  nella  concreta
sede procedimentale. 
    9.1.2. Tale generale impianto normativo ha trovato piena conferma
anche nel decreto legislativo n. 199/2021. Ed infatti, l'art. 20  del
decreto  legislativo  n.  199/2021  stabilisce  espressamente  che  i
decreti ministeriali recanti principi e criteri in  materia  di  aree
idonee e non idonee devono prioritariamente individuare i criteri per
l'individuazione  delle  aree  idonee,  assegnando  alle  Regioni  il
compito di procedere alla piena attuazione della norma  con  atto  di
fonte legislativa limitatamente alle aree idonee  (comma  4).  L'art.
20, invece, non attribuirebbe alle regioni il potere  legislativo  in
merito alle aree non idonee, cosi' come  confermato  anche  dall'art.
18, comma 3, il quale prevede che solo a seguito  dell'individuazione
delle aree idonee si potra' porre in essere  la  valutazione  di  cui
all'art. 17 delle linee guida che impone alle regioni di  operare  un
congruo bilanciamento degli interessi. 
    9.1.3.  Di  qui  la  evidente  incostituzionalita'  della   legge
regionale  n.  20/2024,  che  si  pone  in  contrasto  coi   principi
fondamentali  della  materia  stabiliti  dall'art.  12  del   decreto
legislativo n. 387/2003, dal decreto ministeriale 10 settembre 2010 e
dal decreto legislativo n.  199/2021  per  violazione  dell'art.  117
della Costituzione. 
    9.2.  Deduce  la  ricorrente  che  la  violazione  dei   principi
fondamentali della materia e la conseguente incostituzionalita' della
legge  regionale  deriverebbe  anche  dal  divieto  aprioristico   di
autorizzare e realizzare  impianti  FER  in  aree  non  idonee  posto
dall'art. 1, commi 5 e 7 della legge regionale n. 20/2024. 
    I principi fondamentali della materia fissati dalla  legislazione
dello  Stato,  infatti,  costituiscono  attuazione  delle   direttive
comunitarie  che  manifestano  un  favor  per  le  fonti  energetiche
rinnovabili. Tali principi fondamentali,  secondo  la  giurisprudenza
amministrativa e costituzionale, sono costituiti in particolare dalla
compatibilita' ex lege degli impianti con le aree agricole  (ex  art.
12, comma 7, decreto legislativo  n.  387/2003)  e  il  potere  delle
regioni di individuare aree non idonee all'installazione di  impianti
FER, ma mediante una indicazione di massima da operare con un atto di
pianificazione da bilanciare e ponderare nella sede del  procedimento
amministrativo, dovendosi stigmatizzare, invece, interventi normativi
volti a precludere la realizzazione di impianti FER su ampie porzioni
del territorio regionale. 
    L'art. 1 della legge regionale  n.  20/2024,  nell'introdurre  il
suddetto divieto aprioristico si pone in contrasto con tali  principi
fondamentali, eccedendo  le  competenze  in  materia.  Peraltro,  gli
allegati, A, B, C, D ed E alla legge regionale individuano una  serie
di aree  non  idonee  che  corrispondono  alla  quasi  totalita'  del
territorio sardo, introducendo di fatto un divieto generalizzato. 
    La ricorrente, pertanto, ha  chiesto  la  rimessione  alla  Corte
costituzionale della questione di legittimita'  costituzionale  della
legge regionale n. 20/2024 e, in particolare, degli articoli 1, commi
5 e 7, in relazione agli articoli 117,  comma  3  della  Costituzione
(per violazione dei suindicati principi  fondamentali  della  materia
stabiliti dallo Stato) e all'art. 3 della Costituzione, in quanto  le
previsioni  in  questione   impedirebbero,   in   modo   illogico   e
irragionevole, una  adeguata  ponderazione  di  tutti  gli  interessi
coinvolti, trascurando l'interesse  pubblico  alla  realizzazione  di
impianti   FER   e   imponendo   l'inefficacia   dei    provvedimenti
autorizzativi gia' conseguiti. 
    Inoltre, poiche' la disciplina di riferimento e'  di  derivazione
euro-unitaria,  la  ricorrente  ha  dedotto  altresi'  la  violazione
dell'art. 117, comma 1  della  Costituzione,  essendo  la  disciplina
regionale idonea a pregiudicare gli obiettivi fissati dal legislatore
nazionale in attuazione della disciplina unionale sul c.d. Green Deal
europeo. 
    9.2.1. Sotto altro profilo,  l'art.  1,  comma  5,  sopra  citato
sarebbe  incostituzionale  in  quanto  l'inidoneita'   dell'area,   a
differenza di quanto previsto dalla  legge  regionale,  non  comporta
tout court il divieto di  installazione  di  impianti  FER,  gravando
sull'amministrazione l'onere di effettuare una  puntuale  istruttoria
al fine di bilanciare gli interessi coinvolti. 
    Cio'  e'  stabilito  dalle  linee  guida  di   cui   al   decreto
ministeriale 10 settembre 2010 (allegato 3, lettera d)  ed  e'  stato
chiarito dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale secondo
cui  anche  nel  caso  di  aree  non  idonee  opera  una  riserva  di
procedimento     amministrativo,      sussistendo      il      dovere
dell'amministrazione procedente di verificare in concreto,  caso  per
caso,  se  il  singolo  progetto   sia   o   meno   realizzabile   in
considerazione delle sue caratteristiche e delle caratteristiche  del
sito interessato. 
    Lo stesso decreto del Ministro dell'ambiente  e  della  sicurezza
energetica   del   21   giugno   2024   (recante   «Disciplina    per
l'individuazione di superfici e aree idonee  per  l'installazione  di
impianti a fonti rinnovabili») sulla cui base  e'  stata  emanata  la
legge regionale n. 20/2024, non abilita in alcun modo  le  regioni  a
introdurre divieti aprioristici di autorizzare e realizzare  impianti
FER nelle aree individuate come «non idonee». 
    9.3. La ricorrente deduce, poi,  l'illegittimita'  costituzionale
degli articoli 1, commi 5 e 7 della legge regionale n. 20/2024 e  dei
relativi allegati per  violazione  dei  principi  fondamentali  della
materia anche sotto il  profilo  della  violazione  della  disciplina
delle aree idonee  ex  art.  20,  comma  8,  decreto  legislativo  n.
199/2021. 
    9.3.1.  Con  specifico  riferimento  alle  fattispecie   di   non
idoneita' di cui  alla  nota  regionale  impugnata  che  ha  disposto
l'improcedibilita' dell'istanza della ricorrente, le lettere t), u) e
w), punto 12, allegato B, prevedono che  sono  aree  non  idonee  per
l'installazione di impianti agri-voltaici di grande  taglia  «i  beni
culturali (immobili e aree) sottoposti a tutela ai sensi della  Parte
II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio
2002, n. 137), ed aree circostanti che distano meno di  7  chilometri
da essi, in linea d'aria  da  essi»,  gli  «immobili  e  le  aree  di
notevole interesse pubblico di cui all'art. 136, comma 1 del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ed aree circostanti  che  distano
meno  di  7  chilometri  da   essi»,   nonche'   «aree   e   immobili
caratterizzati da edifici e manufatti di valenza storico-  culturale,
architettonica, archeologica, di cui all'art. 48 delle NTA  del  PPR,
ed aree circostanti che  distano  meno  di  3  chilometri,  in  linea
d'aria, calcolati a partire dal  perimetro  della  fascia  di  tutela
condizionata». 
    Tali norme contrasterebbero, secondo la  ricorrente,  con  l'art.
20, comma 8, lettera c-quater) del decreto  legislativo  n.  199/2021
secondo cui sono considerate aree idonee ex lege quelle che non  sono
«ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai  sensi  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ne' ricadono nella fascia
di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda
oppure dell'art. 136 del medesimo decreto legislativo. La  fascia  di
rispetto e' determinata considerando una distanza dal  perimetro  dei
beni  sottoposti  a  tutela  di  [...]  500  m   per   gli   impianti
fotovoltaici». 
    9.3.2. Anche le ipotesi  di  non  idoneita'  prevista  dalla  bb)
dell'allegato B alla legge regionale n. 20/2024, riferita alle  «zone
urbanistiche omogenee E  "Agricole"»,  che  sarebbe  illegittima,  in
quanto sussiste una  compatibilita'  ex  lege  delle  aree  agricole,
riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale. 
    9.3.3.  Rappresenta  la  ricorrente,  inoltre,  come  lo   stesso
Consiglio di Stato con ordinanze cautelari n. 4297, n. 4298, n. 4299,
n. 4300, n. 4301, n. 4302 del 2024 (peraltro  prima  dell'entrata  in
vigore della legge regionale n. 20/2024)  abbia  sospeso  l'efficacia
dell'art. 7, comma 2, lettera c) del decreto ministeriale  21  giugno
2024 che, nel prevedere la «possibilita' di fare salve le aree idonee
di cui all'art. 20, comma 8» del  decreto  legislativo  n.  199/2021,
consentiva in astratto  alle  regioni  di  derogare  alla  disciplina
primaria sulle aree idonee. 
    9.4. La societa' ricorrente ha, inoltre, dedotto l'illegittimita'
costituzionale del divieto introdotto dall'art. 1, commi 5 e 7, della
legge regionale n. 20/2024 per violazione degli articoli 3,  9  e  41
della Costituzione. 
    9.4.1. Sotto un primo profilo, infatti,  la  legge  regionale  si
porrebbe in contrasto con il principio di tutela  dell'ambiente,  cui
contribuiscono in maniera rilevante le energie rinnovabili. Anche  il
regolamento UE n. 2577/2022 ha previsto che  la  realizzazione  degli
impianti  FER  debba  essere  considerata  di   «interesse   pubblico
prevalente ... in sede di ponderazione degli interessi giuridici  nei
singoli casi» (art. 3). Pertanto, il  divieto  previsto  dalla  norma
regionale si porrebbe in contrasto con il principio  di  integrazione
delle tutele, riconosciuto anche a livello europeo dall'art.  11  del
TFUE (secondo cui le esigenze di tutela dell'ambiente  devono  essere
integrate nella  definizione  e  attuazione  delle  altre  pertinenti
politiche pubbliche, al fine di promuovere lo sviluppo  sostenibile).
