Reg. ord. n. 160 del 2025 pubbl. su G.U. del 10/09/2025 n. 37

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna  del 26/06/2025

Tra: EF Agri Società Agricola a r.l.  C/ Regione Autonoma della Sardegna, Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura ed altri 2



Oggetto:

Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Norme della Regione Autonoma Sardegna – Disposizioni per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) – Previsione che individua tali aree al fine di favorire la transizione ecologica, energetica e climatica nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 9, primo e secondo periodo, della Costituzione nonché delle disposizioni di cui all'art. 3, lettera f), m) ed n), art. 4, lettera e), dello statuto speciale per la Sardegna e delle relative norme di attuazione nonché secondo un criterio pianificatorio di sistema che tenga in considerazione la pianificazione energetica e quella di governo del territorio – Previsione che è vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 – Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e agli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell'entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico-sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale – Disciplina che, nell’individuare le aree idonee e non, ha obliterato la valutazione in concreto, nella sede del procedimento amministrativo, dei diversi interessi in relazione agli impianti localizzati in tali aree non idonee, avendo posto un divieto assoluto di realizzazione di impianti FER – Violazione della riserva di procedimento amministrativo – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta – Lesione dei principi di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili e di contrasto al cambiamento climatico, evincibili dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità che, in una delle declinazioni specificata dal diritto europeo derivato, richiede agli stati membri di assicurare che le norme nazionali in materia di procedure autorizzative siano proporzionate, necessarie, trasparenti e non discriminatorie – Irragionevole sacrificio della libertà di iniziativa economica – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento, atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco.

Norme impugnate:

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 1

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 5

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 7

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 41   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

decreto legislativo  Art. 20   Co.

decreto legislativo  Art. 20   Co.

decreto legislativo  Art. 20   Co.

decreto ministeriale  Art.    Co.  

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  Art. 11   Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  

direttiva UE  Art.    Co.  

direttiva UE  Art.    Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 160 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 giugno 2025

Ordinanza del 26 giugno 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale
per la Sardegna sul ricorso proposto da EF Agri Societa'  Agricola  a
r.l. contro la Regione autonoma della Sardegna e altri. 
 
Energia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della
  Regione Autonoma Sardegna - Disposizioni  per  l'individuazione  di
  aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di  impianti
  a fonti di energia rinnovabile (FER)  -  Previsione  che  individua
  tali aree al fine di favorire la transizione ecologica,  energetica
  e climatica nel rispetto delle  disposizioni  di  cui  all'art.  9,
  primo  e  secondo  periodo,  della   Costituzione   nonche'   delle
  disposizioni di cui all'art. 3, lettera  f),  m)  ed  n),  art.  4,
  lettera e), dello statuto speciale per la Sardegna e delle relative
  norme di attuazione nonche' secondo un criterio  pianificatorio  di
  sistema che tenga in considerazione la pianificazione energetica  e
  quella di governo del territorio - Previsione  che  e'  vietata  la
  realizzazione degli impianti ricadenti nelle  rispettive  aree  non
  idonee, come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9
  e 11 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 -  Previsione
  che tale divieto si applica anche agli impianti e gli accumuli  FER
  la cui procedura autorizzativa  e  di  valutazione  ambientale,  di
  competenza regionale o statale, e' in corso al momento dell'entrata
  in vigore della medesima legge regionale - Previsione che non  puo'
  essere  dato  corso  alle  istanze  di  autorizzazione   che,   pur
  presentate prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20
  del 2024, risultino  in  contrasto  con  essa  e  ne  pregiudichino
  l'attuazione - Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti
  i titoli abilitativi comunque denominati gia'  emanati,  aventi  ad
  oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di
  efficacia - Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti  aventi
  ad oggetto impianti che hanno  gia'  comportato  una  modificazione
  irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione che,  qualora  un
  progetto di impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree
  definite idonee, sia nelle aree definite  non  idonee,  prevale  il
  criterio di non idoneita'. 
- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti
  per l'individuazione di  aree  e  superfici  idonee  e  non  idonee
  all'installazione e promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia
  rinnovabile  (FER)  e  per  la  semplificazione  dei   procedimenti
  autorizzativi) artt. 1, commi, 1, lettera a), 5, 7, e  Allegati  A,
  B, C, D ed E. 


(GU n. 37 del 10-09-2025)

 
        IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SARDEGNA 
                            Sezione prima 
 
    Ha pronunciato  la  presente  ordinanza  sul  ricorso  numero  di
registro  generale  901  del  2024,  integrato  da  motivi  aggiunti,
proposto da EF Agri Societa' Agricola a r.l., in persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa  dall'avv.  Andrea
Sticchi Damiani con domicilio digitale come da  PEC  da  registri  di
giustizia; 
    contro 
        Regione  autonoma  della  Sardegna,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentata  e  difesa  dagli  avvocati
Floriana Isola e Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da  PEC
da registri di giustizia; 
        Regione autonoma della Sardegna -  Assessorato  della  difesa
dell'ambiente, in persona dell'Assessore pro tempore, non  costituito
in giudizio; 
    nonche' contro 
        Ministero dell'ambiente  e  della  sicurezza  energetica,  in
persona del Ministro pro tempore, Ministero della cultura, in persona
del  Ministro  pro   tempore,   Ministero   dell'agricoltura,   della
sovranita' alimentare e delle foreste, in persona  del  Ministro  pro
tempore; Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri,  in  persona  del
Presidente pro  tempore,  tutti  rappresentati  e  difesi  per  legge
dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari,  con  domicilio
digitale come da PEC da registri di giustizia e domicilio  fisico  ex
lege presso i suoi uffici in via Nuoro, 50; 
    Per l'annullamento previa adozione delle idonee misure cautelari 
        quanto al ricorso introduttivo: della nota prot. n. 27176 del
10  settembre  2024,  con  la  quale   l'Assessorato   della   difesa
dell'ambiente della Regione Sardegna - Servizio valutazione impatti e
incidenze ambientali, ha comunicato la «sospensione del procedimento»
di  Verifica  di  assoggettabilita'  alla  valutazione   di   impatto
ambientale  del  progetto   agrivoltaico   della   societa'   odierna
ricorrente; 
        della nota dell'Assessorato della difesa dell'ambiente  della
Regione Sardegna - Direzione generale dell'ambiente  prot.  n.  26528
del 3 settembre 2024, recante in oggetto «Applicazione  delle  misure
di salvaguardia della legge regionale n. 5/2024  ai  procedimenti  di
VIA non ancora conclusi»; 
        il tutto previa, se del  caso,  disapplicazione  dell'art.  3
della l.r. n. 5 del 3 luglio 2024  per  contrasto  con  la  normativa
europea, ovvero previa rimessione  alla  Corte  costituzionale  della
questione di legittimita' costituzionale del medesimo  art.  3  della
l.r. n. 5 del 3 luglio 2024; 
    nonche' per l'accertamento 
        dell'illegittimita' dell'inerzia serbata dall'Amministrazione
competente   alla    conclusione    dell'iter    di    verifica    di
assoggettabilita'  a  V.I.A.,   avviato   con   l'istanza   trasmessa
dall'odierna ricorrente in data 15 novembre 2023; 
    e per la condanna 
      dell'Amministrazione    alla    sollecita    definizione    del
procedimento, chiedendo sin d'ora la nomina di un commissario ad acta
in caso di perdurante  o  rinnovata  inerzia  dell'Amministrazione  a
concludere il procedimento; 
    esteso, con ricorso per motivi aggiunti 
    notificati in data 14 febbraio  2025  e  depositati  in  data  18
febbraio 2025, 
    all'annullamento 
        della nota prot. n. 37875 del 16 dicembre 2024, con la  quale
l'Assessorato della difesa dell'ambiente  della  Regione  Sardegna  -
Servizio valutazione impatti e incidenze ambientali, ha comunicato il
riavvio del procedimento di screening VIA al fine  di  «valutare  gli
effetti della l.r. n. 20/2024 sull'intervento di che trattasi»; 
        il tutto previa, se del caso,  disapplicazione  dell'art.  1,
comma 1, lettera a), comma 5 e 7, della l.r. n.  20  del  5  dicembre
2024 e relativi allegati, per contrasto  con  la  normativa  europea,
ovvero previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di
legittimita' del medesimo art. 1, comma 1, lettera a), comma 5  e  7,
della l.r. n. 5 del 3 luglio 2024 e relativi allegati; 
        in  via  subordinata,  e  solo  ove   occorrer   possa,   per
l'annullamento degli articoli 1, comma 2, lettera b), 3, comma  1,  e
7, comma 2, lettera c), e comma 3, del decreto ministeriale 21 giugno
2024, pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  2  luglio  2024  -  Serie
generale - n. 153,  adottato  dal  Ministero  dell'ambiente  e  della
sicurezza energetica di concerto con il Ministero della cultura e  il
Ministero  dell'agricoltura,  della  sovranita'  alimentare  e  delle
foreste e avente ad oggetto la «Disciplina  per  l'individuazione  di
superfici e aree idonee  per  l'installazione  di  impianti  a  fonti
rinnovabili», nella parte in  cui  prevede  la  possibilita'  per  le
regioni  di  individuare  le  superfici  e  le   aree   «non   idonee
all'installazione  di  impianti  a  fonti  rinnovabili»,  nonche'  la
«possibilita' di fare salve le aree idonee di cui all'art. 20,  comma
del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199»; 
    nonche' per l'accertamento 
        dell'illegittimita'   della   perdurante   inerzia    serbata
dall'Amministrazione  competente  alla   conclusione   dell'iter   di
verifica  di  assoggettabilita'  a  V.I.A.,  avviato  con   l'istanza
trasmessa dall'odierna ricorrente in data 15 novembre 2023; 
    e per la condanna 
        dell'Amministrazione   alla   sollecita    definizione    del
procedimento, chiedendo sin d'ora la nomina di un commissario ad acta
in caso di perdurante  o  rinnovata  inerzia  dell'Amministrazione  a
concludere il procedimento; 
    esteso,   con   ulteriore   ricorso    per    motivi    aggiunti,
all'annullamento 
        della nota prot. n. 4931 del 14 febbraio 2025, con  la  quale
l'Assessorato della difesa dell'ambiente  della  Regione  Sardegna  -
Servizio valutazione impatti e incidenze  ambientali,  ha  comunicato
l'improcedibilita' dell'istanza di screening VIA; 
        di ogni  altro  atto  presupposto,  connesso  e  conseguente,
ancorche' non conosciuto dall'odierna ricorrente, ivi inclusa la nota
dell'Assessorato della difesa dell'ambiente della Regione Sardegna  -
Servizio valutazione impatti e incidenze ambientali  prot.  n.  37875
del 16 dicembre  2024  gia'  impugnata  con  il  ricorso  per  motivi
aggiunti del 14 febbraio 2025; 
        il tutto previa, se del caso,  disapplicazione  dell'art.  1,
comma 1, lettera a), comma 5 e 7, della l.r. n.  20  del  5  dicembre
2024 e relativi allegati, per contrasto  con  la  normativa  europea,
ovvero previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di
legittimita' del medesimo art. 1, comma 1, lettera a), comma 5  e  7,
della l.r. n. 5 del 3 luglio 2024 e relativi allegati; 
        in  via  subordinata,  e  solo  ove   occorrer   possa,   per
l'annullamento degli articoli 1, comma 2, lettera b), 3, comma  1,  e
7, comma 2, lettera c), e comma 3, del decreto ministeriale 21 giugno
2024, pubblicato nella Gazzetta  Ufficiale  2  luglio  2024  -  Serie
generale - n. 153,  adottato  dal  Ministero  dell'ambiente  e  della
sicurezza energetica di concerto con il Ministero della cultura e  il
Ministero  dell'agricoltura,  della  sovranita'  alimentare  e  delle
foreste e avente ad oggetto la «Disciplina  per  l'individuazione  di
superfici e aree idonee  per  l'installazione  di  impianti  a  fonti
rinnovabili», nella parte in  cui  prevede  la  possibilita'  per  le
regioni  di  individuare  le  superfici  e  le   aree   «non   idonee
all'installazione  di  impianti  a  fonti  rinnovabili»,  nonche'  la
«possibilita' di fare salve le aree idonee di cui all'art. 20,  comma
del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199»; 
    nonche' per l'accertamento 
        dell'illegittimita'   della   perdurante   inerzia    serbata
dall'Amministrazione  competente  alla   conclusione   dell'iter   di
verifica  di  assoggettabilita'  a  V.I.A.,  avviato  con   l'istanza
trasmessa dall'odierna ricorrente in data 21 febbraio 2024; 
    e per la condanna 
        dell'Amministrazione   alla   sollecita    definizione    del
procedimento, chiedendo sin d'ora la nomina di un commissario ad acta
in caso di perdurante  o  rinnovata  inerzia  dell'Amministrazione  a
concludere il procedimento. 
    Visti il ricorso, gli  atti  di  motivi  aggiunti  e  i  relativi
allegati; 
    Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione autonoma
della Sardegna, dei Ministeri e della Presidenza  del  Consiglio  dei
ministri, con i relativi allegati; 
    Visti gli articoli 23, comma 3, legge 11 marzo 1953, n.  87,  79,
comma 1, c.p.a., e 295 del codice di procedura civile; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Ritenuta la propria giurisdizione e competenza; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2025 il dott.
Roberto Montixi e uditi per le parti: l'avvocato Mattia Malinverni  -
in dichiarata sostituzione dell'avvocato Andrea Sticchi Damiani - per
la societa' ricorrente, l'avvocato  Floriana  Isola  per  la  Regione
Sardegna  e  l'avvocato   dello   Stato   Annabella   Risi   per   le
amministrazioni statali resistenti; 
 
