Reg. ord. n. 159 del 2025 pubbl. su G.U. del 10/09/2025 n. 37
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna del 26/06/2025
Tra: EF Agri società agricola a rl C/ Regione autonoma della Sardegna, Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura ed altri 2
Oggetto:
Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Norme della Regione Autonoma Sardegna – Disposizioni per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) – Previsione che individua tali aree al fine di favorire la transizione ecologica, energetica e climatica nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 9, primo e secondo periodo, della Costituzione nonché delle disposizioni di cui all'art. 3, lettera f), m) ed n), art. 4, lettera e), dello statuto speciale per la Sardegna e delle relative norme di attuazione nonché secondo un criterio pianificatorio di sistema che tenga in considerazione la pianificazione energetica e quella di governo del territorio – Previsione che è vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 – Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e agli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell'entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico-sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale – Disciplina che, nell’individuare le aree idonee e non, ha obliterato la valutazione in concreto, nella sede del procedimento amministrativo, dei diversi interessi in relazione agli impianti localizzati in tali aree non idonee, avendo posto un divieto assoluto di realizzazione di impianti FER – Violazione della riserva di procedimento amministrativo – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta – Lesione dei principi di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili e di contrasto al cambiamento climatico, evincibili dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità che, in una delle declinazioni specificata dal diritto europeo derivato, richiede agli stati membri di assicurare che le norme nazionali in materia di procedure autorizzative siano proporzionate, necessarie, trasparenti e non discriminatorie – Irragionevole sacrificio della libertà di iniziativa economica – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento, atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco.
Norme impugnate:
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 1 Co. 1
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 1 Co. 5
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 1 Co. 7
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 9 Co.
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 41 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Costituzione Art. 117 Co. 3
Statuto speciale per la Sardegna Art. 3 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 4 Co.
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 11 Co.
regolamento UE Art. Co.
regolamento UE Art. Co.
direttiva UE Art. Co.
direttiva UE Art. Co.
decreto legislativo Art. 20 Co. 1
decreto legislativo Art. 20 Co. 7
decreto legislativo Art. 20 Co. 8
decreto ministeriale Art. Co.
Testo dell'ordinanza
N. 159 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 giugno 2025 Ordinanza del 26 giugno 2025 del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna sul ricorso proposto da EF Agri Societa' Agricola a r.l. contro la Regione autonoma della Sardegna e altri. Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Norme della Regione Autonoma Sardegna - Disposizioni per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) - Previsione che individua tali aree al fine di favorire la transizione ecologica, energetica e climatica nel rispetto delle disposizioni di cui all'art. 9, primo e secondo periodo, della Costituzione nonche' delle disposizioni di cui all'art. 3, lettera f), m) ed n), art. 4, lettera e), dello statuto speciale per la Sardegna e delle relative norme di attuazione nonche' secondo un criterio pianificatorio di sistema che tenga in considerazione la pianificazione energetica e quella di governo del territorio - Previsione che e' vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 - Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e agli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, e' in corso al momento dell'entrata in vigore della medesima legge regionale - Previsione che non puo' essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione - Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati gia' emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia - Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno gia' comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneita'. - Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) e per la semplificazione dei procedimenti autorizzativi), art.1, commi 1, lettera a), 5, 7, e Allegati A, B, C, D ed E. (GU n. 37 del 10-09-2025) IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA SARDEGNA (Sezione Prima) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 905 del 2024, integrato da motivi aggiunti, proposto dalla societa' EF Agri Societa' Agricola a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Andrea Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; contro la Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente in carica pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Floriana Isola e Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia; la Regione Autonoma della Sardegna - Assessorato della Difesa dell'Ambiente, in persona dell'Assessore in carica pro tempore; il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, in persona del Ministro in carica pro tempore, il Ministero della Cultura, in persona del Ministro in carica pro tempore, il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranita' Alimentare e delle Foreste, in persona del Ministro in carica pro tempore; la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente in carica pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Cagliari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico ex lege presso i suoi uffici in via Nuoro n. 50; Per l'annullamento I) Per quanto riguarda il ricorso introduttivo: della nota prot. n. 27192 del 10 settembre 2024, con la quale l'Assessorato della Difesa dell'Ambiente della Regione Sardegna - Servizio Valutazione Impatti e Incidenze Ambientali ha comunicato la «sospensione del procedimento» di «Verifica di assoggettabilita' alla Valutazione di impatto ambientale» del progetto agri-voltaico della odierna ricorrente; della nota dell'Assessorato della Difesa dell'Ambiente della Regione Sardegna Direzione Generale dell'Ambiente prot. n. 26528 del 3 settembre 2024, recante in oggetto «Applicazione delle misure di salvaguardia della legge regionale n. 5/2024 ai procedimenti di VIA non ancora conclusi»; «previa, se del caso, disapplicazione dell'art. 3 della legge regionale n. 5 del 3 luglio 2024 per contrasto con la normativa europea, ovvero previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' del medesimo art. 3 della legge regionale n. 5 del 3 luglio 2024»; nonche' per l'accertamento dell'illegittimita' dell'inerzia serbata dall'Amministrazione competente alla conclusione dell'iter di verifica di assoggettabilita' a V.I.A., avviato con l'istanza trasmessa dall'odierna ricorrente in data 21 febbraio 2024; e per la condanna dell'Amministrazione alla sollecita definizione del procedimento, con la nomina sin d'ora di un Commissario ad acta in caso di perdurante o rinnovata inerzia dell'Amministrazione a concludere il procedimento; II) Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati il 18 febbraio 2025, per l'annullamento: della nota prot. n. 4759 del 13 febbraio 2025, con la quale l'Assessorato della Difesa dell'Ambiente della Regione Sardegna - Servizio Valutazione Impatti e Incidenze Ambientali, ha comunicato l'improcedibilita' dell'istanza di screening VIA; della nota prot. n. 37892 del 16 dicembre 2024, con la quale l'Assessorato della Difesa dell'Ambiente della Regione Sardegna - Servizio Valutazione Impatti e Incidenze Ambientali, ha comunicato il riavvio del procedimento di screening VIA al fine di «valutare gli effetti della legge regionale n. 20/2024 sull'intervento di che trattasi»; «il tutto previa, se del caso, disapplicazione dell'art. 1, comma 1, lett. a), commi 5 e 7, della legge regionale n. 20 del 5 dicembre 2024, nonche' di tutti gli allegati alla predetta legge regionale n. 20/2024 e, in ogni caso, dell'Allegato B, lett. t), w) punto 12, y) e bb), per contrasto con la normativa europea, ovvero previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' del medesimo art. 1, comma 1, lett. a), commi 5 e 7, della legge regionale n. 5 del 3 luglio 2024 e di tutti gli allegati alla predetta legge regionale n. 20/2024 e, in ogni caso, dell'Allegato B, lett. t), w) punto 12, y) e bb)»; «in via subordinata, e solo ove occorrer possa», per «l'annullamento degli articoli 1, co. 2, lett. b), 3, co. 1, e 7, comma 2, lett. c), e comma 3, del decreto ministeriale 21 giugno 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 luglio 2024 - Serie generale - n. 153, adottato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza Energetica di concerto con il Ministero della cultura e il Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle Foreste e avente ad oggetto la «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili», nella parte in cui prevede la possibilita' per le Regioni di individuare le superfici e le aree «non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili», nonche' la «possibilita' di fare salve le aree idonee di cui all'art. 20, comma del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199» e la possibilita' di «stabilire una fascia di rispetto dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di ampiezza differenziata a seconda della tipologia di impianto, proporzionata al bene oggetto di tutela, fino a un massimo di 7 chilometri». Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Autonoma della Sardegna, del Ministero della Cultura, del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, del Ministero dell'Agricoltura della Sovranita' Alimentare e delle Foreste e della Presidenza del Consiglio dei ministri; Visti gli articoli 23, comma 3, della legge 11 marzo 1953, n. 87, 79, comma 1, c.p.a., e 295 c.p.c.; Ritenuta la propria giurisdizione e competenza; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2025 il dott. Oscar Marongiu e uditi per le parti: l'avvocato Mattia Malinverni -in dichiarata sostituzione dell'avvocato Andrea Sticchi Damiani - per la Societa' ricorrente, l'avvocato Floriana Isola per la Regione Sardegna e l'avvocato dello Stato Annabella Risi per le amministrazioni statali resistenti; Premesso e considerato quanto segue 1. In data 21 febbraio 2024 la societa' EF AGRI Societa' Agricola a r.l. ha presentato presso il Servizio Valutazione Impatti e Incidenze Ambientali della Regione Sardegna l'istanza per l'avvio del procedimento di verifica di assoggettabilita' alla Valutazione di impatto ambientale (c.d. screening VIA) ai sensi degli articoli 19 e ss. del decreto legislativo n. 152/2006, relativa a un progetto di impianto agri-voltaico sito nei Comuni di Milis, Tramatza e Solarussa (OR). Ha rappresentato la ricorrente che il progetto, avente a oggetto un intervento «di pubblica utilita'» ed «indifferibile e urgente» ai sensi dell'art. 12, comma 1, del decreto legislativo n. 387/2003 e dell'art. 7-bis, comma 2-bis del decreto legislativo n. 152/2006 (Testo unico in materia ambientale, di seguito anche T.U.A.), e' incluso nell'Allegato I-bis del T.U.A. in quanto costituente opera strategica ai fini dell'implementazione del PNIEC e del PNRR. Il progetto, inoltre, insiste su «area idonea» ai sensi dell'art. 20, comma 8, lett. c-quater del decreto legislativo n. 199/2021. 2. Il Servizio VIA, con nota prot. n. 6841 del 27 febbraio 2024, ha comunicato la procedibilita' dell'istanza e l'avvenuta pubblicazione della documentazione ai sensi dell'art. 19, comma 3, del T.U.A. Successivamente, con nota prot. n. 27192 del 10 settembre 2024, decorso il termine perentorio di cui all'art. 19, comma 6, del decreto legislativo n. 152/2006, ha tuttavia comunicato alla ricorrente «la sospensione del procedimento sino al termine previsto nella sopraccitata legge regionale n. 5/2024 [...] vista la nota della Direzione Generale dell'Ambiente, prot. D.G.A. n. 26528 del 3 settembre 2024, con la quale sono state date indicazioni al Servizio scrivente circa l'applicazione della suddetta legge regionale ai procedimenti in materia di valutazione ambientale, da avviare o in corso di istruttoria». La societa' e' quindi venuta a conoscenza del fatto che la Direzione Generale dell'Ambiente, in seguito alla «moratoria» introdotta dalla legge regionale n. 5/2024, aveva comunicato agli Uffici di sospendere i procedimenti di valutazione di impatto ambientale di competenza regionale e relativi agli ambiti territoriali individuati dalla medesima legge avviati successivamente o in corso di istruttoria alla data di pubblicazione nel BURAS della legge regionale (4 luglio 2024). 