Reg. ord. n. 154 del 2025 pubbl. su G.U. del 10/09/2025 n. 37

Ordinanza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio  del 26/05/2025

Tra: Sorgenia Renewables srl  C/ Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste, Ministero della Cultura ed altri 1



Oggetto:

Energia – Impianti alimentati da fonti rinnovabili – Norme della Regione autonoma Sardegna – Disposizioni per l'individuazione di aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di impianti a fonti di energia rinnovabile (FER) – Previsione che si applica a tutto il territorio della Regione, ivi comprese le aree e le superfici sulle quali insistono impianti a fonti rinnovabili in corso di valutazione ambientale e autorizzazione, di competenza regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato una modifica irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che è vietata la realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati A, B, C, D, E e dai commi 9 e 11 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024 - Previsione che tale divieto si applica anche agli impianti e gli accumuli FER la cui procedura autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale o statale, è in corso al momento dell'entrata in vigore della medesima legge regionale – Previsione che non può essere dato corso alle istanze di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in vigore della legge regionale n. 20 del 2024, risultino in contrasto con essa e ne pregiudichino l'attuazione – Previsione che i provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli abilitativi comunque denominati già emanati, aventi ad oggetto gli impianti ricadenti nelle aree non idonee, sono privi di efficacia – Previsione che sono fatti salvi i provvedimenti aventi ad oggetto impianti che hanno già comportato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi – Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee, sia nelle aree definite non idonee, prevale il criterio di non idoneità – Interventi di rifacimento, integrale ricostruzione, potenziamento relativi ad impianti realizzati in data antecedente all'entrata in vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee – Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda occupata, nonché, nel caso di impianti eolici, un aumento dell'altezza totale dell'impianto, intesa come la somma delle altezze dei singoli aerogeneratori del relativo impianto, fermo restando quanto previsto dal secondo periodo del comma 6 dell'art. 1 della legge regionale n. 20 del 2024, ivi compreso il rispetto dell'art. 109 delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale – Raggiungimento degli obiettivi di transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e di contenimento dei costi energetici nel rispetto delle peculiarità storico-culturali, paesaggistico-ambientali e delle produzioni agricole – Previsione che i comuni hanno facoltà di proporre un'istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all'interno di un'area individuata come non idonea, finalizzata al raggiungimento di un'intesa con la Regione – Previsione che qualora l'istanza abbia ad oggetto un impianto FER ricadente in un'area mineraria dismessa di proprietà regionale o di enti interamente controllati dalla Regione, l'area medesima è trasferita in proprietà ai comuni che ne facciano richiesta ai sensi della legge regionale n. 35 del 1995 – Denunciate disposizioni che contrastano con i principi stabiliti dalla legge statale di riferimento e con le norme fondamentali di riforma economico–sociale che, per espressa previsione statutaria, si impongono anche alle Regioni ad autonomia speciale –– Violazione dei principi fondamentali posti dallo stato nella materia di legislazione concorrente della produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, applicabili in virtù della c.d. clausola di adeguamento automatico di cui all’art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 – Previsione di un divieto di realizzazione degli impianti ricadenti nelle rispettive aree individuate dalla normativa regionale come non idonee, che confligge con la normativa interposta nonché con il principio di massima diffusione degli impianti da fonti di energia rinnovabili, come dedotto dalla disciplina europea di riferimento – Contrasto con il principio europeo di integrazione ambientale funzionale a ridurre le pressioni sull’ambiente derivanti dalle politiche e dalle attività di altri settori e a raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici – Incidenza della normativa regionale sul raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati a livello europeo – Contrasto con i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario – Violazione del principio di proporzionalità, per mancato bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti che comporta il sacrificio di uno di essi in misura eccessiva – Incondizionato sacrificio del principio dello sviluppo sostenibile, lesivo della tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi – Lesione del principio di ragionevolezza – Normativa regionale che ha imposto l’indiscriminata applicazione del nuovo regime a tutti gli operatori – Violazione dei principi di uguaglianza, certezza del diritto, del legittimo affidamento nonché del diritto di libertà di iniziativa economica – Lesione dei principi di imparzialità e buon andamento atteso l’impatto della suddetta normativa su procedimenti già definiti che osta a qualsiasi possibilità di realizzare in sede amministrativa l’opportuno bilanciamento degli interessi in gioco – Previsione che consente ai comuni interessati di proporre un’istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o di un accumulo FER all’interno d un’area individuata come non idonea, dando luogo a una conferenza in conferenza di servizi nella quale è prevista l’unanimità ai fini della realizzazione dell’intervento e l’inapplicabilità del silenzio-assenso – Legge regionale che, recando un livello inferiore di tutela rispetto a quello garantito dalla legge statale, viola la competenza legislativa statale esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali – Istituzione di un procedimento diverso anche in aree soggette a tutela culturale o paesaggistica per le quali la normativa statale fissa un procedimento apposito da parte dell’apposita sopraintendenza – Lesione della competenza legislativa esclusiva statale in materia di tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali .

Norme impugnate:

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 2

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 5

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 7

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 1  Co. 8

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20  Art. 3

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20

legge della Regione autonoma Sardegna  del 05/12/2024  Num. 20



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 11   Co.  

Costituzione  Art. 41   Co.  

Costituzione  Art. 97   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

Costituzione  Art. 117   Co.

legge costituzionale  Art. 10   Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

Statuto speciale per la Sardegna  Art.  Co.  

legge  Art. 29   Co.

legge  Art. 29   Co.

decreto legislativo  Art. 20   Co.

decreto legislativo  Art. 20   Co.

decreto legislativo  Art. 21   Co.  

decreto legislativo  Art. 146   Co.  

decreto ministeriale  Art.    Co.  

Trattato sul funzionamento dell'Unione europea  Art. 11   Co.  

Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea  Art. 37   Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  

regolamento UE  Art.    Co.  

direttiva UE  Art.    Co.  

direttiva UE  Art.    Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 154 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 maggio 2025

Ordinanza del 26 maggio 2025 del Tribunale  amministrativo  regionale
per il Lazio sul ricorso proposto da Sorgenia Renewables  srl  contro
Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica e altri. 
 
Energia - Impianti alimentati da  fonti  rinnovabili  -  Norme  della
  Regione autonoma Sardegna - Disposizioni  per  l'individuazione  di
  aree e superfici idonee e non idonee all'installazione di  impianti
  a fonti di energia rinnovabile (FER) - Previsione che si applica  a
  tutto il territorio della  Regione,  ivi  comprese  le  aree  e  le
  superfici sulle quali insistono impianti  a  fonti  rinnovabili  in
  corso di valutazione ambientale  e  autorizzazione,  di  competenza
  regionale o statale, ovvero autorizzati che non abbiano determinato
  una modifica irreversibile dello stato dei luoghi - Previsione  che
  e'  vietata  la  realizzazione  degli  impianti   ricadenti   nelle
  rispettive aree non idonee, come individuate dagli allegati  A,  B,
  C, D, E e dai commi 9 e 11 dell'art. 1 della legge regionale n.  20
  del 2024 - Previsione  che  tale  divieto  si  applica  anche  agli
  impianti e gli accumuli FER la cui  procedura  autorizzativa  e  di
  valutazione ambientale, di competenza regionale o  statale,  e'  in
  corso al  momento  dell'entrata  in  vigore  della  medesima  legge
  regionale - Previsione che non puo' essere dato corso alle  istanze
  di autorizzazione che, pur presentate prima dell'entrata in  vigore
  della legge regionale n. 20 del 2024, risultino  in  contrasto  con
  essa  e  ne  pregiudichino  l'attuazione   -   Previsione   che   i
  provvedimenti autorizzatori e tutti i titoli  abilitativi  comunque
  denominati gia' emanati, aventi ad oggetto gli  impianti  ricadenti
  nelle aree non idonee, sono privi di  efficacia  -  Previsione  che
  sono fatti salvi i provvedimenti aventi  ad  oggetto  impianti  che
  hanno gia' comportato una modificazione irreversibile  dello  stato
  dei luoghi - Previsione che, qualora un progetto di impianto ricada
  su un areale ricompreso, sia nelle aree definite idonee,  sia nelle
  aree definite non idonee, prevale il criterio di  non  idoneita'  -
  Interventi di rifacimento, integrale  ricostruzione,  potenziamento
  relativi ad impianti realizzati in data antecedente all'entrata  in
  vigore della presente legge e in esercizio, nelle aree non idonee -
  Previsione che sono ammessi solo qualora non comportino un  aumento
  della superficie lorda occupata,  nonche',  nel  caso  di  impianti
  eolici, un aumento dell'altezza totale dell'impianto,  intesa  come
  la somma delle altezze  dei  singoli  aerogeneratori  del  relativo
  impianto, fermo restando quanto previsto dal  secondo  periodo  del
  comma 6 dell'art. 1 della legge  regionale  n.  20  del  2024,  ivi
  compreso il rispetto dell'art. 109 delle norme  di  attuazione  del
  Piano paesaggistico regionale - Raggiungimento degli  obiettivi  di
  transizione energetica, di promozione delle fonti rinnovabili e  di
  contenimento dei costi energetici nel rispetto  delle  peculiarita'
  storico-culturali,  paesaggistico-ambientali  e  delle   produzioni
  agricole - Previsione che  i  comuni  hanno  facolta'  di  proporre
  un'istanza propedeutica alla realizzazione di un impianto o  di  un
  accumulo FER all'interno di un'area individuata  come  non  idonea,
  finalizzata  al  raggiungimento  di  un'intesa  con  la  Regione  -
  Previsione che qualora l'istanza abbia ad oggetto un  impianto  FER
  ricadente in un'area mineraria dismessa di proprieta'  regionale  o
  di enti interamente controllati dalla Regione, l'area  medesima  e'
  trasferita in proprieta' ai comuni che  ne  facciano  richiesta  ai
  sensi della legge regionale n. 35 del 1995. 
- Legge della Regione Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20 (Misure urgenti
  per l'individuazione di  aree  e  superfici  idonee  e  non  idonee
  all'installazione e promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia
  rinnovabile  (FER)  e  per  la  semplificazione  dei   procedimenti
  autorizzativi) artt. 1, commi 2, 5, 7, 8; 3 e Allegati A, B,  C,  D
  ed E. 


(GU n. 37 del 10-09-2025)

 
         IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE  PER IL LAZIO 
 
 
                           (Sezione Terza) 
 
    Ha pronunciato la presente sentenza non  definitiva  sul  ricorso
numero di registro generale  2049  del  2025,  proposto  da  Sorgenia
Renewables S.r.l., in persona del legale rappresentante pro  tempore,
rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati  Massimo  Colicchia,  Fabio
Todarello, Claudia Sarrocco, Giacomo Guglielmini, Maria Chiara Berra,
con domicilio digitale  come  da  PEC  da  registri  di  giustizia  e
domicilio eletto presso lo studio  Giovanni  Corbyons  in  Roma,  via
Cicerone n. 44; 
    contro: 
        Ministero  dell'ambiente  e   della   sicurezza   energetica,
Ministero  dell'agricoltura,  della  sovranita'  alimentare  e  delle
foreste,   Ministero   della   cultura,   in   persona   del   legale
rappresentante pro tempore, rappresentati  e  difesi  dall'Avvocatura
generale dello  Stato,  domiciliataria  ex  lege  in  Roma,  via  dei
Portoghesi n. 12; 
        Regione  Autonoma  della  Sardegna,  in  persona  del  legale
rappresentante pro tempore, rappresentato  e  difeso  dagli  avvocati
Mattia Pani, Giovanni Parisi, con domicilio digitale come da  PEC  da
Registri di Giustizia; 
    per l'annullamento: 
        del provvedimento RAS AOO 09-01-00 prot. Uscita n. 55854  del
9 dicembre 2024 della  Direzione  generale  dell'industria,  Servizio
energia ed economia verde, Assessorato dell'industria  della  Regione
Autonoma   della   Sardegna,   di   archiviazione   dell'istanza   di
autorizzazione unica presentata da Sorgenia Renewables S.r.l. per  un
progetto di impianto  fotovoltaico  di  potenza  pari  a  8,80  MW  e
relative opere connesse, da realizzarsi  nel  Comune  di  Iglesias  -
codice SUAPEE n. 681707 - codice  rintracciabilita'  e-distribuzione:
358292005 - Rif. Pratica n. 586; 
        di  ogni  altro  atto  presupposto,  conseguente  e  comunque
connesso, anche non noto, ivi espressamente inclusi: 
        il preavviso di rigetto comunicato dalla Regione Sardegna con
provvedimento prot. n. 36844 del 6 agosto 2024; 
        la  richiesta  di   regolarizzazione/preavviso   di   rigetto
comunicato dalla Regione Sardegna con provvedimento prot.  30914  del
1° luglio 2024; 
        la comunicazione della  Regione  Sardegna,  Assessorato  enti
locali, Finanze e Urbanistica, Servizio Demanio e  Patrimonio,  prot.
41787 del 7 agosto 2024; 
        in parte qua, il decreto ministeriale 21  giugno  2024  (c.d.
«decreto aree idonee»). 
    Visti il ricorso e i relativi allegati; 
    Visti  gli  atti  di  costituzione  in  giudizio  del   Ministero
dell'ambiente   e   della   sicurezza   energetica,   del   Ministero
dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e  delle  foreste,  del
Ministero della cultura e della Regione Autonoma della Sardegna; 
    Visti tutti gli atti della causa; 
    Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 maggio 2025 il dott.
Marco Savi e uditi per le parti  i  difensori  come  specificato  nel
verbale; 
    Visto l'art. 36, comma 2, cod. proc. amm.; 
    Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. 
 