Tali  esigenze  di  tutela,  inoltre,   impongono   di   operare   un
bilanciamento  dei  vari  interessi  in  concreto   nell'ambito   del
procedimento  amministrativo,  come  chiarito  dalla   giurisprudenza
amministrativa e costituzionale. La legge regionale e i provvedimenti
impugnati, invece, sottrarrebbero alla sede propria del  procedimento
amministrativo  tale  attivita'  di  bilanciamento,  introducendo  un
divieto  aprioristico  contrastante  con  l'esigenza  prioritaria  di
incrementare la produzione di  energia  green  al  fine  di  tutelare
l'ambiente. 
    9.4.2. Inoltre, secondo la ricorrente, la disposizione  in  esame
violerebbe altresi' l'art. 41 della Costituzione,  avendo  introdotto
in  modo  inaspettato  un  divieto  generale  di   autorizzazione   e
realizzazione  di  impianti,  cosi'  sacrificando  la   liberta'   di
iniziativa privata e l'affidamento della societa' ricorrente;  l'art.
97 della Costituzione, nella misura in cui, trascurando le  attivita'
amministrative gia' svolte dalle autorita' competenti, pregiudica  il
principio di buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  e  di
doverosita' dell'azione amministrativa; l'art. 3 della  Costituzione,
sotto  il  profilo  della   proporzionalita',   non   sussistendo   i
presupposti di necessita' e idoneita' della misura adottata  rispetto
all'obiettivo  asseritamente  perseguito  di  tutela  del  territorio
agrario. 
    Infatti, l'opzione perseguita dal Legislatore regionale di  porre
un generale ed indiscriminato divieto  di  autorizzare  e  realizzare
iniziative   FER   risulta   viziata,   sotto   il   profilo    della
proporzionalita'  della  misura  adottata,  in  quanto  destinata  ad
incidere in maniera pregiudizievole sugli interessi privati  e  sugli
obiettivi  di  tutela  ambientale   e   paesaggistica   astrattamente
perseguiti. 
    Cio'  avverrebbe  in  virtu'  di  un  obiettivo  (di  scongiurare
l'irreversibilita' degli impatti sul territorio  regionale  derivanti
dalla realizzazione degli impianti FER ex art. 1, comma 1, lettere c)
e d) della legge regionale n. 20/2024) oltre che indimostrato,  anche
inesistente soprattutto nel caso degli  impianti  agri-voltaici  come
quello in esame. 
    10. La societa' ricorrente ha censurato gli atti impugnati  anche
in  via  autonoma  e   derivata   dalla   contrarieta'   al   diritto
euro-unitario della legge regionale n. 20/2024. 
    10.1. La disciplina regionale,  infatti,  avrebbe  dovuto  essere
disapplicata dall'amministrazione in quanto contraria al principio di
massima diffusione delle forme di produzione di  energia  rinnovabile
sancito dalle norme eurounitarie e, in particolare,  dalle  direttive
2001/77/CE e 2009/28/CE  nonche'  dalle  piu'  recenti  direttive  UE
2018/2001 e 2023/2413, come completate dal regolamento UE 2577/2022 e
dalla recente raccomandazione UE 2024/1343. 
    La nota impugnata, pertanto, sarebbe illegittima in via  autonoma
avendo violato l'obbligo giuridico di disapplicare le  norme  interne
incompatibili con quelle euro-unitarie. 
    10.2.  In  secondo  luogo,   la   nota   impugnata   risulterebbe
illegittima anche in via derivata dalla legge regionale  contrastante
con la normativa europea. 
    Il divieto posto dalla legge regionale, infatti, sottrae in  modo
indiscriminato il territorio  regionale  dalla  localizzazione  degli
impianti FER, cosi' impedendo il raggiungimento dei target vincolanti
per lo Stato italiano fissati dalla normativa europea, oltre a  porsi
in  contrasto  coi  principi  di  derivazione  europea   di   massima
diffusione  delle   fonti   rinnovabili,   di   semplificazione   dei
procedimenti autorizzativi,  con  la  natura  di  interesse  pubblico
prevalente dell'installazione  di  impianti  FER  rispetto  ad  altri
interessi in potenziale conflitto, con  l'obiettivo  di  semplificare
ulteriormente  le  procedure  autorizzative  nelle   c.d.   zone   di
accelerazione, quali le aree idonee ex  art.  20,  comma  8,  decreto
legislativo n. 199/2021 e con l'obiettivo di  ridurre  al  minimo  le
c.d. zone di esclusione. 
    11. Con il terzo  motivo  di  ricorso,  la  societa'  ha  inoltre
dedotto l'illegittimita' in parte qua  del  decreto  ministeriale  21
giugno 2024 che, al combinato disposto degli  articoli  1,  comma  2,
lettera b) e 3, comma 1, prevede che le  regioni  con  propria  legge
individuino sul rispettivo territorio superfici e aree non idonee. 
    In realta', evidenzia la ricorrente che, in  via  principale,  il
decreto   ministeriale   costituisce   esso   stesso   parametro   di
incostituzionalita' della normativa regionale in quanto, a differenza
della  legge  regionale  n.  20/2024,  non  prevede  in  alcun   modo
l'espresso  divieto  generale  e  aprioristico   di   autorizzare   e
realizzare impianti fotovoltaici ed eolici in aree c.d. «non idonee»,
ne' tantomeno prevede la prevalenza della disciplina delle  aree  non
idonee su quella delle aree c.d. idonee ai  sensi  dell'art.  20  del
decreto legislativo n. 199/2021. 
    Inoltre, posto  anche  che  il  Consiglio  di  Stato  ha  sospeso
l'efficacia  delle  disposizioni  del  decreto  ministeriale,   «solo
formalmente il decreto costituisce il parametro  sulla  cui  base  e'
stata adottata la legge regionale, dal momento che l'efficacia  delle
disposizioni che in astratto  potevano  consentire  alla  regione  di
derogare in peius alla normativa statale era stata  (ed  e'  tuttora)
sospesa  in  data  anteriore   all'emanazione   della   nuova   legge
regionale». 
    Solo in via ulteriormente subordinata  dunque,  i.e.  laddove  si
ritenesse di  interpretare  il  decreto  ministeriale  nel  senso  di
abilitare la regione ad intervenire  con  disposizioni  quali  quelle
della cui legittimita' costituzionale si  dubita,  la  ricorrente  lo
impugna per i seguenti motivi. 
    11.1. Il decreto ministeriale contrasterebbe, infatti, con l'art.
20 del decreto legislativo n. 199/2021  e,  in  particolare,  con  il
comma  4  che  limiterebbe  la  potesta'  normativa   della   regione
all'individuazione delle sole aree idonee. 
    11.2.  In  secondo  luogo,  il  Decreto  sarebbe  illegittimo  in
relazione a quanto previsto dall'art. 7,  comma  2,  lettera  c)  che
conferisce alle regioni la possibilita' di far salve le  aree  idonee
di cui all'art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021. 
    L'efficacia di tale disposizione, peraltro, e' stata sospesa  dal
Consiglio di Stato, che ha negato spazio  per  una  piu'  restrittiva
disciplina regionale rispetto a quella di cui all'art. 20, comma 8. 
    La disposizione regolamentare, dunque, nel consentire in astratto
alle regioni di  derogare  in  peius  alla  legislazione  statale  in
materia di aree  idonee,  si  pone  in  contrasto  con  la  normativa
primaria di riferimento. 
    11.3. La ricorrente censura, infine, l'illegittimita' del Decreto
anche nella misura in  cui,  anziche'  limitarsi  a  dettare  criteri
uniformi per i  legislatori  regionali  ai  fini  dell'individuazione
delle aree idonee (come prescritto  all'art.  20,  comma  1,  decreto
legislativo n. 199/2021), ha direttamente dichiarato la non idoneita'
di alcune aree del territorio nazionale, disponendo all'art. 7, comma
3 che «sono considerate non idonee le superfici e le  aree  che  sono
ricomprese nel perimetro  dei  beni  sottoposti  a  tutela  ai  sensi
dell'art. 10 e dell'art. 136, comma 1, lettere a) e  b)  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42». 
    11.4. Tale disposizione, inoltre,  laddove  letta  nel  senso  di
vietare l'installazione  di  impianti  FER  nelle  aree  non  idonee,
risulterebbe  illegittima  anche  per  contrasto   con   i   principi
fondamentali in materia come sopra richiamati. 
    12. Col quarto motivo del ricorso per motivi aggiunti, infine, la
societa' ricorrente ha ribadito l'illegittimita' dell'inerzia serbata
dall'amministrazione   procedente   sull'istanza   di   verifica   di
assoggettabilita' a VIA. 
    13. Si e'  costituita  in  giudizio  la  Regione  autonoma  della
Sardegna, rilevando, innanzitutto, come  con  le  ordinanze  del  TAR
Lazio n.  9164  e  n.  9168  del  2025  sono  state  rimesse  in  via
incidentale alla Corte costituzionale le  questioni  di  legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 2, 5,  7,  8  e  3,  nonche'  degli
allegati della legge regionale n. 20/2024. 
    13.1. La regione ha, inoltre, dedotto che essa sarebbe dotata  ai
sensi dell'art. 117, comma 6  della  Costituzione,  e  art.  6  dello
statuto   speciale,   di   competenza   legislativa   esclusiva    (e
amministrativa)   nella   materia   di   tutela   e    pianificazione
paesaggistica e nelle materie dell'urbanistica e  dell'agricoltura  e
foreste (art. 3, statuto speciale), nonche' di competenza concorrente
nella  materia  della  «produzione   e   distribuzione   dell'energia
elettrica», ai sensi dell'art. 4 dello statuto. 
    13.1.1. In detto contesto, la legge regionale n. 20/2024 e' stata
adottata dalla regione nell'esercizio  della  competenza  legislativa
esclusiva. 
    Tale prospettiva troverebbe conferma anche nella recente sentenza
della Corte costituzionale n. 28/2025 laddove si e' affermato che  le
regioni, fermi restando i limiti imposti dallo Stato  in  termini  di
classificazione e obiettivi annui (cosi' come stabilito  dal  decreto
ministeriale 21 giugno 2024) fino al 2030, possono esercitare la piu'
ampia discrezionalita'  nel  selezionare  in  quali  aree  consentire
l'installazione agevolata di impianti FER. 
