Reg. ord. n. 153 del 2025 pubbl. su G.U. del 03/09/2025 n. 36

Ordinanza del Tribunale di Firenze  del 16/06/2025

Tra: G.M.C.G.S.C.C.N.S.

Oggetto:

Reati e pene – Riunioni in luogo pubblico o aperto al pubblico – Obbligo di preavviso al questore – Denunciata previsione della sanzione penale in caso di inosservanza – Violazione della libertà di riunione, anche convenzionale, e della libertà di manifestazione del pensiero – Inosservanza degli obblighi internazionali.

In subordine: Reati e pene – Riunioni in luogo pubblico – Obbligo di preavviso al questore – Sanzione penale – Previsione, cumulativamente anziché alternativamente, di una pena detentiva e di una pena pecuniaria in caso di inosservanza – Contrasto con il principio di proporzionalità – Violazione della libertà di riunione, anche convenzionale, e della libertà di manifestazione del pensiero. 

Norme impugnate:

regio decreto  del 18/06/1931  Num. 773  Art. 18  Co. 3



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art. 17   Co.  

Costituzione  Art. 21   Co.  

Costituzione  Art. 117   Co.

Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali  Art. 11   Co.  

Patto internazionale dei diritti civili e politici adottato a New York  Art. 21   Co.  




Testo dell'ordinanza

                        N. 153 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2025

Ordinanza  del  16  giugno  2025  del  Tribunale   di   Firenze   nel
procedimento penale a carico di G.M. C. e altri. 
 
Reati e pene - Riunione in luogo pubblico  o  aperto  al  pubblico  -
  Obbligo di preavviso al  questore  -  Denunciata  previsione  della
  sanzione penale in caso di inosservanza. 
In subordine: Reati e pene - Riunione in luogo pubblico o  aperto  al
  pubblico - Obbligo di preavviso al questore  -  Sanzione  penale  -
  Previsione, cumulativamente anziche' alternativamente, di una  pena
  detentiva e di una pena pecuniaria in caso di inosservanza. 
- Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo  unico
  delle leggi di pubblica sicurezza), art. 18, terzo comma. 


(GU n. 36 del 03-09-2025)