                                Fatto 
 
    1. Il 6 novembre 2023, la ricorrente ha presentato  alla  Regione
Sardegna un'istanza di autorizzazione unica ai sensi dell'art. 12 del
decreto legislativo n. 387/2003,  per  un  impianto  fotovoltaico  di
potenza pari a 8,80 MW e relative opere connesse, da realizzarsi  nel
Comune di Iglesias. 
    2. Il progetto prevede la collocazione dell'impianto fotovoltaico
su un terreno di proprieta' privata - ricadente  in  area  idonea  ai
sensi dell'art. 20, comma 8, lett. c-ter, n. 1) e  c-quater,  decreto
legislativo  n.  199/2021 -  su  cui   la   Societa'   ha   acquisito
preliminarmente il diritto di superficie, mentre  le  opere  connesse
interessano alcune  aree  demaniali,  come  specificato  nell'istanza
stessa. 
    3. Trascorsi tre mesi dalla presentazione dell'istanza  -  quando
cioe'  il  procedimento  doveva  intendersi  gia'  avviato  ai  sensi
dell'art. 14.4 del decreto ministeriale 10 settembre 2010  -  conmail
del 20 febbraio 24 la Societa' ha chiesto  informazioni  sullo  stato
della procedura, cui l'assessorato ha risposto rappresentando che  la
stessa era «in attesa di essere presa in carico da parte dei  tecnici
istruttori». Con ulteriore sollecito dell'8 marzo 2024, la ricorrente
ha chiesto alla regione di provvedere nel minor  tempo  possibile,  e
comunque entro quindici giorni dal ricevimento  della  richiesta,  ad
avviare il procedimento per  l'ottenimento  dell'AU  e  di  convocare
Conferenza dei Servizi decisoria prima del  giorno  30  aprile  2024,
senza ottenere alcun riscontro. Tuttavia,  con  nota  del  16  aprile
2024, nel chiedere conferma a e-distribuzione  del  persistere  delle
condizioni di fattibilita' e realizzabilita' della soluzione  tecnica
minima indicata nel preventivo di connessione, accettato da Sorgenia,
la Regione ha dato  atto  che  l'istanza  di  AU  era  «in  corso  di
istruttoria». 
    4. Dopo quasi 8 mesi dalla data di presentazione dell'istanza  di
AU, il 1° luglio 2024, con nota prot. 30914, la Regione, in  sede  di
preliminare verifica istruttoria, ha comunicato  alla  ricorrente  di
aver  rilevato  alcune  lacune  documentali  e  ha  richiesto   delle
integrazioni onde valutare la  procedibilita'  della  domanda.  Nella
medesima nota, la Regione ha chiesto alla Societa' di provvedere alla
regolarizzazione della domanda entro  il  termine  perentorio  di  10
giorni dalla ricezione della richiesta, pena il rigetto dell'istanza. 
    5.  La  ricorrente   ha   quindi   provveduto   a   produrre   la
documentazione e a fornire chiarimenti, presentando altresi'  istanza
di concessione presso il  Servizio  Demanio  e  Patrimonio  regionale
avente  ad  oggetto  il  tratto  dell'elettrodotto   di   connessione
dell'impianto che attraversa il corso d'acqua Riu Su Spurgu. 
    6. Nondimeno, con comunicazione del 6 agosto 2024 la  Regione  ha
trasmesso  a  Sorgenia  il  preavviso  di  rigetto  dell'istanza   di
autorizzazione  unica,  rilevando  la  carenza  di  un  requisito  di
procedibilita' e di ammissibilita' dell'istanza, costituito dal nulla
osta/concessione demaniale per il cavidotto che interferisce  con  il
reticolo idrografico Rio Su Spurgu. A tale  nota  ha  fatto  seguito,
nonostante  le   osservazioni   presentate   dalla   ricorrente,   il
provvedimento del  9  dicembre  2024  con  cui  l'Amministrazione  ha
archiviato  l'istanza  per  la  ritenuta   carenza   «del   requisito
essenziale relativo al titolo di disponibilita' delle aree in assenza
della concessione demaniale ovvero del nulla osta al  suo  rilascio»,
nonche' in ragione dei profili ostativi  derivanti  dall'art.  5  del
decreto-legge 15 maggio  2024,  n.  63  e  dalla  legge  regionale  5
dicembre 2024, n. 20. 
    7.  La  ricorrente  ha  quindi  proposto  il  presente   ricorso,
articolando le seguenti censure: 
        I) «Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del  decreto
legislativo  n.  387/2003,  dei  paragrafi  13  e  14   del   decreto
ministeriale 10 settembre 2010 e dell'art. 9 della D.G.R. n. 3/25 del
23 gennaio 2018; articoli 20 e 22 del decreto legislativo n. 199/2021
- Violazione, falsa 9 applicazione degli  articoli  1,  commi  2,  3,
10-bis e 14-bis della legge n.  241/1990  -  Eccesso  di  potere  per
travisamento dei presupposti, illogicita'  e  contraddittorieta'  fra
atti della stessa amministrazione, sviamento e ingiustizia manifesta.
Violazione  del  principio  di  non  aggravamento  del  procedimento.
Violazione degli articoli 3, 41 e 97 della  Costituzione.  Violazione
della normativa euro unitaria in tema  di  promozione  delle  energie
rinnovabili (direttive 2024/2413UE, 2018/2001UE, 2009/28 CE e 2001/77
CE; regolamento n.  2022/2577  UE)».  Gli  atti  impugnati  sarebbero
illegittimi in quanto, ai sensi del punto 14.4 delle linee guida FER,
l'istanza di Sorgenia avrebbe  dovuto  ritenersi  procedibile  quanto
meno dal 21 novembre 2023; 
        II) «Violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del decreto
legislativo  n.  387/2003  e  dei  paragrafi  13  e  14  del  decreto
ministeriale 10 settembre 2010.  Violazione  dell'art.  1,  comma  2,
della legge n. 241/1990 di non aggravamento del procedimento. Eccesso
di potere per carenza di istruttoria, travisamento dei presupposti di
fatto, sviamento e contraddittorieta'. Violazione del  principio  del
giusto procedimento. Violazione degli art. 3,  41,  97  e  117  della
Costituzione. Violazione della normativa euro  unitaria  in  tema  di
promozione  delle   energie   rinnovabili   (direttive   2024/2413UE,
2018/2001UE,  2009/28CE  e  2001/77CE;  regolamento  2022/2577  UE)».
Ulteriore motivo di illegittimita' dovrebbe rinvenirsi nel fatto  che
il nulla osta o la  concessione  non  costituirebbero  condizione  di
ammissibilita'/procedibilita'  della  domanda,  in  quanto  essi  non
rientrerebbero tra i requisiti minimi di procedibilita'  elencati  al
punto 13.1 delle linee guida FER  e  all'art.  7  delle  linee  guida
regionali.  La  giurisprudenza  avrebbe,  infatti,  chiarito  che  la
disponibilita' delle aree e'  requisito  indispensabile  e  contenuto
minimo dell'istanza di AU per cio' che concerne  l'area  di  impianto
(visto che per il FTV  non  e'  possibile  procedere  ad  esproprio),
mentre non lo sarebbe per le opere connesse; 
        III) «Violazione e falsa applicazione dell'art. 20 nella  sua
interezza e nei suoi commi 1 e 8 del decreto legislativo n. 199/2021.
Violazione dell'art. 5, comma 2, del decreto legge 15 maggio 2024, n.
63. Violazione degli articoli 3, 41, 97  e  117  della  Costituzione.
Violazione della normativa euro unitaria in tema di promozione  delle
energie rinnovabili (direttive 2024/2413UE, 2018/2001UE, 2009/28 CE e
2001/77  CE;  regolamento  2022/2577  UE).  Eccesso  di  potere   per
travisamento dei presupposti di  fatto  e  di  diritto,  sviamento  e
contraddittorieta'». Il decreto legge agricoltura esclude dal divieto
da esso previsto per l'installazione  di  impianti  fotovoltaici  con
moduli collocati a terra in area agricola i progetti  «per  i  quali,
alla data di entrata  in  vigore  del  presente  decreto,  sia  stata
avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di
valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento dei titoli per  la
costruzione e l'esercizio  degli  impianti  e  delle  relative  opere
connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi».
Nel caso di specie, dovendo il procedimento ritenersi avviato sin dal
novembre 2023, l'iniziativa della ricorrente ricadrebbe nella  deroga
sopra citata, con la conseguenza che non si applicherebbe il  divieto
in parola; 
        IV) «Illegittimita' del decreto ministeriale 21  giugno  2024
(decreto ministeriale Aree Idonee) per violazione  dell'art.  20  del
decreto  legislativo  n.  199/2021  (con  particolare   riguardo   al
combinato  disposto  dei  commi  1  e  8);  Eccesso  di  potere   per
irragionevolezza, perplessita' e carenza dei presupposti;  Violazione
degli articoli 3, 9, 41 e 97 della Costituzione».  Oltre  il  decreto
legge  agricoltura,  nel  provvedimento  impugnato  la   Regione   ha
richiamato anche la legge regionale n. 20/2024 del 5  dicembre  2024,
per rilevare che l'istanza  della  ricorrente  non  sarebbe  comunque
accoglibile in virtu'  di  quanto  disposto  con  la  suddetta  legge
regionale, che non fa salve le aree idonee di cui all'art. 20,  comma
8 del decreto legislativo n. 199/2021, in  asserita  applicazione  di
quanto disposto dal decreto  ministeriale  21  giugno  2024.  Ebbene,
laddove detto decreto ministeriale dovesse ritenersi consentire  alle
regioni la possibilita'  di  non  «tener  conto»  delle  aree  idonee
previste ex lege dall'art. 20, comma 8  del  decreto  legislativo  n.
199/2021 esso si rivelerebbe  illegittimo.  Il  decreto  ministeriale
sarebbe, altresi', illegittimo ove, nella parte in cui  definisce  le
aree non idonee come «incompatibili» con la realizzazione di impianti
rinnovabili, dovesse interpretarsi nel senso che le aree  non  idonee
sono aree vietate all'installazione degli impianti FER; 
        V) «Violazione delle norme sul procedimento amministrativo ed
in  particolare  dell'art.  3  e  dell'art.  10-bis  della  legge  n.
241/1990. Violazione dell'art. 3 e 97 della Costituzione. Eccesso  di
potere per travisamento  dei  presupposti  di  fatto  e  di  diritto,
sviamento, difetto di istruttoria». Il provvedimento di archiviazione
sarebbe anche illegittimo in quanto si fonda su motivi  ostativi  non
preannunciati nel  preavviso  di  rigetto,  in  violazione  dell'art.
10-bis legge n. 241/1990. 
    8. La ricorrente ha, inoltre, lamentato: 
        a) l'incostituzionalita' dell'art. 5, comma  1,  del  decreto
legge 15 maggio 2024, n. 63, che introduce il comma 1-bis all'art. 20
del decreto legislativo 8 novembre  2021,  n.  1999,  per  violazione
degli  articoli  77,  117,  comma  1,  e  9  della  Costituzione.  La
previsione, infatti, in primo luogo sarebbe stata introdotta per  via
di un decreto legge in carenza del  presupposto  della  straordinaria
necessita'  e  urgenza,  trattandosi  di   disposizione   disomogenea
rispetto  alla  restante  disciplina  contenuta   del   decreto-legge
Agricoltura. Sarebbe violato, inoltre, l'art.  117,  comma  1,  della
Costituzione. per contrarieta' ai principi derivanti dall'ordinamento
eurounitario  ed  internazionale,   in   quanto   fissare   in   modo
aprioristico e generale  un  divieto  di  installazione  di  impianti
fotovoltaici  in  terreni  agricoli,  considerando  anche  la   vasta
incidenza che, nell'insieme dei terreni  agricoli,  rivestono  quelli
sostanzialmente inutilizzati ed incolti, si porrebbe in contrasto con
gli obiettivi, di matrice eurounionale, di diffusione  massima  delle
energie rinnovabili (direttive 2024/2413UE, 2018/2001UE, 2009/28 CE e
2001/77  CE;  regolamento  2022/2577  UE),  oltre  che,   sul   piano
internazionale, del protocollo  di  Kyoto  dell'11  dicembre  1997  e
dell'accordo di Parigi del 12 dicembre 2015 (al proposito  si  vedano
Corte costituzionale n. 275/2012; n. 13/2014; n. 77/2022). Infine, il
divieto si porrebbe in contrasto con l'art. 9 della Costituzione,  in
quanto pregiudicherebbe il superamento degli impianti a  combustibile
fossile,  i  quali  incidono   negativamente   sulla   sostenibilita'
ambientale e  climatica,  ledendo  anche  «l'interesse  delle  future
generazioni» al raggiungimento  di  obiettivi  sostenibili  sotto  il
profilo energetico e dell'inquinamento; 
        b) l'incostituzionalita' della  legge  regionale  Sardegna  5
dicembre 2024, n. 20, per «Violazione dell'art.  117,  commi  1  e  3
della Costituzione, per  il  tramite  della  violazione  del  decreto
legislativo  n.  199/2021  e,  in  particolare,   dell'art.   20   di
quest'ultimo, oltre del decreto  ministeriale  21  giugno  2024,  del
decreto ministeriale 10 settembre 2010 e del decreto  legislativo  n.
190/2024. Violazione degli articoli 3 e 4 della legge  costituzionale
n. 3 del  26  febbraio  1948  e  del  decreto  del  Presidente  della
Repubblica n. 480 del 22 maggio 1975. Violazione degli articoli 3, 9,
41 e 97 della Costituzione. Violazione dei principi  contenuti  nelle
direttive comunitarie 2018/2001 e 2023/2413»: 
        b.1) sarebbe, in primo luogo, illegittima  la  previsione  di
retroattivita' del divieto di realizzare impianti  FER  in  aree  non
idonee, di cui all'art. 1, comma 5, della legge, che si  porrebbe  in
contrasto con l'art. 20, comma 8, del decreto legislativo n. 199/2021
laddove stabilisce l'applicazione transitoria delle  aree  idonee  ex
lege ivi individuate «sino  alla  individuazione  delle  aree  idonee
sulla base dei criteri e delle modalita' stabiliti dai decreti di cui
al comma 1» e quindi, nel caso specifico,  sino  alla  individuazione
operata dalla legge regionale n. 20/2024.  Se  la  legge  statale  ha
disposto un regime  transitorio  valevole  fino  alla  individuazione
delle  aree  idonee  da  parte  delle  regioni,  non   potrebbe   poi
consentirsi a queste ultime  di  legiferare  in  violazione  di  tale
disciplina, ponendola nel nulla,  con  un  effetto  abrogativo  della
stessa. Sarebbe violata anche la disposizione del comma  1  dell'art.
20 del decreto legislativo n. 199/2021, laddove lo  stesso  prescrive
che nello stabilire i criteri per l'individuazione delle aree  idonee
i decreti ministeriali  attuativi  devono  tener  «conto  delle  aree
idonee ai sensi del comma 8». La retroattivita' della legge regionale
non   troverebbe   adeguata   giustificazione   sul    piano    della
ragionevolezza e sarebbe da censurare in quanto lesiva del  legittimo
affidamento del singolo sulla certezza del diritto, degli articoli  3
e 41 della Costituzione, oltre che l'art. 97,  nella  misura  cui  e'
leso l'affidamento che gli imprenditori  hanno  riposto  nell'assetto
normativo  come  delineato  dalla  legge  statale,  oltre  che  della
liberta'   di   iniziativa   economica   degli   stessi,    frustrata
dall'intervento del legislatore regionale. Sarebbero altresi' violati
anche l'art. 9 della Costituzione,  nella  misura  in  cui  la  forte
incisione limitativa che dalle norme regionali deriva  allo  sviluppo
delle rinnovabili pregiudica gli obiettivi  di  tutela  dell'ambiente
connessi all'incremento della produzione di energia da queste  fonti,
come anche i principi comunitari di cui alle direttive n. 2018/2001 e
n. 2023/2413 UE - e quindi  dell'art.  117,  comma  1  -  di  massima
diffusione e sviluppo delle energie rinnovabili; 
        b.2) incostituzionale sarebbe la  previsione  di  divieto  di
realizzare  impianti  FER  nelle  aree  idonee  individuate  ex  lege
dall'art. 20, comma 8,  del  decreto  legislativo  n.  199/2021.  Non
sarebbe, infatti, possibile derogare al contenuto minimo  delle  aree
idonee legislativamente previsto, come si  dedurrebbe  dall'art.  20,
comma 1-bis del decreto legislativo n. 199/2021. Tale norma, infatti,
nel prevedere il divieto di realizzare impianti fotovoltaici in  area
agricola, fa espressamente salve le aree agricole incluse  in  alcune
delle aree idonee previste ex lege dal successivo  comma  8,  il  che
confermerebbe che per il legislatore statale le aree idonee  ex  lege
previste non siano derogabili dalle regioni (salvo che per le aree di
cui all'art. 20, comma 8, lettera c-ter, n. 1) e  lettera  c-quater),
altrimenti non sarebbe comprensibile  una  deroga  al  principio  ivi
stabilito che riguarda proprio tali aree, anche  se  agricole.  Sotto
tale profilo, quindi, la legge regionale sarda viola anche  il  comma
1-bis dell'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021. Peraltro,  la
legge regionale Sardegna, nella misura in cui ha  tratto  la  propria
potesta' legislativa dal disposto del decreto ministeriale 21  giugno
2024, sarebbe altresi' costituzionalmente illegittima  in  quanto  al
momento della sua adozione, il 5 dicembre 2024, il d.m.  era  sospeso
per effetto delle pronunce  cautelari  del  Consiglio  di  Stato  sui
ricorsi promossi avverso il suddetto decreto; 
        b.3) la legge sarda sarebbe  incostituzionale  anche  perche'
stravolgerebbe la ratio della previsione di legge statale di  cui  la
stessa e'  attuazione.  La  legge,  infatti,  perseguirebbe  il  fine
prioritario di  individuare  le  aree  non  idonee,  anziche'  quelle
idonee, come  previsto  dal  decreto  legislativo  n.  199/2021,  ivi
riconducendovi  la  quasi  totalita'  del  territorio   regionale   e
lasciando solo il residuo 2% alle aree idonee (confinate  alle  poche
aree degradate di cui all'allegato F della legge); 
        b.4)  illegittimo  sarebbe  il  divieto   incondizionato   di
realizzare impianti in area non idonea, in quanto il concetto di area
non idonea dovrebbe essere declinato come semplice prevalutazione  di
incompatibilita', da valutare nel caso concreto. Nel sistema statale,
infatti, l'area inidonea costituisce il contraltare dell'area idonea.
Quest'ultima  e'  un'area  di  semplificazione  procedimentale  e  di
accelerazione. L'area non  idonea,  specularmente,  e'  un'area  dove
l'amministrazione  ha  preventivamente  valutato  la  sussistenza  di
caratteristiche   territoriali   che   fanno   propendere   per   una
inidoneita'. Tale prevalutazione andrebbe, pero', valutata  caso  per
caso, nell'ambito  di  una  attivita'  procedimentale  ulteriore,  in
relazione al progetto specifico e alla porzione dell'area interessata
dal progetto, nell'ambito della piu' vasta zona inidonea; 
        c) l'incostituzionalita' dell'art. 20, comma 4,  del  decreto
legislativo n. 199/2021 per violazione degli articoli 24 e  97  della
Costituzione. L'art. 20, comma 4, del decreto legislativo n. 199/2021
dispone che, una volta emanati i decreti ministeriali che indicano  i
criteri  per  l'individuazione  delle  aree  idonee,  le  regioni  vi
provvedano con legge regionale. Tale previsione  sarebbe  affetta  da
incostituzionalita',  laddove  individua  la   «legge»   e   non   un
provvedimento amministrativo quale strumento per attuare  il  sistema
delle  aree  idonee,  in  quanto  la  riconduzione  di   un'attivita'
sostanzialmente  provvedimentale  al  procedimento  legislativo   non
consentirebbe ai privati di adire la tutela giurisdizionale  diretta,
residuando per gli stessi  solo  la  possibilita'  di  richiedere  al
Giudice di sollevare la questione della legittimita' della legge. Del
pari, risulterebbe violato l'art. 97 della  Costituzione,  in  quanto
tale assetto minerebbe i principi di buon andamento  e  imparzialita'
della PA che trovano attuazione anche nella interazione tra esercizio
del  potere  e  controllo  di  legittimita'  e  nel  contrappeso  che
quest'ultimo rappresenta rispetto all'esercizio di una potesta'  che,
di fatto, e' provvedimentale, sebbene ammantata della forza di legge. 
    9. Si e' costituita la Regione autonoma della Sardegna, eccependo
preliminarmente il  difetto  di  competenza  territoriale  di  questo
Tribunale. L'impugnato decreto ministeriale 11 giugno 2024,  infatti,
non sarebbe annoverato tra i motivi che sorreggono il principale atto
gravato  da  controparte,  concernente  la  nota   di   archiviazione
dell'Assessorato  regionale  dell'industria,   servizio   energia   e
economia verde n. 55854 del 9 dicembre  2024  (doc.  n.  1  di  parte
ricorrente). Tale archiviazione sarebbe fondamentalmente motivata dal
fatto che l'istanza di autorizzazione unica presentata dalla Sorgenia
Renewables S.r.l. e' priva di un elemento  (ritenuto)  essenziale  ai
fini della sua disamina, ossia la dimostrazione della  disponibilita'
dei suoli - nel caso di specie, demaniali - su cui ubicare  le  opere
di connessione dell'impianto fotovoltaico per cui e' causa. Gli altri
motivi menzionati nel  suddetto  provvedimento  di  archiviazione  si
riferiscono al divieto di realizzazione di impianti  fotovoltaici  in
aree agricole di cui all'art. 5 del decreto legge n. 63/2024, nonche'
all'analogo divieto derivante dalla sopravvenuta vigenza della  legge
regionale n. 20 del 5 dicembre 2024. Tale legge  regionale  e'  stata
approvata in attuazione del decreto legislativo  n.  199/2021,  sulla
scorta dei criteri dettati  dal  succitato  decreto  ministeriale  21
giugno 2024, il quale, tuttavia, non avrebbe diretta applicazione nel
caso di specie. Infatti,  una  volta  che  la  Regione,  in  ossequio
all'art. 20  del  decreto  legislativo  n.  199/2021,  individua  con
propria legge le aree idonee e non idonee  ad  ospitare  impianti  di
produzione di energia a fonti rinnovabili (FER), sebbene cio' avvenga
alla luce del citato decreto ministeriale, quest'ultimo, ove ritenuto
violato, al limite potrebbe fungere da parametro  interposto  per  la
proposizione di una eventuale questione  legittimita'  costituzionale
della legge regionale. Pertanto, la competenza a decidere il  ricorso
in epigrafe apparterrebbe al TAR Sardegna. 
    10. Nel merito, la disponibilita' delle aree  demaniali  andrebbe
dimostrata prima della presentazione della domanda di AU. Se  e'  pur
vero infatti che il comma 4-bis dell'art. 12 del decreto  legislativo
n. 387/2003 per gli impianti fotovoltaici e a biomassa prevede che la
disponibilita' del suolo  possa  essere  dimostrata  «nel  corso  del
procedimento, e comunque prima dell'autorizzazione», dall'altra parte
l'art. 65, comma 5, del decreto legge  24  gennaio  2012,  n.  1,  ha
disposto che «Il comma 4-bis dell'art. 12 del decreto legislativo  29
dicembre 2003, n. 387 (...) deve intendersi  riferito  esclusivamente
alla realizzazione di impianti alimentati a  biomasse  situati  in  4
aree classificate come  zone  agricole  dagli  strumenti  urbanistici
comunali».  Tale  linea  interpretativa  sarebbe   confermata   anche
dall'art.  13.1,  lettera  c),  delle  linee  guida  nazionali  sulle
autorizzazioni FER (decreto  ministeriale  10  settembre  2010),  che
individua tra i contenuti minimi dell'istanza di autorizzazione unica
«la documentazione da cui risulti la disponibilita' dell'area su  cui
realizzare l'impianto e delle opere connesse»,  nonche'  dall'art.  7
delle «linee guida per l'autorizzazione unica ai sensi  dell'art.  12
del decreto legislativo n. 387 del 2003» di cui all'Allegato A  della
deliberazione della Giunta della Regione  Sardegna  n.  3/25  del  23
gennaio 2018. 
    11.  Aggiunge  la  Regione  che   nell'ambito   della   procedura
autorizzatoria  per   impianti   FER   seguita   dall'Amministrazione
regionale sarda la dimostrazione  della  predetta  disponibilita'  si
consegue presentando  preventivamente  la  richiesta  di  nulla  osta
dell'ufficio preposto alla cura del demanio  regionale.  Detto  nulla
osta e' emesso dalla Direzione generale enti locali-Servizio  demanio
e  patrimonio  della  Regione  previa   attivazione   di   una   fase
endoprocedimentale, esterna alla conferenza di  servizi,  in  cui  il
suddetto Servizio demanio e patrimonio si confronta  con  gli  organi
tecnici ai quali e' demandata la cura e gestione dei beni  demaniali.
Una  volta  valutata  la  sussistenza  dei  presupposti  oggettivi  e
soggettivi per ritenere ammissibile la  richiesta  del  privato,  con
riguardo alla tutela del preminente interesse pubblico  nonche'  alla
proficua utilizzazione del bene demaniale che viene sottratto all'uso
collettivo, viene concesso il nulla osta, che  confluisce  poi  nella
conferenza di servizi relativa al procedimento di AU. Ad esito  della
conferenza, ottenuto il titolo autorizzatorio, il competente Servizio
demanio  e  patrimonio  potra'  quindi  rilasciare   la   concessione
demaniale vera e propria. 
    12. Una conferma circa la necessita'  della  previa  acquisizione
del  titolo  di  disponibilita'  dovrebbe   peraltro   trarsi   dalla
disciplina di cui al decreto legislativo n. 190 del 25 novembre 2024,
il cui art. 9, al  comma  3,  statuisce  che  «Il  proponente  allega
all'istanza di cui al comma  2  la  documentazione  e  gli  elaborati
progettuali previsti dalle normative di settore per il rilascio delle
autorizzazioni, intese,  licenze,  pareri,  concerti,  nulla  osta  e
assensi, comunque denominati, inclusi quelli per  la  valutazione  di
impatto ambientale, paesaggistica e culturale, e  per  gli  eventuali
espropri, ove necessari ai fini della realizzazione degli interventi,
...omissis... Inoltre, allega la documentazione  da  cui  risulti  la
disponibilita' dell'area su cui  realizzare  l'impianto  e  le  opere
connesse, ivi comprese le aree demaniali». 
    13. Nel caso di specie, la Societa' ricorrente al  momento  della
presentazione della domanda di AU non  aveva  presentato  istanza  di
nulla osta e/o di concessione demaniale per l'utilizzo delle aree  su
cui ricadono le opere connesse all'impianto di proprio  interesse,  e
cio'  pur  essendo  consapevole  della  necessita'  di  tale   titolo
abilitativo. Onde ottenere la disponibilita' dei tali aree  e'  stato
attivato apposito endoprocedimento del quale,  come  rimarcato  dalla
ricorrente,  si  fa  richiamo  anche  nel  modulo  di  domanda.  Tale
endoprocedimento ha coinvolto in prima battuta il Consorzio  bonifica
Sardegna meridionale, che ha  evidenziato  diverse  interferenze  del
progetto con opere di irrigazione, e  la  conseguente  necessita'  di
integrazioni necessarie poter rilasciare il nulla osta  (propedeutico
al provvedimento concessorio vero e proprio).  La  domanda  di  parte
ricorrente  e'   stata   dunque   archiviata   per   mancanza   della
dimostrazione del possesso  della  concessione,  o,  quantomeno,  del
nulla osta relativo all'occupazione di terreni in  cui  edificare  le
opere connesse all'impianto. 
    14. I motivi di impugnazione relativi al decreto ministeriale  21
giugno 2024 non rileverebberonel caso che oggi ci  occupa.  Per  cio'
che attiene, invece  all'applicabilita'  alla  fattispecie  in  esame
dell'art. 5 del decreto legge n. 63/2024 - che ha introdotto il comma
1-bis all'art. 20 del decreto legislativo n. 199/2021 - e della legge
regionale n. 20/2024 di individuazione delle aree idonee e non idonee
ad ospitare impianti FER, detti provvedimenti  legislativi  sarebbero
citati  nel  provvedimento  di  archiviazione  impugnato  solo   come
«ulteriori  elementi  ostativi»  alla  realizzazione   del   progetto
proposto. 3.1 Ad ogni buon  conto,  le  leggi  regionali,  una  volta
approvate, si reggerebbero da sole e noverebbero  la  fonte  inerente
sia al decreto legislativo n. 199/2021 che  (a  maggior  ragione)  al
decreto ministeriale 21 giugno 2024, le quali,  entrambe,  potrebbero
in ipotesi assurgere a parametri interposti in sede  di  promovimento
di una questione di  legittimita'  costituzionale  delle  stesse.  La
legge regionale sarda n. 20/2024  ha  dato  attuazione  alla  ridetta
normativa nazionale qualificando, tra le altre fattispecie,  le  zone
urbanistiche omogenee «E» (agricole) come inidonee alla realizzazione
di impianti fotovoltaici. La stessa si applica  anche  agli  impianti
per i quali al momento della sua entrata in vigore sono  in  corso  i
procedimenti autorizzativi nonche' per  quelli  autorizzati  che  non
abbiano determinato una modifica irreversibile dei  luoghi  (art.  1,
comma 2, legge regionale n. 20/2024). 
    15. In merito, la difesa regionale adduce che la Regione Sardegna
gode di competenza legislativa esclusiva - e, per  il  principio  del
parallelismo (art. 117, settimo comma, della Costituzione  e  art.  6
dello Statuto speciale per la Sardegna), anche quella  amministrativa
-  in  particolare,  nella  materia  della  tutela  e  pianificazione
paesaggistica, ai sensi del decreto del Presidente  della  Repubblica
n. 480/1975 e  della  relativa  costante  interpretazione  sul  punto
fornita dalla Corte costituzionale, e nelle materie  dell'urbanistica
e dell'agricoltura e  foreste,  ai  sensi  dell'art.  3  del  proprio
statuto  speciale  (legge  costituzionale  n. 3/1948).  La   Sardegna
dispone  anche  di  competenza  concorrente   nella   materia   della
«produzione  e  distribuzione  dell'energia   elettrica»   ai   sensi
dell'art. 4 del proprio Statuto speciale, parificabile, nel combinato
disposto dell'art. 117, terzo comma della  Costituzione  e  dell'art.
10, legge  costituzionale  n.  3/2001,  a  quella  concorrente  della
«produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» di cui
godono le regioni «ordinarie» ai sensi del terzo comma dell'art.  117
della Costituzione. (cfr. sent.  Corte  costituzionale  n.  383/2005,
punto 14 del Considerato in diritto). In tale settore il  legislatore
statale ha il compito di tratteggiare i principi della  materia,  nel
rispetto  degli  obblighi  derivanti  dall'ordinamento  eurounitario.
Spetterebbe invece  alle  regioni,  entro  la  cornice  dei  suddetti
principi, governare e pianificare il proprio territorio identificando
le  zone  in  cui  sara'  o  meno  possibile  costruire  impianti  di
produzione di energia da fonti rinnovabili; e cio'  anche  in  virtu'
del  principio  di  sussidiarieta'  di   cui   all'art.   118   della
Costituzione. Che ai fini della «mappatura» del territorio  si  debba
intervenire con legge regionale e' previsto, peraltro, esplicitamente
dall'art.  20,  comma  4,  decreto  legislativo  n.   199/2021,   che
disciplina in modo congiunto  sia  le  aree  idonee  che  quelle  non
idonee,  come  si  evince  dalla  rubrica  del   medesimo   art.   20
(«Disciplina per l'individuazione di  superfici  e  aree  idonee  per
l'installazione di impianti a fonti rinnovabili»).  Pertanto,  se  e'
pacifico che le aree idonee siano catalogate  con  legge,  lo  stesso
varrebbe, anche solo per mera  «sottrazione»,  pure  per  quelle  non
idonee. 
    16. La legge regionale sarebbe anche legittima nella parte in cui
prevede che nelle aree non idonee e' vietato realizzare le  tipologie
di impianti FER come specificate negli allegati alla legge  medesima.
Il decreto ministeriale 21 giugno 2024 definisce infatti le aree  non
idonee  come  «incompatibili  con   l'installazione   di   specifiche
tipologie di impianti» (art. 1,  comma  2,  lettera  b):  il  termine
«incompatibili» non potrebbe intendere altro che «impedimento». 
    17. Le amministrazioni statali si sono  costituite  adducendo  la
propria estraneita' alla presente controversia. 
    18. Con le memorie presentate  in  vista  dell'udienza  le  parti
hanno ulteriormente argomentato a sostegno delle proprie ragioni. 
    19. All'udienza pubblica del 21 maggio 2025  la  causa  e'  stata
trattenuta in decisione. 
 