    13.1.2. La legge regionale, inoltre, avrebbe operato  nei  limiti
della  potesta'   legislativa   concorrente   nella   materia   della
«produzione  e  distribuzione  dell'energia  elettrica».  Il  decreto
legislativo n. 199/2021, all'art. 20, comma 1, rimanda a  un  decreto
ministeriale la determinazione dei criteri per  l'individuazione  sia
delle  aree  idonee  che  di  quelle   non   idonee.   Tale   decreto
ministeriale, adottato il 21 giugno  2024  avrebbe  disposto  che  le
regioni definiscano con legge non solo quali sono le aree idonee,  ma
anche quali quelle non idonee e ordinarie (v. art. 3, mai impugnato). 
    13.1.3. La regione, poi, in  applicazione  dello  stesso  decreto
legislativo n.  199/2021,  che  peraltro  salvaguarda  esplicitamente
all'art. 49 le competenze delle regioni a  statuto  speciale,  tenuto
conto  dell'obiettivo  concordato  con  lo  Stato  (art.  2,  decreto
ministeriale 2024),  avrebbe  svolto  una  istruttoria  basata  sulle
condizioni specifiche del territorio individuando le aree  idonee  in
modo tale da garantire  non  solo  il  raggiungimento,  ma  anche  il
superamento degli obiettivi di potenza da raggiungere al 2030. 
    13.1.4.  Con  l'individuazione  delle  aree  idonee  la   regione
avrebbe, dunque, garantito il rispetto  degli  obiettivi  di  potenza
complessiva introducendo una disciplina atta a preservare al  massimo
il   patrimonio   paesaggistico,   archeologico,   storico-culturale,
ambientale, senza tuttavia escludere del  tutto  la  possibilita'  di
installare nelle  aree  e  superfici  non  idonee  impianti  FER,  in
ossequio al principio della massima diffusione delle fonti di energia
rinnovabile e fermo restando che ogni altra area (in cui non viga  il
divieto di impianti fotovoltaici con moduli a terra)  deve  ritenersi
residualmente soggetta al regime autorizzatorio ordinario e potrebbe,
quindi, ospitare l'installazione di impianti. 
    Cio' emergerebbe dall'analisi  degli  allegati  in  cui,  tenendo
conto della rilevanza paesaggistica, culturale, etc., si e' proceduto
a classificare le aree come non idonee, dopo aver individuato  quelle
idonee, prevedendo una distinzione tra tipologie e tagli di  impianti
FER e  consentendone  la  realizzazione  in  seguito  a  un  puntuale
bilanciamento. 
    13.2.  Anche  gli  assunti  della  ricorrente  in   merito   alla
previsione  di  un  divieto   assoluto,   secondo   l'amministrazione
regionale, sarebbero infondati in  quanto  sarebbero  stati  previsti
elementi di flessibilita', da valutare caso per caso anche nelle aree
non idonee, tra cui in particolare gli articoli 1, commi 4,  5  e  7,
ultimo capoverso, 3, comma 4, allegato G, comma 2 (che peraltro  alla
lettera c) prevederebbe misure  di  incentivo  per  la  realizzazione
degli impianti agri-voltaici). Inoltre, negli allegati  (lettere  b),
c), e negli allegati A, B, C) sarebbero consentiti impianti  in  aree
definite non idonee. 
    13.3. La legge regionale  sarebbe  conforme  anche  all'art.  20,
comma 8 del decreto legislativo n. 199/2021  che  si  limiterebbe  ad
elencare una serie di aree da ritenere idonee nelle more  della  loro
concreta individuazione da parte  delle  regioni,  sulla  scorta  dei
criteri  elencati  nel  decreto  ministeriale  21  giugno  2024.   Si
tratterebbe,  dunque,  di  una  disposizione  transitoria,  che   non
individuerebbe un minimum immodificabile di aree idonee. 
    13.4. Privi di rilievo  sarebbero  i  richiami  effettuati  dalla
ricorrente all'art. 12 del  decreto  legislativo  n.  387/2003  e  al
decreto ministeriale del 10 settembre 2010 in quanto  superati  dalla
piu' recente normativa statale che, prevedendo come  inderogabile  il
raggiungimento  di  predefiniti   livelli   di   energia   da   fonti
rinnovabili, salvaguarderebbe, al contempo, le prerogative  regionali
in materia paesaggistica, mediante la definizione delle  aree  idonee
con legge regionale. 
    13.5. In  relazione  all'affidamento  della  ricorrente  (e  alla
presunta violazione degli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione), la
regione ha dedotto che  i  commi  2  e  5  dell'art.  1  della  legge
regionale n. 20/2024 darebbero applicazione al principio generale del
tempus regit actum e non prevederebbero  un  regolamento  irrazionale
che frustrerebbe situazioni consolidate e certe, e  cio'  anche  alla
luce della natura precaria  dello  stesso  regime  autorizzatorio  (e
ancor piu' nella fase di screening). 
    Neanche il decreto ministeriale del 21 giugno 2024  prevederebbe,
peraltro, una norma di salvaguardia per i procedimenti  autorizzatori
in corso al momento della sua  entrata  in  vigore:  pertanto,  alcun
affidamento poteva essersi consolidato sul tenore delle  disposizioni
previgenti, in ragione della transitorieta' della normativa  e  della
evoluzione del quadro normativo di riferimento. 
    13.6. Quanto alla dedotta violazione delle  norme  euro-unitarie,
con conseguente asserita illegittimita'  costituzionale  della  legge
regionale n. 20/2024 per violazione  dell'art.  117,  comma  1  della
Costituzione, secondo la regione non sarebbero  stati  evidenziati  i
profili specifici di contrasto con il diritto dell'Unione europea ne'
indicato in che modo la normativa regionale impedirebbe di rispettare
l'obiettivo di potenza alla stessa attribuito. 
    14.  Si  sono  costituiti  in  giudizio  altresi'  il   Ministero
dell'ambiente  e  della  sicurezza  energetica,  il  Ministero  della
cultura, il ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e
delle foreste e la Presidenza del Consiglio dei  ministri,  eccependo
l'incompetenza territoriale del TAR Sardegna in favore del TAR  Lazio
in relazione alle censure sollevate avverso il  decreto  ministeriale
21 giugno 2024, nonche' il difetto di  legittimazione  passiva  della
Presidenza del Consiglio dei ministri. 
    15. All'udienza dell'11 giugno 2025 la causa e' stata discussa  e
quindi trattenuta in decisione. 
    16. Ritiene il collegio rilevanti e non manifestamente  infondate
le questioni di legittimita' costituzionale dell'art.  1,  (comma  1,
lettere a), e), commi 5 e 7 della  legge  regionale  n.  20/2024  per
contrasto con gli articoli 3, 9, 41, 97 e 117,  commi  1  e  3  della
Costituzione, dedotte dalla ricorrente  con  il  ricorso  per  motivi
aggiunti. Pertanto, si reputa necessario sospendere il  giudizio  per
consentire  il  controllo  incidentale  di  costituzionalita'   sulle
questioni di seguito indicate. 
    17. Ricorre, innanzitutto, il presupposto della  rilevanza  della
questione, ai sensi dell'art. 23, comma 2 della legge 11 marzo  1953,
n. 87, secondo il quale e' necessario  che  «il  giudizio  non  possa
essere definito indipendentemente dalla risoluzione  della  questione
di legittimita' costituzionale» della disposizione contestata. 
    17.1. In via preliminare, il collegio deve evidenziare  come  sia
infondata e da respingere l'eccezione di incompetenza territoriale di
questo tribunale, in favore del T.A.R. per il Lazio, sollevata  dalle
amministrazioni statali resistenti. 
    In senso  contrario  infatti,  si  rileva  come  i  provvedimenti
impugnati,  in  particolare  con  i  motivi  aggiunti,   si   fondino
esclusivamente sulla legge regionale n. 20 del 2024 e  non  gia'  sul
decreto ministeriale 21 giugno 2024, sicche' tale decreto non rientra
nel perimetro delle  questioni  giuridiche  rilevanti  nel  caso  che
occupa. 
    Invero, la legge regionale n. 20 del 2024 e'  un  atto  di  fonte
legislativa espressione della potesta'  legislativa  attribuita  alla
Regione Sardegna dalle disposizioni di cui agli articoli 3 e 4  dello
statuto speciale, approvato  con  legge  costituzionale  26  febbraio
1948, n. 3, e cio' lasciando momentaneamente in disparte la questione
del superamento dei limiti da rispettare  indicati  in  Costituzione,
oggetto della verifica di non manifesta infondatezza della  questione
di legittimita' costituzionale di cui si dira' tra breve,  senza  che
percio' rilevi in via decisiva l'esistenza del  decreto  ministeriale
21 giugno 2024. 
    D'altronde, a conferma dell'autonomia delle due  fonti,  come  ha
rilevato il T.A.R. per il Lazio nell'ordinanza n. 9164 del 13  maggio
2025, con la  quale  sono  state  rimesse  al  giudizio  della  Corte
costituzionale alcune  questioni  legittimita'  costituzionale  della
medesima  legge  regionale  n.  20  del  2024  (su  cui  v.   infra),
«l'eventuale annullamento del decreto [decreto ministeriale 21 giugno
2024] sul punto sarebbe peraltro, allo  stato  e  in  presenza  delle
disposizioni recate dalla legge regionale n. 20/2024, privo  di  ogni
utilita'  per  la  parte  ricorrente.  Essa,  infatti,  non  potrebbe
comunque ulteriormente coltivare i progetti sopra citati,  in  quanto
la disciplina legislativa regionale costituirebbe a tal  riguardo  un
ostacolo assoluto». 
    Peraltro, come rilevato dalla difesa della  parte  ricorrente  in
sede di discussione orale all'udienza pubblica dell'11  giugno  2025,
EF  Agri  non  ha  piu'  neppure  interesse  alle  censure   inerenti
direttamente il decreto ministeriale 21 giugno 2024, proposte in  via
subordinata, essendo intervenuto il suo annullamento, almeno in parte
qua, per via giurisdizionale, ad opera della sentenza  T.A.R.  Lazio,
sez. III, 13 maggio 2025, n. 9155. 
