Reg. ord. n. 155 del 2025 pubbl. su G.U. del 10/09/2025 n. 37
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio del 12/06/2025
Tra: Green Sole Renewables Italia 1 srl C/ Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero della Cultura, Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste ed altri 4
Oggetto:
Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Norme della Regione autonoma Sardegna – Disposizioni per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) – Previsione che si applica a tutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che è vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 – Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell'entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento relativi ad impianti realizzati in data antecedente all'entrata in vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee – Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonché, nel caso di impianti eolici, un aumento dell'altezza totale dell'impianto, intesa come la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 della legge regionale n. 20 del 2024, ivi compreso il rispetto dell'art. 109 delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale – Raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarità storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole – Previsione che i comuni hanno facoltà di proporre un'istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all'interno di un'area individuata come non idonea, finalizzata al raggiungimento di un'intesa con la Regione – Previsione che qualora l'istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente in un'area mineraria dismessa di proprietà regionale o di enti interamente controllati dalla Regione, l'area medesima è trasferita in proprietà ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge regionale n. 35 del 1995 – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico–sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale – Violazione dei principi fondamentali posti dallo stato nella materia di legislazione concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, applicabili in virtù della c.d. clausola di adeguamento automatico di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta nonché con il principio di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, come dedotto dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Incidenza della normativa regionale sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello europeo – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità, per mancato bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti che comporta il sacrificio di uno di essi in misura eccessiva – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Lesione del principio di ragionevolezza – Normativa regionale che ha imposto l’indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori – Violazione dei principi di uguaglianza, certezza del diritto, del legittimo affidamento nonché del diritto di libertà di iniziativa economica – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco – Previsione che consente ai comuni interessati di proporre un’istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno d un’area individuata come non idonea, dando luogo a una conferenza in conferenza di servizi nella quale è prevista l’unanimità ai fini della realizzazione dell’intervento e l’inapplicabilità del silenzio-assenso – Legge regionale che, recando un livello inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla legge statale, viola la competenza legislativa statale esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali – Istituzione di un procedimento diverso anche in aree soggette a tutela culturale o paesaggistica per le quali la normativa statale fissa un procedimento apposito da parte dell’apposita sopraintendenza – Lesione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
Norme impugnate:
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 1 Co. 2
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 1 Co. 5
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 1 Co. 7
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 1 Co. 8
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 3
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 9 Co.
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 41 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 3
legge costituzionale Art. 10 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 3 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 4 Co.
legge Art. 29 Co. 2
legge Art. 29 Co. 2
decreto legislativo Art. 20 Co. 1
decreto legislativo Art. 20 Co. 7
decreto legislativo Art. 21 Co.
decreto legislativo Art. 146 Co.
decreto ministeriale Art. Co.
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 11 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 37 Co.
regolamento UE Art. Co.
regolamento UE Art. Co.
direttiva UE Art. Co.
direttiva UE Art. Co.
Testo dell'ordinanza
N. 155 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 giugno 2025
Ordinanza del 12 giugno 2025 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Green Sole Renewables Italia 1
srl contro Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e
altri.
Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Norme della
Regione autonoma Sardegna - Disposizioni per l'individuazione di
aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti
a fonti di energia rinnovabile (FER) - Previsione che si applica a
tutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le
superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in
corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza
regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato
una modifica irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione che
e' vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle
rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati A, B,
C, D, E e dai commi 9 e 11 dell'art. 1 della legge regionale n. 20
del 2024 - Previsione che tale divieto si applica anche agli
impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di
valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, e' in
corso al momento dell'entrata in vigore della medesima legge
regionale - Previsione che non puo' essere dato corso alle istanze
di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore
della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con
essa e ne pregiudichino l'attuazione - Previsione che i
provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque
denominati gia' emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti
nelle aree non idonee, sono privi di efficacia - Previsione che
sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che
hanno gia' comportato una modificazione irreversibile dello stato
dei luoghi - Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada
su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle
aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneita' -
Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento
relativi ad impianti realizzati in data antecedente all'entrata in
vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee -
Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un aumento
della superficie lorda occupata, nonche', nel caso di impianti
eolici, un aumento dell'altezza totale dell'impianto, intesa come
la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo
impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del
comma 6 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024, ivi
compreso il rispetto dell'art. 109 delle norme di attuazione del
Piano paesaggistico regionale - Raggiungimento degli obiettivi di
transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di
contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarita'
storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni
agricole - Previsione che i comuni hanno facolta' di proporre
un'istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un
accumulo FER all'interno di un'area individuata come non idonea,
finalizzata al raggiungimento di un'intesa con la Regione -
Previsione che qualora l'istanza abbia ad oggetto un impianto FER
ricadente in un'area mineraria dismessa di proprieta' regionale o
di enti interamente controllati dalla Regione, l'area medesima e'
trasferita in proprieta' ai comuni che ne facciano richiesta ai
sensi della legge regionale n. 35 del 1995.
- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti
per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee
all'installazione e promozione di impianti a fonti di energia
rinnovabile (FER) e per la semplificazione dei procedimenti
autorizzativi) artt. 1, commi 2, 5, 7, 8; 3 e Allegati A, B, C, D
ed E.
(GU n. 37 del 10-09-2025)
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
Sezione Terza
Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di
registro generale 10478 del 2024, proposto da Green Sole Renewables
Italia 1 S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Germana Cassar, Michele
Rondoni, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Contro:
Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica,
Ministero della cultura, Ministero dell'agricoltura, della sovranita'
alimentare e delle foreste, in persona del legale rappresentante pro
tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato,
domiciliataria ex lege in Roma - via dei Portoghesi n. 12;
Nei confronti:
del Ministero per gli affari regionali e le autonomie, della
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
Province autonome di Trento e di Bolzano, non costituiti in giudizio;
della Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del
legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa
dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma
- via dei Portoghesi n. 12;
della Regione autonoma della Sardegna, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati
Andrea Secchi, Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da PEC da
Registri di Giustizia;
Per l'annullamento:
del decreto del Ministero dell'ambiente e della sicurezza
energetica, di concerto con il Ministero della cultura e con il
Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle
foreste del 21 giugno 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
153 del 2 luglio 2024, recante «Disciplina per l'individuazione di
superfici e aree idonee per l'installazione di impianti a fonti
rinnovabili» e di ogni altro presupposto preordinato o connesso,
inclusa l'intesa raggiunta in sede di in sede di Conferenza
unificata, resa nella seduta del 7 giugno 2024;
eventualmente previa rimessione alla Corte costituzionale,
della questione di legittimita' dell'art. 20, comma 1-bis del decreto
legislativo n. 199/2021, introdotto dall'art. 5, comma 1, del
decreto-legge n. 63/2024, convertito con modifiche con legge n.
101/2024, nei termini sopra indicati - con riferimento agli articoli
77, 117 commi 1 e 3, 9 e 41 della Costituzione nonche' con
riferimento ai principi comunitari di massima diffusione delle fonti
rinnovabili;
oppure, previa disapplicazione dell'art. 5 del decreto-legge
15 maggio 2024, n. 63, convertito, con modificazioni, dalla legge 12
luglio 2024, n. 101, per violazione del diritto comunitario,
segnatamente del Protocollo n. 1 alla Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali (Protezione della proprieta'), del Trattato sulla Carta
europea dell'energia, stipulato a Lisbona il 17 dicembre 1994, e
ratificato in Italia con legge 10 novembre 1997, n. 415, della
direttiva 2009/28/CE e dei principi generali del diritto comunitario
di tutela dell'affidamento, della certezza del diritto, della parita'
di trattamento,
ovvero previa rimessione alla Corte di giustizia dell'Unione
europea della questione pregiudiziale relativa alla conformita'
dell'art. 5, comma 1, del decreto-legge n. 63/2024, convertito con
modifiche con legge n. 101/2024, ai principi di massima diffusione
delle fonti rinnovabili sanciti:
(i) dalla direttiva 2018/2001/UE del Parlamento europeo e del
Consiglio, dell'11 dicembre 2018 (modificata dalla successiva
direttiva 2023/2413 del 18 ottobre 2023), sulla promozione dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili;
(ii) dal regolamento (UE) 2022/2577 del Consiglio del 22 dicembre
2022, come modificato dal regolamento (UE) 2024/223 del Consiglio del
22 dicembre 2023, che ha introdotto un quadro di norme di carattere
emergenziale tese ad accelerare la procedura autorizzativa di
rinnovabili;
(iii) regolamento (UE) n. 2021/1119 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 30 giugno 2021, che istituisce il quadro per il
conseguimento della neutralita' climatica e che modifica il
regolamento (CE) n. 401/2009 e il regolamento (UE) n. 2018/1999
(«Normativa europea sul clima»);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero
dell'ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero della
cultura, della Presidenza del Consiglio dei ministri, e della Regione
autonoma della Sardegna e del Ministero dell'agricoltura, della
sovranita' alimentare e delle foreste;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 maggio 2025 il dott.
Marco Savi e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale.
1. La ricorrente e' una societa' che opera nel campo della
costruzione ed esercizio di impianti da fonti rinnovabili ed e'
titolare di 2 progetti in via di autorizzazione, da realizzarsi -
rispettivamente - in Comune di Sassari (potenza pari a 37,80 MW) e
Villasolar (potenza pari a 11,94 MW).
2. Al fine di accelerare lo sviluppo di tali impianti da fonti
rinnovabili, il decreto legislativo n. 199/2021 ha previsto l'obbligo
delle Regioni di individuare (sulla base di decreti ministeriali
emanati previo parere della Conferenza Unificata) le aree idonee alla
realizzazione di impianti rinnovabili. Nelle more, il medesimo art.
20 ha dettato un dettagliato regime transitorio, con individuazione
ex lege delle aree idonee.
3. L'art. 5 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito,
con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101 (il «DL
63/2024»), ha peraltro introdotto un divieto preventivo e assoluto
(salvo le limitate eccezioni ivi previste) all'utilizzo di terreni
agricoli per la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra,
comprimendo in modo significativo il regime transitorio previsto
dall'art. 20, comma 8 e determinando un drastico cambio di
prospettiva per gli operatori del comparto fotovoltaico: mentre la
previgente normativa privilegiava l'utilizzo di aree formalmente
agricole ma degradate (quali le aree non vincolate, le aree in
adiacenza a zone industriali, ecc.) il DL ha oggi imposto un
generalizzato divieto fondato sulla sola destinazione urbanistica
dell'area. Ne deriva che viene capovolto il criterio di
ammissibilita' delle iniziative che producono energia da fonti
rinnovabili, atteso che per effetto di tale norma sulla restante
parte del territorio tali iniziative non sono piu' ammesse incorrendo
nel divieto ivi previsto.
4. Da ultimo, il decreto ministeriale 21 giugno 2024 ha attuato
le previsioni dell'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n.
199/2021, non limitandosi alla disciplina di aree idonee e non
idonee, ma rendendo vincolante e inderogabile per tutte le Regioni il
divieto di realizzare impianti in area agricola introdotto dall'art.
5 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101. Il decreto,
inoltre:
impone alle Regioni di disciplinare con legge le aree non
idonee, nonostante il decreto legislativo n. 199/2021 limiti
l'individuazione con legge alle sole aree idonee, confermando la
riserva di procedimento amministrativo per le aree non idonee;
qualifica le aree non idonee non piu' come aree in cui e'
maggior probabile un esito negativo del procedimento, ma come aree
tout court «incompatibili»;
definisce in proprio come non idonee le aree tutelate ai
sensi dell'art. 10 e dell'art. 136, comma 1, lettere a) e b) del
decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e consente alle Regioni di
imporre un buffer pari a 7 km da ogni bene tutelato sotto il profilo
paesaggistico;
non prevede alcun criterio oggettivo per l'individuazione
delle aree idonee, fornendo una sostanziale delega in bianco alle
Regioni e rendendo solo facoltativo il mantenimento delle fattispecie
previste dall'art. 20, comma 8;
non prevede alcun regime di salvaguardia per i procedimenti
in corso.
5. Rispetto alla posizione di parte ricorrente il decreto:
riduce drasticamente le aree eleggibili per la realizzazione
di nuovi impianti, ponendo peraltro le basi per una disciplina
difforme su tutto il territorio nazionale;
non contiene alcuna disposizione di salvaguardia dei
procedimenti in corso, avviati facendo affidamento sulla previgente
qualificazione delle aree idonee.
