Reg. ord. n. 156 del 2025 pubbl. su G.U. del 10/09/2025 n. 37
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio del 24/06/2025
Tra: Asja Ambiente Italia spa sb C/ Ministero della Cultura, Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ed altri 1
Oggetto:
Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Modifiche al decreto legislativo n. 199 del 2021 – Disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo – Previsione che l'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c), incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Previsione che il primo periodo del comma 1-bis dell’art. 20 di tale decreto legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del predetto decreto nonché in caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR – Previsione che l’art. 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto legislativo n. 199 del 2021, introdotto dal comma 1 dell’art. 5 del decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non si applica ai progetti per i quali, alla relativa data di entrata in vigore, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi – Disciplina dei regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili – Previsione che gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 190 del 2024 sono considerati di pubblica utilità, indifferibili e urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199 del 2021 – Denunciata disciplina che, prevedendo il divieto di installazione di nuovi impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra e il divieto di aumentare l’estensione di quelli esistenti nelle aree agricole, confligge con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e in particolare con il principio di massima diffusione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili, come declinato dalla normativa europea – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Introduzione di un divieto che si inserisce nel complesso delle previsioni dell’art. 20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 quale corpo estraneo, dato che le relative previsioni non risultano coordinate con il resto dell’articolato – Norma che non istituisce nessuna forma di bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo una prevalenza dell’interesse alla conservazione dello stato dei luoghi dei terreni agricoli, senza considerare una loro possibile utilizzabilità finanche a fini agricoli – Conflitto con l’obiettivo del decreto succitato di promuovere l’uso di energia da fonti rinnovabili -Violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza – Assenza di contemperamento con gli altri interessi in gioco, anche di rilievo costituzionale, che contrasta con la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi.
Norme impugnate:
decreto-legge del 15/05/2024 Num. 63 Art. 5 Co. 1
legge del 12/07/2024 Num. 101
decreto-legge del 15/05/2024 Num. 63 Art. 5 Co. 2
legge del 12/07/2024 Num. 101
decreto legislativo del 25/11/2024 Num. 190 Art. 2 Co. 2
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 9 Co.
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
direttiva UE Art. Co.
direttiva UE Art. Co.
regolamento UE Art. Co.
regolamento UE Art. Co.
Testo dell'ordinanza
N. 156 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 giugno 2025
Ordinanza del 24 giugno 2025 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Asja Ambiente Italia spa sb e
Elettricita' Futura - Unione delle imprese elettriche italiane contro
Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e altri. .
Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Modifiche al
decreto legislativo n. 199 del 2021 - Disposizioni finalizzate a
limitare l'uso del suolo agricolo - Previsione che l'installazione
degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone
classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita
esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente
agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o
integrale ricostruzione degli impianti gia' installati, a
condizione che non comportino incremento dell'area occupata, c),
incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e quelle con
piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonche' le
discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati,
c-bis), c-bis.1), e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8 dell'art.
20 del decreto legislativo n. 199 del 2021 - Previsione che il
primo periodo del comma 1-bis dell'art. 20 di tale decreto
legislativo non si applica nel caso di progetti che prevedano
impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla
costituzione di una comunita' energetica rinnovabile ai sensi
dell'art. 31 del predetto decreto nonche' in caso di progetti
attuativi delle altre misure di investimento del Piano nazionale di
ripresa e resilienza (PNRR) e del Piano nazionale per gli
investimenti complementari al PNRR (PNC) ovvero di progetti
necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR -
Previsione che l'art. 20, comma 1-bis, primo periodo, del decreto
legislativo n. 199 del 2021, introdotto dal comma 1 dell'art. 5 del
decreto-legge n. 63 del 2024, come convertito, non si applica ai
progetti per i quali, alla relativa data di entrata in vigore, sia
stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese
quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei
titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle
relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei
titoli medesimi - Disciplina dei regimi amministrativi per la
produzione di energia da fonti rinnovabili - Previsione che gli
interventi di cui all'art. 1, comma 1, del decreto legislativo n.
190 del 2024 sono considerati di pubblica utilita', indifferibili e
urgenti e possono essere ubicati anche in zone classificate
agricole dai vigenti piani urbanistici, nel rispetto di quanto
previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo n. 199
del 2021.
- Decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (Disposizioni urgenti per le
imprese agricole, della pesca e dell'acquacoltura, nonche' per le
imprese di interesse strategico nazionale), convertito, con
modificazioni, nella legge 12 luglio 2024, n. 101, art. 5, commi 1
e 2; decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190 (Disciplina dei
regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti
rinnovabili, in attuazione dell'articolo 26, commi 4 e 5, lettere
b) e d), della legge 5 agosto 2022, n. 118), art. 2, comma 2, primo
periodo.
(GU n. 37 del 10-09-2025)
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
Sezione terza
Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di
registro generale 11074 del 2024, proposto da Asja Ambiente Italia
S.p.a. S.B., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Sticchi Damiani, Daniele
Chiatante, con domicilio digitale come da PEC da Registri di
giustizia;
contro Ministero della cultura, Ministero dell'ambiente e della
sicurezza energetica, Ministero dell'agricoltura, della sovranita'
alimentare e delle foreste, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato,
domiciliataria ex lege in Roma - via dei Portoghesi, 12;
nei confronti della Regione Toscana, non costituita in giudizio;
e con l'intervento di, ad adiuvandum: Elettricita' Futura -
Unione delle Imprese Elettriche Italiane, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato
Andrea Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da PEC da
Registri di giustizia;
per l'annullamento:
nei limiti e nei termini dedotti, del decreto ministeriale
del 21 giugno 2024, recante «Disciplina per l'individuazione di
superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti
rinnovabili» adottato dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza
energetica di concerto con il Ministero della cultura e il Ministero
dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste e
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 2 luglio 2024, n. 153;
di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente,
ancorche' non conosciuto dalla odierna ricorrente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della
cultura, del Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica,
del Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle
foreste;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2025 il dott.
Marco Savi e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
1. La ricorrente opera nel settore della produzione di energia
rinnovabile sull'intero territorio italiano. Nell'ambito della
propria attivita' imprenditoriale, la societa' nel mese di ottobre
2023 ha acquisito la disponibilita' di una serie di aree nel
territorio del Comune di Cecina al fine di «installare un impianto
fotovoltaico».
2. Precisa la ricorrente che il sito interessato e' stato
individuato il sito sulla base delle indicazioni fornite dal
legislatore che, all'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n.
199/2021, ha individuato le aree idonee all'installazione di impianti
fotovoltaici. In particolare, a seguito delle analisi svolte, l'area
in questione e' risultata idonea ai sensi dell'art. 20, comma 8,
lettera c-quater, del decreto legislativo n. 199/2021. La societa' ha
quindi presentato domanda di connessione dell'impianto a
E-Distribuzione (gestore di rete competente) in data 13 novembre
2023, corrispondendo gli oneri previsti dalla normativa tecnica di
riferimento. In data 20 giugno 2024, il gestore di rete ha trasmesso
il preventivo di connessione dell'impianto alla rete elettrica
nazionale, quantificando i costi medi per la connessione in circa 1
milione di euro.
3. Il decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, ha peraltro aggiunto
all'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 il comma 1-bis,
secondo cui «L'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra di cui all'art. 6-bis, lettera b), del decreto
legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in zone classificate agricole dai
piani urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree di
cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica,
rifacimento, potenziamento o integrale 4 ricostruzione degli impianti
gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area
occupata, c), c-bis), c-bis.1), e c-ter) n. 2) e n. 3) del comma 8».
In sostanza, la disposizione in esame ha vietato l'installazione di
impianti fotovoltaici in area agricola, salvo i pochi siti enumerati
dalla previsione. La disposizione e' stata poi convertita con
modifiche con legge n. 101/2024 e ha oggi il seguente tenore:
«l'installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a
terra, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti,
e' consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a),
limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento,
potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti gia'
installati, a condizione che non comportino incremento dell'area
occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e
quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate,
nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero
ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8
del presente articolo. Il primo periodo non si applica nel caso di
progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a
terra finalizzati alla costituzione di una comunita' energetica
rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del presente decreto nonche' in
caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del
Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), approvato con
decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato
con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del Piano
nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui
all'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con
modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti
necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR».
4. Nelle more della conversione in legge, il MASE, di concerto
con gli altri ministeri resistenti, ha adottato il decreto
ministeriale del 21 giugno 2024, pubblicato in Gazzetta Ufficiale del
2 luglio 2024 (di seguito «Decreto») con cui ha dato attuazione in
via amministrativa al divieto previsto dal DL Agricoltura. In
particolare, il decreto ha introdotto le «aree in cui e' vietata
l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a
terra», ossia «le aree agricole per le quali vige il divieto [...] ai
sensi dell'art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo 8 novembre 2021,
n. 199»; tale divieto e' altresi' ribadito dall'art. 7 del decreto.
Per effetto del decreto, dunque, la societa', che ha da tempo
acquisito la disponibilita' di un'area agricola ex lege idonea ai
sensi dell'art. 20, comma 8, lettera c-quater del decreto legislativo
n. 199/2021, si trova oggi nell'impossibilita' di presentare
l'istanza di rilascio dei necessari titoli autorizzativi. La
ricorrente ha quindi proposto il presente ricorso, con il quale ha
dedotto, tra l'altro, vizi del decreto ministeriale discendenti dalla
ritenuta incompatibilita' eurounitaria e costituzionale del
decreto-legge n. 63/2024.
5. Sostiene la ricorrente, in particolare, che il divieto di
localizzare gli impianti fotovoltaici in area agricola sottrae in
modo indiscriminato la quasi totalita' del territorio nazionale cosi'
impedendo il raggiungimento dei target vincolanti per lo Stato
italiano. A seguito degli obblighi con il protocollo di Kyoto del
1997, l'Unione europea ha infatti adottato numerosi atti normativi
sulla promozione dell'uso di risorse energetiche alternative (si fa
riferimento, in particolare, alle direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE,
nonche' alle piu' recenti direttive UE 2018/2001 e 2023/2413/UE). Il
suddetto quadro normativo individua gli obiettivi che gli Stati
membri devono perseguire per raggiungere l'obiettivo di transizione
energetica che l'Unione ha qualificato come prioritario: (i)
semplificare a ogni livello le procedure autorizzative, eliminando
inutili ostacoli normativi; (ii) limitare al minimo le zone
interdette allo sviluppo di impianti FER, chiarendo con adeguata
motivazione la ragione della eventuale restrizione. Si tratta di
principi-guida permeati, secondo la giurisprudenza della Corte
costituzionale, dall'intento «di garantire la "massima diffusione
degli impianti da fonti di energia rinnovabili" (sentenza n. 286 del
2019, in senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n. 216 e n. 77
del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del
2014 e n. 44 del 2011) «nel comune intento "di ridurre le emissioni
di gas ad effetto serra (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso
senso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n.