    17.2. Cio' posto, e passando adesso al merito, le note  impugnate
con il ricorso  per  motivi  aggiunti  e,  in  particolare,  la  nota
dell'Assessorato regionale della difesa dell'ambiente prot.  n.  4777
del 13/2/2025 dell'Assessorato della  difesa  dell'ambiente,  con  la
quale e' stata comunicata alla societa' ricorrente l'improcedibilita'
dell'istanza di verifica di assoggettabilita' a VIA, fondano, in  via
esclusiva, le ragioni del diniego  sull'istanza  facendo  riferimento
all'entrata in vigore della disciplina recata dalla  legge  regionale
n. 20/2024 e, nella  specie,  all'introdotto  divieto  di  realizzare
impianti FER sulle aree classificate dalla medesima  legge  come  non
idonee; divieto di realizzazione degli impianti che si applica  anche
con riferimento  alle  istanze  di  autorizzazione  presentate  prima
dell'entrata in vigore della legge (art. 1, comma 5, legge  regionale
n. 20/2024). 
    Di  conseguenza,  l'eventuale  accertamento   dell'illegittimita'
costituzionale della legge regionale  n.  20/2024  determinerebbe  un
automatico travolgimento, per  illegittimita'  derivata,  degli  atti
adottati dall'amministrazione regionale. 
    In particolare, la nota  impugnata  con  il  ricorso  per  motivi
aggiunti proposti il 13 febbraio 2025 ha disposto  l'improcedibilita'
dell'istanza di c.d. screening VIA della  ricorrente  alla  luce  del
fatto che l'impianto agrivoltaico in progetto ricadrebbe in aree  non
idonee, cosi' come individuate dall'allegato B, lettere t), u), w)  e
bb) della legge regionale n. 20/2024 e su cui, pertanto, ai sensi del
predetto art. 1, comma 5, vige il divieto di realizzare impianti  FER
anche per progetti - come  nel  caso  in  esame  -  presentati  prima
dell'entrata in vigore della medesima legge regionale. 
    Di qui l'evidente rilevanza, nel caso di specie, della  questione
di legittimita' costituzionale che si va a sollevare. 
    18. In secondo luogo, il prospettato conflitto dell'art. 1, commi
5 e 7 della legge regionale n. 20/2024 con i principi radicati  negli
articoli 3, 9, 41, 97 e, soprattutto, con l'art. 117,  commi  1  e  3
della Costituzione, nonche' con  l'art.  3,  comma  1  dello  statuto
speciale per la Regione Sardegna, approvato con legge  costituzionale
26 febbraio 1948, n. 3, si presenta, ad  avviso  del  collegio,  «non
manifestamente infondato» ai sensi del medesimo art. 23  della  legge
n. 87/1953. 
    19. Preliminarmente, occorre rilevare come l'intervento normativo
di cui alla legge regionale n. 20/2024  e'  stato  posto  in  essere,
secondo quanto riportato  all'art.  1,  comma  1,  lettera  a)  della
medesima legge, al fine di individuare le «aree idonee e le superfici
idonee, non idonee e ordinarie al fine  di  favorire  la  transizione
ecologica, energetica e climatica nel rispetto delle disposizioni  di
cui all'art. 9, primo e secondo periodo, della  Costituzione  nonche'
delle disposizioni di cui all'art. 3, lettere f), m) e  n),  art.  4,
lettera e) della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto
speciale per la Sardegna) e delle disposizioni di cui al decreto  del
Presidente della Repubblica del 22 maggio 1975, n. 480  (Nuove  norme
di attuazione dello statuto speciale  della  Regione  autonoma  della
Sardegna), e secondo un criterio pianificatorio di sistema che  tenga
in considerazione la pianificazione energetica e  quella  di  governo
del territorio». 
    19.1. Quanto all'ambito  di  competenza  legislativa  interessato
dalla legge regionale, vengono dunque in rilievo, nel caso di specie,
la  potesta'  legislativa  primaria  in  materia   di   «edilizia   e
urbanistica»  riconosciuta  dallo  Statuto  speciale  della   Regione
autonoma della Sardegna all'art. 3,  comma  1,  lettera  f)  -  e  la
correlata «competenza paesaggistica» ai sensi dell'art. 6 del decreto
del Presidente della Repubblica n. 480 del  1975,  recante  norme  di
attuazione dello statuto speciale anzidetto -,  nonche'  la  potesta'
legislativa di cui alla lettere m) («esercizio dei diritti  demaniali
e patrimoniali della regione relativi alle miniere, cave e saline») e
n) («usi civici») del medesimo art.  4.  Va  richiamata  altresi'  la
potesta' legislativa concorrente nella materia «produzione  trasporto
e distribuzione nazionale dell'energia elettrica», da esercitarsi nel
limite dei principi stabiliti dalle  leggi  dello  Stato  e  prevista
anche  dall'art.  4,  lettera  e),  dello  statuto  -  produzione   e
distribuzione dell'energia elettrica. 
    19.2.  L'oggetto  della  legge  regionale  in  discorso  (recante
«Misure urgenti per l'individuazione di aree e superfici idonee e non
idonee all'installazione e promozione di impianti a fonti di  energia
rinnovabile  (FER)  e  per  la   semplificazione   dei   procedimenti
autorizzativi») e la ratio perseguita (di attuazione  e  comunque  di
osservanza della disciplina statale sull'individuazione delle aree  e
dei  siti  sui  quali  possono  essere  installati  gli  impianti  di
produzione di energia rinnovabile di cui al  decreto  legislativo  n.
199/2021) rendono, tuttavia, evidente come il prioritario  ambito  di
potesta'  legislativa  autonoma  attinto  sia  quello  statutario  in
materia di «produzione e distribuzione dell'energia elettrica»  (art.
4, lettera e dello statuto speciale). 
    19.3. Come osservato,  infatti,  dalla  Corte  costituzionale  in
relazione all'abrogata legge regionale n. 5/2024  di  c.d.  moratoria
(che aveva previsto «misure di salvaguardia comportanti il divieto di
realizzare  nuovi  impianti  di  produzione  e  accumulo  di  energia
elettrica da fonti rinnovabili» e sulla cui base era  stato  adottato
il  provvedimento  di  sospensione  del  procedimento  di   screening
impugnato con il ricorso  principale),  tale  legge  regionale,  «pur
conseguendo, come detto,  la  finalita'  di  tutelare  il  paesaggio,
incide in modo significativo sulla disciplina relativa agli «impianti
di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti  rinnovabili».
Pertanto, la  legge  regionale  afferisce  in  modo  prevalente  alla
competenza statutaria  in  materia  di  «produzione  e  distribuzione
dell'energia elettrica» (art. 4, lettera e) dello statuto  speciale).
In ogni caso, anche laddove non si consideri prevalente uno  dei  due
ambiti statutari, ma si ritenga che  ci  si  trovi  di  fronte  a  un
intreccio  di  competenze,  nessuna  delle  quali  prevalente,   cio'
nondimeno entrambe tali competenze - quella primaria  di  tutela  del
paesaggio e quella concorrente in materia di energia  elettrica  piu'
volte  richiamata  -  devono  esercitarsi  «[i]n   armonia   con   la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e col  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli  interessi
nazionali,   nonche'   delle   norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica», oltre che, solo per la  seconda,
nel piu' volte ricordato limite «dei principi stabiliti  dalle  leggi
dello Stato», ai sensi dei medesimi artt. 3  e  4  dello  statuto  di
autonomia» (Corte costituzionale, n. 28 del 2025). 
    20. Premesso, dunque, che nel caso di specie viene in rilievo una
competenza legislativa  regionale  «di  autonomia»  che  deve  essere
esercitata, in ogni caso, nel rispetto dei  principi  fondamentali  e
delle  «norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali  della
Repubblica» di cui e' espressione la disciplina  statale  di  cui  al
decreto  legislativo  n.  199/2021,  ritiene  il  collegio   che   le
disposizioni della legge regionale n.  20/2024  e,  segnatamente,  le
disposizioni di cui all'art. 1, comma 1, lettera a) e commi 5 e 7,  e
di cui agli allegati da A a E della legge della Regione  Sardegna  n.
20/2024 contrastino coi principi  stabiliti  dalla  legge  statale  e
dalle  norme  fondamentali  di  riforma  economico-sociale   che   si
impongono anche alla Regione autonoma  della  Sardegna  per  espressa
previsione statutaria. 
    21. In  primo  luogo,  ritiene  il  collegio  non  manifestamente
infondata la questione di  legittimita'  costituzionale  della  legge
regionale n. 20/2024  con  riferimento  specifico  alle  disposizioni
suindicate,  per  violazione  dell'art.  117,  primo   comma,   della
Costituzione, in relazione  alla  previsione,  con  legge  regionale,
delle aree  non  idonee  (che,  come  si  dira'  anche  piu'  avanti,
riguardano aree vastissime del territorio isolano). 
    Da questo punto di vista, infatti, la disciplina regionale sembra
porsi  in  conflitto  con  i  principi  fondamentali  della   materia
individuati  nell'art.  20,  comma  4  del  decreto  legislativo   n.
199/2021. 
    21.1. Osserva, infatti, il collegio che l'art. 20,  comma  4  del
decreto legislativo n. 199/2021 limita la potesta' legislativa  delle
regioni  soltanto  all'individuazione  puntuale  delle  aree  idonee:
«conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di cui  al
comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dei
medesimi decreti, le regioni individuano con legge  le  aree  idonee,
anche con il supporto della piattaforma di cui all'art. 21». 
    Su tale base normativa,  questo  tribunale,  nel  rimettere  alla
Corte costituzionale una  questione  di  legittimita'  costituzionale
analoga  alla  presente,  dopo  avere  riepilogato   il   quadro   di
riferimento normativo europeo e statale in materia, ha gia'  ritenuto
che  «la  legge  della  Regione  Sardegna  n.  20/2024  ha,   invece,
introdotto una disciplina, sulla quale si fondano gli atti  impugnati
nel presente giudizio, che -  ad  avviso  del  collegio  -  non  pare
proprio conformarsi al sopra descritto  quadro  normativo  europeo  e
nazionale, avendo la suddetta legge regionale: 
        individuato molteplici aree inidonee all'installazione  degli
impianti, mentre, come  si  e'  detto,  il  compito  del  legislatore
regionale e' (soltanto) quello di individuare puntualmente  le  «aree
idonee» quali beneficiarie di apposita  accelerazione  autorizzativa,
senza intaccare l'elenco categoriale di cui all'art. 20, comma 8  del
decreto legislativo n. 199/2021 (...)»  (T.A.R.  Sardegna,  sez.  II,
ordinanza 9 giugno 2025, n. 146). 