       Premesso e considerato in fatto e diritto quanto segue 
 
    1. In data 15 novembre 2023 la societa' EF Agri Societa' Agricola
a r.l.  ha  presentato  presso  il  Servizio  valutazione  impatti  e
incidenze ambientali della Regione Sardegna istanza per  l'avvio  del
procedimento di verifica di  assoggettabilita'  alla  valutazione  di
impatto ambientale (c.d. screening VIA) ai sensi degli articoli 19  e
ss. del decreto legislativo n. 152/2006, relativamente a un  progetto
di impianto agri-voltaico sito nei Comuni  di  Solarussa  e  Zarfaliu
(OR). 
    Ha rappresentato la ricorrente che il progetto, avente a  oggetto
un intervento «di pubblica utilita'» ed «indifferibile e urgente»  ai
sensi dell'art. 12, comma 1, del decreto legislativo  n.  387/2003  e
dell'art. 7-bis, comma 2-bis del decreto legislativo n. 152/2006,  e'
incluso nell'allegato I-bis del  testo  unico  dell'ambiente  -  TUA,
approvato  con  decreto  legislativo  n.  152  del  2006,  in  quanto
costituente opera strategica ai fini dell'implementazione del PNIEC e
del PNRR. Il progetto, inoltre, insiste su  «area  idonea»  ai  sensi
dell'art. 20, comma 8, lettera c-quater del  decreto  legislativo  n.
199/2021. 
    2. Con nota prot. n. 25176 del 10 settembre 2024 il Servizio VIA,
decorso il termine perentorio di cui all'art. 19,  comma  6,  decreto
legislativo n. 152/2006, ha tuttavia comunicato alla  ricorrente  «la
sospensione  del  procedimento  sino  al   termine   previsto   nella
sopraccitata l.r.  n.  5/2024  ...  vista  la  nota  della  Direzione
generale dell'ambiente, prot. D.G.A. n. 26528 del 3  settembre  2024,
con la quale sono state date indicazioni al Servizio scrivente  circa
l'applicazione della suddetta l.r.  ai  procedimenti  in  materia  di
valutazione ambientale, da avviare o in corso di istruttoria». 
    La societa' era, inoltre, venuta a conoscenza del  fatto  che  la
Regione  autonoma  della  Sardegna   (RAS)   -   Direzione   generale
dell'ambiente, in seguito alla «moratoria» introdotta dalla  l.r.  n.
5/2024 aveva comunicato agli Uffici di sospendere i  procedimenti  di
valutazione di impatto ambientale di competenza regionale e  relativi
agli ambiti territoriali individuati dalla medesima legge  presentati
successivamente o in corso di istruttoria alla data di  pubblicazione
della l.r. nel BURAS (4 luglio 2024). 
    3.  Con  il  ricorso  introduttivo   la   societa'   ha   chiesto
l'annullamento delle note impugnate, meglio specificate in  epigrafe,
previa  disapplicazione  dell'art.  3  della  l.r.  n.  5/2024,   per
contrasto con la normativa  europea  ovvero  previa  rimessione  alla
Corte costituzionale della questione  di  legittimita'  del  medesimo
art. 3, e ha  inoltre  chiesto  l'accertamento  dell'inerzia  serbata
dall'Amministrazione nel concludere il procedimento. 
    Il ricorrente, in  particolare,  ha  dedotto  -  sotto  un  primo
profilo - il vizio di violazione e falsa applicazione della  l.r.  n.
5/2024 e del quadro normativo di riferimento in materia di impianti a
energia  rinnovabile  (FER),  deducendo  come  la   norma   regionale
richiamata dal Servizio VIA fosse inapplicabile al  caso  di  specie,
anche  in  virtu'  di  una  sua  interpretazione   costituzionalmente
orientata, venendo in rilievo non un impianto gia' autorizzato, ma un
procedimento  in  corso   di   svolgimento   per   la   Verifica   di
assoggettabilita' a VIA. 
    4. Con il secondo  motivo  di  ricorso  la  societa'  ha  dedotto
l'illegittimita'    dei     provvedimenti     impugnati     derivante
dall'illegittimita' euro-unitaria dell'art. 3 della  l.r.  n.  5/2024
che, pertanto, avrebbe dovuto essere disapplicata. 
    4.1. Il divieto di autorizzare  e  realizzare  gli  impianti  FER
previsto dall'art. 3, comma 1, della l.r. n. 5/2024 avrebbe, infatti,
sottratto  in  modo  indiscriminato  il  territorio   regionale   dal
perseguimento  dei  target  vincolanti  per  lo  Stato  italiano.  In
particolare, la direttiva UE 2018/2001, recepita dallo Stato italiano
con il decreto legislativo n.  199/2021  ha  fissato  l'obiettivo  di
riduzione delle emissioni al 2030 pari  al  32%  (poi  aggiornato  al
42,5% con la direttiva UE 2023/2413) e, all'art. 15, ha  previsto  il
vincolo per gli Stati  membri  di  adottare  misure  appropriate  per
assicurare che «a) le procedure amministrative siano razionalizzate e
accelerate al livello amministrativo adeguato e siano fissati termini
prevedibili per le procedure di cui al primo comma; b)  le  norme  in
materia di autorizzazione, certificazione e  concessione  di  licenze
siano  oggettive,  trasparenti  e   proporzionate,   non   contengano
discriminazioni tra partecipanti e  tengano  pienamente  conto  delle
specificita' di ogni singola tecnologia per le energie  rinnovabili»,
nonche' l'adozione di zone di accelerazione per uno o  piu'  tipi  di
energie da fonti rinnovabili. Ugualmente il regolamento UE  2577/2022
ha stabilito il principio, in sede di  ponderazione  degli  interessi
giuridici nei singoli  casi,  della  priorita'  della  costruzione  e
dell'esercizio degli impianti  di  produzione  di  energia  da  fonti
rinnovabili. 
    4.2. I provvedimenti impugnati, pertanto,  nella  misura  in  cui
recepiscono e danno attuazione all'art. 3 della  l.r.  n.  5/2024  si
pongono in contrasto con la normativa europea, frustrandone l'effetto
utile. La normativa regionale, infatti,  nella  parte  in  cui  vieta
l'autorizzazione e la  realizzazione  di  impianti  FER  si  pone  in
contrasto  con  il  principio  di  massima  diffusione  delle   fonti
rinnovabili e coi target stabiliti a  livello  euro-unitario,  con  i
principi  di  semplificazione  dei  procedimenti   autorizzativi   di
impianti FER, con la natura di  interesse  pubblico  prevalente  alla
realizzazione  di  impianti  FER,  con  l'obiettivo  di  semplificare
ulteriormente  le  procedure  autorizzative  nelle   c.d.   aree   di
accelerazione, tra cui l'area in esame che si configura  come  idonea
ai  sensi  dell'art.  20,  comma  8,  lettera  c-quater  del  decreto
legislativo n. 199/2021, con l'obiettivo di ridurre al minimo le c.d.
zone di esclusione, che invece vengono estese di fatto alla totalita'
del territorio regionale. 
    5. Con  il  terzo  motivo  di  ricorso  la  societa'  ha  dedotto
l'illegittimita'  dei  provvedimenti  impugnati   in   via   derivata
dall'illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della l.r. n.  5/2024,
ove   interpretabile   nel   senso    prospettato    dall'Assessorato
all'ambiente (ovvero nel senso che il  divieto  di  realizzare  nuovi
impianti comporti anche la sospensione delle procedure  autorizzative
in corso). 
    5.1. In primo luogo, infatti, l'art. 3 della l.r.  n.  5/2024  si
porrebbe in contrasto con  gli  articoli  3  e  117,  comma  3  della
Costituzione   poiche',   nel   prevedere   la    c.d.    «moratoria»
contrasterebbe con la normativa statale di  riferimento  che  pone  i
principi fondamentali, vincolanti  per  le  regioni,  in  materia  di
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», e  in
particolare con l'art.  20,  comma  6,  del  decreto  legislativo  n.
199/2021 secondo  cui  «Nelle  more  dell'individuazione  delle  aree
idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni  dei
termini dei procedimenti di autorizzazione». Inoltre,  la  previsione
impedirebbe  in  modo   illogico   e   irragionevole   una   adeguata
ponderazione  degli  interessi  coinvolti,  trascurando   l'interesse
pubblico  alla  realizzazione  di  impianti  FER   e   imponendo   la
sospensione dei procedimenti autorizzativi in  base  alla  loro  mera
pendenza e non per effetto dell'effettiva sussistenza  di  pregiudizi
derivanti dall'installazione degli impianti. 
    La stessa giurisprudenza costituzionale, secondo  quanto  dedotto
dalla ricorrente, ha piu' volte affermato che i principi fondamentali
in materia di impianti FER sul territorio nazionale  sono,  in  primo
luogo, la compatibilita' ex lege degli impianti con le aree  agricole
(ex art. 12, comma 7, decreto legislativo n. 387/2003) e, in  secondo
luogo, che il  solo  potere  conferito  alle  regioni  e'  quello  di
individuare aree non idonee all'installazione di impianti FER con  la
precisazione che si deve trattare di una indicazione  di  massima  da
operare con un atto di pianificazione da bilanciare e ponderare nella
sede   del   procedimento   amministrativo,   stigmatizzando   invece
interventi normativi volti a precludere la realizzazione di  impianti
FER su ampie porzioni del territorio regionale. 
    Le disposizioni regionali censurate, vietando l'autorizzazione  e
la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili in aree nelle  quali
il legislatore statale lo permette e prevedendo che siano le  proprie
«misure  di  salvaguardia»  a   trovare   applicazione   nelle   more
dell'approvazione della legge regionale di individuazione delle  aree
idonee  ex  art.  20,  comma  4,  decreto  legislativo  n.  199/2021,
contrastano dunque con la normativa statale stessa  che  non  ammette
divieti o moratorie e che, in relazione  alle  aree  non  idonee,  si
limita ad attribuire alle regioni il potere di individuare tali  aree
mediante  strumenti  di  programmazione  senza  che   cio'   comporti
impedimenti assoluti alla localizzazione degli impianti FER. 
    In sintesi, dunque, la norma regionale  eccederebbe,  secondo  la
ricorrente, le competenze in materia,  i  cui  principi  fondamentali
sono stabiliti dallo  Stato  e  rispetto  ai  quali  si  porrebbe  in
contrasto frontale. 
    5.2.  Inoltre,  secondo  la  ricorrente,  poiche'  la  disciplina
statale  e'  di  derivazione  eurounitaria   sussisterebbe   altresi'
l'illegittimita'  costituzionale  della  disposizione  regionale  «di
moratoria» suindicata per contrasto  con  l'art.  117,  primo  comma,
della  Costituzione,  dato   che   la   legge   regionale,   vietando
indiscriminatamente l'autorizzazione  e  la  realizzazione  di  nuovi
impianti,  e'  idonea  a  pregiudicare  gli  obiettivi  fissati   dal
legislatore nazionale in attuazione della disciplina europea. 
    5.3. In terzo luogo, l'art. 3 della l.r. n. 5/2024 si porrebbe in
contrasto con l'art. 9 della Costituzione e, dunque, con il principio
di tutela dell'ambiente, cui contribuiscono in  misura  rilevante  le
energie rinnovabili, e  con  il  principio  di  integrazione  di  cui
all'art. 11 Trattato sul funzionamento dell'Unione  europea  (secondo
cui le esigenze di tutela dell'ambiente devono essere integrate nella
definizione e attuazione delle altre pertinenti politiche  pubbliche,
al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile). Le esigenze di tutela
dell'ambiente, inoltre, impongono di  operare  un  bilanciamento  dei
vari   interessi   in   concreto   nell'ambito    del    procedimento
amministrativo, come chiarito dalla giurisprudenza  amministrativa  e
costituzionale. La  legge  regionale  e  i  provvedimenti  impugnati,
invece,   sottrarrebbero   alla   sede   propria   del   procedimento
amministrativo  tale  attivita'  di  bilanciamento,  introducendo  un
divieto  aprioristico  contrastante  con  l'esigenza  prioritaria  di
incrementare la produzione di  energia  green  al  fine  di  tutelare
l'ambiente. 
    5.4. Inoltre, secondo la ricorrente,  la  disposizione  in  esame
violerebbe altresi': gli articoli 3 e 41  della  Costituzione  avendo
introdotto in modo inaspettato un divieto generale di  autorizzazione
e realizzazione  di  impianti,  cosi'  sacrificando  la  liberta'  di
iniziativa privata e l'affidamento della societa' ricorrente;  l'art.
97 della Costituzione nella misura in cui, trascurando  le  attivita'
amministrative gia' svolte dalle autorita' competenti, pregiudica  il
principio di buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  e  di
doverosita' dell'azione amministrativa; l'art. 3  della  Costituzione
anche   sotto   il   profilo   della   manifesta   sproporzionalita',
irrazionalita', irragionevolezza e arbitrarieta'  della  disposizione
impugnata. Infatti, l'opzione perseguita dal legislatore regionale di
porre  un  generale  ed  indiscriminato  divieto  di  autorizzare   e
realizzare iniziative FER risulta viziata,  sotto  il  profilo  della
proporzionalita'  della  misura  adottata,  in  quanto  destinata  ad
incidere in maniera pregiudizievole sugli interessi privati  e  sugli
obiettivi  di  tutela  ambientale   e   paesaggistica   astrattamente
perseguiti. 
    Cio' avverrebbe in virtu'  di  un  obiettivo  di  scongiurare  un
rischio (l'irreversibilita' degli impatti  sul  territorio  regionale
derivanti dalla realizzazione degli impianti FER ex art. 1, comma  2,
l.r.  n.  5/2024),  oltre   che   indimostrato,   anche   inesistente
soprattutto nel caso degli  impianti  agri-voltaici  come  quello  in
esame. 
    6. Con un  quarto  motivo  di  ricorso  la  societa'  ha  dedotto
l'illegittimita'    dell'inerzia     serbata     dall'Amministrazione
sull'istanza di verifica di assoggettabilita' a VIA. 
    L'art. 19 ai commi 6 e 11 del TUA prevede un  termine  perentorio
di quarantacinque giorni decorrente dalla  scadenza  del  termine  di
trenta  giorni  cui  al  precedente  comma  4  per   l'adozione   del
provvedimento di verifica di assoggettabilita' a  VIA,  termini  che,
nel  caso  di  specie,  sarebbero  ampiamente   decorsi   in   quanto
l'Amministrazione avrebbe dovuto adottare il provvedimento entro il 5
febbraio 2024. 
    7. Con ricorso per  motivi  aggiunti  del  14  febbraio  2025  la
societa' ricorrente ha chiesto l'annullamento  della  nota  prot.  n.
37875 del 16 dicembre 2024 con la quale il Servizio VIA ha comunicato
il riavvio del procedimento di screening VIA al fine di «valutare gli
effetti della l.r. n. 20/2024 sull'intervento di che trattasi». 
    Nelle more  del  giudizio,  infatti,  la  regione,  con  la  nota
impugnata, pur comunicando il formale  riavvio  del  procedimento  di
screening VIA, ha nella sostanza reiterato la  sospensione  dell'iter
attivando il suindicato sub-procedimento. In data  6  dicembre  2024,
infatti, era entrata  in  vigore  la  l.r.  n.  20/2024  con  cui  il
legislatore ha abrogato la precedente l.r. n. 5/2024 e ha  introdotto
una disciplina relativa alle aree non  idonee  (che,  invece  sarebbe
riservata a un atto di programmazione  amministrativa),  introducendo
un divieto aprioristico all'autorizzazione e  alla  realizzazione  di
impianti FER localizzati in tali aree,  senza  peraltro  recepire  le
indicazioni sulle aree idonee individuate dal legislatore  statale  e
prevedendo persino che la declaratoria di non idoneita'  prevalga  su
quella di idoneita'. 
    La regione,  con  la  nota  impugnata,  avrebbe  illegittimamente
aggravato il procedimento con un'attivita' istruttoria  non  prevista
dalla normativa statale e finalizzata  a  valutare  gli  effetti  sul
progetto della  ricorrente  di  una  legge  regionale  manifestamente
incostituzionale e anti-comunitaria. 
    8. Con un ulteriore ricorso per motivi aggiunti del 3 maggio 2025
la societa' ricorrente ha, inoltre, chiesto l'annullamento della nota
prot. n. 4931 del 14 febbraio 2025 con la quale il  Servizio  VIA  ha
comunicato   gli   esiti   di    tale    asseritamente    illegittimo
sub-procedimento,  disponendo  l'improcedibilita'   dell'istanza   di
screening VIA alla luce del  fatto  che  il  progetto  ricadrebbe  in
alcune fattispecie di aree non idonee ai sensi dell'allegato B  della
l.r. n. 20/2024 per l'installazione di  impianti  agri-voltaici,  con
conseguente applicazione del divieto di  cui  all'art.  1,  comma  5,
della medesima legge regionale. 
    9. Con  un  primo  motivo,  la  societa'  ricorrente  ha  dedotto
l'illegittimita'  degli  atti  impugnati  in   via   derivata   dalla
illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lettera a), comma
5 e 7 l.r. n. 20/2024 (e dei relativi allegati), nella parte in cui -
disciplinando in carenza di potere con atto  normativo  le  aree  non
idonee,  prevedendo  un  divieto  aprioristico  all'autorizzazione  e
all'installazione  di  impianti  FER  nelle  aree  qualificate  dalla