3. Con il ricorso introduttivo la societa' ha chiesto l'annullamento delle note impugnate, previa disapplicazione dell'art. 3 della legge regionale n. 5/2024 per contrasto con la normativa europea ovvero previa rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' del medesimo art. 3, nonche' l'accertamento dell'inerzia serbata dall'Amministrazione competente a concludere il procedimento. 3.1. La ricorrente, in particolare, con il primo motivo ha dedotto il vizio di «Violazione e falsa applicazione della legge regionale n. 5/2024 e del quadro normativo di riferimento in materia di rinnovabili. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 della legge regionale n. 5/2024. Violazione e falsa applicazione dell'art. 20, comma 6, del decreto legislativo n. 199/2021. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 152/2006. Violazione ed elusione del principio di massima diffusione delle forme di energia rinnovabile. Violazione dei principi del giusto procedimento. Violazione della Direttiva 2009/28/CE e della Direttiva 2011/92/UE. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; illogicita', irragionevolezza e contraddittorieta' dell'azione amministrativa; travisamento dei presupposti in fatto e diritto; violazione del principio di proporzionalita' dell'azione amministrativa. Sviamento di potere», deducendo che la norma regionale richiamata dal Servizio VIA fosse inapplicabile al caso di specie, anche in virtu' di una sua interpretazione costituzionalmente orientata, non venendo in rilievo un impianto gia' autorizzato, ma un procedimento in corso di svolgimento per la Verifica di assoggettabilita' a VIA. 3.2. Con il secondo motivo di ricorso la societa' ha dedotto la «illegittimita' dei provvedimenti impugnati derivante dall'illegittimita' euro-unitaria dell'art. 3 della legge regionale n. 5/2024», che pertanto avrebbe dovuto essere disapplicato. 3.2.1. Il divieto di autorizzare e realizzare gli impianti FER previsto dall'art. 3, comma 1, della legge regionale n. 5/2024 avrebbe, infatti, sottratto in modo indiscriminato il territorio regionale dal perseguimento dei target vincolanti per lo Stato italiano. In particolare, la Direttiva UE 2018/2001, recepita dallo Stato italiano con il decreto legislativo n. 199/2021, ha fissato l'obiettivo di riduzione delle emissioni al 2030 pari al 32% (poi aggiornato al 42,5% con la Direttiva UE 2023/2413) e, all'art. 15, ha previsto il vincolo per gli Stati membri di adottare misure appropriate per assicurare che «a) le procedure amministrative siano razionalizzate e accelerate al livello amministrativo adeguato e siano fissati termini prevedibili per le procedure di cui al primo comma; b) le norme in materia di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze siano oggettive, trasparenti e proporzionate, non contengano discriminazioni tra partecipanti e tengano pienamente conto delle specificita' di ogni singola tecnologia per le energie rinnovabili», nonche' l'individuazione di zone di accelerazione per uno o piu' tipi di energie da fonti rinnovabili. Ugualmente il Regolamento UE 2577/2022 ha stabilito il principio, in sede di ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi, della priorita' della costruzione e dell'esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili. 3.2.2. I provvedimenti impugnati, pertanto, nella misura in cui recepiscono e danno attuazione all'art. 3 della legge regionale n. 5/2024 si pongono in contrasto con la normativa europea, frustrandone l'effetto utile. La normativa regionale, infatti, nella parte in cui vieta l'autorizzazione e la realizzazione di impianti FER si pone in contrasto con il principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili e coi target stabiliti a livello euro-unitario, con i principi di semplificazione dei procedimenti autorizzativi di impianti FER, con la natura di interesse pubblico prevalente alla realizzazione di impianti FER, con l'obiettivo di semplificare ulteriormente le procedure autorizzative nelle c.d. aree di accelerazione, tra cui l'area in esame che si configura come idonea ai sensi dell'art. 20, comma 8, lett. c-quater del decreto legislativo n. 199/2021, con l'obiettivo di ridurre al minimo le c.d. zone di esclusione, che invece vengono estese di fatto alla totalita' del territorio regionale. 3.3. Con il terzo motivo di ricorso la societa' ha dedotto la «illegittimita' dei provvedimenti impugnati in via derivata dall'illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge regionale n. 5/2024», ove interpretabile nel senso prospettato dall'Assessorato Ambiente (ovvero che il divieto di realizzare nuovi impianti comporti anche la sospensione delle procedure autorizzative in corso). 3.3.1. In primo luogo, infatti, l'art. 3 della legge regionale n. 5/2024 si porrebbe in contrasto con gli articoli 3 e 117, comma 3, della Costituzione, poiche' nel prevedere la c.d. «moratoria» contrasterebbe con la normativa statale di riferimento che pone i principi fondamentali, vincolanti per le Regioni, in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», e in particolare con l'art. 20, comma 6, del decreto legislativo n. 199/2021 secondo cui «Nelle more dell'individuazione delle aree idonee, non possono essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei procedimenti di autorizzazione». Inoltre, la previsione impedirebbe in modo illogico e irragionevole una adeguata ponderazione degli interessi coinvolti, trascurando l'interesse pubblico alla realizzazione di impianti FER e imponendo la sospensione dei procedimenti autorizzativi in base alla loro mera pendenza e non per effetto dell'effettiva sussistenza di pregiudizi derivanti dall'installazione degli impianti. La stessa giurisprudenza costituzionale, secondo quanto dedotto dalla ricorrente, ha piu' volte affermato che i principi fondamentali ai fini della localizzazione degli impianti FER sul territorio nazionale sono: in primo luogo, la compatibilita' ex lege degli impianti con le aree agricole (ex art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003); in secondo luogo, il solo potere conferito alle Regioni di individuare aree non idonee all'installazione di impianti FER, con la precisazione che si deve trattare di una indicazione di massima da operare con un atto di pianificazione da bilanciare e ponderare nella sede del procedimento amministrativo, stigmatizzando invece interventi normativi volti a precludere la realizzazione di impianti FER su ampie porzioni del territorio regionale. Le disposizioni regionali censurate, vietando l'autorizzazione e la realizzazione di impianti a fonti rinnovabili in aree nelle quali il legislatore statale lo permette e prevedendo che siano le proprie «misure di salvaguardia» a trovare applicazione nelle more dell'approvazione della legge regionale di individuazione delle aree idonee ex art. 20, comma 4, del decreto legislativo n. 199/2021, contrastano dunque con la normativa statale stessa che non ammette divieti o moratorie e che, in relazione alle aree non idonee, si limita ad attribuire alle Regioni il potere di individuare tali aree mediante strumenti di programmazione senza che cio' comporti impedimenti assoluti alla localizzazione degli impianti FER. In sintesi, dunque, la norma regionale eccederebbe, secondo la ricorrente, le competenze in materia, i cui principi fondamentali sono stabiliti dallo Stato e rispetto ai quali si porrebbe in frontale contrasto. 3.3.2. Inoltre, secondo la ricorrente, poiche' la disciplina statale e' di derivazione euro-unitaria sussisterebbe altresi' l'illegittimita' costituzionale per contrasto con l'art. 117, primo comma, Cost. della legge regionale che, vietando indiscriminatamente l'autorizzazione e la realizzazione di nuovi impianti, e' idonea a pregiudicare gli obiettivi fissati dal legislatore nazionale in attuazione della disciplina europea. 3.3.3. In terzo luogo, l'art. 3 della legge regionale n. 5/2024 si porrebbe in contrasto con l'art. 9 Cost. e, dunque, con il principio di tutela dell'ambiente, cui contribuiscono in misura rilevante le energie rinnovabili, e con il principio di integrazione di cui all'art. 11 TFUE (secondo cui le esigenze di tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e attuazione delle altre pertinenti politiche pubbliche, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile). Le esigenze di tutela dell'ambiente, inoltre, impongono di operare un bilanciamento dei vari interessi in concreto nell'ambito del procedimento amministrativo, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale. La legge regionale e i provvedimenti impugnati, invece, sottrarrebbero alla sede propria del procedimento amministrativo tale attivita' di bilanciamento, introducendo un divieto aprioristico contrastante con l'esigenza prioritaria di incrementare la produzione di energia green al fine di tutelare l'ambiente. 3.3.4. Ancora, secondo la ricorrente, la disposizione in esame violerebbe altresi': gli articoli 3 e 41 Cost. avendo introdotto in modo inaspettato un divieto generale di autorizzazione e realizzazione di impianti cosi' sacrificando la liberta' di iniziativa economica privata e l'affidamento della societa' ricorrente; l'art. 97 Cost. nella misura in cui, trascurando le attivita' amministrative gia' svolte dalle autorita' competenti, pregiudica i principi di buon andamento della pubblica amministrazione e di doverosita' dell'azione amministrativa; l'art. 3 Cost. anche sotto il profilo della manifesta sproporzionalita', irrazionalita', irragionevolezza e arbitrarieta' della disposizione impugnata. Infatti, l'opzione perseguita dal Legislatore regionale di porre un generale ed indiscriminato divieto di autorizzare e realizzare iniziative FER risulta viziata, sotto il profilo della proporzionalita' della misura adottata, in quanto destinata ad incidere in maniera pregiudizievole sugli interessi privati e sugli obiettivi di tutela ambientale e paesaggistica astrattamente perseguiti. Cio' avverrebbe in virtu' dell'obiettivo di scongiurare un rischio («l'irreversibilita' degli impatti sul territorio regionale derivanti dalle attivita' di realizzazione, installazione o avviamento di impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili», ex art. 1, comma 2, legge regionale n. 5/2024) oltre che indimostrato, anche inesistente, soprattutto nel caso degli impianti agri-voltaici come quello in esame. 3.4. Con un quarto motivo di ricorso la societa' ha dedotto l'illegittimita' dell'inerzia serbata dall'Amministrazione sull'istanza di verifica di assoggettabilita' a VIA. L'art. 19 del T.U.A., ai commi 6 e 11, prevede un termine perentorio di 45 giorni decorrente dalla scadenza del termine di trenta giorni di cui al precedente comma 4 per l'adozione del provvedimento di verifica di assoggettabilita' a VIA, termini che, nel caso di specie, sarebbero ampiamente decorsi in quanto l'Amministrazione avrebbe dovuto adottare il provvedimento entro il 13 maggio 2024. 4. Si e' costituita la Regione Autonoma della Sardegna, chiedendo la reiezione del ricorso. 5. Alla camera di consiglio del 20 novembre 2024 il Collegio, con l'accordo delle parti, ha dichiarato assorbita dal merito l'istanza cautelare. 6. Nelle more del giudizio l'Assessorato della Difesa dell'Ambiente della Regione Sardegna - Servizio Valutazione Impatti e Incidenze Ambientali: con nota n. 37892 del 16 dicembre 2024 ha comunicato alla ricorrente il riavvio del procedimento di screening VIA, precedentemente sospeso con la nota gravata, al fine di «valutare gli effetti della legge regionale n. 20/2024 sull'intervento di che trattasi»; con successiva nota n. 4759 del 13 febbraio 2025 ha comunicato l'improcedibilita' dell'istanza di screening VIA alla luce del fatto che il progetto ricadrebbe in alcune fattispecie di aree non idonee ai sensi dell'Allegato B della sopravvenuta legge regionale n. 20/2024 per l'installazione di impianti agri-voltaici. 7. Avverso tali atti la ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti. L'interessata lamenta che la prima nota (n. 37892 del 16 dicembre 2024), pur comunicando il formale riavvio del procedimento di screening VIA, ha nella sostanza reiterato la sospensione dell'iter attivando il suindicato sub-procedimento. In data 6 dicembre 2024, infatti, era entrata in vigore la legge regionale n. 20/2024, con cui il legislatore regionale ha abrogato la precedente legge regionale n. 5/2024 e introdotto una disciplina normativa relativa alle aree non idonee (che, invece, sarebbe riservata a un atto di programmazione amministrativa), imponendo un divieto aprioristico all'autorizzazione e alla realizzazione di impianti FER localizzati in tali aree, senza peraltro recepire le indicazioni sulle aree idonee fornite dal legislatore statale e prevedendo persino che la declaratoria regionale di non idoneita' prevalga su quella statale di idoneita'. La Regione, con la predetta nota, avrebbe illegittimamente aggravato il procedimento con un'attivita' istruttoria non prevista dalla normativa statale e finalizzata a valutare gli effetti sul progetto della ricorrente di una legge regionale manifestamente incostituzionale e anti-comunitaria. Quanto alla seconda nota (n. 4759 del 13 febbraio 2025) la ricorrente contesta la applicazione nella fattispecie del divieto aprioristico all'autorizzazione e alla realizzazione di impianti FER di cui all'art. 1, comma 5, della medesima legge regionale n. 20/2024. 