    21.2. Ritiene il collegio che non conduca a diverso esito neppure
quanto previsto dal decreto ministeriale 21 giugno 2024,  emanato  in
attuazione dell'art. 20, comma 1 del medesimo decreto legislativo  n.
199/2021 ed e' per questo, infatti, che non si pongono  nel  presente
giudizio questioni inerenti  alla  (il)legittimita'  del  decreto  in
parola. 
    Tale decreto ha espressamente  previsto  al  comma  1,  comma  2,
lettera b), che «In esito al processo definitorio di cui al  presente
decreto, le regioni, garantendo l'opportuno coinvolgimento degli enti
locali, individuano sul rispettivo territorio ... b) superfici e aree
non idonee: aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con
l'installazione  di  specifiche  tipologie  di  impianti  secondo  le
modalita' stabilite dal paragrafo 17 e dall'allegato  3  delle  linee
guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo  economico  10
settembre 2010, pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  18  settembre
2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni» e, all'art. 3  ha
previsto che «Per il conseguimento delle finalita' di cui all'art. 1,
comma 1  del  presente  decreto,  le  regioni  individuano  ai  sensi
dell'art. 20, comma 4 del decreto legislativo  8  novembre  2021,  n.
199, con propria  legge,  entro  centottanta  giorni  dalla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, le aree di  cui  all'art.  1,
comma 2, secondo i principi e criteri  previsti  dal  Titolo  II  del
presente decreto». 
    La disposizione da ultimo trascritta  non  e'  in  effetti  stata
oggetto dell'annullamento giurisdizionale parziale che ha interessato
il decreto ministeriale ad opera della  sentenza  del  T.A.R.  Lazio,
Roma, n. 9155 del 2025,  che  ha  ritenuto  l'art.  3  legittimo  pur
interpretandolo nel senso di consentire alle regioni  di  individuare
con legge le aree non idonee. 
    Ritiene invece il collegio che l'art. 3 in esame possa - e  debba
-  ben  essere  interpretato  nel  senso  di  limitare   l'intervento
legislativo  delle  regioni  all'individuazione  delle  aree  idonee,
nonostante la sua non perspicua formulazione letterale. 
    Ed infatti, se e' pur vero  che  l'art.  3  cit.  fa  riferimento
all'individuazione,  da  parte  delle  regioni,  delle  aree  di  cui
all'art. 1, comma  2  del  medesimo  decreto,  nel  cui  ambito  sono
definite non solo le aree idonee, ma anche quelle non  idonee  (e  in
realta' anche  quelle  ordinarie  e  quelle  in  cui  e'  vietata  la
realizzazione di impianti FER), e' vero anche che il medesimo art. 3,
al comma  1,  espressamente  limita  tale  individuazione  «ai  sensi
dell'art. 20, comma 4 del decreto legislativo  8  novembre  2021,  n.
199», il quale, come visto, prevede che le  regioni  individuino  con
propria legge le sole aree idonee. 
    D'altronde,  la  stessa  definizione  di  aree  inidonee  di  cui
all'art. 1, comma 2 del decreto ministeriale in parola, rimanda  alle
«modalita' stabilite dal paragrafo 17 e dall'allegato 3  delle  linee
guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo  economico  10
settembre 2010, pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  18  settembre
2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». 
    Ed infatti, come peraltro efficacemente evidenziato  dalla  parte
ricorrente, l'art. 18, comma 3 del decreto legislativo  n.  199/2021,
nel testo  vigente  alla  data  di  entrata  in  vigore  della  legge
regionale n. 20/2024, dispone che «a seguito dell'entrata  in  vigore
della  disciplina  statale  e  regionale  per   l'individuazione   di
superfici e aree idonee  ai  sensi  dell'art.  20,  con  decreto  del
Ministero della transizione ecologica, di concerto con  il  Ministero
della cultura, previa intesa in sede di Conferenza unificata  di  cui
all'art. 8 del decreto  legislativo  28  agosto  1997,  n.  281  sono
aggiornate le linee guida per l'autorizzazione degli impianti a fonti
rinnovabili di cui all'art. 12, comma 10 del decreto  legislativo  29
dicembre 2003, n. 387». 
    Non pare dunque al collegio che le  regioni  possano  individuare
con lo strumento legislativo le aree non idonee all'installazione  di
impianti FER - inverandosi percio' i, quantomeno, non  manifestamente
infondati  profili  di  illegittimita'  costituzionale  della   legge
regionale n. 20 del 2024 - poiche', dal quadro  normativo  descritto,
pare  che  tali  aree  non  idonee  debbano  essere   successivamente
individuate, sulla base delle aggiornate linee guida,  approvate  con
il decreto ministeriale 10 settembre 2010, che prevede, come  dedotto
dalla ricorrente, che «l'individuazione delle aree "non idonee"  deve
essere preceduta da «un'apposita istruttoria, avente  ad  oggetto  la
ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente,  del
paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni
agroalimentari locali, della biodiversita' e  del  paesaggio  rurale»
(paragrafo 17.1 del decreto ministeriale 10 settembre  2010)  e  deve
confluire nell'«atto di  programmazione  con  cui  sono  definite  le
misure e gli interventi necessari al raggiungimento  degli  obiettivi
di burden sharing fissati in attuazione delle suddette norme». 
    Sotto questo angolo prospettico, possono dunque valere, anche, le
considerazioni che di seguito si vanno  ad  esporre  in  ordine  alla
violazione della riserva di procedimento  amministrativo  (in  part.,
infra par. 22.4.). 
    22. La disciplina introdotta dal legislatore regionale  presenta,
infatti,  in  ogni   caso   ulteriori   profili   di   illegittimita'
costituzionale nella parte in cui - non solo non si  e'  limitata  ad
individuare le aree idonee e ha individuato anche (o  solo)  le  aree
non idonee -, ma ha vieppiu' impedito  la  valutazione  in  concreto,
nella sede del procedimento amministrativo, dei diversi interessi  in
relazione agli impianti localizzati in tali aree non  idonee,  avendo
posto un divieto assoluto di realizzazione di impianti FER. 
    La  prospettata  incostituzionalita'  della  legge  regionale  n.
20/2024 risulta a giudizio del collegio fondata, in particolare,  con
riferimento alla previsione di  cui  all'art.  1,  comma  5,  ove  si
dispone che «E' vietata la  realizzazione  degli  impianti  ricadenti
nelle  rispettive  aree  non  idonee  cosi'  come  individuate  dagli
allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11». 
    In tal modo il legislatore  regionale  ha  stabilito  un  divieto
assoluto di autorizzare e realizzare impianti FER localizzati in aree
definite «non idonee», in contrasto con gli  articoli  117,  primo  e
terzo comma della Costituzione, in relazione all'art. 20 del  decreto
legislativo n. 199/2021, alle disposizioni del  decreto  ministeriale
n. 21/6/2024 (di cui la disciplina regionale e' attuazione),  nonche'
al principio di massima diffusione degli impianti da fonti di energia
rinnovabile come emergente dalla disciplina unionale. 
    22.1. Infatti,  e'  proprio  per  raggiungere  gli  obiettivi  di
contrasto al cambiamento climatico e di  uso  dell'energia  da  fonte
rinnovabile fissati a livello europeo sino  al  2030,  che  lo  Stato
italiano ha adottato il decreto legislativo n. 199 del 2021. 
    Tale intervento normativo costituisce attuazione della  direttiva
UE 2018/2001 sulla promozione dell'uso da fonti rinnovabili e si pone
(art.  1)  «l'obiettivo  di  accelerare  il  percorso   di   crescita
sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia  da
fonti  rinnovabili,  in  coerenza  con  gli  obiettivi   europei   di
decarbonizzazione del  sistema  energetico  al  2030  e  di  completa
decarbonizzazione al 2050», definendo «gli strumenti,  i  meccanismi,
gli incentivi e il quadro  istituzionale,  finanziario  e  giuridico,
necessari per il raggiungimento degli obiettivi di  incremento  della
quota di energia da fonti rinnovabili al 2030,  in  attuazione  della
direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto  dei  criteri  fissati  dalla
legge 22 aprile 2021, n.  53»,  prevedendo  «disposizioni  necessarie
all' attuazione  delle  misure  del  Piano  nazionale  di  ripresa  e
resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia di  energia  da  fonti
rinnovabili, conformemente al Piano nazionale integrato per l'energia
e il clima (di seguito anche: PNIEC), con la finalita' di individuare
un  insieme  di  misure  e  strumenti  coordinati,   gia'   orientati
all'aggiornamento degli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del
regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si prevede, per  l'Unione
europea, un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di  gas
a effetto serra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990
entro il 2030». 
