Reg. ord. n. 154 del 2025 pubbl. su G.U. del 10/09/2025 n. 37
Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio del 26/05/2025
Tra: Sorgenia Renewables srl C/ Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Ministero della Cultura ed altri 1
Oggetto:
Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Norme della Regione autonoma Sardegna – Disposizioni per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) – Previsione che si applica a tutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che è vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 - Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell'entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento relativi ad impianti realizzati in data antecedente all'entrata in vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee – Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonché, nel caso di impianti eolici, un aumento dell'altezza totale dell'impianto, intesa come la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024, ivi compreso il rispetto dell'art. 109 delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale – Raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarità storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole – Previsione che i comuni hanno facoltà di proporre un'istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all'interno di un'area individuata come non idonea, finalizzata al raggiungimento di un'intesa con la Regione – Previsione che qualora l'istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente in un'area mineraria dismessa di proprietà regionale o di enti interamente controllati dalla Regione, l'area medesima è trasferita in proprietà ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge regionale n. 35 del 1995 – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico–sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale –– Violazione dei principi fondamentali posti dallo stato nella materia di legislazione concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, applicabili in virtù della c.d. clausola di adeguamento automatico di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta nonché con il principio di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, come dedotto dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Incidenza della normativa regionale sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello europeo – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità, per mancato bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti che comporta il sacrificio di uno di essi in misura eccessiva – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Lesione del principio di ragionevolezza – Normativa regionale che ha imposto l’indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori – Violazione dei principi di uguaglianza, certezza del diritto, del legittimo affidamento nonché del diritto di libertà di iniziativa economica – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco – Previsione che consente ai comuni interessati di proporre un’istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno d un’area individuata come non idonea, dando luogo a una conferenza in conferenza di servizi nella quale è prevista l’unanimità ai fini della realizzazione dell’intervento e l’inapplicabilità del silenzio-assenso – Legge regionale che, recando un livello inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla legge statale, viola la competenza legislativa statale esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali – Istituzione di un procedimento diverso anche in aree soggette a tutela culturale o paesaggistica per le quali la normativa statale fissa un procedimento apposito da parte dell’apposita sopraintendenza – Lesione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali .
Norme impugnate:
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 1 Co. 2
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 1 Co. 5
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 1 Co. 7
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 1 Co. 8
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20 Art. 3
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
legge della Regione autonoma Sardegna del 05/12/2024 Num. 20
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 9 Co.
Costituzione Art. 11 Co.
Costituzione Art. 41 Co.
Costituzione Art. 97 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 2
Costituzione Art. 117 Co. 3
legge costituzionale Art. 10 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 3 Co.
Statuto speciale per la Sardegna Art. 4 Co.
legge Art. 29 Co. 2
legge Art. 29 Co. 2
decreto legislativo Art. 20 Co. 1
decreto legislativo Art. 20 Co. 7
decreto legislativo Art. 21 Co.
decreto legislativo Art. 146 Co.
decreto ministeriale Art. Co.
Trattato sul funzionamento dell'Unione europea Art. 11 Co.
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea Art. 37 Co.
regolamento UE Art. Co.
regolamento UE Art. Co.
direttiva UE Art. Co.
direttiva UE Art. Co.
Testo dell'ordinanza
N. 154 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 maggio 2025
Ordinanza del 26 maggio 2025 del Tribunale amministrativo regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Sorgenia Renewables srl contro
Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e altri.
Energia - Impianti alimentati da fonti rinnovabili - Norme della
Regione autonoma Sardegna - Disposizioni per l'individuazione di
aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti
a fonti di energia rinnovabile (FER) - Previsione che si applica a
tutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le
superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in
corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza
regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato
una modifica irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione che
e' vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle
rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati A, B,
C, D, E e dai commi 9 e 11 dell'art. 1 della legge regionale n. 20
del 2024 - Previsione che tale divieto si applica anche agli
impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di
valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, e' in
corso al momento dell'entrata in vigore della medesima legge
regionale - Previsione che non puo' essere dato corso alle istanze
di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore
della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con
essa e ne pregiudichino l'attuazione - Previsione che i
provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque
denominati gia' emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti
nelle aree non idonee, sono privi di efficacia - Previsione che
sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che
hanno gia' comportato una modificazione irreversibile dello stato
dei luoghi - Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada
su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle
aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneita' -
Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento
relativi ad impianti realizzati in data antecedente all'entrata in
vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee -
Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un aumento
della superficie lorda occupata, nonche', nel caso di impianti
eolici, un aumento dell'altezza totale dell'impianto, intesa come
la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo
impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del
comma 6 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024, ivi
compreso il rispetto dell'art. 109 delle norme di attuazione del
Piano paesaggistico regionale - Raggiungimento degli obiettivi di
transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di
contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarita'
storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni
agricole - Previsione che i comuni hanno facolta' di proporre
un'istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un
accumulo FER all'interno di un'area individuata come non idonea,
finalizzata al raggiungimento di un'intesa con la Regione -
Previsione che qualora l'istanza abbia ad oggetto un impianto FER
ricadente in un'area mineraria dismessa di proprieta' regionale o
di enti interamente controllati dalla Regione, l'area medesima e'
trasferita in proprieta' ai comuni che ne facciano richiesta ai
sensi della legge regionale n. 35 del 1995.
- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti
per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee
all'installazione e promozione di impianti a fonti di energia
rinnovabile (FER) e per la semplificazione dei procedimenti
autorizzativi) artt. 1, commi 2, 5, 7, 8; 3 e Allegati A, B, C, D
ed E.
(GU n. 37 del 10-09-2025)
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER IL LAZIO
(Sezione Terza)
Ha pronunciato la presente sentenza non definitiva sul ricorso
numero di registro generale 2049 del 2025, proposto da Sorgenia
Renewables S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore,
rappresentato e difeso dagli avvocati Massimo Colicchia, Fabio
Todarello, Claudia Sarrocco, Giacomo Guglielmini, Maria Chiara Berra,
con domicilio digitale come da PEC da registri di giustizia e
domicilio eletto presso lo studio Giovanni Corbyons in Roma, via
Cicerone n. 44;
contro:
Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica,
Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle
foreste, Ministero della cultura, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura
generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei
Portoghesi n. 12;
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del legale
rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati
Mattia Pani, Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da PEC da
Registri di Giustizia;
per l'annullamento:
del provvedimento RAS AOO 09-01-00 prot. Uscita n. 55854 del
9 dicembre 2024 della Direzione generale dell'industria, Servizio
energia ed economia verde, Assessorato dell'industria della Regione
Autonoma della Sardegna, di archiviazione dell'istanza di
autorizzazione unica presentata da Sorgenia Renewables S.r.l. per un
progetto di impianto fotovoltaico di potenza pari a 8,80 MW e
relative opere connesse, da realizzarsi nel Comune di Iglesias -
codice SUAPEE n. 681707 - codice rintracciabilita' e-distribuzione:
358292005 - Rif. Pratica n. 586;
di ogni altro atto presupposto, conseguente e comunque
connesso, anche non noto, ivi espressamente inclusi:
il preavviso di rigetto comunicato dalla Regione Sardegna con
provvedimento prot. n. 36844 del 6 agosto 2024;
la richiesta di regolarizzazione/preavviso di rigetto
comunicato dalla Regione Sardegna con provvedimento prot. 30914 del
1° luglio 2024;
la comunicazione della Regione Sardegna, Assessorato enti
locali, Finanze e Urbanistica, Servizio Demanio e Patrimonio, prot.
41787 del 7 agosto 2024;
in parte qua, il decreto ministeriale 21 giugno 2024 (c.d.
«decreto aree idonee»).
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero
dell'ambiente e della sicurezza energetica, del Ministero
dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste, del
Ministero della cultura e della Regione Autonoma della Sardegna;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2025 il dott.
Marco Savi e uditi per le parti i difensori come specificato nel
verbale;
Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
1. Il 6 novembre 2023, la ricorrente ha presentato alla Regione
Sardegna un'istanza di autorizzazione unica ai sensi dell'art. 12 del
decreto legislativo n. 387/2003, per un impianto fotovoltaico di
potenza pari a 8,80 MW e relative opere connesse, da realizzarsi nel
Comune di Iglesias.
2. Il progetto prevede la collocazione dell'impianto fotovoltaico
su un terreno di proprieta' privata - ricadente in area idonea ai
sensi dell'art. 20, comma 8, lett. c-ter, n. 1) e c-quater, decreto
legislativo n. 199/2021 - su cui la Societa' ha acquisito
preliminarmente il diritto di superficie, mentre le opere connesse
interessano alcune aree demaniali, come specificato nell'istanza
stessa.
3. Trascorsi tre mesi dalla presentazione dell'istanza - quando
cioe' il procedimento doveva intendersi gia' avviato ai sensi
dell'art. 14.4 del decreto ministeriale 10 settembre 2010 - conmail
del 20 febbraio 24 la Societa' ha chiesto informazioni sullo stato
della procedura, cui l'assessorato ha risposto rappresentando che la
stessa era «in attesa di essere presa in carico da parte dei tecnici
istruttori». Con ulteriore sollecito dell'8 marzo 2024, la ricorrente
ha chiesto alla regione di provvedere nel minor tempo possibile, e
comunque entro quindici giorni dal ricevimento della richiesta, ad
avviare il procedimento per l'ottenimento dell'AU e di convocare
Conferenza dei Servizi decisoria prima del giorno 30 aprile 2024,
senza ottenere alcun riscontro. Tuttavia, con nota del 16 aprile
2024, nel chiedere conferma a e-distribuzione del persistere delle
condizioni di fattibilita' e realizzabilita' della soluzione tecnica
minima indicata nel preventivo di connessione, accettato da Sorgenia,
la Regione ha dato atto che l'istanza di AU era «in corso di
istruttoria».
4. Dopo quasi 8 mesi dalla data di presentazione dell'istanza di
AU, il 1° luglio 2024, con nota prot. 30914, la Regione, in sede di
preliminare verifica istruttoria, ha comunicato alla ricorrente di
aver rilevato alcune lacune documentali e ha richiesto delle
integrazioni onde valutare la procedibilita' della domanda. Nella
medesima nota, la Regione ha chiesto alla Societa' di provvedere alla
regolarizzazione della domanda entro il termine perentorio di 10
giorni dalla ricezione della richiesta, pena il rigetto dell'istanza.
5. La ricorrente ha quindi provveduto a produrre la
documentazione e a fornire chiarimenti, presentando altresi' istanza
di concessione presso il Servizio Demanio e Patrimonio regionale
avente ad oggetto il tratto dell'elettrodotto di connessione
dell'impianto che attraversa il corso d'acqua Riu Su Spurgu.
6. Nondimeno, con comunicazione del 6 agosto 2024 la Regione ha
trasmesso a Sorgenia il preavviso di rigetto dell'istanza di
autorizzazione unica, rilevando la carenza di un requisito di
procedibilita' e di ammissibilita' dell'istanza, costituito dal nulla
osta/concessione demaniale per il cavidotto che interferisce con il
reticolo idrografico Rio Su Spurgu. A tale nota ha fatto seguito,
nonostante le osservazioni presentate dalla ricorrente, il
provvedimento del 9 dicembre 2024 con cui l'Amministrazione ha
archiviato l'istanza per la ritenuta carenza «del requisito
essenziale relativo al titolo di disponibilita' delle aree in assenza
della concessione demaniale ovvero del nulla osta al suo rilascio»,
nonche' in ragione dei profili ostativi derivanti dall'art. 5 del
decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 e dalla legge regionale 5
dicembre 2024, n. 20.
7. La ricorrente ha quindi proposto il presente ricorso,
articolando le seguenti censure:
I) «Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del decreto
legislativo n. 387/2003, dei paragrafi 13 e 14 del decreto
ministeriale 10 settembre 2010 e dell'art. 9 della D.G.R. n. 3/25 del
23 gennaio 2018; articoli 20 e 22 del decreto legislativo n. 199/2021
- Violazione, falsa 9 applicazione degli articoli 1, commi 2, 3,
10-bis e 14-bis della legge n. 241/1990 - Eccesso di potere per
travisamento dei presupposti, illogicita' e contraddittorieta' fra
atti della stessa amministrazione, sviamento e ingiustizia manifesta.
Violazione del principio di non aggravamento del procedimento.
Violazione degli articoli 3, 41 e 97 della Costituzione. Violazione
della normativa euro unitaria in tema di promozione delle energie
rinnovabili (direttive 2024/2413UE, 2018/2001UE, 2009/28 CE e 2001/77
CE; regolamento n. 2022/2577 UE)». Gli atti impugnati sarebbero
illegittimi in quanto, ai sensi del punto 14.4 delle linee guida FER,
l'istanza di Sorgenia avrebbe dovuto ritenersi procedibile quanto
meno dal 21 novembre 2023;
II) «Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del decreto
legislativo n. 387/2003 e dei paragrafi 13 e 14 del decreto
ministeriale 10 settembre 2010. Violazione dell'art. 1, comma 2,
della legge n. 241/1990 di non aggravamento del procedimento. Eccesso
di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei presupposti di
fatto, sviamento e contraddittorieta'. Violazione del principio del
giusto procedimento. Violazione degli art. 3, 41, 97 e 117 della
Costituzione. Violazione della normativa euro unitaria in tema di
promozione delle energie rinnovabili (direttive 2024/2413UE,
2018/2001UE, 2009/28CE e 2001/77CE; regolamento 2022/2577 UE)».
Ulteriore motivo di illegittimita' dovrebbe rinvenirsi nel fatto che
il nulla osta o la concessione non costituirebbero condizione di
ammissibilita'/procedibilita' della domanda, in quanto essi non
rientrerebbero tra i requisiti minimi di procedibilita' elencati al
punto 13.1 delle linee guida FER e all'art. 7 delle linee guida
regionali. La giurisprudenza avrebbe, infatti, chiarito che la
disponibilita' delle aree e' requisito indispensabile e contenuto
minimo dell'istanza di AU per cio' che concerne l'area di impianto
(visto che per il FTV non e' possibile procedere ad esproprio),
mentre non lo sarebbe per le opere connesse;
III) «Violazione e falsa applicazione dell'art. 20 nella sua
interezza e nei suoi commi 1 e 8 del decreto legislativo n. 199/2021.
Violazione dell'art. 5, comma 2, del decreto legge 15 maggio 2024, n.
63. Violazione degli articoli 3, 41, 97 e 117 della Costituzione.
Violazione della normativa euro unitaria in tema di promozione delle
energie rinnovabili (direttive 2024/2413UE, 2018/2001UE, 2009/28 CE e
2001/77 CE; regolamento 2022/2577 UE). Eccesso di potere per
travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, sviamento e
contraddittorieta'». Il decreto legge agricoltura esclude dal divieto
da esso previsto per l'installazione di impianti fotovoltaici con
moduli collocati a terra in area agricola i progetti «per i quali,
alla data di entrata in vigore del presente decreto, sia stata
avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di
valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli per la
costruzione e l'esercizio degli impianti e delle relative opere
connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi».