 
                        TRIBUNALE DI FIRENZE 
                        Prima sezione penale 
 
    Il giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di: 
      C             G             M             , nata  a            
il            ; elettiv. domiciliata in Prato, via Verdi 13; 
      - Libera assente; 
      - Difesa dall'avv. di fiducia Luigi  Dell'Aquila  del  Foro  di
Pisa; 
      C             C             G             S             ,  nato
a            il              ;  elett.  domiciliato  in  Empoli,  via
Oberdan 55; 
      - libera assente 
      - difesa dall'avv. di fiducia Francesca Trasatti; 
      M             M             F             , nata  a            
il             ; elettiv. domiciliata presso l'avv. Luigi Dell'Aquila
del Foro di Pisa; 
    - Libera assente; 
    - Difesa dall'avv. di fiducia Luigi Dell'Aquila del Foro di Pisa; 
      V             G             , nato a             il            
; elett. domiciliato in Camaiore, via Gallino 22; 
      - libero assente; 
      - difeso dall'avv. di fiducia Francesca Trasatti  del  Foro  di
Lucca; 
      S             N             , nata a             il            
; 
      - libera assente; 
      - difesa dall'avv. di fiducia Francesca Trasatti  del  Foro  di
Lucca; 
      imputati: 
        1) Reato previsto e punito dagli artt. 110 cod. pen., art  18
R.D. n 73/1931 perche', in concorso  morale  e  materiale  tra  loro,
organizzando un presidio di protesta,  esibendo  uno  striscione  sul
quale era scritto «ULTIMA GENERAZIONE STOP SUSSIDI AI FOSSILI», senza
alcuna  comunicazione  preventiva  al   Questore,   promuovevano   ed
organizzavano  in  luogo  pubblico  una  manifestazione  di  protesta
tenutasi in                         , innanzi al  portone  d'ingresso
dell'edificio-sede del                         . 
        Fatti commessi in             , in data             . 
        2) Reato previsto e punito dagli artt.  110,  639  cod.  pen.
Perche' in concorso morale e materiale tra loro, nelle circostanze di
cui al capo 1), utilizzando n. 1 (uno) estintore  contenente  vernice
rossa nr. 1 (uno) estintore contenente vernice gialla, in            
in via             , imbrattavano la facciata del piano terra  e  del
primo piano dell'edificio-sede del             . 
        Fatti commessi in             , in data             . 
    Sentite le parti; 
    premesso che: 
      - Con decreto del Pm emesso il  4  ottobre  2023  C            
G                M                C                C                ,
G             S             M             M             F            
, V             G              e  S              N              erano
citati a giudizio per la contravvenzione di cui all'art. 18  R.D.  n.
73/1931 (TULPS) e per il delitto di cui all'art. 639 c.p.; 
      -  a  seguito  di  alcuni   rinvii   preliminari,   all'udienza
predibattimentale odierna  le  Difese  degli  imputati V            ,
S            e  C            avanzavano  istanza  di  oblazione   con
riguardo  alla  contravvenzione  ex  art.  18  TULPS  (istanza   gia'
anticipata   mediante   apposita   nota   difensiva   depositata   in
cancelleria); il Pm esprimeva parere favorevole; 
    rilevato che 
      A) dagli atti d'indagine emerge  che  in  data              una
pattuglia dei Carabinieri rilevava la  presenza  dei  cinque  attuali
imputati dinanzi all'edificio di             , sede del             .
I predetti  stavano  attuando  una  forma  di  dimostrazione-protesta
contro le politiche pubbliche  di  supporto  al  consumo  di  energia
ricavata da combustibili fossili. In  particolare,  quattro  di  loro
(C            ,   C            ,   C            ,   V               e
S            ) erano seduti in terra e dietro di loro era  steso,  in
maniera ben visibile, uno striscione (lungo 118 cm, largo 68 cm)  che
recitava «ULTIMA GENERAZIONE STOP SUSSIDI AI FOSSILI»;  M            
era invece a breve distanza. 
      La facciata del citato edificio  pubblico  si  presentava  -  a
livello del piano terra e del primo  piano  -  pitturata  di  vernice
rossa e gialla. 
      Tutti e cinque i prevenuti presentavano segni di vernice (rossa
e gialla) sui vestiti, sulla testa e sulle mani. 
      Le successive perquisizioni  consentivano  di  rinvenire  nello
zaino di S             N             un ulteriore  striscione  (lungo
145 cm, largo 68 cm) che recava la scritta «ULTIMA GENERAZIONE NO GAS
CARBONE». 
      I militari nell'occasione sequestravano altresi' due estintori,
contenenti rispettivamente vernice rossa e vernice gialla. Dagli atti
non emerge dove si trovassero i due strumenti, ma la circostanza  che
il  sequestro  degli  stessi  sia  stato  verbalizzato  a  carico  di
C             ,  C           ,  C               ,   V               e
S             (cosi' come lo striscione che era  dispiegato  a  terra
dietro gli imputati e a differenza del diverso  striscione  rinvenuto
nello  zaino  di  S              sequestrato   a   carico   solo   di
quest'ultima) porta a ritenere che  gli  estintori  si  trovassero  a
terra nei pressi e non negli zaini. 
      Della dimostrazione-protesta in questione non  era  stato  dato
preavviso al Questore ai sensi dell'art. 18 TULPS. 
      Dalla   querela   successivamente   sporta   da   G            