85 del 2012), onde contrastare il riscaldamento globale e i
cambiamenti climatici (sentenza n. 77 del 2022)" (sentenze n. 216 e
n. 121 del 2022)» (cfr., di recente, Corte costituzionale, sentenza
n. 27/2023, nonche' precedenti ivi richiamati).
6. Per quanto di rilievo, la direttiva UE 2018/2001, recepita
dallo Stato italiano, con il decreto legislativo n. 199/2021 ha
fissato una riduzione delle emissioni al 2030 pari al 32% (obiettivo
al 2030 aggiornato al 42,5% dalla direttiva 2023/2413/UE). A tal
fine, l'art. 15 stabilisce che «Gli Stati membri assicurano che le
norme nazionali in materia di procedure di autorizzazione,
certificazione e rilascio delle licenze applicabili agli impianti e
alle relative reti di trasmissione e distribuzione per la produzione
di energia elettrica, di calore o di freddo da fonti rinnovabili, al
processo di trasformazione della biomassa in biocarburanti,
bioliquidi, combustibili da biomassa o altri prodotti energetici e ai
combustibili rinnovabili di origine non biologica siano proporzionate
e necessarie e contribuiscano all'attuazione del principio che da'
priorita' all'efficienza energetica». La medesima disposizione
inoltre vincola gli Stati membri ad adottare «misure appropriate per
assicurare che: a) le procedure amministrative siano razionalizzate e
accelerate al livello amministrativo adeguato e siano fissati termini
prevedibili per le procedure di cui al primo comma; b) le norme in
materia di autorizzazione, certificazione e concessione di licenze
siano oggettive, trasparenti e proporzionate, non contengano
discriminazioni tra partecipanti e tengano pienamente conto delle
specificita' di ogni singola tecnologia per le energie rinnovabili».
La direttiva 2023/2413/UE ha poi modificato la direttiva 2018/2001
introducendo l'art. 15-quater secondo cui «Entro il 21 febbraio 2026,
gli Stati membri assicurano che le autorita' competenti adottino uno
o piu' piani che designano, come sottoinsieme delle zone di cui
all'art. 15-ter, paragrafo 1, zone di accelerazione per uno o piu'
tipi di energie da fonti rinnovabili stabiliscono norme adeguate per
le zone di accelerazione per le energie rinnovabili, comprese le
misure di mitigazione efficaci da adottare per l'installazione degli
impianti di produzione di energia rinnovabile e degli impianti di
stoccaggio dell'energia co-ubicati». Il corpus normativo europeo e'
poi completato dal regolamento UE 2577/2022 e successive
modificazioni ed integrazioni, recante «quadro per accelerare la
diffusione delle energie rinnovabili» che a tal fine stabilisce che
«Gli Stati membri provvedono a che nella procedura di pianificazione
e autorizzazione, in sede di ponderazione degli interessi giuridici
nei singoli casi, sia accordata priorita' alla costruzione e
all'esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti
rinnovabili, nonche' allo sviluppo della relativa infrastruttura di
rete, per i progetti riconosciuti come d'interesse pubblico
prevalente» (art. 3, par. 2).
7. Il decreto ministeriale, pertanto, nella parte in cui
recepisce e da' attuazione al DL Agricoltura, si porrebbe in
contrasto con la normativa europea richiamata, frustrandone l'effetto
utile. La normativa interna - nella parte in cui vieta la
realizzazione di impianti fotovoltaici in area agricola e quindi
preclude la realizzazione dell'impianto oggetto del presente ricorso
- dovrebbe quindi essere disapplicata e il decreto annullato in parte
qua ponendosi in aperto contrasto con la normativa europea e in
particolare:
con il principio di massima diffusione delle fonti
rinnovabili e con i target stabiliti a livello euro-unitario;
con i principi di semplificazione a tutti i livelli dei
procedimenti autorizzativi di impianti FER;
con la natura di interesse pubblico prevalente degli impianti
FER con altri interessi in potenziale conflitto;
con l'obiettivo di semplificare ulteriormente le procedure
autorizzative nelle c.d. zone di accelerazione quale e' quella di
specie, qualificata come idonea in base all'art. 20, comma 8, lettera
c-quater del decreto legislativo n. 199/2021;
con l'obiettivo di ridurre al minimo le c.d. zone di
esclusine, venendo in rilievo un divieto generalizzato che copre la
quasi totalita' delle aree agricole del territorio nazionale.
8. Il DL Agricoltura e il decreto quale atto amministrativo
attuativo si porrebbero anche contrasto con i principi fondamentali
della materia. In primo luogo, i principi fondamentali fissati dalla
legislazione dello Stato costituiscono attuazione delle direttive
comunitarie che manifestano un favor per le fonti energetiche
rinnovabili, ponendo le condizioni per una adeguata diffusione dei
relativi impianti (cfr., ex plurimis, Corte costituzionale, sentenza
n. 106 del 2020). Il sistema delineato nell'art. 12 del decreto
legislativo n. 387 del 2003 (e nello specifico nel comma 10, fondato
sulla approvazione in Conferenza unificata delle linee guida e sul
riconoscimento alle regioni del potere di «procedere alla indicazione
di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie
di impianti») e' espressivo di una norma fondamentale di principio
nella materia «energia»; e, nel contempo, costituisce un punto di
equilibrio rispettoso di tutte le competenze, statali e regionali,
che confluiscono nella disciplina della localizzazione degli impianti
eolici (sentenze n. 275 del 2011 e n. 224 del 2012).
9. La giurisprudenza amministrativa e costituzionale hanno a piu'
riprese affermato che i principi fondamentali ai fini della
localizzazione degli impianti FER sul territorio nazionale sono: (i)
la compatibilita' ex lege degli impianti con le aree agricole, come
puntualmente stabilito dall'art. 12, comma 7, del decreto legislativo
n. 387/2003; (ii) il solo potere conferito alle regioni di
individuare aree non idonee all'installazione di impianti FER con la
precisazione che si deve trattare di una indicazione di massima da
operare con un atto di pianificazione da bilanciare e ponderare nella
sede del procedimento amministrativo (come puntualmente stabilito dal
decreto ministeriale 10 settembre 2010). Principio fondamentale della
materia in esame e' quello della massima diffusione delle fonti di
energia rinnovabili, con conseguente limitazione della potesta'
regionale alla sola individuazione di specifici siti non idonei.
10. Alla luce di quanto sopra, l'art. 5 del DL Agricoltura, nella
misura in cui ha introdotto il divieto di impianti fotovoltaici in
area agricola, si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali
della materia, ossia:
la compatibilita' delle aree agricole con l'installazione di
impianti fotovoltaici;
l'attribuzione alle regioni del potere di individuare aree
non idonee mediante strumenti di programmazione senza che cio'
comporti impedimenti assoluti alla localizzazione di impianti FER
nella consapevolezza che la sede propria del componimento degli
interessi in gioco e' il procedimento amministrativo. In questa
prospettiva, il DL Agricoltura e il decreto si porrebbero in
contrasto con i predetti principi perche' interdicono, in assenza di
un effettivo interesse rilevante, dall'installazione di impianti
fotovoltaici la quasi totalita' delle aree agricole del territorio,
senza consentire una ponderazione degli interessi in gioco
nell'ambito del procedimento amministrativo.
11. Il DL Agricoltura presenterebbe, poi, evidenti profili di
incostituzionalita' in relazione agli articoli 3, 9 e 41 della
Costituzione, anche alla luce del legittimo affidamento ingenerato
dal legislatore sulla attivita' di impresa.
12. Sotto un primo e rilevante profilo, la disposizione si
porrebbe in contrasto con il principio di tutela dell'ambiente,
oggetto della recente riforma costituzionale che ha previsto tra i
compiti fondamentali della Repubblica di cui all'art. 9 Cost.,
affianco alla tutela del paesaggio e del patrimonio storico e
artistico, la tutela dell'ambiente «anche nell'interesse delle future
generazioni».
13. Sotto altro - concorrente - profilo, il DL Agricoltura
inciderebbe (sacrificandolo) sul diritto di iniziativa
imprenditoriale dell'odierna ricorrente in contrasto con la liberta'
sancita dall'art. art. 41 Cost. e con l'affidamento ingenerato da
atti normativi univoci dello stesso legislatore. La societa',
infatti, si e' determinata ad acquisire la disponibilita' del sito, a
presentare la richiesta di connessione alla rete e a elaborare un
progetto di impianto, confidando: (i) nel principio fondamentale per
cui l'area agricola e' ex lege compatibile con la realizzazione di
impianti fotovoltaici ai sensi dell'art. 12 del decreto legislativo
n. 387/2003; (ii) nel fatto che il sito di progetto e' qualificabile
come area idonea dallo stesso decreto legislativo n. 199/2021, quindi
come area ad elevato potenziale per ospitare un impianto
fotovoltaico; (iii) in ogni caso, nella possibilita' di avere accesso
a un procedimento amministrativo nel quale la pubblica
amministrazione avrebbe rilasciato l'autorizzazione a valle di una
attenta ponderazione degli interessi in gioco, in un contesto
normativo euro-unitario chiaramente definito.
14. Sotto un connesso profilo, la disposizione si mostrerebbe
manifestamente sproporzionata, tenuto conto anche della sua
irrazionalita', irragionevolezza e arbitrarieta'. Nel caso in esame,
infatti, non sussisterebbero i presupposti di necessita' e idoneita'
della misura adottata, in termini anche di sua minore invasivita' nei
confronti di contrapposti diritti ed interessi, rispetto al
perseguimento di obiettivi di - asserita - tutela del territorio
agrario.