6. La ricorrente ha quindi impugnato il decreto in questione,
articolando le seguenti censure:
I) violazione dell'art. 12 del decreto legislativo n.
387/2003, delle linee guida nazionali approvate con decreto
ministeriale 10 settembre 2010 e dell'art. 20 del decreto legislativo
n. 199/2021 - violazione direttiva (UE) 2018/2001 e successive
modificazioni ed integrazioni - violazione degli articoli 3, 41, 97
della Costituzione - irragionevolezza e ingiustizia manifesta. La
previsione per cui le Regioni debbano individuare con legge, oltre
alle aree idonee, anche le aree inidonee, sarebbe illegittima, in
quanto l'individuazione delle aree non idonee sarebbe soggetta a
riserva di procedimento amministrativo;
II) violazione dell'art. 12 del decreto legislativo n.
387/2003, delle linee guida nazionali approvate con decreto
ministeriale 10 settembre 2010 e dell'art. 20 del decreto legislativo
n. 199/2021 - violazione direttiva (UE) 2018/2001 e successive
modificazioni ed integrazioni - violazione degli articoli 3, 41, 97
della Costituzione - eccesso di potere per sviamento - difetto di
istruttoria e di motivazione - irragionevolezza e ingiustizia
manifesta. Il decreto impugnato trasformerebbe le aree non idonee da
strumenti di accelerazione a vere e proprie barriere alla
realizzazione di impianti rinnovabili: esse, infatti, diverrebbero
aree tout court incompatibili con la realizzazione di impianti FER.
Peraltro, il decreto sancirebbe in modo evidente la prevalenza del
bene paesaggio, ponendo da un lato aree non idonee ex lege,
dall'altro consentendo l'apposizione di buffer pari a 7 km da ogni
bene paesaggisticamente tutelato, in contrasto con le indicazioni
ricavabili dalle linee guida, dalla giurisprudenza costituzionale e
dal diritto unionale;
III) violazione dell'art. 12 del decreto legislativo n.
387/2003, delle linee guida nazionali approvate con decreto
ministeriale 10 settembre 2010 e dell'art. 20 del decreto legislativo
n. 199/2021 - violazione direttiva (UE) 2018/2001 e successive
modificazioni ed integrazioni - violazione degli articoli 3, 41, 97
della Costituzione - eccesso di potere per sviamento - difetto di
istruttoria e di motivazione - irragionevolezza e ingiustizia
manifesta. Il decreto conferirebbe in sostanza una delega in bianco
alle Regioni per l'individuazione delle aree idonee, in violazione
tanto dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, tanto del
riparto di competenze tra Stato e Regioni. Esso, infatti, non avrebbe
fornito alcun criterio oggettivo per l'individuazione delle aree
idonee, contraddicendo persino la disciplina prevista dal comma 8 e
rendendo addirittura facoltativa la scelta di mantenere in essere la
disciplina transitoria;
IV) illegittimita' derivata per incostituzionalita' dell'art.
5 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101 - violazione
dell'art. 117 della Costituzione rispetto alla direttiva n.
2001/77/CE, alla direttiva n. 2009/28/CE ed alla direttiva (UE)
2018/2001 e successive modificazioni ed integrazioni, al regolamento
(UE) 2022/2577 del consiglio del 22 dicembre 2022, nonche' in
relazione in relazione all'art. 12 del decreto legislativo n.
387/2003, alle linee guida nazionali approvate con decreto
ministeriale 10 settembre 2010, all'art. 20 del decreto legislativo
n. 199/2021 - violazione degli articoli 3, 41, 97 della Costituzione.
Il divieto introdotto dall'art. 5 del decreto-legge n. 63/2024
contrasterebbe in modo insanabile con i principi di massima
diffusione delle fonti rinnovabili e con la riserva di procedimento
amministrativo di diretta derivazione euro-unitaria, con conseguente
violazione dell'art. 117 della Costituzione. La scelta di attribuire
esclusivo valore alla destinazione urbanistica dell'area (senza alcun
approfondimento in merito all'effettiva coltivazione dei terreni, al
tipo di colture, all'esistenza di vincoli) violerebbe, inoltre,
apertamente i principi di ragionevolezza e proporzionalita',
discendenti dagli art. 3 e 97 della Costituzione; inoltre,
nell'attribuire aprioristica prevalenza alla tutela del suolo
agricolo, avrebbe apertamente violato l'interesse pubblico prevalente
sancito dall'art. 16-septies della direttiva RED II e dal regolamento
2022/2577 del 22 dicembre 2022;
V) illegittimita' derivata per incostituzionalita' dell'art.
5 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101 - violazione degli
articoli 10 e 117 della Costituzione in relazione all'art. 1 del
protocollo n. 1 alla Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (protezione della
proprieta') - violazione art. 41 della Costituzione sulla liberta' di
iniziativa economica - violazione del legittimo affidamento. L'art. 5
del decreto-legge n. 63/2024 si disinteresserebbe delle situazioni in
cui i terreni agricoli sono stati gia' contrattualizzati da operatori
interessati allo sviluppo di un impianto FER prima dell'entrata in
vigore della norma - ma senza essere riusciti ad avviare alcuna
procedura amministrativa - nella piena convinzione della liceita' di
tale operazione. Si tratterebbe di previsione con portata ablativa,
che ridurrebbe enormemente le possibilita' di utilizzazione e
godimento di tali beni, con lesione del diritto di proprieta' per
come tutelato dall'art. 1 del Protocollo addizionale alla Convenzione
EDU, nonche' del principio della certezza del diritto, della liberta'
di impresa di cui all'art. 41 della Costituzione e del legittimo
affidamento, essendo contraddetta la fiducia del concessionario
quanto al rispetto da parte dello Stato di regole giuridiche
consolidate nel tempo e di cui non era prevedibile intervenisse un
repentino e ingiustificato cambiamento;
VI) illegittimita' derivata per incostituzionalita' dell'art.
5 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101 - violazione
dell'art. 117 della Costituzione rispetto alla con riferimento agli
obblighi di diritto comunitario - violazione degli articoli 3, 101 e
102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e al
protocollo (n. 27) sul mercato interno e sulla concorrenza. L'art. 5
del decreto-legge n. 63/2024 sarebbe anche incostituzionale in quanto
contrario alla normativa europea, ed in particolare agli articoli 3,
101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e al
protocollo (n. 27) sul mercato interno e sulla concorrenza. Per
effetto di tale normativa, infatti, l'operatore nel settore delle
rinnovabili italiano si troverebbe ad operare senza la possibilita'
di utilizzare le aree agricole, cosi' risultando discriminato
rispetto ad un operatore comunitario che operi in un qualunque altro
stato dell'Unione. Inoltre, il nuovo regime inciderebbe sui diritti
economici degli investitori, ponendosi in contrasto con il principio
di certezza del diritto, sul piano oggettivo, e con il principio
della tutela dell'affidamento, sul piano soggettivo.
7. Le amministrazioni intimate si sono costituite in resistenza.
8. All'udienza pubblica del 7 maggio 2025 il Collegio ha
prospettato alle parti, ai sensi dell'art. 73, comma 3, del codice
del processo amministrativo, la sussistenza di possibili profili di
inammissibilita' del ricorso per carenza d'interesse, come riportato
a verbale. La parte ricorrente, su richiesta di chiarimenti del
Collegio, ha altresi' dichiarato a verbale che gli impianti oggetto
dei progetti allegati a sostegno dell'interesse al ricorso sono
agrivoltaici di tipo avanzato. La causa e' stata, quindi, trattenuta
in decisione.
9. Il Collegio rileva che, in pendenza di giudizio, e'
sopraggiunta la legge della Regione autonoma della Sardegna 5
dicembre 2024, n. 20, che detta disposizioni, immediatamente
incidenti sugli interessi fatti valere con il presente ricorso, sui
quali si reputa necessario suscitare il controllo di legittimita'
costituzionale.
10. Preliminarmente, e' tuttavia opportuno chiarire i termini in
cui debba essere declinato, nel regime introdotto dalla disciplina di
cui all'art. 20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021, il
concetto di area non idonea all'installazione di impianti FER. Il
presupposto comune alle censure e' che, avendo il gravato decreto
ministeriale qualificato le aree non idonee come aree incompatibili
con l'installazione di impianti FER, il concetto di «area non idonea»
sarebbe stato completamente stravolto rispetto a quello operante nel
regime previgente (i.e., a quello delle Linee Guida). In particolare,
prima dell'adozione del gravato decreto ministeriale la conseguenza
correlata al carattere di non idoneita' di un'area era circoscritta
al fatto che il soggetto proponente non potesse accedere alla
accelerazione procedimentale dell'iter autorizzativo propedeutico
alla realizzazione ed esercizio dell'impianto FER - accelerazione
che, viceversa, avrebbe operato nel caso di localizzazione
dell'impianto in area idonea -. Per converso, nessuna preclusione,
aprioristica e assoluta, alla realizzazione di tali impianti
risultava discendere dalla loro localizzazione in aree non idonee.
Orbene, secondo la prospettazione della societa' ricorrente, siccome
con l'adozione del gravato decreto ministeriale le amministrazioni
resistenti avrebbero introdotto una preclusione di tal guisa, lo
stesso risulterebbe illegittimo.
11. Il Collegio ritiene che la tesi sostenuta dalla societa'
ricorrente non possa essere condivisa per le ragioni di diritto di
seguito esposte.
12. Come noto, l'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre
2003, n. 387, ha introdotto disposizioni per la razionalizzazione e
la semplificazione delle procedure autorizzative per la realizzazione
degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. A tal fine, l'art.
12, comma 10, del decreto legislativo n. 387/2003 ha inter alia
previsto che «In Conferenza unificata, su proposta del Ministro delle
attivita' produttive, di concerto con il Ministro dell'ambiente e
della tutela del territorio e del Ministro per i beni e le attivita'
culturali, si approvano le linee guida per lo svolgimento del
procedimento di cui al comma 3 [la c.d. procedura di autorizzazione
unica, n.d.r.]. Tali linee guida sono volte, in particolare, ad
assicurare un corretto inserimento degli impianti, con specifico
riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio. In attuazione di tali
linee guida, le regioni possono procedere alla indicazione di aree e
siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di
impianti».
13. Le Linee Guida indicate dall'art. 12, comma 10, del decreto
legislativo n. 387/2003 sono state adottate con decreto del Ministero
dello sviluppo economico del 10 settembre 2010, e con esse e' stato
stabilito che:
paragrafo 17: «Al fine di accelerare l'iter di autorizzazione
alla costruzione e all'esercizio degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, in attuazione delle disposizioni delle presenti linee
guida, le Regioni e le Province autonome possono procedere alla
indicazione di aree e siti non idonei alla installazione di
specifiche tipologie di impianti secondo le modalita' di cui al
presente punto e sulla base dei criteri di cui all'Allegato 3.
L'individuazione della non idoneita' dell'area e' operata dalle
Regioni attraverso un'apposita istruttoria avente ad oggetto la
ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del
paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni
agroalimentari locali, della biodiversita' e del paesaggio rurale che
identificano obiettivi di protezione non compatibili con
l'insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o
dimensioni di impianti, i quali determinerebbero, pertanto, una
elevata probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede di
autorizzazione. Gli esiti dell'istruttoria, da richiamare nell'atto
di cui al punto 17.2, dovranno contenere, in relazione a ciascuna
area individuata come non idonea in relazione a specifiche tipologie
e/o dimensioni di impianti, la descrizione delle incompatibilita'
riscontrate con gli obiettivi di protezione individuati nelle
disposizioni esaminate [...]. Le aree non idonee sono [...]
individuate dalle Regioni nell'ambito dell'atto di programmazione con
cui sono definite le misure e gli interventi necessari al
raggiungimento degli obiettivi di burden sharing fissati in
attuazione delle suddette norme. Con tale atto, la regione individua
le aree non idonee tenendo conto di quanto eventualmente gia'
previsto dal piano paesaggistico e in congruenza con lo specifico
obiettivo assegnatole»;
allegato 3: «L'individuazione delle aree e dei siti non
idonei mira non gia' a rallentare la realizzazione degli impianti,
bensi' ad offrire agli operatori un quadro certo e chiaro di
riferimento e orientamento per la localizzazione dei progetti.