P              -  direttore  pro  tempore  della  sede  in  questione
del             - emerge che  quella  impiegata  per  l'imbrattamento
della facciata del palazzo era vernice lavabile. 
      B) Quanto all'istanza di oblazione avanzata dai citati imputati
in relazione al reato ex art. 18 TULPS, questo  giudice  e'  chiamato
preliminarmente a verificare ex art. 129 c.p.p. se  sussistano  cause
di proscioglimento immediato (cosi' Cass. Sez. 1,  Sentenza  n.  6919
del 2022: «la domanda di ammissione all'oblazione,  pur  non  potendo
essere ritenuta come ammissione di colpevolezza e' - in ogni  caso  -
un atto idoneo a dar luogo alla apertura di un  sub-procedimento  nel
cui ambito il giudice puo' emettere - in ipotesi di manifesta assenza
di prova del  fatto  di  reato  o  della  sua  commissione  da  parte
dell'imputato - sentenza di proscioglimento ai  sensi  dell'art.  129
comma 2, cod. proc. pen.»). 
      C) Nel caso di specie, alla luce degli elementi di fatto  sopra
descritti,  alla  stregua  della  disciplina  in   vigore   e   della
consolidata giurisprudenza di legittimita',  non  emergono  cause  di
proscioglimento immediato ex art. 129 c.p.p. 
      In particolare, quella  in  corso  al  momento  dell'intervento
della Polizia Giudiziaria era una riunione in luogo pubblico. 
      Pacifico e' il  requisito  della  pubblicita'  del  luogo,  una
pubblica via. 
      Quanto alla possibilita' di qualificare  la  compresenza  degli
imputati in detto luogo  pubblico,  con  le  citate  modalita',  come
riunione, si deve rilevare  che  le  Sezioni  Unite  della  Corte  di
cassazione nella sentenza n. 46595 del 2019 (punto 13 del Considerato
in diritto) hanno individuato  una  nozione  di  «pubblica  riunione»
comune a varie norme  dell'ordinamento,  tra  cui  l'art.  18  TULPS:
«Questa nozione ristretta  e  comune  a  tutte  le  norme  menzionate
esiste: e' la riunione non  occasionale  di  piu'  persone  in  luogo
pubblico». 
      Quella attuata dagli imputati era una riunione volontaria e non
«occasionale»: in base al comportamento tenuto e alla predisposizione
ed organizzazione dei  mezzi  necessari  non  si  puo'  ritenere  che
l'iniziativa fosse estemporanea. 
      Il numero limitato delle  persone  partecipanti  all'iniziativa
non fa venire meno la natura di riunione  e  quindi  non  costituisce
evidenza ex art.  129  c.p.p.  dell'esclusione  del  fatto  di  reato
contestato. Si deve anzi rilevare che il fine ultimo  dell'iniziativa
era chiaramente quello di sensibilizzare la collettivita' rispetto al
pericolo per l'ambiente e per la salute pubblica connesso all'impiego
dei combustibili fossili, unitamente alla protesta  per  il  supporto
economico fornito dalle  autorita'  pubbliche  a  detto  impiego.  La
finalita',  dunque,  era  di  richiamare  l'attenzione  e  quindi  la
presenza  di  ulteriori  persone,  in  numero  rilevante.  Anche   le
modalita' seguite erano coerenti e idonee rispetto a tale  fine:  era
colorata la facciata dell'edificio  del                  con  vernice
gialla e rossa (quindi molto vistosa), si' da richiamare l'attenzione
dei  passanti,  ed  era  dispiegato  uno  striscione   in   cui   era
sintetizzato il senso dell'iniziativa. 
      Si mirava quindi a far convergere e  dunque  riunire  ulteriori
persone; le modalita' erano idonee a tale scopo. 
      Anche con riguardo al ruolo di promotore  della  riunione  (non
oggetto del dovuto preavviso) attribuito agli imputati  non  emergono
cause di proscioglimento  immediato.  Secondo  la  giurisprudenza  di
legittimita', «ai fini della configurabilita'  del  reato  di  omesso
previo avviso al Questore, di cui all'art  18  TULPS,  risponde  come
promotore di una riunione in luogo pubblico o di  un  corteo  per  le
pubbliche vie non soltanto chi progetta, indice, promuove e organizza
la manifestazione, ma anche chi collabora alla realizzazione  pratica
e al buon esito della stessa, partecipando  alla  fase  preparatoria»
(cosi' Cass. Sez. 1 - Sentenza n.  3549  del  17  novembre  2020  Rv.
280200 - 01, nello stesso senso Cass. Sez. 1 - Sentenza n. 42488  del
21 ottobre 2009 Rv. 245561 - 01). Nel caso di specie gli imputati ora
richiedenti l'oblazione di verniciatura della  facciata  del  palazzo
(tutti avevano segni di vernice  sulla  propria  persona)  l'imputata
S              ha  anche  portato  sul  posto  uno   striscione   non
concretamente utilizzato, ma del tutto analogo a quello dispiegato  a
terra. 
      C) Ai fini del giudizio circa la sussistenza di  una  causa  di
proscioglimento immediato ex art. 129 c.p.p. e in particolare ai fini
del giudizio circa la rilevanza penale del fatto in  questione,  pare
pero' necessario il  pronunciamento  della  Corte  costituzionale  in
ordine alla legittimita' costituzionale dell'art. 18  comma  3  regio
decreto 18 giugno 1931 n. 773 (Testo Unico delle  leggi  di  Pubblica
Sicurezza); 
      D) In subordine, nell'ipotesi di non accoglimento della  citata
questione ai fini dell'ammissibilita' della domanda di oblazione pare
necessario il pronunciamento della  Corte  costituzionale  in  ordine
alla legittimita' costituzionale della stessa norma  nella  parte  in
cui prevede - cumulativamente anziche' alternativamente  -  una  pena
detentiva e una pena pecuniaria; 
    cio' premesso; 
 