7.1. Con un primo motivo la societa' ricorrente ha dedotto l'illegittimita' degli atti impugnati in via derivata dalla illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 20/2024 («Illegittimita' in via derivata per violazione e falsa applicazione degli articoli 18 e 20 del decreto legislativo n. 199/2021. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 387/2003 e delle Linee guida allegate al decreto ministeriale 10 settembre 2010. Violazione e falsa applicazione del decreto ministeriale 21 giugno 2024. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 152/2006. Violazione ed elusione del principio di massima diffusione delle forme di energia rinnovabile. Violazione dei principi del giusto procedimento. Violazione della Direttiva 2009/28/CE e della Direttiva 2011/92/UE. Violazione degli articoli 3, 9, 41, 97, 117, commi 1 e 3, della Costituzione. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione; illogicita', irragionevolezza e contraddittorieta' dell'azione amministrativa; travisamento dei presupposti in fatto e diritto; violazione del principio di proporzionalita' dell'azione amministrativa. Sviamento di potere»), nella parte in cui - disciplinando in carenza di potere con atto normativo le aree non idonee, prevedendo un divieto aprioristico all'autorizzazione e all'installazione di impianti FER nelle aree qualificate dalla medesima legge come «non idonee» e sancendone la prevalenza perfino rispetto alla disciplina delle aree c.d. «idonee» violerebbe apertamente la normativa primaria di riferimento. Da cio' la richiesta di rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' dell'art. 1, comma 1, lett. a), commi 5 e 7, della legge regionale n. 20 del 5 dicembre 2024 e relativi allegati. 7.1.1. La Regione, innanzitutto, con legge regionale - art. 1, comma 1, lett. a) avrebbe proceduto in via principale e prioritaria all'individuazione delle aree non idonee (peraltro configurandole come divieti preventivi) per poi individuare anche quelle idonee, residuali sia nella loro entita' che negli effetti del loro riconoscimento. Cosi' facendo, l'art. 1 della legge regionale si sarebbe posto in contrasto con i principi fondamentali della materia, desumibili dal combinato disposto dell'art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003 e delle Linee guida nazionali approvate con decreto ministeriale 10 settembre 2010 (che configurano le aree non idonee come strumento di accelerazione, dal contenuto non vincolante e pongono una riserva di procedimento amministrativo sul punto), nonche' con il decreto legislativo n. 199/2021, il quale: i) all'art. 20, comma 4, accorda priorita' e prevalenza all'individuazione delle aree idonee, assegnando alla Regione il compito di provvedere con fonte legislativa esclusivamente in merito a tale tipologia di aree; ii) all'art. 18, rinvia a un momento successivo all'individuazione delle aree idonee, a valle dell'aggiornamento delle Linee guida nazionali, l'aggiornamento della disciplina delle aree non idonee, confermando la riserva di procedimento. In particolare, l'art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003 ha fissato il principio di generale utilizzabilita' di tutti i terreni per la realizzazione di impianti FER, salvo il potere delle Regioni di individuare, nei limiti di quanto previsto dalle Linee guida nazionali emanate a completamento della disciplina primaria, le aree non idonee. Queste ultime non si configurano come divieti preventivi, ma costituiscono uno strumento di accelerazione, non vincolante (paragrafo 17 e Allegato 3 del decreto ministeriale 10 settembre 2010) e la cui individuazione deve avvenire previa apposita istruttoria e confluire in un atto di pianificazione (a carattere amministrativo, dunque, e non normativo), dovendosi motivare la incompatibilita' in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti con riferimento agli obiettivi di protezione perseguiti. L'individuazione delle aree non idonee dovrebbe avvenire, dunque, con uno strumento amministrativo flessibile, in modo da garantire l'opportuno bilanciamento degli interessi in gioco nella concreta sede procedimentale. Tale generale impianto normativo ha trovato piena conferma anche nel decreto legislativo n. 199/2021. Ed infatti, l'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 stabilisce espressamente che i decreti ministeriali recanti principi e criteri in materia di aree idonee e non idonee devono prioritariamente individuare i criteri per l'individuazione delle aree idonee, assegnando alle Regioni il compito di procedere alla piena attuazione della norma con atto di fonte legislativa limitatamente alle aree idonee (comma 4). Il medesimo art. 20, invece, non attribuirebbe alle Regioni il potere legislativo in merito alle aree non idonee, cosi' come confermato anche dall'art. 18, comma 3, il quale prevede che solo a seguito dell'individuazione delle aree idonee si potra' porre in essere la valutazione di cui all'art. 17 delle Linee guida che impone alle Regioni di operare un congruo bilanciamento degli interessi. Di qui la evidente incostituzionalita' della legge regionale n. 20/2024, che si pone in contrasto coi principi fondamentali della materia stabiliti dall'art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003, dal decreto ministeriale 10 settembre 2010 e dal decreto legislativo n. 199/2021 per violazione dell'art. 117 Cost. 7.1.2. Deduce la ricorrente che la violazione dei principi fondamentali della materia e la conseguente incostituzionalita' della legge regionale deriverebbe anche dal divieto aprioristico di autorizzare e realizzare impianti FER in aree non idonee posto dall'art. 1, commi 5 e 7, della legge regionale n. 20/2024. I principi fondamentali della materia fissati dalla legislazione dello Stato, infatti, costituiscono attuazione delle Direttive comunitarie che manifestano un favor per le fonti energetiche rinnovabili. Tali principi fondamentali, secondo la giurisprudenza amministrativa e costituzionale, sono costituiti in particolare dalla compatibilita' ex lege degli impianti con le aree agricole (ex art. 12, comma 7, del decreto legislativo n. 387/2003) e dal potere delle Regioni di individuare aree non idonee all'installazione di impianti FER, ma mediante una indicazione di massima da operare con un atto di pianificazione da bilanciare e ponderare nella sede del procedimento amministrativo, dovendosi stigmatizzare, invece, interventi normativi volti a precludere la realizzazione di impianti FER su ampie porzioni del territorio regionale. L'art. 1 della legge regionale n. 20/2024, nell'introdurre il suddetto divieto aprioristico si pone in contrasto con tali principi fondamentali, eccedendo le competenze in materia. Peraltro, gli Allegati, A, B, C, D ed E alla legge regionale individuano una serie di aree non idonee che corrispondono alla quasi totalita' del territorio sardo, introducendo di fatto un divieto generalizzato. La ricorrente, pertanto, ha chiesto la rimessione alla Corte costituzionale della questione di legittimita' costituzionale della legge regionale n. 20/2024 e, in particolare, degli articoli 1, commi 5 e 7, in relazione agli articoli 117, comma 3, Cost. (per violazione dei suindicati principi fondamentali della materia stabiliti dallo Stato) e all'art. 3 Cost. in quanto le previsioni in questione impedirebbero, in modo illogico e irragionevole, una adeguata ponderazione di tutti gli interessi coinvolti, trascurando l'interesse pubblico alla realizzazione di impianti FER e imponendo l'inefficacia dei provvedimenti autorizzativi gia' conseguiti. Inoltre, poiche' la disciplina di riferimento e' di derivazione euro-unitaria, la ricorrente ha dedotto altresi' la violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., essendo la disciplina regionale idonea a pregiudicare gli obiettivi fissati dal legislatore nazionale in attuazione della disciplina unionale sul c.d. Green Deal europeo. 7.1.2.1. Sotto altro profilo, l'art. 1, comma 5, sarebbe incostituzionale in quanto l'inidoneita' dell'area, a differenza di quanto previsto dalla legge regionale, non comporta tout court il divieto di installazione di impianti FER, gravando sull'Amministrazione l'onere di effettuare una puntuale istruttoria al fine di bilanciare gli interessi coinvolti. Cio' e' stabilito dalle Linee guida di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Allegato 3, lett. d) ed e' stato chiarito dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale secondo cui anche nel caso di aree non idonee opera una riserva di procedimento amministrativo, sussistendo il dovere dell'amministrazione procedente di verificare in concreto, caso per caso, se il singolo progetto sia o meno realizzabile in considerazione delle sue caratteristiche e delle caratteristiche del sito interessato. Lo stesso decreto del Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica del 21 giugno 2024 (recante «Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili»), sulla cui base e' stata emanata la legge regionale n. 20/2024, non abilita in alcun modo le Regioni a introdurre divieti aprioristici di autorizzare e realizzare impianti FER nelle aree individuate come «non idonee». 7.1.3. La ricorrente deduce, poi, l'illegittimita' costituzionale degli articoli 1, commi 5 e 7, della legge regionale n. 20/2024 e dei relativi allegati per violazione dei principi fondamentali della materia anche sotto il profilo della violazione della disciplina delle aree idonee ex art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021. 7.1.3.1. Con specifico riferimento alle fattispecie di non idoneita' di cui alla nota regionale impugnata che ha disposto l'improcedibilita' dell'istanza della ricorrente, le lettere t) e w), punto 12, Allegato B prevedono che sono aree non idonee per l'installazione di impianti agri-voltaici di grande taglia «i beni culturali (immobili e aree) sottoposti a tutela ai sensi della Parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), ed aree circostanti che distano meno di 7 chilometri da essi, in linea d'aria da essi» nonche' «aree e immobili caratterizzati da edifici e manufatti di valenza storico-culturale, architettonica, archeologica, di cui all'art. 48 delle NTA del PPR, ed aree circostanti che distano meno di 3 chilometri, in linea d'aria, calcolati a partire dal perimetro della fascia di tutela condizionata». Tali norme contrasterebbero, secondo la ricorrente, con l'art. 20, comma 8, lett. c-quater del decreto legislativo n. 199/2021 secondo cui sono considerate aree idonee ex lege quelle che non sono «ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 ne' ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a tutela ai sensi della parte seconda oppure dell'art. 136 del medesimo decreto legislativo. La fascia di rispetto e' determinata considerando una distanza dal perimetro dei beni sottoposti a tutela di [...] 500 m per gli impianti fotovoltaici». 7.1.3.2. Anche le ipotesi di non idoneita' previste dalle lettere y) e bb) dell'Allegato B alla legge regionale n. 20/2024, riferite agli «ulteriori elementi con valenza storico-culturale, di natura archeologica, architettonica e identitaria, quali beni potenziali non ricompresi nel Piano Paesaggistico vigente al momento della entrata in vigore della presente legge, ed aree circostanti che distano meno di 3 chilometri, in linea d'aria» e alle «zone urbanistiche omogenee E «Agricole» di cui all'articolo 3 del decreto dell'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica 20 dicembre 1983, n. 2266/U», sarebbero illegittime, in quanto, con riguardo alla prima fattispecie, non esiste alcuna norma di rango primario che preveda la possibilita' di qualificare come non idonee tali aree e, con riguardo alla seconda, sussiste una compatibilita' ex lege delle aree agricole, riconosciuta dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale. 7.1.3.3. Rappresenta la ricorrente, inoltre, come lo stesso Consiglio di Stato, con ordinanze cautelari nn. 4297, 4298, 4299, 4300, 4301, 4302 del 2024 (peraltro prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20/2024) abbia sospeso l'efficacia dell'art. 7, comma 2, lett. c) del decreto ministeriale 21 giugno 2024 che, nel prevedere la «possibilita' di fare salve le aree idonee di cui all'art. 20, comma 8» del decreto legislativo n. 199/2021, consentiva in astratto alle Regioni di derogare alla disciplina primaria sulle aree idonee. 