L'individuazione delle aree non idonee dovra' essere effettuata dalle
Regioni con propri provvedimenti tenendo conto dei pertinenti
strumenti di pianificazione ambientale, territoriale e paesaggistica,
secondo le modalita' indicate al paragrafo 17», nonche' sulla base di
principi e criteri, individuati dal medesimo allegato, in ragione dei
quali, tra l'altro: «a) l'individuazione delle aree non idonee deve
essere basata esclusivamente su criteri tecnici oggettivi legati ad
aspetti di tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio
artistico-culturale, connessi alle caratteristiche intrinseche del
territorio e del sito; b) l'individuazione delle aree e dei siti non
idonei deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse
fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto; [...] d)
l'individuazione delle aree e dei siti non idonei non puo' riguardare
porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a
tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio
storico-artistico, ne' tradursi nell'identificazione di fasce di
rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate
esigenze di tutela. La tutela di tali interessi e' infatti
salvaguardata dalle norme statali e regionali in vigore ed affidate,
nei casi previsti, alle amministrazioni centrali e periferiche, alle
Regioni, agli enti locali ed alle autonomie funzionali all'uopo
preposte, che sono tenute a garantirla all'interno del procedimento
unico e della procedura di Valutazione dell'Impatto Ambientale nei
casi previsti. L'individuazione delle aree e dei siti non idonei non
deve, dunque, configurarsi come divieto preliminare, ma come atto di
accelerazione e semplificazione dell'iter di autorizzazione alla
costruzione e all'esercizio, anche in termini di opportunita'
localizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni
del territorio».
14. Nel contesto del sistema delineato dall'art. 12, comma 10,
del decreto legislativo n. 387/2003, come risulta dai pacifici
orientamenti pretori formatisi in seno alla giurisprudenza della
Corte costituzionale, le Linee Guida sono «poste a completamento
della normativa primaria "in settori squisitamente tecnici" (sentenze
n. 121 e n. 77 del 2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 286 en.
86 del 2019, nonche' n. 69 del 2018) e connotate dal carattere della
inderogabilita' a garanzia di una disciplina "uniforme in tutto il
territorio nazionale (sentenze n. 286 e n. 86 del 2019, n. 69 del
2018)" (sentenza n. 106 del 2020; nello stesso senso, sentenze n.
221, n. 216, n. 77 e n. 11 del 2022, n. 177 e n. 46 del 2021)» (cfr.
Corte costituzionale, sentenza n. 27/2023).
15. Va, poi, evidenziato che la Corte costituzionale ha chiarito
che con le disposizioni normative introdotte dal decreto legislativo
n. 199/2921 «il legislatore statale ha inteso superare il sistema
dettato dall'art. 12, comma 10, del decreto legislativo 29 dicembre
2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla
promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche
rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita') e dal conseguente
decreto del Ministro dello sviluppo economico del 10 settembre 2010
(Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti
rinnovabili), contenenti i principi e i criteri di individuazione
delle aree non idonee. Le regioni, pertanto, sono ora chiamate a
individuare le aree "idonee" all'installazione degli impianti, sulla
scorta dei principi e dei criteri stabiliti con appositi decreti
interministeriali, previsti dal comma 1 del citato art. 20 [...].
Inoltre, l'individuazione delle aree idonee dovra' avvenire non piu'
in sede amministrativa, come prevedeva la disciplina precedente in
relazione a quelle non idonee, bensi' "con legge" regionale, secondo
quanto precisato dal comma 4 (primo periodo) dello stesso art. 20»
(cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 103/2024).
16. Sulla scorta di quanto chiarito ed affermato negli
orientamenti giurisprudenziali teste' richiamati, discende che
nell'applicazione del rinnovato quadro normativo che ha interessato
la materia della realizzazione degli impianti FER non possano sic et
simpliciter essere trasposti, in maniera acritica e meccanica, i
principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale in relazione
al pregresso assetto normativo e regolatorio. Infatti, laddove si
aderisse ad una siffatta opzione ermeneutica - che e', poi, quella
sostanzialmente prospettata dalla societa' ricorrente - si finirebbe
per obliterare indebitamente il vigente contesto normativo, avuto
specifico riguardo alla circostanza per cui, de iure condito, l'art.
20, comma 1, del decreto legislativo n. 199/2021 espressamente
dispone che sia il MASE, di concerto con il MIC e il MASAF, a
stabilire con decreto i principi e i criteri omogenei strumentali
all'individuazione delle aree idonee e non idonee.
17. Invero, proprio sulla scorta delle scelte compiute dalle
amministrazioni resistenti con l'adozione del gravato decreto
ministeriale - e condivise con gli enti territoriali tramite lo
strumento dell'intesa in sede di Conferenza unificata - emerge come,
contrariamente a quanto sostenuto dalla societa' ricorrente, nel
complessivo nuovo impianto normativo e regolamentare sia
sostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura e finalita', la
portata precettiva del concetto di «area non idonea».
18. Infatti, l'art. 1, comma 2, lettera b), del decreto
ministeriale del 21 giugno 2024 ha definito le «superfici e aree non
idonee» come «aree e siti le cui caratteristiche sono incompatibili
con l'installazione di specifiche tipologie di impianti secondo le
modalita' stabilite dal paragrafo 17 e dall'allegato 3 delle linee
guida emanate con decreto del Ministero dello sviluppo economico 10
settembre 2010, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 18 settembre
2010, n. 219 e successive modifiche e integrazioni».
19. A dispetto di quanto asserito dalla societa' ricorrente -
secondo la quale la definizione di area non idonea come area
incompatibile equivarrebbe alla introduzione di un divieto assoluto
alla installazione di impianti FER - occorre ricordare che il
paragrafo 17 delle Linee Guida gia' per il passato specificava che il
processo di ricognizione delle aree non idonee dovesse avvenire
prendendo in considerazione gli «obiettivi di protezione non
compatibili con l'insediamento, in determinate aree, di specifiche
tipologie e/o dimensioni di impianti».
20. Emerge, quindi, come gia' nel contesto previgente
all'adozione del gravato decreto ministeriale le aree non idonee si
caratterizzassero per essere aree incompatibili con il
soddisfacimento degli obiettivi di protezione che l'ordinamento
intende perseguire. Tale forma di incompatibilita', quale tratto
caratterizzante delle aree non idonee, non si traduceva in una
preclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, valendo solo
ad indicare la sussistenza di «una elevata probabilita' di esito
negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione».
21. L'analisi diacronica sinteticamente svolta consente di
affermare che, sotto l'esaminato profilo della «incompatibilita'», la
definizione di «aree non idonee» contenuta nell'art. 1, comma 2,
lettera b), del gravato decreto ministeriale non possiede un
carattere innovativo, risultando sostanzialmente invariata, quoad
effectum, la portata del concetto di «area non idonea», per come
declinato dal decreto ministeriale del 21 giugno 2024, rispetto a
quella scaturente dalle Linee Guida.
22. A sostegno di tale conclusione, d'altronde, milita anche il
fatto che lo stesso art. 1, comma 2, lettera b), del gravato decreto
ministeriale declini la dichiarata incompatibilita' «secondo le
modalita' stabilite dal paragrafo 17 e dall'allegato 3 delle linee
guida». Ordunque, benche' l'ordito normativo, con il previsto
aggiornamento delle Linee Guida «A seguito dell'entrata in vigore
della disciplina statale e regionale per l'individuazione di
superfici e aree idonee ai sensi dell'art. 20», presenti indubbi
elementi di circolarita' che rendono non del tutto chiaro il ruolo
che le medesime Linee Guida sono ad oggi chiamate a svolgere in
subiecta materia, e' preferibile ritenere che il richiamo alle
modalita' stabilite dalle Linee Guida sia da intendersi nel senso che
il legislatore abbia optato per il consolidamento, anche rispetto al
nuovo regime, delle acquisizioni, in termini di significato e
declinazione delle aree non idonee, gia' raggiunte nel previgente
assetto normativo in applicazione delle previsioni dettate dalle
Linee Guida.
23. Tale opzione esegetica puo' essere legittimamente percorsa in
ossequio al canone ermeneutico dell'interpretazione conservativa di
cui all'art. 1367 del codice civile - pacificamente applicabile anche
agli atti amministrativi, come chiarito dalla giurisprudenza
amministrativa (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 5358
del 4 settembre 2020 e riferimenti ivi citati) -. Infatti, mediante
l'impiego di tale legittimo criterio interpretativo, nel nostro
ordinamento giuridico e' possibile preservare atti e valori giuridici
non affetti da vizi di legittimita' (ut res magis valeat quam
pereat), risultando cio' confacente, peraltro, ai principi di
economicita' ed efficacia dell'attivita' amministrativa sanciti
dall'art. 1, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (cfr.
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza n. 3488 del 10 luglio 2015) e
di cui il criterio della interpretazione conservativa costituisce
espressione.
24. Se e' vero che non puo' essere sottaciuto il fatto che l'art.
3, comma 1, del gravato decreto ministeriale disponga che le Regioni
provvedono con legge alla individuazione (anche) delle aree non
idonee - e non piu' nell'ambito di un apposito procedimento
amministrativo, come previsto dalle Linee Guida - e' del pari vero
che, in disparte gli eventuali profili di illegittimita' di tale
scelta, non v'e' alcun indice normativo che faccia ritenere che a
tale cambiamento sia correlata la conseguenza prospettata dalla
societa' ricorrente.
25. Infatti, il mutamento normativo che ha interessato il veicolo
giuridico di approvazione della classificazione delle aree
potenzialmente suscettibili di essere interessate dalla costruzione e
messa in esercizio di un impianto FER, non risulta accompagnato da
alcuna radicale trasfigurazione del significato che il concetto
giuridico di «aree non idonee» esprime nell'ambito della
pianificazione del territorio necessaria al raggiungimento degli
obiettivi normativi sulla diffusione delle energie rinnovabili.
26. Ad avviso del Collegio, l'interpretazione sin qui proposta
trova anche il conforto della giurisprudenza costituzionale che ha
riconosciuto la «necessita' di garantire la "massima diffusione degli
impianti da fonti di energia rinnovabili" (sentenza n. 286 del 2019,
in senso analogo, ex multis, sentenze n. 221, n. 216 e n. 77 del
2022, n. 177 del 2021, n. 106 del 2020, n. 69 del 2018, n. 13 del
2014 e n. 44 del 2011) "nel comune intento 'di ridurre le emissioni
di gas ad effetto serra' (sentenza n. 275 del 2012; nello stesso
senso, sentenze n. 46 del 2021, n. 237 del 2020, n. 148 del 2019 e n.
85 del 2012), onde contrastare il riscaldamento globale e i
cambiamenti climatici (sentenza n. 77 del 2022)"» (Corte
costituzionale, sentenza n. 27/2023). Va, quindi, radicalmente
escluso che le «aree non idonee» possano essere considerate aree del
tutto interdette alla installazione di impianti FER, poiche' opinando
diversamente potrebbe essere seriamente pregiudicato il conseguimento
degli obiettivi energetici strumentali al rispetto degli impegni
assunti dall'Italia a livello sovranazionale - tenuto anche conto
della particolare ampiezza dei margini di manovra consentiti alle
Regioni dal decreto ministeriale impugnato.
27. Viceversa, l'interpretazione dell'art. 1, comma 2, lettera
b), del gravato decreto ministeriale del 21 giugno 2024, al quale il
Collegio intende aderire - partendo dall'assunto che il carattere di
non idoneita' di un'area non precluda in radice la realizzazione di
impianti FER - e' atta a porre in rilievo come l'individuazione con
legge regionale delle aree non idonee non esclude che le
amministrazioni, nell'ambito degli specifici procedimenti
amministrativi di valutazione delle istanze di autorizzazione alla
realizzazione di impianti FER, siano necessariamente tenute ad
apprezzare in concreto l'impatto dei progetti proposti sulle esigenze
di tutela ambientale, paesaggistico-territoriale e dei beni
culturali, anche laddove l'area interessata rientri tra quelle
classificate come non idonee.
28. Nel caso di specie, tuttavia, la suesposta ricostruzione del
concetto di area non idonea, nel nuovo regime introdotto dal decreto
ministeriale, e' palesemente smentita dal tenore dispositivo della
legge della Regione autonoma della Sardegna n. 20/2024.