                              Osserva: 
 
    1. Rilevanza delle questioni 
    1.1 Come  si  e'  gia'  evidenziato,  qualora  fosse  accolta  la
questione sollevata in  via  principale,  in  relazione  al  capo  1)
dell'imputazione si dovrebbe emettere una sentenza  di  non  luogo  a
procedere ex art. 129 c.p.p. perche' il fatto non e'  previsto  dalla
legge come reato. 
    1.2 Qualora la predetta  questione  non  fosse  accolta,  sarebbe
rilevante la questione subordinata relativa alla pena prevista per il
reato in questione: in base alla formulazione  attuale  della  norma,
che  prevede  cumulativamente   la   pena   dell'arresto   e   quella
dell'ammenda, l'istanza di oblazione sarebbe inammissibile, posto che
il citato istituto puo' trovare applicazione solo per contravvenzioni
per le quali sia prevista la sola pena pecuniaria (ai sensi dell'art.
162 c.p.) o per le quali  siano  previste  alternativamente  la  pena
pecuniaria e quella detentiva (ai sensi  dell'art.  162-bis  comma  l
c.p.). 
    Viceversa, qualora fosse accolta la questione  sollevata  in  via
subordinata e dunque la norma  incriminatrice  fosse  oggetto  di  un
intervento manipolativo che rendesse la  pena  detentiva  e  la  pena
pecuniaria  previste  in  via  alternativa,  l'istanza  di  oblazione
sarebbe ammissibile e questo giudice potrebbe ammettere  gli  istanti
all'oblazione e fissare un  termine  per  l'adempimento  dell'obbligo
pecuniario. Non risultano infatti persistere  conseguenze  dannose  o
pericolose del reato ne' la gravita' del fatto di reato  e'  tale  da
giustificare il rigetto dell'istanza (art. 162-bis comma 3 e 4 c.p.). 
    D'altronde, ai fini della rilevanza della presente questione,  si
deve osservare che - stante  l'attuale  previsione  cumulativa  della
pena detentiva e pecuniaria - questo giudice dovrebbe  arrestarsi  al
primo  vaglio  circa  l'ammissibilita'  dell'istanza,  senza  neppure
valutare  nel  merito  la  persistenza  di  conseguenze   dannose   o
pericolose  del  reato  ne'  la  gravita'  di  quest'ultimo  (in  una
situazione analoga, con riguardo all'istituto della messa alla  prova
la Corte costituzionale nella sentenza n. 174 del  2022  ha  ritenuto
rilevante la questione proposta dal giudice rimettente e ritenuto non
fondata l'eccezione proposta dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
sottolineando che la rimozione della preclusione prevista dalla norma
censurata avrebbe consentito al giudice a quo di valutare nel  merito
la sussistenza degli ulteriori presupposti per l'accesso all'istituto
in questione). 
    2. Non manifesta infondatezza. 
    2.1  Appare  opportuna  una  breve   ricostruzione   del   quadro
normativo. 
    L'art. 18 regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 prevedeva: 
      «I promotori di una riunione in  luogo  pubblico  o  aperto  al
pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore. 
      E'  considerata  pubblica  anche  una  riunione,  che,  sebbene
indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sara'  tenuto,
o per il numero delle persone che dovranno  intervenirvi,  o  per  lo
scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata. 
      I contravventori sono puniti con l'arresto fino a  sei  mesi  e
con l'ammenda da lire mille a quattromila. Con le  stesse  pene  sono
puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola. 
      Il Questore, nel caso di omesso avviso ovvero  per  ragioni  di
ordine pubblico, di moralita' o di sanita'  pubblica,  puo'  impedire
che  la  riunione  abbia  luogo  e  puo',  per  le  stesse   ragioni,
prescrivere modalita' di tempo di luogo alla riunione. 
      I contravventori al divieto o alle prescrizioni  dell'Autorita'
sono puniti con l'arresto fino a un anno  e  con  l'ammenda  da  lire