15. All'udienza pubblica del 18 giugno 2025 il Collegio ha
chiesto alla parte ricorrente, in considerazione delle gia' sollevate
questioni di legittimita' costituzionale riguardanti l'art. 5 del
decreto-legge n. 63/2024 (cfr., tra le altre, Tribunale
amministrativo regionale del Lazio - Roma, III, numeri 9162, 9163 e
9164 del 2025), se intendesse a interloquire nel giudizio innanzi
alla Corte costituzionale e la parte ha manifestato il proprio
interesse in tal senso.
16. Alla luce di quanto sopra, il Collegio reputa necessario
sospendere il presente giudizio onde suscitare il controllo
incidentale di costituzionalita' sulle questioni indicate nel
prosieguo.
17. L'art. 5, comma 1, decreto-legge n. 63/2024 ha introdotto il
comma 1-bis all'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, il quale
stabilisce che «L'installazione degli impianti fotovoltaici con
moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani
urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree di cui
alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica,
rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti
gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area
occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e
quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate,
nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero
ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8
del presente articolo. Il primo periodo non si applica nel caso di
progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a
terra finalizzati alla costituzione di una comunita' energetica
rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del presente decreto nonche' in
caso di progetti attuativi delle altre misure di investimento del
Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), approvato con
decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come modificato
con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e del Piano
nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC) di cui
all'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito, con
modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di progetti
necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR».
18. Il successivo comma 2 ha previsto che tale disciplina non si
applichi «ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del
presente decreto [16 maggio 2024], sia stata avviata almeno una delle
procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale,
necessarie all'ottenimento dei titoli per la costruzione e
l'esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia
stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi».
19. Parte ricorrente allega di aver presentato un'iniziativa che
viene incisa dalla richiamata disciplina, per la quale sono gia'
stati sostenuti i costi necessari all'elaborazione della soluzione di
connessione alla rete ma non e' stata avviata nessuna delle procedure
amministrative necessarie all'ottenimento dei titoli autorizzativi
entro il termine di cui all'art. 5, comma 2, decreto-legge n.
63/2024. Il progetto e', pertanto, assoggettato al divieto di cui
all'art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n. 199/2021.
20. Il decreto impugnato prevede, all'art. 1, comma 2, che le
regioni individuino sul rispettivo territorio, tra l'altro, le «aree
in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra», definite come «le aree agricole per le quali vige
il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli a
terra ai sensi dell'art. 20, comma 1-bis, del decreto legislativo 8
novembre 2021, n. 199».
21. Diversamente da quanto ritenuto dalla difesa erariale, tale
previsione costituisce senz'altro strumento di attuazione, per quanto
del tutto vincolato nel contenuto, della norma primaria. Va rilevato,
infatti, che il comma 1-bis dell'art. 20 del decreto legislativo n.
199/2021 definisce il perimetro delle aree agricole in cui e'
consentita l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra facendo riferimento alla classificazione delle aree
idonee come prevista dal comma 8 del medesimo art. 20 nelle more
dell'adozione della disciplina di cui al comma 1. In tale contesto,
il decreto ministeriale ribadisce che il divieto previsto dal comma
1-bis si applica anche nel nuovo quadro regolatorio e vincola la
potesta' legislativa regionale: ai sensi dell'art. 3, comma 1,
infatti, le regioni sono chiamate a individuare con legge, entro
centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, le
aree di cui all'art. 1, comma 2, e, quindi, anche quelle in cui e'
vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati
a terra.
22. Il decreto impugnato costituisce anche l'unico atto
amministrativo che interviene nel processo di implementazione del
divieto, atteso che:
esso e' stabilito direttamente dalla legge statale;
secondo quanto previsto dal decreto, l'individuazione delle
aree in questione avviene con legge regionale;
le aree cosi' individuate non sono «non idonee», ma
assolutamente vietate, con la conseguenza che e' finanche preclusa la
valutazione, nel singolo procedimento, della compatibilita'
dell'intervento con i valori confliggenti.
23. Va allora richiamato il consolidato orientamento
giurisprudenziale secondo il quale «un atto generale [...] e'
immediatamente impugnabile quando incide senz'altro - senza la
necessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui
comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17
marzo 2022, n. 1937). Nel caso di specie l'incidenza sui
comportamenti degli operatori e' indubbia, derivando dal divieto
cosi' previsto l'incondizionata preclusione agli interventi di nuova
installazione sulle aree indicate dall'art. 20, comma 1-bis, decreto
legislativo n. 199/2021, come pure degli interventi di modifica,
rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti
gia' installati che non siano collocati nelle aree di cui alla
lettera dell'art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e che
comportino un incremento dell'area occupata.
Sull'impossibilita' di interpretare l'art. 5 del decreto-legge n.
63/2024 in modo conforme a Costituzione.
24. La proposizione dell'incidente di costituzionalita' non puo'
essere ovviata tramite un'interpretazione conforme a Costituzione del
decreto-legge n. 63/2024.
25. L'ambito del regime preclusivo introdotto dalla norma va
ricostruito a partire dal «significato proprio delle parole secondo
la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore» (art. 12,
comma 1, disp. prel. del codice civile).
26. L'art. 20, comma 1-bis, decreto legislativo n. 199/2021
stabilisce che «L'installazione degli impianti fotovoltaici con
moduli collocati a terra, in zone classificate agricole dai piani
urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente nelle aree di cui
alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica,
rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti
gia' installati, a condizione che non comportino incremento dell'area
occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino ambientale e
quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate,
nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero
ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter), numeri 2) e 3), del comma 8
del presente articolo».
27. Il tenore letterale della disposizione non lascia spazio a
dubbi circa la portata del divieto: l'avverbio «esclusivamente» sta
chiaramente ad indicare che al di fuori delle ipotesi specificamente
previste non e' in nessun modo possibile realizzare questa specifica
tipologia di impianti in aree agricole. Cio', peraltro, e' coerente
con l'interpretazione finalistica, avendo il divieto la funzione di
fronteggiare la «straordinaria necessita' e urgenza di contrastare il
fenomeno del consumo del suolo a vocazione agricola».
28. Non e' possibile interpretare la disposizione censurata nel
senso che il legislatore abbia inteso introdurre, piu' limitatamente,
una nuova fattispecie di area non idonea, tale da consentire, in
seguito ad apposita istruttoria, l'eventuale superamento del divieto,
in quanto una simile interpretazione contrasterebbe con il chiaro
tenore letterale e la finalita' perseguita dal legislatore, che ha
inteso consentire l'utilizzo delle aree agricole per gli impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra esclusivamente nei limiti
di cui al citato art. 5. D'altra parte, il concetto di area non
idonea e' legato all'individuazione di specifiche incompatibilita' di
determinate tipologie di impianti con le aree interessate, mentre
l'estesissima portata del divieto introdotto dal decreto-legge n.
63/2024, legato alla mera classificazione urbanistica del territorio,
rende evidente che si e' in presenza di un fattore preclusivo a ogni
intervento, piuttosto che a un criterio di esercizio della
discrezionalita' amministrativa.
29. Al riguardo, non si puo', inoltre, fare a meno di osservare
che:
«la lettera della norma costituisce il limite cui deve
arrestarsi anche l'interpretazione costituzionalmente orientata
dovendo, infatti, essere sollevato l'incidente di costituzionalita'
ogni qual volta l'opzione ermeneutica supposta conforme a
Costituzione sia incongrua rispetto al tenore letterale della norma
stessa» (Cass., S.U., 1° giugno 2021, n. 15177). Nel caso di specie,
la ricorrente vorrebbe proporre la realizzazione di un progetto che
rientra pacificamente tra quelli oggetto del divieto;
l'ampiezza del divieto introdotto con l'art. 5 del
decreto-legge n. 63/2024, che si risolve nella preclusione assoluta
di realizzare impianti con moduli collocati a terra sull'intero
territorio nazionale, induce a ritenere che l'obiettivo perseguito
dal legislatore fosse quello di contrastare la sia pur minima
riduzione del territorio a vocazione agricola per l'effetto
dell'installazione di impianti fotovoltaici. Un'interpretazione che
consentisse comunque di realizzare tali interventi a seguito di
apposita istruttoria si porrebbe in frontale contrasto con tale
obiettivo, quale chiaramente emergente dai presupposti e dall'oggetto
dell'enunciato normativo, operazione che non puo' in alcun modo
ritenersi consentita all'interprete.
Sulla rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024
30. Dall'acclarata impercorribilita' di un'interpretazione
dell'enunciato normativo integralmente satisfattivo per la parte
ricorrente deriva la rilevanza delle questioni di legittimita'
costituzionale prospettate nel ricorso.
31. Si e' gia' osservato che il comma 1-bis dell'art. 20 del
decreto legislativo n. 199/2021 definisce il perimetro delle aree
agricole in cui e' consentita l'installazione di impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra facendo riferimento alla
classificazione delle aree idonee come prevista dal comma 8 del
medesimo art. 20 nelle more dell'adozione della disciplina di cui al
comma 1. In tale contesto, il decreto ministeriale ribadisce che il
divieto previsto dal comma 1-bis si applica anche nel nuovo quadro
regolatorio e vincola la potesta' legislativa regionale: ai sensi
dell'art. 3, comma 1, infatti, le regioni sono chiamate a individuare
con legge, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore
del decreto, le aree di cui all'art. 1, comma 2, e, quindi, anche
quelle in cui e' vietata l'installazione di impianti fotovoltaici con
moduli collocati a terra.
32. Si e' anche osservato che il decreto impugnato costituisce
l'unico atto amministrativo che interviene nel processo di
implementazione del divieto, atteso che:
esso e' stabilito direttamente dalla legge statale;
secondo quanto previsto dal decreto, l'individuazione delle
aree in questione avviene con legge regionale;
le aree cosi' individuate non sono «non idonee», ma
assolutamente vietate, con la conseguenza che e' finanche preclusa la
valutazione, nel singolo procedimento, della compatibilita'
dell'intervento con i valori confliggenti.
33. E' stato quindi richiamato il consolidato orientamento
giurisprudenziale secondo il quale «un atto generale [...] e'
immediatamente impugnabile quando incide senz'altro - senza la
necessaria intermediazione di provvedimenti applicativi - sui
comportamenti e sulle scelte dei suoi destinatari» (Cons. St., IV, 17
marzo 2022, n. 1937), rilevandosi che nel caso di specie l'incidenza
sui comportamenti degli operatori e' indubbia, derivando dal divieto
cosi' previsto l'incondizionata preclusione agli interventi di nuova
installazione sulle aree indicate dall'art. 20, comma 1-bis, decreto
legislativo n. 199/2021, come pure degli interventi di modifica,
rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti
gia' installati che non siano collocati nelle aree di cui alla
lettera dell'art. 20, comma 8, decreto legislativo n. 199/2021 e che
comportino un incremento dell'area occupata.