29. La predetta legge prevede, infatti, che:
«E' vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle
rispettive aree non idonee cosi' come individuate dagli allegati A,
B, C, D, E e dai commi 9 e 11. Il divieto di realizzazione si applica
anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa
e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, e' in
corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge. Non
puo' essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur
presentate prima dell'entrata in vigore della presente legge,
risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione. I
provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque
denominati gia' emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti
nelle aree non idonee, sono privi di efficacia» (art. 1, comma 5);
«Qualora un progetto di impianto ricada su un areale
ricompreso sia nelle aree definite idonee, di cui all'allegato F, sia
nelle aree definite non idonee, di cui agli allegati A, B, C, D ed E,
prevale il criterio di non idoneita'. Nei casi di cui al precedente
periodo, limitatamente agli impianti fotovoltaici e agli impianti di
accumulo, qualora i relativi progetti di realizzazione prevedano
l'installazione presso aree rientranti nelle zone urbanistiche
omogenee D e G, di cui al decreto dell'Assessore regionale degli enti
locali, finanze e urbanistica, 20 dicembre 1983, n. 2266/U
(Disciplina dei limiti e dei rapporti relativi alla formazione di
nuovi strumenti urbanistici ed alla revisione di quelli esistenti nei
comuni della Sardegna), non si applicano le fasce di tutela di cui
alle lettere s), x), w) e bb) dell'allegato A qualora l'area oggetto
del rispettivo intervento sia infrastrutturata e urbanizzata in
misura uguale o maggiore al 60 per cento. Limitatamente ai casi di
cui al precedente periodo, qualora l'area non sia infrastrutturata e
urbanizzata ed edificata almeno al 60 per cento, le fasce di tutela
di cui al precedente periodo sono ridotte del 70 per cento. Qualora
un progetto di impianto FER, ivi inclusi gli accumuli ad essi
connessi, sia finalizzato all'autoconsumo o al servizio di una
comunita' energetica e ricade in una delle condizioni di cui ai
precedenti periodi, prevale il criterio di idoneita'» (art. 1, comma
7);
«Al fine di agevolare il raggiungimento degli obiettivi di
transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di
contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarita'
storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni
agricole, i comuni hanno facolta' di proporre un'istanza propedeutica
alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all'interno di
un'area individuata come non idonea ai sensi della presente legge.
L'istanza e' finalizzata al raggiungimento di un'intesa con la
Regione. Qualora l'istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente
in un'area mineraria dismessa di proprieta' regionale o di enti
interamente controllati dalla Regione, l'area medesima e' trasferita
in proprieta' ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della
legge regionale 5 dicembre 1995, n. 35 (Alienazione dei beni
patrimoniali)» (art. 3).
30. Dalle richiamate previsioni di desume, pertanto, che:
le aree non idonee costituiscono vere e proprie aree vietate
alla realizzazione degli impianti FER. Oltre che dal chiaro tenore
letterale dell'art. 1, comma 5, cio' si desume anche dalla
previsione, all'art. 3, di una speciale procedura da attivarsi su
chiesta dei comuni per la realizzazione di interventi in aree non
idonee, peraltro particolarmente rigoroso nella misura in cui
richiede il raggiungimento del consenso unanime di tutti i soggetti
interessati;
la disciplina non soltanto non prevede una clausola di
salvaguardia per le iniziative in corso, ma addirittura sancisce
l'inefficacia dei provvedimenti autorizzatori e dei titoli
abilitativi gia' emanati in caso di impianti ricadenti in aree non
idonee in base alla legge. D'altra parte, cio' costituisce l'ovvio
risvolto di quanto previsto dall'art. 1, comma 2, laddove si
stabilisce che «La presente legge di governo del territorio,
urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico, si applica a
tutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le
superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso
di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o
statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica
irreversibile dello stato dei luoghi», onde e' chiaro che l'unico
limite all'operativita' delle nuove previsioni e' l'intervenuta
modifica irreversibile dello stato dei luoghi, come anche chiarito
dal successivo comma 5;
la legge prevede, altresi', un principio di assoluta
prevalenza del criterio della non idoneita' su quello dell'idoneita'
in caso di progetti in zone promiscue, salve le limitate deroghe
previste dall'art. 1, comma 7.
31. La suindicata disciplina solleva consistenti dubbi di
compatibilita' con i canoni costituzionali, con particolare
riferimento agli articoli 3, 9, 11, 41, 97, 117 della Costituzione,
nonche' all'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e agli
articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948.
Sulla rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale degli
articoli 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche' degli allegati A, B, C, D
ed E della legge della Regione autonoma della Sardegna n. 20/2024 con
riferimento agli articoli 3, 9, 41, 11, 97, 117 della Costituzione,
nonche' all'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e agli
articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948
32. Dalla discussione orale e' emerso che le disposizioni della
legge regionale costituiscono un fattore ostativo alla realizzazione
degli interventi presentati dalla ricorrente per l'autorizzazione.
Essi, infatti, ricadono in zona divenuta «non idonea» per effetto
della suddetta legge, la quale dispone (all'art. 1, comma 5) che «E'
vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive
aree non idonee cosi' come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e
dai commi 9 e 11. Il divieto di realizzazione si applica anche agli
impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di
valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, e' in
corso al momento dell'entrata in vigore della presente legge. Non
puo' essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur
presentate prima dell'entrata in vigore della presente legge,
risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione. I
provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque
denominati gia' emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti
nelle aree non idonee, sono privi di efficacia. Sono fatti salvi i
provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno gia' comportato
una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi. Il divieto di
realizzazione di cui al presente comma non si applica agli impianti
agrivoltaici realizzati direttamente ed esclusivamente dai
coltivatori diretti (CD) o da imprenditori agricoli professionali
(IAP) nel rispetto dei requisiti di cui all'allegato G, punto 2, e
aventi potenza nominale inferiore o uguale a 10 MW, purche' siano
gia' autorizzati alla data di entrata in vigore della presente
legge». La deroga agli impianti agrivoltaici non e', infatti,
applicabile alla parte ricorrente, che non riveste la qualita' di
coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale, ne'
risultano soddisfatti i requisiti di potenza e della gia' intervenuta
autorizzazione.
33. A fronte di tale risultato, la disciplina prevista dall'art.
7, comma 2, lettera c), del decreto impugnato, laddove si limita a
consentire alle regioni la mera «possibilita' di fare salve le aree
idonee di cui all'art. 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre
2021, n. 199 vigente alla data di entrata in vigore del presente
decreto», rivela tutta la sua insufficienza, nonche' il contrasto
frontale con il criterio di delega di cui all'art. 5, comma 1,
lettera a), n. 1), della legge delega n. 53/2021, ai sensi della
quale la disciplina di cui al decreto ministeriale avrebbe dovuto
«prevede misure di salvaguardia delle iniziative di sviluppo in corso
che risultino coerenti con i criteri di localizzazione degli impianti
preesistenti». Nella misura in cui la richiamata possibilita' di fare
salve le aree idonee si e' tradotta, nelle disposizioni regionali di
attuazione, nell'assenza di un qualsivoglia regime di salvaguardia,
la violazione del criterio di delega di cui all'art. 5, comma 1,
lettera a), n. 1), della legge n. 53/2021 ha assunto una portata
immediatamente lesiva, trattandosi di previsione di un «un atto
generale [che] incide senz'altro [...] sui comportamenti e sulle
scelte dei suoi destinatari» (Consiglio di Stato, IV, 17 marzo 2022,
n. 1937).
34. L'eventuale annullamento del decreto sul punto sarebbe
peraltro, allo stato e in presenza delle disposizioni recate dalla
legge regionale n. 20/2024, priva di ogni utilita' per la parte
ricorrente. Essa, infatti, non potrebbe comunque ulteriormente
coltivare i progetti sopra citati, in quanto la disciplina
legislativa regionale costituirebbe a tal riguardo un ostacolo
assoluto. Laddove, invece, le disposizioni menzionate fossero
dichiarate costituzionalmente illegittime, l'annullamento del decreto
determinerebbe, medio tempore, l'applicazione della disciplina
previgente, che consentirebbe la prosecuzione dell'iter
autorizzatorio e, sul piano conformativo, l'obbligo per le autorita'
ministeriali di predisporre una nuova e piu' confacente disciplina di
salvaguardia per le iniziative in corso. Deriva da quanto sopra la
rilevanza, ai fini del presente giudizio, delle questioni di
costituzionalita' di seguito sollevate.
Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita'
costituzionale degli articoli 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche'
degli allegati A, B, C, D ed E della legge della Regione autonoma
della Sardegna n. 20/2024 con riferimento agli articoli 3, 9, 11, 41,
97, 117 della Costituzione, nonche' all'art. 10 della legge
costituzionale n. 3/2001 e agli articoli 3 e 4 della legge
costituzionale n. 3/1948
35. La disciplina statutaria assegna alla Regione autonoma
Sardegna la competenza primaria in materia di «edilizia e
urbanistica» (art. 3, lettera f), nonche' la correlata «competenza
paesaggistica» ai sensi dell'art. 6 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 480 del 1975. L'art. 4, lettera e), prevede la
competenza concorrente nella materia «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia elettrica», da esercitarsi nel
limite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato.
36. La legge regionale n. 20/2024 costituisce «legge di governo
del territorio, urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico»
(art. 1, comma 2). Tuttavia, nella misura in cui essa ha ad oggetto
precipuo «l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee
all'installazione e promozione di impianti a fonti di energia
rinnovabile (FER)», e' da ritenersi che afferisca prevalentemente
alla competenza statutaria in materia di «produzione e distribuzione
dell'energia elettrica» (art. 4, lettera e), dello statuto speciale).
37. Peraltro, pur al cospetto di un intreccio di competenze, esse
- quella primaria di tutela del paesaggio e di edilizia ed
urbanistica e quella concorrente in materia di energia elettrica -
devono comunque esercitarsi «In armonia con la Costituzione e i
principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto
degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche'
delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della
Repubblica», oltreche', per quanto riguarda la competenza
concorrente, nel limite «dei principi stabiliti dalle leggi dello
Stato», ai sensi dei medesimi articoli 3 e 4 dello Statuto.
38. Nel caso in esame, le disposizioni di cui alla legge
regionale n. 20/2024 contrastano con i principi stabiliti dalla legge
statale e dalle norme fondamentali di riforma economico - sociale che
si impongono anche alle Regione ad autonomia speciale per l'espressa
previsione statutaria.
39. Occorre al riguardo previamente richiamare il quadro
normativo unionale.
40. L'art. 3, paragrafo 5, del Trattato sull'Unione europea,
stabilisce che «Nelle relazioni con il resto del mondo l'Unione
afferma e promuove i suoi valori e interessi, contribuendo alla
protezione dei suoi cittadini». A tal fine essa «Contribuisce [...]
allo sviluppo sostenibile della Terra».
41. L'art. 6, paragrafo 1, del Trattato sull'Unione europea
precisa che «L'Unione riconosce i diritti, le liberta' e i principi
sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea del
7 dicembre 2000, adattata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo
stesso valore giuridico dei trattati». Ai sensi dell'art. 37 della
Carta, «Un livello elevato di tutela dell'ambiente e il miglioramento
della sua qualita' devono essere integrati nelle politiche
dell'Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo
sostenibile».
42. L'art. 11 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea
esprime la medesima esigenza sancendo che «Le esigenze connesse con
la tutela dell'ambiente devono essere integrate nella definizione e
nell'attuazione delle politiche e azioni dell'Unione, in particolare
nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile» (c.d.
principio di integrazione).
43. Secondo l'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, «La politica dell'Unione in materia ambientale contribuisce
a perseguire i seguenti obiettivi:
salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita' dell'ambiente;
protezione della salute umana;
utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
promozione sul piano internazionale di misure destinate a risolvere i
problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e, in
particolare, a combattere i cambiamenti climatici.
2. La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un
elevato livello di tutela, tenendo conto della diversita' delle
situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa e' fondata sui
principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio
della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati
all'ambiente, nonche' sul principio "chi inquina paga"».
44. Ai sensi dell'art. 192, paragrafo 1, del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea, «Il Parlamento europeo e il
Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria e
previa consultazione del Comitato economico e sociale e del Comitato
delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono essere
intraprese dall'Unione per realizzare gli obiettivi dell'art. 191».
45. L'art. 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea
stabilisce, a sua volta, che «Nel quadro dell'instaurazione o del
funzionamento del mercato interno e tenendo conto dell'esigenza di
preservare e migliorare l'ambiente, la politica dell'Unione nel
settore dell'energia e' intesa, in uno spirito di solidarieta' tra
Stati membri, a [...] promuovere il risparmio energetico,
l'efficienza energetica e lo sviluppo di energie nuove e
rinnovabili».