medesima legge come «non idonee» e sancendone la  prevalenza  perfino
rispetto alla  disciplina  delle  aree  c.d.  «idonee»  -  violerebbe
apertamente la normativa primaria di riferimento. 
    9.1. La regione, innanzitutto, con legge regionale (art. 1, comma
1, lettera a) avrebbe  proceduto  in  via  principale  e  prioritaria
all'individuazione delle aree  non  idonee  (peraltro  configurandole
come divieti preventivi), per poi individuare  anche  quelle  idonee,
residuali  sia  nella  loro  entita'  che  negli  effetti  del   loro
riconoscimento. Cosi' facendo, l'art.  1  della  legge  regionale  si
sarebbe posto in contrasto con i principi fondamentali della materia,
desumibili  dal  combinato  disposto   dell'art.   12   del   decreto
legislativo n. 387/2003 e delle Linee guida nazionali  approvate  con
decreto ministeriale 10 settembre 2010 (che configurano le  aree  non
idonee come strumento di accelerazione, dal contenuto non  vincolante
e pongono una riserva  di  procedimento  amministrativo  sul  punto),
nonche' con il decreto legislativo n. 199/2021, il quale: 1) all'art.
20, comma 4, accorda priorita' e prevalenza all'individuazione  delle
aree idonee, assegnando alla regione il  compito  di  provvedere  con
fonte legislativa esclusivamente in merito a tale tipologia di  aree;
2) all'art. 18, rinvia a  un  momento  successivo  all'individuazione
delle aree idonee,  a  valle  dell'aggiornamento  delle  Linee  guida
nazionali, l'aggiornamento della disciplina delle  aree  non  idonee,
confermando la riserva di procedimento. 
    9.1.1. In particolare,  l'art.  12  del  decreto  legislativo  n.
387/2003 ha fissato il principio di generale utilizzabilita' di tutti
i terreni per la realizzazione di impianti FER, salvo il potere delle
regioni di individuare, nei limiti di  quanto  previsto  dalle  Linee
guida nazionali emanate a completamento della disciplina primaria, le
aree non idonee.  Queste  ultime  non  si  configurano  come  divieti
preventivi, ma costituiscono  uno  strumento  di  accelerazione,  non
vincolante (paragrafo 17 e allegato 3  del  decreto  ministeriale  10
settembre 2010) e la cui individuazione deve avvenire previa apposita
istruttoria e confluire in un atto  di  pianificazione  (a  carattere
amministrativo, dunque,  e  non  normativo),  dovendosi  motivare  la
incompatibilita' in relazione a specifiche tipologie  e/o  dimensioni
di impianti con riferimento agli obiettivi di protezione  perseguiti.
L'individuazione delle aree non idonee dovrebbe avvenire, dunque, con
uno  strumento  amministrativo  flessibile,  in  modo  da   garantire
l'opportuno bilanciamento degli interessi  in  gioco  nella  concreta
sede procedimentale. 
    9.1.2. Tale generale impianto normativo ha trovato piena conferma
anche nel decreto legislativo n. 199/2021. Ed infatti, l'art. 20  del
decreto  legislativo  n.  199/2021  stabilisce  espressamente  che  i
decreti ministeriali recanti principi e criteri in  materia  di  aree
idonee e non idonee devono prioritariamente individuare i criteri per
l'individuazione  delle  aree  idonee,  assegnando  alle  regioni  il
compito di procedere alla piena attuazione della norma  con  atto  di
fonte legislativa limitatamente alle aree idonee  (comma  4).  L'art.
20, invece, non attribuirebbe alle regioni il potere  legislativo  in
merito alle aree non idonee, cosi' come  confermato  anche  dall'art.
18, comma 3, il quale prevede che solo a seguito  dell'individuazione
delle aree idonee si potra' porre in essere  la  valutazione  di  cui
all'art. 17 delle Linee guida che impone alle regioni di  operare  un
congruo bilanciamento degli interessi. 
    9.1.3. Di qui,  prosegue  la  societa'  ricorrente,  la  evidente
incostituzionalita' della l.r. n. 20/2024, che si pone  in  contrasto
coi principi fondamentali della materia stabiliti  dall'art.  12  del
decreto  legislativo  n.  387/2003,  dal  decreto   ministeriale   10
settembre 2010 e dal decreto legislativo n. 199/2021, per  violazione
dell'art. 117 della Costituzione. 
    9.2.  Deduce  la  ricorrente  che  la  violazione  dei   principi
fondamentali della materia e la conseguente incostituzionalita' della
l.r.  n.  20  deriverebbero  anche  dal   divieto   aprioristico   di
autorizzare e realizzare  impianti  FER  in  aree  non  idonee  posto
dall'art. 1, comma 5 e 7 della l.r. n. 20/2024. 
    I principi fondamentali della materia fissati dalla  legislazione
dello  Stato,  infatti,  costituiscono  attuazione  delle   direttive
comunitarie  che  manifestano  un  favor  per  le  fonti  energetiche
rinnovabili. Tali principi fondamentali,  secondo  la  giurisprudenza
amministrativa e costituzionale, sono costituiti in particolare dalla
compatibilita' ex lege degli impianti con le aree agricole  (ex  art.
12, comma 7, decreto legislativo n. 387/2003), e si concretizzano nel
potere delle regioni di individuare aree non idonee all'installazione
di impianti FER, mediante pero' una indicazione di massima da operare
con un atto di pianificazione da bilanciare e  ponderare  nella  sede
del procedimento  amministrativo,  dovendosi  stigmatizzare,  invece,
interventi normativi volti a precludere la realizzazione di  impianti
FER su porzioni amplissime del territorio regionale. 
    L'art. 1 della  l.r.  n.  20/2024,  nell'introdurre  il  suddetto
divieto  aprioristico  si  pone  in  contrasto  con   tali   principi
fondamentali, eccedendo le proprie competenze in  materia.  Peraltro,
gli allegati, A, B, C, D ed E alla legge regionale n. 20  individuano
una serie di aree non idonee che corrispondono alla  quasi  totalita'
del territorio sardo, introducendo di fatto un divieto generalizzato. 
    La ricorrente, pertanto, ha  chiesto  la  rimessione  alla  Corte
costituzionale della questione di legittimita'  costituzionale  della
l.r. n. 20/2024 e, in particolare, degli articoli 1, commi 5 e 7,  in
relazione  agli  articoli  117,  comma  3,  della  Costituzione  (per
violazione  dei  suindicati  principi  fondamentali   della   materia
stabiliti dallo Stato) e all'art. 3 della Costituzione in  quanto  le
previsioni  in  questione   impedirebbero,   in   modo   illogico   e
irragionevole, una  adeguata  ponderazione  di  tutti  gli  interessi
coinvolti, trascurando l'interesse  pubblico  alla  realizzazione  di
impianti   FER   e   imponendo   l'inefficacia   dei    provvedimenti
autorizzativi gia' conseguiti. 
    Inoltre, poiche' la disciplina di riferimento e'  di  derivazione
euro-unitaria,  la  ricorrente  ha  dedotto  altresi'  la  violazione
dell'art. 117, comma 1, della  Costituzione,  essendo  la  disciplina
regionale idonea a pregiudicare gli obiettivi fissati dal legislatore
nazionale in attuazione della disciplina unionale sul c.d. Green Deal
europeo. 
    9.2.1. Sotto altro profilo,  l'art.  1,  comma  5,  sopra  citato
sarebbe  incostituzionale  in  quanto  l'inidoneita'   dell'area,   a
differenza di quanto previsto dalla  legge  regionale,  non  comporta
tout court il divieto di  installazione  di  impianti  FER,  gravando
sull'Amministrazione l'onere di effettuare una  puntuale  istruttoria
al fine di bilanciare gli interessi coinvolti. 
    Cio'  e'  stabilito  dalle  linee  guida  di   cui   al   decreto
ministeriale 10 settembre 2010 (allegato 3, lettera d)  ed  e'  stato
chiarito dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale secondo
cui  anche  nel  caso  di  aree  non  idonee  opera  una  riserva  di
procedimento     amministrativo,      sussistendo      il      dovere
dell'amministrazione procedente di verificare in concreto,  caso  per
caso,  se  il  singolo  progetto   sia   o   meno   realizzabile   in
considerazione delle sue caratteristiche e delle caratteristiche  del
sito interessato. 
    Lo stesso decreto del Ministro dell'ambiente  e  della  sicurezza
energetica   del   21   giugno   2024   (recante   «Disciplina    per
l'individuazione di superfici e aree idonee  per  l'installazione  di
impianti a fonti rinnovabili»), sulla cui base e'  stata  emanata  la
l.r. n. 20/2024, non abilita in alcun modo le  regioni  a  introdurre
divieti aprioristici di autorizzare e realizzare impianti  FER  nelle
aree individuate come «non idonee». 
    9.3. La ricorrente deduce, poi,  l'illegittimita'  costituzionale
degli articoli 1, comma 5 e 7 della l.r. n. 20/2024  e  dei  relativi
allegati per violazione dei principi fondamentali della materia anche
sotto il profilo della violazione della disciplina delle aree  idonee
ex art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021. 
    9.3.1.  Con  specifico  riferimento  alle  fattispecie   di   non
idoneita' di cui  alla  nota  regionale  impugnata  che  ha  disposto
l'improcedibilita' dell'istanza della ricorrente, le lettera t) e w),
punto  12,  allegato  B  prevedono  che  sono  aree  non  idonee  per
l'installazione di impianti agri-voltaici di grande  taglia  «i  beni
culturali (immobili e aree) sottoposti a tutela ai sensi della  Parte
II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42  (Codice  dei  beni
culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio
2002, n. 137), ed aree circostanti che distano meno di  7  chilometri
da  essi,  in  linea  d'aria  da  essi»  nonche'  «aree  e   immobili
caratterizzati da edifici e manufatti di  valenza  storico-culturale,
architettonica, archeologica, di cui all'art. 48 delle NTA  del  PPR,
ed aree circostanti che  distano  meno  di  3  chilometri,  in  linea
d'aria, calcolati a partire dal  perimetro  della  fascia  di  tutela
condizionata». 
    Tali norme contrasterebbero, secondo la  ricorrente,  con  l'art.
20, comma 8, lettera c-quater del  decreto  legislativo  n.  199/2021
secondo cui sono considerate aree idonee ex lege quelle che non  sono
«ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai  sensi  del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 ne' ricadono nella  fascia
di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda
oppure dell'art. 136 del medesimo decreto legislativo. La  fascia  di
rispetto e' determinata considerando una distanza dal  perimetro  dei
beni  sottoposti  a  tutela  di  [...]  500  m   per   gli   impianti
fotovoltaici». 
    9.3.2. Sarebbero illegittime anche le ipotesi  di  non  idoneita'
previste dalle lettere y) e bb) dell'allegato B alla l.r. n. 20/2024,
riferite agli «ulteriori elementi con valenza  storico-culturale,  di
natura  archeologica,  architettonica  e  identitaria,   quali   beni
potenziali  non  ricompresi  nel  Piano  paesaggistico...   ed   aree
circostanti che distano meno di 3 chilometri, in linea d'aria» e alle
«zone urbanistiche omogenee e "Agricole",  in  quanto,  con  riguardo
alla prima fattispecie, non esiste alcuna norma di rango primario che
preveda la possibilita' di qualificare come non idonee tali  aree  e,
con riguardo alla seconda, sussiste una compatibilita' ex lege  delle
aree agricole, riconosciuta  dalla  giurisprudenza  amministrativa  e
costituzionale. 
    9.3.3.  Rappresenta  la  ricorrente,  inoltre,  come  lo   stesso
Consiglio di Stato, con ordinanze cautelari  nn.  4297,  4298,  4299,
4300, 4301, 4302 del 2024  (peraltro  prima  dell'entrata  in  vigore
della l.r. n. 20/2024) abbia sospeso l'efficacia dell'art.  7,  comma
2, lettera c) del  decreto  ministeriale  21  giugno  2024  che,  nel
prevedere la «possibilita' di  fare  salve  le  aree  idonee  di  cui
all'art. 20, comma 8» del decreto legislativo n. 199/2021, consentiva
in astratto alle regioni di derogare alla disciplina  primaria  sulle
aree idonee. 
    9.4. La societa' ricorrente ha, inoltre, dedotto l'illegittimita'
costituzionale del divieto introdotto dall'art. 1, comma 5 e 7, della
l.r. n. 20/2024 per  violazione  degli  articoli  3,  9  e  41  della
Costituzione. 
    9.4.1. Sotto un primo profilo, infatti,  la  legge  regionale  si
porrebbe in contrasto con il principio di tutela  dell'ambiente,  cui
contribuiscono in maniera rilevante le energie rinnovabili. Anche  il
regolamento UE n. 2577/2022 ha previsto che  la  realizzazione  degli
impianti  FER  debba  essere  considerata  di   «interesse   pubblico
prevalente ... in sede di ponderazione degli interessi giuridici  nei
singoli casi» (art. 3). Pertanto, il  divieto  previsto  dalla  norma
regionale si porrebbe in contrasto con il principio  di  integrazione
delle tutele, riconosciuto  anche  a  livello  europeo  dall'art.  11
Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea  (secondo  cui  le
esigenze  di  tutela  dell'ambiente  devono  essere  integrate  nella
definizione e attuazione delle altre pertinenti politiche  pubbliche,
al fine di promuovere lo  sviluppo  sostenibile).  Tali  esigenze  di
tutela, inoltre, impongono  di  operare  un  bilanciamento  dei  vari
interessi in concreto nell'ambito  del  procedimento  amministrativo,
come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa  e  costituzionale.
La   legge   regionale   e   i   provvedimenti   impugnati,   invece,
sottrarrebbero alla sede propria del procedimento amministrativo tale
attivita' di  bilanciamento,  introducendo  un  divieto  aprioristico
contrastante con l'esigenza prioritaria di incrementare la produzione
di energia green al fine di tutelare l'ambiente. 
    9.4.2. Inoltre, secondo la ricorrente, la disposizione  in  esame
violerebbe altresi' l'art. 41 della Costituzione,  avendo  introdotto
in  modo  inaspettato  un  divieto  generale  di   autorizzazione   e
realizzazione  di  impianti,  cosi'  sacrificando  la   liberta'   di
iniziativa privata e l'affidamento della societa' ricorrente;  l'art.
97 della Costituzione nella misura in cui, trascurando  le  attivita'
amministrative gia' svolte dalle autorita' competenti, pregiudica  il
principio di buon  andamento  della  pubblica  amministrazione  e  di
doverosita' dell'azione amministrativa; l'art. 3  della  Costituzione
sotto  il  profilo  della   proporzionalita',   non   sussistendo   i
presupposti di necessita' e idoneita' della misura adottata  rispetto
all'obiettivo  asseritamente  perseguito  di  tutela  del  territorio
agrario. 
    Infatti, l'opzione perseguita dal legislatore regionale di porre,
sostanzialmente, un generale e indiscriminato divieto di  autorizzare
e realizzare iniziative FER risulta viziata, sotto il  profilo  della
proporzionalita'  della  misura  adottata,  in  quanto  destinata  ad
incidere  in   maniera   significativamente   pregiudizievole   sugli
interessi  privati  e  sugli  obiettivi  di   tutela   ambientale   e
paesaggistica astrattamente perseguiti. Cio' avverrebbe in virtu'  di
un obiettivo (quello di scongiurare l'irreversibilita' degli  impatti
sul territorio regionale derivanti dalla realizzazione degli impianti
FER ex art. 1, comma 1, lettera c) e d) della l.r. n. 20/2024)  oltre
che indimostrato, anche in concreto inesistente, soprattutto nel caso
degli impianti agri-voltaici come quello in esame. 
    10. Con il secondo dei motivi aggiunti la societa' ricorrente  ha
censurato gli atti impugnati anche in via autonoma e  derivata  dalla
contrarieta' al diritto euro-unitario della l.r. n. 20/2024. 
    10.1. La disciplina regionale,  infatti,  avrebbe  dovuto  essere
disapplicata dall'Amministrazione in quanto contraria al principio di
massima diffusione delle forme di produzione di  energia  rinnovabile
sancito dalle norme eurounitarie e, in particolare,  dalle  direttive
2001/77/CE e 2009/28/CE  nonche'  dalle  piu'  recenti  direttive  UE
2018/2001 e 2023/2413, come completate dal regolamento UE 2577/2022 e
dalla recente raccomandazione UE 2024/1343. 
    La nota impugnata, pertanto, sarebbe illegittima in via  autonoma
avendo violato l'obbligo giuridico di disapplicare le  norme  interne
incompatibili con quelle euro-unitarie. 
    10.2.  In  secondo  luogo,   la   nota   impugnata   risulterebbe
illegittima anche in via derivata dalla legge regionale, contrastante
con la normativa europea. 
    Il divieto posto dalla l.r., infatti, finisce con il sottrarre in
modo indiscriminato  il  territorio  regionale  dalla  localizzazione
degli impianti FER, cosi' impedendo il raggiungimento degli obiettivi