Nel caso di specie, dovendo il procedimento ritenersi avviato sin dal
novembre 2023, l'iniziativa della ricorrente ricadrebbe nella deroga
sopra citata, con la conseguenza che non si applicherebbe il divieto
in parola;
IV) «Illegittimita' del decreto ministeriale 21 giugno 2024
(decreto ministeriale Aree Idonee) per violazione dell'art. 20 del
decreto legislativo n. 199/2021 (con particolare riguardo al
combinato disposto dei commi 1 e 8); Eccesso di potere per
irragionevolezza, perplessita' e carenza dei presupposti; Violazione
degli articoli 3, 9, 41 e 97 della Costituzione». Oltre il decreto
legge agricoltura, nel provvedimento impugnato la Regione ha
richiamato anche la legge regionale n. 20/2024 del 5 dicembre 2024,
per rilevare che l'istanza della ricorrente non sarebbe comunque
accoglibile in virtu' di quanto disposto con la suddetta legge
regionale, che non fa salve le aree idonee di cui all'art. 20, comma
8 del decreto legislativo n. 199/2021, in asserita applicazione di
quanto disposto dal decreto ministeriale 21 giugno 2024. Ebbene,
laddove detto decreto ministeriale dovesse ritenersi consentire alle
regioni la possibilita' di non «tener conto» delle aree idonee
previste ex lege dall'art. 20, comma 8 del decreto legislativo n.
199/2021 esso si rivelerebbe illegittimo. Il decreto ministeriale
sarebbe, altresi', illegittimo ove, nella parte in cui definisce le
aree non idonee come «incompatibili» con la realizzazione di impianti
rinnovabili, dovesse interpretarsi nel senso che le aree non idonee
sono aree vietate all'installazione degli impianti FER;
V) «Violazione delle norme sul procedimento amministrativo ed
in particolare dell'art. 3 e dell'art. 10-bis della legge n.
241/1990. Violazione dell'art. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso di
potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto,
sviamento, difetto di istruttoria». Il provvedimento di archiviazione
sarebbe anche illegittimo in quanto si fonda su motivi ostativi non
preannunciati nel preavviso di rigetto, in violazione dell'art.
10-bis legge n. 241/1990.
8. La ricorrente ha, inoltre, lamentato:
a) l'incostituzionalita' dell'art. 5, comma 1, del decreto
legge 15 maggio 2024, n. 63, che introduce il comma 1-bis all'art. 20
del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 1999, per violazione
degli articoli 77, 117, comma 1, e 9 della Costituzione. La
previsione, infatti, in primo luogo sarebbe stata introdotta per via
di un decreto legge in carenza del presupposto della straordinaria
necessita' e urgenza, trattandosi di disposizione disomogenea
rispetto alla restante disciplina contenuta del decreto-legge
Agricoltura. Sarebbe violato, inoltre, l'art. 117, comma 1, della
Costituzione. per contrarieta' ai principi derivanti dall'ordinamento
eurounitario ed internazionale, in quanto fissare in modo
aprioristico e generale un divieto di installazione di impianti
fotovoltaici in terreni agricoli, considerando anche la vasta
incidenza che, nell'insieme dei terreni agricoli, rivestono quelli
sostanzialmente inutilizzati ed incolti, si porrebbe in contrasto con
gli obiettivi, di matrice eurounionale, di diffusione massima delle
energie rinnovabili (direttive 2024/2413UE, 2018/2001UE, 2009/28 CE e
2001/77 CE; regolamento 2022/2577 UE), oltre che, sul piano
internazionale, del protocollo di Kyoto dell'11 dicembre 1997 e
dell'accordo di Parigi del 12 dicembre 2015 (al proposito si vedano
Corte costituzionale n. 275/2012; n. 13/2014; n. 77/2022). Infine, il
divieto si porrebbe in contrasto con l'art. 9 della Costituzione, in
quanto pregiudicherebbe il superamento degli impianti a combustibile
fossile, i quali incidono negativamente sulla sostenibilita'
ambientale e climatica, ledendo anche «l'interesse delle future
generazioni» al raggiungimento di obiettivi sostenibili sotto il
profilo energetico e dell'inquinamento;
b) l'incostituzionalita' della legge regionale Sardegna 5
dicembre 2024, n. 20, per «Violazione dell'art. 117, commi 1 e 3
della Costituzione, per il tramite della violazione del decreto
legislativo n. 199/2021 e, in particolare, dell'art. 20 di
quest'ultimo, oltre del decreto ministeriale 21 giugno 2024, del
decreto ministeriale 10 settembre 2010 e del decreto legislativo n.
190/2024. Violazione degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale
n. 3 del 26 febbraio 1948 e del decreto del Presidente della
Repubblica n. 480 del 22 maggio 1975. Violazione degli articoli 3, 9,
41 e 97 della Costituzione. Violazione dei principi contenuti nelle
direttive comunitarie 2018/2001 e 2023/2413»:
b.1) sarebbe, in primo luogo, illegittima la previsione di
retroattivita' del divieto di realizzare impianti FER in aree non
idonee, di cui all'art. 1, comma 5, della legge, che si porrebbe in
contrasto con l'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021
laddove stabilisce l'applicazione transitoria delle aree idonee ex
lege ivi individuate «sino alla individuazione delle aree idonee
sulla base dei criteri e delle modalita' stabiliti dai decreti di cui
al comma 1» e quindi, nel caso specifico, sino alla individuazione
operata dalla legge regionale n. 20/2024. Se la legge statale ha
disposto un regime transitorio valevole fino alla individuazione
delle aree idonee da parte delle regioni, non potrebbe poi
consentirsi a queste ultime di legiferare in violazione di tale
disciplina, ponendola nel nulla, con un effetto abrogativo della
stessa. Sarebbe violata anche la disposizione del comma 1 dell'art.
20 del decreto legislativo n. 199/2021, laddove lo stesso prescrive
che nello stabilire i criteri per l'individuazione delle aree idonee
i decreti ministeriali attuativi devono tener «conto delle aree
idonee ai sensi del comma 8». La retroattivita' della legge regionale
non troverebbe adeguata giustificazione sul piano della
ragionevolezza e sarebbe da censurare in quanto lesiva del legittimo
affidamento del singolo sulla certezza del diritto, degli articoli 3
e 41 della Costituzione, oltre che l'art. 97, nella misura cui e'
leso l'affidamento che gli imprenditori hanno riposto nell'assetto
normativo come delineato dalla legge statale, oltre che della
liberta' di iniziativa economica degli stessi, frustrata
dall'intervento del legislatore regionale. Sarebbero altresi' violati
anche l'art. 9 della Costituzione, nella misura in cui la forte
incisione limitativa che dalle norme regionali deriva allo sviluppo
delle rinnovabili pregiudica gli obiettivi di tutela dell'ambiente
connessi all'incremento della produzione di energia da queste fonti,
come anche i principi comunitari di cui alle direttive n. 2018/2001 e
n. 2023/2413 UE - e quindi dell'art. 117, comma 1 - di massima
diffusione e sviluppo delle energie rinnovabili;
b.2) incostituzionale sarebbe la previsione di divieto di
realizzare impianti FER nelle aree idonee individuate ex lege
dall'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021. Non
sarebbe, infatti, possibile derogare al contenuto minimo delle aree
idonee legislativamente previsto, come si dedurrebbe dall'art. 20,
comma 1-bis del decreto legislativo n. 199/2021. Tale norma, infatti,
nel prevedere il divieto di realizzare impianti fotovoltaici in area
agricola, fa espressamente salve le aree agricole incluse in alcune
delle aree idonee previste ex lege dal successivo comma 8, il che
confermerebbe che per il legislatore statale le aree idonee ex lege
previste non siano derogabili dalle regioni (salvo che per le aree di
cui all'art. 20, comma 8, lettera c-ter, n. 1) e lettera c-quater),
altrimenti non sarebbe comprensibile una deroga al principio ivi
stabilito che riguarda proprio tali aree, anche se agricole. Sotto
tale profilo, quindi, la legge regionale sarda viola anche il comma
1-bis dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021. Peraltro, la
legge regionale Sardegna, nella misura in cui ha tratto la propria
potesta' legislativa dal disposto del decreto ministeriale 21 giugno
2024, sarebbe altresi' costituzionalmente illegittima in quanto al
momento della sua adozione, il 5 dicembre 2024, il d.m. era sospeso
per effetto delle pronunce cautelari del Consiglio di Stato sui
ricorsi promossi avverso il suddetto decreto;
b.3) la legge sarda sarebbe incostituzionale anche perche'
stravolgerebbe la ratio della previsione di legge statale di cui la
stessa e' attuazione. La legge, infatti, perseguirebbe il fine
prioritario di individuare le aree non idonee, anziche' quelle
idonee, come previsto dal decreto legislativo n. 199/2021, ivi
riconducendovi la quasi totalita' del territorio regionale e
lasciando solo il residuo 2% alle aree idonee (confinate alle poche
aree degradate di cui all'allegato F della legge);
b.4) illegittimo sarebbe il divieto incondizionato di
realizzare impianti in area non idonea, in quanto il concetto di area
non idonea dovrebbe essere declinato come semplice prevalutazione di
incompatibilita', da valutare nel caso concreto. Nel sistema statale,
infatti, l'area inidonea costituisce il contraltare dell'area idonea.
Quest'ultima e' un'area di semplificazione procedimentale e di
accelerazione. L'area non idonea, specularmente, e' un'area dove
l'amministrazione ha preventivamente valutato la sussistenza di
caratteristiche territoriali che fanno propendere per una
inidoneita'. Tale prevalutazione andrebbe, pero', valutata caso per
caso, nell'ambito di una attivita' procedimentale ulteriore, in
relazione al progetto specifico e alla porzione dell'area interessata
dal progetto, nell'ambito della piu' vasta zona inidonea;
c) l'incostituzionalita' dell'art. 20, comma 4, del decreto
legislativo n. 199/2021 per violazione degli articoli 24 e 97 della
Costituzione. L'art. 20, comma 4, del decreto legislativo n. 199/2021
dispone che, una volta emanati i decreti ministeriali che indicano i
criteri per l'individuazione delle aree idonee, le regioni vi
provvedano con legge regionale. Tale previsione sarebbe affetta da
incostituzionalita', laddove individua la «legge» e non un
provvedimento amministrativo quale strumento per attuare il sistema
delle aree idonee, in quanto la riconduzione di un'attivita'
sostanzialmente provvedimentale al procedimento legislativo non
consentirebbe ai privati di adire la tutela giurisdizionale diretta,
residuando per gli stessi solo la possibilita' di richiedere al
Giudice di sollevare la questione della legittimita' della legge. Del
pari, risulterebbe violato l'art. 97 della Costituzione, in quanto
tale assetto minerebbe i principi di buon andamento e imparzialita'
della PA che trovano attuazione anche nella interazione tra esercizio
del potere e controllo di legittimita' e nel contrappeso che
quest'ultimo rappresenta rispetto all'esercizio di una potesta' che,
di fatto, e' provvedimentale, sebbene ammantata della forza di legge.
9. Si e' costituita la Regione autonoma della Sardegna, eccependo
preliminarmente il difetto di competenza territoriale di questo
Tribunale. L'impugnato decreto ministeriale 11 giugno 2024, infatti,
non sarebbe annoverato tra i motivi che sorreggono il principale atto
gravato da controparte, concernente la nota di archiviazione
dell'Assessorato regionale dell'industria, servizio energia e
economia verde n. 55854 del 9 dicembre 2024 (doc. n. 1 di parte
ricorrente). Tale archiviazione sarebbe fondamentalmente motivata dal
fatto che l'istanza di autorizzazione unica presentata dalla Sorgenia
Renewables S.r.l. e' priva di un elemento (ritenuto) essenziale ai
fini della sua disamina, ossia la dimostrazione della disponibilita'
dei suoli - nel caso di specie, demaniali - su cui ubicare le opere
di connessione dell'impianto fotovoltaico per cui e' causa. Gli altri
motivi menzionati nel suddetto provvedimento di archiviazione si
riferiscono al divieto di realizzazione di impianti fotovoltaici in
aree agricole di cui all'art. 5 del decreto legge n. 63/2024, nonche'
all'analogo divieto derivante dalla sopravvenuta vigenza della legge
regionale n. 20 del 5 dicembre 2024. Tale legge regionale e' stata
approvata in attuazione del decreto legislativo n. 199/2021, sulla
scorta dei criteri dettati dal succitato decreto ministeriale 21
giugno 2024, il quale, tuttavia, non avrebbe diretta applicazione nel
caso di specie. Infatti, una volta che la Regione, in ossequio
all'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021, individua con
propria legge le aree idonee e non idonee ad ospitare impianti di
produzione di energia a fonti rinnovabili (FER), sebbene cio' avvenga
alla luce del citato decreto ministeriale, quest'ultimo, ove ritenuto
violato, al limite potrebbe fungere da parametro interposto per la
proposizione di una eventuale questione legittimita' costituzionale
della legge regionale. Pertanto, la competenza a decidere il ricorso
in epigrafe apparterrebbe al TAR Sardegna.
10. Nel merito, la disponibilita' delle aree demaniali andrebbe
dimostrata prima della presentazione della domanda di AU. Se e' pur
vero infatti che il comma 4-bis dell'art. 12 del decreto legislativo
n. 387/2003 per gli impianti fotovoltaici e a biomassa prevede che la
disponibilita' del suolo possa essere dimostrata «nel corso del
procedimento, e comunque prima dell'autorizzazione», dall'altra parte
l'art. 65, comma 5, del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1, ha
disposto che «Il comma 4-bis dell'art. 12 del decreto legislativo 29
dicembre 2003, n. 387 (...) deve intendersi riferito esclusivamente
alla realizzazione di impianti alimentati a biomasse situati in 4
aree classificate come zone agricole dagli strumenti urbanistici
comunali». Tale linea interpretativa sarebbe confermata anche
dall'art. 13.1, lettera c), delle linee guida nazionali sulle
autorizzazioni FER (decreto ministeriale 10 settembre 2010), che
individua tra i contenuti minimi dell'istanza di autorizzazione unica
«la documentazione da cui risulti la disponibilita' dell'area su cui
realizzare l'impianto e delle opere connesse», nonche' dall'art. 7
delle «linee guida per l'autorizzazione unica ai sensi dell'art. 12
del decreto legislativo n. 387 del 2003» di cui all'Allegato A della
deliberazione della Giunta della Regione Sardegna n. 3/25 del 23
gennaio 2018.
11. Aggiunge la Regione che nell'ambito della procedura
autorizzatoria per impianti FER seguita dall'Amministrazione
regionale sarda la dimostrazione della predetta disponibilita' si
consegue presentando preventivamente la richiesta di nulla osta
dell'ufficio preposto alla cura del demanio regionale. Detto nulla
osta e' emesso dalla Direzione generale enti locali-Servizio demanio
e patrimonio della Regione previa attivazione di una fase
endoprocedimentale, esterna alla conferenza di servizi, in cui il
suddetto Servizio demanio e patrimonio si confronta con gli organi
tecnici ai quali e' demandata la cura e gestione dei beni demaniali.
Una volta valutata la sussistenza dei presupposti oggettivi e
soggettivi per ritenere ammissibile la richiesta del privato, con
riguardo alla tutela del preminente interesse pubblico nonche' alla
proficua utilizzazione del bene demaniale che viene sottratto all'uso
collettivo, viene concesso il nulla osta, che confluisce poi nella
conferenza di servizi relativa al procedimento di AU. Ad esito della
conferenza, ottenuto il titolo autorizzatorio, il competente Servizio
demanio e patrimonio potra' quindi rilasciare la concessione
demaniale vera e propria.
12. Una conferma circa la necessita' della previa acquisizione
del titolo di disponibilita' dovrebbe peraltro trarsi dalla
disciplina di cui al decreto legislativo n. 190 del 25 novembre 2024,
il cui art. 9, al comma 3, statuisce che «Il proponente allega
all'istanza di cui al comma 2 la documentazione e gli elaborati
progettuali previsti dalle normative di settore per il rilascio delle
autorizzazioni, intese, licenze, pareri, concerti, nulla osta e
assensi, comunque denominati, inclusi quelli per la valutazione di
impatto ambientale, paesaggistica e culturale, e per gli eventuali
espropri, ove necessari ai fini della realizzazione degli interventi,
...omissis... Inoltre, allega la documentazione da cui risulti la
disponibilita' dell'area su cui realizzare l'impianto e le opere
connesse, ivi comprese le aree demaniali».