7.1.4. La societa' ricorrente ha, inoltre, dedotto l'illegittimita' costituzionale del divieto introdotto dall'art. 1, commi 5 e 7, della legge regionale n. 20/2024 per violazione degli articoli 3, 9 e 41 della Costituzione. 7.1.4.1. Sotto un primo profilo, infatti, la legge regionale si porrebbe in contrasto con il principio di tutela dell'ambiente, cui contribuiscono in maniera rilevante le energie rinnovabili. Anche il Regolamento UE n. 2577/2022 ha previsto che la realizzazione degli impianti FER debba essere considerata di «interesse pubblico prevalente ... in sede di ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi» (art. 3). Pertanto, il divieto previsto dalla norma regionale si porrebbe in contrasto con il principio di integrazione delle tutele, riconosciuto anche a livello europeo dall'art. 11 TFUE (secondo cui le esigenze di tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e attuazione delle altre pertinenti politiche pubbliche, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile). Tali esigenze di tutela, inoltre, impongono di operare un bilanciamento dei vari interessi in concreto nell'ambito del procedimento amministrativo, come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa e costituzionale. La legge regionale e i provvedimenti impugnati, invece, sottrarrebbero alla sede propria del procedimento amministrativo tale attivita' di bilanciamento, introducendo un divieto aprioristico contrastante con l'esigenza prioritaria di incrementare la produzione di energia green al fine di tutelare l'ambiente. 7.1.4.2. Inoltre, secondo la ricorrente, la disposizione in esame violerebbe altresi': l'art. 41 Cost., avendo introdotto in modo inaspettato un divieto generale di autorizzazione e realizzazione di impianti, cosi' sacrificando la liberta' di iniziativa privata e l'affidamento della societa' ricorrente; l'art. 97 Cost. nella misura in cui, trascurando le attivita' amministrative gia' svolte dalle autorita' competenti, pregiudica il principio di buon andamento della pubblica amministrazione e di doverosita' dell'azione amministrativa; l'art. 3 Cost. sotto il profilo della proporzionalita', non sussistendo i presupposti di necessita' e idoneita' della misura adottata rispetto all'obiettivo asseritamente perseguito di tutela del territorio agrario. Infatti, l'opzione perseguita dal Legislatore regionale di porre un generale ed indiscriminato divieto di autorizzare e realizzare iniziative FER risulta viziata, sotto il profilo della proporzionalita' della misura adottata, in quanto destinata ad incidere in maniera pregiudizievole sugli interessi privati e sugli obiettivi di tutela ambientale e paesaggistica astrattamente perseguiti. Cio' avverrebbe in virtu' dell'obiettivo di scongiurare un rischio (l'irreversibilita' degli impatti sul territorio regionale derivanti dalla realizzazione degli impianti FER ex art. 1, comma 1, lett. c) e d) della legge regionale n. 20/2024) oltre che indimostrato, anche inesistente soprattutto nel caso degli impianti agri-voltaici come quello in esame. 7.2. Con il secondo motivo la societa' ricorrente ha censurato gli atti impugnati anche in via autonoma e derivata dalla contrarieta' al diritto euro-unitario della legge regionale n. 20/2024, deducendo «Illegittimita' in via autonoma e derivata per violazione e falsa applicazione della Direttiva 2009/28/CE, della Direttiva 2011/92/UE, della Direttiva 2018/2001 e della Direttiva 2023/2413/UE, come completate dal Regolamento UE 2577/2022 e dalla recente Raccomandazione UE 2024/1343 del 13 maggio 2024. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 199/2021. Violazione e falsa applicazione del principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili. Violazione dell'obbligo di disapplicazione delle norme interne incompatibili con il diritto euro-unitario. Eccesso di potere per illogicita', irragionevolezza e contraddittorieta' dell'azione amministrativa; travisamento dei presupposti in fatto e diritto; violazione del principio di proporzionalita' dell'azione amministrativa. Sviamento di potere». 7.2.1. La disciplina regionale, infatti, avrebbe dovuto essere disapplicata dall'Amministrazione in quanto contraria al principio di massima diffusione delle forme di produzione di energia rinnovabile sancito dalle norme euro-unitarie e, in particolare, dalle Direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE nonche' dalle piu' recenti Direttive UE 2018/2001 e 2023/2413, come completate dal Regolamento UE 2577/2022 e dalla recente Raccomandazione UE 2024/1343. La nota impugnata, pertanto, sarebbe illegittima in via autonoma avendo violato l'obbligo giuridico di disapplicare le norme interne incompatibili con quelle euro-unitarie. 7.2.2. In secondo luogo, la Nota impugnata risulterebbe illegittima anche in via derivata dalla legge regionale contrastante con la normativa europea. Il divieto posto dalla legge regionale, infatti, sottrae in modo indiscriminato il territorio regionale dalla localizzazione degli impianti FER, cosi' impedendo il raggiungimento dei target vincolanti per lo Stato italiano fissati dalla normativa europea, oltre a porsi in contrasto coi principi di derivazione europea di massima diffusione delle fonti rinnovabili, di semplificazione dei procedimenti autorizzativi, con la natura di interesse pubblico prevalente dell'installazione di impianti FER rispetto ad altri interessi in potenziale conflitto, con l'obiettivo di semplificare ulteriormente le procedure autorizzative nelle c.d. zone di accelerazione, quali le aree idonee ex art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021 e con l'obiettivo di ridurre al minimo le c.d. zone di esclusione. 7.3. Con il terzo motivo la societa' ha inoltre dedotto l'illegittimita' in parte qua del decreto ministeriale 21 giugno 2024 che, al combinato disposto degli articoli 1, comma 2, lett. b) e 3, comma 1, prevede che le regioni con propria legge individuino sul rispettivo territorio superfici e aree non idonee, deducendo «Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 199/2021. Violazione e falsa applicazione del decreto legislativo n. 28/2011. Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003 e del decreto ministeriale 10 settembre 2010. Violazione del principio di leale collaborazione e del principio di sussidiarieta'. Violazione della legge n. 241/90. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Contraddittorieta' e irragionevolezza dell'azione amministrativa. Violazione del principio di trasparenza dell'azione amministrativa. Violazione degli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione. Violazione dei principi di buon andamento e imparzialita' dell'azione amministrativa. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto e in diritto. Violazione delle Direttive 2018/2001/UE, 2009/28/CE e 2001/77/CE. Violazione del principio di massima diffusione delle fonti energetiche rinnovabili. Sviamento di potere». Evidenzia la ricorrente che, in via principale, il decreto ministeriale costituisce esso stesso parametro di incostituzionalita' della normativa regionale in quanto, a differenza della legge regionale n. 20/2024, non prevede in alcun modo l'espresso divieto generale e aprioristico di autorizzare e realizzare impianti fotovoltaici ed eolici in aree c.d. «non idonee», ne' tantomeno prevede la prevalenza della disciplina delle aree non idonee su quella delle aree c.d. idonee ai sensi dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021. Inoltre, posto anche che il Consiglio di Stato ha sospeso l'efficacia delle disposizioni del decreto ministeriale, «solo formalmente il Decreto costituisce il parametro sulla cui base e' stata adottata la legge regionale, dal momento che l'efficacia delle disposizioni che in astratto potevano consentire alla Regione di derogare in peius alla normativa statale era stata (ed e' tuttora) sospesa in data anteriore all'emanazione della nuova legge regionale». «Solo in via subordinata e per tuziorismo» (cosi' a pag. 32 del ricorso per motivi aggiunti), dunque, i.e. laddove si ritenesse di interpretare il decreto ministeriale nel senso di abilitare la Regione ad intervenire con disposizioni quali quelle della cui legittimita' costituzionale si dubita, la ricorrente lo impugna per i seguenti motivi. 7.3.1. Il decreto ministeriale contrasterebbe, infatti, con l'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 e, in particolare, con il comma 4 che limiterebbe la potesta' normativa della Regione all'individuazione delle sole aree idonee. 7.3.2. In secondo luogo, il decreto sarebbe illegittimo in relazione a quanto previsto dall'art. 7, comma 2, lett. c), che conferisce alle Regioni la possibilita' di far salve le aree idonee di cui all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021. L'efficacia di tale disposizione, peraltro, e' stata sospesa dal Consiglio di Stato, che ha negato spazio per una piu' restrittiva disciplina regionale rispetto a quella di cui all'art. 20, comma 8. La disposizione regolamentare, dunque, nel consentire in astratto alle Regioni di derogare in peius alla legislazione statale in materia di aree idonee, si pone in contrasto con la normativa primaria di riferimento. 7.3.3. La ricorrente censura, poi, l'illegittimita' del decreto anche nella misura in cui, anziche' limitarsi a dettare criteri uniformi per i legislatori regionali ai fini dell'individuazione delle aree idonee (come prescritto all'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021), ha direttamente dichiarato la non idoneita' di alcune aree del territorio nazionale, disponendo all'art. 7, comma 3, che «sono considerate non idonee le superfici e le aree che sono ricomprese nel perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi dell'art. 10 e dell'art. 136, comma 1, lettere a) e b) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42». Tale disposizione, inoltre, laddove letta nel senso di vietare l'installazione di impianti FER nelle aree non idonee, risulterebbe illegittima anche per contrasto con i principi fondamentali in materia come sopra richiamati. 7.4. Col quarto motivo aggiunto, infine, la societa' ricorrente ha ribadito l'illegittimita' dell'inerzia serbata dall'Amministrazione procedente sull'istanza di verifica di assoggettabilita' a VIA. 8. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, il Ministero della Cultura, il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranita' Alimentare e delle Foreste e la Presidenza del Consiglio dei ministri, eccependo l'incompetenza territoriale del T.A.R. Sardegna in favore del T.A.R. Lazio in relazione alle censure sollevate avverso il decreto ministeriale 21 giugno 2024, nonche' il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei ministri. 9. La Regione, nella memoria difensiva depositata in vista dell'udienza di discussione, ha rilevato anzitutto come con le ordinanze del T.A.R. Lazio nn. 9164 e 9168 del 13 maggio 2025 siano state rimesse in via incidentale alla Corte costituzionale le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 2, 5, 7, 8 e 3, nonche' degli allegati della legge regionale Sardegna n. 20/2024. 9.1. La Regione ha, inoltre, dedotto che essa sarebbe titolare, ai sensi dell'art. 117, comma 6, Cost. e dell'art. 6 dello Statuto speciale, di competenza legislativa esclusiva (e amministrativa) nella materia della tutela e pianificazione paesaggistica e nelle materie dell'urbanistica e dell'agricoltura e foreste (art. 3 Statuto speciale), nonche' di potesta' legislativa concorrente nella materia della «produzione e distribuzione dell'energia elettrica» ai sensi dell'art. 4 dello Statuto. 9.1.1. In detto contesto, la legge regionale n. 20/2024 e' stata adottata dalla Regione nell'esercizio della competenza legislativa esclusiva. Tale prospettiva troverebbe conferma anche nella recente sentenza della Corte costituzionale n. 28/2025 laddove si e' affermato che le Regioni, fermi restando i limiti imposti dallo Stato in termini di classificazione e obiettivi annui fino al 2030 (cosi' come stabilito dal decreto ministeriale 21 giugno 2024), possono esercitare la piu' ampia discrezionalita' nel selezionare in quali aree consentire l'installazione agevolata di impianti FER. 9.1.2. La legge regionale, inoltre, avrebbe operato nei limiti della competenza legislativa concorrente nella materia della «produzione e distribuzione dell'energia elettrica». Il decreto legislativo n. 199/2021, all'art. 20, comma 1, rimanda a un decreto ministeriale la determinazione dei criteri per l'individuazione sia delle aree idonee che di quelle non idonee. Tale decreto, adottato il 21 giugno 2024, avrebbe disposto che le regioni definiscano con legge non solo le aree idonee, ma anche quelle non idonee e ordinarie (art. 3, mai impugnato). 