duemila a quattromila. Con le stesse  pene  sono  puniti  coloro  che
nelle predette riunioni prendono la parola. 
      Non e' punibile chi, prima  dell'ingiunzione  dell'Autorita'  o
per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione. 
      Le disposizioni  di  questo  articolo  non  si  applicano  alle
riunioni elettorali.» 
    Successivamente all'adozione della  Costituzione  repubblicana  e
all'inizio dell'operativita' della Corte  costituzionale,  il  citato
articolo del TULPS - a parte i vari adeguamenti della pena pecuniaria
(la cui cornice edittale e' oggi compresa tra 103 euro e 413 euro)  -
e' stato oggetto di numerose questioni di  costituzionalita',  alcune
delle quali accolte. 
      In particolare, la Corte costituzionale con la sentenza  n.  27
del 1958  ha  dichiarato  l'illegittimita'  delle  norme  del  citato
articolo nella parte relativa  alle  riunioni  non  tenute  in  luogo
pubblico;  con  la  sentenza   n.   90   del   1970   ha   dichiarato
l'incostituzionalita' dell'art. 18 comma 3 nella  parte  in  cui  non
limita la previsione punitiva a coloro che prendono la parola essendo
a conoscenza dell'omissione del preavviso previsto  dal  primo  comma
dello stesso articolo; con la sentenza n. 11 del 1979  ha  dichiarato
l'incostituzionalita' dell'art. 18 comma 3 nella parte in cui prevede
la punizione di coloro che prendono la parola  essendo  a  conoscenza
della omissione di preavviso previsto nel  primo  comma  (accogliendo
cosi' una questione precedentemente ritenuta infondata,  sia  con  la
sentenza 90 del 1970, sia con la sentenza n. 51 del 1975). 
    Attualmente, quindi, l'incriminazione  e'  circoscritta  ai  soli
promotori della riunione in luogo  pubblico  che  omettano  di  darne
avviso al Questore almeno tre giorni prima (oltre che  a  coloro  che
contravvengono al divieto di riunione imposto  dal  Questore  o  alle
prescrizioni da questi imposte, ai sensi dell'art. 18 comma 4). 
    2.2 La questione che ora s'intende proporre in via principale non
attiene alla previsione dell'obbligo del preavviso per le riunioni in
luogo pubblico bensi' alla previsione  di  una  sanzione  penale  per
l'ipotesi in cui tale obbligo non sia rispettato. 
    Trattasi - per certi  versi  -  di  questione  analoga  a  quella
ritenuta infondata dalla Corte costituzionale con la  sentenza  n.  9
del 1956. In tale occasione - a fronte del  dedotto  contrasto  della
norma censurata con l'art. 17 della Costituzione, che  non  contempla
una sanzione per il mancato preavviso - cosi' la  Corte  motivava  la
propria decisione: «E' normale che  il  precetto  costituzionale  non
copra, per tutta la sua estensione, la materia regolata  dalle  norme
ad essa sottordinate nella scala  dei  valori  normativi.  L'art.  17
della  Costituzione,  per  le  riunioni  in  luogo  pubblico  -  come
chiaramente risulta da tutti i lavori preparatori -, e'  confermativo
della disciplina preesistente. Pertanto la sanzione penale  contenuta
nell'art. 18 del T.U.  delle  leggi  di  p.s.,  nella  parte  che  si
riferisce alle riunioni in luogo pubblico, integra e completa,  sotto
il relativo profilo,  la  disposizione  costituzionale,  non  essendo
nemmeno pensabile che il precetto costituzionale possa, se  veramente
se ne vuole il rispetto, essere sprovvisto di sanzione». L'assunto e'
stato poi confermato in numerose ordinanze successive  (ordinanze  27
del 1956, 31 del 1956, 32 del 1956, 86 del 1957, 87 del 1957, 88  del
1957, 89 del 1957, 90 del 1957, 10 del 1960). 
    2.3 La citata conclusione non appare condivisibile. 
    2.3.1 Da un lato, la circostanza che il principio  costituzionale
non sia meramente confermativo della disciplina  precedente  (dettata
in periodo particolarmente infausto  per  le  liberta'  fondamentali)