                               Diritto 
 
    20. Il giudizio puo' essere definito solo  parzialmente,  essendo
rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita'
costituzionale sollevate in relazione alle disposizioni  della  legge
della Regione autonoma della Sardegna n. 20/2024. 
    21. Va  preliminarmente  rigettata  l'eccezione  di  incompetenza
territoriale sollevata dalla difesa regionale.  Va  infatti  rilevato
che ai  sensi  dell'art.  13,  comma  4-bis,  c.p.a.,  la  competenza
territoriale relativa al provvedimento da cui  deriva  l'interesse  a
ricorrere attrae a se' anche quella relativa  agli  atti  presupposti
dallo stesso provvedimento, «tranne che si tratti di atti normativi o
generali, per la cui impugnazione restano fermi gli ordinari  criteri
di attribuzione della competenza». A quest'ultimo riguardo  e'  stato
precisato  che  «in  ipotesi  di  impugnazione  di  atti  generali  o
normativi,  insieme  agli  atti  applicativi  o  conseguenziali,   la
competenza territoriale per l'intera controversia  va  attribuita  al
giudice cui spetta la  cognizione  dell'atto  generale  o  normativo»
(Cons. St., III, ord. 25 ottobre 2017, n. 4930). 
    22. Ai fini della  determinazione  della  competenza  come  sopra
individuata non puo' avere alcuna rilevanza  la  circostanza  che  il
provvedimento applicativo rechi una pluralita' di motivazioni in tesi
autonomamente in grado di  reggere  la  determinazione  adottata.  La
valutazione dell'incidenza dell'impugnazione dell'atto generale e dei
relativi motivi nell'economia del gravame costituisce,  infatti,  una
valutazione di merito che, come tale,  e'  comunque  successiva  alla
questione della competenza. 
    23. Neppure potrebbe ritenersi  che,  una  volta  intervenuta  la
legge   regionale,   le   disposizioni   del   decreto   ministeriale
perderebbero autonoma rilevanza, potendo al piu' fungere da parametro
interposto nel giudizio di costituzionalita' della legge regionale. A
prescindere dalla circostanza che anche tale valutazione deve  essere
compiuta dal giudice competente, va rilevato che nella misura in  cui
la legge regionale costituisca espressione  di  scelte  consentite  o
imposte  dalla  disciplina  ministeriale,  che  si  traducano  in  un
pregiudizio  per  i  destinatari  degli  atti  applicativi,  sussiste
senz'altro l'interesse del soggetto leso dalle relative previsioni  a
sollecitarne il controllo giurisdizionale e a eventualmente ottenerne
l'annullamento, anche agli effetti conformativi. In  caso  contrario,
d'altra parte, verrebbe  a  configurarsi  un  segmento  di  attivita'
amministrativa del tutto sottratto al controllo  giurisdizionale,  in
quanto l'operatore  che  si  ritenga  leso  da  tali  previsioni  non
potrebbe far valere le proprie ragioni con  l'immediata  impugnazione
dell'atto generale non ancora concretamente lesivo (v., diffusamente,
TAR Lazio - Roma, III, 13 maggio 2025, n.  9155,  punti  1.2.8  ss.),
mentre, una volta che la disciplina da esso  dettata  abbia  ricevuto
applicazione per il tramite della legge regionale,  secondo  la  tesi
propugnata dalla Regione essa non potrebbe piu' costituire oggetto di
autonoma censura, prospettiva che non  puo'  in  nessun  modo  essere
condivisa, traducendosi in un patente vulnus del diritto alla  tutela
giurisdizionale. Da cio' deriva anche che non puo'  essere  condivisa
la prospettata estraneita' delle  amministrazioni  centrali  intimate
rispetto  alla  presente   controversia,   costituendo   il   decreto
ministeriale 21  giugno  2024  oggetto  del  giudizio  e  risultando,
pertanto,  correttamente  incardinato  il  medesimo  anche  nei  loro
confronti. 
    24. Passando all'esame del  merito,  va  anzitutto  rigettato  il
quinto motivo, con il quale si deduce la violazione dell'art.  10-bis
della  legge   n.   241/1990   in   ragione   dell'indicazione,   nel
provvedimento di archiviazione, di motivi ostativi non  indicati  nel
preavviso di rigetto. 
    25. Sul  punto,  va  infatti  osservato  che  i  motivi  ostativi
ulteriori consistono nel richiamo alla disciplina cogente di legge la
cui  applicabilita'  renderebbe  del  tutto   vincolata   l'attivita'
amministrativa. Trova applicazione, pertanto, l'art. 21-octies, comma
2, primo periodo, della  legge  n.  241/1990,  secondo  cui  «Non  e'
annullabile il provvedimento adottato  in  violazione  di  norme  sul
procedimento  o  sulla  forma  degli  atti  qualora,  per  la  natura
vincolata  del  provvedimento,  sia  palese  che  il  suo   contenuto
dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello  in  concreto
adottato». Non rileva la previsione dell'ultimo  periodo  del  citato
comma 2, che ha invece riguardo alla diversa fattispecie  di  cui  al
secondo periodo. 
    26. Il primo motivo e' fondato. 
    27. Il paragrafo  14.4  delle  linee  guida  di  cui  al  decreto
ministeriale 10 settembre 2010, nel disciplinare il procedimento  per
l'autorizzazione  unica,  stabilisce  che  «Entro  15  giorni   dalla
presentazione dell'istanza, l'Amministrazione competente,  verificata
la completezza formale della documentazione, comunica al  richiedente
l'avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge n.
241 del  1990  e  successive  modificazioni  e  integrazioni,  ovvero
comunica  la  improcedibilita'   dell'istanza   per   carenza   della
documentazione prescritta; in tal caso il  procedimento  puo'  essere
avviato  solo  alla  data  di  ricevimento   dell'istanza   completa.
Trascorso detto termine senza che l'amministrazione abbia  comunicato
l'improcedibilita', il procedimento si intende avviato». 
    28. Come la giurisprudenza  ha  gia'  chiarito,  tale  previsione
integra una forma  di  «silenzio-assenso»  operante  (esclusivamente)
«sul piano della procedibilita' dell'istanza, quale  misura  volta  a
determinare un'accelerazione procedimentale e a favorire un esame nel
merito delle relative richieste» (Cons. St., IV, 22 gennaio 2025,  n.
466). La suddetta lettura e', del  resto,  l'unica  che  consenta  di
attribuire  un  significato  alla  previsione  per  cui  la   mancata
comunicazione dell'improcedibilita' entro il  termine  di  15  giorni
determina l'avvio del procedimento. Se la norma dovesse leggersi  nel
senso che il procedimento non potrebbe comunque considerarsi  avviato
ove, anche dopo la scadenza  del  termine,  l'Amministrazione  rilevi
carenze documentali, la richiamata disposizione perderebbe,  infatti,
ogni utilita'. 
    29. Consegue da quanto sopra che,  trascorso  il  termine  di  15
giorni dalla presentazione dell'istanza, e quindi a decorrere dal  22
novembre 2023, il procedimento avrebbe dovuto  considerarsi  avviato,
con la conseguenza  che  l'Amministrazione  non  avrebbe  mai  potuto
disporne l'archiviazione per carenze documentali,  essendo  piuttosto
onerata di esercitare i poteri istruttori di cui al  paragrafo  14.11
delle linee guida. 
    30. Anche il secondo motivo e' fondato. 
    31. Va premesso che  ai  fini  del  decidere  non  assume  alcuna
rilevanza la disciplina prevista dall'art. 10 del decreto legislativo
25 novembre 2024, n. 190, non applicabile ratione temporis in ragione
di quanto disposto dall'art. 15, comma 2, del suddetto decreto. 
    32. Cio' posto, ai sensi dell'art. 12, comma 4-bis,  del  decreto
legislativo 29 dicembre  2003,  n.  387,  «Per  la  realizzazione  di
impianti alimentati a biomassa, ivi inclusi gli impianti a  biogas  e
gli impianti per produzione di biometano di nuova costruzione, e  per
impianti fotovoltaici, ferme  restando  la  pubblica  utilita'  e  le
procedure conseguenti per  le  opere  connesse,  il  proponente  deve
dimostrare   nel   corso   del   procedimento,   e   comunque   prima
dell'autorizzazione, la disponibilita' del suolo  su  cui  realizzare
l'impianto. Per gli impianti  diversi  da  quelli  di  cui  al  primo
periodo il proponente, in sede  di  presentazione  della  domanda  di
autorizzazione di cui al comma 3, puo' richiedere la dichiarazione di
pubblica   utilita'   e   l'apposizione   del   vincolo   preordinato
all'esproprio   delle   aree    interessate    dalla    realizzazione
dell'impianto e delle opere connesse». 
    33. E' poi intervenuto l'art. 65, comma 5, del  decreto-legge  24
gennaio 2012, n. 1 (convertito, con  modificazioni,  dalla  legge  24
marzo 2012, n. 27), il quale,  allorquando  l'art.  12,  comma  4-bis
citato contemplava solo la disposizione di cui al primo  periodo,  ha
«chiarito» che «Il comma 4-bis dell'art. 12 del  decreto  legislativo
29 dicembre 2003, n. 387, introdotto dall'art. 27,  comma  42,  della
legge 23 luglio 2009, n. 99, deve intendersi riferito  esclusivamente
alla realizzazione di impianti alimentati a biomasse situati in  aree
classificate  come  zone   agricole   dagli   strumenti   urbanistici
comunali». 
    34.  Al  di  la'  del  possibile  corto-circuito   interpretativo
generato dalla successiva interpolazione del medesimo comma 4-bis  ad
opera dell'art. 7, comma 3-bis, del decreto-legge 17 maggio 2022,  n.
50 (convertito, con modificazioni, dalla legge  15  luglio  2022,  n.
91), che ha introdotto il secondo periodo (e che, ove  riferito  agli
«impianti diversi da quelli di cui al primo periodo» assunti  secondo
l'interpretazione di cui al decreto legge n.  1/2012,  comprenderebbe
anche gli impianti  fotovoltaici),  dal  suddetto  intervento  si  e'
tratta comunque (soltanto) la conclusione che, «se poteva  ammettersi
che  la  disponibilita'  dell'area  (ossia  non  necessariamente   la
proprieta' ma comunque un titolo  idoneo  al  suo  utilizzo)  potesse
comunque intervenire nel  corso  del  procedimento,  la  disposizione
suddetta ha escluso  tale  "favor"  per  gli  impianti  fotovoltaici»
(Cons. St., IV, 26 ottobre 2016, n. 4538), senza pertanto che venisse
meno la possibilita', del resto pacificamente riconosciuta,  che  per
l'acquisizione della disponibilita' delle aree su cui  realizzare  le
opere connesse potesse farsi luogo alla richiesta di dichiarazione di
pubblica utilita' e all'esproprio. 
    35. Consegue da quanto sopra che,  rispetto  alla  disponibilita'
dei terreni necessari per la realizzazione delle opere  connesse,  in
nulla i progetti relativi alla realizzazione di impianti fotovoltaici
differiscono rispetto alla generalita' degli altri impianti  FER.  Le
linee guida di cui al decreto ministeriale 10  settembre  2010  (par.
13.1, lettere c)  e  d))  prevedono  infatti  invariabilmente,  quale
documentazione da produrre in allegato  all'istanza,  quella  da  cui
risulti la  disponibilita'  dell'area  su  cui  realizzare  le  opere
connesse,  salva  la  possibilita'  di  ricorrere   al   procedimento
espropriativo. 
    36. Da tali previsioni non sembra, tuttavia, doversi desumere che
ove tale disponibilita' passi per la concessione di  superfici  o  di
risorse  pubbliche,  detto  titolo  debba  anche   essere   acquisito
anteriormente  al  procedimento  unico  e  non  possa,  invece,   ivi
confluire, rinvenendosi previsioni che, al contrario,  attestano  che
cio' e' ben possibile. 
    37. Tanto era previsto dall'art. 12, comma 3, decreto legislativo
n.  387/2003  per  gli  impianti  off-shore,  ivi  precisandosi   che
«l'autorizzazione  e'  rilasciata  dal  Ministero  della  transizione
ecologica di concerto  il  Ministero  delle  infrastrutture  e  della
mobilita' sostenibili e sentito, per gli aspetti legati all'attivita'
di pesca marittima, il Ministero delle politiche agricole, alimentari
e forestali, nell'ambito del provvedimento  adottato  a  seguito  del
procedimento unico di cui al comma 4, comprensivo del rilascio  della
concessione d'uso del demanio marittimo». 
    38. Le medesime linee guida, al paragrafo 13.1  lettera  e),  per
gli  impianti  idroelettrici  richiedono,  quale  documentazione   da
produrre  a  corredo  dell'istanza,  la  concessione  di  derivazione
d'acqua per uso idroelettrico «qualora sia stata  gia'  acquisita»  e
contemplano altresi', tra gli atti di assenso  che  confluiscono  nel
procedimento unico, «il mutamento di destinazione d'uso temporaneo  o
definitivo dei terreni gravati da uso civico di  cui  alla  legge  n.
1766  del  1927  e  successive   modificazioni»,   ricondotto   dalla
giurisprudenza all'ambito proprio dei procedimenti di concessione dei
beni demaniali (cfr. TAR Veneto, I, 9  aprile  2025,  n.  514)  e  in
relazione al quale si pongono le medesime  esigenze  di  trasparenza,
pubblicita', imparzialita' e concorrenza che caratterizzano  l'ambito
concessorio (cfr. Cons. St., IV, 26 marzo 2013, n. 16989; TAR Veneto,
n. 514/25 cit.). 
    39. Le stesse argomentazioni spese dall'Amministrazione regionale
per giustificare il diverso avviso sostenuto  presentano  profili  di
ambiguita' difficilmente superabili, anzitutto laddove si afferma che
«la  dimostrazione  della   predetta   disponibilita'   si   consegue
presentando preventivamente la richiesta di nulla  osta  dell'ufficio
preposto alla  cura  del  demanio  regionale»  (ove  quindi  parrebbe
sufficiente aver presentato l'istanza)  e,  soprattutto,  laddove  si
configura l'acquisizione del nulla-osta propedeutico alla concessione
come «una fase endoprocedimentale», ove il nulla-osta «confluisce poi
nella conferenza di servizi relativa al procedimento di AU». 
    40.  Consegue  da  quanto   sopra   che,   nel   regime   vigente
anteriormente  all'entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo  n.
190/2024, ove  ai  fini  della  disponibilita'  dei  terreni  su  cui
realizzare le opere connesse sia necessario un titolo concessorio, e'
senz'altro  possibile  che  la  relativa  acquisizione  avvenga   nel
contesto del procedimento unico, senza che la mancanza di  un  previo
nulla-osta   possa   costituire   un   motivo   di   improcedibilita'
dell'istanza. 
    41. Anche  il  terzo  motivo  merita  positivo  apprezzamento  in
ragione di quanto  osservato  con  riferimento  al  primo  mezzo.  Il
procedimento, infatti, doveva intendersi gia' avviato alla  data  del
22 novembre 2023, sicche' era pienamente applicabile l'art. 5,  comma
2,  del  decreto-legge  15  maggio  2024,  n.  63  (convertito,   con
modificazioni, dalla legge 12 luglio 2024,  n.  101),  ai  sensi  del
quale il divieto di installazione di impianti fotovoltaici con moduli
collocati a terra in zone classificate agricole  non  si  applica  ai
progetti «per i quali, alla data di entrata in  vigore  del  presente
decreto, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative,
comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all'ottenimento
dei titoli per la costruzione e l'esercizio degli  impianti  e  delle
relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato  almeno  uno  dei
titoli medesimi». Ne deriva  anche  il  difetto  di  rilevanza  delle
questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollevate  dalla   parte
ricorrente  rispetto  alla  predetta  disciplina,  che  non   risulta
applicabile al progetto di cui e' causa. 
    42. Tutto quanto  sopra  non  e'  peraltro  sufficiente  ai  fini
dell'annullamento  del  provvedimento  di   archiviazione,   che   e'
ulteriormente sorretto dal richiamo alle previsioni di cui alla legge
della Regione autonoma della Sardegna 5 dicembre  2024,  n.  20,  che
annovera l'area di impianto tra quelle non idonee e che introduce  un
divieto di realizzazione  degli  impianti  FER  in  aree  non  idonee
applicabile «anche agli impianti e gli accumuli FER la cui  procedura
autorizzativa e di valutazione ambientale, di competenza regionale  o
statale, e' in corso al momento dell'entrata in vigore»  della  legge
(art. 1, comma 5). 
    43. Occorre a questo punto prioritariamente esaminare le  censure
portate dalla ricorrente avverso il decreto  ministeriale  21  giugno
2024, con il quale l'Autorita' ministeriale ha individuato i  criteri
per  l'individuazione,  da  parte  delle  regioni  e  delle  Province
autonome, delle aree idonee e non idonee. 
    44. E' infondata la doglianza con la quale si lamenta che, avendo
l'art. 1, comma 1, lettera b), definito le  aree  «non  idonee»  come
«incompatibili» con la realizzazione di impianti rinnovabili, da cio'
consegua l'impossibilita' di realizzare progetti nelle aree suddette. 
    45. Come la Sezione ha gia' chiarito (cfr. sentenza n. 9155/2025,
par. 1.2.5), «proprio sulla scorta delle scelte  compiute  [...]  con
l'adozione del gravato decreto ministeriale -  e  condivise  con  gli
enti territoriali - emerge come, contrariamente  a  quanto  sostenuto
dalle societa' ricorrenti, nel complessivo nuovo impianto normativo e
regolamentare sia sostanzialmente rimasta inalterata, quanto a natura
e finalita', la portata precettiva del concetto di "area non  idonea"
rispetto a quanto previsto dal paragrafo 17 e dall'Allegato  3  delle
linee guida del 2010, non  traducendosi,  ora  come  allora,  in  una
preclusione assoluta alla realizzazione di impianti FER,  ed  essendo
solo  funzionale  ad  indicare  la  sussistenza   di   "una   elevata
probabilita'  di  esito  negativo  delle  valutazioni,  in  sede   di
autorizzazione"». 
    46. Da  cio'  consegue  anche  la  manifesta  infondatezza  delle
questioni  di  legittimita'  costituzionale  sollevate  dalla   parte
ricorrente rispetto all'art. 20, comma 4, del decreto legislativo  n.
199/2021,  laddove  individua  la  «legge»  e  non  un  provvedimento
amministrativo quale strumento per  attuare  il  sistema  delle  aree
idonee. 
    47. Al riguardo, occorre  ricordare  anzitutto  che,  secondo  la
pacifica giurisprudenza costituzionale, «in  linea  di  principio  la
tutela  giudiziaria  non  viene  meno  per   il   trasferimento   del
contenzioso alla giurisdizione costituzionale» (Corte costituzionale,
sentenza 23 giugno 2020, n. 116). 
    48. In secondo luogo, dalla  sopra  ricordata  ricostruzione  del
concetto di area non idonea emerge  che  le  previsioni  della  legge
regionale sul punto non conducono all'individuazione di aree vietate,
bensi' di aree caratterizzate da «una elevata probabilita'  di  esito
negativo delle  valutazioni,  in  sede  di  autorizzazione»,  con  la
conseguenza che e'  sempre  necessario  confermare,  «nell'ambito  di
singoli procedimenti» (cfr. l'art. 20, comma 7,  decreto  legislativo
n. 199/2021), la non idoneita' dell'area in relazione alle specifiche
caratteristiche dell'iniziativa proposta e dei territori interessati. 
    49. Ne deriva che, per un  verso,  le  scelte  compiute  in  sede
legislativa non pregiudicano, di per se', l'interesse  dell'operatore
che intenda avviare un progetto in  area  non  idonea  e,  per  altro
averso, l'eventuale diniego di autorizzazione consegue in ogni caso a
una valutazione condotta dall'amministrazione censurabile innanzi  al
giudice  amministrativo,  il  quale  peraltro   potra'   anche,   ove
rilevanti, rimettere alla Corte costituzionale eventuali questioni di
legittimita' costituzionale che afferiscano alla disciplina di  rango
legislativo. 
    50. Non si configura, pertanto, alcuna  violazione  dell'art.  24
della Costituzione, essendo  in  ogni  caso  assicurato  un  completo
controllo di legittimita' dell'azione amministrativa, fermo  restando
il sindacato di costituzionalita' delle leggi  e  degli  atti  aventi
forza di legge nei termini consueti. 
    51.  Neppure  e'  predicabile  alcun  vulnus  all'art.  97  della
Costituzione, posto che dal sistema come sopra delineato emerge  come
non sia in alcun modo venuta meno  la  ponderazione  degli  interessi
rimessa all'amministrazione, sia pure sulla base dei criteri generali
stabili  dalla  legge  regionale  e,  prima   ancora,   dal   decreto
ministeriale. 
    52. Il quarto motivo e',  invece,  fondato  nella  parte  in  cui
censura il decreto ministeriale 21  giugno  2024  ove  consente  alle
regioni la possibilita'  di  non  «tener  conto»  delle  aree  idonee
previste ex lege dall'art. 20, comma 8  del  decreto  legislativo  n.
199/2021. Come la Sezione ha  gia'  rilevato  (cfr.  la  sentenza  n.
9155/2025 cit., part. 8.2), la disciplina ministeriale e'  sul  punto
«insufficiente  a  salvaguardare  [le  iniziative  gia'   intraprese,
n.d.r.] dalle sopravvenienze normative che, in  seguito  all'adozione
delle leggi regionali, potrebbero mutare la qualificazione delle aree
su cui sono localizzati gli impianti per i quali risultano in corso i
procedimenti di autorizzazione, al momento dell'adozione del  decreto
ministeriale del  21  giugno  2024.  La  concessione  della  suddetta
facolta', infatti, non assicura il mantenimento della  qualificazione
di area idonea operata medio tempore dalla legge e, dunque, non  puo'
costituire una valida misura  di  salvaguardia  delle  iniziative  in
corso, tenuto conto del fatto che le stesse,  in  base  al  combinato
disposto dell'art. 20, comma 8, e  22,  del  decreto  legislativo  n.
199/2021  hanno  avuto  accesso  alle  agevolazioni  e  accelerazioni
procedimentali previste con la introduzione  del  regime  delle  aree
idonee». 
    53. Va, pertanto, annullato l'art. 7, comma 2,  lettera  c),  del
decreto   ministeriale   21   giugno   2024,   con   l'obbligo    per
l'Amministrazione di rideterminarsi sul punto ai sensi e nei  termini
di cui alla richiamata sentenza n. 9155/2025. 
    54. Tutto quanto sopra non conduce, allo stato,  all'annullamento
del provvedimento  di  archiviazione  del  procedimento.  Vi  ostano,
infatti, le disposizioni della legge  della  Regione  autonoma  della
Sardegna n. 20/2024, che hanno sostanzialmente introdotto un  divieto
di realizzazione di impianti FER  in  area  non  idonea,  applicabile
anche ai progetti con procedimenti avviati. 
    55. Il Collegio ritiene, peraltro, rilevanti e non manifestamente
infondate,  nei  termini  di  seguito  precisati,  le  questioni   di