vincolanti per lo Stato italiano  fissati  dalla  normativa  europea,
oltre a porsi in contrasto coi principi  di  derivazione  europea  di
massima diffusione delle fonti rinnovabili e di  semplificazione  dei
procedimenti autorizzativi;  con  la  natura  di  interesse  pubblico
prevalente dell'installazione  di  impianti  FER  rispetto  ad  altri
interessi in potenziale conflitto, con  l'obiettivo  di  semplificare
ulteriormente  le  procedure  autorizzative  nelle   c.d.   zone   di
accelerazione, quali le aree idonee ex  art.  20,  comma  8,  decreto
legislativo n. 199/2021 e con l'obiettivo di  ridurre  al  minimo  le
c.d. zone di esclusione. 
    11.  Con  la  terza  censura  la  societa'  ha  inoltre   dedotto
l'illegittimita' in parte qua del decreto ministeriale 21 giugno 2024
che, nel combinato disposto degli articoli 1, comma 2, lettera  b)  e
3, comma 1, prevede che le regioni con propria legge individuino  sul
rispettivo territorio superfici e aree non idonee. 
    In realta', evidenzia  la  ricorrente  che,  in  via  principale,
il decreto  ministeriale costituisce   esso   stesso   parametro   di
incostituzionalita' della normativa regionale in quanto, a differenza
della l.r. n. 20/2024, non prevede in alcun modo  l'espresso  divieto
generale  e  aprioristico  di  autorizzare  e   realizzare   impianti
fotovoltaici ed eolici in  aree  c.d.  «non  idonee»,  ne'  tantomeno
prevede la prevalenza della  disciplina  delle  aree  non  idonee  su
quella delle aree c.d. idonee  ai  sensi  dell'art.  20  del  decreto
legislativo n. 199/2021. 
    Inoltre, posto  anche  che  il  Consiglio  di  Stato  ha  sospeso
l'efficacia  di  disposizioni   del   decreto   ministeriale,   «solo
formalmente il decreto costituisce il parametro  sulla  cui  base  e'
stata adottata la legge regionale, dal momento che l'efficacia  delle
disposizioni che in astratto  potevano  consentire  alla  regione  di
derogare in peius alla normativa statale era stata  (ed  e'  tuttora)
sospesa  in  data  anteriore   all'emanazione   della   nuova   legge
regionale». 
    Solo in via ulteriormente subordinata dunque, id est  laddove  si
ritenesse  di  interpretare  il decreto  ministeriale nel  senso   di
abilitare la regione ad intervenire  con  disposizioni  quali  quelle
della cui legittimita' costituzionale si  dubita,  la  ricorrente  lo
impugna per i seguenti motivi. 
    11.1. Il decreto ministeriale contrasterebbe, in primo luogo, con
l'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 e, in particolare,  con
il comma 4, il quale limiterebbe la potesta' normativa della  regione
all'individuazione delle sole aree idonee. 
    11.2.  In  secondo  luogo,  il  decreto  sarebbe  illegittimo  in
relazione a quanto previsto dall'art. 7, comma  2,  lettera  c),  che
conferisce alle regioni la possibilita' di far salve le  aree  idonee
di cui all'art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021. 
    L'efficacia di tale disposizione, peraltro, e' stata sospesa  dal
Consiglio di Stato, che ha negato spazio  per  una  piu'  restrittiva
disciplina regionale rispetto a quella di cui all'art. 20, comma 8. 
    La disposizione regolamentare, dunque, nel consentire in astratto
alle regioni di  derogare  in  peius  alla  legislazione  statale  in
materia di aree  idonee,  si  pone  in  contrasto  con  la  normativa
primaria di riferimento. 
    11.3. La ricorrente deduce, infine, l'illegittimita' del  decreto
anche la' dove  lo  stesso,  anziche'  limitarsi  a  dettare  criteri
uniformi per i  legislatori  regionali  ai  fini  dell'individuazione
delle aree idonee (come prescritto all' art.  20,  comma  1,  decreto
legislativo n. 199/2021), ha direttamente dichiarato la non idoneita'
di alcune aree del territorio nazionale, disponendo all'art. 7, comma
3 che «sono considerate non idonee le superfici e le  aree  che  sono
ricomprese nel perimetro  dei  beni  sottoposti  a  tutela  ai  sensi
dell'art. 10 e dell'art. 136, comma 1, lettere a) e  b)  del  decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42». 
    11.4. Tale disposizione, inoltre,  laddove  letta  nel  senso  di
vietare l'installazione  di  impianti  FER  nelle  aree  non  idonee,
risulterebbe  illegittima  anche  per  contrasto   con   i   principi
fondamentali in materia come sopra richiamati. 
    12. Col quarto motivo, infine, la societa' ricorrente ha ribadito
l'illegittimita' dell'inerzia serbata dall'Amministrazione procedente
sull'istanza di verifica di assoggettabilita' a VIA. 
    13. Si  e'  costituita  in  giudizio  per  resistere  la  Regione
autonoma  della  Sardegna  rilevando,  innanzitutto,  come   con   le
ordinanze del Tribunale amministrativo regionale  Lazio  nn.  9164  e
9168 del 2025 siano state  rimesse  in  via  incidentale  alla  Corte
costituzionale le questioni di legittimita' costituzionale  dell'art.
1, commi 2, 5, 7, 8 e dell'art. 3, nonche' degli allegati della  l.r.
n. 20/2024. 
    13.1. La difesa regionale ha, inoltre, dedotto che la RAS sarebbe
dotata  ai  sensi  dell'art.  117,  comma  6,  della  Costituzione  e
dell'art. 6 dello Statuto  speciale,  di  competenza  legislativa  (e
amministrativa) esclusive nella materia della tutela e pianificazione
paesaggistica e nelle materie dell'urbanistica e  dell'agricoltura  e
foreste (v. art. 3  dello  Statuto  speciale),  nonche'  di  potesta'
legislativa   concorrente   nella   materia   della   «produzione   e
distribuzione dell'energia elettrica»  ai  sensi  dell'art.  4  dello
Statuto speciale. 
    13.1.1. In detto contesto, la legge regionale n. 20/2024 e' stata
adottata dalla regione nell'esercizio  della  competenza  legislativa
esclusiva spettantele. 
    Tale prospettiva troverebbe conferma anche nella recente sentenza
della Corte costituzionale n. 28/2025 laddove si e' affermato che  le
regioni, fermi restando i limiti imposti dallo Stato  in  termini  di
classificazione e obiettivi annui (cosi' come  stabilito  dal decreto
ministeriale 21 giugno 2024) fino al 2030, possono esercitare la piu'
ampia discrezionalita'  nel  selezionare  in  quali  aree  consentire
l'installazione agevolata di impianti FER. 
    13.1.2. La legge regionale, inoltre, avrebbe operato  nei  limiti
della  potesta'   legislativa   concorrente   nella   materia   della
«produzione  e  distribuzione  dell'energia  elettrica».  Il  decreto
legislativo n. 199/2021, all'art. 20, comma 1, rimanda a  un  decreto
ministeriale la determinazione dei criteri per  l'individuazione  sia
delle  aree  idonee  che  di  quelle   non   idonee.   Tale   decreto
ministeriale, adottato il 21 giugno  2024  avrebbe  disposto  che  le
regioni definiscano con legge non solo quali sono le aree idonee,  ma
anche quali quelle non idonee e ordinarie (v. art. 3, mai impugnato). 
    13.1.3. La regione, poi, in  applicazione  dello  stesso  decreto
legislativo n.  199/2021,  che  peraltro  salvaguarda  esplicitamente
all'art. 49 le competenze delle regioni a  statuto  speciale,  tenuto
conto dell'obiettivo concordato con lo Stato  (su  cui  v.  l'art.  2
decreto ministeriale 2024), avrebbe  svolto  una  istruttoria  basata
sulle condizioni  specifiche  del  territorio  individuando  le  aree
idonee in modo tale da garantire non solo il raggiungimento, ma anche
il superamento degli obiettivi di potenza da raggiungere al 2030. 
    13.1.4.  Con  l'individuazione  delle  aree  idonee  la   regione
avrebbe, dunque, garantito il rispetto  degli  obiettivi  di  potenza
complessiva introducendo una disciplina atta a preservare al  massimo
il   patrimonio   paesaggistico,   archeologico,   storico-culturale,
ambientale, senza tuttavia escludere del  tutto  la  possibilita'  di
installare nelle aree e superfici non idonee impianti FER, e cio'  in
ossequio al principio della massima diffusione delle fonti di energia
rinnovabile e fermo restando che ogni altra area (in cui non viga  il
divieto di realizzare impianti fotovoltaici con moduli a terra)  deve
ritenersi residualmente soggetta al regime autorizzatorio ordinario e
potrebbe, quindi, ospitare l'installazione di impianti. 
    Cio' emergerebbe dall'analisi  degli  allegati  in  cui,  tenendo
conto della rilevanza paesaggistica, culturale, etc., si e' proceduto
a classificare le aree come non idonee, dopo aver individuato  quelle
idonee, prevedendo una distinzione tra tipologie e tagli di  impianti
FER e  consentendone  la  realizzazione  in  seguito  a  un  puntuale
bilanciamento. 
    13.2.  Anche  gli  assunti  della  ricorrente  in   merito   alla
previsione  per  legge  di  divieti  assoluti  di  installazione   di
impianti, secondo l'Amministrazione regionale,  sarebbero  infondati,
in quanto sarebbero stati previsti in realta' elementi  normativi  di
flessibilita', da valutare caso per caso anche nelle aree non idonee,
tra cui in particolare quelli ricavabili dagli articoli 1, commi 4, 5
e 7, ultimo capoverso, 3, comma 4, allegato G, comma 2 (che  peraltro
alla lettera c prevederebbe misure di incentivo per la  realizzazione
degli impianti agri-voltaici). Inoltre, negli allegati (lett. b, c, e
allegati A, B, C) sarebbero consentiti impianti in aree definite  non
idonee. 
    13.3. La legge regionale  sarebbe  conforme  anche  all'art.  20,
comma 8, del decreto  legislativo  199/2021  che  si  limiterebbe  ad
elencare una serie di aree da ritenere idonee nelle more  della  loro
concreta individuazione da parte  delle  Regioni,  sulla  scorta  dei
criteri  elencati  nel  decreto  ministeriale  21  giugno  2024.   Si
tratterebbe,  dunque,  di  una  disposizione  transitoria,  che   non
individuerebbe un minimum immodificabile di aree idonee. 
    13.4. Privi di rilievo sarebbero poi i richiami effettuati  dalla
ricorrente all'art. 12 del  decreto  legislativo  n.  387/2003  e  al
decreto ministeriale del 10 settembre 2010, in quanto superati  dalla
piu' recente normativa statale che, prevedendo come  inderogabile  il
raggiungimento  di  predefiniti   livelli   di   energia   da   fonti
rinnovabili, salvaguarderebbe, al contempo, le prerogative  regionali
in materia paesaggistica, mediante la definizione delle  aree  idonee
con legge regionale. 
    13.5. In  relazione  all'affidamento  della  ricorrente  (e  alla
presunta violazione degli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione), la
regione ha dedotto che i commi 2  e  5  dell'art.  1  della  l.r.  n.
20/2024 darebbero applicazione al principio generale del tempus regit
actum  e  non   prevederebbero   un   regolamento   irrazionale   che
frustrerebbe situazioni consolidate e certe, e cio' anche  alla  luce
della natura precaria dello stesso  regime  autorizzatorio  (e  ancor
piu' nella fase di screening). 
    Neanche il decreto ministeriale del 21 giugno 2024  prevederebbe,
peraltro, una norma di salvaguardia per i procedimenti  autorizzatori
in corso al momento della sua  entrata  in  vigore:  pertanto,  alcun
affidamento poteva essersi consolidato sul tenore delle  disposizioni
previgenti, in ragione  del  carattere  transitorio  della  normativa
sottoposta a scrutinio e della evoluzione  del  quadro  normativo  di
riferimento. 
    13.6. Quanto alla dedotta violazione delle  norme  euro-unitarie,
con conseguente asserita illegittimita' costituzionale della l.r.  n.
20/2024 per violazione dell'art. 117, comma  1,  della  Costituzione,
secondo  la  regione  non  sarebbero  stati  evidenziati  i   profili
specifici  di  contrasto  con  il  diritto  dell'Unione  europea  ne'
indicato in che modo la normativa regionale impedirebbe di rispettare
l'obiettivo di potenza alla stessa attribuito. 
    14.  Si  sono  costituiti  in  giudizio  altresi'  il   Ministero
dell'ambiente  e  della  sicurezza  energetica,  il  Ministero  della
cultura, il Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e
delle foreste e la Presidenza del Consiglio dei  ministri,  eccependo
l'incompetenza territoriale del  Tribunale  amministrativo  regionale
Sardegna in favore del Tribunale amministrativo  regionale  Lazio  in
relazione alle censure sollevate avverso il decreto  ministeriale  21
giugno 2024, nonche'  il  difetto  di  legittimazione  passiva  della
Presidenza del Consiglio dei ministri. 
    15. All'udienza dell'11 giugno 2025 la causa e' stata discussa  e
quindi trattenuta in decisione. 
    16. Ritiene il Collegio rilevanti e non manifestamente  infondate
le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 5 e 7,
della l.r. n. 20/2024 per contrasto con gli articoli 3, 9, 41,  97  e
117, commi 1 e 3 della Costituzione dedotte dalla  ricorrente  con  i
due ricorsi per  motivi  aggiunti.  Pertanto,  si  reputa  necessario
sospendere il giudizio per consentire  il  controllo  incidentale  di
costituzionalita' sulle questioni di seguito indicate. 
    17. Ricorre, innanzitutto, il presupposto della  rilevanza  della
questione, ai sensi dell'art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, secondo il quale e' necessario  che  «il  giudizio  non  possa
essere definito indipendentemente dalla risoluzione  della  questione
di legittimita' costituzionale» della disposizione contestata. 
    17.1. In via preliminare, il Collegio deve evidenziare  come  sia
infondata e da respingere l'eccezione di incompetenza territoriale di
questo Tribunale, in favore del  Tribunale  amministrativo  regionale
per il Lazio, sollevata dalle amministrazioni statali. 
    In senso  contrario  infatti,  si  rileva  come  i  provvedimenti
impugnati, in particolare quelli contestati  con  i  motivi  aggiunti
proposti   e,   segnatamente,   la   dichiarazione    regionale    di
«improcedibilita'» della  «istanza  di  screening  VIA»,  si  fondino
esclusivamente sulla l.r. n. 20 del  2024  e  non  gia'  sul  decreto
ministeriale 21 giugno 2024, sicche' tale  decreto  non  rientra  nel
perimetro delle questioni giuridiche rilevanti nel caso che occupa. 
    Invero, la l.r. n. 20 del 2024 e' un atto  di  fonte  legislativa
espressione  della  potesta'  legislativa  attribuita  alla   Regione
Sardegna dalle disposizioni di cui agli articoli 3 e 4 dello  Statuto
speciale, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n.  3,
e  cio'  lasciando  momentaneamente  in  disparte  la  questione  del
superamento  dei  limiti  da  rispettare  indicati  in  Costituzione,
oggetto della verifica di non manifesta infondatezza della  questione
di legittimita' costituzionale della l.r. stessa, senza  che  percio'
rilevi in via decisiva l'esistenza del decreto ministeriale 21 giugno
2024. 
    D'altronde, a conferma dell'autonomia delle due fonti -  l.r.  n.
20 del 2024 e  decreto  ministeriale  21  giugno  2024 -  ,  come  ha
rilevato  il  Tribunale  amministrativo  regionale   per   il   Lazio
nell'ordinanza n. 9164 del 13 maggio 2025, con la  quale  sono  state
rimesse al giudizio della Corte costituzionale  alcune  questioni  di
legittimita' costituzionale della medesima l.r. n. 20  del  2024  (su
cui  v.  infra),  «l'eventuale  annullamento  del  decreto   [decreto
ministeriale 21 giugno 2024] sul punto sarebbe peraltro, allo stato e
in presenza  delle  disposizioni  recate  dalla  legge  regionale  n.
20/2024, privo di  ogni  utilita'  per  la  parte  ricorrente.  Essa,
infatti, non potrebbe comunque  ulteriormente  coltivare  i  progetti
sopra  citati,  in  quanto  la   disciplina   legislativa   regionale
costituirebbe a tal riguardo un ostacolo assoluto». 
    Peraltro, come rilevato dalla difesa della  parte  ricorrente  in
sede di discussione orale all'udienza pubblica dell'11  giugno  2025,
EF  Agri  non  ha  piu'  neppure  interesse  alle  censure   inerenti
direttamente il decreto ministeriale 21 giugno 2024, proposte in  via
subordinata, essendo intervenuto l'annullamento, almeno in parte qua,
del decreto ministeriale stesso per  via  giurisdizionale,  ad  opera
della sentenza Tribunale amministrativo regionale Lazio, sez. III, 13
maggio 2025, n. 9155. 
    17.2. Cio' posto, e passando adesso al merito, le note  impugnate
con i due ricorsi per motivi aggiunti  e,  in  particolare,  la  nota
dell'Assessorato regionale della difesa dell'ambiente prot.  n.  4931
del 14 febbraio 2025, con la quale e' stata comunicata alla  societa'