34. Il decreto impugnato replica, quindi, il divieto sancito
dalla norma primaria, demandando alla legge regionale la sua
pedissequa trasposizione, che determina ex se l'impossibilita' di
condurre in porto i progetti menzionati. La perdurante vigenza e
validita' della norma primaria impedisce qualsivoglia intervento
demolitorio da parte del Collegio, recando il decreto una previsione
del tutto conforme a legge.
35. In mancanza della declaratoria di incostituzionalita'
dell'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, la domanda di
annullamento dell'art. 1 del decreto ministeriale, per la parte di
interesse, dovrebbe essere rigettata.
36. Viceversa, laddove la norma incriminata fosse dichiarata
incostituzionale, l'art. 1, comma 2, lettera d), del decreto dovrebbe
essere annullato, ponendo a quel punto un divieto generalizzato che
nessuna norma primaria contemplerebbe o autorizzerebbe e che, per le
ragioni che saranno illustrate, collide con il principio di massima
diffusione delle energie rinnovabili, quale desumibile dal diritto
dell'Unione, dando peraltro luogo a una disciplina che non supera lo
scrutinio di proporzionalita' e ragionevolezza.
Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalita'
dell'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024
37. Con le censure sviluppate nel ricorso la parte ricorrente ha
dedotto, tra l'altro, la violazione del quadro normativo
eurounitario, del principio di massima diffusione delle fonti
rinnovabili, del principio dello sviluppo sostenibile. Il Collegio
ritiene che dette questioni, nei termini sviluppati di seguito, siano
non manifestamente infondate.
38. In primo luogo, il Collegio ritiene che la disciplina
censurata presenti profili di contrasto con gli articoli 11 e 117,
comma 1, Cost., sotto il profilo del mancato rispetto «dei vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario» e, in particolare, del
principio di massima diffusione delle fonti di energia rinnovabili,
derivante dalla normativa europea.
39. Occorre al riguardo ricordare, anzitutto, che ai sensi
dell'art. 3, par. 5, TUE, «Nelle relazioni con il resto del mondo
l'Unione afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo
alla protezione dei suoi cittadini» A tal fine essa «Contribuisce
[...] allo sviluppo sostenibile della Terra».
40. L'art. 6, par. 1 TUE precisa che «L'Unione riconosce i
diritti, le liberta' e i principi sanciti nella Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12
dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei
trattati». Ai sensi dell'art. 37 della Carta, «Un livello elevato di
tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualita' devono
essere integrati nelle politiche dell'Unione e garantiti
conformemente al principio dello sviluppo sostenibile».
41. L'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea
esprime la medesima esigenza sancendo che «Le esigenze connesse con
la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e
nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare
nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile» (c.d.
principio di integrazione).
42. Secondo l'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, «La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce
a perseguire i seguenti obiettivi:
salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita'
dell'ambiente;
protezione della salute umana;
utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
promozione sul piano internazionale di misure destinate a
risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e,
in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.
2. La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un
elevato livello di tutela, tenendo conto della diversita' delle
situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa e' fondata sui
principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio
della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati
all'ambiente, nonche' sul principio "chi inquina paga"».
43. Ai sensi dell'art. 192, par. 1 del Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea, «Il Parlamento europeo e il Consiglio,
deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e previa
consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato delle
regioni, decidono in merito alle azioni che devono essere intraprese
dall'Unione per realizzare gli obiettivi dell'art. 191».
44. L'art. 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea
stabilisce, a sua volta, che «Nel quadro dell'instaurazione o del
funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell'esigenza di
preservare e migliorare l'ambiente, la politica dell'Unione nel
settore dell'energia e' intesa, in uno spirito di solidarieta' tra
Stati membri, a [...] promuovere il risparmio energetico,
l'efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e
rinnovabili».
45. Protezione dell'ambiente e promozione delle c.d. energie
rinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. Come
si ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, l'uso di
fonti di energia rinnovabili per la produzione di elettricita' e'
utile alla tutela dell'ambiente in quanto contribuisce alla riduzione
delle emissioni di gas a effetto serra che compaiono tra le
principali cause dei cambiamenti climatici che l'Unione europea e i
suoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L'incremento della
quota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli elementi
portanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni
e conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche' agli altri impegni
assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle
emissioni dei gas a effetto serra. Cio', peraltro, e' funzionale
anche alla tutela della salute e della vita delle persone e degli
animali, nonche' alla preservazione dei vegetali (cfr. le sentenze 1°
luglio 2014, C- 573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.).
46. La Corte di giustizia ha peraltro precisato che l'art. 191
del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea si limita a
definire gli obiettivi generali dell'Unione in materia ambientale,
mentre l'art. 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea
affida al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea il
compito di decidere le azioni da avviare al fine del raggiungimento
di detti obiettivi. Di conseguenza, l'art. 191 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea non puo' essere invocato in quanto
tale dai privati al fine di escludere l'applicazione di una normativa
nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale
quando non sia applicabile nessuna normativa dell'Unione adottata in
base all'art. 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
viceversa, l'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea assume rilevanza allorquando esso trovi attuazione nel
diritto derivato (cfr. CGUE, sentenza 4 marzo 2015, C-534/13, 39
ss.).
47. Disposizioni sulla promozione dell'energia elettrica da fonti
energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell'art. 175 TCE (ora
192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea), sono state
introdotte gia' con la direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 27 settembre 2001 e, successivamente, con la
direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 23
aprile 2009.
48. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del
Consiglio dell'11 dicembre 2018 si e' proceduto alla rifusione e alla
modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel
dettare la relativa disciplina e' stato considerato, tra l'altro,
che:
«[...]
(2) Ai sensi dell'art. 194, paragrafo 1, del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la promozione delle forme
di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della
politica energetica dell'Unione. Tale obiettivo e' perseguito dalla
presente direttiva. Il maggiore ricorso all'energia da fonti
rinnovabili o all'energia rinnovabile costituisce una parte
importante del pacchetto di misure necessarie per ridurre le
emissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni
dell'Unione nel quadro dell'accordo di Parigi del 2015 sui
cambiamenti climatici, a seguito della 21a Conferenza delle parti
della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici ("accordo di Parigi"), e il quadro per le politiche
dell'energia e del clima all'orizzonte 2030, compreso l'obiettivo
vincolante dell'Unione di ridurre le emissioni di almeno il 40 %
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L'obiettivo vincolante in
materia di energie rinnovabili a livello dell'Unione per il 2030 e i
contributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote di
riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi nazionali generali
per il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per
la politica energetica e ambientale dell'Unione [...].
(3) Il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili puo'
svolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la
sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire
un'energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo
tecnologico e l'innovazione, oltre alla leadership tecnologica e
industriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e
sanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo
regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o
nei territori a bassa densita' demografica o soggetti a parziale
deindustrializzazione.
(4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i
maggiori progressi tecnologici, gli incentivi all'uso e alla
diffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie
energeticamente efficienti e la promozione dell'utilizzo di energia
rinnovabile nei settori dell'energia elettrica, del riscaldamento e
del raffrescamento, cosi' come in quello dei trasporti sono strumenti
molto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per
ridurre le emissioni a effetto serra nell'Unione e la sua dipendenza
energetica.
(5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo
per la promozione dell'utilizzo di energia da fonti rinnovabili che
fissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia
rinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da
raggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22
gennaio 2014, intitolata "Quadro per le politiche dell'energia e del
clima per il periodo dal 2020 al 2030" ha definito un quadro per le
future politiche dell'Unione nei settori dell'energia e del clima e
ha promosso un'intesa comune sulle modalita' per sviluppare dette
politiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo
dell'Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell'Unione
pari ad almeno il 27 % entro il 2030. Tale proposta e' stata
sostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre
2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare
i propri obiettivi nazionali piu' ambiziosi, per realizzare i
contributi all'obiettivo dell'Unione per il 2030 da essi pianificati
e andare oltre.
(6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio
2014, "Un quadro per le politiche dell'energia e del clima
all'orizzonte 2030", e del 23 giugno 2016, "I progressi compiuti
nell'ambito delle energie rinnovabili", si e' spinto oltre la
proposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio,
sottolineando che, alla luce dell'accordo di Parigi e delle recenti
riduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile
essere molto piu' ambiziosi.
[...]
(8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo
vincolante dell'Unione in relazione alla quota di energia da fonti
rinnovabili pari almeno al 32 %. Inoltre, la Commissione dovrebbe
valutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce
di sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia
rinnovabile, degli impegni internazionali dell'Unione a favore della
decarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo
energetico nell'Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro
contributo al conseguimento di tale obiettivo nell'ambito dei
rispettivi piani nazionali integrati per l'energia e il clima in
applicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)
2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio.
[...]
(10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati
conseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi
nazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il
contributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030. In
nessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili dovrebbero
scendere al di sotto di tali contributi. [...].
(11) Gli Stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure
qualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non
permettesse di mantenere la traiettoria dell'Unione verso l'obiettivo
di almeno il 32 % di energie rinnovabili. Come stabilito nel
regolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali
integrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente
livello di ambizione, la Commissione puo' adottare misure a livello
dell'Unione per assicurare il conseguimento dell'obiettivo. Se, nel
valutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull'energia e
il clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la
realizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero applicare
le misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale
lacuna».
49. Le richiamate rationes hanno condotto a introdurre, tra
l'altro, un obiettivo vincolante complessivo dell'Unione per il 2030
(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a far
si' che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale
lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32 %. La
Commissione valuta tale obiettivo al fine di presentare, entro il
2023, una proposta legislativa intesa a rialzarlo nel caso di
ulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia
rinnovabile, se risulta necessario per rispettare gli impegni
internazionali dell'Unione a favore della decarbonizzazione o se il
rialzo e' giustificato da un significativo calo del consumo
energetico nell'Unione», con la precisazione che «Se, sulla base
della valutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per
l'energia e il clima, presentati ai sensi dell'art. 9 del regolamento
(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali
degli Stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente
l'obiettivo vincolante complessivo dell'Unione, la Commissione segue
la procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento».
50. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell'art. 192 del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ha istituito un
quadro per il conseguimento della neutralita' climatica, nel
presupposto che:
«(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici
richiede una maggiore ambizione e un'intensificazione dell'azione per
il clima da parte dell'Unione e degli Stati membri. L'Unione si e'
impegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti
climatici e a dare attuazione all'accordo di Parigi adottato
nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici ("accordo di Parigi"), guidata dai suoi
principi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche
disponibili, nel contesto dell'obiettivo a lungo termine relativo
alla temperatura previsto dall'accordo di Parigi.
[...]
(4) Un obiettivo stabile a lungo termine e' fondamentale per
contribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione
di posti di lavoro di alta qualita', alla crescita sostenibile e al
conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni
Unite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto
di vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi
l'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'accordo di Parigi.
[...]
(9) L'azione per il clima dell'Unione e degli Stati membri
mira a tutelare le persone e il pianeta, il benessere, la
prosperita', l'economia, la salute, i sistemi alimentari,
l'integrita' degli ecosistemi e la biodiversita' contro la minaccia
dei cambiamenti climatici, nel contesto dell'agenda 2030 delle
Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli
obiettivi dell'accordo di Parigi; mira inoltre a massimizzare la
prosperita' entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza e
ridurre la vulnerabilita' della societa' ai cambiamenti climatici. In
quest'ottica, le azioni dell'Unione e degli Stati membri dovrebbero
essere guidate dal principio di precauzione e dal principio "chi
inquina paga", istituiti dal trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell'efficienza
energetica al primo posto e del principio del "non nuocere" del Green
Deal europeo.
[...]
(11) Vista l'importanza della produzione e del consumo di
energia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e'
indispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico
sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione
delle energie rinnovabili, su un mercato interno dell'energia ben
funzionante e sul miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo
nel contempo la poverta' energetica. Anche la trasformazione
digitale, l'innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono
fattori importanti per conseguire l'obiettivo della neutralita'
climatica.
[...]
(20) L'Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050,
un equilibrio all'interno dell'Unione tra le emissioni antropogeniche
dalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a
effetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno,
raggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe
comprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a
livello dell'Unione regolamentati nel diritto dell'Unione. [...]
[...]
(25) La transizione verso la neutralita' climatica presuppone
cambiamenti nell'intero spettro delle politiche e uno sforzo
collettivo di tutti i settori dell'economia e della societa', come
evidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle
conclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le
normative e politiche pertinenti dell'Unione devono essere coerenti
con il conseguimento dell'obiettivo della neutralita' climatica e
contribuirvi, nel rispetto della parita' di condizioni, e ha invitato
la Commissione a valutare se cio' richieda un adeguamento delle norme
vigenti.
[...]
(36) Al fine di garantire che l'Unione e gli Stati membri
restino sulla buona strada per conseguire l'obiettivo della
neutralita' climatica e registrino progressi nell'adattamento, e'
opportuno che la Commissione valuti periodicamente i progressi
compiuti, sulla base delle informazioni di cui al presente
regolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma
del regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi
collettivi compiuti dagli Stati membri rispetto all'obiettivo della
neutralita' climatica o all'adattamento siano insufficienti o che le
misure dell'Unione siano incoerenti con l'obiettivo della neutralita'
climatica o inadeguate per migliorare la capacita' di adattamento,
rafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita', la Commissione
dovrebbe adottare le misure necessarie conformemente ai trattati.
[...]
51. Il Regolamento ha quindi sancito (art. 1) «l'obiettivo
vincolante della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050, in
vista dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell'accordo di Parigi»,
precisando che, onde conseguire tale obiettivo, «il traguardo
vincolante dell'Unione in materia di clima per il 2030 consiste in
una riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra
(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai
livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4).
52. Ai sensi dell'art. 5 del regolamento, «Le istituzioni
competenti dell'Unione e gli Stati membri assicurano il costante
progresso nel miglioramento della capacita' di adattamento, nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7 dell'accordo di
Parigi», garantendo inoltre che «le politiche in materia di
adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano coerenti, si
sostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le
politiche settoriali e si adoperino per integrare meglio
l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di
intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione». A tal fine, «Gli Stati membri adottano e attuano
strategie e piani nazionali di adattamento, tenendo conto della
strategia dell'Unione sull'adattamento ai cambiamenti climatici [...]
e fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti climatici e
di vulnerabilita', sulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli
indicatori, e basandosi sulle migliori e piu' recenti evidenze
scientifiche disponibili. Nelle loro strategie nazionali di
adattamento, gli Stati membri tengono conto della particolare
vulnerabilita' dei pertinenti settori, tra cui l'agricoltura, e dei
sistemi idrici e alimentari nonche' della sicurezza alimentare, e
promuovono soluzioni basate sulla natura e l'adattamento basato sugli
ecosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e
includono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono
tenuti a presentare a norma dell'art. 19, paragrafo 1, del
regolamento (UE) 2018/1999».
53. La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l'altro,
disposizioni volte a modificare la direttiva (UE) 2018/2001, il
regolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto
riguarda la promozione dell'energia da fonti rinnovabili,
evidenziando che:
«[...]
(2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel
conseguimento di tali obiettivi, dato che il settore energetico
contribuisce attualmente per oltre il 75 % alle emissioni totali di
gas a effetto serra nell'Unione. Riducendo tali emissioni di gas a
effetto serra, le energie rinnovabili possono anche contribuire ad
affrontare sfide ambientali come la perdita di biodiversita', e a
ridurre l'inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione
della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo "Un percorso verso
un pianeta piu' sano per tutti - Piano d'azione dell'UE: Verso
l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e il suolo". La transizione
verde verso un'economia basata sulle energie da fonti rinnovabili
contribuira' a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591
del Parlamento europeo e del Consiglio, che mira altresi' a
proteggere, ripristinare e migliorare lo stato dell'ambiente,
mediante, tra l'altro, l'interruzione e l'inversione del processo di
perdita di biodiversita'. [...].
(4) Il contesto generale determinato dall'invasione
dell'Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di
COVID-19 ha provocato un'impennata dei prezzi dell'energia
nell'intera Unione, evidenziando in tal modo la necessita' di
accelerare l'efficienza energetica e accrescere l'uso delle energie
da fonti rinnovabili nell'Unione. Al fine di conseguire l'obiettivo a
lungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi terzi,
l'Unione dovrebbe concentrarsi sull'accelerazione della transizione
verde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione delle
emissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili
fossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e
le imprese dell'Unione in tutti i settori dell'economia.
(5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della
Commissione del 18 maggio 2022 ("piano REPowerEU") mira a rendere
l'Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del
2030. Tale comunicazione prevede l'anticipazione delle capacita'
eolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale
energia e capacita' supplementari di energia da fonti rinnovabili
entro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili
rinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori
a valutare la possibilita' di innalzare o anticipare gli obiettivi
fissati per l'aumento della quota di energia rinnovabile nel mix
energetico. [...] Al di la' di tale livello obbligatorio, gli Stati
membri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente
l'obiettivo complessivo dell'Unione del 45 % di energia da fonti
rinnovabili, in linea con il piano REPowerEU.
(6) [...] E' auspicabile che gli Stati membri possano
combinare diverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire
l'obiettivo dell'Unione di raggiungere la neutralita' climatica entro
il 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e
della struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di
realizzare tale obiettivo, la diffusione dell'energia rinnovabile nel
quadro del piu' elevato obiettivo generale vincolante dell'Unione
dovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione
che comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che
gli Stati membri decidono di perseguire.
[...]
(25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere una piu' rapida
diffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando
una mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili
e per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti
locali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare le zone
terrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e
marine necessarie per l'installazione degli impianti di produzione di
energia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di
apportare almeno i rispettivi contributi nazionali all'obiettivo
complessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per
il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)
2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell'obiettivo della
neutralita' climatica entro e non oltre il 2050, in conformita' del
regolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli Stati membri dovrebbero
garantire che le zone in questione riflettano le rispettive
traiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e
dovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di
tecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro
piani nazionali integrati per l'energia e il clima presentati a norma
degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999.
[...].
(26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme
di tali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e
sottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di
accelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere
particolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia
di energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia,
sulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia
da fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale
significativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le
energie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero evitare le zone
protette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune
misure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero poter designare
zone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per
uno o piu' tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e
dovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili
adatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Gli Stati membri dovrebbero designare tali zone di
accelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di
tecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per
le energie rinnovabili, alla luce delle specificita' e dei requisiti
del tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di
accelerazione per le energie rinnovabili. Cosi' facendo, gli Stati
membri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate
di tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento
degli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001.
(27) L'uso polivalente dello spazio per la produzione di
energia rinnovabile e per altre attivita' terrestri, delle acque
interne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il
ripristino della natura, allentano i vincoli d'uso del suolo, delle
acque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione
territoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui
individuare e orientare precocemente le sinergie per l'uso del suolo,
delle acque interne e del mare. Gli Stati membri dovrebbero
esplorare, consentire e favorire l'uso polivalente delle zone
individuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali
adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri agevolino,
ove necessario, i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare, purche'
i diversi usi e attivita' siano compatibili tra di loro e possano
coesistere.
[...]
(36) In considerazione della necessita' di accelerare la
diffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle
zone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe
impedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia
rinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi
progetti dovrebbero continuare a sottostare all'obbligo di
valutazione specifica dell'impatto ambientale a norma della direttiva
2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle
autorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia
rinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle
autorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l'obiettivo di
energia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche
le procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti
fuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili
dovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso
l'introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della
procedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni
ambientali specifiche per ciascun progetto.
54. In ragione delle considerazioni sopra richiamate, la
direttiva ha introdotto, tra l'altro, disposizioni in materia di
mappatura delle zone necessarie per i contributi nazionali
all'obiettivo complessivo dell'Unione di energia rinnovabile per il
2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche' di
procedure amministrative per il rilascio delle relative
autorizzazioni.
55. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del
Consiglio dell'11 dicembre 2018, adottato sulla base degli articoli
192 e 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
stabilisce la necessaria base legislativa per una governance
dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima affidabile,
inclusiva, efficace sotto il profilo dei costi, trasparente e
prevedibile che garantisca il conseguimento degli obiettivi e dei
traguardi a lungo termine fino al 2030 dell'Unione dell'energia, in
linea con l'accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici
derivante dalla 21a Conferenza delle parti alla Convenzione quadro
delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, attraverso sforzi
complementari, coerenti e ambiziosi da parte dell'Unione e degli
Stati membri, limitando la complessita' amministrativa.