13. Nel caso di specie, la Societa' ricorrente al momento della
presentazione della domanda di AU non aveva presentato istanza di
nulla osta e/o di concessione demaniale per l'utilizzo delle aree su
cui ricadono le opere connesse all'impianto di proprio interesse, e
cio' pur essendo consapevole della necessita' di tale titolo
abilitativo. Onde ottenere la disponibilita' dei tali aree e' stato
attivato apposito endoprocedimento del quale, come rimarcato dalla
ricorrente, si fa richiamo anche nel modulo di domanda. Tale
endoprocedimento ha coinvolto in prima battuta il Consorzio bonifica
Sardegna meridionale, che ha evidenziato diverse interferenze del
progetto con opere di irrigazione, e la conseguente necessita' di
integrazioni necessarie poter rilasciare il nulla osta (propedeutico
al provvedimento concessorio vero e proprio). La domanda di parte
ricorrente e' stata dunque archiviata per mancanza della
dimostrazione del possesso della concessione, o, quantomeno, del
nulla osta relativo all'occupazione di terreni in cui edificare le
opere connesse all'impianto.
14. I motivi di impugnazione relativi al decreto ministeriale 21
giugno 2024 non rileverebberonel caso che oggi ci occupa. Per cio'
che attiene, invece all'applicabilita' alla fattispecie in esame
dell'art. 5 del decreto legge n. 63/2024 - che ha introdotto il comma
1-bis all'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 - e della legge
regionale n. 20/2024 di individuazione delle aree idonee e non idonee
ad ospitare impianti FER, detti provvedimenti legislativi sarebbero
citati nel provvedimento di archiviazione impugnato solo come
«ulteriori elementi ostativi» alla realizzazione del progetto
proposto. 3.1 Ad ogni buon conto, le leggi regionali, una volta
approvate, si reggerebbero da sole e noverebbero la fonte inerente
sia al decreto legislativo n. 199/2021 che (a maggior ragione) al
decreto ministeriale 21 giugno 2024, le quali, entrambe, potrebbero
in ipotesi assurgere a parametri interposti in sede di promovimento
di una questione di legittimita' costituzionale delle stesse. La
legge regionale sarda n. 20/2024 ha dato attuazione alla ridetta
normativa nazionale qualificando, tra le altre fattispecie, le zone
urbanistiche omogenee «E» (agricole) come inidonee alla realizzazione
di impianti fotovoltaici. La stessa si applica anche agli impianti
per i quali al momento della sua entrata in vigore sono in corso i
procedimenti autorizzativi nonche' per quelli autorizzati che non
abbiano determinato una modifica irreversibile dei luoghi (art. 1,
comma 2, legge regionale n. 20/2024).
15. In merito, la difesa regionale adduce che la Regione Sardegna
gode di competenza legislativa esclusiva - e, per il principio del
parallelismo (art. 117, settimo comma, della Costituzione e art. 6
dello Statuto speciale per la Sardegna), anche quella amministrativa
- in particolare, nella materia della tutela e pianificazione
paesaggistica, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica
n. 480/1975 e della relativa costante interpretazione sul punto
fornita dalla Corte costituzionale, e nelle materie dell'urbanistica
e dell'agricoltura e foreste, ai sensi dell'art. 3 del proprio
statuto speciale (legge costituzionale n. 3/1948). La Sardegna
dispone anche di competenza concorrente nella materia della
«produzione e distribuzione dell'energia elettrica» ai sensi
dell'art. 4 del proprio Statuto speciale, parificabile, nel combinato
disposto dell'art. 117, terzo comma della Costituzione e dell'art.
10, legge costituzionale n. 3/2001, a quella concorrente della
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» di cui
godono le regioni «ordinarie» ai sensi del terzo comma dell'art. 117
della Costituzione. (cfr. sent. Corte costituzionale n. 383/2005,
punto 14 del Considerato in diritto). In tale settore il legislatore
statale ha il compito di tratteggiare i principi della materia, nel
rispetto degli obblighi derivanti dall'ordinamento eurounitario.
Spetterebbe invece alle regioni, entro la cornice dei suddetti
principi, governare e pianificare il proprio territorio identificando
le zone in cui sara' o meno possibile costruire impianti di
produzione di energia da fonti rinnovabili; e cio' anche in virtu'
del principio di sussidiarieta' di cui all'art. 118 della
Costituzione. Che ai fini della «mappatura» del territorio si debba
intervenire con legge regionale e' previsto, peraltro, esplicitamente
dall'art. 20, comma 4, decreto legislativo n. 199/2021, che
disciplina in modo congiunto sia le aree idonee che quelle non
idonee, come si evince dalla rubrica del medesimo art. 20
(«Disciplina per l'individuazione di superfici e aree idonee per
l'installazione di impianti a fonti rinnovabili»). Pertanto, se e'
pacifico che le aree idonee siano catalogate con legge, lo stesso
varrebbe, anche solo per mera «sottrazione», pure per quelle non
idonee.
16. La legge regionale sarebbe anche legittima nella parte in cui
prevede che nelle aree non idonee e' vietato realizzare le tipologie
di impianti FER come specificate negli allegati alla legge medesima.
Il decreto ministeriale 21 giugno 2024 definisce infatti le aree non
idonee come «incompatibili con l'installazione di specifiche
tipologie di impianti» (art. 1, comma 2, lettera b): il termine
«incompatibili» non potrebbe intendere altro che «impedimento».
17. Le amministrazioni statali si sono costituite adducendo la
propria estraneita' alla presente controversia.
18. Con le memorie presentate in vista dell'udienza le parti
hanno ulteriormente argomentato a sostegno delle proprie ragioni.
19. All'udienza pubblica del 21 maggio 2025 la causa e' stata
trattenuta in decisione.
Diritto
20. Il giudizio puo' essere definito solo parzialmente, essendo
rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita'
costituzionale sollevate in relazione alle disposizioni della legge
della Regione autonoma della Sardegna n. 20/2024.
21. Va preliminarmente rigettata l'eccezione di incompetenza
territoriale sollevata dalla difesa regionale. Va infatti rilevato
che ai sensi dell'art. 13, comma 4-bis, c.p.a., la competenza
territoriale relativa al provvedimento da cui deriva l'interesse a
ricorrere attrae a se' anche quella relativa agli atti presupposti
dallo stesso provvedimento, «tranne che si tratti di atti normativi o
generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari criteri
di attribuzione della competenza». A quest'ultimo riguardo e' stato
precisato che «in ipotesi di impugnazione di atti generali o
normativi, insieme agli atti applicativi o conseguenziali, la
competenza territoriale per l'intera controversia va attribuita al
giudice cui spetta la cognizione dell'atto generale o normativo»
(Cons. St., III, ord. 25 ottobre 2017, n. 4930).
22. Ai fini della determinazione della competenza come sopra
individuata non puo' avere alcuna rilevanza la circostanza che il
provvedimento applicativo rechi una pluralita' di motivazioni in tesi
autonomamente in grado di reggere la determinazione adottata. La
valutazione dell'incidenza dell'impugnazione dell'atto generale e dei
relativi motivi nell'economia del gravame costituisce, infatti, una
valutazione di merito che, come tale, e' comunque successiva alla
questione della competenza.
23. Neppure potrebbe ritenersi che, una volta intervenuta la
legge regionale, le disposizioni del decreto ministeriale
perderebbero autonoma rilevanza, potendo al piu' fungere da parametro
interposto nel giudizio di costituzionalita' della legge regionale. A
prescindere dalla circostanza che anche tale valutazione deve essere
compiuta dal giudice competente, va rilevato che nella misura in cui
la legge regionale costituisca espressione di scelte consentite o
imposte dalla disciplina ministeriale, che si traducano in un
pregiudizio per i destinatari degli atti applicativi, sussiste
senz'altro l'interesse del soggetto leso dalle relative previsioni a
sollecitarne il controllo giurisdizionale e a eventualmente ottenerne
l'annullamento, anche agli effetti conformativi. In caso contrario,
d'altra parte, verrebbe a configurarsi un segmento di attivita'
amministrativa del tutto sottratto al controllo giurisdizionale, in
quanto l'operatore che si ritenga leso da tali previsioni non
potrebbe far valere le proprie ragioni con l'immediata impugnazione
dell'atto generale non ancora concretamente lesivo (v., diffusamente,
TAR Lazio - Roma, III, 13 maggio 2025, n. 9155, punti 1.2.8 ss.),
mentre, una volta che la disciplina da esso dettata abbia ricevuto
applicazione per il tramite della legge regionale, secondo la tesi
propugnata dalla Regione essa non potrebbe piu' costituire oggetto di
autonoma censura, prospettiva che non puo' in nessun modo essere
condivisa, traducendosi in un patente vulnus del diritto alla tutela
giurisdizionale. Da cio' deriva anche che non puo' essere condivisa
la prospettata estraneita' delle amministrazioni centrali intimate
rispetto alla presente controversia, costituendo il decreto
ministeriale 21 giugno 2024 oggetto del giudizio e risultando,
pertanto, correttamente incardinato il medesimo anche nei loro
confronti.
24. Passando all'esame del merito, va anzitutto rigettato il
quinto motivo, con il quale si deduce la violazione dell'art. 10-bis
della legge n. 241/1990 in ragione dell'indicazione, nel
provvedimento di archiviazione, di motivi ostativi non indicati nel
preavviso di rigetto.
25. Sul punto, va infatti osservato che i motivi ostativi
ulteriori consistono nel richiamo alla disciplina cogente di legge la
cui applicabilita' renderebbe del tutto vincolata l'attivita'
amministrativa. Trova applicazione, pertanto, l'art. 21-octies, comma
2, primo periodo, della legge n. 241/1990, secondo cui «Non e'
annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul
procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura
vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto
dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto
adottato». Non rileva la previsione dell'ultimo periodo del citato
comma 2, che ha invece riguardo alla diversa fattispecie di cui al
secondo periodo.
26. Il primo motivo e' fondato.
27. Il paragrafo 14.4 delle linee guida di cui al decreto
ministeriale 10 settembre 2010, nel disciplinare il procedimento per
l'autorizzazione unica, stabilisce che «Entro 15 giorni dalla
presentazione dell'istanza, l'Amministrazione competente, verificata
la completezza formale della documentazione, comunica al richiedente
l'avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge n.
241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni, ovvero
comunica la improcedibilita' dell'istanza per carenza della
documentazione prescritta; in tal caso il procedimento puo' essere
avviato solo alla data di ricevimento dell'istanza completa.
Trascorso detto termine senza che l'amministrazione abbia comunicato
l'improcedibilita', il procedimento si intende avviato».
28. Come la giurisprudenza ha gia' chiarito, tale previsione
integra una forma di «silenzio-assenso» operante (esclusivamente)
«sul piano della procedibilita' dell'istanza, quale misura volta a
determinare un'accelerazione procedimentale e a favorire un esame nel
merito delle relative richieste» (Cons. St., IV, 22 gennaio 2025, n.
466). La suddetta lettura e', del resto, l'unica che consenta di
attribuire un significato alla previsione per cui la mancata
comunicazione dell'improcedibilita' entro il termine di 15 giorni
determina l'avvio del procedimento. Se la norma dovesse leggersi nel
senso che il procedimento non potrebbe comunque considerarsi avviato
ove, anche dopo la scadenza del termine, l'Amministrazione rilevi
carenze documentali, la richiamata disposizione perderebbe, infatti,
ogni utilita'.
29. Consegue da quanto sopra che, trascorso il termine di 15
giorni dalla presentazione dell'istanza, e quindi a decorrere dal 22
novembre 2023, il procedimento avrebbe dovuto considerarsi avviato,
con la conseguenza che l'Amministrazione non avrebbe mai potuto
disporne l'archiviazione per carenze documentali, essendo piuttosto
onerata di esercitare i poteri istruttori di cui al paragrafo 14.11
delle linee guida.
30. Anche il secondo motivo e' fondato.
31. Va premesso che ai fini del decidere non assume alcuna
rilevanza la disciplina prevista dall'art. 10 del decreto legislativo
25 novembre 2024, n. 190, non applicabile ratione temporis in ragione
di quanto disposto dall'art. 15, comma 2, del suddetto decreto.
32. Cio' posto, ai sensi dell'art. 12, comma 4-bis, del decreto
legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, «Per la realizzazione di
impianti alimentati a biomassa, ivi inclusi gli impianti a biogas e
gli impianti per produzione di biometano di nuova costruzione, e per
impianti fotovoltaici, ferme restando la pubblica utilita' e le
procedure conseguenti per le opere connesse, il proponente deve
dimostrare nel corso del procedimento, e comunque prima
dell'autorizzazione, la disponibilita' del suolo su cui realizzare
l'impianto. Per gli impianti diversi da quelli di cui al primo
periodo il proponente, in sede di presentazione della domanda di
autorizzazione di cui al comma 3, puo' richiedere la dichiarazione di
pubblica utilita' e l'apposizione del vincolo preordinato
all'esproprio delle aree interessate dalla realizzazione
dell'impianto e delle opere connesse».
33. E' poi intervenuto l'art. 65, comma 5, del decreto-legge 24
gennaio 2012, n. 1 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24
marzo 2012, n. 27), il quale, allorquando l'art. 12, comma 4-bis
citato contemplava solo la disposizione di cui al primo periodo, ha
«chiarito» che «Il comma 4-bis dell'art. 12 del decreto legislativo
29 dicembre 2003, n. 387, introdotto dall'art. 27, comma 42, della
legge 23 luglio 2009, n. 99, deve intendersi riferito esclusivamente
alla realizzazione di impianti alimentati a biomasse situati in aree
classificate come zone agricole dagli strumenti urbanistici
comunali».
34. Al di la' del possibile corto-circuito interpretativo
generato dalla successiva interpolazione del medesimo comma 4-bis ad
opera dell'art. 7, comma 3-bis, del decreto-legge 17 maggio 2022, n.
50 (convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2022, n.
91), che ha introdotto il secondo periodo (e che, ove riferito agli
«impianti diversi da quelli di cui al primo periodo» assunti secondo
l'interpretazione di cui al decreto legge n. 1/2012, comprenderebbe
anche gli impianti fotovoltaici), dal suddetto intervento si e'
tratta comunque (soltanto) la conclusione che, «se poteva ammettersi
che la disponibilita' dell'area (ossia non necessariamente la
proprieta' ma comunque un titolo idoneo al suo utilizzo) potesse
comunque intervenire nel corso del procedimento, la disposizione
suddetta ha escluso tale "favor" per gli impianti fotovoltaici»
(Cons. St., IV, 26 ottobre 2016, n. 4538), senza pertanto che venisse
meno la possibilita', del resto pacificamente riconosciuta, che per
l'acquisizione della disponibilita' delle aree su cui realizzare le
opere connesse potesse farsi luogo alla richiesta di dichiarazione di
pubblica utilita' e all'esproprio.
35. Consegue da quanto sopra che, rispetto alla disponibilita'
dei terreni necessari per la realizzazione delle opere connesse, in
nulla i progetti relativi alla realizzazione di impianti fotovoltaici
differiscono rispetto alla generalita' degli altri impianti FER. Le
linee guida di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010 (par.
13.1, lettere c) e d)) prevedono infatti invariabilmente, quale
documentazione da produrre in allegato all'istanza, quella da cui
risulti la disponibilita' dell'area su cui realizzare le opere
connesse, salva la possibilita' di ricorrere al procedimento
espropriativo.
36. Da tali previsioni non sembra, tuttavia, doversi desumere che
ove tale disponibilita' passi per la concessione di superfici o di
risorse pubbliche, detto titolo debba anche essere acquisito
anteriormente al procedimento unico e non possa, invece, ivi
confluire, rinvenendosi previsioni che, al contrario, attestano che
cio' e' ben possibile.