ricorrente   l'improcedibilita'   dell'istanza   di    Verifica    di
assoggettabilita' a VIA, fondano, in via esclusiva,  le  ragioni  del
diniego sull'istanza facendo riferimento all'entrata in vigore  della
disciplina recata dalla legge regionale n. 20/2024 e,  nella  specie,
all'introdotto  divieto  di  realizzare  impianti  FER   sulle   aree
classificate  dalla  medesima  legge  come  non  idonee;  divieto  di
realizzazione degli impianti che si  applica  anche  con  riferimento
alle istanze  di  autorizzazione  presentate  prima  dell'entrata  in
vigore della legge «de qua» (v. art. 1, comma 5, l.r. n. 20/2024). 
    Di  conseguenza,  l'eventuale  accertamento   dell'illegittimita'
costituzionale della l.r. n.  20/2024  determinerebbe  un  automatico
travolgimento,  per  illegittimita'  derivata,  degli  atti  adottati
dall'Amministrazione regionale. 
    In particolare, la nota  impugnata  con  il  ricorso  per  motivi
aggiunti proposti il 7  marzo  2025  ha  disposto  l'improcedibilita'
dell'istanza di c.d. screening VIA della  ricorrente  alla  luce  del
fatto che l'impianto agrivoltaico in progetto ricadrebbe in aree  non
idonee, cosi' come individuate dall'allegato B, lett. t),  w),  y)  e
bb) della l.r. n. 20/2024,  arre  su  cui,  pertanto,  ai  sensi  del
predetto art. 1, comma 5, vige il divieto di realizzare impianti  FER
anche per progetti -  come  nel  caso  in  esame -  presentati  prima
dell'entrata in vigore della medesima legge regionale. 
    Di qui l'evidente rilevanza, nel caso di specie, della  questione
di legittimita' costituzionale. 
    18. In secondo luogo, il prospettato conflitto dell'art. 1, commi
5 e 7 della l.r. n. 20/2024 con i principi radicati negli articoli 3,
9, 41, 97  e,  soprattutto,  con  l'art.  117,  commi  1  e  3  della
Costituzione, nonche' con l'art. 3, comma 1, dello  Statuto  speciale
per la  Regione  Sardegna,  approvato  con  legge  costituzionale  26
febbraio 1948, n. 3,  si  presenta,  ad  avviso  del  Collegio,  «non
manifestamente infondato» ai sensi del medesimo art. 23  della  legge
n. 87/1953. 
    19. Preliminarmente, occorre rilevare come l'intervento normativo
di cui alla l.r. n. 20/2024 e' stato posto in essere, secondo  quanto
riportato all'art. 1, comma 1, lett. a) della medesima legge, al fine
di individuare le «aree idonee e le superfici idonee,  non  idonee  e
ordinarie al fine di favorire la transizione ecologica, energetica  e
climatica nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 9, primo  e
secondo periodo, della Costituzione nonche' delle disposizioni di cui
all'art. 3, lettera f), m) e n), art.  4,  lettera  e),  della  legge
costituzionale 26 febbraio  1948,  n.  3  (Statuto  speciale  per  la
Sardegna) e delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della
Repubblica del 22 maggio 1975, n.  480  (Nuove  norme  di  attuazione
dello statuto speciale della  Regione  autonoma  della  Sardegna),  e
secondo  un  criterio  pianificatorio  di  sistema   che   tenga   in
considerazione la pianificazione energetica e quella di  governo  del
territorio». 
    19.1. Quanto all'ambito  di  competenza  legislativa  interessato
dalla legge regionale, vengono dunque in rilievo, nel caso di specie,
la  potesta'  legislativa  primaria  in  materia   di   «edilizia   e
urbanistica»  riconosciuta  dallo  Statuto  speciale  della   Regione
Autonoma della Sardegna all'art.  3,  comma  1,  lettera  f) -  e  la
correlata «competenza paesaggistica» ai sensi dell'art. 6 del decreto
del Presidente della Repubblica n. 480 del  1975,  recante  norme  di
attuazione dello Statuto speciale anzidetto -,  nonche'  la  potesta'
legislativa di cui alla lettera m) («esercizio dei diritti  demaniali
e patrimoniali della Regione relativi alle miniere, cave e saline») e
n) («usi civici») del medesimo art.  4.  Va  richiamata  altresi'  la
potesta' legislativa concorrente nella materia «produzione  trasporto
e distribuzione nazionale dell'energia elettrica», da esercitarsi nel
limite dei principi stabiliti dalle  leggi  dello  Stato  e  prevista
anche  dall'art.  4,  lettera  e),  dello  Statuto  -  produzione   e
distribuzione dell'energia elettrica. 
    19.2.  L'oggetto  della  legge  regionale  in  discorso  (recante
«Misure urgenti per l'individuazione di aree e superfici idonee e non
idonee all'installazione e promozione di impianti a fonti di  energia
rinnovabile  (FER)  e  per  la   semplificazione   dei   procedimenti
autorizzativi») e la ratio perseguita (di attuazione  e  comunque  di
osservanza della disciplina statale sull'individuazione delle aree  e
dei  siti  sui  quali  possono  essere  installati  gli  impianti  di
produzione di energia rinnovabile di cui al  decreto  legislativo  n.
199/2021) rendono, tuttavia, evidente come il prioritario  ambito  di
potesta'  legislativa  autonoma  attinto  sia  quello  statutario  in
materia di «produzione e distribuzione dell'energia elettrica»  (art.
4, lettera e, dello Statuto speciale). 
    19.3. Come osservato,  infatti,  dalla  Corte  costituzionale  in
relazione all'abrogata l.r. n. 5/2024 di c.d. «moratoria» (che  aveva
previsto «misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare
nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti
rinnovabili», e sulla cui base era stato adottato il provvedimento di
sospensione del procedimento di screening impugnato  con  il  ricorso
principale), essa, «pur conseguendo,  come  detto,  la  finalita'  di
tutelare il paesaggio, incide in modo significativo sulla  disciplina
relativa agli «impianti di produzione e accumulo di energia elettrica
da fonti rinnovabili». Pertanto, la legge regionale afferisce in modo
prevalente alla competenza statutaria in  materia  di  «produzione  e
distribuzione dell'energia  elettrica»  (art.  4,  lettera  e,  dello
statuto speciale). 
    In ogni caso, anche laddove non si consideri prevalente  uno  dei
due ambiti statutari, ma si ritenga che ci si trovi di  fronte  a  un
intreccio  di  competenze,  nessuna  delle  quali  prevalente,   cio'
nondimeno entrambe tali competenze - quella primaria  di  tutela  del
paesaggio e quella concorrente in materia di energia  elettrica  piu'
volte  richiamata -  devono  esercitarsi   «[i]n   armonia   con   la
Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica
e col  rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli  interessi
nazionali,   nonche'   delle   norme   fondamentali   delle   riforme
economico-sociali della Repubblica», oltre che, solo per la  seconda,
nel piu' volte ricordato limite «dei principi stabiliti  dalle  leggi
dello Stato», ai sensi dei medesimi articoli 3 e 4 dello  statuto  di
autonomia». 
    20. Premesso, dunque, che nel caso di specie viene in rilievo una
competenza legislativa  regionale  «di  autonomia»  che  deve  essere
esercitata, in ogni caso, nel rispetto dei  principi  fondamentali  e
delle  «norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali  della
Repubblica» di cui e' espressione la disciplina  statale  di  cui  al
decreto  legislativo  n.  199/2021,  ritiene  il  Collegio   che   le
disposizioni della l.r. n. 20/2024 e, segnatamente,  le  disposizioni
di cui all'art. 1, comma 1, lettera a) e commi 5 e 7, e di  cui  agli
allegati da A a E della  legge  della  Regione  Sardegna  n.  20/2024
contrastino coi principi stabiliti dalla normativa statale e  con  le
norme fondamentali di  riforma  economico-sociale  che  si  impongono
anche alla Regione autonoma della Sardegna  per  espressa  previsione
statutaria. 
    21. Piu' in particolare, e in primo luogo,  ritiene  il  Collegio
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale della l.r. n. 20/2024, con riferimento specifico  alle
disposizioni suindicate, per violazione dell'art. 117,  primo  comma,
della  Costituzione,  in  relazione  alla   previsione,   con   legge
regionale, delle aree non idonee  (che,  come  si  dira'  anche  piu'
avanti, riguardano aree vastissime del territorio isolano). 
    Da questo punto di vista, infatti, la disciplina regionale sembra
porsi  in  conflitto  con  i  principi  fondamentali  della   materia
individuati  nell'art.  20,  comma  4  del  decreto  legislativo   n.
199/2021. 
    21.1. Osserva, infatti, il Collegio che l'art. 20, comma  4,  del
decreto legislativo n. 199/2021 limita la potesta' legislativa  delle
regioni soltanto alla  individuazione  puntuale  delle  aree  idonee:
«conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di cui  al
comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dei
medesimi decreti, le regioni individuano con legge  le  aree  idonee,
anche con il supporto della piattaforma di cui all'art. 21». 
    Su tale base normativa questo Tribunale, nel rimettere alla Corte
costituzionale una questione di legittimita'  costituzionale  analoga
alla presente,  dopo  avere  riepilogato  il  quadro  di  riferimento
normativo europeo e statale in materia,  ha  gia'  ritenuto  che  «la
legge della Regione Sardegna  n.  20/2024  ha  (...)  introdotto  una
disciplina, sulla quale si fondano gli atti  impugnati  nel  presente
giudizio, che - ad avviso del Collegio - non pare proprio conformarsi
al sopra descritto quadro normativo europeo e  nazionale,  avendo  la
suddetta legge regionale: 
        individuato molteplici aree inidonee all'installazione  degli
impianti, mentre, come  si  e'  detto,  il  compito  del  legislatore
regionale e' (soltanto) quello di individuare puntualmente  le  «aree
idonee» quali beneficiarie di apposita  accelerazione  autorizzativa,
senza intaccare l'elenco categoriale di cui all'art. 20, comma 8, del
decreto legislativo n. 199/2021 (...)»  (T.a.r.  Sardegna,  sez.  II,
ordinanza 9 giugno 2025, n. 146). 
    21.2. Ritiene poi il Collegio che non conduca a un diverso  esito
neppure quanto previsto dal  decreto  ministeriale  21  giugno  2024,
emanato in attuazione dell'art. 20, comma  1,  del  medesimo  decreto
legislativo n. 199/2021: ed  e'  per  questo,  infatti,  che  non  si
pongono   nel   presente    giudizio    questioni    inerenti    alla
(il)legittimita' del decreto in parola. 
    Tale decreto ha espressamente  previsto  al  comma  1,  comma  2,
lettera b) che «In esito al processo definitorio di cui  al  presente
decreto, le regioni, garantendo l'opportuno coinvolgimento degli enti
locali, individuano sul rispettivo territorio ... b) superfici e aree
non idonee: aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con
l'installazione  di  specifiche  tipologie  di  impianti  secondo  le
modalita' stabilite dal paragrafo 17 e dall'allegato  3  delle  linee
guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo  economico  10
settembre 2010, pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  18  settembre
2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni» e, all'art. 3, ha
previsto che «Per il conseguimento delle finalita' di cui all'art. 1,
comma 1  del  presente  decreto,  le  regioni  individuano  ai  sensi
dell'art. 20, comma 4 del decreto legislativo  8  novembre  2021,  n.
199, con propria  legge,  entro  centottanta  giorni  dalla  data  di
entrata in vigore del presente decreto, le aree di  cui  all'art.  1,
comma 2, secondo i principi e criteri  previsti  dal  titolo  II  del
presente decreto». 
    La disposizione da ultimo trascritta  non  e'  in  effetti  stata
oggetto dell'annullamento giurisdizionale parziale che ha interessato
il  decreto  ministeriale  ad  opera  della  sentenza  del  Tribunale
amministrativo regionale Lazio,  Roma,  n.  9155  del  2025,  che  ha
ritenuto  l'art.   3   del   decreto   ministeriale   legittimo   pur
interpretandolo nel senso di consentire alle regioni  di  individuare
con legge le aree non idonee. 
    Ritiene invece il Collegio  che  l'art.  3  in  esame  possa -  e
debba - ben essere interpretato nel senso  di  limitare  l'intervento
legislativo  delle  regioni  all'individuazione  delle  aree  idonee,
nonostante la sua non perspicua formulazione letterale. 
    Ed infatti, se e' pur vero  che  l'art.  3  cit.  fa  riferimento
all'individuazione,  da  parte  delle  regioni,  delle  aree  di  cui
all'art. 1, comma  2  del  medesimo  decreto,  nel  cui  ambito  sono
definite non solo le aree idonee, ma anche quelle non  idonee  (e  in
realta' anche  quelle  ordinarie  e  quelle  in  cui  e'  vietata  la
realizzazione di impianti FER), e' vero anche che il medesimo art. 3,
al comma  1,  espressamente  limita  tale  individuazione  «ai  sensi
dell'art. 20, comma 4 del decreto legislativo  8  novembre  2021,  n.
199», il quale, come visto, prevede che le  regioni  individuino  con
propria legge le sole aree idonee. 
    D'altronde,  la  stessa  definizione  di  aree  inidonee  di  cui
all'art. 1, comma 2 del decreto ministeriale in parola, rimanda  alle
«modalita' stabilite dal paragrafo 17 e dall'allegato 3  delle  linee
guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo  economico  10
settembre 2010, pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  18  settembre
2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». 
    Ed infatti, come peraltro efficacemente evidenziato  dalla  parte
ricorrente, l'art. 18, comma 3, del decreto legislativo n.  199/2021,
nel testo vigente alla data  di  entrata  in  vigore  della  l.r.  n.
20/2024,  dispone  che  «a  seguito  dell'entrata  in  vigore   della
disciplina statale e regionale per l'individuazione  di  superfici  e
aree idonee ai sensi dell'art. 20, con decreto  del  Ministero  della
transizione ecologica, di concerto con il  Ministero  della  cultura,
previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'art.  8  del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 sono aggiornate  le  linee
guida per l'autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili di  cui
all'art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre  2003,  n.
387». 
    Non pare dunque al Collegio che le  regioni  possano  individuare
con lo strumento legislativo le aree non idonee all'installazione  di
impianti FER - inverandosi percio' i, quantomeno, non  manifestamente
infondati profili di illegittimita' costituzionale della l.r.  n.  20
del 2024 - poiche', dal quadro normativo  descritto,  pare  che  tali
aree non idonee debbano  essere  successivamente  individuate,  sulla
base  delle  aggiornate  linee  guida,  approvate  con   il   decreto
ministeriale 10 settembre  2010,  che  prevede,  come  dedotto  dalla
ricorrente, che «l'individuazione delle aree "non idonee" deve essere
preceduta  da  "un'apposita  istruttoria,  avente   ad   oggetto   la
ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente,  del
paesaggio, del  patrimonio  storico  e  artistico,  delle  tradizioni
agroalimentari locali, della biodiversita' e  del  paesaggio  rurale"
(paragrafo 17.1 del decreto ministeriale 10 settembre  2010)  e  deve
confluire nell'"atto di  programmazione  con  cui  sono  definite  le
misure e gli interventi necessari al raggiungimento  degli  obiettivi
di burden sharing fissati in attuazione delle suddette norme". 
    Sotto questo angolo prospettico, possono dunque valere, anche, le
considerazioni che di seguito si vanno  ad  esporre  in  ordine  alla
violazione della riserva di procedimento amministrativo (in  part.  ,
infra par. 22.4.). 
    22. La disciplina introdotta dal legislatore regionale  presenta,
infatti,  in  ogni   caso   ulteriori   profili   di   illegittimita'
costituzionale nella parte in cui - non solo non si  e'  limitata  ad
individuare le aree idonee e ha individuato anche (o  solo)  le  aree
non idonee -, ma ha vieppiu' impedito  la  valutazione  in  concreto,
nella sede del procedimento amministrativo, dei diversi interessi  in
relazione agli impianti localizzati in tali aree non  idonee,  avendo
posto un divieto assoluto di realizzazione di impianti FER. 
    La  prospettata  incostituzionalita'  della  legge  regionale  n.
20/2024 risulta a giudizio del Collegio fondata, in particolare,  con
riferimento alla previsione di cui all'art. 1, comma 5 ove si dispone
che «E' vietata  la  realizzazione  degli  impianti  ricadenti  nelle