    22.2. In particolare,  all'art.  20  il  decreto  legislativo  n.
199/2021 ha previsto un'apposita disciplina per  l'individuazione  di
superfici e aree idonee  per  l'installazione  di  impianti  a  fonti
rinnovabili stabilendo per quanto piu' interessa in questa sede che: 
        con  uno  o  piu'  decreti  del  Ministro  della  transizione
ecologica di concerto con il Ministro della cultura,  e  il  Ministro
delle politiche agricole, alimentari e forestali,  previa  intesa  in
sede di Conferenza  unificata,  sono  stabiliti  principi  e  criteri
omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree  idonee  e
non idonee all'installazione di impianti a fonti  rinnovabili  aventi
una  potenza  complessiva  almeno  pari  a  quella  individuata  come
necessaria  dal  PNIEC  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di
sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree  idonee  ai
sensi del comma 8; 
        tali  decreti  definiscono  altresi'  la  ripartizione  della
potenza installata fra regioni e province autonome; 
        nel dettare la disciplina delle aree idonee  si  tiene  conto
delle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e  del  paesaggio,
delle aree agricole e forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi
idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate,
quali  capannoni  industriali  e  parcheggi,  nonche'   di   aree   a
destinazione industriale, artigianale, per  servizi  e  logistica,  e
verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi
incluse le superfici agricole non utilizzabili,  compatibilmente  con
le caratteristiche e le  disponibilita'  delle  risorse  rinnovabili,
delle infrastrutture di  rete  e  della  domanda  elettrica,  nonche'
tenendo  in  considerazione  la  dislocazione  della   domanda,   gli
eventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo  della  rete
stessa; 
        conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti  di
cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla  data  di  entrata  in
vigore dei medesimi decreti, le regioni individuano con legge le aree
idonee; 
        in sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee
per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i
principi  della  minimizzazione  degli  impatti  sull'ambiente,   sul
territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo  restando
il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al
2030 e tenendo conto della  sostenibilita'  dei  costi  correlati  al
raggiungimento di tale obiettivo; 
        le aree non incluse tra le aree  idonee  non  possono  essere
dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione  di
energia rinnovabile, in sede di  pianificazione  territoriale  ovvero
nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione  della  sola  mancata
inclusione nel novero delle aree idonee. 
    In particolare, l'individuazione delle aree idonee da parte delle
regioni con un intervento legislativo persegue il  duplice  obiettivo
di consentire, da un lato, agli operatori di conoscere in modo chiaro
e trasparente le aree in cui e'  possibile  installare  impianti  FER
seguendo una procedura  semplificata;  dall'altro,  di  garantire  il
rispetto delle prerogative regionali che, nel  selezionare  in  quali
aree consentire l'installazione agevolata di FER, possono  esercitare
la piu' ampia discrezionalita', fermi restando i limiti imposti dallo
Stato in termini di  classificazione  e  obiettivi  annui  di  MW  da
raggiungere, cosi' come stabilito dal decreto ministeriale 21  giugno
2024, fino al  2030  (in  questi  termini,  Corte  costituzionale  n.
28/2025). 
    22.3. Come  gia'  anticipato  sopra,  le  aree  non  idonee  sono
definite, poi, dal decreto ministeriale 21 giugno 2024 quali «aree  e
siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l'installazione di
specifiche tipologie di impianti secondo le modalita'  stabilite  dal
paragrafo 17 e dall'allegato 3 delle linee guida emanate con  decreto
del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 18  settembre  2010,  n.  219  e  successive
modifiche e integrazioni». 
    22.4. Come rilevato, da ultimo, dal Tar Lazio con l'ordinanza  di
rimessione n. 9164 del 2025 «il decreto ministeriale 21  giugno  2024
non ha innovato il concetto di area non idonea contenuto nelle  linee
guida di cui al  decreto  ministeriale  10  settembre  2010.  Queste,
infatti, continuano  a  configurarsi  come  aree  con  «obiettivi  di
protezione non compatibili con  l'insediamento  [...]  di  specifiche
tipologie  e/o  dimensioni  di  impianti.   Detta   incompatibilita',
tuttavia, non si traduce in una preclusione assoluta, bensi' in  «una
elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede  di
autorizzazione» (paragrafo 17 delle  linee  guida  del  10  settembre
2010),  «che  dovra'  comunque  risultare  all'esito   di   specifica
istruttoria. Ne consegue che,  sotto  tale  profilo,  la  definizione
contenuta nel decreto ... non innova in alcun  modo  il  concetto  di
area non idonea quale gia' enucleato dalle linee guida». 
    22.4.1.  Anche  sotto  il  vigente  regime   normativo,   dunque,
l'effetto della qualificazione di una superficie in termini  di  area
non idonea e' unicamente quello di precludere l'accesso al  beneficio
dell'accelerazione ed agevolazione procedimentale di cui all'art.  22
del decreto legislativo n. 199/2021, segnalando la necessita'  di  un
piu'  approfondito  e  lungo  apprezzamento   delle   amministrazioni
competenti, strumentale a garantire una tutela  piu'  rafforzata  del
paesaggio, dell'ambiente e del  territorio  nell'ambito  dei  singoli
procedimenti amministrativi di autorizzazione degli impianti FER. 
    Le aree non idonee,  pertanto,  non  possono  costituire  divieti
aprioristici e assoluti alla installazione  degli  impianti  FER,  ma
come  chiarito  dalla  giurisprudenza  costituzionale,  rappresentano
«meri  indici  rivelatori  di  possibili  esigenze  di   tutela   del
paesaggio» (cfr. Corte costituzionale,  sentenza  n.  121/2022,  par.
5.1.). 
    22.4.2. Le aree non  idonee  svolgono  tale  funzione  anche  nel
rinnovato  assetto   normativo   e   regolamentare   della   materia,
indipendentemente dal fatto che l'art. 1, comma  2,  lettera  b)  del
decreto ministeriale del 21 giugno 2024 definisca tali superfici come
«incompatibili  con  l'installazione  di  specifiche   tipologie   di
impianti», poiche' a cio',  come  detto,  non  risulta  correlato  un
espresso divieto generalizzato di installazione  degli  impianti  FER
(cfr. Tar Lazio, ordinanza n. 9155/2025). 
    22.4.3. Infatti, il mero utilizzo del termine «incompatibile» non
accompagnato da un correlato divieto aprioristico e generalizzato non
vale a contemplare l'ipotesi di un divieto assoluto e  generalizzato,
come quello previsto dalla Regione Sardegna. 
    22.4.4. L'inidoneita' di una determinata area non  puo',  dunque,
derivare da una qualificazione aprioristica, generale ed astratta, ma
puo' soltanto conseguire all'esito di un procedimento  amministrativo
che consenta una valutazione in concreto, in ragione  delle  relative
specificita', della inattitudine del luogo prescelto. 
    La stessa giurisprudenza costituzionale ha  gia'  affermato  come
anche nel caso di aree non idonee, operi una riserva di  procedimento
amministrativo sussistendo il dovere dell'amministrazione  procedente
di verificare in concreto, caso per caso, se il singolo progetto  sia
o meno realizzabile in considerazione  delle  sue  caratteristiche  e
delle caratteristiche del sito interessato (cosi', da  ultimo,  Corte
costituzione, sentenza n. 177 del 30  luglio  2021  in  relazione  al
precedente quadro normativo che, tuttavia, come detto, non ha  mutato
il concetto di «area non idonea»). 
    Ancora, come rammentato dalla ricorrente, la Corte costituzionale
ha statuito che «il margine di intervento riconosciuto al legislatore
regionale non permette che le Regioni  prescrivano  limiti  generali,
perche' cio' contrasta  con  il  principio  fondamentale  di  massima
diffusione  delle  fonti  di  energia  rinnovabili,   stabilito   dal
legislatore  statale  in  conformita'  alla   normativa   dell'Unione
europea» (Corte costituzionale, 2 dicembre 2020,  n.  258,  ma  anche
sentenze n. 177 del 2018, n. 86, n. 148, n. 286 del 2019, n. 106  del
2020). 
    22.5. In contrasto rispetto a tali indicazioni l'art. 1, comma  5
della legge regionale n. 20/2024, stabilisce, invece, un divieto tout
court di realizzazione di impianti FER in aree qualificate  come  non
idonee ai sensi della medesima legge regionale. In tal modo,  vengono
sia violati i principi fondamentali stabiliti dal decreto legislativo
n. 199/2021 all'art. 20 (come integrato dal decreto  ministeriale  21
giugno 2024), sia pregiudicati gli obiettivi vincolanti fissati dalla
normativa europea,  con  conseguente  violazione  dei  commi  1  e  3
dell'art. 117 della Costituzione. 
    22.6.  Peraltro,  le  previsioni  dell'art.  1,  comma  5,  legge
regionale n. 20/2024, lette in combinato disposto  con  gli  allegati
alla legge regionale stessa, come dedotto dalla parte ricorrente, non
smentita sul punto dall'amministrazione regionale, determinano che le
aree non idonee previste dalla legge regionale comprendono  la  quasi
totalita' del territorio regionale. 
    22.7. Come gia' rilevato dalla gia' citata ordinanza n.  146  del
2025 di questo tribunale, «lo statuto sardo,  all'art.  3,  comma  2,
lettera f), assegna  alla  Regione  Sardegna  competenza  legislativa
esclusiva in materia di «edilizia e urbanistica» (che comprende, come
noto,  anche  la  «componente  paesaggistica»),  nonche'   competenza
legislativa concorrente in materia di «e) produzione e  distribuzione
dell'energia elettrica». 
    L'art. 117, comma 2, lettera s)  della  Costituzione,  dal  canto
suo, attribuisce  allo  Stato  competenza  legislativa  esclusiva  in
materia  di  «tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e   dei   beni
culturali», cosi' come il comma 3 dello stesso art. 117  include  tra
le materie di competenza concorrente quella relativa  «a  produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». 
    Non vi e' dubbio, quindi, che, in base a tali criteri di  riparto
delle competenze su materie oggettivamente «interferenti»,  lo  Stato
disponga di significativi spazi  di  intervento,  potendo  dettare  i
principi quadro in materia produzione energetica, trattandosi di  una
materia  oggetto  di  competenza  concorrente,  nonche'  i   principi
fondamentali e le norme di riforma  economico-sociale  ordinariamente
capaci  di  limitare  la  stessa  competenza  legislativa   regionale
esclusiva (art. 3, comma 1 dello statuto sardo: vedi supra).  Inoltre
lo stesso legislatore nazionale puo' interferire in subiecta  materia
attraverso la propria  potesta'  esclusiva  e  trasversale  a  tutela
dell'ambiente,  sulla  quale  gli  impianti   energetici   da   fonti
rinnovabili hanno evidenti ricadute. 
    Orbene tali criteri per la composizione di competenze legislative
cosi' «incrociate» tra Stato e  regione  non  sembrano  essere  stati
rispettati dalla legge regionale ora in esame. 