9.1.3. La Regione, poi, in applicazione dello stesso decreto legislativo n. 199/2021, che peraltro all'art. 49 salvaguarda esplicitamente le competenze delle Regioni a statuto speciale, tenuto conto dell'obiettivo concordato con lo Stato (art. 2 decreto ministeriale 2024), avrebbe svolto una istruttoria basata sulle condizioni specifiche del territorio individuando le aree idonee in modo tale da garantire non solo il raggiungimento, ma anche il superamento degli obiettivi di potenza da raggiungere al 2030. 9.1.4. Con l'individuazione delle aree idonee la Regione avrebbe, dunque, garantito il rispetto degli obiettivi di potenza complessiva introducendo una disciplina atta a preservare al massimo il patrimonio paesaggistico, archeologico, storico-culturale, ambientale, senza tuttavia escludere del tutto la possibilita' di installare nelle aree e superfici non idonee impianti FER, in ossequio al principio della massima diffusione delle fonti di energia rinnovabile e fermo restando che ogni altra area (in cui non viga il divieto di impianti fotovoltaici con moduli a terra) deve ritenersi residualmente soggetta al regime autorizzatorio ordinario e potrebbe, quindi, ospitare l'installazione di impianti. Cio' emergerebbe dall'analisi degli allegati in cui, tenendo conto della rilevanza paesaggistica, culturale, etc., si e' proceduto a classificare le aree come non idonee, dopo aver individuato quelle idonee, prevedendo una distinzione tra tipologie e tagli di impianti FER e consentendone la realizzazione in seguito a un puntuale bilanciamento. 9.2. Anche gli assunti della ricorrente in merito alla previsione di un divieto assoluto, secondo l'Amministrazione regionale, sarebbero infondati in quanto sarebbero stati previsti elementi di flessibilita', da valutare caso per caso anche nelle aree non idonee, in particolare all'art. 1, commi 4, 5 e 7, ultimo capoverso, all'art. 3, comma 4, e all'Allegato G, comma 2 (che peraltro alla lett. c) prevedrebbe misure di incentivo per la realizzazione degli impianti agri-voltaici). Inoltre, negli allegati, a titolo esemplificativo: lett. b), c), e), negli Allegati A, B, C, sarebbero consentiti impianti in aree definite non idonee. 9.3. La legge regionale sarebbe conforme anche all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021, che si limiterebbe ad elencare una serie di aree da ritenere idonee nelle more della loro concreta individuazione da parte delle Regioni, sulla scorta dei criteri elencati nel decreto ministeriale 21 giugno 2024. Si tratterebbe, dunque, di una disposizione transitoria, che non individuerebbe un minimum immodificabile di aree idonee. 9.4. Privi di rilievo sarebbero i richiami effettuati dalla ricorrente all'art. 12 del decreto legislativo n. 387/2003 e al decreto ministeriale del 10 settembre 2010 in quanto superati dalla piu' recente normativa statale che, prevedendo come inderogabile il raggiungimento di predefiniti livelli di energia da fonti rinnovabili, salvaguarderebbe, al contempo, le prerogative regionali in materia paesaggistica, mediante la definizione delle aree idonee con legge regionale. 9.5. In relazione all'affidamento della ricorrente e alla presunta violazione degli articoli 3, 41 e 97 Cost., la Regione ha dedotto che i commi 2 e 5 dell'art. 1 della legge regionale n. 20/2024 darebbero applicazione al principio generale del tempus regit actum e non prevedrebbero un regolamento irrazionale che frustrerebbe situazioni consolidate e certe, anche alla luce della natura precaria dello stesso regime autorizzatorio (ancor piu' nella fase di screening). Neanche il decreto ministeriale del 21 giugno 2024 prevedrebbe, peraltro, una norma di salvaguardia per i procedimenti autorizzatori in corso al momento della sua entrata in vigore: pertanto, alcun affidamento poteva essersi consolidato sul tenore delle disposizioni previgenti, in ragione della transitorieta' della normativa e della evoluzione del quadro normativo di riferimento. 9.6. Quanto alla dedotta violazione delle norme euro-unitarie, con conseguente asserita illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 20/2024 per violazione dell'art. 117, comma 1, Cost., secondo la Regione non sarebbero stati evidenziati i profili specifici di contrasto con il diritto dell'Unione europea ne' verrebbe indicato in che modo la normativa regionale impedirebbe di rispettare l'obiettivo di potenza alla stessa attribuito. 10. All'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2025, dopo ampia discussione, la causa e' stata trattenuta in decisione. 11. Ritiene il Collegio rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1 lett. a) e commi 5 e 7, della legge regionale n. 20/2024 per contrasto con gli articoli 3, 9, 41, 97 e 117, commi 1 e 3, della Costituzione dedotte dalla ricorrente con il ricorso per motivi aggiunti. Pertanto, si reputa necessario sospendere il giudizio per consentire il controllo incidentale di costituzionalita' sulle questioni di seguito indicate. 12. Ricorre, anzitutto, il presupposto della rilevanza della questione, ai sensi dell'art. 23, comma 2, della L. 11 marzo 1953, n. 87, secondo il quale e' necessario che «il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale» della disposizione contestata. 12.1. In via preliminare, evidenzia infatti il Collegio come non sia fondata l'eccezione di incompetenza territoriale di questo Tribunale, in favore del T.A.R. per il Lazio, sollevata dalle amministrazioni statali. In senso contrario, infatti, si rileva come i provvedimenti impugnati, in particolare con i motivi aggiunti, si fondino esclusivamente sulla legge regionale n. 20 del 2024 e non gia' sul decreto ministeriale 21 giugno 2024, sicche' tale decreto non rientra nel perimetro delle questioni giuridiche rilevanti nel caso che occupa. Invero, la legge regionale n. 20 del 2024 e' un atto di fonte legislativa espressione della potesta' legislativa attribuita alla Regione Sardegna, e cio' lasciando momentaneamente in disparte la questione del superamento dei limiti da rispettare indicati in Costituzione, oggetto della verifica di non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della legge regionale stessa, senza che percio' rilevi in via decisiva l'esistenza del decreto legislativo 21 giugno 2024. D'altronde, a conferma dell'autonomia delle due fonti, come ha rilevato il T.A.R. per il Lazio nell'ordinanza n. 9164 del 13 maggio 2025, che ha rimesso alla Corte costituzionale alcune questioni di legittimita' costituzionale della medesima legge regionale n. 20 del 2024 (su cui v. infra), «l'eventuale annullamento del decreto [decreto ministeriale 21 giugno 2024] sul punto sarebbe peraltro, allo stato e in presenza delle disposizioni recate dalla legge regionale n. 20/2024, priva di ogni utilita' per la parte ricorrente. Essa, infatti, non potrebbe comunque ulteriormente coltivare i progetti sopra citati, in quanto la disciplina legislativa regionale costituirebbe a tal riguardo un ostacolo assoluto». Peraltro, come rilevato dalla difesa della parte ricorrente in sede di discussione orale all'udienza pubblica del giorno 11 giugno 2025, EF Agri non ha piu' neppure interesse alle censure inerenti direttamente il decreto ministeriale 21 giugno 2024, proposte peraltro «solo in via subordinata e per tuziorismo», essendo intervenuto il suo annullamento, almeno in parte qua, per via giurisdizionale, ad opera della sentenza T.A.R. Lazio, Sez. III, 13 maggio 2025, n. 9155. 12.2. Cio' posto, nel merito, le note impugnate con il ricorso per motivi aggiunti e, in particolare, la nota n. 4759 del 13 febbraio 2025 dell'Assessorato della Difesa dell'Ambiente, con la quale e' stata comunicata alla societa' ricorrente l'improcedibilita' dell'istanza di Verifica di assoggettabilita' a VIA, fondano, in via esclusiva, le ragioni del diniego sull'entrata in vigore della disciplina recata dalla legge regionale n. 20/2024 e, nella specie, sull'introdotto divieto di realizzare impianti FER sulle aree classificate dalla medesima legge come non idonee; cio' anche con riferimento alle istanze di autorizzazione presentate prima dell'entrata in vigore della legge (art. 1, comma 5, legge regionale n. 20/2024). Di conseguenza, l'eventuale accertamento dell'illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 20/2024 determinerebbe un automatico travolgimento, per illegittimita' derivata, degli atti adottati dall'Amministrazione regionale. In particolare, la nota in questione ha disposto l'improcedibilita' dell'istanza di c.d. screening VIA della ricorrente alla luce del fatto che il progetto sarebbe ricaduto in aree non idonee, cosi' come individuate dall'Allegato B, lettere t), w), y) e bb) della legge regionale n. 20/2024, sulle quali, ai sensi del predetto art. 1, comma 5, vige il divieto di realizzare impianti FER anche per progetti presentati prima dell'entrata in vigore della medesima legge regionale. Di qui l'evidente rilevanza, nel caso di specie, della questione di legittimita' costituzionale. 13. In secondo luogo, il prospettato conflitto dell'art. 1, commi 5 e 7, della legge regionale n. 20/2024 con i principi radicati negli articoli 3, 9, 41, 97 e, soprattutto, con l'art. 117, commi 1 e 3, della Costituzione, nonche' con l'art. 3, comma 1, dello Statuto speciale per la Regione Sardegna, approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, si presenta, ad avviso del Collegio, «non manifestamente infondato» ai sensi del medesimo art. 23 della legge n. 87/1953, per le ragioni che di seguito si esporranno. 14. Preliminarmente, occorre rilevare come l'intervento normativo di cui alla legge regionale n. 20/2024 e' stato posto in essere, secondo quanto riportato all'art. 1, comma 1, lett. a) della medesima legge, al fine di individuare le «aree idonee e le superfici idonee, non idonee e ordinarie al fine di favorire la transizione ecologica, energetica e climatica nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 9, primo e secondo periodo, della Costituzione nonche' delle disposizioni di cui all'art. 3, lettera f), m) e n), art. 4, lettera e), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) e delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica del 22 maggio 1975, n. 480 (Nuove norme di attuazione dello statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna), e secondo un criterio pianificatorio di sistema che tenga in considerazione la pianificazione energetica e quella di governo del territorio». 14.1. Quanto all'ambito di competenza legislativa interessato dalla legge regionale, vengono dunque in rilievo, nel caso di specie, la potesta' legislativa primaria in materia di «edilizia e urbanistica» riconosciuta dallo Statuto speciale della Regione Autonoma della Sardegna all'art. 3, comma 1, lett. f), e la correlata «competenza paesaggistica» ai sensi dell'art. 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 480 del 1975, recante norme di attuazione dello Statuto speciale anzidetto, nonche' la potesta' legislativa di cui alle lett. m) («esercizio dei diritti demaniali e patrimoniali della Regione relativi alle miniere, cave e saline») e n) («usi civici»). Va richiamata altresi' la potesta' legislativa concorrente nella materia «produzione e distribuzione dell'energia elettrica», da esercitarsi nel limite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato e prevista dall'art. 4, lettera e), dello Statuto. L'art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione, dal canto suo, attribuisce allo Stato competenza legislativa esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», cosi' come il comma 3 dello stesso art. 117 include tra le materie di competenza concorrente quella relativa «a produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». Non vi e' dubbio, quindi, che, in base a tali criteri di riparto delle competenze su materie oggettivamente «interferenti», lo Stato disponga di significativi spazi di intervento, potendo dettare i principi quadro in materia di produzione energetica, trattandosi di una materia oggetto di competenza concorrente, nonche' i principi fondamentali e le norme di riforma economico-sociale ordinariamente capaci di limitare la stessa competenza legislativa regionale esclusiva (art. 3, comma 1, dello Statuto sardo). Inoltre lo stesso legislatore nazionale puo' interferire in subiecta materia attraverso la propria potesta' esclusiva e trasversale a tutela dell'ambiente, sulla quale gli impianti energetici da fonti rinnovabili hanno evidenti ricadute (T.A.R. Sardegna, Sez. II, ordinanza n. 146 del 9 giugno 2025, su cui v. infra). 