legittimita'  costituzionale  sollevate  dalla  parte  ricorrente  in
ordine a tale disciplina, in particolare quanto alla  previsione  per
cui «e' vietata la realizzazione di impianti ricadenti nelle ... aree
non idonee ... individuate dagli allegati A, B,  C,  D,  E»,  sia  in
quanto introduce un divieto assoluto di realizzazione degli  impianti
FER in area non idonea, sia in quanto e' resa applicabile anche  agli
impianti la cui  procedura  autorizzativa  e'  in  corso  al  momento
dell'entrata in vigore della legge. 
    56. Ad  avviso  del  Collegio  va,  in  particolare,  rimessa  al
giudizio della Corte costituzionale la  valutazione  di  legittimita'
costituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7  e  8,  e  3,  nonche'
degli allegati A, B, C, D ed E della legge citata, per contrasto  con
gli articoli 3, 9, 41, 11, 97, 117 della  Costituzione,  nonche'  con
l'art. 10 della legge costituzionale n. 3/2001 e gli articoli 3  e  4
della legge costituzionale n. 3/1948, anche in relazione ai  principi
espressi dalla  direttiva  (UE)  2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)
2018/1999, come modificati dalla direttiva  (UE)  2023/2413,  nonche'
dal regolamento (UE) 2021/1119. 
    Sulla rilevanza delle questioni  di  legittimita'  costituzionale
degli articoli 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche' degli  allegati  A,
B, C, D ed E della legge della Regione  Autonoma  della  Sardegna  n.
20/2024 con riferimento agli articoli 3, 9, 41,  11,  97,  117  della
Costituzione, nonche'  all'art.  10  della  legge  costituzionale  n.
3/2001 e agli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948. 
    57. Le aree non idonee come individuate dalla legge della Regione
Sardegna n. 20/2024 si sovrappongono all'area del  progetto  proposto
dalla ricorrente, gia' collocato in area idonea  ai  sensi  dell'art.
20, comma 8, lettera c-ter, n. 1) e c-quater, del decreto legislativo
n. 199/2021. Sulla base del combinato disposto dell'art. 1, commi  2,
5 e  7,  il  predetto  progetto  non  potrebbe  essere  ulteriormente
coltivato, in quanto la finanche parziale collocazione  in  area  non
idonea determina, ai sensi del citato  comma  7,  l'applicazione  del
comma 5, secondo cui «E'  vietata  la  realizzazione  degli  impianti
ricadenti nelle rispettive aree non idonee». 
    58. A fronte di tale risultato, la disciplina prevista  dall'art.
7, comma 2, lettera c), del decreto impugnato, laddove  si  limita  a
consentire alle regioni la mera «possibilita' di fare salve  le  aree
idonee di cui all'art. 20, comma 8 del decreto legislativo 8 novembre
2021, n. 199 vigente alla data di  entrata  in  vigore  del  presente
decreto», rivela tutta la sua  insufficienza,  nonche'  il  contrasto
frontale con il criterio di  delega  di  cui  all'art.  5,  comma  1,
lettera a), n. 1), della legge delega  n.  53/2021,  ai  sensi  della
quale la disciplina di cui al  decreto  ministeriale  avrebbe  dovuto
«prevede misure di salvaguardia delle iniziative di sviluppo in corso
che risultino coerenti con i criteri di localizzazione degli impianti
preesistenti». 
    59. L'annullamento del predetto decreto non  consente,  peraltro,
l'annullamento (anche) del provvedimento  di  archiviazione,  che  e'
retto dalle disposizioni della legge  regionale.  In  mancanza  della
declaratoria di illegittimita' costituzionale della  predetta  legge,
il Collegio sarebbe pertanto tenuto al rigetto della domanda, essendo
l'esito del procedimento del tutto vincolato. 
    60. Viceversa,  nel  caso  in  cui  la  legge  regionale  venisse
dichiarata   incostituzionale,   il   Collegio    potra'    procedere
all'annullamento del provvedimento di archiviazione, che risulterebbe
viziato in via derivata  dall'illegittimita'  riscontrata  in  ordine
alla   carente   disciplina   transitoria   prevista   dal    decreto
ministeriale.  Da  qui  la  rilevanza  delle  questioni  di   seguito
illustrate ai fini del presente giudizio. 
    Sulla non manifesta infondatezza delle questioni di  legittimita'
costituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7  e  8,  e  3,  nonche'
degli allegati A, B, C, D ed E della  legge  della  Regione  Autonoma
della Sardegna n. 20/2024 con riferimento agli articoli 3, 9, 11, 41,
97,  117  della  Costituzione,  nonche'  all'art.  10   della   legge
costituzionale  n.  3/2001  e  agli  articoli  3  e  4  della   legge
costituzionale n. 3/1948. 
    61.  La  disciplina  statutaria  assegna  alla  Regione  autonoma
Sardegna  la  competenza  primaria  in   materia   di   «edilizia   e
urbanistica» (art. 3, lettera f), nonche'  la  correlata  «competenza
paesaggistica» ai sensi dell'art. 6 del decreto del Presidente  della
Repubblica n.  480  del  1975.  L'art.  4,  lettera  e),  prevede  la
competenza  concorrente  nella  materia  «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia elettrica», da  esercitarsi  nel
limite dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato. 
    62. La legge regionale n. 20/2024 costituisce «legge  di  Governo
del territorio, urbanistica e di tutela del patrimonio paesaggistico»
(art. 1, comma 2). Tuttavia, nella misura in cui essa ha  ad  oggetto
precipuo «l'individuazione di aree e superfici idonee  e  non  idonee
all'installazione  e  promozione  di  impianti  a  fonti  di  energia
rinnovabile (FER)», e' da  ritenersi  che  afferisca  prevalentemente
alla competenza statutaria in materia di «produzione e  distribuzione
dell'energia elettrica» (art. 4, lettera e), dello statuto speciale). 
    63. Peraltro, pur al cospetto di un intreccio di competenze, esse
-  quella  primaria  di  tutela  del  paesaggio  e  di  edilizia   ed
urbanistica e quella concorrente in materia di  energia  elettrica  -
devono comunque esercitarsi «In  armonia  con  la  Costituzione  e  i
principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e  col  rispetto
degli obblighi internazionali e degli  interessi  nazionali,  nonche'
delle  norme  fondamentali  delle  riforme  economico-sociali   della
Repubblica»,   oltreche',   per   quanto   riguarda   la   competenza
concorrente, nel limite «dei principi  stabiliti  dalle  leggi  dello
Stato», ai sensi dei medesimi articoli 3 e 4 dello Statuto. 
    64. Nel  caso  in  esame,  le  disposizioni  di  cui  alla  legge
regionale n. 20/2024 contrastano con i principi stabiliti dalla legge
statale e dalle norme fondamentali di riforma economico - sociale che
si impongono anche alle Regione ad autonomia speciale per  l'espressa
previsione statutaria. 
    65.  Occorre  al  riguardo  previamente  richiamare   il   quadro
normativo unionale. 
    66. L'art. 3, par. 5, TUE, stabilisce che «Nelle relazioni con il
resto  del  mondo  l'Unione  afferma  e  promuove  i  suoi  valori  e
interessi, contribuendo alla protezione dei  suoi  cittadini»  A  tal
fine essa «Contribuisce [...] allo sviluppo sostenibile della Terra». 
    67. L'art. 6, par. 1,  TUE  precisa  che  «L'Unione  riconosce  i
diritti, le liberta' e i principi sanciti  nella  Carta  dei  diritti
fondamentali dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adattata il  12
dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo  stesso  valore  giuridico  dei
trattati». Ai sensi dell'art. 37 della Carta, «Un livello elevato  di
tutela dell'ambiente e il miglioramento  della  sua  qualita'  devono
essere   integrati   nelle   politiche   dell'Unione   e    garantiti
conformemente al principio dello sviluppo sostenibile». 
    68. L'art. 11 TFUE esprime la medesima esigenza sancendo che  «Le
esigenze connesse con la tutela dell'ambiente devono essere integrate
nella  definizione  e  nell'attuazione  delle  politiche   e   azioni
dell'Unione,  in  particolare  nella  prospettiva  di  promuovere  lo
sviluppo sostenibile» (c.d. principio di integrazione). 
    69. Secondo l'art. 191 TFUE, «La politica dell'Unione in  materia
ambientale contribuisce a perseguire i seguenti obiettivi: 
          salvaguardia,  tutela  e   miglioramento   della   qualita'
dell'ambiente; 
          protezione della salute umana; 
          utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali; 
          promozione sul piano internazionale di misure  destinate  a
risolvere i problemi dell'ambiente a livello regionale o mondiale  e,
in particolare, a combattere i cambiamenti climatici. 
        2. La politica dell'Unione in materia ambientale  mira  a  un
elevato livello di  tutela,  tenendo  conto  della  diversita'  delle
situazioni nelle varie  regioni  dell'Unione.  Essa  e'  fondata  sui
principi della precauzione e dell'azione  preventiva,  sul  principio
della correzione, in via prioritaria alla fonte,  dei  danni  causati
all'ambiente, nonche' sul principio "chi inquina paga"». 
    70. Ai sensi dell'art. 192, par. 1, TFUE, «Il Parlamento  europeo
e  il  Consiglio,  deliberando  secondo  la   procedura   legislativa
ordinaria e previa consultazione del Comitato economico e  sociale  e
del Comitato delle regioni, decidono in merito alle azioni che devono
essere intraprese dall'Unione per realizzare gli obiettivi  dell'art.
191». 
    71. L'art. 194 TFUE stabilisce, a  sua  volta,  che  «Nel  quadro
dell'instaurazione o del funzionamento del mercato interno e  tenendo
conto  dell'esigenza  di  preservare  e  migliorare  l'ambiente,   la
politica dell'Unione nel  settore  dell'energia  e'  intesa,  in  uno
spirito di solidarieta' tra  Stati  membri,  a  [...]  promuovere  il
risparmio  energetico,  l'efficienza  energetica  e  lo  sviluppo  di
energie nuove e rinnovabili». 
    72. Protezione dell'ambiente  e  promozione  delle  c.d.  energie
rinnovabili costituiscono, pertanto, politiche interdipendenti.  Come
si ricava dalla giurisprudenza della Corte  di  giustizia,  l'uso  di
fonti di energia rinnovabili per la  produzione  di  elettricita'  e'
utile alla tutela dell'ambiente in quanto contribuisce alla riduzione
delle  emissioni  di  gas  a  effetto  serra  che  compaiono  tra  le
principali cause dei cambiamenti climatici che l'Unione europea  e  i
suoi Stati membri si sono impegnati a contrastare. L'incremento della
quota di rinnovabili costituisce, in particolare, uno degli  elementi
portanti del pacchetto di misure richieste per ridurre tali emissioni
e conformarsi al protocollo di Kyoto, alla convenzione  quadro  delle
Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, nonche' agli  altri  impegni
assunti a livello comunitario e internazionale per la riduzione delle
emissioni dei gas a effetto  serra.  Cio',  peraltro,  e'  funzionale
anche alla tutela della salute e della vita  delle  persone  e  degli
animali, nonche' alla preservazione dei vegetali (cfr. le sentenze  1
luglio 2014, C- 573/12, 78 ss., e 13 marzo 2001, C-379/98, 73 ss.). 
    73. La Corte di giustizia ha peraltro precisato  che  l'art.  191
TFUE si limita a  definire  gli  obiettivi  generali  dell'Unione  in
materia ambientale, mentre  l'art.  192  TFUE  affida  al  Parlamento
europeo e al Consiglio dell'Unione europea il compito di decidere  le
azioni da avviare al fine del raggiungimento di detti  obiettivi.  Di
conseguenza, l'art. 191 TFUE non puo' essere invocato in quanto  tale
dai privati al fine di  escludere  l'applicazione  di  una  normativa
nazionale emanata in una materia rientrante nella politica ambientale
quando non sia applicabile nessuna normativa dell'Unione adottata  in
base all'art. 192 TFUE; viceversa, l'art. 191 TFUE  assume  rilevanza
allorquando esso trovi attuazione nel diritto  derivato  (cfr.  CGUE,
sentenza 4 marzo 2015, C-534/13, 39 ss.). 
    74. Disposizioni sulla promozione dell'energia elettrica da fonti
energetiche rinnovabili, adottate sulla base dell'art. 175  TCE  (ora
192 TFUE), sono state introdotte gia' con la direttiva 2001/77/CE del
Parlamento  europeo  e  del  Consiglio  del  27  settembre  2001   e,
successivamente, con la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e
del Consiglio del 23 aprile 2009. 
    75. Con la direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo e  del
Consiglio dell'11 dicembre 2018 si e' proceduto alla rifusione e alla
modifica delle disposizioni contenute nella direttiva 2009/28/CE. Nel
dettare la relativa disciplina e'  stato  considerato,  tra  l'altro,
che: 
      "[...] 
        (2) Ai sensi dell'art. 194, paragrafo  1,  del  trattato  sul
funzionamento dell'Unione europea (TFUE), la promozione  delle  forme
di energia da fonti rinnovabili rappresenta uno degli obiettivi della
politica energetica dell'Unione. Tale obiettivo e'  perseguito  dalla
presente  direttiva.  Il  maggiore  ricorso  all'energia   da   fonti
rinnovabili  o  all'energia   rinnovabile   costituisce   una   parte
importante  del  pacchetto  di  misure  necessarie  per  ridurre   le
emissioni di gas  a  effetto  serra  e  per  rispettare  gli  impegni
dell'Unione  nel  quadro  dell'accordo  di  Parigi   del   2015   sui
cambiamenti climatici, a seguito della  21ª  Conferenza  delle  parti
della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni  Unite   sui   cambiamenti
climatici (« accordo di  Parigi»),  e  il  quadro  per  le  politiche
dell'energia e del clima  all'orizzonte  2030,  compreso  l'obiettivo
vincolante dell'Unione di ridurre  le  emissioni  di  almeno  il  40%
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030. L'obiettivo vincolante in
materia di energie rinnovabili a livello dell'Unione per il 2030 e  i
contributi degli Stati membri a tale obiettivo, comprese le quote  di
riferimento in relazione ai rispettivi obiettivi  nazionali  generali
per il 2020, figurano tra gli elementi di importanza fondamentale per
la politica energetica e ambientale dell'Unione [...]. 
        (3) Il maggiore ricorso all'energia da fonti rinnovabili puo'
svolgere  una  funzione  indispensabile  anche  nel   promuovere   la
sicurezza  degli   approvvigionamenti   energetici,   nel   garantire
un'energia sostenibile a prezzi accessibili, nel favorire lo sviluppo
tecnologico e l'innovazione,  oltre  alla  leadership  tecnologica  e
industriale, offrendo nel contempo  vantaggi  ambientali,  sociali  e
sanitari, come pure nel creare numerosi posti di  lavoro  e  sviluppo
regionale, specialmente nelle zone rurali ed isolate, nelle regioni o
nei territori a bassa densita'  demografica  o  soggetti  a  parziale
deindustrializzazione. 
        (4) In particolare, la riduzione del  consumo  energetico,  i
maggiori  progressi  tecnologici,  gli  incentivi  all'uso   e   alla
diffusione  dei  trasporti  pubblici,   il   ricorso   a   tecnologie
energeticamente efficienti e la promozione dell'utilizzo  di  energia
rinnovabile nei settori dell'energia elettrica, del  riscaldamento  e
del raffrescamento, cosi' come in quello dei trasporti sono strumenti
molto efficaci, assieme alle  misure  di  efficienza  energetica  per
ridurre le emissioni a effetto serra nell'Unione e la sua  dipendenza
energetica. 
        (5) La direttiva 2009/28/CE ha istituito un quadro  normativo
per la promozione dell'utilizzo di energia da fonti  rinnovabili  che
fissa obiettivi nazionali vincolanti in termini di quota  di  energia
rinnovabile nel consumo energetico e nel  settore  dei  trasporti  da
raggiungere entro il 2020. La comunicazione della Commissione del  22
gennaio 2014, intitolata «Quadro per le politiche dell'energia e  del
clima per il periodo dal 2020 al 2030» ha definito un quadro  per  le
future politiche dell'Unione nei settori dell'energia e del  clima  e
ha promosso un'intesa comune sulle  modalita'  per  sviluppare  dette
politiche dopo il 2020. La Commissione  ha  proposto  come  obiettivo
dell'Unione una quota di energie  rinnovabili  consumate  nell'Unione
pari ad almeno il 27% entro il 2030. Tale proposta e' stata sostenuta
dal Consiglio europeo nelle conclusioni del 23 e 24 ottobre 2014,  le
quali indicano che gli Stati membri dovrebbero poter fissare i propri
obiettivi nazionali  piu'  ambiziosi,  per  realizzare  i  contributi
all'obiettivo dell'Unione per il 2030 da essi  pianificati  e  andare
oltre. 
        (6) Il Parlamento europeo, nelle risoluzioni del  5  febbraio
2014,  «Un  quadro  per  le  politiche  dell'energia  e   del   clima
all'orizzonte 2030», e del 23  giugno  2016,  «I  progressi  compiuti
nell'ambito  delle  energie  rinnovabili»,  si  e'  spinto  oltre  la
proposta  della  Commissione  o   le   conclusioni   del   Consiglio,
sottolineando che, alla luce dell' accordo di Parigi e delle  recenti
riduzioni del costo delle  tecnologie  rinnovabili,  era  auspicabile
essere molto piu' ambiziosi. 
        [...] 
        (8)  Appare  pertanto  opportuno   stabilire   un   obiettivo
vincolante dell'Unione in relazione alla quota di  energia  da  fonti
rinnovabili pari almeno al  32%.  Inoltre,  la  Commissione  dovrebbe
valutare se tale obiettivo debba essere rivisto al rialzo  alla  luce
di sostanziali  riduzioni  del  costo  della  produzione  di  energia
rinnovabile, degli impegni internazionali dell'Unione a favore  della
decarbonizzazione o in caso di  un  significativo  calo  del  consumo
energetico nell'Unione. Gli Stati membri dovrebbero stabilire il loro
contributo  al  conseguimento  di  tale  obiettivo  nell'ambito   dei
rispettivi piani nazionali integrati per  l'energia  e  il  clima  in
applicazione del processo di governance definito nel regolamento (UE)
2018/1999 del Parlamento europeo e del Consiglio. 
        [...] 
        (10) Al fine di garantire  il  consolidamento  dei  risultati
conseguiti  ai  sensi  della  direttiva  2009/28/CE,  gli   obiettivi
nazionali  stabiliti  per  il  2020   dovrebbero   rappresentare   il
contributo minimo degli Stati membri al nuovo quadro per il 2030.  In
nessun caso le quote nazionali delle energie  rinnovabili  dovrebbero
scendere al di sotto di tali contributi. [...]. 
        (11) Gli Stati membri dovrebbero  adottare  ulteriori  misure
qualora la quota di energie  rinnovabili  a  livello  di  Unione  non
permettesse di mantenere la traiettoria dell'Unione verso l'obiettivo
di  almeno  il  32%  di  energie  rinnovabili.  Come  stabilito   nel
regolamento (UE)  2018/1999,  se,  nel  valutare  i  piani  nazionali
integrati in materia di energia e  clima,  ravvisa  un  insufficiente
livello di ambizione, la Commissione puo' adottare misure  a  livello
dell'Unione per assicurare il conseguimento dell'obiettivo.  Se,  nel
valutare le relazioni intermedie nazionali integrate  sull'energia  e
il clima, la Commissione ravvisa  progressi  insufficienti  verso  la
realizzazione degli obiettivi, gli Stati membri dovrebbero  applicare
le misure stabilite nel regolamento (UE) 2018/1999, per colmare  tale
lacuna». 
    76. Le richiamate  rationes  hanno  condotto  a  introdurre,  tra
l'altro, un obiettivo vincolante complessivo dell'Unione per il  2030
(art. 3), per cui «Gli Stati membri provvedono collettivamente a  far
si' che la quota di energia da fonti rinnovabili nel  consumo  finale
lordo di energia dell'Unione nel 2030 sia  almeno  pari  al  32%.  La
Commissione valuta tale obiettivo al fine  di  presentare,  entro  il
2023, una  proposta  legislativa  intesa  a  rialzarlo  nel  caso  di
ulteriori sostanziali riduzioni dei costi della produzione di energia
rinnovabile,  se  risulta  necessario  per  rispettare  gli   impegni
internazionali dell'Unione a favore della decarbonizzazione o  se  il
rialzo  e'  giustificato  da  un  significativo  calo   del   consumo
energetico nell'Unione», con la  precisazione  che  «Se,  sulla  base
della valutazione delle proposte dei piani  nazionali  integrati  per
l'energia e il clima, presentati ai sensi dell'art. 9 del regolamento
(UE) 2018/1999, giunge alla conclusione che  i  contributi  nazionali
degli Stati membri sono insufficienti per conseguire  collettivamente
l'obiettivo vincolante complessivo dell'Unione, la Commissione  segue
la procedura di cui agli articoli 9 e 31 di tale regolamento». 
    77. Il regolamento (UE) 2021/1119 del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio del 30 giugno 2021, adottato in forza dell'art.  192  TFUE,
ha  istituito  un  quadro  per  il  conseguimento  della  neutralita'
climatica, nel presupposto che: 
        «(1) La minaccia esistenziale posta dai cambiamenti climatici
richiede una maggiore ambizione e un'intensificazione dell'azione per
il clima da parte dell'Unione e degli Stati membri.  L'Unione  si  e'
impegnata a potenziare gli  sforzi  per  far  fronte  ai  cambiamenti
climatici  e  a  dare  attuazione  all'accordo  di  Parigi   adottato
nell'ambito  della  Convenzione  quadro  delle  Nazioni   Unite   sui
cambiamenti  climatici  («accordo  di  Parigi»),  guidata  dai   suoi
principi  e  sulla  base  delle  migliori   conoscenze   scientifiche
disponibili, nel contesto dell'obiettivo  a  lungo  termine  relativo
alla temperatura previsto dall'accordo di Parigi. 
        [...] 
        (4) Un obiettivo stabile a lungo termine e' fondamentale  per
contribuire alla trasformazione economica e sociale,  alla  creazione
di posti di lavoro di alta qualita', alla crescita sostenibile  e  al
conseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile  delle  Nazioni
Unite, ma anche per raggiungere in modo giusto, equilibrato dal punto
di vista sociale, equo e in  modo  efficiente  in  termini  di  costi
l'obiettivo  a  lungo  termine  relativo  alla  temperatura  di   cui
all'accordo di Parigi. 
        [...] 
        (9) L'azione per il clima dell'Unione e  degli  Stati  membri
mira  a  tutelare  le  persone  e  il  pianeta,  il   benessere,   la
prosperita',   l'economia,   la   salute,   i   sistemi   alimentari,
l'integrita' degli ecosistemi e la biodiversita' contro  la  minaccia