rispettive aree non idonee cosi' come individuate dagli  allegati  A,
B, C, D, E e dai commi 9 e 11». 
    In tal modo il legislatore  regionale  ha  stabilito  un  divieto
assoluto di autorizzare e realizzare impianti FER localizzati in aree
definite «non idonee», e cio' in  contrasto  con  gli  articoli  117,
primo e terzo comma della Costituzione, in relazione all'art. 20  del
decreto  legislativo  n.  199/2021,  alle  disposizioni  del  decreto
ministeriale 21 giugno  2024  (di  cui  la  disciplina  regionale  e'
attuazione),  nonche'  con  riferimento  al  principio   di   massima
diffusione degli  impianti  da  fonti  di  energia  rinnovabile  come
emergente dalla disciplina unionale. 
    22.1. Infatti,  e'  proprio  per  raggiungere  gli  obiettivi  di
contrasto al cambiamento climatico e di  uso  dell'energia  da  fonte
rinnovabile fissati a livello europeo sino  al  2030,  che  lo  Stato
italiano ha adottato il decreto legislativo n. 199 del 2021. 
    Tale intervento normativo costituisce attuazione della  direttiva
UE 2018/2001 sulla promozione dell'uso da fonti rinnovabili e si pone
(art.  1)  «l'obiettivo  di  accelerare  il  percorso   di   crescita
sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia  da
fonti  rinnovabili,  in  coerenza  con  gli  obiettivi   europei   di
decarbonizzazione del  sistema  energetico  al  2030  e  di  completa
decarbonizzazione al 2050», definendo «gli strumenti,  i  meccanismi,
gli incentivi e il quadro  istituzionale,  finanziario  e  giuridico,
necessari per il raggiungimento degli obiettivi di  incremento  della
quota di energia da fonti rinnovabili al 2030,  in  attuazione  della
direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto  dei  criteri  fissati  dalla
legge 22 aprile 2021, n.  53»,  prevedendo  «disposizioni  necessarie
all' attuazione  delle  misure  del  Piano  nazionale  di  ripresa  e
resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia di  energia  da  fonti
rinnovabili, conformemente al Piano nazionale integrato per l'energia
e il clima (di seguito anche: PNIEC), con la finalita' di individuare
un  insieme  di  misure  e  strumenti  coordinati,   gia'   orientati
all'aggiornamento degli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del
regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si prevede, per  l'Unione
europea, un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di  gas
a effetto serra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990
entro il 2030». 
    22.2. In particolare,  all'art.  20  il  decreto  legislativo  n.
199/2021 ha previsto un'apposita disciplina per  l'individuazione  di
superfici e aree idonee  per  l'installazione  di  impianti  a  fonti
rinnovabili stabilendo per quanto piu' interessa in questa sede che: 
        con  uno  o  piu'  decreti  del  Ministro  della  transizione
ecologica di concerto con il Ministro della cultura,  e  il  Ministro
delle politiche agricole, alimentari e forestali,  previa  intesa  in
sede di Conferenza  unificata,  sono  stabiliti  principi  e  criteri
omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee  (e
non idonee) all'installazione di impianti a fonti rinnovabili  aventi
una  potenza  complessiva  almeno  pari  a  quella  individuata  come
necessaria  dal  PNIEC  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di
sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree  idonee  ai
sensi del comma 8; 
        tali  decreti  definiscono  altresi'  la  ripartizione  della
potenza installata fra regioni e province autonome; 
        nel dettare la disciplina delle aree idonee  si  tiene  conto
delle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e  del  paesaggio,
delle aree agricole e forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi
idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate,
quali  capannoni  industriali  e  parcheggi,  nonche'   di   aree   a
destinazione industriale, artigianale, per  servizi  e  logistica,  e
verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi
incluse le superfici agricole non utilizzabili,  compatibilmente  con
le caratteristiche e le  disponibilita'  delle  risorse  rinnovabili,
delle infrastrutture di  rete  e  della  domanda  elettrica,  nonche'
tenendo  in  considerazione  la  dislocazione  della   domanda,   gli
eventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo  della  rete
stessa; 
        conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti  di
cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla  data  di  entrata  in
vigore dei medesimi decreti, le Regioni individuano con legge le aree
idonee; 
        in sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee
per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i
principi  della  minimizzazione  degli  impatti  sull'ambiente,   sul
territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo  restando
il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al
2030 e tenendo conto della  sostenibilita'  dei  costi  correlati  al
raggiungimento di tale obiettivo; 
        le aree non incluse tra le aree  idonee  non  possono  essere
dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione  di
energia rinnovabile, in sede di  pianificazione  territoriale  ovvero
nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione  della  sola  mancata
inclusione nel novero delle aree idonee. 
    In particolare, l'individuazione delle aree idonee da parte delle
regioni con un intervento legislativo persegue il  duplice  obiettivo
di consentire, da un lato, agli operatori di conoscere in modo chiaro
e trasparente le aree in cui e'  possibile  installare  impianti  FER
seguendo una procedura  semplificata;  dall'altro,  di  garantire  il
rispetto delle prerogative regionali che, nel  selezionare  in  quali
aree consentire l'installazione agevolata di FER, possono  esercitare
la piu' ampia discrezionalita', fermi restando i limiti imposti dallo
Stato in termini di  classificazione  e  obiettivi  annui  di  MW  da
raggiungere, cosi' come stabilito dal decreto ministeriale 21  giugno
2024, fino al  2030  (in  questi  termini,  Corte  costituzionale  n.
28/2025). 
    22.3.  Come  gia'  antcipato  sopra,  le  aree  non  idonee  sono
definite, poi, dal decreto ministeriale 21 giugno 2024 quali «aree  e
siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l'installazione di
specifiche tipologie di impianti secondo le modalita'  stabilite  dal
paragrafo 17 e dall'allegato 3 delle linee guida emanate con  decreto
del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010,  pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale 18  settembre  2010,  n.  219  e  successive
modifiche e integrazioni». 
    22.4. Come rilevato,  da  ultimo,  dal  Tribunale  amministrativo
regionale  Lazio  con  l'ordinanza  n.  9164  del  2025  «il  decreto
ministeriale 21 giugno 2024 non ha innovato il concetto di  area  non
idonea contenuto nelle linee guida di cui al decreto ministeriale  10
settembre 2010. Queste, infatti, continuano a configurarsi come  aree
con «obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento [...]
di  specifiche  tipologie   e/o   dimensioni   di   impianti.   Detta
incompatibilita',  tuttavia,  non  si  traduce  in  una   preclusione
assoluta, bensi' in "una elevata probabilita' di esito negativo delle
valutazioni, in sede di autorizzazione"  (paragrafo  17  delle  linee
guida  del  10  settembre  2010),  "che  dovra'  comunque   risultare
all'esito di specifica  istruttoria.  Ne  consegue  che,  sotto  tale
profilo, la definizione contenuta nel decreto ... non innova in alcun
modo il concetto di area non idonea quale gia' enucleato dalle  linee
guida». 
    22.4.1.  Anche  sotto  il  vigente  regime   normativo,   dunque,
l'effetto della qualificazione di una superficie in termini  di  area
non idonea e' unicamente quello di precludere l'accesso al  beneficio
dell'accelerazione ed agevolazione procedimentale di cui all'art.  22
del decreto legislativo n. 199/2021, segnalando la necessita'  di  un
piu' approfondito  apprezzamento  delle  amministrazioni  competenti,
strumentale a garantire una tutela  piu'  rafforzata  del  paesaggio,
dell'ambiente e del territorio nell'ambito dei  singoli  procedimenti
amministrativi di autorizzazione degli impianti FER. 
    Le aree non idonee,  pertanto,  non  possono  costituire  divieti
aprioristici e assoluti alla installazione  degli  impianti  FER,  ma
come  chiarito  dalla  giurisprudenza  costituzionale,  rappresentano
«meri  indici  rivelatori  di  possibili  esigenze  di   tutela   del
paesaggio» (cfr. Corte costituzionale,  sentenza  n.  121/2022,  par.
5.1.). 
    22.4.2. Le aree non  idonee  svolgono  tale  funzione  anche  nel
rinnovato  assetto   normativo   e   regolamentare   della   materia,
indipendentemente dal fatto che l'art. 1, comma 2,  lettera  b),  del
decreto ministeriale del 21 giugno 2024 definisca tali superfici come
«incompatibili  con  l'installazione  di  specifiche   tipologie   di
impianti», poiche' a cio',  come  detto,  non  risulta  correlato  un
espresso divieto generalizzato di installazione  degli  impianti  FER
(cfr.  Tribunale  amministrativo  regionale   Lazio,   ordinanza   n.
9155/2025). 
    22.4.3. Infatti, il mero utilizzo del termine «incompatibile» non
accompagnato da un correlato divieto aprioristico e generalizzato non
vale a contemplare l'ipotesi di un divieto assoluto e  generalizzato,
come quello previsto dalla Regione Sardegna. 
    22.4.4. L'inidoneita' di una determinata area non  puo',  dunque,
derivare da una qualificazione aprioristica, generale ed astratta, ma
puo' soltanto conseguire all'esito di un procedimento  amministrativo
che consenta una valutazione in concreto, in ragione  delle  relative
specificita', della inattitudine del luogo prescelto. 
    La stessa giurisprudenza costituzionale ha  gia'  affermato  come
anche nel caso di aree non idonee operi una riserva  di  procedimento
amministrativo, sussistendo il dovere dell'amministrazione procedente
di verificare in concreto, caso per caso, se il singolo progetto  sia
o meno realizzabile in considerazione  delle  sue  caratteristiche  e
delle caratteristiche del sito interessato (cosi', da  ultimo,  Corte
costituzionale, sentenza n. 177 del 30 luglio 2021  in  relazione  al
precedente quadro normativo che, tuttavia, come detto, non ha  mutato
il concetto di «area non idonea»). 
    Ancora, come rammentato dalla ricorrente, la Corte costituzionale
ha statuito che «il margine di intervento riconosciuto al legislatore
regionale non permette che le regioni  prescrivano  limiti  generali,
perche' cio' contrasta  con  il  principio  fondamentale  di  massima
diffusione  delle  fonti  di  energia  rinnovabili,   stabilito   dal
legislatore  statale  in  conformita'  alla   normativa   dell'Unione
europea» (Corte costituzionale, 2 dicembre 2020,  n.  258,  ma  anche
sentenze nn. 177 del 2018, 86, 148, 286 del 2019, 106 del 2020). 
    22.5. In contrasto rispetto a tali indicazioni l'art. 1, comma 5,
della l.r. n. 20/2024, stabilisce, invece, un divieto tout  court  di
realizzazione di impianti FER in aree qualificate come non idonee  ai
sensi della medesima  legge  regionale.  In  tal  modo,  vengono  sia
violati i principi fondamentali stabiliti dal decreto legislativo  n.
199/2021 all'art. 20 (come  integrato  dal  decreto  ministeriale  21
giugno 2024), e sia pregiudicati  gli  obiettivi  vincolanti  fissati
dalla normativa europea, con conseguente violazione dei commi 1  e  3
dell'art. 117 della Costituzione. 
    22.6. Peraltro, le previsioni  dell'art.  1,  comma  5,  l.r.  n.
20/2024, lette in combinato disposto  con  gli  allegati  alla  legge
regionale stessa, come dedotto dalla parte ricorrente,  non  smentita
sul punto dall'Amministrazione regionale, determinano che le aree non
idonee previste dalla legge regionale comprendono la quasi  totalita'
del territorio regionale. 
    22.7. Come gia' rilevato dalla citata ordinanza n. 146  del  2025
di questo Tribunale, «lo Statuto Sardo, all'art. 3, comma 2,  lettera
f), assegna alla Regione Sardegna competenza legislativa esclusiva in
materia di «edilizia e urbanistica» (che comprende, come noto,  anche
la  «componente  paesaggistica»),  nonche'   competenza   legislativa
concorrente in materia di «e) produzione e distribuzione dell'energia
elettrica». 
    L'art. 117, comma 2, lettera s), della  Costituzione,  dal  canto
suo, attribuisce  allo  Stato  competenza  legislativa  esclusiva  in
materia  di  «tutela  dell'ambiente,  dell'ecosistema  e   dei   beni
culturali», cosi' come il comma 3 dello stesso art. 117  include  tra
le materie di competenza concorrente quella relativa  «a  produzione,
trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». 
    Non vi e' dubbio, quindi, che, in base a tali criteri di  riparto
delle competenze su materie oggettivamente «interferenti»,  lo  Stato
disponga di significativi spazi  di  intervento,  potendo  dettare  i
principi quadro in materia produzione energetica, trattandosi di  una
materia  oggetto  di  competenza  concorrente,  nonche'  i   principi
fondamentali e le norme di riforma  economico-sociale  ordinariamente
capaci  di  limitare  la  stessa  competenza  legislativa   regionale
esclusiva (art. 3, comma 1, dello Statuto sardo: vedi supra). Inoltre
lo stesso legislatore nazionale puo' interferire in subiecta  materia
attraverso la propria  potesta'  esclusiva  e  trasversale  a  tutela
dell'ambiente,  sulla  quale  gli  impianti   energetici   da   fonti
rinnovabili hanno evidenti ricadute. 
    Orbene tali criteri per la composizione di competenze legislative
cosi' «incrociate» tra Stato e  regione  non  sembrano  essere  stati
rispettati dalla legge regionale ora in esame. 
    Difatti la l.r. n. 20/2024, al dichiarato scopo  di  tutelare  il
paesaggio regionale, ha dettato una disciplina che, come si e' visto,
appare sotto diversi aspetti in contrasto  con  quella  nazionale  di
riferimento anche per profili sui  quali  il  legislatore  nazionale,
intervenendo a  garanzia  della  massima  diffusione  degli  impianti
energetici da fonti rinnovabili: 
        ha introdotto «principi  quadro»  in  materia  di  produzione
energetica, cui il  legislatore  regionale  e'  tenuto  ad  attenersi
nell'esercitare la relativa competenza concorrente; 
        ha dettato  regole  finalizzate  alla  tutela  dell'ambiente,
sulla quale dispone di una competenza esclusiva e «trasversale»; 
        ha  prescritto  principi  fondamentali  e  norme  di  riforma
economico-sociale che vincolano il legislatore regionale anche  nelle
materie di  sua  competenza  esclusiva  (T.a.r.  Sardegna,  sez.  II,
ordinanza 9 giugno 2025, n. 146). 
    22.8. La disposizione regionale di cui al citato art. 1, comma 5,
in definitiva, pur finalizzata tra l'altro alla tutela del paesaggio,
nello stabilire il divieto di realizzare impianti alimentati da fonti
rinnovabili nelle aree non  idonee,  si  pone  in  contrasto  con  la
richiamata normativa statale che, all'art. 20 del decreto legislativo
n. 199 del 2021, reca principi fondamentali che, in quanto  tali,  si
impongono anche alle competenze statutarie in materia  di  produzione
dell'energia, e si  pone  in  contrasto  inoltre  con  la  disciplina
euro-unitaria che pone in risalto il principio di massima  diffusione
delle fonti rinnovabili (perseguito sia dalla direttiva 2009/28/CE, e
gia' prima da quella 2001/77/CE, sia dalla direttiva 2018/2001/UE)  e
stabilisce dei target vincolanti per lo Stato italiano. 
    22.8.1. Peraltro, come detto, anche prima dell'entrata in  vigore
del   decreto   legislativo   n.   199/2021,   l'orientamento   della
giurisprudenza costituzionale era nel senso di  ritenere  illegittime
norme regionali volte a sancire, in via generale e astratta,  la  non
idoneita' di intere aree  di  territorio  o  a  imporre,  in  maniera
generalizzata ed aprioristica,  limitazioni  nella  realizzazione  di
impianti FER (Corte costituzionale, sentenza n.  69  del  2018).  Per
costante  giurisprudenza  della  Corte,  infatti,  le  regioni  e  le
province autonome sono tenute a rispettare  i  principi  fondamentali