46. Protezione dell'ambiente e promozione delle c.d. energie
rinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. Come
si ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, l'uso di
fonti di energia rinnovabili per la produzione di elettricita' e'
utile alla tutela dell'ambiente in quanto contribuisce alla riduzione
delle emissioni di gas a effetto serra che compaiono tra le
principali cause dei cambiamenti climatici che l'Unione europea e i
suoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L'incremento della
quota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli elementi
portanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni
e conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche' agli altri impegni
assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle
emissioni dei gas a effetto serra. Cio', peraltro, e' funzionale
anche alla tutela della salute e della vita delle persone e degli
animali, nonche' alla preservazione dei vegetali (cfr. le sentenze 1°
luglio 2014, C-573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.).
47. La Corte di giustizia ha peraltro precisato che l'art. 191
del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea si limita a
definire gli obiettivi generali dell'Unione in materia ambientale,
mentre l'art. 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea
affida al Parlamento europeo e al Consiglio dell'Unione europea il
compito di decidere le azioni da avviare al fine del raggiungimento
di detti obiettivi. Di conseguenza, l'art. 191 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea non puo' essere invocato in quanto
tale dai privati al fine di escludere l'applicazione di una normativa
nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale
quando non sia applicabile nessuna normativa dell'Unione adottata in
base all'art. 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
viceversa, l'art. 191 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea assume rilevanza allorquando esso trovi attuazione nel
diritto derivato (cfr. Corte di giustizia dell'Unione europea,
sentenza 4 marzo 2015, C-534/13, 39 ss.).
48. Disposizioni sulla promozione dell'energia elettrica da fonti
energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell'art. 175 del
trattato CE (ora 192 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea), sono state introdotte gia' con la direttiva 2001/77/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 e,
successivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 23 aprile 2009.
49. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del
Consiglio dell'11 dicembre 2018 si e' proceduto alla rifusione e alla
modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel
dettare la relativa disciplina e' stato considerato, tra l'altro,
che:
«[...]
(2) Ai sensi dell'art. 194, paragrafo 1, del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la promozione delle forme
di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della
politica energetica dell'Unione. Tale obiettivo e' perseguito dalla
presente direttiva. Il maggiore ricorso all'energia da fonti
rinnovabili o all'energia rinnovabile costituisce una parte
importante del pacchetto di misure necessarie per ridurre le
emissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni
dell'Unione nel quadro dell'accordo di Parigi del 2015 sui
cambiamenti climatici, a seguito della 21a Conferenza delle parti
della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici ("accordo di Parigi"), e il quadro per le politiche
dell'energia e del clima all'orizzonte 2030, compreso l'obiettivo
vincolante dell'Unione di ridurre le emissioni di almeno il 40 %
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L'obiettivo vincolante in
materia di energie rinnovabili a livello dell'Unione per il 2030 e i
contributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote di
riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi nazionali generali
per il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per
la politica energetica e ambientale dell'Unione [...].
(3) Il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili puo'
svolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la
sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire
un'energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo
tecnologico e l'innovazione, oltre alla leadership tecnologica e
industriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e
sanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo
regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o
nei territori a bassa densita' demografica o soggetti a parziale
deindustrializzazione.
(4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i
maggiori progressi tecnologici, gli incentivi all'uso e alla
diffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie
energeticamente efficienti e la promozione dell'utilizzo di energia
rinnovabile nei settori dell'energia elettrica, del riscaldamento e
del raffrescamento, cosi' come in quello dei trasporti sono strumenti
molto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per
ridurre le emissioni a effetto serra nell'Unione e la sua dipendenza
energetica.
(5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo
per la promozione dell'utilizzo di energia da fonti rinnovabili che
fissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia
rinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da
raggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22
gennaio 2014, intitolata "Quadro per le politiche dell'energia e del
clima per il periodo dal 2020 al 2030" ha definito un quadro per le
future politiche dell'Unione nei settori dell'energia e del clima e
ha promosso un'intesa comune sulle modalita' per sviluppare dette
politiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo
dell'Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell'Unione
pari ad almeno il 27 % entro il 2030. Tale proposta e' stata
sostenuta dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre
2014, le quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare
i propri obiettivi nazionali piu' ambiziosi, per realizzare i
contributi all'obiettivo dell'Unione per il 2030 da essi pianificati
e andare oltre.
(6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio
2014, "Un quadro per le politiche dell'energia e del clima
all'orizzonte 2030", e del 23 giugno 2016, "I progressi compiuti
nell'ambito delle energie rinnovabili", si e' spinto oltre la
proposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio,
sottolineando che, alla luce dell'accordo di Parigi e delle recenti
riduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile
essere molto piu' ambiziosi.
[...]
(8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo
vincolante dell'Unione in relazione alla quota di energia da fonti
rinnovabili pari almeno al 32 %. Inoltre, la Commissione dovrebbe
valutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce
di sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia
rinnovabile, degli impegni internazionali dell'Unione a favore della
decarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo
energetico nell'Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro
contributo al conseguimento di tale obiettivo nell'ambito dei
rispettivi piani nazionali integrati per l'energia e il clima in
applicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)
2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio.
[...]
(10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati
conseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi
nazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il
contributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030. In
nessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili dovrebbero
scendere al di sotto di tali contributi. [...].
(11) Gli Stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure
qualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non
permettesse di mantenere la traiettoria dell'Unione verso l'obiettivo
di almeno il 32 % di energie rinnovabili. Come stabilito nel
regolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali
integrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente
livello di ambizione, la Commissione puo' adottare misure a livello
dell'Unione per assicurare il conseguimento dell'obiettivo. Se, nel
valutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull'energia e
il clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la
realizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero applicare
le misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale
lacuna».
50. Le richiamate rationes hanno condotto a introdurre, tra
l'altro, un obiettivo vincolante complessivo dell'Unione per il 2030
(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a far
si' che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale
lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32 %. La
Commissione valuta tale obiettivo al fine di presentare, entro il
2023, una proposta legislativa intesa a rialzarlo nel caso di
ulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia
rinnovabile, se risulta necessario per rispettare gli impegni
internazionali dell'Unione a favore della decarbonizzazione o se il
rialzo e' giustificato da un significativo calo del consumo
energetico nell'Unione», con la precisazione che «Se, sulla base
della valutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per
l'energia e il clima, presentati ai sensi dell'art. 9 del regolamento
(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali
degli Stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente
l'obiettivo vincolante complessivo dell'Unione, la Commissione segue
la procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento».
51. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell'art. 192 del
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ha istituito un
quadro per il conseguimento della neutralita' climatica, nel
presupposto che:
«(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici
richiede una maggiore ambizione e un'intensificazione dell'azione per
il clima da parte dell'Unione e degli Stati membri. L'Unione si e'
impegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti
climatici e a dare attuazione all'accordo di Parigi adottato
nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici ("accordo di Parigi"), guidata dai suoi
principi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche
disponibili, nel contesto dell'obiettivo a lungo termine relativo
alla temperatura previsto dall'accordo di Parigi.
[...]
(4) Un obiettivo stabile a lungo termine e' fondamentale per
contribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione
di posti di lavoro di alta qualita', alla crescita sostenibile e al
conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni
Unite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto
di vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi
l'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'accordo di Parigi.
[...]
(9) L'azione per il clima dell'Unione e degli Stati membri
mira a tutelare le persone e il pianeta, il benessere, la
prosperita', l'economia, la salute, i sistemi alimentari,
l'integrita' degli ecosistemi e la biodiversita' contro la minaccia
dei cambiamenti climatici, nel contesto dell'agenda 2030 delle
Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli
obiettivi dell'accordo di Parigi; mira inoltre a massimizzare la
prosperita' entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza e
ridurre la vulnerabilita' della societa' ai cambiamenti climatici. In
quest'ottica, le azioni dell'Unione e degli Stati membri dovrebbero
essere guidate dal principio di precauzione e dal principio "chi
inquina paga", istituiti dal trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell'efficienza
energetica al primo posto e del principio del "non nuocere" del Green
Deal europeo.
[...]
(11) Vista l'importanza della produzione e del consumo di
energia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e'
indispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico
sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione
delle energie rinnovabili, su un mercato interno dell'energia ben
funzionante e sul miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo
nel contempo la poverta' energetica. Anche la trasformazione
digitale, l'innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono
fattori importanti per conseguire l'obiettivo della neutralita'
climatica.
[...]
(20) L'Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050,
un equilibrio all'interno dell'Unione tra le emissioni antropogeniche
dalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a
effetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno,
raggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe
comprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a
livello dell'Unione regolamentati nel diritto dell'Unione. [...]
[...]
(25) La transizione verso la neutralita' climatica presuppone
cambiamenti nell'intero spettro delle politiche e uno sforzo
collettivo di tutti i settori dell'economia e della societa', come
evidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle
conclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le
normative e politiche pertinenti dell'Unione devono essere coerenti
con il conseguimento dell'obiettivo della neutralita' climatica e
contribuirvi, nel rispetto della parita' di condizioni, e ha invitato
la Commissione a valutare se cio' richieda un adeguamento delle norme
vigenti.
[...]
(36) Al fine di garantire che l'Unione e gli Stati membri
restino sulla buona strada per conseguire l'obiettivo della
neutralita' climatica e registrino progressi nell'adattamento, e'
opportuno che la Commissione valuti periodicamente i progressi
compiuti, sulla base delle informazioni di cui al presente
regolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma
del regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi
collettivi compiuti dagli Stati membri rispetto all'obiettivo della
neutralita' climatica o all'adattamento siano insufficienti o che le
misure dell'Unione siano incoerenti con l'obiettivo della neutralita'
climatica o inadeguate per migliorare la capacita' di adattamento,
rafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita', la Commissione
dovrebbe adottare le misure necessarie conformemente ai trattati.
[...]».
52. Il regolamento ha quindi sancito (art. 1) «l'obiettivo
vincolante della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050, in
vista dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell'accordo di Parigi»,
precisando che, onde conseguire tale obiettivo, «il traguardo
vincolante dell'Unione in materia di clima per il 2030 consiste in
una riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra
(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55 % rispetto ai
livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4).
53. Ai sensi dell'art. 5 del regolamento, «Le istituzioni
competenti dell'Unione e gli Stati membri assicurano il costante
progresso nel miglioramento della capacita' di adattamento, nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7 dell'accordo di
Parigi», garantendo inoltre che «le politiche in materia di
adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano coerenti, si
sostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le
politiche settoriali e si adoperino per integrare meglio
l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di
intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione». A tal fine, «Gli Stati membri adottano e attuano
strategie e piani nazionali di adattamento, tenendo conto della
strategia dell'Unione sull'adattamento ai cambiamenti climatici [...]
e fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti climatici e
di vulnerabilita', sulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli
indicatori, e basandosi sulle migliori e piu' recenti evidenze
scientifiche disponibili. Nelle loro strategie nazionali di
adattamento, gli Stati membri tengono conto della particolare
vulnerabilita' dei pertinenti settori, tra cui l'agricoltura, e dei
sistemi idrici e alimentari nonche' della sicurezza alimentare, e
promuovono soluzioni basate sulla natura e l'adattamento basato sugli
ecosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e
includono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono
tenuti a presentare a norma dell'art. 19, paragrafo 1, del
regolamento (UE) 2018/1999».
54. La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l'altro,
disposizioni volte a modificare la direttiva (UE) 2018/2001, il
regolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto
riguarda la promozione dell'energia da fonti rinnovabili,
evidenziando che:
«[...]
(2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel
conseguimento di tali obiettivi, dato che il settore energetico
contribuisce attualmente per oltre il 75 % alle emissioni totali di
gas a effetto serra nell'Unione. Riducendo tali emissioni di gas a
effetto serra, le energie rinnovabili possono anche contribuire ad
affrontare sfide ambientali come la perdita di biodiversita', e a
ridurre l'inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione
della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo "Un percorso verso
un pianeta piu' sano per tutti - Piano d'azione dell'UE: Verso
l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e il suolo". La transizione
verde verso un'economia basata sulle energie da fonti rinnovabili
contribuira' a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591
del Parlamento europeo e del Consiglio, che mira altresi' a
proteggere, ripristinare e migliorare lo stato dell'ambiente,
mediante, tra l'altro, l'interruzione e l'inversione del processo di
perdita di biodiversita'. [...].