dei  cambiamenti  climatici,  nel  contesto  dell'agenda  2030  delle
Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile e nel  perseguimento  degli
obiettivi dell'accordo di Parigi;  mira  inoltre  a  massimizzare  la
prosperita' entro i limiti del pianeta, incrementare la resilienza  e
ridurre la vulnerabilita' della societa' ai cambiamenti climatici. In
quest'ottica, le azioni dell'Unione e degli Stati  membri  dovrebbero
essere guidate dal principio di  precauzione  e  dal  principio  «chi
inquina paga», istituiti dal trattato sul  funzionamento  dell'Unione
europea, e dovrebbero anche tener conto del principio dell'efficienza
energetica al primo posto e del principio del «non nuocere» del Green
Deal europeo. 
        [...] 
        (11) Vista l'importanza della produzione  e  del  consumo  di
energia per il livello di  emissioni  di  gas  a  effetto  serra,  e'
indispensabile realizzare la transizione verso un sistema  energetico
sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato  sulla  diffusione
delle energie rinnovabili, su un  mercato  interno  dell'energia  ben
funzionante e sul miglioramento dell'efficienza energetica, riducendo
nel  contempo  la  poverta'  energetica.  Anche   la   trasformazione
digitale, l'innovazione tecnologica, la ricerca e  lo  sviluppo  sono
fattori  importanti  per  conseguire  l'obiettivo  della  neutralita'
climatica. 
        [...] 
        (20) L'Unione dovrebbe mirare a raggiungere, entro  il  2050,
un equilibrio all'interno dell'Unione tra le emissioni antropogeniche
dalle fonti e gli assorbimenti antropogenici  dai  pozzi  dei  gas  a
effetto  serra  di  tutti  i  settori  economici  e,  ove  opportuno,
raggiungere emissioni negative in seguito.  Tale  obiettivo  dovrebbe
comprendere le emissioni e gli assorbimenti dei gas a effetto serra a
livello dell'Unione regolamentati nel diritto dell'Unione. [...] 
        [...] 
        (25) La transizione verso la neutralita' climatica presuppone
cambiamenti  nell'intero  spettro  delle  politiche  e   uno   sforzo
collettivo di tutti i settori dell'economia e  della  societa',  come
evidenziato nel Green  Deal  europeo.  Il  Consiglio  europeo,  nelle
conclusioni  del  12  dicembre  2019,  ha  dichiarato  che  tutte  le
normative e politiche pertinenti dell'Unione devono  essere  coerenti
con il conseguimento dell'obiettivo  della  neutralita'  climatica  e
contribuirvi, nel rispetto della parita' di condizioni, e ha invitato
la Commissione a valutare se cio' richieda un adeguamento delle norme
vigenti. 
        [...] 
        (36) Al fine di garantire che l'Unione  e  gli  Stati  membri
restino  sulla  buona  strada  per   conseguire   l'obiettivo   della
neutralita' climatica e  registrino  progressi  nell'adattamento,  e'
opportuno  che  la  Commissione  valuti  periodicamente  i  progressi
compiuti,  sulla  base  delle  informazioni  di   cui   al   presente
regolamento, comprese le informazioni presentate e comunicate a norma
del regolamento (UE) 2018/1999. [...] Nel caso  in  cui  i  progressi
collettivi compiuti dagli Stati membri rispetto  all'obiettivo  della
neutralita' climatica o all'adattamento siano insufficienti o che  le
misure dell'Unione siano incoerenti con l'obiettivo della neutralita'
climatica o inadeguate per migliorare la  capacita'  di  adattamento,
rafforzare la resilienza o ridurre la vulnerabilita', la  Commissione
dovrebbe adottare le misure  necessarie  conformemente  ai  trattati.
[...] 
    78. Il  regolamento  ha  quindi  sancito  (art.  1)  «l'obiettivo
vincolante della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050,  in
vista dell'obiettivo a lungo termine relativo alla temperatura di cui
all'art.  2,  paragrafo  1,  lettera  a),  dell'accordo  di  Parigi»,
precisando  che,  onde  conseguire  tale  obiettivo,  «il   traguardo
vincolante dell'Unione in materia di clima per il  2030  consiste  in
una riduzione interna netta delle emissioni di gas  a  effetto  serra
(emissioni al netto degli assorbimenti) di almeno il 55% rispetto  ai
livelli del 1990 entro il 2030» (art. 4). 
    79.  Ai  sensi  dell'art.  5  del  regolamento,  «Le  istituzioni
competenti dell'Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante
progresso nel  miglioramento  della  capacita'  di  adattamento,  nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7  dell'accordo  di
Parigi»,  garantendo  inoltre  che  «le  politiche  in   materia   di
adattamento nell'Unione e  negli  Stati  membri  siano  coerenti,  si
sostengano reciprocamente, comportino  benefici  collaterali  per  le
politiche  settoriali   e   si   adoperino   per   integrare   meglio
l'adattamento  ai  cambiamenti  climatici  in  tutti  i  settori   di
intervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione». A tal  fine,  «Gli  Stati  membri  adottano  e  attuano
strategie e piani  nazionali  di  adattamento,  tenendo  conto  della
strategia dell'Unione sull'adattamento ai cambiamenti climatici [...]
e fondati su analisi rigorose in materia di cambiamenti  climatici  e
di vulnerabilita', sulle valutazioni dei progressi compiuti  e  sugli
indicatori, e  basandosi  sulle  migliori  e  piu'  recenti  evidenze
scientifiche  disponibili.  Nelle   loro   strategie   nazionali   di
adattamento,  gli  Stati  membri  tengono  conto  della   particolare
vulnerabilita' dei pertinenti settori, tra cui l'agricoltura,  e  dei
sistemi idrici e alimentari nonche'  della  sicurezza  alimentare,  e
promuovono soluzioni basate sulla natura e l'adattamento basato sugli
ecosistemi. Gli Stati membri aggiornano periodicamente le strategie e
includono informazioni pertinenti aggiornate nelle relazioni che sono
tenuti  a  presentare  a  norma  dell'art.  19,  paragrafo   1,   del
regolamento (UE) 2018/1999». 
    80. La direttiva (UE) 2023/2413  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio  del  18  ottobre  2023   ha   introdotto,   tra   l'altro,
disposizioni volte a  modificare  la  direttiva  (UE)  2018/2001,  il
regolamento (UE) 2018/1999 e la  direttiva  n.  98/70/CE  per  quanto
riguarda   la   promozione   dell'energia   da   fonti   rinnovabili,
evidenziando che: 
        «[...] 
        (2) Le energie rinnovabili svolgono un ruolo fondamentale nel
conseguimento di tali  obiettivi,  dato  che  il  settore  energetico
contribuisce attualmente per oltre il 75% alle  emissioni  totali  di
gas a effetto serra nell'Unione. Riducendo tali emissioni  di  gas  a
effetto serra, le energie rinnovabili possono  anche  contribuire  ad
affrontare sfide ambientali come la perdita  di  biodiversita',  e  a
ridurre l'inquinamento in linea con gli obiettivi della comunicazione
della Commissione, del 12 maggio 2021, dal titolo «Un percorso  verso
un pianeta piu'  sano  per  tutti -  Piano  d'azione  dell'UE:  Verso
l'inquinamento zero per l'aria, l'acqua e il suolo».  La  transizione
verde verso un'economia basata sulle  energie  da  fonti  rinnovabili
contribuira' a conseguire gli obiettivi della decisione (UE) 2022/591
del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,  che  mira  altresi'   a
proteggere,  ripristinare  e  migliorare  lo   stato   dell'ambiente,
mediante, tra l'altro, l'interruzione e l'inversione del processo  di
perdita di biodiversita'. [...]. 
        (4)   Il   contesto   generale   determinato   dall'invasione
dell'Ucraina da parte della Russia e dagli effetti della pandemia  di
COVID-19  ha   provocato   un'impennata   dei   prezzi   dell'energia
nell'intera  Unione,  evidenziando  in  tal  modo  la  necessita'  di
accelerare l'efficienza energetica e accrescere l'uso  delle  energie
da fonti rinnovabili nell'Unione. Al fine di conseguire l'obiettivo a
lungo termine di un sistema energetico indipendente dai paesi  terzi,
l'Unione dovrebbe concentrarsi sull'accelerazione  della  transizione
verde e sulla garanzia di una politica energetica di riduzione  delle
emissioni che limiti la dipendenza dalle importazioni di combustibili
fossili e che favorisca prezzi equi e accessibili per i  cittadini  e
le imprese dell'Unione in tutti i settori dell'economia. 
        (5) Il piano REPowerEU stabilito  nella  comunicazione  della
Commissione del 18 maggio 2022 («piano  REPowerEU»)  mira  a  rendere
l'Unione indipendente dai combustibili fossili russi  ben  prima  del
2030. Tale  comunicazione  prevede  l'anticipazione  delle  capacita'
eolica e solare, un aumento del tasso medio  di  diffusione  di  tale
energia e capacita' supplementari di  energia  da  fonti  rinnovabili
entro il 2030 per adeguarsi a una maggiore produzione di combustibili
rinnovabili di origine non biologica. Invita inoltre i  colegislatori
a valutare la possibilita' di innalzare o  anticipare  gli  obiettivi
fissati per l'aumento della quota  di  energia  rinnovabile  nel  mix
energetico. [...] Al di la' di tale livello obbligatorio,  gli  Stati
membri   dovrebbero   adoperarsi   per   conseguire   collettivamente
l'obiettivo complessivo dell'Unione  del  45%  di  energia  da  fonti
rinnovabili, in linea con il piano REPowerEU. 
        (6)  [...]  E'  auspicabile  che  gli  Stati  membri  possano
combinare diverse fonti di energia non fossili al fine di  conseguire
l'obiettivo dell'Unione di raggiungere la neutralita' climatica entro
il 2050 tenendo conto delle loro specifiche circostanze  nazionali  e
della  struttura  delle  loro  forniture  energetiche.  Al  fine   di
realizzare tale obiettivo, la diffusione dell'energia rinnovabile nel
quadro del piu' elevato  obiettivo  generale  vincolante  dell'Unione
dovrebbe iscriversi negli sforzi complementari  di  decarbonizzazione
che comportano lo sviluppo di altre fonti di energia non fossili  che
gli Stati membri decidono di perseguire. 
        [...] 
        (25) Gli Stati membri dovrebbero sostenere  una  piu'  rapida
diffusione di progetti in materia di energia rinnovabile  effettuando
una mappatura coordinata per la diffusione delle energie  rinnovabili
e per le relative  infrastrutture,  in  coordinamento  con  gli  enti
locali e regionali. Gli Stati membri dovrebbero individuare  le  zone
terrestri, le superfici, le zone  sotterranee,  le  acque  interne  e
marine necessarie per l'installazione degli impianti di produzione di
energia rinnovabile e per  le  relative  infrastrutture  al  fine  di
apportare almeno  i  rispettivi  contributi  nazionali  all'obiettivo
complessivo riveduto in materia di energia da fonti  rinnovabili  per
il 2030  di  cui  all'art.  3,  paragrafo  1,  della  direttiva  (UE)
2018/2001  e  a  sostegno  del  conseguimento  dell'obiettivo   della
neutralita' climatica entro e non oltre il 2050, in  conformita'  del
regolamento  (UE)  2021/1119.  [...].  Gli  Stati  membri  dovrebbero
garantire  che  le  zone  in  questione  riflettano   le   rispettive
traiettorie stimate e la  potenza  totale  installata  pianificata  e
dovrebbero individuare le zone  specifiche  per  i  diversi  tipi  di
tecnologia di produzione di energia rinnovabile  stabilite  nei  loro
piani nazionali integrati per l'energia e il clima presentati a norma
degli articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999. 
        [...] 
        (26) Gli Stati membri dovrebbero designare, come sottoinsieme
di  tali  aree,  specifiche  zone  terrestri  (comprese  superfici  e
sottosuperfici)  e  marine  o  delle  acque  interne  come  zone   di
accelerazione per le energie rinnovabili. Tali zone dovrebbero essere
particolarmente adatte ai fini dello sviluppo di progetti in  materia
di energia rinnovabile, distinguendo tra i vari tipi  di  tecnologia,
sulla base del fatto che la diffusione del tipo specifico di  energia
da fonti rinnovabili non dovrebbe comportare  un  impatto  ambientale
significativo. Nella designazione delle zone di accelerazione per  le
energie rinnovabili, gli Stati  membri  dovrebbero  evitare  le  zone
protette e prendere in considerazione piani di ripristino e opportune
misure di attenuazione. Gli Stati membri dovrebbero  poter  designare
zone di accelerazione specificamente per le energie  rinnovabili  per
uno o piu' tipi di impianti di produzione di  energia  rinnovabile  e
dovrebbero indicare il tipo o i tipi di energia da fonti  rinnovabili
adatti a essere prodotti in tali zone di accelerazione per le energie
rinnovabili. Gli Stati  membri  dovrebbero  designare  tali  zone  di
accelerazione per le  energie  rinnovabili  per  almeno  un  tipo  di
tecnologia e decidere le dimensioni di tali zone di accelerazione per
le energie rinnovabili, alla luce delle specificita' e dei  requisiti
del tipo o dei tipi di tecnologia per la quale istituiscono  zone  di
accelerazione per le energie rinnovabili. Cosi'  facendo,  gli  Stati
membri dovrebbero provvedere a garantire che le dimensioni  combinate
di tali zone siano  sostanziali  e  contribuiscano  al  conseguimento
degli obiettivi di cui alla direttiva (UE) 2018/2001. 
        (27) L'uso polivalente dello  spazio  per  la  produzione  di
energia rinnovabile e per  altre  attivita'  terrestri,  delle  acque
interne e marine, come la produzione di alimenti o la protezione o il
ripristino della natura, allentano i vincoli d'uso del  suolo,  delle
acque  interne  e  del  mare.  In  tale  contesto  la  pianificazione
territoriale  rappresenta  uno  strumento  indispensabile   con   cui
individuare e orientare precocemente le sinergie per l'uso del suolo,
delle  acque  interne  e  del  mare.  Gli  Stati  membri   dovrebbero
esplorare,  consentire  e  favorire  l'uso  polivalente  delle   zone
individuate a seguito delle  misure  di  pianificazione  territoriali
adottate. A tal fine, e' auspicabile che gli Stati membri  agevolino,
ove necessario, i cambiamenti nell'uso del suolo e del mare,  purche'
i diversi usi e attivita' siano compatibili tra  di  loro  e  possano
coesistere. 
        [...] 
        (36) In considerazione  della  necessita'  di  accelerare  la
diffusione delle energie da fonti rinnovabili, la designazione  delle
zone  di  accelerazione  per  le  energie  rinnovabili  non  dovrebbe
impedire la realizzazione in corso e futura di  progetti  di  energia
rinnovabile in tutte le zone disponibili per tale diffusione.  Questi
progetti  dovrebbero   continuare   a   sottostare   all'obbligo   di
valutazione specifica dell'impatto ambientale a norma della direttiva
2011/92/UE, ed essere  soggetti  alle  procedure  di  rilascio  delle
autorizzazioni  applicabili  ai  progetti  in  materia   di   energia
rinnovabile situati fuori dalle zone di accelerazione per le  energie
rinnovabili.  Per  accelerare  le   procedure   di   rilascio   delle
autorizzazioni nella misura necessaria a  conseguire  l'obiettivo  di
energia rinnovabile stabilito nella direttiva (UE)  2018/2001,  anche
le procedure di rilascio delle autorizzazioni applicabili ai progetti
fuori  dalle  zone  di  accelerazione  per  le  energie   rinnovabili
dovrebbero   essere   semplificate   e   razionalizzate    attraverso
l'introduzione di scadenze massime chiare per  tutte  le  fasi  della
procedura di rilascio delle autorizzazioni, comprese  le  valutazioni
ambientali specifiche per ciascun progetto. 
    81.  In  ragione  delle  considerazioni  sopra   richiamate,   la
direttiva ha introdotto, tra  l'altro,  disposizioni  in  materia  di
mappatura  delle  zone  necessarie   per   i   contributi   nazionali
all'obiettivo complessivo dell'Unione di energia rinnovabile  per  il
2030, di zone di accelerazione per le energie rinnovabili, nonche' di
procedure   amministrative   per   il   rilascio    delle    relative
autorizzazioni. 
    82. Il regolamento (UE) 2018/1999 del Parlamento  europeo  e  del
Consiglio dell'11 dicembre 2018, adottato sulla base  degli  articoli
192 e 194 TFUE, stabilisce la necessaria  base  legislativa  per  una
governance  dell'Unione  dell'energia  e  dell'azione  per  il  clima
affidabile,  inclusiva,  efficace  sotto  il   profilo   dei   costi,
trasparente e  prevedibile  che  garantisca  il  conseguimento  degli
obiettivi e dei traguardi a lungo termine fino  al  2030  dell'Unione
dell'energia,  in  linea  con  l'accordo  di  Parigi  del  2015   sui
cambiamenti climatici derivante dalla 21ª Conferenza delle parti alla
Convenzione quadro delle Nazioni  Unite  sui  cambiamenti  climatici,
attraverso  sforzi  complementari,  coerenti  e  ambiziosi  da  parte
dell'Unione  e  degli  Stati  membri,   limitando   la   complessita'
amministrativa. 
    83. Nel configurare tale  meccanismo  e'  stato  considerato,  in
particolare, che: 
        (2) L'Unione dell'energia dovrebbe coprire cinque dimensioni:
la   sicurezza   energetica;   il   mercato   interno   dell'energia;
l'efficienza  energetica;  il  processo  di   decarbonizzazione;   la
ricerca, l'innovazione e la competitivita'. 
        (3)  L'obiettivo  di  un'Unione  dell'energia  resiliente   e
articolata intorno a una  politica  ambiziosa  per  il  clima  e'  di
fornire ai consumatori  dell'UE  -  comprese  famiglie  e  imprese  -
energia sicura, sostenibile, competitiva e a prezzi accessibili e  di
promuovere la ricerca e l'innovazione  attraendo  investimenti;  cio'
richiede una radicale trasformazione del sistema energetico  europeo.
Tale trasformazione e' inoltre strettamente connessa alla  necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere  l'utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse
naturali, in particolare  promuovendo  l'efficienza  energetica  e  i
risparmi energetici e sviluppando nuove forme di energia  rinnovabile
[...]. 
        [...] 
        (7) L'obiettivo vincolante di riduzione interna di almeno  il
40% delle emissioni di gas a  effetto  serra  nel  sistema  economico
entro il 2030, rispetto ai livelli del  1990,  e'  stato  formalmente
approvato in occasione del Consiglio «Ambiente»  del  6  marzo  2015,
quale  contributo   previsto   determinato   a   livello   nazionale,
dell'Unione e dei suoi Stati membri all' accordo di Parigi. L'accordo
di Parigi e' stato ratificato dall'Unione il 5 ottobre 2016 (6) ed e'
entrato  in  vigore  il  4  novembre  2016;  sostituisce  l'approccio
adottato nell'ambito del protocollo di Kyoto del 1997, che  e'  stato
approvato dall'Unione mediante la decisione 2002/358/CE del Consiglio
(7) e che non sara' prorogato dopo il 2020. E'  opportuno  aggiornare
di conseguenza il  sistema  dell'Unione  per  il  monitoraggio  e  la
comunicazione delle emissioni e degli assorbimenti di gas  a  effetto
serra. 
        (8) L' accordo di Parigi ha innalzato il livello di ambizione
globale  relativo  alla  mitigazione  dei  cambiamenti  climatici   e
stabilisce un obiettivo a lungo termine in linea con  l'obiettivo  di
mantenere l'aumento della temperatura mondiale media ben al di  sotto
di  2°C  rispetto  ai  livelli  preindustriali  e  di  continuare  ad
adoperarsi per  limitare  tale  aumento  della  temperatura  a  1,5°C
rispetto ai livelli preindustriali. 
        [...] 
        (12) Nelle conclusioni del 23  e  del  24  ottobre  2014,  il
Consiglio europeo ha inoltre convenuto di sviluppare  un  sistema  di
governance affidabile, trasparente,  privo  di  oneri  amministrativi
superflui e con una sufficiente flessibilita' per  gli  Stati  membri
per contribuire a garantire che l'Unione rispetti i suoi obiettivi di
politica energetica, nel pieno rispetto della  liberta'  degli  Stati
membri di stabilire il proprio mix energetico [...] 
        [...] 
        (18) Il principale obiettivo  del  meccanismo  di  governance
dovrebbe essere pertanto quello di consentire il conseguimento  degli
obiettivi dell'Unione dell'energia, in particolare gli obiettivi  del
quadro 2030 per il clima e l'energia,  nei  settori  della  riduzione
delle emissioni dei gas a  effetto  serra,  delle  fonti  di  energia
rinnovabili e dell'efficienza  energetica.  Tali  obiettivi  derivano
dalla politica dell'Unione in materia di energia e  dalla  necessita'
di preservare, proteggere e migliorare la qualita' dell'ambiente e di
promuovere  l'utilizzazione  accorta  e   razionale   delle   risorse
naturali, come previsto nei trattati. Nessuno  di  questi  obiettivi,
tra loro inscindibili, puo' essere  considerato  secondario  rispetto
all'altro. Il presente regolamento e' quindi legato alla legislazione
settoriale che attua gli obiettivi per il 2030 in materia di  energia
e  di  clima.  Gli  Stati  membri  devono  poter  scegliere  in  modo
flessibile le  politiche  che  meglio  si  adattano  alle  preferenze
nazionali e al loro mix energetico, purche'  tale  flessibilita'  sia
compatibile    con    l'ulteriore    integrazione    del     mercato,
l'intensificazione  della   concorrenza,   il   conseguimento   degli
obiettivi in materia di clima ed energia e il  passaggio  graduale  a
un'economia sostenibile a basse emissioni di carbonio. 
        [...] 
        (36) Gli Stati membri dovrebbero elaborare strategie a  lungo
termine con una prospettiva di almeno  30  anni  per  contribuire  al
conseguimento degli impegni da loro assunti ai  sensi  dell'UNFCCC  e
all'accordo di Parigi, nel contesto  dell'obiettivo  dell'accordo  di
Parigi di mantenere l'aumento della temperatura media mondiale ben al
di sotto dei 2°C rispetto ai livelli preindustriali e adoperarsi  per
limitare tale aumento a  1,5°C  rispetto  ai  livelli  preindustriali
nonche' delle riduzioni a lungo termine  delle  emissioni  di  gas  a
effetto serra e dell'aumento dell'assorbimento dai pozzi in  tutti  i
settori in linea con l'obiettivo dell'Unione [...]. 
        (56)  Se  l'ambizione  dei  piani  nazionali  integrati   per
l'energia e il clima, o dei loro aggiornamenti,  fosse  insufficiente
per  il  raggiungimento  collettivo   degli   obiettivi   dell'Unione
dell'energia  e,  nel  primo   periodo,   in   particolare   per   il