emerge gia' solo dal fatto che con le tre sentenze sopra  citate  (27
del 1958, 90 del 1970 e 11 del 1979) la stessa  Corte  costituzionale
ha rilevato il contrasto  in  piu'  punti  della  disciplina  dettata
dall'art. 18 TULPS con il combinato disposto degli articoli 17  e  21
della Costituzione. 
    2.3.2  Dall'altro  -  premesso  che  l'art.  17  comma  3   della
Costituzione prevede che  delle  riunioni  in  luogo  pubblico  debba
essere dato preavviso alle autorita', senza fare alcun riferimento  a
pene - se non e' logicamente corretto desumere da  tale  mancanza  un
divieto di sanzione penale, risulta pero' eccessivo  dedurre  che  il
precetto debba essere necessariamente accompagnato da una sanzione e,
in particolare, che la sanzione debba essere di natura penale (per di
piu' di tipo detentivo); a  maggior  ragione  ove  si  consideri  che
l'obbligo di preavviso costituisce una limitazione  all'esercizio  di
un diritto fondamentale e quindi la relativa previsione pare  doversi
interpretare restrittivamente. 
    Si  consideri  anche  che  nel  frattempo  il  quadro   normativo
complessivo  e'  mutato  notevolmente,  per   cui   da   una   logica
panpenalistica si e' passati ad una  concezione  del  diritto  penale
come extrema ratio. Inoltre,  si  e'  diffusa  ampiamente  la  figura
dell'illecito amministrativo con finalita'  punitiva,  sicche'  molte
ipotesi di illecito che in passato avevano natura  penale  hanno  ora
una rilevanza soltanto amministrativa. 
    Del resto, il mancato preavviso gia' trova una possibile sanzione
(di tipo non punitivo) nella  dispersione  della  riunione  ad  opera
delle  forze  di  polizia  (dispersione  che  costituisce  una   mera
eventualita' e non l'oggetto di un obbligo,  come  gia'  sottolineato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 90 del 1970). 
    L'art.  17  della  Costituzione   non   impone   dunque   affatto
l'incriminazione dell'omesso preavviso da parte dei  promotori  della
riunione in luogo pubblico. 
    2.4 Dall'epoca delle citate pronunce della  Corte  costituzionale
e' inoltre maturata una maggiore sensibilita'  rispetto  alla  tutela
dei diritti fondamentali, anche  con  riguardo  all'esigenza  che  le
limitazioni ai diritti fondamentali rispettino sempre il canone della
proporzionalita', «in quanto la  proporzionalita'  e'  "requisito  di
sistema nell'ordinamento costituzionale italiana, in relazione a ogni
atto dell'autorita' suscettibile di incidere sui diritti fondamentali
dell'individuo"» (cosi' la sentenza n. 203 del 2024, che  richiama  a
sua volta precedenti pronunce). 
    A questo riguardo, l'art. 18 comma 3 TULPS pare violare gli artt.
17 e 21 della Costituzione (la liberta' di riunione e la liberta'  di
manifestazione  del  pensiero  paiono  strettamente  collegate,  come
riconosciuto sia dalla Corte costituzionale sia dalla  Corte  EDU  in
plurime  pronunce),  posto  che  pare  sproporzionata  la  previsione
dell'incriminazione per tutte le ipotesi di omesso preavviso da parte
degli organizzatori,  a  prescindere  dalla  tipologia  di  riunione,
dall'entita' della stessa, dal luogo  e  dai  mezzi  di  svolgimento,
nonche' dalle conseguenze che ne derivino. 
    Il raduno di centinaia di manifestanti a bordo di trattori  sulla
tangenziale di una grande citta' e' situazione  radicalmente  diversa
rispetto  al  ritrovo  di  una  decina  di  giovani  a   piedi:   una
manifestazione nei pressi della sede  del  Parlamento  e'  situazione
radicalmente diversa da una riunione in un parco cittadino. 
    In ogni caso, la previsione della possibilita' per  le  autorita'
di impedire lo  svolgimento  della  riunione  pare  sufficiente  alla
salvaguardia dell'ordine pubblico, per  cui  la  configurazione  come