37. Tanto era previsto dall'art. 12, comma 3, decreto legislativo
n. 387/2003 per gli impianti off-shore, ivi precisandosi che
«l'autorizzazione e' rilasciata dal Ministero della transizione
ecologica di concerto il Ministero delle infrastrutture e della
mobilita' sostenibili e sentito, per gli aspetti legati all'attivita'
di pesca marittima, il Ministero delle politiche agricole, alimentari
e forestali, nell'ambito del provvedimento adottato a seguito del
procedimento unico di cui al comma 4, comprensivo del rilascio della
concessione d'uso del demanio marittimo».
38. Le medesime linee guida, al paragrafo 13.1 lettera e), per
gli impianti idroelettrici richiedono, quale documentazione da
produrre a corredo dell'istanza, la concessione di derivazione
d'acqua per uso idroelettrico «qualora sia stata gia' acquisita» e
contemplano altresi', tra gli atti di assenso che confluiscono nel
procedimento unico, «il mutamento di destinazione d'uso temporaneo o
definitivo dei terreni gravati da uso civico di cui alla legge n.
1766 del 1927 e successive modificazioni», ricondotto dalla
giurisprudenza all'ambito proprio dei procedimenti di concessione dei
beni demaniali (cfr. TAR Veneto, I, 9 aprile 2025, n. 514) e in
relazione al quale si pongono le medesime esigenze di trasparenza,
pubblicita', imparzialita' e concorrenza che caratterizzano l'ambito
concessorio (cfr. Cons. St., IV, 26 marzo 2013, n. 16989; TAR Veneto,
n. 514/25 cit.).
39. Le stesse argomentazioni spese dall'Amministrazione regionale
per giustificare il diverso avviso sostenuto presentano profili di
ambiguita' difficilmente superabili, anzitutto laddove si afferma che
«la dimostrazione della predetta disponibilita' si consegue
presentando preventivamente la richiesta di nulla osta dell'ufficio
preposto alla cura del demanio regionale» (ove quindi parrebbe
sufficiente aver presentato l'istanza) e, soprattutto, laddove si
configura l'acquisizione del nulla-osta propedeutico alla concessione
come «una fase endoprocedimentale», ove il nulla-osta «confluisce poi
nella conferenza di servizi relativa al procedimento di AU».
40. Consegue da quanto sopra che, nel regime vigente
anteriormente all'entrata in vigore del decreto legislativo n.
190/2024, ove ai fini della disponibilita' dei terreni su cui
realizzare le opere connesse sia necessario un titolo concessorio, e'
senz'altro possibile che la relativa acquisizione avvenga nel
contesto del procedimento unico, senza che la mancanza di un previo
nulla-osta possa costituire un motivo di improcedibilita'
dell'istanza.
41. Anche il terzo motivo merita positivo apprezzamento in
ragione di quanto osservato con riferimento al primo mezzo. Il
procedimento, infatti, doveva intendersi gia' avviato alla data del
22 novembre 2023, sicche' era pienamente applicabile l'art. 5, comma
2, del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63 (convertito, con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024, n. 101), ai sensi del
quale il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra in zone classificate agricole non si applica ai
progetti «per i quali, alla data di entrata in vigore del presente
decreto, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative,
comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento
dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle
relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei
titoli medesimi». Ne deriva anche il difetto di rilevanza delle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate dalla parte
ricorrente rispetto alla predetta disciplina, che non risulta
applicabile al progetto di cui e' causa.
42. Tutto quanto sopra non e' peraltro sufficiente ai fini
dell'annullamento del provvedimento di archiviazione, che e'
ulteriormente sorretto dal richiamo alle previsioni di cui alla legge
della Regione autonoma della Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20, che
annovera l'area di impianto tra quelle non idonee e che introduce un
divieto di realizzazione degli impianti FER in aree non idonee
applicabile «anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura
autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o
statale, e' in corso al momento dell'entrata in vigore» della legge
(art. 1, comma 5).
43. Occorre a questo punto prioritariamente esaminare le censure
portate dalla ricorrente avverso il decreto ministeriale 21 giugno
2024, con il quale l'Autorita' ministeriale ha individuato i criteri
per l'individuazione, da parte delle regioni e delle Province
autonome, delle aree idonee e non idonee.
44. E' infondata la doglianza con la quale si lamenta che, avendo
l'art. 1, comma 1, lettera b), definito le aree «non idonee» come
«incompatibili» con la realizzazione di impianti rinnovabili, da cio'
consegua l'impossibilita' di realizzare progetti nelle aree suddette.
45. Come la Sezione ha gia' chiarito (cfr. sentenza n. 9155/2025,
par. 1.2.5), «proprio sulla scorta delle scelte compiute [...] con
l'adozione del gravato decreto ministeriale - e condivise con gli
enti territoriali - emerge come, contrariamente a quanto sostenuto
dalle societa' ricorrenti, nel complessivo nuovo impianto normativo e
regolamentare sia sostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura
e finalita', la portata precettiva del concetto di "area non idonea"
rispetto a quanto previsto dal paragrafo 17 e dall'Allegato 3 delle
linee guida del 2010, non traducendosi, ora come allora, in una
preclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER, ed essendo
solo funzionale ad indicare la sussistenza di "una elevata
probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede di
autorizzazione"».
46. Da cio' consegue anche la manifesta infondatezza delle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate dalla parte
ricorrente rispetto all'art. 20, comma 4, del decreto legislativo n.
199/2021, laddove individua la «legge» e non un provvedimento
amministrativo quale strumento per attuare il sistema delle aree
idonee.
47. Al riguardo, occorre ricordare anzitutto che, secondo la
pacifica giurisprudenza costituzionale, «in linea di principio la
tutela giudiziaria non viene meno per il trasferimento del
contenzioso alla giurisdizione costituzionale» (Corte costituzionale,
sentenza 23 giugno 2020, n. 116).
48. In secondo luogo, dalla sopra ricordata ricostruzione del
concetto di area non idonea emerge che le previsioni della legge
regionale sul punto non conducono all'individuazione di aree vietate,
bensi' di aree caratterizzate da «una elevata probabilita' di esito
negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione», con la
conseguenza che e' sempre necessario confermare, «nell'ambito di
singoli procedimenti» (cfr. l'art. 20, comma 7, decreto legislativo
n. 199/2021), la non idoneita' dell'area in relazione alle specifiche
caratteristiche dell'iniziativa proposta e dei territori interessati.
49. Ne deriva che, per un verso, le scelte compiute in sede
legislativa non pregiudicano, di per se', l'interesse dell'operatore
che intenda avviare un progetto in area non idonea e, per altro
averso, l'eventuale diniego di autorizzazione consegue in ogni caso a
una valutazione condotta dall'amministrazione censurabile innanzi al
giudice amministrativo, il quale peraltro potra' anche, ove
rilevanti, rimettere alla Corte costituzionale eventuali questioni di
legittimita' costituzionale che afferiscano alla disciplina di rango
legislativo.
50. Non si configura, pertanto, alcuna violazione dell'art. 24
della Costituzione, essendo in ogni caso assicurato un completo
controllo di legittimita' dell'azione amministrativa, fermo restando
il sindacato di costituzionalita' delle leggi e degli atti aventi
forza di legge nei termini consueti.
51. Neppure e' predicabile alcun vulnus all'art. 97 della
Costituzione, posto che dal sistema come sopra delineato emerge come
non sia in alcun modo venuta meno la ponderazione degli interessi
rimessa all'amministrazione, sia pure sulla base dei criteri generali
stabili dalla legge regionale e, prima ancora, dal decreto
ministeriale.
52. Il quarto motivo e', invece, fondato nella parte in cui
censura il decreto ministeriale 21 giugno 2024 ove consente alle
regioni la possibilita' di non «tener conto» delle aree idonee
previste ex lege dall'art. 20, comma 8 del decreto legislativo n.
199/2021. Come la Sezione ha gia' rilevato (cfr. la sentenza n.
9155/2025 cit., part. 8.2), la disciplina ministeriale e' sul punto
«insufficiente a salvaguardare [le iniziative gia' intraprese,
n.d.r.] dalle sopravvenienze normative che, in seguito all'adozione
delle leggi regionali, potrebbero mutare la qualificazione delle aree
su cui sono localizzati gli impianti per i quali risultano in corso i
procedimenti di autorizzazione, al momento dell'adozione del decreto
ministeriale del 21 giugno 2024. La concessione della suddetta
facolta', infatti, non assicura il mantenimento della qualificazione
di area idonea operata medio tempore dalla legge e, dunque, non puo'
costituire una valida misura di salvaguardia delle iniziative in
corso, tenuto conto del fatto che le stesse, in base al combinato
disposto dell'art. 20, comma 8, e 22, del decreto legislativo n.
199/2021 hanno avuto accesso alle agevolazioni e accelerazioni
procedimentali previste con la introduzione del regime delle aree
idonee».
53. Va, pertanto, annullato l'art. 7, comma 2, lettera c), del
decreto ministeriale 21 giugno 2024, con l'obbligo per
l'Amministrazione di rideterminarsi sul punto ai sensi e nei termini
di cui alla richiamata sentenza n. 9155/2025.
54. Tutto quanto sopra non conduce, allo stato, all'annullamento
del provvedimento di archiviazione del procedimento. Vi ostano,
infatti, le disposizioni della legge della Regione autonoma della
Sardegna n. 20/2024, che hanno sostanzialmente introdotto un divieto
di realizzazione di impianti FER in area non idonea, applicabile
anche ai progetti con procedimenti avviati.
55. Il Collegio ritiene, peraltro, rilevanti e non manifestamente
infondate, nei termini di seguito precisati, le questioni di
legittimita' costituzionale sollevate dalla parte ricorrente in
ordine a tale disciplina, in particolare quanto alla previsione per
cui «e' vietata la realizzazione di impianti ricadenti nelle ... aree
non idonee ... individuate dagli allegati A, B, C, D, E», sia in
quanto introduce un divieto assoluto di realizzazione degli impianti
FER in area non idonea, sia in quanto e' resa applicabile anche agli
impianti la cui procedura autorizzativa e' in corso al momento
dell'entrata in vigore della legge.
56. Ad avviso del Collegio va, in particolare, rimessa al
giudizio della Corte costituzionale la valutazione di legittimita'
costituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche'
degli allegati A, B, C, D ed E della legge citata, per contrasto con
gli articoli 3, 9, 41, 11, 97, 117 della Costituzione, nonche' con
l'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e gli articoli 3 e 4
della legge costituzionale n. 3/1948, anche in relazione ai principi
espressi dalla direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE)
2018/1999, come modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche'
dal regolamento (UE) 2021/1119.
Sulla rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale
degli articoli 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche' degli allegati A,
B, C, D ed E della legge della Regione Autonoma della Sardegna n.
20/2024 con riferimento agli articoli 3, 9, 41, 11, 97, 117 della
Costituzione, nonche' all'art. 10 della legge costituzionale n.
3/2001 e agli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948.
57. Le aree non idonee come individuate dalla legge della Regione
Sardegna n. 20/2024 si sovrappongono all'area del progetto proposto
dalla ricorrente, gia' collocato in area idonea ai sensi dell'art.
20, comma 8, lettera c-ter, n. 1) e c-quater, del decreto legislativo
n. 199/2021. Sulla base del combinato disposto dell'art. 1, commi 2,
5 e 7, il predetto progetto non potrebbe essere ulteriormente
coltivato, in quanto la finanche parziale collocazione in area non
idonea determina, ai sensi del citato comma 7, l'applicazione del
comma 5, secondo cui «E' vietata la realizzazione degli impianti
ricadenti nelle rispettive aree non idonee».
58. A fronte di tale risultato, la disciplina prevista dall'art.
7, comma 2, lettera c), del decreto impugnato, laddove si limita a
consentire alle regioni la mera «possibilita' di fare salve le aree
idonee di cui all'art. 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre
2021, n. 199 vigente alla data di entrata in vigore del presente
decreto», rivela tutta la sua insufficienza, nonche' il contrasto
frontale con il criterio di delega di cui all'art. 5, comma 1,
lettera a), n. 1), della legge delega n. 53/2021, ai sensi della
quale la disciplina di cui al decreto ministeriale avrebbe dovuto
«prevede misure di salvaguardia delle iniziative di sviluppo in corso
che risultino coerenti con i criteri di localizzazione degli impianti
preesistenti».
59. L'annullamento del predetto decreto non consente, peraltro,
l'annullamento (anche) del provvedimento di archiviazione, che e'
retto dalle disposizioni della legge regionale. In mancanza della
declaratoria di illegittimita' costituzionale della predetta legge,
il Collegio sarebbe pertanto tenuto al rigetto della domanda, essendo
l'esito del procedimento del tutto vincolato.
60. Viceversa, nel caso in cui la legge regionale venisse
dichiarata incostituzionale, il Collegio potra' procedere
all'annullamento del provvedimento di archiviazione, che risulterebbe
viziato in via derivata dall'illegittimita' riscontrata in ordine
alla carente disciplina transitoria prevista dal decreto
ministeriale. Da qui la rilevanza delle questioni di seguito
illustrate ai fini del presente giudizio.
Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di legittimita'
costituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche'
degli allegati A, B, C, D ed E della legge della Regione Autonoma
della Sardegna n. 20/2024 con riferimento agli articoli 3, 9, 11, 41,
97, 117 della Costituzione, nonche' all'art. 10 della legge
costituzionale n. 3/2001 e agli articoli 3 e 4 della legge
costituzionale n. 3/1948.
61. La disciplina statutaria assegna alla Regione autonoma
Sardegna la competenza primaria in materia di «edilizia e
urbanistica» (art. 3, lettera f), nonche' la correlata «competenza
paesaggistica» ai sensi dell'art. 6 del decreto del Presidente della
Repubblica n. 480 del 1975. L'art. 4, lettera e), prevede la
competenza concorrente nella materia «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia elettrica», da esercitarsi nel
limite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato.
62. La legge regionale n. 20/2024 costituisce «legge di Governo
del territorio, urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico»
(art. 1, comma 2). Tuttavia, nella misura in cui essa ha ad oggetto
precipuo «l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee
all'installazione e promozione di impianti a fonti di energia
rinnovabile (FER)», e' da ritenersi che afferisca prevalentemente
alla competenza statutaria in materia di «produzione e distribuzione
dell'energia elettrica» (art. 4, lettera e), dello statuto speciale).
63. Peraltro, pur al cospetto di un intreccio di competenze, esse
- quella primaria di tutela del paesaggio e di edilizia ed
urbanistica e quella concorrente in materia di energia elettrica -
devono comunque esercitarsi «In armonia con la Costituzione e i
principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto
degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche'
delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della
Repubblica», oltreche', per quanto riguarda la competenza
concorrente, nel limite «dei principi stabiliti dalle leggi dello
Stato», ai sensi dei medesimi articoli 3 e 4 dello Statuto.
64. Nel caso in esame, le disposizioni di cui alla legge
regionale n. 20/2024 contrastano con i principi stabiliti dalla legge
statale e dalle norme fondamentali di riforma economico - sociale che
si impongono anche alle Regione ad autonomia speciale per l'espressa
previsione statutaria.
65. Occorre al riguardo previamente richiamare il quadro
normativo unionale.
66. L'art. 3, par. 5, TUE, stabilisce che «Nelle relazioni con il
resto del mondo l'Unione afferma e promuove i suoi valori e
interessi, contribuendo alla protezione dei suoi cittadini» A tal
fine essa «Contribuisce [...] allo sviluppo sostenibile della Terra».