raggiungimento degli obiettivi 2030 in materia di energia rinnovabile
e di efficienza energetica, la Commissione dovrebbe adottare misure a
livello unionale al fine di garantire il conseguimento collettivo  di
tali obiettivi e traguardi (in modo da colmare eventuali  «divari  di
ambizione»). Qualora i progressi dell'Unione verso tali  obiettivi  e
traguardi fossero insufficienti a garantirne  il  raggiungimento,  la
Commissione dovrebbe, oltre  a  formulare  raccomandazioni,  proporre
misure ed esercitare le proprie competenze a livello di Unione oppure
gli Stati membri dovrebbero adottare misure aggiuntive per  garantire
il  raggiungimento  di  detti  obiettivi,  colmando  cosi'  eventuali
«divari nel raggiungimento». Tali misure dovrebbero  altresi'  tenere
conto degli sforzi  pregressi  dagli  Stati  membri  per  raggiungere
l'obiettivo 2030 relativo all'energia rinnovabile ottenendo, nel 2020
o prima di tale anno, una  quota  di  energia  da  fonti  rinnovabili
superiore al loro obiettivo nazionale vincolante  oppure  realizzando
progressi rapidi verso il loro obiettivo vincolante nazionale per  il
2020 o nell'attuazione del loro contributo  all'obiettivo  vincolante
dell'Unione di almeno il 32% di  energia  rinnovabile  nel  2030.  In
materia di energia rinnovabile, le  misure  possono  includere  anche
contributi finanziari volontari degli Stati membri indirizzati  a  un
meccanismo  di  finanziamento  dell'energia  rinnovabile  nell'Unione
gestito dalla Commissione da utilizzare per contribuire  ai  progetti
sull'energia rinnovabile piu' efficienti in termini di costi in tutta
l'Unione,  offrendo  cosi'  agli  Stati  membri  la  possibilita'  di
contribuire al  conseguimento  dell'obiettivo  dell'Unione  al  minor
costo possibile. Gli obiettivi  degli  Stati  membri  in  materia  di
rinnovabili per  il  2020  dovrebbero  servire  come  quota  base  di
riferimento di energia rinnovabile a partire dal  2021  e  dovrebbero
essere mantenuti per tutto  il  periodo.  In  materia  di  efficienza
energetica,  le  misure  aggiuntive  possono  mirare  soprattutto   a
migliorare l'efficienza di prodotti, edifici e trasporti. 
        (57) Gli obiettivi nazionali degli Stati membri in materia di
energia  rinnovabile  per  il  2020,  di  cui  all'allegato  I  della
direttiva (UE) 2018/2001 del  Parlamento  europeo  e  del  Consiglio,
dovrebbero servire come punto di partenza  per  la  loro  traiettoria
indicativa nazionale per il periodo dal 2021 al 2030, a meno che  uno
Stato membro decida volontariamente di stabilire un punto di partenza
piu' elevato. Dovrebbero inoltre costituire, per questo periodo,  una
quota di riferimento obbligatoria che faccia ugualmente  parte  della
direttiva (UE) 2018/2001. Di conseguenza, in tale periodo,  la  quota
di energia da fonti rinnovabili del consumo finale lordo  di  energia
di ciascuno Stato membro non dovrebbe essere inferiore alla sua quota
base di riferimento. 
        (58) Se uno Stato  membro  non  mantiene  la  quota  base  di
riferimento  misurata  in  un  periodo  di  un  anno,  esso  dovrebbe
adottare, entro un anno, misure supplementari per colmare il  divario
rispetto allo scenario di riferimento. Qualora  abbia  effettivamente
adottato tali misure necessarie e adempiuto al suo obbligo di colmare
il divario, lo Stato membro dovrebbe essere considerato  conforme  ai
requisiti obbligatori del suo scenario di base a partire dal  momento
in cui il divario in questione si e' verificato,  sia  ai  sensi  del
presente regolamento che della direttiva (UE) 2018/2001 [...]». 
    84. Il meccanismo di governance  si  e'  tradotto,  tra  l'altro,
nelle seguenti previsioni (come  aggiornate  con  la  direttiva  (UE)
2023/2413): 
        «Entro il 31 dicembre 2019, quindi entro il 1° gennaio 2029 e
successivamente ogni dieci anni, ciascuno Stato membro notifica  alla
Commissione un piano nazionale integrato per  l'energia  e  il  clima
[...]» (art. 3): 
          «Ciascuno Stato membro definisce nel  suo  piano  nazionale
integrato per l'energia e il clima i principali obiettivi,  traguardi
e contributi seguenti, secondo le indicazioni di cui all'allegato  I,
sezione A, punto 2: 
a) dimensione «decarbonizzazione»: 
[...] 
2) per quanto riguarda l'energia rinnovabile: 
al fine di conseguire l'obiettivo vincolante dell'Unione per la quota
di energia rinnovabile per il 2030 di cui all'art.  3,  paragrafo  1,
della direttiva (UE) 2018/2001, un contributo  in  termini  di  quota
dello Stato membro di energia da fonti rinnovabili nel consumo  lordo
di energia finale nel 2030; a partire dal 2021 tale contributo  segue
una traiettoria indicativa. Entro il 2022, la traiettoria  indicativa
raggiunge un punto di riferimento pari ad almeno il 18%  dell'aumento
totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra  l'obiettivo
nazionale vincolante per il 2020 dello Stato membro interessato e  il
suo contributo all'obiettivo 2030.  Entro  il  2025,  la  traiettoria
indicativa raggiunge un punto di riferimento pari ad  almeno  il  43%
dell'aumento totale della quota di energia da fonti  rinnovabili  tra
l'obiettivo nazionale vincolante  per  il  2020  dello  Stato  membro
interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. Entro il 2027, la
traiettoria indicativa raggiunge un  punto  di  riferimento  pari  ad
almeno il 65% dell'aumento totale della quota  di  energia  da  fonti
rinnovabili tra l'obiettivo nazionale vincolante per  il  2020  dello
Stato membro interessato e il suo contributo all'obiettivo 2030. 
Entro il 2030 la traiettoria indicativa deve  raggiungere  almeno  il
contributo previsto dello Stato membro. Se uno Stato  membro  prevede
di superare il proprio obiettivo nazionale vincolante per il 2020, la
sua traiettoria indicativa puo' iniziare al livello che si aspetta di
raggiungere. Le traiettorie indicative degli Stati membri,  nel  loro
insieme,  concorrono  al  raggiungimento  dei  punti  di  riferimento
dell'Unione  nel  2022,  2025  e  2027  e  all'obiettivo   vincolante
dell'Unione per la quota di energia rinnovabile per il  2030  di  cui
all'art.  3,   paragrafo   1,   della   direttiva   (UE)   2018/2001.
Indipendentemente dal  suo  contributo  all'obiettivo  dell'Unione  e
dalla sua traiettoria indicativa ai fini  del  presente  regolamento,
uno Stato membro e' libero di stabilire obiettivi piu' ambiziosi  per
finalita' di politica nazionale» (art. 4); 
        «Nel proprio contributo alla  propria  quota  di  energia  da
fonti rinnovabili nel consumo finale lordo  di  energia  del  2030  e
dell'ultimo anno del periodo coperto per i piani nazionali successivi
di cui all'art. 4, lettera a), punto 2), ciascuno Stato membro  tiene
conto degli elementi seguenti: 
          a) misure previste dalla direttiva (UE) 2018/2001; 
          b)  misure  adottate  per  conseguire   il   traguardo   di
efficienza energetica adottato a norma della direttiva 2012/27/UE; 
          c) altre misure  esistenti  volte  a  promuovere  l'energia
rinnovabile nello Stato  membro  e,  ove  pertinente,  a  livello  di
Unione; 
          d) l'obiettivo nazionale  vincolante  2020  di  energia  da
fonti  rinnovabili  nel  consumo  finale  lordo  di  energia  di  cui
all'allegato I della direttiva (EU) 2018/2001; 
          e) le circostanze pertinenti che incidono sulla  diffusione
dell'energia rinnovabile, quali: 
i) l'equa distribuzione della diffusione nell'Unione; 
ii) le condizioni economiche e il potenziale,  compreso  il  PIL  pro
capite; 
iii) il potenziale  per  una  diffusione  delle  energie  rinnovabili
efficace sul piano dei costi; 
iv) i vincoli geografici,  ambientali  e  naturali,  compresi  quelli
delle zone e regioni non interconnesse; 
v) il livello di interconnessione elettrica tra gli Stati membri; 
vi)  altre  circostanze  pertinenti,  in   particolare   gli   sforzi
pregressi. 
[...] 
        2. Gli Stati membri assicurano collettivamente che  la  somma
dei rispettivi contributi  ammonti  almeno  all'obiettivo  vincolante
dell'Unione per la quota di energia da fonti rinnovabili per il  2030
di cui all'art. 3, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001» (art.
5); 
        «Se  nel  settore  dell'energia  rinnovabile,  in  base  alla
valutazione di cui all'art. 29,  paragrafi  1  e  2,  la  Commissione
conclude che uno  o  piu'  punti  di  riferimento  della  traiettoria
indicativa unionale per il 2022, 2025 e 2027,  di  cui  all'art.  29,
paragrafo 2, non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022,
2025 e2027 sono al di sotto di uno o piu'  dei  rispettivi  punti  di
riferimento nazionali  di  cui  all'art.  4,  lettera  a),  punto  2,
provvedono all'attuazione di misure supplementari entro un  anno  dal
ricevimento della valutazione della Commissione, volte a  colmare  il
divario rispetto al punto di riferimento nazionale, quali: 
          a)  misure  nazionali  volte  ad  aumentare  la  diffusione
dell'energia rinnovabile; 
          b)  l'adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti
rinnovabili nel settore del riscaldamento  e  raffreddamento  di  cui
all'art. 23, paragrafo 1, della direttiva (UE) 2018/2001; 
          c)  l'adeguamento  della  quota   di   energia   da   fonti
rinnovabili nel settore dei trasporti di cui all'art.  25,  paragrafo
1, della direttiva (UE) 2018/2001; 
          d) un pagamento finanziario  volontario  al  meccanismo  di
finanziamento  dell'Unione  per  l'energia  rinnovabile  istituito  a
livello unionale per contribuire a progetti in materia di energia  da
fonti  rinnovabili  gestiti  direttamente  o   indirettamente   dalla
Commissione, come indicato all'art. 33; 
          e) l'utilizzo dei meccanismi di cooperazione previsti dalla
direttiva (UE) 2018/2001» (art. 32). 
    85. La legge 22 aprile  2021,  n.  53,  ha  dettato  «Principi  e
criteri direttivi per l'attuazione della  direttiva  (UE)  2018/2001,
sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili», demando
al Governo, tra l'altro: 
        la previsione, previa intesa con la Conferenza unificata,  su
proposta del Ministero dello sviluppo economico, di concerto  con  il
Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e  del  mare  e
con il Ministero per i  beni  e  le  attivita'  culturali  e  per  il
turismo, al fine del concreto raggiungimento degli obiettivi indicati
nel Piano nazionale integrato per l'energia e il  clima  (PNIEC),  di
una disciplina per l'individuazione  delle  superfici  e  delle  aree
idonee  e  non  idonee  per  l'installazione  di  impianti  a   fonti
rinnovabili nel rispetto delle  esigenze  di  tutela  del  patrimonio
culturale e del paesaggio, delle aree  agricole  e  forestali,  della
qualita' dell'aria e  dei  corpi  idrici,  nonche'  delle  specifiche
competenze dei Ministeri per i beni e le attivita' culturali e per il
turismo,  delle  politiche  agricole   alimentari   e   forestali   e
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, privilegiando
l'utilizzo di  superfici  di  strutture  edificate,  quali  capannoni
industriali e parcheggi, e aree non  utilizzabili  per  altri  scopi,
compatibilmente con le  caratteristiche  e  le  disponibilita'  delle
risorse rinnovabili, delle infrastrutture di  rete  e  della  domanda
elettrica, nonche' tenendo in considerazione  la  dislocazione  della
domanda, gli eventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo
della rete stessa, a tal fine osservando i seguenti indirizzi: 
          1) definizione dei criteri  per  l'individuazione  di  aree
idonee all'installazione di impianti a fonti rinnovabili  aventi  una
potenza complessiva almeno pari a quella individuata come  necessaria
dal PNIEC per il raggiungimento degli  obiettivi  di  sviluppo  delle
fonti rinnovabili, con indicazione di criteri per la ripartizione fra
regioni e province autonome e previsione di  misure  di  salvaguardia
delle iniziative di sviluppo in corso che risultino  coerenti  con  i
criteri di localizzazione degli impianti preesistenti; 
          2)  previsione  di  un  termine  di   sei   mesi   per   la
realizzazione del processo  programmatorio  di  individuazione  delle
aree; 
b) di assicurare il rispetto dei principi della minimizzazione  degli
impatti sull'ambiente, sul territorio e sul paesaggio, fermo restando
il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al
2030 e tenendo conto della  sostenibilita'  dei  costi  correlati  al
raggiungimento di tale obiettivo. 
    86. Il decreto legislativo n.  199/2021  costituisce  «Attuazione
della  direttiva  (UE)  2018/2001  del  Parlamento  europeo   e   del
Consiglio,  dell'11  dicembre   2018,   sulla   promozione   dell'uso
dell'energia da fonti rinnovabili» e si pone (art. 1) «l'obiettivo di
accelerare il percorso di crescita  sostenibile  del  Paese,  recando
disposizioni in materia di energia da fonti rinnovabili, in  coerenza
con gli obiettivi europei di decarbonizzazione del sistema energetico
al 2030 e di completa  decarbonizzazione  al  2050»,  definendo  «gli
strumenti, i meccanismi, gli incentivi  e  il  quadro  istituzionale,
finanziario  e  giuridico,  necessari  per  il  raggiungimento  degli
obiettivi di incremento della quota di energia da  fonti  rinnovabili
al 2030, in attuazione della direttiva (UE) 2018/2001 e nel  rispetto
dei criteri fissati dalla legge  22  aprile  2021,  n.  53»,  recando
«disposizioni necessarie  all'  attuazione  delle  misure  del  Piano
nazionale di ripresa e resilienza (di seguito anche: PNRR) in materia
di energia da fonti rinnovabili,  conformemente  al  Piano  nazionale
integrato per l'energia e il clima (di seguito anche: PNIEC), con  la
finalita' di individuare un insieme di misure e strumenti coordinati,
gia'  orientati  all'aggiornamento  degli  obiettivi   nazionali   da
stabilire ai sensi del regolamento (UE) n. 2021/1119, con il quale si
prevede, per l'Unione europea, un obiettivo vincolante  di  riduzione
delle emissioni di gas a effetto  serra  di  almeno  il  55  percento
rispetto ai livelli del 1990 entro il 2030». 
    87. L'art. 20 del decreto ha, in particolare, previsto che: 
        con  uno  o  piu'  decreti  del  Ministro  della  transizione
ecologica di concerto con il Ministro della cultura,  e  il  Ministro
delle politiche agricole, alimentari e forestali,  previa  intesa  in
sede di Conferenza  unificata,  sono  stabiliti  principi  e  criteri
omogenei per l'individuazione delle superfici e delle aree  idonee  e
non idonee all'installazione di impianti a fonti  rinnovabili  aventi
una  potenza  complessiva  almeno  pari  a  quella  individuata  come
necessaria  dal  PNIEC  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi  di
sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree  idonee  ai
sensi del comma 8; 
        in via prioritaria, con i  suddetti  decreti  si  provvede  a
dettare  i   criteri   per   l'individuazione   delle   aree   idonee
all'installazione della potenza eolica e  fotovoltaica  indicata  nel
PNIEC, stabilendo le modalita' per minimizzare  il  relativo  impatto
ambientale e la massima porzione di  suolo  occupabile  dai  suddetti
impianti per unita' di superficie, nonche'  dagli  impianti  a  fonti
rinnovabili di produzione di energia elettrica gia' installati  e  le
superfici  tecnicamente  disponibili,  e  altresi'  a   indicare   le
modalita' per individuare  superfici,  aree  industriali  dismesse  e
altre aree compromesse, aree  abbandonate  e  marginali  idonee  alla
installazione di impianti a fonti rinnovabili; 
        i decreti stabiliscono anche la  ripartizione  della  potenza
installata fra regioni e Province  autonome,  prevedendo  sistemi  di
monitoraggio sul corretto adempimento degli impegni assunti e criteri
per il trasferimento statistico fra le medesime  regioni  e  Province
autonome; 
        nel dettare la disciplina delle aree idonee  si  tiene  conto
delle esigenze di tutela del patrimonio culturale  e  del  paesaggio,
delle aree agricole e forestali, della qualita' dell'aria e dei corpi
idrici, privilegiando l'utilizzo di superfici di strutture edificate,
quali  capannoni  industriali  e  parcheggi,  nonche'   di   aree   a
destinazione industriale, artigianale, per  servizi  e  logistica,  e
verificando l'idoneita' di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi
incluse le superfici agricole non utilizzabili,  compatibilmente  con
le caratteristiche e le  disponibilita'  delle  risorse  rinnovabili,
delle infrastrutture di  rete  e  della  domanda  elettrica,  nonche'
tenendo  in  considerazione  la  dislocazione  della   domanda,   gli
eventuali vincoli di rete e il  potenziale  di  sviluppo  della  rete
stessa; 
        conformemente ai principi e criteri stabiliti dai decreti  di
cui al comma 1, entro centottanta giorni dalla  data  di  entrata  in
vigore dei medesimi decreti, le regioni individuano con legge le aree
idonee; 
        in sede di individuazione delle superfici e delle aree idonee
per l'installazione di impianti a fonti rinnovabili sono rispettati i
principi  della  minimizzazione  degli  impatti  sull'ambiente,   sul
territorio, sul patrimonio culturale e sul paesaggio, fermo  restando
il vincolo del raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione al
2030 e tenendo conto della  sostenibilita'  dei  costi  correlati  al
raggiungimento di tale obiettivo; 
        nelle more dell'individuazione delle aree idonee, non possono
essere  disposte  moratorie  ovvero  sospensioni  dei   termini   dei
procedimenti di autorizzazione; 
        le aree non incluse tra le aree  idonee  non  possono  essere
dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione  di
energia rinnovabile, in sede di  pianificazione  territoriale  ovvero
nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione  della  sola  mancata
inclusione nel novero delle aree idonee; 
        in attesa della  disciplina  di  cui  ai  menzionati  decreti
attuativi, le aree idonee  sono  individuate  ex  lege  dal  medesimo
decreto legislativo. 
    88. Come precedentemente rilevato (cfr.  i  punti  41  ss.  della
presente sentenza), il decreto ministeriale 21  giugno  2024  non  ha
innovato il concetto di area non idonea contenuto nelle  linee  guida
di cui al decreto ministeriale 10 settembre  2010.  Queste,  infatti,
continuano a configurarsi come aree con «obiettivi di protezione  non
compatibili con l'insediamento  [...]  di  specifiche  tipologie  e/o
dimensioni di impianti». Detta  incompatibilita',  tuttavia,  non  si
traduce  in  una  preclusione  assoluta,  bensi'  in   «una   elevata
probabilita'  di  esito  negativo  delle  valutazioni,  in  sede   di
autorizzazione», che dovra' comunque risultare all'esito di specifica
istruttoria. Ne consegue che,  sotto  tale  profilo,  la  definizione
contenuta nel decreto impugnato non innova in alcun modo il  concetto
di area non idonea quale gia' enucleato dalle linee guida. 
    89. In contrasto con tali indicazioni, l'art. 1, comma  5,  della
legge regionale Sardegna n. 20/2024 stabilisce  che  «E'  vietata  la
realizzazione degli impianti  ricadenti  nelle  rispettive  aree  non
idonee cosi' come individuate dagli allegati A, B,  C,  D,  E  e  dai
commi 9 e 11». Tale previsione si pone in violazione  degli  articoli
117, primo  e  terzo  comma  della  Costituzione  in  relazione  agli
articoli 20 del decreto legislativo n.  199/2021,  alle  disposizioni
del decreto ministeriale 21 giugno  2024,  nonche'  al  principio  di
massima diffusione degli impianti da  fonti  di  energia  rinnovabile
come  emergente   dalla   disciplina   unionale   sopra   richiamata.
L'inadeguatezza di una determinata area o di un determinato  sito  ad
ospitare impianti da fonti rinnovabili, infatti, non puo' derivare da
una  qualificazione  aprioristica,  generale  ed  astratta,  ma  puo'
soltanto conseguire all'esito di un procedimento  amministrativo  che
consenta una valutazione in concreto delle inattitudini del luogo, in
ragione delle relative specificita'. 
    90. L'impatto di un divieto di  tale  portata  e',  inoltre,  del
tutto incerto e, in  ogni  caso,  si  risolve  in  un  severo  limite
all'individuazione delle zone disponibili per  l'installazione  degli
impianti che,  a  termini  dell'art.  15-ter,  paragrafo  1,  secondo
periodo, della direttiva (UE) 2018/2001,  devono  essere  commisurate
«alle  traiettorie  stimate  e   alla   potenza   totale   installata
pianificata delle tecnologie per le energie rinnovabili stabilite nei
piani nazionali per l'energia e il clima  presentati  a  norma  degli
articoli 3 e 14 del regolamento (UE) 2018/1999». 
    91. A questo riguardo, occorre infatti rilevare che le previsioni
dell'art. 1, comma 5, lette in combinato disposto  con  gli  allegati
alla legge, prevedono una sterminata casistica di aree  vietate,  con
un elenco di 45 pagine, definite  peraltro  sulla  base  di  astratte
esigenze di protezione non specificamente riferite a luoghi concreti,
ricomprendendo non solo le aree e i beni specificamente tutelati,  ma
sostanzialmente la maggior parte del territorio  regionale  (cfr.  ad
es. riferimenti  agli  «Ulteriori  elementi  con  valenza  storico  -
culturale, di  natura  archeologica,  architettonica  e  identitaria,
quali beni potenziali non ricompresi nel Piano Paesaggistico  vigente
al momento dell'entrata in  vigore  della  presente  legge,  ed  aree
circostanti che distano meno di 3  chilometri,  in  linea  d'aria»  -
allegato A, lettera bb), allegato B, lettera y), allegato C,  lettera
bb), allegato D, lettera aa), allegato E, lettera bb)). Come  dedotto
dalla parte ricorrente, non smentita sul punto dalle parti  intimate,
la rete dei divieti previsti dalla legge regionale comprende circa il
98% del territorio regionale. 