    Difatti la legge regionale n. 20/2024,  al  dichiarato  scopo  di
tutelare il paesaggio regionale, ha dettato una disciplina che,  come
si e' visto, appare sotto diversi aspetti  in  contrasto  con  quella
nazionale di riferimento anche per profili sui quali  il  legislatore
nazionale, intervenendo a garanzia  della  massima  diffusione  degli
impianti energetici da fonti rinnovabili: 
        ha introdotto «principi  quadro»  in  materia  di  produzione
energetica, cui il  legislatore  regionale  e'  tenuto  ad  attenersi
nell'esercitare la relativa competenza concorrente; 
        ha dettato  regole  finalizzate  alla  tutela  dell'ambiente,
sulla quale dispone di una competenza esclusiva e «trasversale»; 
        ha  prescritto  principi  fondamentali  e  norme  di  riforma
economico-sociale che vincolano il legislatore regionale anche  nelle
materie di sua  competenza  esclusiva»  (T.A.R.  Sardegna,  sez.  II,
ordinanza 9 giugno 2025, n. 146). 
    22.8. La disposizione regionale di cui al citato art. 1, comma 5,
in definitiva, pur finalizzata tra l'altro alla tutela del paesaggio,
nello stabilire il divieto di realizzare impianti alimentati da fonti
rinnovabili nelle aree  non  idonee  si  pone  in  contrasto  con  la
richiamata normativa statale che, all'art. 20 del decreto legislativo
n. 199 del 2021, reca principi fondamentali che, in quanto  tali,  si
impongono anche alle competenze statutarie in materia  di  produzione
dell'energia, e si  pone  in  contrasto  inoltre  con  la  disciplina
euro-unitaria che pone il principio di massima diffusione delle fonti
rinnovabili (perseguito sia dalla direttiva 2009/28/CE, e gia'  prima
da quella 2001/77/CE, sia dalla direttiva 2018/2001/UE) e  stabilisce
dei target vincolanti per lo Stato italiano. 
    22.7.1. Peraltro, come detto, anche prima dell'entrata in  vigore
del   decreto   legislativo   n.   199/2021,   l'orientamento   della
giurisprudenza costituzionale era nel senso di  ritenere  illegittime
norme regionali volte a sancire, in via generale e astratta,  la  non
idoneita' di intere aree  di  territorio  o  a  imporre,  in  maniera
generalizzata ed  aprioristica,  limitazioni  (Corte  costituzionale,
sentenza n. 69 del 2018). Per costante  giurisprudenza  della  Corte,
infatti, le regioni e le province autonome sono tenute a rispettare i
principi fondamentali contemplati  dal  legislatore  statale  (v.  ex
multis, sentenze n. 11 del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106  del  2020)
principi,  nel  caso  di  specie,  racchiusi   nel   citato   decreto
legislativo n. 199 del 2021 e nella disciplina di  attuazione  (quale
il decreto ministeriale aree idonee). 
    22.9. Il divieto posto dall'art. 1, comma 5 della legge regionale
n. 20/2024  risulta,  poi,  contrastare  anche  con  l'art.  3  della
Costituzione, e, in particolare, con il principio di proporzionalita'
che in esso trova fondamento, nonche'  con  il  principio  desumibile
dall'art. 15 della direttiva UE 2018/2001  che  richiede  agli  Stati
membri di assicurare che le norme nazionali in materia  di  procedure
autorizzative  «siano  proporzionate  e  necessarie»;   la   medesima
disposizione inoltre vincola gli Stati  membri  ad  adottare  «misure
appropriate per assicurare che: a) ...; b) le  norme  in  materia  di
autorizzazione,  certificazione  e  concessione  di   licenze   siano
oggettive,    trasparenti    e    proporzionate,    non    contengano
discriminazioni tra partecipanti e  tengano  pienamente  conto  delle
specificita' di ogni singola tecnologia per le energie rinnovabili». 
    22.9.1. Il sindacato di proporzionalita' costituisce, infatti, un
«aspetto del controllo di ragionevolezza delle leggi  condotto  dalla
giurisprudenza costituzionale, onde verificare che  il  bilanciamento
degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato
con modalita' tali da determinare il sacrificio o la compressione  di
uno di essi in misura  eccessiva  e  pertanto  incompatibile  con  il
dettato costituzionale» (v. TAR Lazio,  ordinanza  di  rimessione  n.
9164/2025,  cit.).  In   particolare,   secondo   la   giurisprudenza
costituzionale «il test di proporzionalita' richiede di  valutare  se
la norma oggetto di scrutinio,  con  la  misura  e  le  modalita'  di
applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al  conseguimento  di
obiettivi legittimamente  perseguiti,  in  quanto,  tra  piu'  misure
appropriate,  prescriva  quella  meno  restrittiva  dei   diritti   a
confronto  e  stabilisca  oneri  non   sproporzionati   rispetto   al
perseguimento di detti obiettivi (ex plurimis, sentenze  n.  137  del
2018 e n. 272 del 2015)» (Corte costituzionale n. 56/2020). 
    22.9.2. La previsione  di  un  divieto  di  natura  generalizzata
viola,  dunque,  il   principio   di   necessaria   proporzionalita',
sacrificando  in  modo  irragionevole  la  liberta'   di   iniziativa
economica e la tutela dell'ambiente (cui la produzione di energia  da
fonti rinnovabili contribuisce). 
    Tra l'altro, come rilevato da questo tribunale nella  piu'  volte
ricordata ordinanza n. 146 del 2025, la legge  regionale  n.  20  del
2024 ha «individuato tali nuove aree inidonee in misura molto  ampia,
pari a quasi al 95% dell'intero territorio  regionale  (si  veda,  in
particolare, il comma 5 dell'art. 1 della legge regionale n.  20/2024
in relazione agli allegati da A a G alla stessa legge), anche qui  in
diretto contrasto con l'elenco categoriale  di  aree  idonee  dettato
dall'art. 20, comma 8, lettera c-ter), n. 1 del  decreto  legislativo
n. 199/2021; per comprendere la portata ostativa di  tale  disciplina
regionale basti  pensare  che  essa  impedisce  la  realizzazione  di
impianti energetici da fonti rinnovabili sulla quasi totalita'  delle
aree agricole sarde». 
    22.10.  Le  suindicate  disposizioni  della  legge  regionale  n.
20/2024 si pongono in contrasto, inoltre, con il principio di  tutela
dell'ambiente di cui all'art. 9 della Costituzione,  secondo  cui  la
Repubblica tutela  l'ambiente,  la  biodiversita'  e  gli  ecosistemi
«anche nell'interesse delle future generazioni». 
    22.10.1.  Il  sacrificio  incondizionato  di  tale  principio  in
relazione  alle  aree  classificate  come  non  idonee  dalla   legge
regionale,  infatti,  dal  che  consegue  il  divieto   radicale   di
realizzare impianti FER appare  al  collegio  del  tutto  evidente  e
contrasta, oltre che con  l'art.  3  della  Costituzione,  anche  con
l'art.   9   della   Costituzione,   ponendosi   in   conflitto   con
l'orientamento della Corte  costituzionale  consolidatosi  a  partire
dalla  nota  sentenza  n.  85/2013  secondo  cui  «Tutti  i   diritti
fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano  in  rapporto  di
integrazione reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di
essi che abbia la prevalenza assoluta sugli  altri.  La  tutela  deve
essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di  norme  non
coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (v. sentenza  n.  264
del  2012).  Se  cosi'  non  fosse,  si  verificherebbe  l'illimitata
espansione di uno dei diritti, che diverrebbe «tiranno» nei confronti
delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente  riconosciute  e
protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre  Costituzioni
democratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e
vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza
pretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di
equilibrio, proprio perche' dinamico e non  prefissato  in  anticipo,
deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme
e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di
proporzionalita' e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un
sacrificio del loro nucleo essenziale». 
    22.10.2. In  tale  contesto,  il  divieto  previsto  dalla  norma
regionale si pone in contrasto anche con il principio di integrazione
delle tutele riconosciuto anche a livello europeo  dall'art.  11  del
TFUE secondo cui «le esigenze di tutela dell'ambiente  devono  essere
integrate nella definizione e nell'attuazione delle altre  pertinenti
politiche pubbliche, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo
sostenibile» (cfr., Cons. St., sentenza n. 8167/2022). 
    La previsione  in  generale  delle  aree  non  idonee  come  zone
vietate, infatti, solleva sul punto notevoli perplessita', in  quanto
non istituisce alcuna forma di possibile bilanciamento tra  i  valori
in gioco, sancendo un'indefettibile  prevalenza  dell'interesse  alla
conservazione dello stato dei luoghi, in contrasto con l'obiettivo di
promuovere l'uso dell'energia da fonti rinnovabili (in  termini,  TAR
Lazio, ordinanza di rimessione n. 9164/2025). 
    22.10.3. Pertanto, il divieto posto dalla Regione Sardegna e,  in
particolare, l'art. 1, comma 5 della legge regionale n. 20/2024  e  i
relativi allegati che individuano le aree non idonee, si  pongono  in
contrasto anche con gli articoli 3 e 9 della Costituzione. 
    22.11. Da cio' discende  anche  la  violazione  dei  principi  di
imparzialita'  e  buon  andamento  dell'amministrazione,   e   quindi
dell'art. 97 della Costituzione,  in  quanto  viene  in  rilievo  una
situazione che osta a qualsivoglia  possibilita'  di  realizzare,  in
sede amministrativa, il piu' opportuno bilanciamento degli  interessi
in gioco. 
    A  tale  riguardo,  appare  opportuno  ribadire  che,  ai   sensi
dell'art. 20, comma 7, decreto legislativo n. 199/2021, «Le aree  non
incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate  non  idonee
all'installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,
in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di  singoli
procedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero
delle aree idonee». 
    Il riferimento specifico alla valutazione  operata  «in  sede  di
pianificazione   territoriale   ovvero   nell'ambito    di    singoli
procedimenti»,  come  osservato  dal  TAR  Lazio  nelle  piu'   volte
ricordate ordinanze di rimessione  della  questione  di  legittimita'
della   medesima,   «attesta   che   la   riserva   di   procedimento
amministrativo per la  dichiarazione  di  non  idoneita',  oltre  che
prevista dalle linee  guida,  e'  sancita  a  livello  di  normazione
primaria anche nel regime di cui ai decreti ministeriali adottati  ai
sensi  dell'art.  20,  comma   1   del   decreto,   con   conseguente
impossibilita' per le regioni di impedire  che  tale  valutazione  si
compia mediante il divieto, stabilito in via generale e astratta  per
legge, di realizzare gli impianti nelle aree non idonee». 