14.2. Orbene, l'oggetto della legge regionale in discorso (recante «Misure urgenti per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione e promozione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) e per la semplificazione dei procedimenti autorizzativi») e la ratio perseguita (di attuazione e comunque di osservanza della disciplina statale sull'individuazione delle aree e dei siti sui quali possono essere installati gli impianti di produzione di energia rinnovabile di cui al decreto legislativo n. 199/2021) rendono evidente come il prioritario ambito di potesta' legislativa autonoma attinto sia quello statutario in materia di «produzione e distribuzione dell'energia elettrica» (art. 4, lettera e, dello Statuto speciale). 14.3. Come osservato, infatti, dalla Corte costituzionale in relazione all'abrogata legge regionale n. 5/2024 di c.d. «moratoria» (che aveva previsto delle «misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuovi impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili», e sulla cui base era stato adottato il provvedimento di sospensione del procedimento di screening impugnato con il ricorso introduttivo), essa «pur conseguendo, come detto, la finalita' di tutelare il paesaggio, incide in modo significativo sulla disciplina relativa agli «impianti di produzione e accumulo di energia elettrica da fonti rinnovabili». Pertanto, la legge regionale afferisce in modo prevalente alla competenza statutaria in materia di «produzione e distribuzione dell'energia elettrica» (art. 4, lettera e, dello statuto speciale). In ogni caso, anche laddove non si consideri prevalente uno dei due ambiti statutari, ma si ritenga che ci si trovi di fronte a un intreccio di competenze, nessuna delle quali prevalente, cio' nondimeno entrambe tali competenze - quella primaria di tutela del paesaggio e quella concorrente in materia di energia elettrica piu' volte richiamata - devono esercitarsi «[i]n armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica», oltre che, solo per la seconda, nel piu' volte ricordato limite «dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato», ai sensi dei medesimi articoli 3 e 4 dello statuto di autonomia» (Corte costituzionale, sentenza n. 28/2025). 15. Premesso, dunque, che nella fattispecie viene in rilievo una competenza legislativa regionale «di autonomia» che deve essere esercitata, in ogni caso, nel rispetto dei principi fondamentali e delle «norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica» di cui e' espressione la disciplina statale di cui al decreto legislativo n. 199/2021, il Collegio dubita che le disposizioni della legge regionale n. 20/2024 e, segnatamente, le disposizioni di cui all'art. 1, comma 1, lett. a), e commi 5 e 7, e di cui agli Allegati da A a E della legge della Regione Sardegna n. 20/2024 contrastino coi principi stabiliti dalla legge statale e dalle norme fondamentali di riforma economico-sociale che si impongono anche alla Regione Autonoma della Sardegna per espressa previsione statutaria. 16. Piu' in particolare, e in primo luogo, ritiene il Collegio non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale della legge regionale n. 20/2024, con riferimento specifico alle disposizioni suindicate, per violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione in relazione alla previsione, con legge regionale, delle aree non idonee (che, come si dira' anche piu' avanti, riguardano aree vastissime del territorio isolano). Da questo punto di vista, infatti, la disciplina regionale pare porsi in conflitto con i principi fondamentali della materia individuati nell'art. 20, comma 4 del decreto legislativo n. 199/2021. 16.1. Osserva, infatti, il Collegio che l'art. 20, comma 4, del decreto legislativo n. 199/2021 limita la potesta' legislativa delle Regioni soltanto all'individuazione puntuale delle aree idonee: «conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dei medesimi decreti, le Regioni individuano con legge le aree idonee, anche con il supporto della piattaforma di cui all'art. 21». Su tale base normativa, questo Tribunale, nel rimettere alla Corte costituzionale una questione di legittimita' costituzionale analoga alla presente, dopo avere riepilogato il quadro di riferimento normativo europeo e statale in materia, ha gia' ritenuto che «la legge della Regione Sardegna n. 20/2024 ha, invece, introdotto una disciplina, sulla quale si fondano gli atti impugnati nel presente giudizio, che - ad avviso del Collegio - non pare proprio conformarsi al sopra descritto quadro normativo europeo e nazionale, avendo la suddetta legge regionale: individuato molteplici aree inidonee all'installazione degli impianti, mentre, come si e' detto, il compito del legislatore regionale e' (soltanto) quello di individuare puntualmente le «aree idonee» quali beneficiarie di apposita accelerazione autorizzativa, senza intaccare l'elenco categoriale di cui all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021 (...)» (T.A.R. Sardegna, Sez. II, ord. n. 146/2025, cit.). 16.2. Ritiene il Collegio, d'altra parte, che non conduca a diverso esito neppure quanto previsto dal decreto ministeriale 21 giugno 2024, emanato in attuazione dell'art. 20, comma 1, del medesimo decreto legislativo n. 199/2021: ed e' per questo, infatti, che non si pongono nel presente giudizio questioni inerenti la (il)legittimita' del decreto in parola. Tale decreto ha espressamente previsto, all'art. 1, comma 2, lett. b) che «In esito al processo definitorio di cui al presente decreto, le regioni, garantendo l'opportuno coinvolgimento degli enti locali, individuano sul rispettivo territorio ... b) superfici e aree non idonee: aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l'installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalita' stabilite dal paragrafo 17 e dall'Allegato 3 delle linee guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre 2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni»; all'art. 3, inoltre, ha previsto che «Per il conseguimento delle finalita' di cui all'art. 1, comma 1 del presente decreto, le regioni individuano ai sensi dell'art. 20, comma 4 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, con propria legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le aree di cui all'art. 1, comma 2, secondo i principi e criteri previsti dal Titolo II del presente decreto». La disposizione da ultimo trascritta non e' in effetti stata oggetto dell'annullamento giurisdizionale parziale che ha interessato il decreto ministeriale ad opera della sentenza del T.A.R. Lazio n. 9155 del 2025, che ha ritenuto legittimo l'art. 3 pur interpretandolo nel senso di consentire alle Regioni di individuare con legge le aree non idonee. Ritiene invece il Collegio che l'art. 3 in esame possa - e debba - ben essere interpretato nel senso di limitare l'intervento legislativo delle Regioni all'individuazione delle aree idonee, nonostante la sua non perspicua formulazione letterale. Ed infatti, se e' vero che l'art. 3 cit. fa riferimento all'individuazione, da parte delle Regioni, delle aree di cui all'art. 1, comma 2 del medesimo decreto, nel cui ambito sono definite non solo le aree idonee, ma anche quelle non idonee (e in realta' anche quelle ordinarie e quelle in cui e' vietata la realizzazione di impianti FER), purtuttavia la medesima norma espressamente delimita tale individuazione «ai sensi dell'art. 20, comma 4 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199», il quale, come visto, prevede che le Regioni individuino con propria legge le sole aree idonee. D'altronde, la stessa definizione di aree inidonee di cui all'art. 1, comma 2, del decreto ministeriale in parola, rimanda alle «modalita' stabilite dal paragrafo 17 e dall'Allegato 3 delle Linee guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre 2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». Ed invero, come peraltro efficacemente evidenziato dalla parte ricorrente, l'art. 18, comma 3, del decreto legislativo n. 199/2021, nel testo vigente alla data di entrata in vigore della legge regionale n. 20/2024, dispone che «a seguito dell'entrata in vigore della disciplina statale e regionale per l'individuazione di superfici e aree idonee ai sensi dell'art. 20, con decreto del Ministero della transizione ecologica, di concerto con il Ministero della cultura, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 sono aggiornate le linee guida per l'autorizzazione degli impianti a fonti rinnovabili di cui all'articolo 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387». Non pare dunque al Collegio che le Regioni possano individuare con lo strumento legislativo le aree non idonee all'installazione di impianti FER - inverandosi percio' i, quantomeno, non manifestamente infondati profili di illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 20 del 2024 - poiche', alla luce del quadro normativo descritto, pare che le aree non idonee debbano essere successivamente individuate, sulla base delle aggiornate linee guida, approvate con il decreto ministeriale 10 settembre 2010. Tale decreto prevede, come dedotto dalla ricorrente, che «l'individuazione delle aree «non idonee» deve essere preceduta da «un'apposita istruttoria, avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale» (paragrafo 17.1 del decreto ministeriale 10 settembre 2010) e deve confluire nell'«atto di programmazione con cui sono definite le misure e gli interventi necessari al raggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati in attuazione delle suddette norme». Sotto questo angolo prospettico, possono dunque valere, anche, le considerazioni che di seguito si vanno ad esporre in ordine alla violazione della riserva di procedimento amministrativo (in part., infra, sub par. 17.4.). 17. La disciplina introdotta dal legislatore regionale suscita, infatti, in ogni caso ulteriori dubbi di illegittimita' costituzionale nella parte in cui -non solo non si e' limitata ad individuare le aree idonee ma ha individuato anche (o solo) le aree non idonee - ma ha vieppiu' obliterato la valutazione in concreto, nella sede del procedimento amministrativo, dei diversi interessi in relazione agli impianti localizzati in tali aree non idonee, avendo posto un divieto assoluto di realizzazione di impianti FER. Consistenti dubbi di compatibilita' con i canoni costituzionali della legge regionale n. 20/2024 solleva, in particolare, la previsione di cui all'art. 1, comma 5, ove si dispone che «E' vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee cosi' come individuate dagli Allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11». In tal modo, infatti, il Legislatore regionale ha stabilito un divieto assoluto di autorizzare e realizzare impianti FER localizzati in aree definite «non idonee», in contrasto con gli articoli 117, primo e terzo comma della Costituzione, in relazione all'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, alle disposizioni del decreto ministeriale 21 giugno 2024 (di cui la disciplina regionale costituisce attuazione), nonche' al principio di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabile come emergente dalla disciplina unionale. 17.1. Infatti, e' proprio per raggiungere gli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico e di uso dell'energia da fonte rinnovabile fissati a livello europeo sino al 2030, che lo Stato italiano ha adottato il decreto legislativo n. 199 del 2021. Tale intervento normativo costituisce attuazione della Direttiva UE 2018/2001 sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili e si pone (art. 1) «l'obiettivo di accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050», definendo «gli strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale, finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili al 2030, in attuazione della Direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto dei criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53», prevedendo «disposizioni necessarie all'attuazione delle misure del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia di energia da fonti rinnovabili, conformemente al Piano Nazionale Integrato per l'Energia e il Clima (di seguito anche: PNIEC), con la finalita' di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati, gia' orientati all'aggiornamento degli obiettivi nazionali da stabilire ai sensi del Regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si prevede, per l'Unione europea, un obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 percento rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». 