    92.  Peraltro,  in  forza  dell'art.  32  del  regolamento   (UE)
2018/1999, se la  Commissione  conclude  che  uno  o  piu'  punti  di
riferimento della traiettoria indicativa unionale per il 2022, 2025 e
2027 non sono stati raggiunti, gli Stati membri che nel 2022, 2025  e
2027 sono al  di  sotto  di  uno  o  piu'  dei  rispettivi  punti  di
riferimento nazionali possono essere tenuti  all'adozione  di  misure
supplementari, ivi incluso un  pagamento  finanziario  volontario  al
meccanismo di finanziamento  dell'Unione  per  l'energia  rinnovabile
istituito a livello unionale per contribuire a progetti in materia di
energia da fonti rinnovabili gestiti  direttamente  o  indirettamente
dalla Commissione. La sottrazione indiscriminata di larga  parte  del
territorio di una Regione alla possibilita'  di  installare  impianti
FER  potrebbe,  pertanto,  implicare  l'obbligo  di  adottare  misure
supplementari,  con  impatti  anche  sulle  finanze  pubbliche,   ove
ostacoli il raggiungimento degli obiettivi. 
    93. Nella misura in cui puo' ostacolare il  raggiungimento  degli
obiettivi di potenza  installata  delle  tecnologie  per  le  energie
rinnovabili, il divieto in  questione  si  pone  anche  in  posizione
critica  rispetto  alla  strategia  di  adattamento  ai   cambiamenti
climatici  dell'Unione.  Come  precedentemente  ricordato,  ai  sensi
dell'art.  5  del  regolamento  (UE)   2021/1119,   «Le   istituzioni
competenti dell'Unione e gli  Stati  membri  assicurano  il  costante
progresso nel  miglioramento  della  capacita'  di  adattamento,  nel
rafforzamento della resilienza e nella riduzione della vulnerabilita'
ai cambiamenti climatici in conformita' dell'art. 7  dell'accordo  di
Parigi». Essi, inoltre,  «garantiscono  [...]  che  le  politiche  in
materia  di  adattamento  nell'Unione  e  negli  Stati  membri  siano
coerenti,   si   sostengano   reciprocamente,   comportino   benefici
collaterali per le politiche settoriali e si adoperino per  integrare
meglio l'adattamento ai cambiamenti climatici in tutti i  settori  di
intervento, comprese le  pertinenti  politiche  e  azioni  in  ambito
socioeconomico e ambientale, se del caso, nonche' nell'azione esterna
dell'Unione». 
    94. Come precisato dalla Commissione europea nella  Comunicazione
COM(2021)82 final sulla nuova Strategia dell'UE per l'adattamento  ai
cambiamenti climatici,  «Il  Green  Deal  europeo,  la  strategia  di
crescita  dell'UE  per  un  futuro   sostenibile,   si   basa   sulla
consapevolezza che la trasformazione verde e' un'opportunita'  e  che
la mancata azione ha un costo enorme. Con esso l'UE  ha  mostrato  la
propria  leadership  per   scongiurare   lo   scenario   peggiore   -
impegnandosi a raggiungere la neutralita' climatica - e prepararsi al
meglio - puntando ad azioni di  adattamento  piu'  ambiziose  che  si
fondano sulla strategia dell'UE di adattamento del 2013. La visione a
lungo termine prevede che nel 2050 l'UE sara' una societa' resiliente
ai cambiamenti climatici, del tutto adeguata agli inevitabili impatti
dei cambiamenti climatici. Cio' significa che entro il 2050, anno  in
cui l'Unione aspira  ad  aver  raggiunto  la  neutralita'  climatica,
avremo rafforzato la capacita' di adattamento e ridotto al minimo  la
vulnerabilita' agli effetti dei cambiamenti climatici, in  linea  con
l'accordo di Parigi e con la proposta di legge europea sul clima». Il
raggiungimento dei target  di  potenza  installata  delle  tecnologie
rinnovabili  costituisce,  all'evidenza,  un  elemento  centrale  per
conseguire nel lungo termine l'obiettivo della neutralita' climatica,
che potrebbe essere posto seriamente a  rischio  da  una  disciplina,
come quella censurata, che vieta  in  assoluto  la  realizzazione  di
impianti FER in aree non idonee. 
    95. Il divieto sembra  anche  contrastare  con  il  principio  di
integrazione di cui all'art. 11 TFUE e all'art.  37  della  Carta  di
Nizza, secondo cui «Le esigenze connesse con la tutela  dell'ambiente
devono essere integrate nella  definizione  e  nell'attuazione  delle
politiche e azioni dell'Unione, in particolare nella  prospettiva  di
promuovere lo sviluppo  sostenibile».  L'integrazione  ambientale  in
tutti i settori politici  pertinenti  (agricoltura,  energia,  pesca,
trasporti, ecc.) e' funzionale a ridurre le  pressioni  sull'ambiente
derivanti dalle politiche e dalle attivita' di altri  settori  e  per
raggiungere gli obiettivi ambientali e climatici.  La  previsione  in
generale delle aree non idonee come zone vietate  solleva  sul  punto
notevoli perplessita', in  quanto  non  istituisce  alcuna  forma  di
possibile   bilanciamento   tra   i   valori   in   gioco,   sancendo
un'indefettibile prevalenza dell'interesse alla  conservazione  dello
stato dei luoghi, in contrasto con l'obiettivo del decreto stesso  di
promuovere l'uso dell'energia da fonti rinnovabili. 
    96. Da quanto precede risulta anche che la  disciplina  censurata
confligge con il principio di proporzionalita', con violazione  anche
dell'art. 3 della Costituzione. Come la Corte di  giustizia  ha  piu'
volte ribadito, «il principio di  proporzionalita'  e'  un  principio
generale del diritto comunitario che dev'essere rispettato tanto  dal
legislatore  comunitario  quanto  dai  legislatori  e   dai   giudici
nazionali» (sentenza 11 giugno 2009, C-170/08, 41). Il  sindacato  di
proporzionalita' costituisce, inoltre, un aspetto  del  controllo  di
ragionevolezza   delle   leggi    condotto    dalla    giurisprudenza
costituzionale, onde verificare che il bilanciamento degli  interessi
costituzionalmente rilevanti non sia stato realizzato  con  modalita'
tali da determinare il sacrificio o la compressione di uno di essi in
misura  eccessiva   e   pertanto   incompatibile   con   il   dettato
costituzionale. Come la stessa Corte  ha  precisato,  «Tale  giudizio
deve    svolgersi    «attraverso    ponderazioni    relative     alla
proporzionalita'  dei  mezzi  prescelti  dal  legislatore  nella  sua
insindacabile discrezionalita' rispetto alle  esigenze  obiettive  da
soddisfare o alle finalita'  che  intende  perseguire,  tenuto  conto
delle circostanze  e  delle  limitazioni  concretamente  sussistenti»
(sentenza n. 1130 del 1988). Il test di  proporzionalita'  utilizzato
da questa Corte come  da  molte  delle  giurisdizioni  costituzionali
europee, spesso insieme con quello di ragionevolezza,  ed  essenziale
strumento  della  Corte  di  giustizia  dell'Unione  europea  per  il
controllo giurisdizionale di legittimita' degli  atti  dell'Unione  e
degli Stati membri, richiede di  valutare  se  la  norma  oggetto  di
scrutinio, con la misura e le modalita'  di  applicazione  stabilite,
sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi  legittimamente
perseguiti, in quanto, tra piu' misure appropriate, prescriva  quella
meno restrittiva dei diritti  a  confronto  e  stabilisca  oneri  non
sproporzionati rispetto al perseguimento di detti  obiettivi»  (Corte
costituzionale, sentenza n. 1 del 2014). 
    97.  Inoltre,  ai  sensi  dell'art.  9  della   Costituzione   la
Repubblica tutela  l'ambiente,  la  biodiversita'  e  gli  ecosistemi
«anche   nell'interesse   delle   future   generazioni»,   con   cio'
incorporando il principio di  sviluppo  sostenibile  nell'ambito  dei
principi   fondamentali   in   materia    di    tutela    ambientale.
L'incondizionato sacrificio  di  tale  principio,  quale  sotteso  al
divieto  in  esame,  contrasta,  pertanto,   con   l'art.   3   della
Costituzione, nonche' con  l'art.  9  citato  e  con  la  consolidata
giurisprudenza  costituzionale   secondo   cui   «Tutti   i   diritti
fondamentali tutelati dalla Costituzione si trovano  in  rapporto  di
integrazione reciproca e non e' possibile pertanto individuare uno di
essi che abbia la prevalenza assoluta sugli  altri.  La  tutela  deve
essere sempre «sistemica e non frazionata in una serie di  norme  non
coordinate ed in potenziale conflitto tra loro» (sentenza n. 264  del
2012). Se cosi' non fosse, si verificherebbe l'illimitata  espansione
di uno dei diritti, che  diverrebbe  «tiranno»  nei  confronti  delle
altre  situazioni  giuridiche   costituzionalmente   riconosciute   e
protette [...]. La Costituzione italiana, come le altre  Costituzioni
democratiche e  pluraliste  contemporanee,  richiede  un  continuo  e
vicendevole bilanciamento tra principi e diritti fondamentali,  senza
pretese di assolutezza  per  nessuno  di  essi.  [...]  Il  punto  di
equilibrio, proprio perche' dinamico e non  prefissato  in  anticipo,
deve essere valutato - dal legislatore nella statuizione delle  norme
e dal giudice delle leggi in sede di controllo - secondo  criteri  di
proporzionalita' e di  ragionevolezza,  tali  da  non  consentire  un
sacrificio  del  loro  nucleo  essenziale»   (Corte   costituzionale,
sentenza n. 85 del 2013). 
    98. Peraltro, lo stesso decreto ministeriale prescrive,  all'art.
7, comma 3, alle regioni che, «nell'applicazione del  presente  comma
deve essere contemperata la necessita' di  tutela  dei  beni  con  la
garanzia di raggiungimento degli obiettivi  di  cui  alla  Tabella  A
dell'art. 2 del presente decreto». Sul punto, occorre ricordare  che,
anche  prima  dell'entrata  in  vigore  del  decreto  legislativo  n.
199/2021, l'orientamento della giurisprudenza costituzionale era  nel
senso di ritenere illegittime norme regionali volte a sancire, in via
generale e astratta, la non idoneita' di intere aree di territorio  o
a imporre, in  maniera  generalizzata  ed  aprioristica,  limitazioni
(Corte  costituzionale,  sentenza  n.  69  del  2018).  Per  costante
giurisprudenza  della  Corte,  infatti,  le  regioni  e  le  Province
autonome sono tenute a rispettare i principi fondamentali contemplati
dal legislatore statale (ex multis, sentenze n. 11 del 2022,  n.  177
del 2021 e n. 106 del 2020) e, nel  caso  di  specie,  racchiusi  nel
citato decreto legislativo n. 199 del  2021  e  nella  disciplina  di
attuazione (quale il decreto ministeriale aree idonee). 
    99. I divieti posti dalla  Regione  Sardegna,  e  in  particolare
l'art. 1, commi 2, 5, 7 e 8 e i relativi allegati A, B, C,  D  ed  E,
violano pertanto i principi  fondamentali  posti  dallo  Stato  nella
materia  di  legislazione  concorrente   «produzione,   trasporto   e
distribuzione nazionale dell'energia», di  cui  all'art.  117,  terzo
comma, della Costituzione, espressi dal decreto  legislativo  n.  199
del  2021,  nonche'  dal  decreto  ministeriale  21  giugno  2024   e
contrastano con gli articoli 3, 9,  11  e  117,  primo  comma,  della
Costituzione, in quanto incidono sul raggiungimento  degli  obiettivi
di decarbonizzazione fissati a livello europeo. 
    100. L'art. 1, inoltre, precisa che le disposizioni  della  legge
si applicano a tutto il territorio regionale, ivi inclusi le  aree  e
le superfici sulle quali insistono impianti a  fonti  rinnovabili  in
corso di  valutazione  ambientale  e  autorizzazione,  di  competenza
regionale o statale ovvero autorizzati che  non  abbiano  determinato
una modifica irreversibile dello stato dei luoghi. Non solo. La legge
addirittura  incide  sui  titoli  autorizzatori  e  abilitativi  gia'
rilasciati,  comminandone  l'inefficacia,  mentre  in  relazione   ai
progetti gia' realizzati prevede (al comma 8), che «Gli interventi di
rifacimento,  integrale  ricostruzione,  potenziamento   [...]   sono
ammessi solo qualora non comportino un aumento della superficie lorda
occupata,  nonche',  nel  caso  di  impianti   eolici,   un   aumento
dell'altezza totale  dell'impianto».  Ne  deriva  la  violazione  dei
principi  di  uguaglianza,  certezza  del  diritto  e  del  legittimo
affidamento, nonche' il diritto di liberta' di  iniziativa  economica
di cui all'art. 41  della  Costituzione.  Il  legislatore  regionale,
infatti, ha imposto l'indiscriminata applicazione del nuovo regime  a
tutti gli operatori, senza differenziare la posizione di  coloro  che
non hanno ancora presentato alcun progetto, che lo hanno sviluppato e
gia'  sottoposto  alla  valutazione   dell'Autorita'   amministrativa
sostenendo i relativi costi di progettazione ovvero che abbiano  gia'
ottenuto  le  autorizzazioni  e  iniziato  a  sostenere  i  costi  di
realizzazione. In relazione ai progetti gia' realizzati, inoltre,  la
disciplina  regionale  da'  luogo  a   un   regolamento   del   tutto
irrazionale, in cui le aree interessate dal progetto gia'  realizzato
e quelle contermini si trasformano, di fatto, in aree vietate ratione
personarum: il  soggetto  gia'  titolare  di  un  impianto,  infatti,
verrebbe privato della possibilita' di apportare  modifiche  a  detto
impianto  che  ne  determinino  in  qualunque  modo  l'aumento  della
superficie occupata ovvero  dell'altezza  totale  (per  gli  impianti
eolici),  senza  che  assumano  alcuna  rilevanza  la  qualificazione
dell'area  (idonea,  non  idonea,  ordinaria)   e   l'entita'   delle
modifiche,  con  violazione   dei   principi   di   uguaglianza,   di
ragionevolezza e di legittimo affidamento. 
    101. Al riguardo, occorre ricordare che secondo la giurisprudenza
costituzionale  il  valore  del  legittimo  affidamento,  che   trova
copertura costituzionale nell'art. 3 della Costituzione, non  esclude
che il legislatore possa  adottare  disposizioni  che  modificano  in
senso  sfavorevole  agli  interessati  la  disciplina   di   rapporti
giuridici, anche se l'oggetto di questi  sia  costituito  da  diritti
soggettivi perfetti. Cio' puo' avvenire, tuttavia, a condizione  «che
tali disposizioni  non  trasmodino  in  un  regolamento  irrazionale,
frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi
precedenti, l'affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da
intendersi quale elemento fondamentale dello Stato  di  diritto»  (ex
plurimis, sentenze n. 216 e n. 56 del 2015, n. 219 del 2014,  n.  154
del 2014, n. 310 e n. 83 del 2013, n. 166 del 2012 e n. 302 del 2010;
ordinanza n. 31 del 2011). Nel caso di  specie,  invece,  la  Regione
Sardegna  ha  emanato  una  legge  che   contravviene   ai   principi
fondamentali  della   materia,   quali   derivanti   dagli   obblighi
rinvenienti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea e  dalla
relativa normativa  statale  di  attuazione,  senza  preoccuparsi  di
operare alcun bilanciamento con tutti i valori  in  gioco,  recedendo
soltanto di fronte all'impossibilita' di  fatto  di  ripristinare  lo
status quo. 
    102. Da quanto sopra discende anche la violazione dei principi di
imparzialita'  e  buon  andamento  dell'amministrazione,   e   quindi
dell'art. 97 della Costituzione. Oltre all'irragionevole impatto  che
la suddetta normativa determina su procedimenti gia'  definiti,  essa
osta, infatti, a qualsivoglia possibilita'  di  realizzare,  in  sede
amministrativa, il piu' opportuno bilanciamento  degli  interessi  in
gioco. 
    103. Non soccorre, al riguardo, la peculiare  procedura  prevista
dall'art.  3  della  legge  che  consente,  su  istanza  dei   comuni
interessati, di proporre un'istanza propedeutica  alla  realizzazione
di  un  impianto  o  di  un  accumulo  FER  all'interno  di   un'area
individuata come non idonea. Tale istanza, che gia' sotto il  profilo
della previsione dell'esclusiva  competenza  propositiva  del  comune
suscita perplessita' per la commistione tra  profili  di  valutazione
politica e amministrativa, da' luogo a una procedura, da svolgersi in
sede di conferenza di servizi, in cui e' pero' prevista  l'unanimita'
ai fini  della  realizzazione  dell'intervento  e  l'inapplicabilita'
dell'istituto  del   silenzio-assenso,   dipartendosi   all'ordinario
funzionamento  della  conferenza   dei   servizi   e   del   silenzio
significativo  di  cui  alla  disciplina  statale  sul   procedimento
amministrativo, fonte che rappresenta la norma interposta, dalla  cui
violazione discende  il  contrasto  con  l'art  117,  secondo  comma,
lettera m),  che  attribuisce  alla  Stato  la  potesta'  legislativa
esclusiva in determinazione dei livelli essenziali delle  prestazioni
concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su
tutto il territorio nazionale. Al  riguardo,  occorre  ricordare  che
l'art. 29,  comma  2-ter  della  legge  n.  241/1990  stabilisce  che
«Attengono [...] ai  livelli  essenziali  delle  prestazioni  di  cui
all'art. 117,  secondo  comma,  lettera  m),  della  Costituzione  le
disposizioni della presente legge  concernenti  la  presentazione  di
istanze, segnalazioni e comunicazioni, la segnalazione certificata di
inizio attivita' e il silenzio assenso e la  conferenza  di  servizi,
salva  la  possibilita'  di  individuare,  con  intese  in  sede   di
Conferenza unificata di cui all'art. 8  del  decreto  legislativo  28
agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni,  casi  ulteriori  in
cui tali disposizioni non si applicano», mentre ai  sensi  del  comma
2-quater  «Le  regioni  e  gli  enti  locali,  nel   disciplinare   i
procedimenti amministrativi di loro competenza, non possono stabilire
garanzie inferiori a quelle assicurate ai privati dalle  disposizioni
attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni  di  cui  ai  commi
2-bis e 2-ter, ma possono prevedere livelli ulteriori di tutela», con
obbligo per le regioni a statuto speciale e le Provincie autonome  di
adeguare la propria legislazione a tali previsioni. 
    104. Non c'e' dubbio  che  la  legge  regionale  sarda  rechi  un
livello  inferiore  di  tutela  rispetto  a  quello  garantito  dalla
disciplina statale, imponendo l'unanimita' dei consensi ed escludendo
l'operativita' del silenzio-assenso. 
    105. Sotto altro profilo, occorre anche ricordare che, secondo un
indirizzo consolidato del  Giudice  costituzionale,  «"[s]petta  alla
legislazione  statale  determinare  presupposti   e   caratteristiche
dell'autorizzazione paesaggistica, delle eventuali esenzioni e  delle
semplificazioni della procedura, in ragione della  diversa  incidenza
delle opere sul valore intangibile dell'ambiente"  (sentenza  n.  246
del 2017). Si e', inoltre, affermato che "la  legislazione  regionale
non puo' prevedere una procedura per  l'autorizzazione  paesaggistica
diversa da quella dettata dalla legislazione  statale,  perche'  alle
regioni  non  e'  consentito  introdurre  deroghe  agli  istituti  di
protezione ambientale che dettano una disciplina  uniforme,  valevole
su  tutto  il  territorio  nazionale,  nel  cui  ambito  deve  essere
annoverata l'autorizzazione paesaggistica" (sentenza n. 189 del 2016;
nello stesso senso, sentenze n. 238 del 2013, n. 235 del 2011, n. 101
del 2010 e n. 232  del  2008)»  (Corte  costituzionale,  sentenza  n.
74/2021). 
    106. La procedura prevista  dall'art.  3  della  legge  regionale
Sardegna n. 20/2024, istituendo un procedimento diverso anche in aree
sottoposte a  tutela  culturale  o  paesaggistica  per  le  quali  la
normativa statale (articoli  21  e  146  del  testo  unico  dei  beni
culturali) fissa, per esigenze  di  uniformita'  di  trattamento,  un
procedimento autorizzatorio apposito da  parte  della  soprintendenza
competente, si pone anche in  contrasto  con  l'art.  117,  comma  2,
lettera  s),  della  Costituzione,  che   assegna   alla   competenza
legislativa  esclusiva  dello  Stato   la   materia   della   «tutela
dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». 
    107. Peraltro, la predetta disciplina e' in ogni caso un  diretto
portato dell'illegittimo  divieto  generalizzato  di  realizzare  gli
impianti in aree non idonee  e  non  puo',  pertanto,  sfuggire  alle
medesime censure suesposte. 
    108.  Per  tutto  quanto  sopra,  va   sollevata   questione   di
legittimita' costituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3,
nonche' dei relativi allegati A, B, C, D  ed  E,  della  legge  della
Regione autonoma della Sardegna  n.  20/2024,  per  violazione  degli
articoli 3, 9, 11, 41, 97 e 117, commi 1, 2, lettere m) e  s),  e  3,
della Costituzione, anche in relazione  ai  principi  espressi  dalla
direttiva (UE) 2018/2001  e  dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come
modificati dalla direttiva (UE) 2023/2413,  nonche'  dal  regolamento
(UE) 2021/1119, e altresi' dell'art. 10 della legge costituzionale n.
3/2001 e degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale  n.  3/1948.
Conseguentemente, il presente giudizio deve essere  sospeso  ai  fini
dell'esame  della  domanda  di  annullamento  del  provvedimento   di
archiviazione. 
    109. L'incidente di  costituzionalita'  viene  sollevato  con  la
presente sentenza parziale, anziche' con ordinanza,  in  ragione  del
carattere  pregiudiziale  che  l'esame  delle  doglianze  oggetto  di
definizione  riveste  ai  fini  dell'apprezzamento  dei  profili   di
rilevanza  delle  questioni   rimesse   in   ragione   della   natura
plurimotivata  del  provvedimento  di   archiviazione,   nonche'   in
conformita' alla giurisprudenza costituzionale secondo la quale «Alla
sentenza non definitiva puo' essere  [...]  riconosciuto,  sul  piano
sostanziale, il carattere dell'ordinanza di rimessione, sempre che il
giudice a quo  -  come  nel  caso  in  esame  -  abbia  disposto,  in
conformita' a quanto previsto dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953,
n. 87 (Norme sulla  costituzione  e  sul  funzionamento  della  Corte
costituzionale), la sospensione  del  procedimento  principale  e  la
trasmissione del fascicolo alla cancelleria  di  questa  Corte,  dopo
aver valutato la rilevanza e  la  non  manifesta  infondatezza  della
questione (in questi termini, tra le altre, sentenze n. 112 del  2021
e n. 153 del 2020)» (Corte costituzionale, sentenza n. 218/2021).  