contemplati dal legislatore statale (v., ex multis,  sentenze  n.  11
del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020), principi, nel  caso  di
specie, racchiusi nel citato decreto legislativo n. 199  del  2021  e
nella disciplina di attuazione (quale il decreto  ministeriale  sulle
aree idonee). 
    22.9. Il divieto di realizzare impianti  ricadenti  in  aree  non
idonee posto dall'art. 1, comma 5, della  l.r.  n.  20/2024  risulta,
poi,  contrastare  anche  con  l'art.  3  della  Costituzione  e,  in
particolare, con il principio di proporzionalita' che in  esso  trova
fondamento, nonche' con il principio desumibile  dall'art.  15  della
direttiva UE 2018/2001 che richiede agli Stati membri  di  assicurare
che le norme nazionali in materia di procedure  autorizzative  «siano
proporzionate e necessarie». La medesima disposizione vincola inoltre
gli Stati membri ad adottare «misure appropriate per assicurare  che:
a) ...; b) le norme in materia di  autorizzazione,  certificazione  e
concessione di licenze siano oggettive, trasparenti e  proporzionate,
non contengano discriminazioni tra partecipanti e tengano  pienamente
conto delle specificita' di ogni singola tecnologia  per  le  energie
rinnovabili». 
    22.9.1. Il sindacato di proporzionalita' costituisce, infatti, un
«aspetto del controllo di ragionevolezza delle leggi  condotto  dalla
giurisprudenza costituzionale, onde verificare che  il  bilanciamento
degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato
con modalita' tali da determinare il sacrificio o la compressione  di
uno di essi in misura  eccessiva  e  pertanto  incompatibile  con  il
dettato costituzionale» (TAR Lazio, ordinanza n. 9164/2025, cit.). In
particolare, secondo la giurisprudenza  costituzionale  «il  test  di
proporzionalita'  richiede  di  valutare  se  la  norma  oggetto   di
scrutinio, con la misura e le modalita'  di  applicazione  stabilite,
sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi  legittimamente
perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva  quella
meno restrittiva dei diritti  a  confronto  e  stabilisca  oneri  non
sproporzionati rispetto  al  perseguimento  di  detti  obiettivi  (ex
plurimis, sentenze n. 137  del  2018  e  n.  272  del  2015)»  (Corte
costituzionale n. 56/2020). 
    22.9.2. La previsione  di  un  divieto  di  natura  generalizzata
viola,  dunque,  il   principio   di   necessaria   proporzionalita',
sacrificando  in  modo  irragionevole  la  liberta'   di   iniziativa
economica e la tutela dell'ambiente (cui la produzione di energia  da
fonti rinnovabili contribuisce). 
    Tra l'altro, come rilevato da questo Tribunale nella  piu'  volte
citata ordinanza n.  146  del  2025,  la  l.r.  n.  20  del  2024  ha
«individuato tali nuove aree inidonee in misura molto ampia,  pari  a
quasi  al  95%  dell'intero  territorio  regionale   (si   veda,   in
particolare, il  comma  5  dell'art.  1  della  l.r.  n.  20/2024  in
relazione agli allegati da A a G alla stessa  legge),  anche  qui  in
diretto contrasto con l'elenco categoriale  di  aree  idonee  dettato
dall'art. 20, comma 8, lettera c ter), n. 1 del  decreto  legislativo
n. 199/2021; per comprendere la portata ostativa di  tale  disciplina
regionale basti  pensare  che  essa  impedisce  la  realizzazione  di
impianti energetici da fonti rinnovabili sulla quasi totalita'  delle
aree agricole sarde». 
    22.10. Le  suindicate  disposizioni  della  l.r.  n.  20/2024  si
pongono  in  contrasto,  inoltre,  con   il   principio   di   tutela
dell'ambiente di cui all'art. 9 della Costituzione,  secondo  cui  la
Repubblica tutela  l'ambiente,  la  biodiversita'  e  gli  ecosistemi
«anche nell'interesse delle future generazioni». 
    22.10.1.  Il  sacrificio  incondizionato  di  tale  principio  in
relazione  alle  aree  classificate  come  non  idonee  dalla   legge
regionale,  infatti,  dal  che  consegue  il  divieto   radicale   di
realizzare impianti FER appare  al  Collegio  del  tutto  evidente  e
contrasta oltre che con l'art. 3 della Costituzione anche con  l'art.
9,  ponendosi   in   conflitto   con   l'orientamento   della   Corte
costituzionale consolidatosi a partire dalla nota sentenza n. 85/2013
secondo cui «Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione
si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non  e'  possibile
pertanto individuare uno di essi che  abbia  la  prevalenza  assoluta
sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata
in una serie di norme non coordinate ed in potenziale  conflitto  tra
loro»  (sentenza  n.  264  del  2012).  Se  cosi'   non   fosse,   si
verificherebbe  l'illimitata  espansione  di  uno  dei  diritti,  che
diverrebbe «tiranno» nei confronti delle altre situazioni  giuridiche
costituzionalmente riconosciute e  protette  [...].  La  Costituzione
italiana,  come  le  altre  Costituzioni  democratiche  e  pluraliste
contemporanee, richiede un continuo e vicendevole  bilanciamento  tra
principi e diritti fondamentali, senza  pretese  di  assolutezza  per
nessuno di essi.  [...]  Il  punto  di  equilibrio,  proprio  perche'
dinamico e non prefissato in anticipo, deve  essere  valutato  -  dal
legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice  delle  leggi
in sede di controllo -  secondo  criteri  di  proporzionalita'  e  di
ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro  nucleo
essenziale». 
    22.10.2. In  tale  contesto,  il  divieto  previsto  dalla  norma
regionale si pone in contrasto anche con il principio di integrazione
delle tutele riconosciuto anche a livello europeo  dall'art.  11  del
Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione  europea  secondo  cui  «le
esigenze  di  tutela  dell'ambiente  devono  essere  integrate  nella
definizione  e  nell'attuazione  delle  altre  pertinenti   politiche
pubbliche,  in  particolare  al  fine  di  promuovere   lo   sviluppo
sostenibile» (cfr. Cons. Stato, sentenza n. 8167/2022). 
    La previsione  in  generale  delle  aree  non  idonee  come  zone
vietate, infatti, solleva sul punto notevoli perplessita', in  quanto
non istituisce alcuna forma di possibile bilanciamento tra  i  valori
in gioco, sancendo un'indefettibile  prevalenza  dell'interesse  alla
conservazione dello stato dei luoghi, in contrasto con l'obiettivo di
promuovere l'uso  dell'energia  da  fonti  rinnovabili  (in  termini,
Tribunale amministrativo regionale Lazio, ordinanza di rimessione  n.
9164/2025). 
    22.10.3. Pertanto, il divieto posto dalla Regione Sardegna e,  in
particolare, l'art. 1, comma 5, della l.r. n. 20/2024  e  i  relativi
allegati che individuano le aree non idonee, si pongono in  contrasto
anche con gli articoli 3 e 9 della Costituzione. 
    22.11. Da cio' discende  anche  la  violazione  dei  principi  di
imparzialita'  e  buon  andamento  dell'amministrazione,   e   quindi
dell'art. 97 della Costituzione, in quanto la disciplina  legislativa
regionale  in  questione  osta   a   qualsivoglia   possibilita'   di
realizzare, in sede amministrativa, il piu'  opportuno  bilanciamento
degli interessi in gioco. 
    A  tale  riguardo,  appare  opportuno  ribadire  che,  ai   sensi
dell'art. 20, comma 7, decreto legislativo n. 199/2021, «Le aree  non
incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate  non  idonee
all'installazione di impianti di produzione di  energia  rinnovabile,
in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di  singoli
procedimenti, in ragione della sola  mancata  inclusione  nel  novero
delle aree idonee». 
    Il riferimento specifico alla valutazione  operata  «in  sede  di
pianificazione   territoriale   ovvero   nell'ambito    di    singoli
procedimenti», come  osservato  anche  dal  Tribunale  amministrativo
regionale Lazio nelle piu' volte ricordate  ordinanze  di  rimessione
della questione di  legittimita'  della  medesima  l.r.  n.  20/2024,
«attesta  che  la  riserva  di  procedimento  amministrativo  per  la
dichiarazione di non idoneita', oltre che prevista dalle linee guida,
e' sancita a livello di normazione primaria anche nel regime  di  cui
ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'art. 20, comma 1,  del
decreto, con conseguente impossibilita' per le  regioni  di  impedire
che tale valutazione si compia mediante il divieto, stabilito in  via
generale e astratta per legge, di realizzare gli impianti nelle  aree
non idonee». 
    22.12. I medesimi profili di incostituzionalita' suesposti  vanno
ravvisati, per identici  motivi,  anche  nella  disposizione  di  cui
all'art. 1, comma 7, della  l.r.  n.  20/2024,  ove  si  dispone  che
«Qualora un progetto di impianto ricada su un areale  ricompreso  sia
nelle aree definite idonee, di cui all'allegato  F,  sia  nelle  aree
definite non idonee, di cui agli allegati A, B, C, D ed E, prevale il
criterio di non idoneita'», e cio' sia  in  relazione  agli  articoli
117, primo e terzo comma (non essendo  tale  criterio  di  prevalenza
previsto dalla legislazione statale, e determinando  esso  un  vulnus
ulteriore ai principi fissati dalla normativa euro-unitaria), sia  in
relazione agli articoli 3, 9 e 97 della Costituzione. 
    22.13. Profili di incostituzionalita' sussistono,  infine,  anche
in relazione alla violazione della  disciplina  in  materia  di  aree
idonee di cui all'art.  20,  comma  8,  del  decreto  legislativo  n.
199/2021. 
    22.13.1.  In  particolare,  secondo  la  ricorrente,   la   legge
regionale non avrebbe potuto in alcun modo  prevedere,  pena  la  sua
incostituzionalita', un divieto assoluto di realizzare  impianti  FER
in un'area idonea  ai  sensi  dell'art.  20,  comma  8,  del  decreto
legislativo n. 199/2021, ne' tantomeno ipotesi di  non  idoneita'  in
aree che sono invece idonee ai sensi della normativa nazionale (come,
invece, avvenuto rispetto alle aree previste negli allegati A, B,  C,
D, E ed F e, in particolare, per quanto rileva nel presente  giudizio
per le lettere t, w, u e bb dell'allegato B). 
    Anche in relazione a tale profilo, infatti, risultano  violati  i
principi fondamentali della materia posti dal decreto legislativo  n.
199/2021. 
    22.13.2. L'art. 20, comma 8,  individua  dalla  lettera  a)  alla
lettera  c-quater)  una  serie  di  fattispecie   che   «nelle   more
dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e  delle
modalita' stabiliti dai decreti di cui al comma 1,  sono  considerate
aree idonee». 
    Sebbene tali aree siano definite «idonee ex lege»  apparentemente
soltanto in relazione alla fase transitoria fino  all'emanazione  del
decreto ministeriale di cui all'art. 20, comma  1,  al  tempo  stesso
quest'ultima   disposizione   prevede   che   il   suddetto   decreto
ministeriale nello stabilire i principi  e  i  criteri  omogenei  per
l'individuazione  delle  superfici  e  aree  idonee  e   non   idonee
all'installazione di impianti a fonti rinnovabili debba tenere  conto
delle aree idonee di cui al comma 8 del medesimo art. 20. 
    22.13.3. Il decreto ministeriale 21 giugno 2024 aveva,  peraltro,
previsto all'art. 7, comma, 2  lettera  c)  la  possibilita'  per  le
regioni, nell'individuazione delle aree idonee,  di  «fare  salve  le
aree idonee di cui all'art. 20, comma 8  del  decreto  legislativo  8
novembre 2021, n. 199 vigente alla data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto». Tuttavia, la IV sezione del  Consiglio  di  Stato,
con le ordinanze cautelari n. 4297, 4298, 4299, 4300,  4301,  4302  e
4304 del 2024 aveva sospeso l'efficacia di  tale  disposizione,  gia'
prima dell'entrata in vigore della l.r. n. 20/2024, rilevando che «la
norma appare [...] non pienamente conforme all'art. 20, comma 8,  del
decreto legislativo  n.  199/2021,  il  quale  gia'  elenca  le  aree
contemplate come idonee: in tale disciplina di livello  primario  non
sembra possa rinvenirsi spazio per una  piu'  restrittiva  disciplina
regionale». 
    Da  ultimo,  con  la  sentenza   n.   9155/2025,   il   Tribunale
amministrativo regionale  Lazio  ha  annullato  l'art.  7,  comma  2,
lettera c) del decreto ministeriale  21  giugno  2024  proprio  nella
parte in cui non aveva  introdotto  una  disciplina  di  salvaguardia
delle aree idonee per i progetti in corso di autorizzazione. 
    22.13.4. Su tali basi, ha evidenziato questo  Tribunale,  con  la
gia' citata ordinanza n. 146 del 2025,  che  «il  compito  attribuito
dalla disciplina statale sopra descritta al legislatore regionale  e'
limitato all'individuazione puntuale delle singole  aree  idonee,  ma
questo pur  sempre,  nel  rispetto  dell'elenco  categoriale  di  cui
all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo  n.  199/2021,  con  la
conseguenza concreta che lo stesso  legislatore  regionale  non  puo'
legittimamente vietare  l'installazione  di  impianti  produttivi  da
fonti rinnovabili su aree rientranti nell'elenco categoriale previsto
dallo stesso art. 20, comma 8. Limite,  questo,  che  costituisce  un
indispensabile strumento di attuazione dei sopra  descritti  obblighi
assunti dall'Italia a  livello  unionale,  certamente  vanificati  se
ciascuna  regione  potesse  liberamente  ridurre   le   aree   idonee
all'installazione degli impianti, mettendo cosi' in dubbio la  tenuta
complessiva  del  «sistema»  preordinato  alla  realizzazione   degli
obiettivi unionali. 
    Tale impostazione ha, poi, trovato  conferma  normativa  espressa
all'art. 47 del decreto-legge 24 febbraio  2023,  n.  13,  convertito
dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, con  cui  e'  stato  espressamente
precisato, modificando il tenore testuale dell'art. 20, comma 1,  del
decreto legislativo n. 199/2021, che l'individuazione puntuale  delle
aree idonee mediante i  decreti  ministeriali  previsti  al  medesimo
comma 1 deve avvenire «tenuto conto delle aree idonee  ai  sensi  del
comma 8»: poiche' il legislatore regionale, a sua volta, e' tenuto  a
individuare le aree  idonee  «Conformemente  ai  principi  e  criteri
stabiliti dai decreti di cui al comma 1» (cosi'  l'incipit  dell'art.
20, comma 4, dello stesso decreto legislativo n. 199/2021), anche  la
sfera decisionale del legislatore regionale non puo' che  trovare  un
limite invalicabile nello stesso elenco categoriale di  cui  all'art.
20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021»  (T.a.r.  Sardegna,
sez. II, ordinanza 9 giugno 2025, n. 146). 
    Nel richiamare la sentenza Corte costituzionale 12 marzo 2025, n.
28, la citata ordinanza ha altresi' messo in luce  come  «anche  tale
pronuncia della Consulta  conferma  che  il  legislatore  regionale -
nell'individuare le aree idonee alla realizzazione degli impianti per
cui e' causa - e' vincolato  al  minimum  legale  fissato  da  quello
statale all'art. 20, comma 8, del decreto  legislativo  n.  199/2021,
con cui  gia'  e'  stato  operato  un  bilanciamento  «a  monte»  tra
l'interesse pubblico sotteso alla realizzazione degli impianti  e  le
esigenze di tutela dell'ambiente e del paesaggio direttamente  incisi
dalla realizzazione dei nuovi impianti; cio' comporta, altresi',  che
la competenza legislativa esclusiva in materia di paesaggio di cui la
Regione Sardegna trovi un limite nelle  norme  nazionali  espressive,
oltre che dei  sopra  descritti  impegni  internazionali,  anche  dei
«principi fondamentali che, in quanto tali, si impongono  anche  alle
competenze  statutarie»  della  Regione  Sardegna  (cosi'  la  citata
sentenza  n.  28/2025  della  Consulta)»  (ancora   T.ar.   Sardegna,
ordinanza n. 146 del 2025, cit.) 
    23. In definitiva, per tutto quanto sopra, va sollevata questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma  1,  lettera  a)  e
commi 5 e 7, nonche' dei relativi allegati A, B, C,  D  ed  E,  della
Regione autonoma della Sardegna  n.  20/2024,  per  violazione  degli
articoli 3, 9, 11, 41, 97 e 117, comma 1  e  3,  della  Costituzione,
anche  in  relazione  ai  principi  espressi  dalla  direttiva   (UE)
2018/2001 come modificata  dalla  direttiva  (UE)  2023/2413,  e  per
violazione altresi' degli articoli 3 e 4 della  legge  costituzionale
n. 3/1948. 