17.2. In particolare, all'art. 20 il decreto legislativo n. 199/2021 ha previsto un'apposita disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili, stabilendo per quanto piu' interessa in questa sede che: con uno o piu' decreti del Ministro della transizione ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata, sono stabiliti principi e criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8; tali decreti definiscono altresi' la ripartizione della potenza installata fra Regioni e Province autonome; nel dettare la disciplina delle aree idonee si tiene conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonche' di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilita' delle risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonche' tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete stessa; conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore dei medesimi decreti, le Regioni individuano con legge le aree idonee; in sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i principi della minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo restando il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e tenendo conto della sostenibilita' dei costi correlati al raggiungimento di tale obiettivo; le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee. In particolare, l'individuazione delle aree idonee da parte delle Regioni con un intervento legislativo persegue il duplice obiettivo di consentire, da un lato, agli operatori di conoscere in modo chiaro e trasparente le aree in cui e' possibile installare impianti FER seguendo una procedura semplificata; dall'altro, di garantire il rispetto delle prerogative regionali che, nel selezionare in quali aree consentire l'installazione agevolata di FER, possono esercitare la piu' ampia discrezionalita', fermi restando i limiti imposti dallo Stato in termini di classificazione e obiettivi annui di MW da raggiungere, cosi' come stabilito dal decreto ministeriale 21 giugno 2024, fino al 2030 (in questi termini, Corte costituzionale n. 28/2025). 17.3. Come gia' anticipato sopra, le aree non idonee sono definite, poi, dal decreto ministeriale 21 giugno 2024 quali «aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili con l'installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le modalita' stabilite dal paragrafo 17 e dall'Allegato 3 delle Linee guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre 2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni». 17.4. Come rilevato, da ultimo, dal T.A.R. Lazio con l'ordinanza n. 9164 del 2025 «il decreto ministeriale 21 giugno 2024 non ha innovato il concetto di area non idonea contenuto nelle linee guida di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010. Queste, infatti, continuano a configurarsi come aree con «obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento [...] di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti. Detta incompatibilita', tuttavia, non si traduce in una preclusione assoluta, bensi' in «una elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione» (paragrafo 17 delle Linee guida del 10 settembre 2010), «che dovra' comunque risultare all'esito di specifica istruttoria. Ne consegue che, sotto tale profilo, la definizione contenuta nel decreto ... non innova in alcun modo il concetto di area non idonea quale gia' enucleato dalle Linee guida». 17.4.1. Anche sotto il vigente regime normativo, dunque, l'effetto della qualificazione di una superficie in termini di area non idonea e' unicamente quello di precludere l'accesso al beneficio dell'accelerazione ed agevolazione procedimentale di cui all'art. 22 del decreto legislativo n. 199/2021, segnalando la necessita' di un piu' approfondito e lungo apprezzamento delle amministrazioni competenti, strumentale a garantire una tutela piu' rafforzata del paesaggio, dell'ambiente e del territorio nell'ambito dei singoli procedimenti amministrativi di autorizzazione degli impianti FER. Le aree non idonee, pertanto, non possono costituire divieti aprioristici e assoluti alla installazione degli impianti FER, ma come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, rappresentano «meri indici rivelatori di possibili esigenze di tutela del paesaggio» (cfr. Corte cost., sentenza n. 121/2022, par. 5.1.). 17.4.2. Le aree non idonee svolgono tale funzione anche nel rinnovato assetto normativo e regolamentare della materia, indipendentemente dal fatto che l'articolo 1, comma 2, lett. b), del decreto ministeriale del 21 giugno 2024 definisca tali superfici come «incompatibili con l'installazione di specifiche tipologie di impianti», poiche' a cio', come detto, non risulta correlato un espresso divieto generalizzato di installazione degli impianti FER (cfr. T.A.R. Lazio, ordinanza n. 9155/2025). 17.4.3. Infatti, il mero utilizzo del termine «incompatibile» non accompagnato da un correlato divieto aprioristico e generalizzato non vale a contemplare l'ipotesi di un divieto assoluto e generalizzato, come quello previsto dalla Regione Sardegna. 17.4.4. L'inidoneita' di una determinata area non puo', dunque, derivare da una qualificazione aprioristica, generale ed astratta, ma puo' soltanto conseguire all'esito di un procedimento amministrativo che consenta una valutazione in concreto, in ragione delle relative specificita', della inattitudine del luogo prescelto. La stessa giurisprudenza costituzionale ha gia' affermato come anche nel caso di aree non idonee, operi una riserva di procedimento amministrativo sussistendo il dovere dell'amministrazione procedente di verificare in concreto, caso per caso, se il singolo progetto sia o meno realizzabile in considerazione delle sue caratteristiche e delle caratteristiche del sito interessato (cosi', da ultimo, Corte costituzionale, sentenza n. 177 del 30 luglio 2021 in relazione al precedente quadro normativo che, tuttavia, come detto, non ha mutato il concetto di «area non idonea»). Ancora, come rammentato dalla ricorrente, la Corte costituzionale ha statuito che «il margine di intervento riconosciuto al legislatore regionale non permette che le Regioni prescrivano limiti generali, perche' cio' contrasta con il principio fondamentale di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili, stabilito dal legislatore statale in conformita' alla normativa dell'Unione europea» (Corte costituzionale, 2 dicembre 2020, n. 258, ma v. anche sentenze nn. 177 del 2018, 86, 148, 286 del 2019, 106 del 2020). 17.5. In contrasto rispetto a tali indicazioni l'art. 1, comma 5, della legge regionale n. 20/2024, stabilisce, invece, un divieto tout court di realizzazione di impianti FER in aree qualificate come non idonee ai sensi della medesima legge regionale. In tal modo, dunque, paiono violati i principi fondamentali stabiliti dal decreto legislativo n. 199/2021 all'art. 20 (come integrato dal decreto ministeriale 21 giugno 2024) e contestualmente pregiudicati gli obiettivi vincolanti fissati dalla normativa europea, con conseguente violazione dei commi 1 e 3 dell'art. 117 della Costituzione. 17.6. Peraltro, le previsioni dell'art. 1, comma 5, legge regionale n. 20/2024, lette in combinato disposto con gli allegati alla legge regionale stessa, come dedotto dalla parte ricorrente, non smentita sul punto dall'Amministrazione regionale, determinano che le aree non idonee previste dalla legge regionale comprendono la quasi totalita' del territorio regionale. 17.7. Come gia' rilevato dalla citata ordinanza n. 146 del 2025 di questo Tribunale, «lo Statuto Sardo, all'art. 3, comma 2, lett. f), assegna alla Regione Sardegna competenza legislativa esclusiva in materia di «edilizia e urbanistica» (che comprende, come noto, anche la «componente paesaggistica»), nonche' competenza legislativa concorrente in materia di «e) produzione e distribuzione dell'energia elettrica». L'art. 117, comma 2, lett. s), della Costituzione, dal canto suo, attribuisce allo Stato competenza legislativa esclusiva in materia di «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», cosi' come il comma 3 dello stesso art. 117 include tra le materie di competenza concorrente quella relativa «a produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia». Non vi e' dubbio, quindi, che, in base a tali criteri di riparto delle competenze su materie oggettivamente «interferenti», lo Stato disponga di significativi spazi di intervento, potendo dettare i principi quadro in materia produzione energetica, trattandosi di una materia oggetto di competenza concorrente, nonche' i principi fondamentali e le norme di riforma economico-sociale ordinariamente capaci di limitare la stessa competenza legislativa regionale esclusiva (art. 3, comma 1, dello Statuto sardo: vedi supra). Inoltre lo stesso legislatore nazionale puo' interferire in subiecta materia attraverso la propria potesta' esclusiva e trasversale a tutela dell'ambiente, sulla quale gli impianti energetici da fonti rinnovabili hanno evidenti ricadute. Orbene tali criteri per la composizione di competenze legislative cosi' «incrociate» tra Stato e Regione non sembrano essere stati rispettati dalla legge regionale ora in esame. Difatti la legge regionale n. 20/2024, al dichiarato scopo di tutelare il paesaggio regionale, ha dettato una disciplina che, come si e' visto, appare sotto diversi aspetti in contrasto con quella nazionale di riferimento anche per profili sui quali il legislatore nazionale, intervenendo a garanzia della massima diffusione degli impianti energetici da fonti rinnovabili: ha introdotto «principi quadro» in materia di produzione energetica, cui il legislatore regionale e' tenuto ad attenersi nell'esercitare la relativa competenza concorrente; ha dettato regole finalizzate alla tutela dell'ambiente, sulla quale dispone di una competenza esclusiva e «trasversale»; ha prescritto principi fondamentali e norme di riforma economico-sociale che vincolano il legislatore regionale anche nelle materie di sua competenza esclusiva» (T.A.R. Sardegna, ord. n. 146/2025, cit.). 17.8. La disposizione regionale di cui al citato art. 1, comma 5, in definitiva, pur finalizzata tra l'altro alla tutela del paesaggio, nello stabilire il divieto di realizzare impianti alimentati da fonti rinnovabili nelle aree non idonee si pone in contrasto con la richiamata normativa statale che, all'art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021, reca principi fondamentali che, in quanto tali, si impongono anche alle competenze statutarie in materia di produzione dell'energia, e si pone in contrasto inoltre con la disciplina euro-unitaria che pone il principio di massima diffusione delle fonti rinnovabili (perseguito sia dalla Direttiva 2009/28/CE, e gia' prima da quella 2001/77/CE, sia dalla Direttiva 2018/2001/UE) e stabilisce dei target vincolanti per lo Stato italiano. 17.8.1. Peraltro, come detto, anche prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n. 199/2021, l'orientamento della giurisprudenza costituzionale era nel senso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via generale e astratta, la non idoneita' di intere aree di territorio o a imporre, in maniera generalizzata ed aprioristica, limitazioni nella realizzazione di impianti FER (Corte cost., sentenza n. 69 del 2018). Per costante giurisprudenza della Corte, infatti, le Regioni e le Province autonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati dal legislatore statale (ex multis, sentenze n. 11 del 2022, n. 177 del 2021 e n. 106 del 2020), principi, nel caso di specie, racchiusi nel citato decreto legislativo n. 199 del 2021 e nella disciplina di attuazione (quale il «decreto ministeriale aree idonee»). 17.9. Il divieto posto dall'art. 1, comma 5, della legge regionale n. 20/2024 risulta, poi, contrastare anche con l'art. 3 Cost. e, in particolare, con il principio di proporzionalita' che in esso trova fondamento, nonche' con il principio desumibile dall'art. 15 della Direttiva UE 2018/2001 che richiede agli Stati membri di assicurare che le norme nazionali in materia di procedure autorizzative «siano proporzionate e necessarie»; la medesima disposizione inoltre vincola gli Stati membri ad adottare «misure appropriate per assicurare che: a) ...; b) le norme in materia di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze siano oggettive, trasparenti e proporzionate, non contengano discriminazioni tra partecipanti e tengano pienamente conto delle specificita' di ogni singola tecnologia per le energie rinnovabili». 17.9.1. Il sindacato di proporzionalita' costituisce, infatti, un «aspetto del controllo di ragionevolezza delle leggi condotto dalla giurisprudenza costituzionale, onde verificare che il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalita' tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato costituzionale» (T.A.R. Lazio, ordinanza n. 9164/2025). In particolare, secondo la giurisprudenza costituzionale «il test di proporzionalita' richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalita' di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi (ex plurimis, sentenze n. 137 del 2018 e n. 272 del 2015)» (Corte costituzionale n. 56/2020). 