 
                               P.Q.M. 
 
    Il Tribunale  Amministrativo  Regionale  per  il  Lazio  (Sezione
Terza), parzialmente e non definitivamente pronunciando sul  ricorso,
come in epigrafe proposto, cosi' dispone: 
        lo accoglie parzialmente nei termini di cui in  parte  motiva
e, per l'effetto, annulla l'art. 7, comma 2, lettera c), del  decreto
ministeriale 21 giugno 2024, con  obbligo  per  l'Amministrazione  di
rideterminarsi ai sensi e nei termini  di  cui  alla  sentenza  della
Sezione n. 9155/2025; 
        dichiara  non  rilevanti   le   questioni   di   legittimita'
costituzionale sollevate  in  relazione  all'art.  5,  comma  1,  del
decreto legge 15 maggio 2024, n. 63, che  introduce  il  comma  1-bis
all'art. 20 del decreto legislativo  8  novembre  2021,  n.  199  per
violazione degli articoli 77, 117, comma 1, e 9 della Costituzione; 
        dichiara   manifestamente   infondate   le    questioni    di
legittimita' costituzionale sollevate in relazione all'art. 20, comma
4, del decreto legislativo 8 novembre 2021, n.  199,  per  violazione
degli articoli 24 e 97 della Costituzione; 
        dichiara  rilevanti  e  non  manifestamente  infondate,   nei
termini illustrati in parte  motiva,  le  questioni  di  legittimita'
costituzionale degli articoli 1, commi 2, 5, 7 e 8, e 3, nonche'  dei
relativi allegati A, B, C, D ed E, della legge della Regione autonoma
della Sardegna 5 dicembre 2024, n. 20, per violazione degli  articoli
3, 9, 11, 41, 97 e 117, comma 1, 2, lettere  m)  e  s),  e  3,  della
Costituzione, anche in relazione ai principi espressi dalla direttiva
(UE) 2018/2001 e dal  regolamento  (UE)  2018/1999,  come  modificati
dalla  direttiva  (UE)  2023/2413,  nonche'  dal   regolamento   (UE)
2021/1119, e altresi' dell'art.  10  della  legge  costituzionale  n.
3/2001 e degli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3/1948; 
        sospende il giudizio ai  fini  dell'esame  della  domanda  di
annullamento del provvedimento RAS AOO 09-01-00 prot. uscita n. 55854
del 9 dicembre 2024 della Direzione generale dell'industria, servizio
energia ed economia verde, Assessorato dell'industria  della  Regione
Autonoma della  Sardegna,  per  le  determinazioni  conseguenti  alla
definizione dell'incidente di costituzionalita' e, ai sensi dell'art.
23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dispone  la  trasmissione  degli
atti alla Corte costituzionale; 
        dispone la comunicazione della presente sentenza  alle  parti
in causa, nonche' la sua notificazione al  Presidente  della  Regione
autonoma della Sardegna  e  al  Presidente  del  Consiglio  regionale
sardo; 
        rinvia ogni  ulteriore  statuizione  all'esito  del  giudizio
incidentale promosso con la presente sentenza. 
    Ordina che  la  presente  sentenza  sia  eseguita  dall'autorita'
amministrativa. 
    Cosi' deciso in Roma nella Camera  di  consiglio  del  giorno  21
maggio 2025 con l'intervento dei magistrati: 
        Elena Stanizzi, Presidente 
        Giovanna Vigliotti, Primo Referendario 
        Marco Savi, referendario, Estensore 
 
                       Il Presidente: Stanizzi 
 
 
                                                   L'Estensore: Savi