reato  dell'omesso  preavviso  appare  inutilmente  limitativa  delle
liberta' di riunione e di manifestazione del pensiero. 
    2.5 La norma censurata pare violare  altresi'  l'art.  117  della
Costituzione  in  relazione  all'art.  21  del  Patto  internazionale
relativo ai diritti civili e politici di New York. 
    Detto articolo del Patto adottato a New York il 16 dicembre  1966
(reso esecutivo in Italia con la legge  25  ottobre  1977,  n.  881),
cosi' recita: «E'  riconosciuto  il  diritto  di  riunione  pacifica.
L'esercizio di tale diritto non puo' formare oggetto  di  restrizioni
tranne  quelle  imposte  in  conformita'  alla  legge  e  che   siano
necessarie  in  una  societa'   democratica,   nell'interesse   della
sicurezza nazionale, della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico o
per tutelare la sanita' o la morale pubbliche, o gli altrui diritti e
liberta'.» 
    Quanto al  concetto  di  «restrizioni  [...]  necessarie  in  una
societa' democratica» - che evoca il principio di proporzionalita'  -
risulta fondamentale l'interpretazione fornita  dal  Comitato  per  i
Diritti Umani dell'ONU nel Commento Generale n.  37  sul  diritto  di
riunione pacifica. 
    2.5.1 Preliminarmente nel citato Commento Generale,  il  Comitato
precisa:  che  «riunione  pacifica»  e'  sinonimo  di  «riunione  non
violenta», ove per violenza si deve  intendere  l'uso  ad  opera  dei
partecipanti di una forza  fisica  suscettibile  di  cagionare  delle
lesioni o la morte o dei danni gravi ai beni (paragrafo 15);  che  il
confine tra riunione pacifica e riunione non pacifica puo' talora non
essere chiaro, ma esiste una  presunzione  in  favore  del  carattere
pacifico della riunione e gli eventuali atti  sporadici  di  violenza
posti in essere da alcuni partecipanti non possono essere  attribuiti
agli altri o agli organizzatori o far qualificare  come  violenta  la
riunione (par. 17). 
    Ai paragrafi 70 e seguenti e' trattato il tema del preavviso.  In
particolare e' previsto che l'adozione di un sistema di preavviso non
deve diventare un fine in se'. Al par. 71 il Comitato afferma che  la
mancanza di preavviso, ove richiesto, non puo'  rendere  illegale  la
partecipazione ad una riunione, non puo' di per  se'  legittimare  la
dispersione della riunione  o  l'arresto  dei  partecipanti  o  degli
organizzatori o l'intenzione  di  sanzioni  ingiustificate,  come  ad
esempio accusare gli  organizzatori  o  i  partecipanti  di  illeciti
penali; anche le  eventuali  sanzioni  amministrative  devono  essere
giustificate dalle autorita'; la mancanza di preavviso non esonera le
autorita' dal dovere, nella misura in  cui  sia  loro  possibile,  di
agevolare la riunione e di proteggere i partecipanti (1) . 
    Dunque, per quel che qui  piu'  strettamente  interessa,  secondo
l'interpretazione fornita dall'apposito Comitato ONU, la mancanza  di
preavviso di una riunione, pur quando lo  stesso  sia  richiesto  non
puo' costituire l'oggetto di un'infrazione penalmente  rilevante  nei
confronti degli organizzatori. 
    2.5.2 Le interpretazioni del Patto fornite  dal  Comitato  per  i
Diritti dell'Uomo dell'ONU non sono di per se' vincolanti. 
    Il citato Commento Generale tuttavia - per l'autorevolezza  e  la
specializzazione dell'organo da cui  promana  e  per  il  livello  di
approfondimento - costituisce una interpretazione molto autorevole da
cui non vi e' motivo di discostarsi. 
    In  proposito,  si  rilevi  che  la  Corte  europea  dei  diritti
dell'uomo molto spesso cita le osservazioni e i Commenti Generali del
Comitato  ONU  per  i  diritti  dell'uomo   come   fonte   autorevole
d'interpretazione del Patto di New York:  cosi',  ad  esempio,  nella
sentenza del 25 giugno 2013  nel  caso  YOUTH  INITIATIVE  FOR  HUMAN