56. Nel configurare tale meccanismo e' stato considerato, in
particolare, che:
(2) L'Unione dell'energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:
la sicurezza energetica; il mercato interno dell'energia;
l'efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la
ricerca, l'innovazione e la competitivita'.
(3) L'obiettivo di un'Unione dell'energia resiliente e
articolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e' di
fornire ai consumatori dell'UE - comprese famiglie e imprese -
energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di
promuovere la ricerca e l'innovazione attraendo investimenti; cio'
richiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo.
Tale trasformazione e' inoltre strettamente connessa alla necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse
naturali, in particolare promuovendo l'efficienza energetica e i
risparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile
[...].
[...]
(7) L'obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il
40 % delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico
entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e' stato formalmente
approvato in occasione del Consiglio "Ambiente" del 6 marzo 2015,
quale contributo previsto determinato a livello nazionale,
dell'Unione e dei suoi Stati membri all'accordo di Parigi. L'accordo
di Parigi e' stato ratificato dall'Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e'
entrato in vigore il 4 novembre 2016; sostituisce l'approccio
adottato nell'ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che e' stato
approvato dall'Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio
(7) e che non sara' prorogato dopo il 2020. E' opportuno aggiornare
di conseguenza il sistema dell'Unione per il monitoraggio e la
comunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto
serra.
(8) L'accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione
globale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e
stabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l'obiettivo di
mantenere l'aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto
di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad
adoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5 °C
rispetto ai livelli preindustriali.
[...]
(12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il
Consiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di
governance affidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi
superflui e con una sufficiente flessibilita' per gli Stati membri
per contribuire a garantire che l'Unione rispetti i suoi obiettivi di
politica energetica, nel pieno rispetto della liberta' degli Stati
membri di stabilire il proprio mix energetico [...]
[...]
(18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance
dovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli
obiettivi dell'Unione dell'energia, in particolare gli obiettivi del
quadro 2030 per il clima e l'energia, nei settori della riduzione
delle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia
rinnovabili e dell'efficienza energetica. Tali obiettivi derivano
dalla politica dell'Unione in materia di energia e dalla necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse
naturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi,
tra loro inscindibili, puo' essere considerato secondario rispetto
all'altro. Il presente regolamento e' quindi legato alla legislazione
settoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia
e di clima. Gli Stati membri devono poter scegliere in modo
flessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze
nazionali e al loro mix energetico, purche' tale flessibilita' sia
compatibile con l'ulteriore integrazione del mercato,
l'intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli
obiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a
un'economia sostenibile a basse emissioni di carbonio.
[...]
(36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo
termine con una prospettiva di almeno trenta anni per contribuire al
conseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell'UNFCCC e
all'accordo di Parigi, nel contesto dell'obiettivo dell'accordo di
Parigi di mantenere l'aumento della temperatura media mondiale ben al
di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per
limitare tale aumento a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali
nonche' delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a
effetto serra e dell'aumento dell'assorbimento dai pozzi in tutti i
settori in linea con l'obiettivo dell'Unione [...].
(56) Se l'ambizione dei piani nazionali integrati per
l'energia e il clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente
per il raggiungimento collettivo degli obiettivi dell'Unione
dell'energia e, nel primo periodo, in particolare per il
raggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile
e di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a
livello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di
tali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali "divari di
ambizione"). Qualora i progressi dell'Unione verso tali obiettivi e
traguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la
Commissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre
misure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure
gli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire
il raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi' eventuali
«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero altresi' tenere
conto degli sforzi pregressi dagli Stati membri per raggiungere
l'obiettivo 2030 relativo all'energia rinnovabile ottenendo, nel 2020
o prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili
superiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando
progressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il
2020 o nell'attuazione del loro contributo all'obiettivo vincolante
dell'Unione di almeno il 32 % di energia rinnovabile nel 2030. In
materia di energia rinnovabile, le misure possono includere anche
contributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati a un
meccanismo di finanziamento dell'energia rinnovabile nell'Unione
gestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti
sull'energia rinnovabile piu' efficienti in termini di costi in tutta
l'Unione, offrendo cosi' agli Stati membri la possibilita' di
contribuire al conseguimento dell'obiettivo dell'Unione al minor
costo possibile. Gli obiettivi degli Stati membri in materia di
rinnovabili per il 2020 dovrebbero servire come quota base di
riferimento di energia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero
essere mantenuti per tutto il periodo. In materia di efficienza
energetica, le misure aggiuntive possono mirare soprattutto a
migliorare l'efficienza di prodotti, edifici e trasporti.
(57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di
energia rinnovabile per il 2020, di cui all'allegato I della
direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,
dovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria
indicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno
Stato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza
piu' elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una
quota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della
direttiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota
di energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia
di ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota
base di riferimento.
(58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di
riferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe
adottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario
rispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente
adottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare
il divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai
requisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento
in cui il divario in questione si e' verificato, sia ai sensi del
presente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]».
57. Il meccanismo di governance si e' tradotto, tra l'altro,
nelle seguenti previsioni (come aggiornate con la direttiva (UE)
2023/2413):
«Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e
successivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla
Commissione un piano nazionale integrato per l'energia e il clima
[...]» (art. 3);
«Ciascuno Stato membro definisce nel suo piano nazionale
integrato per l'energia e il clima i principali obiettivi, traguardi
e contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all'allegato I,
sezione A, punto 2:
a) dimensione "decarbonizzazione":
[...]
2) per quanto riguarda l'energia rinnovabile:
al fine di conseguire l'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota
di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1,
della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota
dello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo
di energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue
una traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa
raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18% dell'aumento
totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l'obiettivo
nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il
suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria
indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43%
dell'aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra
l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro
interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2027, la
traiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad
almeno il 65% dell'aumento totale della quota di energia da fonti
rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello
Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030.
Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere
almeno il contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro
prevede di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il
2020, la sua traiettoria indicativa puo' iniziare al livello che si
aspetta di raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,
nel loro insieme, concorrono al raggiungimento dei punti di
riferimento dell'Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all'obiettivo
vincolante dell'Unione per la quota di energia rinnovabile per il
2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001.
Indipendentemente dal suo contributo all'obiettivo dell'Unione e
dalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento,
uno Stato membro e' libero di stabilire obiettivi piu' ambiziosi per
finalita' di politica nazionale» (art. 4);
«Nel proprio contributo alla propria quota di energia da
fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e
dell'ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi
di cui all'art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene
conto degli elementi seguenti:
a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001;
b) misure adottate per conseguire il traguardo di
efficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE;
c) altre misure esistenti volte a promuovere l'energia
rinnovabile nello Stato membro e, ove pertinente, a livello di
Unione;
d) l'obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da
fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui
all'allegato I della direttiva (EU) 2018/2001.
e) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione
dell'energia rinnovabile, quali:
i) l'equa distribuzione della diffusione nell'Unione;
ii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL pro
capite;
iii) il potenziale per una diffusione delle energie rinnovabili
efficace sul piano dei costi;
iv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi quelli
delle zone e regioni non interconnesse;
v) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri;
vi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi
pregressi.
[...]
2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la somma
dei rispettivi contributi ammonti almeno all'obiettivo vincolante
dell'Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030
di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.
5);
«Se nel settore dell'energia rinnovabile, in base alla
valutazione di cui all'art. 29, paragrafi 1 e 2, la Commissione
conclude che uno o piu' punti di riferimento della traiettoria
indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all'art. 29,
paragrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,
2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti di
riferimento nazionali di cui all'art. 4, lettera a), punto 2,
provvedono all'attuazione di misure supplementari entro un anno dal
ricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il
divario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali:
a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione
dell'energia rinnovabile;
b) l'adeguamento della quota di energia da fonti
rinnovabili nel settore del riscaldamento e raffreddamento di cui
all'art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001;
c) l'adeguamento della quota di energia da fonti
rinnovabili nel settore dei trasporti di cui all'art. 25, paragrafo
1, della direttiva (UE) 2018/2001;
d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di
finanziamento dell'Unione per l'energia rinnovabile istituito a
livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da
fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla
Commissione, come indicato all'art. 33;
e) l'utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla
direttiva (UE) 2018/2001» (art. 32).
58. Il decreto legislativo n. 199/2021 costituisce «Attuazione
della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del
Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l'obiettivo di
accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando
disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza
con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico
al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050», definendo «gli
strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale,
finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli
obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili
al 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto
dei criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53», recando
«disposizioni necessarie all'attuazione delle misure del Piano
nazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia
di energia da fonti rinnovabili, conformemente al Piano nazionale
integrato per l'energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con la
finalita' di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,
gia' orientati all'aggiornamento degli obiettivi nazionali da
stabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si
prevede, per l'Unione europea, un obiettivo vincolante di riduzione
delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 percento
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030».
59. Come ripetutamente rilevato dalla giurisprudenza
costituzionale (ex multis, sentenze n. 121 del 2022, n. 77 del 2022,
n. 106 del 2020, n. 286 del 2019, n. 69 del 2018, n. 13 del 2014 e n.
44 del 2011), la normativa eurounitaria (nonche' quella nazionale) e'
ispirata nel suo insieme al principio fondamentale di massima
diffusione delle fonti di energia rinnovabili, che tra l'altro «trova
attuazione nella generale utilizzabilita' di tutti i terreni per
l'inserimento di tali impianti, con le eccezioni [...] ispirate alla
tutela di altri interessi costituzionalmente protetti» (Corte
costituzionale, sentenza n. 13 del 2014).
60. La disciplina originariamente contenuta nell'art. 20 del
decreto legislativo n. 199/2021, relativa all'individuazione delle
aree idonee e non idonee all'installazione degli impianti alimentati
da fonti rinnovabili, non prevedeva alcuna preclusione indiscriminata
rispetto all'utilizzo di terreni classificati agricoli.
61. Il comma 3 stabilisce, in effetti, che «nella definizione
della disciplina inerente le aree idonee, i decreti di cui al comma
1, tengono conto delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e
del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualita'
dell'aria e dei corpi idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici
di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi,
nonche' di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi
e logistica, e verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per
altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili».