67. L'art. 6, par. 1, TUE precisa che «L'Unione riconosce i
diritti, le liberta' e i principi sanciti nella Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il 12
dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo stesso valore giuridico dei
trattati». Ai sensi dell'art. 37 della Carta, «Un livello elevato di
tutela dell'ambiente e il miglioramento della sua qualita' devono
essere integrati nelle politiche dell'Unione e garantiti
conformemente al principio dello sviluppo sostenibile».
68. L'art. 11 TFUE esprime la medesima esigenza sancendo che «Le
esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate
nella definizione e nell'attuazione delle politiche e azioni
dell'Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo
sviluppo sostenibile» (c.d. principio di integrazione).
69. Secondo l'art. 191 TFUE, «La politica dell'Unione in materia
ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi:
salvaguardia, tutela e miglioramento della qualita'
dell'ambiente;
protezione della salute umana;
utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali;
promozione sul piano internazionale di misure destinate a
risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale e,
in particolare, a combattere i cambiamenti climatici.
2. La politica dell'Unione in materia ambientale mira a un
elevato livello di tutela, tenendo conto della diversita' delle
situazioni nelle varie regioni dell'Unione. Essa e' fondata sui
principi della precauzione e dell'azione preventiva, sul principio
della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati
all'ambiente, nonche' sul principio "chi inquina paga"».
70. Ai sensi dell'art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento europeo
e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa
ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e sociale e
del Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono
essere intraprese dall'Unione per realizzare gli obiettivi dell'art.
191».
71. L'art. 194 TFUE stabilisce, a sua volta, che «Nel quadro
dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno e tenendo
conto dell'esigenza di preservare e migliorare l'ambiente, la
politica dell'Unione nel settore dell'energia e' intesa, in uno
spirito di solidarieta' tra Stati membri, a [...] promuovere il
risparmio energetico, l'efficienza energetica e lo sviluppo di
energie nuove e rinnovabili».
72. Protezione dell'ambiente e promozione delle c.d. energie
rinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti. Come
si ricava dalla giurisprudenza della Corte di giustizia, l'uso di
fonti di energia rinnovabili per la produzione di elettricita' e'
utile alla tutela dell'ambiente in quanto contribuisce alla riduzione
delle emissioni di gas a effetto serra che compaiono tra le
principali cause dei cambiamenti climatici che l'Unione europea e i
suoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L'incremento della
quota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli elementi
portanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni
e conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione quadro delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche' agli altri impegni
assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle
emissioni dei gas a effetto serra. Cio', peraltro, e' funzionale
anche alla tutela della salute e della vita delle persone e degli
animali, nonche' alla preservazione dei vegetali (cfr. le sentenze 1
luglio 2014, C- 573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.).
73. La Corte di giustizia ha peraltro precisato che l'art. 191
TFUE si limita a definire gli obiettivi generali dell'Unione in
materia ambientale, mentre l'art. 192 TFUE affida al Parlamento
europeo e al Consiglio dell'Unione europea il compito di decidere le
azioni da avviare al fine del raggiungimento di detti obiettivi. Di
conseguenza, l'art. 191 TFUE non puo' essere invocato in quanto tale
dai privati al fine di escludere l'applicazione di una normativa
nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale
quando non sia applicabile nessuna normativa dell'Unione adottata in
base all'art. 192 TFUE; viceversa, l'art. 191 TFUE assume rilevanza
allorquando esso trovi attuazione nel diritto derivato (cfr. CGUE,
sentenza 4 marzo 2015, C-534/13, 39 ss.).
74. Disposizioni sulla promozione dell'energia elettrica da fonti
energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell'art. 175 TCE (ora
192 TFUE), sono state introdotte gia' con la direttiva 2001/77/CE del
Parlamento europeo e del Consiglio del 27 settembre 2001 e,
successivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 23 aprile 2009.
75. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del
Consiglio dell'11 dicembre 2018 si e' proceduto alla rifusione e alla
modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel
dettare la relativa disciplina e' stato considerato, tra l'altro,
che:
"[...]
(2) Ai sensi dell'art. 194, paragrafo 1, del trattato sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la promozione delle forme
di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della
politica energetica dell'Unione. Tale obiettivo e' perseguito dalla
presente direttiva. Il maggiore ricorso all'energia da fonti
rinnovabili o all'energia rinnovabile costituisce una parte
importante del pacchetto di misure necessarie per ridurre le
emissioni di gas a effetto serra e per rispettare gli impegni
dell'Unione nel quadro dell'accordo di Parigi del 2015 sui
cambiamenti climatici, a seguito della 21ª Conferenza delle parti
della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti
climatici (« accordo di Parigi»), e il quadro per le politiche
dell'energia e del clima all'orizzonte 2030, compreso l'obiettivo
vincolante dell'Unione di ridurre le emissioni di almeno il 40%
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L'obiettivo vincolante in
materia di energie rinnovabili a livello dell'Unione per il 2030 e i
contributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote di
riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi nazionali generali
per il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per
la politica energetica e ambientale dell'Unione [...].
(3) Il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili puo'
svolgere una funzione indispensabile anche nel promuovere la
sicurezza degli approvvigionamenti energetici, nel garantire
un'energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo
tecnologico e l'innovazione, oltre alla leadership tecnologica e
industriale, offrendo nel contempo vantaggi ambientali, sociali e
sanitari, come pure nel creare numerosi posti di lavoro e sviluppo
regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o
nei territori a bassa densita' demografica o soggetti a parziale
deindustrializzazione.
(4) In particolare, la riduzione del consumo energetico, i
maggiori progressi tecnologici, gli incentivi all'uso e alla
diffusione dei trasporti pubblici, il ricorso a tecnologie
energeticamente efficienti e la promozione dell'utilizzo di energia
rinnovabile nei settori dell'energia elettrica, del riscaldamento e
del raffrescamento, cosi' come in quello dei trasporti sono strumenti
molto efficaci, assieme alle misure di efficienza energetica per
ridurre le emissioni a effetto serra nell'Unione e la sua dipendenza
energetica.
(5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro normativo
per la promozione dell'utilizzo di energia da fonti rinnovabili che
fissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota di energia
rinnovabile nel consumo energetico e nel settore dei trasporti da
raggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del 22
gennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell'energia e del
clima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro per le
future politiche dell'Unione nei settori dell'energia e del clima e
ha promosso un'intesa comune sulle modalita' per sviluppare dette
politiche dopo il 2020. La Commissione ha proposto come obiettivo
dell'Unione una quota di energie rinnovabili consumate nell'Unione
pari ad almeno il 27% entro il 2030. Tale proposta e' stata sostenuta
dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre 2014, le
quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare i propri
obiettivi nazionali piu' ambiziosi, per realizzare i contributi
all'obiettivo dell'Unione per il 2030 da essi pianificati e andare
oltre.
(6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del 5 febbraio
2014, «Un quadro per le politiche dell'energia e del clima
all'orizzonte 2030», e del 23 giugno 2016, «I progressi compiuti
nell'ambito delle energie rinnovabili», si e' spinto oltre la
proposta della Commissione o le conclusioni del Consiglio,
sottolineando che, alla luce dell' accordo di Parigi e delle recenti
riduzioni del costo delle tecnologie rinnovabili, era auspicabile
essere molto piu' ambiziosi.
[...]
(8) Appare pertanto opportuno stabilire un obiettivo
vincolante dell'Unione in relazione alla quota di energia da fonti
rinnovabili pari almeno al 32%. Inoltre, la Commissione dovrebbe
valutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo alla luce
di sostanziali riduzioni del costo della produzione di energia
rinnovabile, degli impegni internazionali dell'Unione a favore della
decarbonizzazione o in caso di un significativo calo del consumo
energetico nell'Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro
contributo al conseguimento di tale obiettivo nell'ambito dei
rispettivi piani nazionali integrati per l'energia e il clima in
applicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)
2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio.
[...]
(10) Al fine di garantire il consolidamento dei risultati
conseguiti ai sensi della direttiva 2009/28/CE, gli obiettivi
nazionali stabiliti per il 2020 dovrebbero rappresentare il
contributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030. In
nessun caso le quote nazionali delle energie rinnovabili dovrebbero
scendere al di sotto di tali contributi. [...].
(11) Gli Stati membri dovrebbero adottare ulteriori misure
qualora la quota di energie rinnovabili a livello di Unione non
permettesse di mantenere la traiettoria dell'Unione verso l'obiettivo
di almeno il 32% di energie rinnovabili. Come stabilito nel
regolamento (UE) 2018/1999, se, nel valutare i piani nazionali
integrati in materia di energia e clima, ravvisa un insufficiente
livello di ambizione, la Commissione puo' adottare misure a livello
dell'Unione per assicurare il conseguimento dell'obiettivo. Se, nel
valutare le relazioni intermedie nazionali integrate sull'energia e
il clima, la Commissione ravvisa progressi insufficienti verso la
realizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero applicare
le misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare tale
lacuna».
76. Le richiamate rationes hanno condotto a introdurre, tra
l'altro, un obiettivo vincolante complessivo dell'Unione per il 2030
(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a far
si' che la quota di energia da fonti rinnovabili nel consumo finale
lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia almeno pari al 32%. La
Commissione valuta tale obiettivo al fine di presentare, entro il
2023, una proposta legislativa intesa a rialzarlo nel caso di
ulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia
rinnovabile, se risulta necessario per rispettare gli impegni
internazionali dell'Unione a favore della decarbonizzazione o se il
rialzo e' giustificato da un significativo calo del consumo
energetico nell'Unione», con la precisazione che «Se, sulla base
della valutazione delle proposte dei piani nazionali integrati per
l'energia e il clima, presentati ai sensi dell'art. 9 del regolamento
(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che i contributi nazionali
degli Stati membri sono insufficienti per conseguire collettivamente
l'obiettivo vincolante complessivo dell'Unione, la Commissione segue
la procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento».
77. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell'art. 192 TFUE,
ha istituito un quadro per il conseguimento della neutralita'
climatica, nel presupposto che:
«(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici
richiede una maggiore ambizione e un'intensificazione dell'azione per
il clima da parte dell'Unione e degli Stati membri. L'Unione si e'
impegnata a potenziare gli sforzi per far fronte ai cambiamenti
climatici e a dare attuazione all'accordo di Parigi adottato
nell'ambito della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui
cambiamenti climatici («accordo di Parigi»), guidata dai suoi
principi e sulla base delle migliori conoscenze scientifiche
disponibili, nel contesto dell'obiettivo a lungo termine relativo
alla temperatura previsto dall'accordo di Parigi.
[...]
(4) Un obiettivo stabile a lungo termine e' fondamentale per
contribuire alla trasformazione economica e sociale, alla creazione
di posti di lavoro di alta qualita', alla crescita sostenibile e al
conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni
Unite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto
di vista sociale, equo e in modo efficiente in termini di costi
l'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'accordo di Parigi.
[...]
(9) L'azione per il clima dell'Unione e degli Stati membri
mira a tutelare le persone e il pianeta, il benessere, la
prosperita', l'economia, la salute, i sistemi alimentari,
l'integrita' degli ecosistemi e la biodiversita' contro la minaccia
dei cambiamenti climatici, nel contesto dell'agenda 2030 delle
Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel perseguimento degli
obiettivi dell'accordo di Parigi; mira inoltre a massimizzare la
prosperita' entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza e
ridurre la vulnerabilita' della societa' ai cambiamenti climatici. In
quest'ottica, le azioni dell'Unione e degli Stati membri dovrebbero
essere guidate dal principio di precauzione e dal principio «chi
inquina paga», istituiti dal trattato sul funzionamento dell'Unione
europea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell'efficienza
energetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green
Deal europeo.
[...]
(11) Vista l'importanza della produzione e del consumo di
energia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, e'
indispensabile realizzare la transizione verso un sistema energetico
sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione
delle energie rinnovabili, su un mercato interno dell'energia ben
funzionante e sul miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo
nel contempo la poverta' energetica. Anche la trasformazione
digitale, l'innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono
fattori importanti per conseguire l'obiettivo della neutralita'
climatica.
[...]
(20) L'Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro il 2050,
un equilibrio all'interno dell'Unione tra le emissioni antropogeniche
dalle fonti e gli assorbimenti antropogenici dai pozzi dei gas a
effetto serra di tutti i settori economici e, ove opportuno,
raggiungere emissioni negative in seguito. Tale obiettivo dovrebbe
comprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a
livello dell'Unione regolamentati nel diritto dell'Unione. [...]
[...]
(25) La transizione verso la neutralita' climatica presuppone
cambiamenti nell'intero spettro delle politiche e uno sforzo
collettivo di tutti i settori dell'economia e della societa', come
evidenziato nel Green Deal europeo. Il Consiglio europeo, nelle
conclusioni del 12 dicembre 2019, ha dichiarato che tutte le
normative e politiche pertinenti dell'Unione devono essere coerenti
con il conseguimento dell'obiettivo della neutralita' climatica e
contribuirvi, nel rispetto della parita' di condizioni, e ha invitato
la Commissione a valutare se cio' richieda un adeguamento delle norme
vigenti.
[...]
(36) Al fine di garantire che l'Unione e gli Stati membri
restino sulla buona strada per conseguire l'obiettivo della
neutralita' climatica e registrino progressi nell'adattamento, e'
opportuno che la Commissione valuti periodicamente i progressi
compiuti, sulla base delle informazioni di cui al presente
regolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma
del regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso in cui i progressi
collettivi compiuti dagli Stati membri rispetto all'obiettivo della
neutralita' climatica o all'adattamento siano insufficienti o che le
misure dell'Unione siano incoerenti con l'obiettivo della neutralita'
climatica o inadeguate per migliorare la capacita' di adattamento,
rafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita', la Commissione
dovrebbe adottare le misure necessarie conformemente ai trattati.
[...]
78. Il regolamento ha quindi sancito (art. 1) «l'obiettivo
vincolante della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050, in
vista dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'art. 2, paragrafo 1, lettera a), dell'accordo di Parigi»,
precisando che, onde conseguire tale obiettivo, «il traguardo
vincolante dell'Unione in materia di clima per il 2030 consiste in
una riduzione interna netta delle emissioni di gas a effetto serra
(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto ai
livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4).
79. Ai sensi dell'art. 5 del regolamento, «Le istituzioni
competenti dell'Unione e gli Stati membri assicurano il costante
progresso nel miglioramento della capacita' di adattamento, nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7 dell'accordo di
Parigi», garantendo inoltre che «le politiche in materia di
adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano coerenti, si
sostengano reciprocamente, comportino benefici collaterali per le
politiche settoriali e si adoperino per integrare meglio
l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di
intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione». A tal fine, «Gli Stati membri adottano e attuano
strategie e piani nazionali di adattamento, tenendo conto della
strategia dell'Unione sull'adattamento ai cambiamenti climatici [...]
e fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti climatici e
di vulnerabilita', sulle valutazioni dei progressi compiuti e sugli
indicatori, e basandosi sulle migliori e piu' recenti evidenze
scientifiche disponibili. Nelle loro strategie nazionali di
adattamento, gli Stati membri tengono conto della particolare
vulnerabilita' dei pertinenti settori, tra cui l'agricoltura, e dei
sistemi idrici e alimentari nonche' della sicurezza alimentare, e
promuovono soluzioni basate sulla natura e l'adattamento basato sugli
ecosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e
includono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono
tenuti a presentare a norma dell'art. 19, paragrafo 1, del
regolamento (UE) 2018/1999».
80. La direttiva (UE) 2023/2413 del Parlamento europeo e del
Consiglio del 18 ottobre 2023 ha introdotto, tra l'altro,
disposizioni volte a modificare la direttiva (UE) 2018/2001, il
regolamento (UE) 2018/1999 e la direttiva n. 98/70/CE per quanto
riguarda la promozione dell'energia da fonti rinnovabili,
evidenziando che:
«[...]