(4) Il contesto generale determinato dall'invasione
dell'Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di
COVID-19 ha provocato un'impennata dei prezzi dell'energia
nell'intera Unione, evidenziando in tal modo la necessita' di
accelerare l'efficienza energetica e accrescere l'uso delle energie
da fonti rinnovabili nell'Unione. Al fine di conseguire l'obiettivo a
lungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi terzi,
l'Unione dovrebbe concentrarsi sull'accelerazione della transizione
verde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione delle
emissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili
fossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e
le imprese dell'Unione in tutti i settori dell'economia.
(5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della
Commissione del 18 maggio 2022 ("piano REPowerEU") mira a rendere
l'Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del
2030. Tale comunicazione prevede l'anticipazione delle capacita'
eolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale
energia e capacita' supplementari di energia da fonti rinnovabili
entro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili
rinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori
a valutare la possibilita' di innalzare o anticipare gli obiettivi
fissati per l'aumento della quota di energia rinnovabile nel mix
energetico. [...] Al di la' di tale livello obbligatorio, gli Stati
membri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente
l'obiettivo complessivo dell'Unione del 45 % di energia da fonti
rinnovabili, in linea con il piano REPowerEU.
(6) [...] E' auspicabile che gli Stati membri possano
combinare diverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire
l'obiettivo dell'Unione di raggiungere la neutralita' climatica entro
il 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e
della struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di
realizzare tale obiettivo, la diffusione dell'energia rinnovabile nel
quadro del piu' elevato obiettivo generale vincolante dell'Unione
dovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione
che comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che
gli Stati membri decidono di perseguire.
[...]
(25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere una piu' rapida
diffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando
una mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili
e per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti
locali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare le zone
terrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e
marine necessarie per l'installazione degli impianti di produzione di
energia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di
apportare almeno i rispettivi contributi nazionali all'obiettivo
complessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per
il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)
2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell'obiettivo della
neutralita' climatica entro e non oltre il 2050, in conformita' del
regolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli Stati membri dovrebbero
garantire che le zone in questione riflettano le rispettive
traiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e
dovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di
tecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro
piani nazionali integrati per l'energia e il clima presentati a norma
degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. [...].
(26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme
di tali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e
sottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di
accelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere
particolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia
di energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia,
sulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia
da fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale
significativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le
energie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero evitare le zone
protette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune
misure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero poter designare
zone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per
uno o piu' tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e
dovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili
adatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Gli Stati membri dovrebbero designare tali zone di
accelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di
tecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per
le energie rinnovabili, alla luce delle specificita' e dei requisiti
del tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di
accelerazione per le energie rinnovabili. Cosi' facendo, gli Stati
membri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate
di tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento
degli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001.
(27) L'uso polivalente dello spazio per la produzione di
energia rinnovabile e per altre attivita' terrestri, delle acque
interne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il
ripristino della natura, allentano i vincoli d'uso del suolo, delle
acque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione
territoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui
individuare e orientare precocemente le sinergie per l'uso del suolo,
delle acque interne e del mare. Gli Stati membri dovrebbero
esplorare, consentire e favorire l'uso polivalente delle zone
individuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali
adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri agevolino,
ove necessario, i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare, purche'
i diversi usi e attivita' siano compatibili tra di loro e possano
coesistere.
[...]
(36) In considerazione della necessita' di accelerare la
diffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle
zone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe
impedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia
rinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi
progetti dovrebbero continuare a sottostare all'obbligo di
valutazione specifica dell'impatto ambientale a norma della direttiva
2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle
autorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia
rinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle
autorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l'obiettivo di
energia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche
le procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti
fuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili
dovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso
l'introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della
procedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni
ambientali specifiche per ciascun progetto».
55. In ragione delle considerazioni sopra richiamate, la
direttiva ha introdotto, tra l'altro, disposizioni in materia di
mappatura delle zone necessarie per i contributi nazionali
all'obiettivo complessivo dell'Unione di energia rinnovabile per il
2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche' di
procedure amministrative per il rilascio delle relative
autorizzazioni.
56. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del
Consiglio dell'11 dicembre 2018, adottato sulla base degli articoli
192 e 194 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea,
stabilisce la necessaria base legislativa per una governance
dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima affidabile,
inclusiva, efficace sotto il profilo dei costi, trasparente e
prevedibile che garantisca il conseguimento degli obiettivi e dei
traguardi a lungo termine fino al 2030 dell'Unione dell'energia, in
linea con l'accordo di Parigi del 2015 sui cambiamenti climatici
derivante dalla 21a Conferenza delle parti alla Convenzione quadro
delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, attraverso sforzi
complementari, coerenti e ambiziosi da parte dell'Unione e degli
Stati membri, limitando la complessita' amministrativa.
57. Nel configurare tale meccanismo e' stato considerato, in
particolare, che:
«(2) L'Unione dell'energia dovrebbe coprire cinque
dimensioni: la sicurezza energetica; il mercato interno dell'energia;
l'efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la
ricerca, l'innovazione e la competitivita'.
(3) L'obiettivo di un'Unione dell'energia resiliente e
articolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e' di
fornire ai consumatori dell'UE - comprese famiglie e imprese -
energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di
promuovere la ricerca e l'innovazione attraendo investimenti; cio'
richiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo.
Tale trasformazione e' inoltre strettamente connessa alla necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse
naturali, in particolare promuovendo l'efficienza energetica e i
risparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile
[...].
[...]
(7) L'obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il
40 % delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico
entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e' stato formalmente
approvato in occasione del Consiglio "Ambiente" del 6 marzo 2015,
quale contributo previsto determinato a livello nazionale,
dell'Unione e dei suoi Stati membri all'accordo di Parigi. L'accordo
di Parigi e' stato ratificato dall'Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e'
entrato in vigore il 4 novembre 2016; sostituisce l'approccio
adottato nell'ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che e' stato
approvato dall'Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio
(7) e che non sara' prorogato dopo il 2020. E' opportuno aggiornare
di conseguenza il sistema dell'Unione per il monitoraggio e la
comunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto
serra.
(8) L'accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione
globale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e
stabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l'obiettivo di
mantenere l'aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto
di 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad
adoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5 °C
rispetto ai livelli preindustriali.
[...]
(12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il
Consiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di
governance affidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi
superflui e con una sufficiente flessibilita' per gli Stati membri
per contribuire a garantire che l'Unione rispetti i suoi obiettivi di
politica energetica, nel pieno rispetto della liberta' degli Stati
membri di stabilire il proprio mix energetico [...]
[...]
(18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance
dovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli
obiettivi dell'Unione dell'energia, in particolare gli obiettivi del
quadro 2030 per il clima e l'energia, nei settori della riduzione
delle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia
rinnovabili e dell'efficienza energetica. Tali obiettivi derivano
dalla politica dell'Unione in materia di energia e dalla necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse
naturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi,
tra loro inscindibili, puo' essere considerato secondario rispetto
all'altro. Il presente regolamento e' quindi legato alla legislazione
settoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia
e di clima. Gli Stati membri devono poter scegliere in modo
flessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze
nazionali e al loro mix energetico, purche' tale flessibilita' sia
compatibile con l'ulteriore integrazione del mercato,
l'intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli
obiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a
un'economia sostenibile a basse emissioni di carbonio.
[...]
(36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo
termine con una prospettiva di almeno 30 anni per contribuire al
conseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell'UNFCCC e
all'accordo di Parigi, nel contesto dell'obiettivo dell'accordo di
Parigi di mantenere l'aumento della temperatura media mondiale ben al
di sotto dei 2 °C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per
limitare tale aumento a 1,5 °C rispetto ai livelli preindustriali
nonche' delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a
effetto serra e dell'aumento dell'assorbimento dai pozzi in tutti i
settori in linea con l'obiettivo dell'Unione [...].
(56) Se l'ambizione dei piani nazionali integrati per
l'energia e il clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente
per il raggiungimento collettivo degli obiettivi dell'Unione
dell'energia e, nel primo periodo, in particolare per il
raggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile
e di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a
livello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di
tali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali "divari di
ambizione"). Qualora i progressi dell'Unione verso tali obiettivi e
traguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la
Commissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre
misure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure
gli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire
il raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi' eventuali
"divari nel raggiungimento". Tali misure dovrebbero altresi' tenere
conto degli sforzi pregressi dagli Stati membri per raggiungere
l'obiettivo 2030 relativo all'energia rinnovabile ottenendo, nel 2020
o prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili
superiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando
progressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il
2020 o nell'attuazione del loro contributo all'obiettivo vincolante
dell'Unione di almeno il 32 % di energia rinnovabile nel 2030. In
materia di energia rinnovabile, le misure possono includere anche
contributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati a un
meccanismo di finanziamento dell'energia rinnovabile nell'Unione
gestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti
sull'energia rinnovabile piu' efficienti in termini di costi in tutta
l'Unione, offrendo cosi' agli Stati membri la possibilita' di
contribuire al conseguimento dell'obiettivo dell'Unione al minor
costo possibile. Gli obiettivi degli Stati membri in materia di
rinnovabili per il 2020 dovrebbero servire come quota base di
riferimento di energia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero
essere mantenuti per tutto il periodo. In materia di efficienza
energetica, le misure aggiuntive possono mirare soprattutto a
migliorare l'efficienza di prodotti, edifici e trasporti.
(57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di
energia rinnovabile per il 2020, di cui all'allegato I della
direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,
dovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria
indicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno
Stato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza
piu' elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una
quota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della
direttiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota
di energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia
di ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota
base di riferimento.
(58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di
riferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe
adottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario
rispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente
adottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare
il divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai
requisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento
in cui il divario in questione si e' verificato, sia ai sensi del
presente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]».
58. Il meccanismo di governance si e' tradotto, tra l'altro,
nelle seguenti previsioni (come aggiornate con la direttiva (UE)
2023/2413):
«Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e
successivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla
Commissione un piano nazionale integrato per l'energia e il clima
[...]» (art. 3):
«Ciascuno Stato membro definisce nel suo piano nazionale
integrato per l'energia e il clima i principali obiettivi, traguardi
e contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all'allegato I,
sezione A, punto 2:
a) dimensione "decarbonizzazione":
[...]
2) per quanto riguarda l'energia rinnovabile:
al fine di conseguire l'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota
di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1,
della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota
dello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo
di energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue
una traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa
raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18 % dell'aumento
totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l'obiettivo
nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il
suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria
indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43 %
dell'aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra
l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro
interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2027, la
traiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad
almeno il 65 % dell'aumento totale della quota di energia da fonti
rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello
Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030.
Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere almeno il
contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro prevede
di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la
sua traiettoria indicativa puo' iniziare al livello che si aspetta di
raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri, nel loro
insieme, concorrono al raggiungimento dei punti di riferimento
dell'Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all'obiettivo vincolante
dell'Unione per la quota di energia rinnovabile per il 2030 di cui
all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001.
Indipendentemente dal suo contributo all'obiettivo dell'Unione e
dalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento,
uno Stato membro e' libero di stabilire obiettivi piu' ambiziosi per
finalita' di politica nazionale» (art. 4);
«Nel proprio contributo alla propria quota di energia da
fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e
dell'ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi
di cui all'art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene
conto degli elementi seguenti:
a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001;
b) misure adottate per conseguire il traguardo di efficienza
energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE;
c) altre misure esistenti volte a promuovere l'energia rinnovabile
nello Stato membro e, ove pertinente, a livello di Unione;
d) l'obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da fonti
rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui all'allegato I
della direttiva (EU) 2018/2001.
e) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione
dell'energia rinnovabile, quali:
i) l'equa distribuzione della diffusione nell'Unione;
ii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL pro
capite;
iii) il potenziale per una diffusione delle energie rinnovabili
efficace sul piano dei costi;
iv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi quelli
delle zone e regioni non interconnesse;
v) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri;
vi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi
pregressi.
[...]
2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la somma
dei rispettivi contributi ammonti almeno all'obiettivo vincolante
dell'Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030
di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.