Tale disposizione contempla bensi' un'esigenza di tutela delle aree
agricole, ma da un lato non pone alcuna preclusione assoluta e,
dall'altro, stabilisce chiaramente che le superfici agricole non
utilizzabile costituiscono, tra le altre, aree privilegiate per
l'installazione degli impianti.
62. Il comma 7 prevede, a sua volta, che «Le aree non incluse tra
le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee
all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile,
in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli
procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero
delle aree idonee».
63. Il comma 8, inoltre, nell'individuare transitoriamente le
aree idonee sino all'entrata in vigore della disciplina prevista dal
comma 1, vi include, «fatto salvo quanto previsto alle lettere a),
b), c), c-bis) e c-ter), le aree che non sono ricomprese nel
perimetro dei beni sottoposti a tutela ai sensi del decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, incluse le zone gravate da usi
civici di cui all'art. 142, comma 1, lettera h), del medesimo
decreto, ne' ricadono nella fascia di rispetto dei beni sottoposti a
tutela ai sensi della parte seconda oppure dell'art. 136 del medesimo
decreto legislativo».
64. Il nuovo comma 1-bis stravolge completamente l'assetto
previgente, prevedendo che «L'installazione degli impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra, in zone classificate
agricole dai piani urbanistici vigenti, e' consentita esclusivamente
nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per
modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli
impianti gia' installati, a condizione che non comportino incremento
dell'area occupata, c), incluse le cave gia' oggetto di ripristino
ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non
ripristinate, nonche' le discariche o i lotti di discarica chiusi
ovvero ripristinati, c-bis), c-bis.1) e c-ter, numeri 2) e 3), del
comma 8 del presente articolo. Il primo periodo non si applica nel
caso di progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunita'
energetica rinnovabile ai sensi dell'art. 31 del presente decreto
nonche' in caso di progetti attuativi delle altre misure di
investimento del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR),
approvato con decisione del Consiglio ECOFIN del 13 luglio 2021, come
modificato con decisione del Consiglio ECOFIN dell'8 dicembre 2023, e
del Piano nazionale per gli investimenti complementari al PNRR (PNC)
di cui all'art. 1 del decreto-legge 6 maggio 2021, n. 59, convertito,
con modificazioni, dalla legge 1° luglio 2021, n. 101, ovvero di
progetti necessari per il conseguimento degli obiettivi del PNRR».
65. In definitiva, in base alla norma introdotta dall'art. 5 del
decreto-legge n. 63/2024, gli impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra possono essere realizzati soltanto:
a) nei siti ove sono gia' installati impianti della stessa
fonte, nei limiti degli interventi di modifica, rifacimento,
potenziamento o ricostruzione, senza incremento dell'area occupata;
b) presso cave e miniere cessate, non recuperate o
abbandonate o in condizioni di degrado ambientale, o le porzioni di
cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento;
c) presso i siti e gli impianti nelle disponibilita' delle
societa' del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di
infrastrutture ferroviarie nonche' delle societa' concessionarie
autostradali;
d) presso i siti e gli impianti nella disponibilita' delle
societa' di gestione aeroportuale all'interno dei sedimi
aeroportuale;
e) nelle aree interne agli impianti industriali e agli
stabilimenti e in quelle classificate agricole racchiuse in un
perimetro i cui punti distino non piu' di 500 metri dal medesimo
impianto o stabilimento;
f) nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una
distanza non superiore a 300 metri.
66. Dalla richiamata elencazione si desume che, in sostanza, la
generalita' dei terreni classificati agricoli (circa la meta' della
superficie del Paese) e' preclusa a qualsiasi intervento di
installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra
che non che non consista nel mero rifacimento/modifica/ricostruzione,
con conseguente preclusione all'utilizzo di nuovo terreno agricolo.
67. Il divieto non riguarda i progetti attuativi di misure
finanziate con il PNRR o il PNC, che tuttavia non comprendono tutti i
progetti necessari al raggiungimento dei target previsti dal PNIEC,
che e' lo strumento previsto dalla normativa eurounitaria per
conseguire gli obiettivi vincolanti dell'Unione per la quota di
energia rinnovabile. Gia' tale circostanza evidenzia che un divieto
di tale portata rischia di mettere seriamente a rischio il
conseguimento di tali obiettivi, nella misura in cui sottrae una
larga porzione del territorio a ogni possibile utilizzo della
tecnologia fotovoltaica senza che ne siano prevedibili gli effetti in
ordine alla possibilita' di rispettare le traiettorie stabilite in
merito alla quota di energia da fonti rinnovabili. Tenuto conto dello
stato di attuazione della disciplina di cui all'art. 20, comma 1,
decreto legislativo n. 199/2021, nonche' degli ampi margini di
flessibilita' che il decreto 21 giugno 2024 lascia alle regioni per
l'individuazione delle aree non idonee, l'impatto di tale divieto e'
del tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un severo limite
all'individuazione delle zone disponibili per l'installazione degli
impianti che, a termini dell'art. 15-ter, par. 1, secondo periodo,
della direttiva (UE) 2018/2001, devono essere commisurate «alle
traiettorie stimate e alla potenza totale installata pianificata
delle tecnologie per le energie rinnovabili stabilite nei piani
nazionali per l'energia e il clima presentati a norma degli articoli
3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999».
68. Peraltro, si e' gia' visto che, in forza dell'art. 32 del
regolamento (UE) 2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu'
punti di riferimento della traiettoria indicativa unionale per il
2022, 2025 e 2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel
2022, 2025 e 2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti
di riferimento nazionali possono essere tenuti all'adozione di misure
supplementari, ivi incluso un pagamento finanziario volontario al
meccanismo di finanziamento dell'Unione per l'energia rinnovabile
istituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di
energia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente
dalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga parte del
territorio nazionale all'utilizzo della tecnologia fotovoltaica
potrebbe, pertanto, implicare l'obbligo di adottare misure
supplementari, con impatti anche sulle finanze pubbliche, ove
ostacoli il raggiungimento degli obiettivi.
69. La preclusione generalizzata all'installazione di impianti
fotovoltaici con moduli collocati a terra sembra inoltre contrastare
con il principio per cui, nell'ambito del processo di individuazione
delle zone necessarie per i contributi nazionali all'obiettivo
complessivo dell'Unione di energia rinnovabile per il 2030 ai sensi
del paragrafo 1 dell'art. 15-ter della direttiva (UE) 2018/2001, «Gli
Stati membri favoriscono l'uso polivalente delle zone di cui al
paragrafo 1. I progetti in materia di energia rinnovabile sono
compatibili con gli usi preesistenti di tali zone» (art. 15-ter, par.
3). Come gia' rilevato, il considerando (27) della direttiva precisa
che «Gli Stati membri dovrebbero esplorare, consentire e favorire
l'uso polivalente delle zone individuate a seguito delle misure di
pianificazione territoriali adottate. A tal fine, e' auspicabile che
gli Stati membri agevolino, ove necessario, i cambiamenti nell'uso
del suolo e del mare, purche' i diversi usi e attivita' siano
compatibili tra di loro e possano coesistere». Il divieto introdotto
dall'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024 istituisce, invece, un
insanabile conflitto tra l'utilizzo della tecnologia fotovoltaica con
moduli collocati a terra e l'uso del suolo a fini agricoli che,
tuttavia, non sussiste (o sussiste solo in parte) quantomeno per la
tecnologia agrivoltaica (anche non avanzata).
70. Nella misura in cui puo' ostacolare il raggiungimento degli
obiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie
rinnovabili, il divieto in questione si pone anche in posizione
critica rispetto alla strategia di adattamento ai cambiamenti
climatici dell'Unione. Come precedentemente ricordato, ai sensi
dell'art. 5 del regolamento (UE) 2021/1119, «Le istituzioni
competenti dell'Unione e gli Stati membri assicurano il costante
progresso nel miglioramento della capacita' di adattamento, nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7 dell'accordo di
Parigi». Essi, inoltre, «garantiscono [...] che le politiche in
materia di adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano
coerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici
collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare
meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di
intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione».
71. Come precisato dalla Commissione europea nella comunicazione
COM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell'UE per l'adattamento ai
cambiamenti climatici, «Il Green Deal europeo, la strategia di
crescita dell'UE per un futuro sostenibile, si basa sulla
consapevolezza che la trasformazione verde e' un'opportunita' e che
la mancata azione ha un costo enorme. Con esso l'UE ha mostrato la
propria leadership per scongiurare lo scenario peggiore -
impegnandosi a raggiungere la neutralita' climatica - e prepararsi al
meglio - puntando ad azioni di adattamento piu' ambiziose che si
fondano sulla strategia dell'UE di adattamento del 2013. La visione a
lungo termine prevede che nel 2050 l'UE sara' una societa' resiliente
ai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti
dei cambiamenti climatici. Cio' significa che entro il 2050, anno in
cui l'Unione aspira ad aver raggiunto la neutralita' climatica,
avremo rafforzato la capacita' di adattamento e ridotto al minimo la
vulnerabilita' agli effetti dei cambiamenti climatici, in linea con
l'accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il
raggiungimento dei target di potenza installata delle tecnologie
rinnovabili costituisce, all'evidenza, un elemento centrale per
conseguire nel lungo termine l'obiettivo della neutralita' climatica,
che potrebbe essere posto seriamente a rischio da una disciplina,
come quella censurata, che vieta sul tutto il territorio nazionale la
tecnologia fotovoltaica con pannelli collocati a terra su tutti i
terreni classificati agricoli, corrispondenti a oltre la meta' della
superficie nazionale.