(2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel
conseguimento di tali obiettivi, dato che il settore energetico
contribuisce attualmente per oltre il 75% alle emissioni totali di
gas a effetto serra nell'Unione. Riducendo tali emissioni di gas a
effetto serra, le energie rinnovabili possono anche contribuire ad
affrontare sfide ambientali come la perdita di biodiversita', e a
ridurre l'inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione
della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso verso
un pianeta piu' sano per tutti - Piano d'azione dell'UE: Verso
l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e il suolo». La transizione
verde verso un'economia basata sulle energie da fonti rinnovabili
contribuira' a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591
del Parlamento europeo e del Consiglio, che mira altresi' a
proteggere, ripristinare e migliorare lo stato dell'ambiente,
mediante, tra l'altro, l'interruzione e l'inversione del processo di
perdita di biodiversita'. [...].
(4) Il contesto generale determinato dall'invasione
dell'Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia di
COVID-19 ha provocato un'impennata dei prezzi dell'energia
nell'intera Unione, evidenziando in tal modo la necessita' di
accelerare l'efficienza energetica e accrescere l'uso delle energie
da fonti rinnovabili nell'Unione. Al fine di conseguire l'obiettivo a
lungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi terzi,
l'Unione dovrebbe concentrarsi sull'accelerazione della transizione
verde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione delle
emissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili
fossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i cittadini e
le imprese dell'Unione in tutti i settori dell'economia.
(5) Il piano REPowerEU stabilito nella comunicazione della
Commissione del 18 maggio 2022 («piano REPowerEU») mira a rendere
l'Unione indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del
2030. Tale comunicazione prevede l'anticipazione delle capacita'
eolica e solare, un aumento del tasso medio di diffusione di tale
energia e capacita' supplementari di energia da fonti rinnovabili
entro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili
rinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i colegislatori
a valutare la possibilita' di innalzare o anticipare gli obiettivi
fissati per l'aumento della quota di energia rinnovabile nel mix
energetico. [...] Al di la' di tale livello obbligatorio, gli Stati
membri dovrebbero adoperarsi per conseguire collettivamente
l'obiettivo complessivo dell'Unione del 45% di energia da fonti
rinnovabili, in linea con il piano REPowerEU.
(6) [...] E' auspicabile che gli Stati membri possano
combinare diverse fonti di energia non fossili al fine di conseguire
l'obiettivo dell'Unione di raggiungere la neutralita' climatica entro
il 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze nazionali e
della struttura delle loro forniture energetiche. Al fine di
realizzare tale obiettivo, la diffusione dell'energia rinnovabile nel
quadro del piu' elevato obiettivo generale vincolante dell'Unione
dovrebbe iscriversi negli sforzi complementari di decarbonizzazione
che comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili che
gli Stati membri decidono di perseguire.
[...]
(25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere una piu' rapida
diffusione di progetti in materia di energia rinnovabile effettuando
una mappatura coordinata per la diffusione delle energie rinnovabili
e per le relative infrastrutture, in coordinamento con gli enti
locali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare le zone
terrestri, le superfici, le zone sotterranee, le acque interne e
marine necessarie per l'installazione degli impianti di produzione di
energia rinnovabile e per le relative infrastrutture al fine di
apportare almeno i rispettivi contributi nazionali all'obiettivo
complessivo riveduto in materia di energia da fonti rinnovabili per
il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE)
2018/2001 e a sostegno del conseguimento dell'obiettivo della
neutralita' climatica entro e non oltre il 2050, in conformita' del
regolamento (UE) 2021/1119. [...]. Gli Stati membri dovrebbero
garantire che le zone in questione riflettano le rispettive
traiettorie stimate e la potenza totale installata pianificata e
dovrebbero individuare le zone specifiche per i diversi tipi di
tecnologia di produzione di energia rinnovabile stabilite nei loro
piani nazionali integrati per l'energia e il clima presentati a norma
degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999.
[...]
(26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme
di tali aree, specifiche zone terrestri (comprese superfici e
sottosuperfici) e marine o delle acque interne come zone di
accelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere
particolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in materia
di energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi di tecnologia,
sulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di energia
da fonti rinnovabili non dovrebbe comportare un impatto ambientale
significativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per le
energie rinnovabili, gli Stati membri dovrebbero evitare le zone
protette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune
misure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero poter designare
zone di accelerazione specificamente per le energie rinnovabili per
uno o piu' tipi di impianti di produzione di energia rinnovabile e
dovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti rinnovabili
adatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Gli Stati membri dovrebbero designare tali zone di
accelerazione per le energie rinnovabili per almeno un tipo di
tecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per
le energie rinnovabili, alla luce delle specificita' e dei requisiti
del tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono zone di
accelerazione per le energie rinnovabili. Cosi' facendo, gli Stati
membri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni combinate
di tali zone siano sostanziali e contribuiscano al conseguimento
degli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001.
(27) L'uso polivalente dello spazio per la produzione di
energia rinnovabile e per altre attivita' terrestri, delle acque
interne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il
ripristino della natura, allentano i vincoli d'uso del suolo, delle
acque interne e del mare. In tale contesto la pianificazione
territoriale rappresenta uno strumento indispensabile con cui
individuare e orientare precocemente le sinergie per l'uso del suolo,
delle acque interne e del mare. Gli Stati membri dovrebbero
esplorare, consentire e favorire l'uso polivalente delle zone
individuate a seguito delle misure di pianificazione territoriali
adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri agevolino,
ove necessario, i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare, purche'
i diversi usi e attivita' siano compatibili tra di loro e possano
coesistere.
[...]
(36) In considerazione della necessita' di accelerare la
diffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione delle
zone di accelerazione per le energie rinnovabili non dovrebbe
impedire la realizzazione in corso e futura di progetti di energia
rinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione. Questi
progetti dovrebbero continuare a sottostare all'obbligo di
valutazione specifica dell'impatto ambientale a norma della direttiva
2011/92/UE, ed essere soggetti alle procedure di rilascio delle
autorizzazioni applicabili ai progetti in materia di energia
rinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Per accelerare le procedure di rilascio delle
autorizzazioni nella misura necessaria a conseguire l'obiettivo di
energia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE) 2018/2001, anche
le procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti
fuori dalle zone di accelerazione per le energie rinnovabili
dovrebbero essere semplificate e razionalizzate attraverso
l'introduzione di scadenze massime chiare per tutte le fasi della
procedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese le valutazioni
ambientali specifiche per ciascun progetto.
81. In ragione delle considerazioni sopra richiamate, la
direttiva ha introdotto, tra l'altro, disposizioni in materia di
mappatura delle zone necessarie per i contributi nazionali
all'obiettivo complessivo dell'Unione di energia rinnovabile per il
2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche' di
procedure amministrative per il rilascio delle relative
autorizzazioni.
82. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento europeo e del
Consiglio dell'11 dicembre 2018, adottato sulla base degli articoli
192 e 194 TFUE, stabilisce la necessaria base legislativa per una
governance dell'Unione dell'energia e dell'azione per il clima
affidabile, inclusiva, efficace sotto il profilo dei costi,
trasparente e prevedibile che garantisca il conseguimento degli
obiettivi e dei traguardi a lungo termine fino al 2030 dell'Unione
dell'energia, in linea con l'accordo di Parigi del 2015 sui
cambiamenti climatici derivante dalla 21ª Conferenza delle parti alla
Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici,
attraverso sforzi complementari, coerenti e ambiziosi da parte
dell'Unione e degli Stati membri, limitando la complessita'
amministrativa.
83. Nel configurare tale meccanismo e' stato considerato, in
particolare, che:
(2) L'Unione dell'energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:
la sicurezza energetica; il mercato interno dell'energia;
l'efficienza energetica; il processo di decarbonizzazione; la
ricerca, l'innovazione e la competitivita'.
(3) L'obiettivo di un'Unione dell'energia resiliente e
articolata intorno a una politica ambiziosa per il clima e' di
fornire ai consumatori dell'UE - comprese famiglie e imprese -
energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e di
promuovere la ricerca e l'innovazione attraendo investimenti; cio'
richiede una radicale trasformazione del sistema energetico europeo.
Tale trasformazione e' inoltre strettamente connessa alla necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse
naturali, in particolare promuovendo l'efficienza energetica e i
risparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia rinnovabile
[...].
[...]
(7) L'obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno il
40% delle emissioni di gas a effetto serra nel sistema economico
entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, e' stato formalmente
approvato in occasione del Consiglio «Ambiente» del 6 marzo 2015,
quale contributo previsto determinato a livello nazionale,
dell'Unione e dei suoi Stati membri all' accordo di Parigi. L'accordo
di Parigi e' stato ratificato dall'Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e'
entrato in vigore il 4 novembre 2016; sostituisce l'approccio
adottato nell'ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che e' stato
approvato dall'Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio
(7) e che non sara' prorogato dopo il 2020. E' opportuno aggiornare
di conseguenza il sistema dell'Unione per il monitoraggio e la
comunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas a effetto
serra.
(8) L' accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione
globale relativo alla mitigazione dei cambiamenti climatici e
stabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con l'obiettivo di
mantenere l'aumento della temperatura mondiale media ben al di sotto
di 2°C rispetto ai livelli preindustriali e di continuare ad
adoperarsi per limitare tale aumento della temperatura a 1,5°C
rispetto ai livelli preindustriali.
[...]
(12) Nelle conclusioni del 23 e del 24 ottobre 2014, il
Consiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare un sistema di
governance affidabile, trasparente, privo di oneri amministrativi
superflui e con una sufficiente flessibilita' per gli Stati membri
per contribuire a garantire che l'Unione rispetti i suoi obiettivi di
politica energetica, nel pieno rispetto della liberta' degli Stati
membri di stabilire il proprio mix energetico [...]
[...]
(18) Il principale obiettivo del meccanismo di governance
dovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento degli
obiettivi dell'Unione dell'energia, in particolare gli obiettivi del
quadro 2030 per il clima e l'energia, nei settori della riduzione
delle emissioni dei gas a effetto serra, delle fonti di energia
rinnovabili e dell'efficienza energetica. Tali obiettivi derivano
dalla politica dell'Unione in materia di energia e dalla necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere l'utilizzazione accorta e razionale delle risorse
naturali, come previsto nei trattati. Nessuno di questi obiettivi,
tra loro inscindibili, puo' essere considerato secondario rispetto
all'altro. Il presente regolamento e' quindi legato alla legislazione
settoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di energia
e di clima. Gli Stati membri devono poter scegliere in modo
flessibile le politiche che meglio si adattano alle preferenze
nazionali e al loro mix energetico, purche' tale flessibilita' sia
compatibile con l'ulteriore integrazione del mercato,
l'intensificazione della concorrenza, il conseguimento degli
obiettivi in materia di clima ed energia e il passaggio graduale a
un'economia sostenibile a basse emissioni di carbonio.
[...]
(36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a lungo
termine con una prospettiva di almeno 30 anni per contribuire al
conseguimento degli impegni da loro assunti ai sensi dell'UNFCCC e
all'accordo di Parigi, nel contesto dell'obiettivo dell'accordo di
Parigi di mantenere l'aumento della temperatura media mondiale ben al
di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi per
limitare tale aumento a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali
nonche' delle riduzioni a lungo termine delle emissioni di gas a
effetto serra e dell'aumento dell'assorbimento dai pozzi in tutti i
settori in linea con l'obiettivo dell'Unione [...].
(56) Se l'ambizione dei piani nazionali integrati per
l'energia e il clima, o dei loro aggiornamenti, fosse insufficiente
per il raggiungimento collettivo degli obiettivi dell'Unione
dell'energia e, nel primo periodo, in particolare per il
raggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile
e di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a
livello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo di
tali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali «divari di
ambizione»). Qualora i progressi dell'Unione verso tali obiettivi e
traguardi fossero insufficienti a garantirne il raggiungimento, la
Commissione dovrebbe, oltre a formulare raccomandazioni, proporre
misure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure
gli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per garantire
il raggiungimento di detti obiettivi, colmando cosi' eventuali
«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero altresi' tenere
conto degli sforzi pregressi dagli Stati membri per raggiungere
l'obiettivo 2030 relativo all'energia rinnovabile ottenendo, nel 2020
o prima di tale anno, una quota di energia da fonti rinnovabili
superiore al loro obiettivo nazionale vincolante oppure realizzando
progressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per il
2020 o nell'attuazione del loro contributo all'obiettivo vincolante
dell'Unione di almeno il 32% di energia rinnovabile nel 2030. In
materia di energia rinnovabile, le misure possono includere anche
contributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati a un
meccanismo di finanziamento dell'energia rinnovabile nell'Unione
gestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire ai progetti
sull'energia rinnovabile piu' efficienti in termini di costi in tutta
l'Unione, offrendo cosi' agli Stati membri la possibilita' di
contribuire al conseguimento dell'obiettivo dell'Unione al minor
costo possibile. Gli obiettivi degli Stati membri in materia di
rinnovabili per il 2020 dovrebbero servire come quota base di
riferimento di energia rinnovabile a partire dal 2021 e dovrebbero
essere mantenuti per tutto il periodo. In materia di efficienza
energetica, le misure aggiuntive possono mirare soprattutto a
migliorare l'efficienza di prodotti, edifici e trasporti.
(57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di
energia rinnovabile per il 2020, di cui all'allegato I della
direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio,
dovrebbero servire come punto di partenza per la loro traiettoria
indicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che uno
Stato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza
piu' elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo, una
quota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente parte della
direttiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo, la quota
di energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo di energia
di ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota
base di riferimento.
(58) Se uno Stato membro non mantiene la quota base di
riferimento misurata in un periodo di un anno, esso dovrebbe
adottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il divario
rispetto allo scenario di riferimento. Qualora abbia effettivamente
adottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare
il divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato conforme ai
requisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal momento
in cui il divario in questione si e' verificato, sia ai sensi del
presente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]».
84. Il meccanismo di governance si e' tradotto, tra l'altro,
nelle seguenti previsioni (come aggiornate con la direttiva (UE)
2023/2413):
«Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e
successivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica alla
Commissione un piano nazionale integrato per l'energia e il clima
[...]» (art. 3):
«Ciascuno Stato membro definisce nel suo piano nazionale
integrato per l'energia e il clima i principali obiettivi, traguardi
e contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all'allegato I,
sezione A, punto 2:
a) dimensione «decarbonizzazione»:
[...]
2) per quanto riguarda l'energia rinnovabile:
al fine di conseguire l'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota
di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art. 3, paragrafo 1,
della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo in termini di quota
dello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo lordo
di energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo segue
una traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria indicativa
raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18% dell'aumento
totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra l'obiettivo
nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e il
suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2025, la traiettoria
indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 43%
dell'aumento totale della quota di energia da fonti rinnovabili tra
l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro
interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2027, la
traiettoria indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad
almeno il 65% dell'aumento totale della quota di energia da fonti
rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per il 2020 dello
Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030.
Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve raggiungere almeno il
contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato membro prevede
di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la
sua traiettoria indicativa puo' iniziare al livello che si aspetta di
raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri, nel loro
insieme, concorrono al raggiungimento dei punti di riferimento
dell'Unione nel 2022, 2025 e 2027 e all'obiettivo vincolante
dell'Unione per la quota di energia rinnovabile per il 2030 di cui
all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001.