 
                              P. Q. M. 
 
    Il Tribunale amministrativo regionale per  la  Sardegna  (Sezione
prima) cosi' dispone: 
        a) dichiara rilevanti e  non  manifestamente  infondate,  nei
termini  espressi  in  motivazione,  le  questioni  di   legittimita'
costituzionale degli articoli 1, comma 1, lettera a) e commi 5  e  7,
nonche' dei relativi allegati A, B, C, D ed E, della Regione autonoma
della Sardegna n. 20/2024, per violazione degli articoli  3,  9,  11,
41, 97 e 117, comma 1 e 3, della Costituzione, anche in relazione  ai
principi espressi dalla  direttiva  (UE)  2018/2001  come  modificata
dalla direttiva (UE) 2023/2413, e altresi' degli articoli 3 e 4 della
legge costituzionale n. 3/1948; 
        b) sospende il giudizio  per  le  determinazioni  conseguenti
alla definizione dell'incidente  di  costituzionalita'  e,  ai  sensi
dell'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,   dispone   la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
        c) dispone la comunicazione  della  presente  ordinanza  alle
parti in causa, nonche' la  sua  notificazione  al  Presidente  della
Regione  autonoma  della  Sardegna  e  al  Presidente  del  Consiglio
regionale sardo; 
        d) rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito  del  giudizio
incidentale promosso con la presente ordinanza. 
    Cosi' deciso in Cagliari nelle camere di consiglio dei giorni  11
giugno 2025 e 25 giugno 2025, con l'intervento dei magistrati: 
        Marco Buricelli, Presidente; 
        Gabriele Serra, primo referendario; 
        Roberto Montixi, referendario, estensore. 
 
                      Il Presidente: Buricelli 
 
 
                                                 L'estensore: Montixi