72. Il divieto sembra anche contrastare con il principio di
integrazione di cui all'art. 11 del Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea e all'art. 37 della Carta di Nizza, secondo cui
«Le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere
integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e
azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo
sviluppo sostenibile». L'integrazione ambientale in tutti i settori
politici pertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e'
funzionale a ridurre le pressioni sull'ambiente derivanti dalle
politiche e dalle attivita' di altri settori e per raggiungere gli
obiettivi ambientali e climatici. Il divieto introdotto dall'art. 5
del decreto-legge n. 63/2024, nel contesto di una disciplina di
attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 sulla promozione dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili quale obiettivo della politica
energetica dell'Unione, solleva sul punto notevoli perplessita':
da un lato, infatti, si inserisce nel complesso delle
previsioni dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 quale
corpo tendenzialmente estraneo, tant'e' che le relative previsioni
non risultano neppure adeguatamente coordinate con il resto
dell'articolato (v., ad esempio, il comma 3 del medesimo art. 20,
laddove prevede che i decreti di cui al comma 1 verifichino, tra
l'altro, «l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi
incluse le superfici agricole non utilizzabili»);
dall'altro lato, la norma non istituisce alcuna forma di
possibile bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo
un'indefettibile prevalenza dell'interesse alla conservazione dello
stato dei luoghi dei terreni classificati agricoli senza alcuna
considerazione finanche della loro possibile, concreta
utilizzabilita' a fini agricoli, in contrasto con l'obiettivo del
decreto stesso di promuovere l'uso dell'energia da fonti rinnovabili.
73. Da quanto precede risulta anche che la disciplina censurata
confligge con il principio di proporzionalita', con violazione anche
dell'art. 3 della Costituzione. Come la Corte di giustizia ha piu'
volte ribadito, «il principio di proporzionalita' e' un principio
generale del diritto comunitario che dev'essere rispettato tanto dal
legislatore comunitario quanto dai legislatori e dai giudici
nazionali» (sentenza 11 giugno 2009, C- 170/08, 41). Il sindacato di
proporzionalita' costituisce, inoltre, un aspetto del controllo di
ragionevolezza delle leggi condotto dalla giurisprudenza
costituzionale, onde verificare che il bilanciamento degli interessi
costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalita'
tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in
misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato
costituzionale. Come la stessa Corte ha precisato, «Tale giudizio
deve svolgersi "attraverso ponderazioni relative alla
proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua
insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da
soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto
delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti"
(sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita' utilizzato
da questa Corte come da molte delle giurisdizioni costituzionali
europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza, ed essenziale
strumento della Corte di giustizia dell'Unione europea per il
controllo giurisdizionale di legittimita' degli atti dell'Unione e
degli Stati membri, richiede di valutare se la norma oggetto di
scrutinio, con la misura e le modalita' di applicazione stabilite,
sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente
perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva quella
meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non
sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi» (Corte
costituzionale, sentenza n. 1 del 2014).
74. Innanzitutto, la misura censurata consiste in un divieto
generalizzato e assoluto all'utilizzo, su un'ampia parte del
territorio nazionale, di una determinata tecnologia a fonti
rinnovabili. Si tratta di una soluzione del tutto diversa rispetto a
quella adottata in funzione di tutela di tutti gli altri valori che
entrano in bilanciamento con il principio di massima diffusione delle
fonti rinnovabili: le esigenze di tutela dell'ambiente, della
biodiversita', dei beni culturali e del paesaggio passa, infatti,
attraverso l'individuazione di aree non idonee che, come in
precedenza chiarito, non rappresentano aree vietate, bensi' zone in
cui, in ragione delle esigenze di protezione in concreto esistenti,
e' altamente verosimile un esito negativo della valutazione di
compatibilita' dei progetti. Cio', peraltro, non osta alla
possibilita' di verificare, in concreto e nell'ambito dei singoli
procedimenti autorizzativi, eventuali margini di compatibilita' degli
interventi proposti. L'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024
stabilisce, invece, una prevalenza assoluta e incondizionata
dell'interesse alla conservazione dei suoli classificati agricoli,
valutata in astratto dal legislatore e che non consente la pur minima
possibilita' di contemperamento con gli altri interessi in gioco,
anche di rilievo costituzionale.
75. Sotto tale profilo, occorre rilevare, in disparte i gia'
evidenziati profili di contrasto con il diritto unionale, che ai
sensi dell'art. 9 della Costituzione la Repubblica tutela l'ambiente,
la biodiversita' e gli ecosistemi «anche nell'interesse delle future
generazioni», con cio' incorporando il principio di sviluppo
sostenibile nell'ambito dei principi fondamentali in materia di
tutela ambientale. L'incondizionato sacrificio di tale principio,
quale sotteso al divieto in esame, contrasta, pertanto, con l'art. 3
della Costituzione, nonche' con l'art. 9 citato e con la consolidata
giurisprudenza costituzionale secondo cui «Tutti i diritti
fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di
integrazione reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di
essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve
essere sempre "sistemica e non frazionata in una serie di norme non
coordinate ed in potenziale conflitto tra loro" (sentenza n. 264 del
2012). Se cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione
di uno dei diritti, che diverrebbe "tiranno" nei confronti delle
altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e
protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni
democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e
vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza
pretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di
equilibrio, proprio perche' dinamico e non prefissato in anticipo,
deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme
e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di
proporzionalita' e di ragionevolezza, tali da non consentire un
sacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte costituzionale,
sentenza n. 85 del 2013).
76. Sotto altro profilo, il divieto cosi' introdotto e' operativo
a partire dalla mera classificazione dell'area come agricola in base
ai piani urbanistici, senza che alcuna rilevanza assumano il suo
concreto utilizzo o la sua utilizzabilita' a tali fini. Anche per
tale riguardo la disposizione si mostra irragionevole e
sproporzionata, in quanto la dichiarata finalita' di contrastare il
consumo di suolo agricolo non e' riscontrabile (o quantomeno non nei
termini incondizionati e assoluti previsti dalla norma) in relazione
alle superfici agricole non utilizzabili o degradate. Manca, inoltre,
qualsivoglia considerazione della qualita' e dell'importanza delle
colture.
77. In raffronto, le attuali linee guida di cui al decreto
ministeriale 10 settembre 2010 prevedono che:
le zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici
non possono essere genericamente considerate aree e siti non idonei;
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo'
riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente
soggette a tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico, ne' tradursi nell'identificazione di fasce di
rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate
esigenze di tutela. La tutela di tali interessi e' infatti
salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate
nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle
regioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all'uopo
preposte, che sono tenute a garantirla all'interno del procedimento
unico e della procedura di valutazione dell'impatto ambientale nei
casi previsti;
le regioni possono procedere ad indicare come aree e siti non
idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti le aree
particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni
territoriali o del paesaggio, tra cui le aree agricole interessate da
produzioni agricolo-alimentari di qualita' (produzioni biologiche,
produzioni D.O.P., I.G.P., S.T.G., D.O.C., D.O.C.G., produzioni
tradizionali) e/o di particolare pregio rispetto al contesto
paesaggistico-culturale, anche con riferimento alle aree, se previste
dalla programmazione regionale, caratterizzate da un'elevata
capacita' d'uso del suolo.
78. Una siffatta, contestualizzata disciplina risulta conforme
alle indicazioni emergenti in sede europea, per cui «Gli Stati membri
dovrebbero limitare al minimo necessario le zone di esclusione in cui
non puo' essere sviluppata l'energia rinnovabile ("zone di
esclusione"). Essi dovrebbero fornire informazioni chiare e
trasparenti, corredate di una giustificazione motivata, sulle
restrizioni dovute alla distanza dagli abitati e dalle zone
dell'aeronautica militare o civile. Le restrizioni dovrebbero essere
basate su dati concreti e concepite in modo da rispondere allo scopo
perseguito massimizzando la disponibilita' di spazio per lo sviluppo
dei progetti di energia rinnovabile, tenuto conto degli altri vincoli
di pianificazione territoriale» (cfr. la raccomandazione (UE)
2024/1343 della Commissione del 13 maggio 2024 sull'accelerazione
delle procedure autorizzative per l'energia da fonti rinnovabili e i
progetti infrastrutturali correlati). La disciplina posta dall'art. 5
del decreto-legge n. 63/2024 si traduce, invece, nell'esatto opposto,
ponendo un divieto che massimizza le zone di esclusione, non fondato
su dati concreti e certamente non rispondente all'obietto di
massimizzare la disponibilita' di spazio per lo sviluppo dei progetti
di energia rinnovabile.
79. Occorre solo aggiungere che i rilevati profili di
incostituzionalita' vanno del pari riferiti all'art. 5, comma 2, del
decreto-legge n. 63/2024, laddove pone una disciplina di salvaguardia
che ha quale presupposto il divieto di cui al comma 1, nonche'
all'art. 2, comma 2, primo periodo, del decreto legislativo 25
novembre 2024, n. 190, recante «Disciplina dei regimi amministrativi
per la produzione di energia da fonti rinnovabili», ove prevede che
«Gli interventi di cui all'art. 1, comma 1, sono considerati di
pubblica utilita', indifferibili e urgenti e possono essere ubicati
anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici,
nel rispetto di quanto previsto all'art. 20, comma 1-bis, del decreto
legislativo 8 novembre 2021, n. 199». Tale disposizione, infatti,
riproduce il divieto di cui al citato comma 1-bis dell'art. 20 del
decreto legislativo n. 199/2021.
Questioni da sottoporre alla Corte costituzionale.
80. In ragione di tutto quanto sopra, sono rilevanti e non
manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 5, comma 1 e 2, decreto-legge n. 63/2024, convertito, con
modificazioni, dalla legge n. 101/2024, nonche' dell'art. 2, comma 2,
primo periodo, decreto legislativo 25 novembre 2024, n. 190, per
violazione degli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, della
Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva
(UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati
dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento (UE)
2021/1119.
81. Il giudizio va quindi sospeso per le determinazioni
conseguenti alla definizione dell'incidente di costituzionalita'.
82. Il regolamento delle spese va rinviato all'esito del
giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione
terza) cosi' dispone:
a) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei
termini espressi in motivazione, le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 1 e 2, decreto-legge n. 63/2024,
convertito, con modificazioni, dalla legge n. 101/2024, nonche'
dell'art. 2, comma 2, primo periodo, decreto legislativo n. 190/2024,
per violazione degli articoli 3, 9, 11 e 117, comma 1, della
Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva
(UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati
dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento (UE)
2021/1119;
b) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti
alla definizione dell'incidente di costituzionalita' e, ai sensi
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
c) dispone la comunicazione della presente sentenza alle
parti in causa, nonche' la sua notificazione al Presidente del
Consiglio dei ministri, al Presidente del Senato della Repubblica e
al Presidente della Camera dei deputati;
d) rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito del giudizio
incidentale promosso con la presente sentenza.
Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 18
giugno 2025 con l'intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente;
Giovanna Vigliotti, primo referendario;
Marco Savi, referendario, estensore.
Il Presidente: Stanizzi
L'estensore: Savi