Indipendentemente dal suo contributo all'obiettivo dell'Unione e
dalla sua traiettoria indicativa ai fini del presente regolamento,
uno Stato membro e' libero di stabilire obiettivi piu' ambiziosi per
finalita' di politica nazionale» (art. 4);
«Nel proprio contributo alla propria quota di energia da
fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia del 2030 e
dell'ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi
di cui all'art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro tiene
conto degli elementi seguenti:
a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001;
b) misure adottate per conseguire il traguardo di
efficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE;
c) altre misure esistenti volte a promuovere l'energia
rinnovabile nello Stato membro e, ove pertinente, a livello di
Unione;
d) l'obiettivo nazionale vincolante 2020 di energia da
fonti rinnovabili nel consumo finale lordo di energia di cui
all'allegato I della direttiva (EU) 2018/2001;
e) le circostanze pertinenti che incidono sulla diffusione
dell'energia rinnovabile, quali:
i) l'equa distribuzione della diffusione nell'Unione;
ii) le condizioni economiche e il potenziale, compreso il PIL pro
capite;
iii) il potenziale per una diffusione delle energie rinnovabili
efficace sul piano dei costi;
iv) i vincoli geografici, ambientali e naturali, compresi quelli
delle zone e regioni non interconnesse;
v) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri;
vi) altre circostanze pertinenti, in particolare gli sforzi
pregressi.
[...]
2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che la somma
dei rispettivi contributi ammonti almeno all'obiettivo vincolante
dell'Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il 2030
di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.
5);
«Se nel settore dell'energia rinnovabile, in base alla
valutazione di cui all'art. 29, paragrafi 1 e 2, la Commissione
conclude che uno o piu' punti di riferimento della traiettoria
indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027, di cui all'art. 29,
paragrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,
2025 e2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti di
riferimento nazionali di cui all'art. 4, lettera a), punto 2,
provvedono all'attuazione di misure supplementari entro un anno dal
ricevimento della valutazione della Commissione, volte a colmare il
divario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali:
a) misure nazionali volte ad aumentare la diffusione
dell'energia rinnovabile;
b) l'adeguamento della quota di energia da fonti
rinnovabili nel settore del riscaldamento e raffreddamento di cui
all'art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001;
c) l'adeguamento della quota di energia da fonti
rinnovabili nel settore dei trasporti di cui all'art. 25, paragrafo
1, della direttiva (UE) 2018/2001;
d) un pagamento finanziario volontario al meccanismo di
finanziamento dell'Unione per l'energia rinnovabile istituito a
livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia da
fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente dalla
Commissione, come indicato all'art. 33;
e) l'utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla
direttiva (UE) 2018/2001» (art. 32).
85. La legge 22 aprile 2021, n. 53, ha dettato «Principi e
criteri direttivi per l'attuazione della direttiva (UE) 2018/2001,
sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili», demando
al Governo, tra l'altro:
la previsione, previa intesa con la Conferenza unificata, su
proposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e
con il Ministero per i beni e le attivita' culturali e per il
turismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati
nel Piano nazionale integrato per l'energia e il clima (PNIEC), di
una disciplina per l'individuazione delle superfici e delle aree
idonee e non idonee per l'installazione di impianti a fonti
rinnovabili nel rispetto delle esigenze di tutela del patrimonio
culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della
qualita' dell'aria e dei corpi idrici, nonche' delle specifiche
competenze dei Ministeri per i beni e le attivita' culturali e per il
turismo, delle politiche agricole alimentari e forestali e
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando
l'utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni
industriali e parcheggi, e aree non utilizzabili per altri scopi,
compatibilmente con le caratteristiche e le disponibilita' delle
risorse rinnovabili, delle infrastrutture di rete e della domanda
elettrica, nonche' tenendo in considerazione la dislocazione della
domanda, gli eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo
della rete stessa, a tal fine osservando i seguenti indirizzi:
1) definizione dei criteri per l'individuazione di aree
idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una
potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria
dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle
fonti rinnovabili, con indicazione di criteri per la ripartizione fra
regioni e province autonome e previsione di misure di salvaguardia
delle iniziative di sviluppo in corso che risultino coerenti con i
criteri di localizzazione degli impianti preesistenti;
2) previsione di un termine di sei mesi per la
realizzazione del processo programmatorio di individuazione delle
aree;
b) di assicurare il rispetto dei principi della minimizzazione degli
impatti sull'ambiente, sul territorio e sul paesaggio, fermo restando
il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al
2030 e tenendo conto della sostenibilita' dei costi correlati al
raggiungimento di tale obiettivo.
86. Il decreto legislativo n. 199/2021 costituisce «Attuazione
della direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e del
Consiglio, dell'11 dicembre 2018, sulla promozione dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l'obiettivo di
accelerare il percorso di crescita sostenibile del Paese, recando
disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in coerenza
con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico
al 2030 e di completa decarbonizzazione al 2050», definendo «gli
strumenti, i meccanismi, gli incentivi e il quadro istituzionale,
finanziario e giuridico, necessari per il raggiungimento degli
obiettivi di incremento della quota di energia da fonti rinnovabili
al 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel rispetto
dei criteri fissati dalla legge 22 aprile 2021, n. 53», recando
«disposizioni necessarie all' attuazione delle misure del Piano
nazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia
di energia da fonti rinnovabili, conformemente al Piano nazionale
integrato per l'energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con la
finalita' di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,
gia' orientati all'aggiornamento degli obiettivi nazionali da
stabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si
prevede, per l'Unione europea, un obiettivo vincolante di riduzione
delle emissioni di gas a effetto serra di almeno il 55 percento
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030».
87. L'art. 20 del decreto ha, in particolare, previsto che:
con uno o piu' decreti del Ministro della transizione
ecologica di concerto con il Ministro della cultura, e il Ministro
delle politiche agricole, alimentari e forestali, previa intesa in
sede di Conferenza unificata, sono stabiliti principi e criteri
omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree idonee e
non idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi
una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come
necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di
sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai
sensi del comma 8;
in via prioritaria, con i suddetti decreti si provvede a
dettare i criteri per l'individuazione delle aree idonee
all'installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel
PNIEC, stabilendo le modalita' per minimizzare il relativo impatto
ambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti
impianti per unita' di superficie, nonche' dagli impianti a fonti
rinnovabili di produzione di energia elettrica gia' installati e le
superfici tecnicamente disponibili, e altresi' a indicare le
modalita' per individuare superfici, aree industriali dismesse e
altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla
installazione di impianti a fonti rinnovabili;
i decreti stabiliscono anche la ripartizione della potenza
installata fra regioni e Province autonome, prevedendo sistemi di
monitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri
per il trasferimento statistico fra le medesime regioni e Province
autonome;
nel dettare la disciplina delle aree idonee si tiene conto
delle esigenze di tutela del patrimonio culturale e del paesaggio,
delle aree agricole e forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi
idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate,
quali capannoni industriali e parcheggi, nonche' di aree a
destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica, e
verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi
incluse le superfici agricole non utilizzabili, compatibilmente con
le caratteristiche e le disponibilita' delle risorse rinnovabili,
delle infrastrutture di rete e della domanda elettrica, nonche'
tenendo in considerazione la dislocazione della domanda, gli
eventuali vincoli di rete e il potenziale di sviluppo della rete
stessa;
conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti di
cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla data di entrata in
vigore dei medesimi decreti, le regioni individuano con legge le aree
idonee;
in sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee
per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i
principi della minimizzazione degli impatti sull'ambiente, sul
territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo restando
il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al
2030 e tenendo conto della sostenibilita' dei costi correlati al
raggiungimento di tale obiettivo;
nelle more dell'individuazione delle aree idonee, non possono
essere disposte moratorie ovvero sospensioni dei termini dei
procedimenti di autorizzazione;
le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere
dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di
energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero
nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata
inclusione nel novero delle aree idonee;
in attesa della disciplina di cui ai menzionati decreti
attuativi, le aree idonee sono individuate ex lege dal medesimo
decreto legislativo.
88. Come precedentemente rilevato (cfr. i punti 41 ss. della
presente sentenza), il decreto ministeriale 21 giugno 2024 non ha
innovato il concetto di area non idonea contenuto nelle linee guida
di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010. Queste, infatti,
continuano a configurarsi come aree con «obiettivi di protezione non
compatibili con l'insediamento [...] di specifiche tipologie e/o
dimensioni di impianti». Detta incompatibilita', tuttavia, non si
traduce in una preclusione assoluta, bensi' in «una elevata
probabilita' di esito negativo delle valutazioni, in sede di
autorizzazione», che dovra' comunque risultare all'esito di specifica
istruttoria. Ne consegue che, sotto tale profilo, la definizione
contenuta nel decreto impugnato non innova in alcun modo il concetto
di area non idonea quale gia' enucleato dalle linee guida.
89. In contrasto con tali indicazioni, l'art. 1, comma 5, della
legge regionale Sardegna n. 20/2024 stabilisce che «E' vietata la
realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non
idonee cosi' come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai
commi 9 e 11». Tale previsione si pone in violazione degli articoli
117, primo e terzo comma della Costituzione in relazione agli
articoli 20 del decreto legislativo n. 199/2021, alle disposizioni
del decreto ministeriale 21 giugno 2024, nonche' al principio di
massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabile
come emergente dalla disciplina unionale sopra richiamata.
L'inadeguatezza di una determinata area o di un determinato sito ad
ospitare impianti da fonti rinnovabili, infatti, non puo' derivare da
una qualificazione aprioristica, generale ed astratta, ma puo'
soltanto conseguire all'esito di un procedimento amministrativo che
consenta una valutazione in concreto delle inattitudini del luogo, in
ragione delle relative specificita'.
90. L'impatto di un divieto di tale portata e', inoltre, del
tutto incerto e, in ogni caso, si risolve in un severo limite
all'individuazione delle zone disponibili per l'installazione degli
impianti che, a termini dell'art. 15-ter, paragrafo 1, secondo
periodo, della direttiva (UE) 2018/2001, devono essere commisurate
«alle traiettorie stimate e alla potenza totale installata
pianificata delle tecnologie per le energie rinnovabili stabilite nei
piani nazionali per l'energia e il clima presentati a norma degli
articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999».
91. A questo riguardo, occorre infatti rilevare che le previsioni
dell'art. 1, comma 5, lette in combinato disposto con gli allegati
alla legge, prevedono una sterminata casistica di aree vietate, con
un elenco di 45 pagine, definite peraltro sulla base di astratte
esigenze di protezione non specificamente riferite a luoghi concreti,
ricomprendendo non solo le aree e i beni specificamente tutelati, ma
sostanzialmente la maggior parte del territorio regionale (cfr. ad
es. riferimenti agli «Ulteriori elementi con valenza storico -
culturale, di natura archeologica, architettonica e identitaria,
quali beni potenziali non ricompresi nel Piano Paesaggistico vigente
al momento dell'entrata in vigore della presente legge, ed aree
circostanti che distano meno di 3 chilometri, in linea d'aria» -
allegato A, lettera bb), allegato B, lettera y), allegato C, lettera
bb), allegato D, lettera aa), allegato E, lettera bb)). Come dedotto
dalla parte ricorrente, non smentita sul punto dalle parti intimate,
la rete dei divieti previsti dalla legge regionale comprende circa il
98% del territorio regionale.
92. Peraltro, in forza dell'art. 32 del regolamento (UE)
2018/1999, se la Commissione conclude che uno o piu' punti di
riferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e
2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025 e
2027 sono al di sotto di uno o piu' dei rispettivi punti di
riferimento nazionali possono essere tenuti all'adozione di misure
supplementari, ivi incluso un pagamento finanziario volontario al
meccanismo di finanziamento dell'Unione per l'energia rinnovabile
istituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di
energia da fonti rinnovabili gestiti direttamente o indirettamente
dalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga parte del
territorio di una Regione alla possibilita' di installare impianti
FER potrebbe, pertanto, implicare l'obbligo di adottare misure
supplementari, con impatti anche sulle finanze pubbliche, ove
ostacoli il raggiungimento degli obiettivi.
93. Nella misura in cui puo' ostacolare il raggiungimento degli
obiettivi di potenza installata delle tecnologie per le energie
rinnovabili, il divieto in questione si pone anche in posizione
critica rispetto alla strategia di adattamento ai cambiamenti
climatici dell'Unione. Come precedentemente ricordato, ai sensi
dell'art. 5 del regolamento (UE) 2021/1119, «Le istituzioni
competenti dell'Unione e gli Stati membri assicurano il costante
progresso nel miglioramento della capacita' di adattamento, nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7 dell'accordo di
Parigi». Essi, inoltre, «garantiscono [...] che le politiche in
materia di adattamento nell'Unione e negli Stati membri siano
coerenti, si sostengano reciprocamente, comportino benefici
collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per integrare
meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i settori di
intervento, comprese le pertinenti politiche e azioni in ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione».
94. Come precisato dalla Commissione europea nella Comunicazione
COM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell'UE per l'adattamento ai
cambiamenti climatici, «Il Green Deal europeo, la strategia di
crescita dell'UE per un futuro sostenibile, si basa sulla
consapevolezza che la trasformazione verde e' un'opportunita' e che
la mancata azione ha un costo enorme. Con esso l'UE ha mostrato la
propria leadership per scongiurare lo scenario peggiore -
impegnandosi a raggiungere la neutralita' climatica - e prepararsi al
meglio - puntando ad azioni di adattamento piu' ambiziose che si
fondano sulla strategia dell'UE di adattamento del 2013. La visione a
lungo termine prevede che nel 2050 l'UE sara' una societa' resiliente
ai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti
dei cambiamenti climatici. Cio' significa che entro il 2050, anno in
cui l'Unione aspira ad aver raggiunto la neutralita' climatica,
avremo rafforzato la capacita' di adattamento e ridotto al minimo la
vulnerabilita' agli effetti dei cambiamenti climatici, in linea con
l'accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il
raggiungimento dei target di potenza installata delle tecnologie
rinnovabili costituisce, all'evidenza, un elemento centrale per
conseguire nel lungo termine l'obiettivo della neutralita' climatica,
che potrebbe essere posto seriamente a rischio da una disciplina,
come quella censurata, che vieta in assoluto la realizzazione di
impianti FER in aree non idonee.
95. Il divieto sembra anche contrastare con il principio di
integrazione di cui all'art. 11 TFUE e all'art. 37 della Carta di
Nizza, secondo cui «Le esigenze connesse con la tutela dell'ambiente
devono essere integrate nella definizione e nell'attuazione delle
politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella prospettiva di
promuovere lo sviluppo sostenibile». L'integrazione ambientale in
tutti i settori politici pertinenti (agricoltura, energia, pesca,
trasporti, ecc.) e' funzionale a ridurre le pressioni sull'ambiente
derivanti dalle politiche e dalle attivita' di altri settori e per
raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici. La previsione in
generale delle aree non idonee come zone vietate solleva sul punto
notevoli perplessita', in quanto non istituisce alcuna forma di
possibile bilanciamento tra i valori in gioco, sancendo
un'indefettibile prevalenza dell'interesse alla conservazione dello
stato dei luoghi, in contrasto con l'obiettivo del decreto stesso di
promuovere l'uso dell'energia da fonti rinnovabili.