5);
«Se nel settore dell'energia rinnovabile, in base alla
valutazione di cui all'art. 29, paragrafi 1 e 2, la Commissione
conclude che uno o piu' punti di riferimento della traiettoria
indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all'art. 29,
paragrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,
2025 e2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti di
riferimento nazionali di cui all'art. 4, lettera a), punto 2,
provvedono all'attuazione di misure supplementari entro un anno dal
ricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il
divario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali:
a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione dell'energia
rinnovabile;
b) l'adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili nel
settore del riscaldamento e raffreddamento di cui all'art. 23,
paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001;
c) l'adeguamento della quota di energia da fonti rinnovabili nel
settore dei trasporti di cui all'art. 25, paragrafo 1, della
direttiva (UE) 2018/2001;
d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di finanziamento
dell'Unione per l'energia rinnovabile istituito a livello unionale
per contribuire a progetti in materia di energia da fonti rinnovabili
gestiti direttamente o indirettamente dalla Commissione, come
indicato all'art. 33;
e) l'utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla direttiva
(UE) 2018/2001» (art. 32).
59. La legge 22 aprile 2021, n. 53, ha dettato «Principi e
criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001,
sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili», demando
al Governo, tra l'altro:
la previsione, previa intesa con la Conferenza unificata, su
proposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e
con il Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il
turismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati
nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), di
una disciplina per l'individuazione delle superfici e delle aree
idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti
rinnovabili nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio
culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della
qualita' dell'aria e dei corpi idrici, nonche' delle specifiche
competenze dei Ministeri per i beni e le attivita' culturali e per il
turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando
l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni
industriali e parcheggi, e aree non utilizzabili per altri scopi,
compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilita' delle
risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda
elettrica, nonche' tenendo in considerazione la dislocazione della
domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo
della rete stessa, a tal fine osservando i seguenti indirizzi:
1) definizione dei criteri per l'individuazione di aree idonee
all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza
complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal
PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti
rinnovabili, con indicazione di criteri per la ripartizione fra
regioni e province autonome e previsione di misure di salvaguardia
delle iniziative di sviluppo in corso che risultino coerenti con i
criteri di localizzazione degli impianti preesistenti;
2) previsione di un termine di sei mesi per la realizzazione del
processo programmatorio di individuazione delle aree;
b) di assicurare il rispetto dei principi della
minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul territorio e sul
paesaggio, fermo restando il vincolo del raggiungimento degli
obiettivi di decarbonizzazione al 2030 e tenendo conto della
sostenibilita' dei costi correlati al raggiungimento di tale
obiettivo.
60. Il decreto legislativo n. 199/2021 costituisce «Attuazione
della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del
Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l'obiettivo di
accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando
disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza
con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico
al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050», definendo «gli
strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale,
finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli
obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili
al 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto
dei criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53», recando
«disposizioni necessarie all' attuazione delle misure del Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia
di energia da fonti rinnovabili, conformemente al Piano Nazionale
Integrato per l'Energia e il Clima (di seguito anche: PNIEC), con la
finalita' di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,
gia' orientati all'aggiornamento degli obiettivi nazionali da
stabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si
prevede, per l'Unione europea, un obiettivo vincolante di riduzione
delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 percento
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030».
61. L'art. 20 del decreto ha, in particolare, previsto che:
con uno o piu' decreti del Ministro della transizione
ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro
delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in
sede di Conferenza unificata, sono stabiliti principi e criteri
omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e
non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi
una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come
necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di
sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai
sensi del comma 8;
in via prioritaria, con i suddetti decreti si provvede a
dettare i criteri per l'individuazione delle aree idonee
all'installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel
PNIEC, stabilendo le modalita' per minimizzare il relativo impatto
ambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti
impianti per unita' di superficie, nonche' dagli impianti a fonti
rinnovabili di produzione di energia elettrica gia' installati e le
superfici tecnicamente disponibili, e altresi' a indicare le
modalita' per individuare superfici, aree industriali dismesse e
altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla
installazione di impianti a fonti rinnovabili;
i decreti stabiliscono anche la ripartizione della potenza
installata fra Regioni e Province autonome, prevedendo sistemi di
monitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri
per il trasferimento statistico fra le medesime Regioni e Province
autonome;
nel dettare la disciplina delle aree idonee si tiene conto
delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio,
delle aree agricole e forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi
idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate,
quali capannoni industriali e parcheggi, nonche' di aree a
destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e
verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi
incluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con
le caratteristiche e le disponibilita' delle risorse rinnovabili,
delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonche'
tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli
eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete
stessa;
conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di
cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore dei medesimi decreti, le Regioni individuano con legge le aree
idonee;
in sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee
per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i
principi della minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul
territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo restando
il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al
2030 e tenendo conto della sostenibilita' dei costi correlati al
raggiungimento di tale obiettivo;
nelle more dell'individuazione delle aree idonee, non possono
essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei
procedimenti di autorizzazione;
le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere
dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di
energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero
nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata
inclusione nel novero delle aree idonee;
in attesa della disciplina di cui ai menzionati decreti
attuativi, le aree idonee sono individuate ex lege dal medesimo
decreto legislativo.
62. Come precedentemente rilevato (cfr. i punti da 15 a 29 della
presente ordinanza), il decreto ministeriale 21 giugno 2024 non ha
innovato il concetto di area non idonea contenuto nelle linee guida
di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010. Queste, infatti,
continuano a configurarsi come aree con «obiettivi di protezione non
compatibili con l'insediamento [...] di specifiche tipologie e/o
dimensioni di impianti». Detta incompatibilita', tuttavia, non si
traduce in una preclusione assoluta, bensi' in «una elevata
probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede di
autorizzazione», che dovra' comunque risultare all'esito di specifica
istruttoria. Ne consegue che, sotto tale profilo, la definizione
contenuta nel decreto impugnato non innova in alcun modo il concetto
di area non idonea quale gia' enucleato dalle linee guida.
63. In contrasto con tali indicazioni, l'art. 1, comma 5, della
legge regionale Sardegna n. 20/2024 stabilisce che «E' vietata la
realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non
idonee cosi' come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai
commi 9 e 11». Tale previsione si pone in violazione degli articoli
117, primo e terzo comma della Costituzione in relazione agli
articoli 20 del decreto legislativo n. 199/2021, alle disposizioni
del decreto ministeriale 21 giugno 2024, nonche' al principio di
massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabile
come emergente dalla disciplina unionale sopra richiamata.
L'inadeguatezza di una determinata area o di un determinato sito ad
ospitare impianti da fonti rinnovabili, infatti, non puo' derivare da
una qualificazione aprioristica, generale ed astratta, ma puo'
soltanto conseguire all'esito di un procedimento amministrativo che
consenta una valutazione in concreto delle inattitudini del luogo, in
ragione delle relative specificita'.
64. L'impatto di un divieto di tale portata e', inoltre, del
tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un severo limite
all'individuazione delle zone disponibili per l'installazione degli
impianti che, a termini dell'art. 15-ter, paragrafo 1, secondo
periodo, della direttiva (UE) 2018/2001, devono essere commisurate
«alle traiettorie stimate e alla potenza totale installata
pianificata delle tecnologie per le energie rinnovabili stabilite nei
piani nazionali per l'energia e il clima presentati a norma degli
articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999».
65. A questo riguardo, occorre infatti rilevare che le previsioni
dell'art. 1, comma 5, lette in combinato disposto con gli allegati
alla legge, prevedono una sterminata casistica di aree vietate, con
un elenco di 45 pagine, definite peraltro sulla base di astratte
esigenze di protezione non specificamente riferite a luoghi concreti,
ricomprendendo non solo le aree e i beni specificamente tutelati, ma
sostanzialmente la maggior parte del territorio regionale (cfr. ad
es. riferimenti agli «Ulteriori elementi con valenza storico -
culturale, di natura archeologica, architettonica e identitaria,
quali beni potenziali non ricompresi nel Piano Paesaggistico vigente
al momento dell'entrata in vigore della presente legge, ed aree
circostanti che distano meno di 3 chilometri, in linea d'aria» -
allegato A, lettera bb), allegato B, lettera y), allegato C, lettera
bb), allegato D, lettera aa), allegato E, lettera bb)).
66. Peraltro, in forza dell'art. 32 del regolamento (UE)
2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu' punti di
riferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e
2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e
2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti di
riferimento nazionali possono essere tenuti all'adozione di misure
supplementari, ivi incluso un pagamento finanziario volontario al
meccanismo di finanziamento dell'Unione per l'energia rinnovabile
istituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di
energia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente
dalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga parte del
territorio di una Regione alla possibilita' di installare impianti
FER potrebbe, pertanto, implicare l'obbligo di adottare misure
supplementari, con impatti anche sulle finanze pubbliche, ove
ostacoli il raggiungimento degli obiettivi.
67. Nella misura in cui puo' ostacolare il raggiungimento degli
obiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie
rinnovabili, il divieto in questione si pone anche in posizione
critica rispetto alla strategia di adattamento ai cambiamenti
climatici dell'Unione. Come precedentemente ricordato, ai sensi
dell'art. 5 del regolamento (UE) 2021/1119, «Le istituzioni
competenti dell'Unione e gli Stati membri assicurano il costante
progresso nel miglioramento della capacita' di adattamento, nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7 dell'accordo di
Parigi». Essi, inoltre, «garantiscono [...] che le politiche in
materia di adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano
coerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici
collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare
meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di
intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione».
68. Come precisato dalla Commissione europea nella Comunicazione
COM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell'UE per l'adattamento ai
cambiamenti climatici, «Il Green Deal europeo, la strategia di
crescita dell'UE per un futuro sostenibile, si basa sulla
consapevolezza che la trasformazione verde e' un'opportunita' e che
la mancata azione ha un costo enorme. Con esso l'UE ha mostrato la
propria leadership per scongiurare lo scenario peggiore -
impegnandosi a raggiungere la neutralita' climatica - e prepararsi al
meglio - puntando ad azioni di adattamento piu' ambiziose che si
fondano sulla strategia dell'UE di adattamento del 2013. La visione a
lungo termine prevede che nel 2050 l'UE sara' una societa' resiliente
ai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti
dei cambiamenti climatici. Cio' significa che entro il 2050, anno in
cui l'Unione aspira ad aver raggiunto la neutralita' climatica,
avremo rafforzato la capacita' di adattamento e ridotto al minimo la
vulnerabilita' agli effetti dei cambiamenti climatici, in linea con
l'accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il
raggiungimento dei target di potenza installata delle tecnologie
rinnovabili costituisce, all'evidenza, un elemento centrale per
conseguire nel lungo termine l'obiettivo della neutralita' climatica,
che potrebbe essere posto seriamente a rischio da una disciplina,
come quella censurata, che vieta in assoluto la realizzazione di
impianti FER in aree non idonee.
69. Il divieto sembra anche contrastare con il principio di
integrazione di cui all'art. 11 del Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea e all'art. 37 della Carta di Nizza, secondo cui
«Le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere
integrate nella definizione e nell'attuazione delle politiche e
azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo
sviluppo sostenibile». L'integrazione ambientale in tutti i settori
politici pertinenti (agricoltura, energia, pesca, trasporti, ecc.) e'
funzionale a ridurre le pressioni sull'ambiente derivanti dalle
politiche e dalle attivita' di altri settori e per raggiungere gli
obiettivi ambientali e climatici. La previsione in generale delle
aree non idonee come zone vietate solleva sul punto notevoli
perplessita', in quanto non istituisce alcuna forma di possibile
bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo un'indefettibile
prevalenza dell'interesse alla conservazione dello stato dei luoghi,
in contrasto con l'obiettivo del decreto stesso di promuovere l'uso
dell'energia da fonti rinnovabili.