17.9.2. La previsione di un divieto di natura generalizzata viola, dunque, il principio di necessaria proporzionalita', sacrificando in modo irragionevole la liberta' di iniziativa economica e la tutela dell'ambiente (cui la produzione di energia da fonti rinnovabili contribuisce). Tra l'altro, come rilevato da questo Tribunale nella piu' volte citata ordinanza n. 146 del 2025, la legge regionale n. 20 del 2024 ha «individuato tali nuove aree inidonee in misura molto ampia, pari a quasi il 95% dell'intero territorio regionale (si veda, in particolare, il comma 5 dell'art. 1 della legge regionale n. 20/2024 in relazione agli Allegati da A a G alla stessa legge), anche qui in diretto contrasto con l'elenco categoriale di aree idonee dettato dall'art. 20, comma 8, lett. C-ter), n. 1 del decreto legislativo n. 199/2021; per comprendere la portata ostativa di tale disciplina regionale basti pensare che essa impedisce la realizzazione di impianti energetici da fonti rinnovabili sulla quasi totalita' delle aree agricole sarde». 17.10. Le suindicate disposizioni della legge regionale 20/2024 si pongono in contrasto, inoltre, con il principio di tutela dell'ambiente di cui all'art. 9 Cost. secondo cui la Repubblica tutela l'ambiente, la biodiversita' e gli ecosistemi «anche nell'interesse delle future generazioni». 17.10.1. Il sacrificio incondizionato di tale principio in relazione alle aree classificate come non idonee dalla legge regionale, infatti, dal che consegue il divieto radicale di realizzare impianti FER, appare al Collegio del tutto evidente e contrasta oltre che con l'art. 3 Cost. anche con l'art. 9, ponendosi in conflitto con l'orientamento della Corte costituzionale consolidatosi a partire dalla nota sentenza n. 85/2013 secondo cui «Tutti i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di integrazione reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del 2012). Se cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione di uno dei diritti, che diverrebbe «tiranno» nei confronti delle altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza pretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di equilibrio, proprio perche' dinamico e non prefissato in anticipo, deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme e dal giudice delle leggi in sede di controllo -secondo criteri di proporzionalita' e di ragionevolezza, tali da non consentire un sacrificio del loro nucleo essenziale». 17.10.2. In tale contesto, il divieto previsto dalla norma regionale si pone in contrasto anche con il principio di integrazione delle tutele riconosciuto a livello europeo dall'art. 11 del TFUE, secondo cui «le esigenze di tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle altre pertinenti politiche pubbliche, in particolare al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile» (cfr., Cons. St., sentenza n. 8167/2022). La previsione in generale delle aree non idonee come zone vietate, infatti, solleva sul punto notevoli perplessita', in quanto non istituisce alcuna forma di possibile bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo un'indefettibile prevalenza dell'interesse alla conservazione dello stato dei luoghi, in contrasto con l'obiettivo di promuovere l'uso dell'energia da fonti rinnovabili (in termini, T.A.R. Lazio, ordinanza di rimessione n. 9164/2025). 17.10.3. Pertanto, il divieto posto dalla Regione Sardegna e, in particolare, l'art. 1, comma 5, della legge regionale n. 20/2024 e i relativi allegati che individuano le aree non idonee, sollevano seri dubbi di contrasto anche con gli articoli 3 e 9 della Costituzione. 17.11. Da cio' discende anche la violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione, e quindi dell'art. 97 Cost., in quanto osta a qualsivoglia possibilita' di realizzare, in sede amministrativa, il piu' opportuno bilanciamento degli interessi in gioco. A tale riguardo, appare opportuno ribadire che, ai sensi dell'art. 20, comma 7, del decreto legislativo n. 199/2021, «Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee». Il riferimento specifico alla valutazione operata «in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti», come osservato anche dal T.A.R. Lazio nelle piu' volte citate ordinanze di rimessione della questione di legittimita' della medesima legge regionale n. 20/2024, «attesta che la riserva di procedimento amministrativo per la dichiarazione di non idoneita', oltre che prevista dalle Linee guida, e' sancita a livello di normazione primaria anche nel regime di cui ai decreti ministeriali adottati ai sensi dell'art. 20, comma 1, del decreto, con conseguente impossibilita' per le regioni di impedire che tale valutazione si compia mediante il divieto, stabilito in via generale e astratta per legge, di realizzare gli impianti nelle aree non idonee». 17.12. I medesimi profili di incostituzionalita' suesposti vanno ravvisati, per identici motivi, anche nella disposizione di cui all'art. 1, comma 7, della legge regionale n. 20/2024, ove si dispone che «Qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso sia nelle aree definite idonee, di cui all'Allegato F, sia nelle aree definite non idonee, di cui agli Allegati A, B, C, D ed E, prevale il criterio di non idoneita'», e cio' sia in relazione all'art. 117, primo comma e terzo comma (non essendo tale criterio di prevalenza previsto dalla legislazione statale, e determinando esso un vulnus ulteriore ai principi fissati dalla normativa euro-unitaria), sia in relazione agli articoli 3, 9 e 97 Cost. 17.13. Profili di incostituzionalita' sussistono, infine, anche in relazione alla violazione della disciplina in materia di aree idonee di cui all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021. 17.13.1. In particolare, secondo la ricorrente, la legge regionale non avrebbe potuto in alcun modo prevedere, pena la sua incostituzionalita', un divieto assoluto di realizzare impianti FER in un'area idonea ai sensi dell'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021, ne' tantomeno ipotesi di non idoneita' in aree che sono invece idonee ai sensi della normativa nazionale (come, invece, avvenuto rispetto alle aree previste negli Allegati A, B, C, D, E ed F e, in particolare, per quanto rileva nel presente giudizio, per le lettere t), w), u) e bb) dell'Allegato B). Anche in relazione a tale profilo, infatti, risultano violati i principi fondamentali della materia posti dal decreto legislativo n. 199/2021. 17.13.2. L'art. 20, comma 8, individua dalla lett. a) alla lettera c-quater) una serie di fattispecie che «nelle more dell'individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalita' stabiliti dai decreti di cui al comma 1, sono considerate aree idonee». Sebbene tali aree siano definite «idonee ex lege» apparentemente soltanto in relazione alla fase transitoria fino all'emanazione del decreto ministeriale di cui all'art. 20, comma 1, al tempo stesso quest'ultima disposizione prevede che il suddetto decreto ministeriale, nello stabilire i principi e i criteri omogenei per l'individuazione delle superfici e aree idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili, debba tenere conto delle aree idonee di cui al comma 8 del medesimo art. 20. 17.13.3. Il decreto ministeriale 21 giugno 2024 aveva, peraltro, previsto all'art. 7, comma 2, lett. c), la possibilita' per le Regioni, nell'individuazione delle aree idonee, di «fare salve le aree idonee di cui all'art. 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto». Tuttavia, la IV sezione del Consiglio di Stato, con le ordinanze cautelari nn. 4297, 4298, 4299, 4300, 4301, 4302 e 4304 del 2024 aveva sospeso l'efficacia di tale disposizione, gia' prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20/2024, rilevando che «la norma appare [...] non pienamente conforme all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021, il quale gia' elenca le aree contemplate come idonee: in tale disciplina di livello primario non sembra possa rinvenirsi spazio per una piu' restrittiva disciplina regionale». Da ultimo, con sentenza n. 9155/2025, il T.A.R. Lazio ha annullato l'art. 7, comma 2, lett. c) del decreto ministeriale 21 giugno 2024 proprio nella parte in cui non aveva introdotto una disciplina di salvaguardia delle aree idonee per i progetti in corso di autorizzazione. 17.13.4. Su tali basi, ha gia' evidenziato questo Tribunale, con la citata ordinanza n. 146 del 2025, che «il compito attribuito dalla disciplina statale sopra descritta al legislatore regionale e' limitato all'individuazione puntuale delle singole aree idonee, ma questo pur sempre, nel rispetto dell'elenco categoriale di cui all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021, con la conseguenza concreta che lo stesso legislatore regionale non puo' legittimamente vietare l'installazione di impianti produttivi da fonti rinnovabili su aree rientranti nell'elenco categoriale previsto dallo stesso art. 20, comma 8. Limite, questo, che costituisce un indispensabile strumento di attuazione dei sopra descritti obblighi assunti dall'Italia a livello unionale, certamente vanificati se ciascuna regione potesse liberamente ridurre le aree idonee all'installazione degli impianti, mettendo cosi' in dubbio la tenuta complessiva del «sistema» preordinato alla realizzazione degli obiettivi unionali. Tale impostazione ha, poi, trovato conferma normativa espressa all'art. 47 del decreto-legge 24 febbraio 2023, n. 13, convertito dalla legge 21 aprile 2023, n. 41, con cui e' stato espressamente precisato, modificando il tenore testuale dell'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021, che l'individuazione puntuale delle aree idonee mediante i decreti ministeriali previsti al medesimo comma 1 deve avvenire «tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8»: poiche' il legislatore regionale, a sua volta, e' tenuto a individuare le aree idonee «Conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di cui al comma 1» (cosi' l'incipit dell'art. 20, comma 4, dello stesso decreto legislativo n. 199/2021), anche la sfera decisionale del legislatore regionale non puo' che trovare un limite invalicabile nello stesso elenco categoriale di cui all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021» (T.A.R. Sardegna, ord. n. 146/2025, cit.). Del resto la citata ordinanza, nel richiamare la sentenza della Corte costituzionale del 12 marzo 2025, n. 28, ha altresi' messo in luce come «anche tale pronuncia della Consulta conferma che il legislatore regionale, nell'individuare le aree idonee alla realizzazione degli impianti per cui e' causa, e' vincolato al minimum legale fissato da quello statale all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021, con cui gia' e' stato operato un bilanciamento «a monte» tra l'interesse pubblico sotteso alla realizzazione degli impianti e le esigenze di tutela dell'ambiente e del paesaggio direttamente incisi dalla realizzazione dei nuovi impianti; cio' comporta, altresi', che la competenza legislativa esclusiva in materia di paesaggio di cui [dispone] la Regione Sardegna trovi un limite nelle norme nazionali espressive, oltre che dei sopra descritti impegni internazionali, anche dei «principi fondamentali che, in quanto tali, si impongono anche alle competenze statutarie» della Regione Sardegna (cosi' la citata sentenza n. 28/2025 della Consulta)» (ancora T.A.R. Sardegna, ord. n. 146 del 2025, cit.) 18. In definitiva, per tutto quanto sopra, va sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1, lett. a) e commi 5 e 7, nonche' dei relativi Allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione Autonoma della Sardegna n. 20/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11, 41, 97 e 117, commi 1 e 3, della Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001 come modificata dalla Direttiva (UE) 2023/2413, e per violazione altresi' degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. P.Q.M. Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Sezione Prima) cosi' dispone: a) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei termini espressi in motivazione, le questioni di legittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 1, lett. a) e commi 5 e 7, nonche' dei relativi Allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione Autonoma della Sardegna n. 20/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11, 41, 97 e 117, commi 1 e 3, Cost., anche in relazione ai principi espressi dalla Direttiva (UE) 2018/2001 come modificata dalla Direttiva (UE) 2023/2413, e altresi' degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948; b) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti alla definizione dell'incidente di costituzionalita' e, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; c) dispone la comunicazione della presente ordinanza alle parti in causa, nonche' la sua notificazione al Presidente della Regione autonoma della Sardegna e al Presidente del Consiglio regionale sardo; d) rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito del giudizio incidentale promosso con la presente ordinanza. Cosi' deciso in Cagliari nelle camere di consiglio dei giorni 11 giugno 2025 e 25 giugno 2025, con l'intervento dei magistrati: Marco Buricelli, Presidente; Oscar Marongiu, consigliere, estensore; Roberto Montixi, referendario. Il Presidente: Buricelli L'estensore: Marongiu