96. Da quanto precede risulta anche che la disciplina censurata
confligge con il principio di proporzionalita', con violazione anche
dell'art. 3 della Costituzione. Come la Corte di giustizia ha piu'
volte ribadito, «il principio di proporzionalita' e' un principio
generale del diritto comunitario che dev'essere rispettato tanto dal
legislatore comunitario quanto dai legislatori e dai giudici
nazionali» (sentenza 11 giugno 2009, C-170/08, 41). Il sindacato di
proporzionalita' costituisce, inoltre, un aspetto del controllo di
ragionevolezza delle leggi condotto dalla giurisprudenza
costituzionale, onde verificare che il bilanciamento degli interessi
costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato con modalita'
tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in
misura eccessiva e pertanto incompatibile con il dettato
costituzionale. Come la stessa Corte ha precisato, «Tale giudizio
deve svolgersi «attraverso ponderazioni relative alla
proporzionalita' dei mezzi prescelti dal legislatore nella sua
insindacabile discrezionalita' rispetto alle esigenze obiettive da
soddisfare o alle finalita' che intende perseguire, tenuto conto
delle circostanze e delle limitazioni concretamente sussistenti»
(sentenza n. 1130 del 1988). Il test di proporzionalita' utilizzato
da questa Corte come da molte delle giurisdizioni costituzionali
europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza, ed essenziale
strumento della Corte di giustizia dell'Unione europea per il
controllo giurisdizionale di legittimita' degli atti dell'Unione e
degli Stati membri, richiede di valutare se la norma oggetto di
scrutinio, con la misura e le modalita' di applicazione stabilite,
sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente
perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva quella
meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non
sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi» (Corte
costituzionale, sentenza n. 1 del 2014).
97. Inoltre, ai sensi dell'art. 9 della Costituzione la
Repubblica tutela l'ambiente, la biodiversita' e gli ecosistemi
«anche nell'interesse delle future generazioni», con cio'
incorporando il principio di sviluppo sostenibile nell'ambito dei
principi fondamentali in materia di tutela ambientale.
L'incondizionato sacrificio di tale principio, quale sotteso al
divieto in esame, contrasta, pertanto, con l'art. 3 della
Costituzione, nonche' con l'art. 9 citato e con la consolidata
giurisprudenza costituzionale secondo cui «Tutti i diritti
fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano in rapporto di
integrazione reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di
essi che abbia la prevalenza assoluta sugli altri. La tutela deve
essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di norme non
coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264 del
2012). Se cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata espansione
di uno dei diritti, che diverrebbe «tiranno» nei confronti delle
altre situazioni giuridiche costituzionalmente riconosciute e
protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre Costituzioni
democratiche e pluraliste contemporanee, richiede un continuo e
vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali, senza
pretese di assolutezza per nessuno di essi. [...] Il punto di
equilibrio, proprio perche' dinamico e non prefissato in anticipo,
deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle norme
e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo criteri di
proporzionalita' e di ragionevolezza, tali da non consentire un
sacrificio del loro nucleo essenziale» (Corte costituzionale,
sentenza n. 85 del 2013).
98. Peraltro, lo stesso decreto ministeriale prescrive, all'art.
7, comma 3, alle regioni che, «nell'applicazione del presente comma
deve essere contemperata la necessita' di tutela dei beni con la
garanzia di raggiungimento degli obiettivi di cui alla Tabella A
dell'art. 2 del presente decreto». Sul punto, occorre ricordare che,
anche prima dell'entrata in vigore del decreto legislativo n.
199/2021, l'orientamento della giurisprudenza costituzionale era nel
senso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via
generale e astratta, la non idoneita' di intere aree di territorio o
a imporre, in maniera generalizzata ed aprioristica, limitazioni
(Corte costituzionale, sentenza n. 69 del 2018). Per costante
giurisprudenza della Corte, infatti, le regioni e le Province
autonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati
dal legislatore statale (ex multis, sentenze n. 11 del 2022, n. 177
del 2021 e n. 106 del 2020) e, nel caso di specie, racchiusi nel
citato decreto legislativo n. 199 del 2021 e nella disciplina di
attuazione (quale il decreto ministeriale aree idonee).
99. I divieti posti dalla Regione Sardegna, e in particolare
l'art. 1, commi 2, 5, 7 e 8 e i relativi allegati A, B, C, D ed E,
violano pertanto i principi fondamentali posti dallo Stato nella
materia di legislazione concorrente «produzione, trasporto e
distribuzione nazionale dell'energia», di cui all'art. 117, terzo
comma, della Costituzione, espressi dal decreto legislativo n. 199
del 2021, nonche' dal decreto ministeriale 21 giugno 2024 e
contrastano con gli articoli 3, 9, 11 e 117, primo comma, della
Costituzione, in quanto incidono sul raggiungimento degli obiettivi
di decarbonizzazione fissati a livello europeo.
100. L'art. 1, inoltre, precisa che le disposizioni della legge
si applicano a tutto il territorio regionale, ivi inclusi le aree e
le superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in
corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza
regionale o statale ovvero autorizzati che non abbiano determinato
una modifica irreversibile dello stato dei luoghi. Non solo. La legge
addirittura incide sui titoli autorizzatori e abilitativi gia'
rilasciati, comminandone l'inefficacia, mentre in relazione ai
progetti gia' realizzati prevede (al comma 8), che «Gli interventi di
rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento [...] sono
ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda
occupata, nonche', nel caso di impianti eolici, un aumento
dell'altezza totale dell'impianto». Ne deriva la violazione dei
principi di uguaglianza, certezza del diritto e del legittimo
affidamento, nonche' il diritto di liberta' di iniziativa economica
di cui all'art. 41 della Costituzione. Il legislatore regionale,
infatti, ha imposto l'indiscriminata applicazione del nuovo regime a
tutti gli operatori, senza differenziare la posizione di coloro che
non hanno ancora presentato alcun progetto, che lo hanno sviluppato e
gia' sottoposto alla valutazione dell'Autorita' amministrativa
sostenendo i relativi costi di progettazione ovvero che abbiano gia'
ottenuto le autorizzazioni e iniziato a sostenere i costi di
realizzazione. In relazione ai progetti gia' realizzati, inoltre, la
disciplina regionale da' luogo a un regolamento del tutto
irrazionale, in cui le aree interessate dal progetto gia' realizzato
e quelle contermini si trasformano, di fatto, in aree vietate ratione
personarum: il soggetto gia' titolare di un impianto, infatti,
verrebbe privato della possibilita' di apportare modifiche a detto
impianto che ne determinino in qualunque modo l'aumento della
superficie occupata ovvero dell'altezza totale (per gli impianti
eolici), senza che assumano alcuna rilevanza la qualificazione
dell'area (idonea, non idonea, ordinaria) e l'entita' delle
modifiche, con violazione dei principi di uguaglianza, di
ragionevolezza e di legittimo affidamento.
101. Al riguardo, occorre ricordare che secondo la giurisprudenza
costituzionale il valore del legittimo affidamento, che trova
copertura costituzionale nell'art. 3 della Costituzione, non esclude
che il legislatore possa adottare disposizioni che modificano in
senso sfavorevole agli interessati la disciplina di rapporti
giuridici, anche se l'oggetto di questi sia costituito da diritti
soggettivi perfetti. Cio' puo' avvenire, tuttavia, a condizione «che
tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da
intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto» (ex
plurimis, sentenze n. 216 e n. 56 del 2015, n. 219 del 2014, n. 154
del 2014, n. 310 e n. 83 del 2013, n. 166 del 2012 e n. 302 del 2010;
ordinanza n. 31 del 2011). Nel caso di specie, invece, la Regione
Sardegna ha emanato una legge che contravviene ai principi
fondamentali della materia, quali derivanti dagli obblighi
rinvenienti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e dalla
relativa normativa statale di attuazione, senza preoccuparsi di
operare alcun bilanciamento con tutti i valori in gioco, recedendo
soltanto di fronte all'impossibilita' di fatto di ripristinare lo
status quo.
102. Da quanto sopra discende anche la violazione dei principi di
imparzialita' e buon andamento dell'amministrazione, e quindi
dell'art. 97 della Costituzione. Oltre all'irragionevole impatto che
la suddetta normativa determina su procedimenti gia' definiti, essa
osta, infatti, a qualsivoglia possibilita' di realizzare, in sede
amministrativa, il piu' opportuno bilanciamento degli interessi in
gioco.
103. Non soccorre, al riguardo, la peculiare procedura prevista
dall'art. 3 della legge che consente, su istanza dei comuni
interessati, di proporre un'istanza propedeutica alla realizzazione
di un impianto o di un accumulo FER all'interno di un'area
individuata come non idonea. Tale istanza, che gia' sotto il profilo
della previsione dell'esclusiva competenza propositiva del comune
suscita perplessita' per la commistione tra profili di valutazione
politica e amministrativa, da' luogo a una procedura, da svolgersi in
sede di conferenza di servizi, in cui e' pero' prevista l'unanimita'
ai fini della realizzazione dell'intervento e l'inapplicabilita'
dell'istituto del silenzio-assenso, dipartendosi all'ordinario
funzionamento della conferenza dei servizi e del silenzio
significativo di cui alla disciplina statale sul procedimento
amministrativo, fonte che rappresenta la norma interposta, dalla cui
violazione discende il contrasto con l'art 117, secondo comma,
lettera m), che attribuisce alla Stato la potesta' legislativa
esclusiva in determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale. Al riguardo, occorre ricordare che
l'art. 29, comma 2-ter della legge n. 241/1990 stabilisce che
«Attengono [...] ai livelli essenziali delle prestazioni di cui
all'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione le
disposizioni della presente legge concernenti la presentazione di
istanze, segnalazioni e comunicazioni, la segnalazione certificata di
inizio attivita' e il silenzio assenso e la conferenza di servizi,
salva la possibilita' di individuare, con intese in sede di
Conferenza unificata di cui all'art. 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, casi ulteriori in
cui tali disposizioni non si applicano», mentre ai sensi del comma
2-quater «Le regioni e gli enti locali, nel disciplinare i
procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire
garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle disposizioni
attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui ai commi
2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela», con
obbligo per le regioni a statuto speciale e le Provincie autonome di
adeguare la propria legislazione a tali previsioni.
104. Non c'e' dubbio che la legge regionale sarda rechi un
livello inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla
disciplina statale, imponendo l'unanimita' dei consensi ed escludendo
l'operativita' del silenzio-assenso.
105. Sotto altro profilo, occorre anche ricordare che, secondo un
indirizzo consolidato del Giudice costituzionale, «"[s]petta alla
legislazione statale determinare presupposti e caratteristiche
dell'autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e delle
semplificazioni della procedura, in ragione della diversa incidenza
delle opere sul valore intangibile dell'ambiente" (sentenza n. 246
del 2017). Si e', inoltre, affermato che "la legislazione regionale
non puo' prevedere una procedura per l'autorizzazione paesaggistica
diversa da quella dettata dalla legislazione statale, perche' alle
regioni non e' consentito introdurre deroghe agli istituti di
protezione ambientale che dettano una disciplina uniforme, valevole
su tutto il territorio nazionale, nel cui ambito deve essere
annoverata l'autorizzazione paesaggistica" (sentenza n. 189 del 2016;
nello stesso senso, sentenze n. 238 del 2013, n. 235 del 2011, n. 101
del 2010 e n. 232 del 2008)» (Corte costituzionale, sentenza n.
74/2021).
106. La procedura prevista dall'art. 3 della legge regionale
Sardegna n. 20/2024, istituendo un procedimento diverso anche in aree
sottoposte a tutela culturale o paesaggistica per le quali la
normativa statale (articoli 21 e 146 del testo unico dei beni
culturali) fissa, per esigenze di uniformita' di trattamento, un
procedimento autorizzatorio apposito da parte della soprintendenza
competente, si pone anche in contrasto con l'art. 117, comma 2,
lettera s), della Costituzione, che assegna alla competenza
legislativa esclusiva dello Stato la materia della «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali».
107. Peraltro, la predetta disciplina e' in ogni caso un diretto
portato dell'illegittimo divieto generalizzato di realizzare gli
impianti in aree non idonee e non puo', pertanto, sfuggire alle
medesime censure suesposte.
108. Per tutto quanto sopra, va sollevata questione di
legittimita' costituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3,
nonche' dei relativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della
Regione autonoma della Sardegna n. 20/2024, per violazione degli
articoli 3, 9, 11, 41, 97 e 117, commi 1, 2, lettere m) e s), e 3,
della Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla
direttiva (UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come
modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento
(UE) 2021/1119, e altresi' dell'art. 10 della legge costituzionale n.
3/2001 e degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948.
Conseguentemente, il presente giudizio deve essere sospeso ai fini
dell'esame della domanda di annullamento del provvedimento di
archiviazione.
109. L'incidente di costituzionalita' viene sollevato con la
presente sentenza parziale, anziche' con ordinanza, in ragione del
carattere pregiudiziale che l'esame delle doglianze oggetto di
definizione riveste ai fini dell'apprezzamento dei profili di
rilevanza delle questioni rimesse in ragione della natura
plurimotivata del provvedimento di archiviazione, nonche' in
conformita' alla giurisprudenza costituzionale secondo la quale «Alla
sentenza non definitiva puo' essere [...] riconosciuto, sul piano
sostanziale, il carattere dell'ordinanza di rimessione, sempre che il
giudice a quo - come nel caso in esame - abbia disposto, in
conformita' a quanto previsto dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte
costituzionale), la sospensione del procedimento principale e la
trasmissione del fascicolo alla cancelleria di questa Corte, dopo
aver valutato la rilevanza e la non manifesta infondatezza della
questione (in questi termini, tra le altre, sentenze n. 112 del 2021
e n. 153 del 2020)» (Corte costituzionale, sentenza n. 218/2021).
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione
Terza), parzialmente e non definitivamente pronunciando sul ricorso,
come in epigrafe proposto, cosi' dispone:
lo accoglie parzialmente nei termini di cui in parte motiva
e, per l'effetto, annulla l'art. 7, comma 2, lettera c), del decreto
ministeriale 21 giugno 2024, con obbligo per l'Amministrazione di
rideterminarsi ai sensi e nei termini di cui alla sentenza della
Sezione n. 9155/2025;
dichiara non rilevanti le questioni di legittimita'
costituzionale sollevate in relazione all'art. 5, comma 1, del
decreto legge 15 maggio 2024, n. 63, che introduce il comma 1-bis
all'art. 20 del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199 per
violazione degli articoli 77, 117, comma 1, e 9 della Costituzione;
dichiara manifestamente infondate le questioni di
legittimita' costituzionale sollevate in relazione all'art. 20, comma
4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 199, per violazione
degli articoli 24 e 97 della Costituzione;
dichiara rilevanti e non manifestamente infondate, nei
termini illustrati in parte motiva, le questioni di legittimita'
costituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche' dei
relativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione autonoma
della Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20, per violazione degli articoli
3, 9, 11, 41, 97 e 117, comma 1, 2, lettere m) e s), e 3, della
Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva
(UE) 2018/2001 e dal regolamento (UE) 2018/1999, come modificati
dalla direttiva (UE) 2023/2413, nonche' dal regolamento (UE)
2021/1119, e altresi' dell'art. 10 della legge costituzionale n.
3/2001 e degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948;
sospende il giudizio ai fini dell'esame della domanda di
annullamento del provvedimento RAS AOO 09-01-00 prot. uscita n. 55854
del 9 dicembre 2024 della Direzione generale dell'industria, servizio
energia ed economia verde, Assessorato dell'industria della Regione
Autonoma della Sardegna, per le determinazioni conseguenti alla
definizione dell'incidente di costituzionalita' e, ai sensi dell'art.
23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone la trasmissione degli
atti alla Corte costituzionale;
dispone la comunicazione della presente sentenza alle parti
in causa, nonche' la sua notificazione al Presidente della Regione
autonoma della Sardegna e al Presidente del Consiglio regionale
sardo;
rinvia ogni ulteriore statuizione all'esito del giudizio
incidentale promosso con la presente sentenza.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorita'
amministrativa.
Cosi' deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 21
maggio 2025 con l'intervento dei magistrati:
Elena Stanizzi, Presidente
Giovanna Vigliotti, Primo Referendario
Marco Savi, referendario, Estensore
Il Presidente: Stanizzi
L'Estensore: Savi