    22.12. I medesimi profili di incostituzionalita' suesposti  vanno
ravvisati, per identici  motivi,  anche  nella  disposizione  di  cui
all'art. 1, comma 7 della legge regionale n. 20/2024 ove dispone  che
«Qualora un progetto di impianto ricada su un areale  ricompreso  sia
nelle aree definite idonee, di cui all'allegato  F,  sia  nelle  aree
definite non idonee, di cui agli allegati A, B, C, D ed E, prevale il
criterio di non idoneita'», e cio' sia in relazione agli  artt.  117,
primo comma e terzo comma (non essendo tale  criterio  di  prevalenza
previsto dalla legislazione statale, e determinando  esso  un  vulnus
ulteriore ai principi fissati dalla normativa euro-unitaria), sia  in
relazione agli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione. 
    22.13. Profili di incostituzionalita' sussistono,  infine,  anche
in relazione alla violazione della  disciplina  in  materia  di  aree
idonee di cui  all'art.  20,  comma  8  del  decreto  legislativo  n.
199/2021. 
    22.13.1.  In  particolare,  secondo  la  ricorrente,   la   legge
regionale non avrebbe potuto in alcun modo  prevedere,  pena  la  sua
incostituzionalita', un divieto assoluto di realizzare  impianti  FER
in un'area  idonea  ai  sensi  dell'art.  20,  comma  8  del  decreto
legislativo n. 199/2021, ne' tantomeno ipotesi di  non  idoneita'  in
aree che sono invece idonee ai sensi della normativa nazionale (come,
invece, avvenuto rispetto alle aree previste negli allegati A, B,  C,
D, E ed F e, in particolare, per quanto rileva nel presente  giudizio
per le lettere t), w), u) e bb) dell'allegato B). 
    Anche in relazione a tale profilo, infatti, risultano  violati  i
principi fondamentali della materia posti dal decreto legislativo  n.
199/2021. 
    22.13.2. L'art. 20, comma 8,  individua  dalla  lettera  a)  alla
lettera  c-quater)  una  serie  di  fattispecie   che   «nelle   more
dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e  delle
modalita' stabiliti dai decreti di cui al comma 1,  sono  considerate
aree idonee». 
    Sebbene tali aree siano definite «idonee ex lege»  apparentemente
soltanto in relazione alla fase transitoria fino  all'emanazione  del
decreto ministeriale di cui all'art. 20, comma  1,  al  tempo  stesso
quest'ultima   disposizione   prevede   che   il   suddetto   decreto
ministeriale nello stabilire i principi  e  i  criteri  omogenei  per
l'individuazione  delle  superfici  e  aree  idonee  e   non   idonee
all'installazione di impianti a fonti rinnovabili debba tenere  conto
delle aree idonee di cui al comma 8 del medesimo art. 20. 
    22.13.3. Il decreto ministeriale 21 giugno 2024 aveva,  peraltro,
previsto all'art. 7, comma, 2  lettera  c)  la  possibilita'  per  le
regioni, nell'individuazione delle aree idonee,  di  «fare  salve  le
aree idonee di cui all'art. 20, comma 8  del  decreto  legislativo  8
novembre 2021, n. 199, vigente alla data di  entrata  in  vigore  del
presente decreto». Tuttavia, la IV sezione del  Consiglio  di  Stato,
con le ordinanze cautelari n. 4297, n. 4298, n.  4299,  n.  4300,  n.
4301, n. 4302 e n. 4304 del 2024 aveva sospeso  l'efficacia  di  tale
disposizione, gia' prima dell'entrata in vigore della legge regionale
n. 20/2024, rilevando che  «la  norma  appare  [...]  non  pienamente
conforme all'art. 20, comma 8 del decreto legislativo n. 199/2021, il
quale gia' elenca le aree contemplate come idonee: in tale disciplina
di livello primario non sembra possa rinvenirsi spazio per  una  piu'
restrittiva disciplina regionale». 
    Da ultimo, con sentenza n. 9155/2025, il TAR Lazio  ha  annullato
l'art. 7, comma 2, lettera c) del decreto ministeriale 21 giugno 2024
proprio nella parte in cui non aveva  introdotto  una  disciplina  di
salvaguardia  delle  aree  idonee  per  i  progetti   in   corso   di
autorizzazione. 
    22.13.4. Su tali basi, ha evidenziato questo  Tribunale,  con  la
gia' citata ordinanza n. 146 del 2025,  che  «il  compito  attribuito
dalla disciplina statale sopra descritta al legislatore regionale  e'
limitato all'individuazione puntuale delle singole  aree  idonee,  ma
questo pur  sempre,  nel  rispetto  dell'elenco  categoriale  di  cui
all'art. 20, comma 8 del decreto  legislativo  n.  199/2021,  con  la
conseguenza concreta che lo stesso  legislatore  regionale  non  puo'
legittimamente vietare  l'installazione  di  impianti  produttivi  da
fonti rinnovabili su aree rientranti nell'elenco categoriale previsto
dallo stesso art. 20, comma 8. Limite,  questo,  che  costituisce  un
indispensabile strumento di attuazione dei sopra  descritti  obblighi
assunti dall'Italia a  livello  unionale,  certamente  vanificati  se
ciascuna  regione  potesse  liberamente  ridurre   le   aree   idonee
all'installazione degli impianti, mettendo cosi' in dubbio la  tenuta
complessiva  del  «sistema»  preordinato  alla  realizzazione   degli
obiettivi unionali. 
    Tale impostazione ha, poi, trovato  conferma  normativa  espressa
all'art. 47 del decreto legge 24 febbraio  2023,  n.  13,  convertito
dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, con  cui  e'  stato  espressamente
precisato, modificando il tenore testuale dell'art. 20, comma  1  del
decreto legislativo n. 199/2021, che l'individuazione puntuale  delle
aree idonee mediante i  decreti  ministeriali  previsti  al  medesimo
comma 1 deve avvenire «tenuto conto delle aree idonee  ai  sensi  del
comma 8»: poiche' il legislatore regionale, a sua volta, e' tenuto  a
individuare le aree  idonee  «Conformemente  ai  principi  e  criteri
stabiliti dai decreti di cui al comma 1» (cosi'  l'incipit  dell'art.
20, comma 4 dello stesso decreto legislativo n. 199/2021),  anche  la
sfera decisionale del legislatore regionale non puo' che  trovare  un
limite invalicabile nello stesso elenco categoriale di  cui  all'art.
20, comma 8 del decreto legislativo n.  199/2021»  (T.A.R.  Sardegna,
sez. II, ordinanza 9 giugno 2025, n. 146). 
    Nel richiamare la sentenza Corte costituzionale 12 marzo 2025, n.
28, la  piu'  volte  menzionata  ordinanza  di  questo  Tribunale  ha
altresi' messo in luce come  «anche  tale  pronuncia  della  Consulta
conferma che il legislatore  regionale  -  nell'individuare  le  aree
idonee alla realizzazione degli  impianti  per  cui  e'  causa  -  e'
vincolato al minimum legale fissato da quello  statale  all'art.  20,
comma 8 del decreto legislativo n. 199/2021, con cui  gia'  e'  stato
operato un bilanciamento «a monte» tra l'interesse  pubblico  sotteso
alla  realizzazione  degli  impianti  e   le   esigenze   di   tutela
dell'ambiente e del paesaggio direttamente incisi dalla realizzazione
dei nuovi  impianti;  cio'  comporta,  altresi',  che  la  competenza
legislativa esclusiva in materia  di  paesaggio  di  cui  la  Regione
Sardegna trovi un limite nelle norme nazionali espressive, oltre  che
dei sopra  descritti  impegni  internazionali,  anche  dei  «principi
fondamentali che, in quanto tali, si impongono anche alle  competenze
statutarie» della Regione  Sardegna  (cosi'  la  citata  sentenza  n.
28/2025 della Consulta)» (ancora T.A.R. Sardegna,  ordinanza  n.  146
del 2025, cit.). 
    23. In definitiva, per tutto quanto sopra, va sollevata questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  1,  lettera  a)  e
commi 5 e 7, nonche' dei relativi allegati A, B, C,  D  ed  E,  della
Regione autonoma della Sardegna  n.  20/2024,  per  violazione  degli
articoli 3, 9, 11, 41, 97 e 117, commi  1  e  3  della  Costituzione,
anche  in  relazione  ai  principi  espressi  dalla  direttiva   (UE)
2018/2001 come modificata  dalla  direttiva  (UE)  2023/2413,  e  per
violazione altresi' degli articoli 3 e 4 della  legge  costituzionale
n. 3/1948. 

 
                               P. Q. M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per  la  Sardegna  (Sezione
prima), cosi' dispone: 
        a) dichiara rilevanti e  non  manifestamente  infondate,  nei
termini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita'
costituzionale degli articoli 1, 1, comma 1, lettera a) e commi  5  e
7, nonche' dei relativi allegati A, B,  C,  D  ed  E,  della  Regione
autonoma della Sardegna n. 20/2024, per violazione degli articoli  3,
9, 11, 41, 97 e 117,  commi  1  e  3  della  Costituzione,  anche  in
relazione ai principi espressi dalla direttiva  (UE)  2018/2001  come
modificata dalla direttiva (UE) 2023/2413, e altresi' degli  articoli
3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948; 
        b) sospende il giudizio  per  le  determinazioni  conseguenti
alla definizione dell'incidente  di  costituzionalita'  e,  ai  sensi
dell'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,   dispone   la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
        c) dispone la comunicazione  della  presente  ordinanza  alle
parti in causa, nonche' la  sua  notificazione  al  presidente  della
Regione autonoma della Sardegna e la sua comunicazione al  presidente
del consiglio regionale sardo; 
        d) rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito  del  giudizio
incidentale promosso con la presente ordinanza. 
    Cosi' deciso in Cagliari nelle camere di consiglio dei giorni  11
giugno 2025 e 25 giugno 2025, con l'intervento dei magistrati: 
        Marco Buricelli, presidente; 
        Gabriele Serra, primo referendario, estensore; 
        Roberto Montixi, referendario. 
 
                      Il presidente: Buricelli 
 
 
                                                   L'estensore: Serra