70. Da quanto precede risulta anche che la disciplina censurata
confligge con il principio di proporzionalita', con violazione anche
dell'art. 3 della Costituzione. Come la Corte di giustizia ha piu'
volte ribadito, «il principio di proporzionalita' e' un principio
generale del diritto comunitario che dev'essere rispettato tanto dal
legislatore comunitario quanto dai legislatori e dai giudici
nazionali» (sentenza 11 giugno 2009, C-170/08, 41). Il sindacato di
proporzionalita' costituisce, inoltre, un aspetto del controllo di
ragionevolezza delle leggi condotto dalla giurisprudenza
costituzionale, onde verificare che il bilanciamento degli interessi
costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalita'
tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in
misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato
costituzionale. Come la stessa Corte ha precisato, «Tale giudizio
deve svolgersi "attraverso ponderazioni relative alla
proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua
insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da
soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto
delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti"
(sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita' utilizzato
da questa Corte come da molte delle giurisdizioni costituzionali
europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza, ed essenziale
strumento della Corte di giustizia dell'Unione europea per il
controllo giurisdizionale di legittimita' degli atti dell'Unione e
degli Stati membri, richiede di valutare se la norma oggetto di
scrutinio, con la misura e le modalita' di applicazione stabilite,
sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente
perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva quella
meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non
sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi» (Corte
costituzionale, sentenza n. 1 del 2014).
71. Inoltre, ai sensi dell'art. 9 della Costituzione la
Repubblica tutela l'ambiente, la biodiversita' e gli ecosistemi
«anche nell'interesse delle future generazioni», con cio'
incorporando il principio di sviluppo sostenibile nell'ambito dei
principi fondamentali in materia di tutela ambientale.
L'incondizionato sacrificio di tale principio, quale sotteso al
divieto in esame, contrasta, pertanto, con l'art. 3 della
Costituzione, nonche' con l'art. 9 citato e con la consolidata
giurisprudenza costituzionale secondo cui «Tutti i diritti
fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di
integrazione reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di
essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve
essere sempre "sistemica e non frazionata in una serie di norme non
coordinate ed in potenziale conflitto tra loro" (sentenza n. 264 del
2012). Se cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione
di uno dei diritti, che diverrebbe "tiranno" nei confronti delle
altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e
protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni
democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e
vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza
pretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di
equilibrio, proprio perche' dinamico e non prefissato in anticipo,
deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme
e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di
proporzionalita' e di ragionevolezza, tali da non consentire un
sacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte costituzionale,
sentenza n. 85 del 2013).
72. Peraltro, lo stesso decreto ministeriale prescrive, all'art.
7, comma 3, alle Regioni che, «nell'applicazione del presente comma
deve essere contemperata la necessita' di tutela dei beni con la
garanzia di raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella A
dell'art. 2 del presente decreto». Sul punto, occorre ricordare che,
anche prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n.
199/2021, l'orientamento della giurisprudenza costituzionale era nel
senso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via
generale e astratta, la non idoneita' di intere aree di territorio o
a imporre, in maniera generalizzata ed aprioristica, limitazioni
(Corte costituzionale, sentenza n. 69 del 2018). Per costante
giurisprudenza della Corte, infatti, le Regioni e le Province
autonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati
dal legislatore statale (ex multis, sentenze n. 11 del 2022, n. 177
del 2021 e n. 106 del 2020) e, nel caso di specie, racchiusi nel
citato decreto legislativo n. 199 del 2021 e nella disciplina di
attuazione (quale il decreto ministeriale aree idonee).
73. I divieti posti dalla Regione Sardegna, e in particolare
l'art. 1, comma 2, 5, 7 e 8 e i relativi allegati A, B, C, D ed E,
violano pertanto i principi fondamentali posti dallo Stato nella
materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia», di cui all'art. 117, terzo
comma, della Costituzione, espressi dal decreto legislativo n. 199
del 2021, nonche' dal decreto ministeriale 21 giugno 2024 e
contrastano con gli articoli 3, 9, 11 e 117, primo comma, della
Costituzione, in quanto incidono sul raggiungimento degli obiettivi
di decarbonizzazione fissati a livello europeo.
74. L'art. 1, inoltre, precisa che le disposizioni della legge si
applicano a tutto il territorio regionale, ivi inclusi le aree e le
superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso
di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o
statale ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica
irreversibile dello stato dei luoghi. Non solo. La legge addirittura
incide sui titoli autorizzatori e abilitativi gia' rilasciati,
comminandone l'inefficacia, mentre in relazione ai progetti gia'
realizzati prevede (al comma 8), che «Gli interventi di rifacimento,
integrale ricostruzione, potenziamento [...] sono ammessi solo
qualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata,
nonche', nel caso di impianti eolici, un aumento dell'altezza totale
dell'impianto». Ne deriva la violazione dei principi di uguaglianza,
certezza del diritto e del legittimo affidamento, nonche' il diritto
di liberta' di iniziativa economica di cui all'art. 41 della
Costituzione. Il legislatore regionale, infatti, ha imposto
l'indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori,
senza differenziare la posizione di coloro che non hanno ancora
presentato alcun progetto, che lo hanno sviluppato e gia' sottoposto
alla valutazione dell'Autorita' amministrativa sostenendo i relativi
costi di progettazione ovvero che abbiano gia' ottenuto le
autorizzazioni e iniziato a sostenere i costi di realizzazione. In
relazione ai progetti gia' realizzati, inoltre, la disciplina
regionale da' luogo a un regolamento del tutto irrazionale, in cui le
aree interessate dal progetto gia' realizzato e quelle contermini si
trasformano, di fatto, in aree vietate ratione personae: il soggetto
gia' titolare di un impianto, infatti, verrebbe privato della
possibilita' di apportare modifiche a detto impianto che ne
determinino in qualunque modo l'aumento della superficie occupata
ovvero dell'altezza totale (per gli impianti eolici), senza che
assumano alcuna rilevanza la qualificazione dell'areea (idonea, non
idonea, ordinaria) e l'entita' delle modifiche, con violazione dei
principi di uguaglianza, di ragionevolezza e di legittimo
affidamento.
75. Al riguardo, occorre ricordare che secondo la giurisprudenza
costituzionale il valore del legittimo affidamento, che trova
copertura costituzionale nell'art. 3 della Costituzione, non esclude
che il legislatore possa adottare disposizioni che modificano in
senso sfavorevole agli interessati la disciplina di rapporti
giuridici, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti
soggettivi perfetti. Cio' puo' avvenire, tuttavia, a condizione «che
tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da
intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (ex
plurimis, sentenze n. 216 e n. 56 del 2015, n. 219 del 2014, n. 154
del 2014, n. 310 e n. 83 del 2013, n. 166 del 2012 e n. 302 del 2010;
ordinanza n. 31 del 2011). Nel caso di specie, invece, la Regione
Sardegna ha emanato una legge che contravviene ai principi
fondamentali della materia, quali derivanti dagli obblighi
rinvenienti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e dalla
relativa normativa statale di attuazione, senza preoccuparsi di
operare alcun bilanciamento con tutti i valori in gioco, recedendo
soltanto di fronte all'impossibilita' di fatto di ripristinare lo
status quo.
76. Da quanto sopra discende anche la violazione dei principi di
imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione, e quindi
dell'art. 97 della Costituzione. Oltre all'irragionevole impatto che
la suddetta normativa determina su procedimenti gia' definiti, essa
osta, infatti, a qualsivoglia possibilita' di realizzare, in sede
amministrativa, il piu' opportuno bilanciamento degli interessi in
gioco.
77. Non soccorre, al riguardo, la peculiare procedura prevista
dall'art. 3 della legge che consente, su istanza dei comuni
interessati, di proporre un'istanza propedeutica alla realizzazione
di un impianto o di un accumulo FER all'interno di un'area
individuata come non idonea. Tale istanza, che gia' sotto il profilo
della previsione dell'esclusiva competenza propositiva del comune
suscita perplessita' per la commistione tra profili di valutazione
politica e amministrativa, da' luogo a una procedura, da svolgersi in
sede di conferenza di servizi, in cui e' pero' prevista l'unanimita'
ai fini della realizzazione dell'intervento e l'inapplicabilita'
dell'istituto del silenzio-assenso, dipartendosi all'ordinario
funzionamento della conferenza dei servizi e del silenzio
significativo di cui alla disciplina statale sul procedimento
amministrativo, fonte che rappresenta la norma interposta, dalla cui
violazione discende il contrasto con l'art 117, secondo comma,
lettera m), che attribuisce alla Stato la potesta' legislativa
esclusiva in determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale. Al riguardo, occorre ricordare che
l'art. 29, comma 2-ter della legge n. 241/1990 stabilisce che
«Attengono [...] ai livelli essenziali delle prestazioni di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le
disposizioni della presente legge concernenti la presentazione di
istanze, segnalazioni e comunicazioni, la segnalazione certificata di
inizio attivita' e il silenzio assenso e la conferenza di servizi,
salva la possibilita' di individuare, con intese in sede di
Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, casi ulteriori in
cui tali disposizioni non si applicano», mentre ai sensi del comma
2-quater «Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i
procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire
garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni
attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui ai commi
2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela», con
obbligo per le Regioni a statuto speciale e le Provincie autonome di
adeguare la propria legislazione a tali previsioni.
78. Non c'e' dubbio che la legge regionale sarda rechi un livello
inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla disciplina
statale, imponendo l'unanimita' dei consensi ed escludendo
l'operativita' del silenzio-assenso.
79. Sotto altro profilo, occorre anche ricordare che, secondo un
indirizzo consolidato del Giudice costituzionale, «"[s]petta alla
legislazione statale determinare presupposti e caratteristiche
dell'autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e delle
semplificazioni della procedura, in ragione della diversa incidenza
delle opere sul valore intangibile dell'ambiente" (sentenza n. 246
del 2017). Si e', inoltre, affermato che "la legislazione regionale
non puo' prevedere una procedura per l'autorizzazione paesaggistica
diversa da quella dettata dalla legislazione statale, perche' alle
Regioni non e' consentito introdurre deroghe agli istituti di
protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme, valevole
su tutto il territorio nazionale, nel cui ambito deve essere
annoverata l'autorizzazione paesaggistica" (sentenza n. 189 del 2016;
nello stesso senso, sentenze n. 238 del 2013, n. 235 del 2011, n. 101
del 2010 e n. 232 del 2008)» (Corte costituzionale, sentenza n.
74/2021).
80. La procedura prevista dall'art. 3 della legge regionale
Sardegna n. 20/2024, istituendo un procedimento diverso anche in aree
sottoposte a tutela culturale o paesaggistica per le quali la
normativa statale (articoli 21 e 146 del Testo Unico dei beni
culturali) fissa, per esigenze di uniformita' di trattamento, un
procedimento autorizzatorio apposito da parte della soprintendenza
competente, si pone anche in contrasto con l'art. 117, comma 2,
lettera s), della Costituzione, che assegna alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato la materia della «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali».
81. Peraltro, la predetta disciplina e' in ogni caso un diretto
portato dell'illegittimo divieto generalizzato di realizzare gli
impianti in aree non idonee e non puo', pertanto, sfuggire alle
medesime censure suesposte.
82. Per tutto quanto sopra, va sollevata questione di
legittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3,
nonche' dei relativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della
Regione autonoma della Sardegna n. 20/2024, per violazione degli
articoli 3, 9, 11, 41, 97 e 117, comma 1, 2, lettera m) e s), e 3,
della Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla
direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come
modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento
(UE) 2021/1119, e altresi' dell'art. 10 della legge costituzionale n.
3/2001 e degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948.
83. Il processo va, quindi, sospeso per le determinazioni
conseguenti alla definizione dell'incidente di costituzionalita',
rinviato all'esito del giudizio ogni ulteriore statuizione in rito,
nel merito e sulle spese.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione
Terza) cosi' dispone:
a) dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei
termini espressi in motivazione, le questioni di legittimita'
costituzionale degli articoli 1, comma 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche' dei
relativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione autonoma
della Sardegna n. 20/2024, per violazione degli articoli 3, 9, 11,
41, 97 e 117, comma 1, 2, lettera m) e s), e 3, della Costituzione,
anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva (UE)
2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati dalla
direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento (UE) 2021/1119, e
altresi' dell'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e degli
articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948;
b) sospende il giudizio per le determinazioni conseguenti
alla definizione dell'incidente di costituzionalita' e, ai sensi
dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
c) dispone la comunicazione della presente ordinanza alle
parti in causa, nonche' la sua notificazione al Presidente della
Regione autonoma della Sardegna e al Presidente del Consiglio
regionale sardo;
d) rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito del giudizio
incidentale promosso con la presente ordinanza.
Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7
maggio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Giovanna Vigliotti, primo referendario
Marco Savi, referendario, estensore
Il Presidente: Stanizzi
L'estensore: Savi