RIGHTS v. SERBIA  al  par.  13  a  proposito  del  commento  generale
sull'art 19 del Patto; nella sentenza del  28  marzo  2006  nel  caso
SUKHOVETSKYY c. UKRAINE al par. 41 in materia di diritti  elettorali;
nella sentenza del 21 settembre 2006 nel caso MASZNI c.  ROUMANIE  ai
par. 28-30 a proposito dell'art. 14 del patto; nella sentenza del  20
febbraio 2018 nel caso KROMBACH c. France ai par. 19-20  a  proposito
del principio del bis in idem; nella sentenza del  27  novembre  2014
nel caso HRVATSKI LIJEČNIČKI SINDIKAT  v.  CROATIA  nella  concurring
opinion del giudice Pinto De Albuquerque a proposito del  diritto  di
sciopero. 
    Anche il Presidente del Consiglio dei Ministri nei propri ricorsi
in  via  principale  dinanzi  alla  Corte  costituzionale  ha  talora
invocato gli articoli del Patto di New York per come interpretati dal
comitato per i diritti umani dell'Organizzazione delle Nazioni  Unite
nei propri Commenti Generali: si veda ad esempio il ricorso n. 47 del
2015 Reg. Ric. (G.U. 019  del  13  maggio  2015)  in  relazione  alla
legittimita' costituzionale degli artt. 70 e  72  della  legge  della
Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, nell'ambito del quale al par.
4 della  motivazione  il  Governo  ha  invocato  il  General  Comment
all'art. 18 del Patto di New York e in particolare l'indicazione  del
Comitato circa l'interpretazione  necessariamente  restrittiva  delle
limitazioni alla liberta' dei religione di cui all'art. 18 comma 3  e
il principio di proporzionalita' (2) . 
    Infine, i  Commenti  Generali  del  Comitato  dei  Diritti  Umani
dell'ONU costituiscono un importante parametro per  l'interpretazione
delle disposizioni del Patto di New York anche  nella  giurisprudenza
delle  Corti  nazionali  di  vari  Paesi  europei:  vi  hanno   fatto
riferimento, ad esempio, il Tribunale Costituzionale  spagnolo  nella
sentenza 26/2024 del 14 febbraio 2024 a proposito della  liberta'  di
religione e la Corte costituzionale federale tedesca  nella  sentenza
del 29 gennaio 2019 (2 BvC 62/14) in materia elettorale. 
    2.6  Analoga  questione  si  prospetta  rispetto  alla  possibile
violazione dell'art. 117 della Costituzione in relazione all'art.  11
della Convenzione Europea  dei  Diritti  dell'Uomo  (letto  anche  in
correlazione all'art. 10 della stessa Convenzione). 
    L'art. 11 CEDU al  primo  comma  riconosce  il  diritto  di  ogni
persona alla liberta' di riunione pacifica. Il secondo comma  prevede
poi  che  l'esercizio  di  tale  diritto  (e  degli   altri   diritti
riconosciuti al primo comma) «non puo' essere oggetto di  restrizioni
diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che  costituiscono
misure  necessarie,  in  una  societa'  democratica,  alla  sicurezza
nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa  dell'ordine  e  alla
prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale  e
alla protezione dei diritti e delle liberta' altrui». 
    2.6.1 La giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha ritenuto che
la richiesta di preavviso per le riunioni  in  luogo  pubblico  -  da
parte della legge nazionale di uno Stato  membro  -  costituisca  una
interferenza con il diritto di riunione,  che  puo'  tuttavia  essere
compatibile con il citato  articolo  laddove  ricorrano  i  requisiti
sopra indicati. 
    La  Corte  di   Strasburgo   ha   in   particolare   sottolineato
reiteratamente che la semplice assenza di notifica  preliminare,  pur
prevista dalla legge per un fine legittimo, non dia carta bianca alle
autorita', ne' rispetto alla dispersione di una riunione  pacifica  -
che potrebbe comunque costituire una reazione sproporzionata e quindi
un interferenza illegittima con il diritto fondamentale in  questione
(sentenza del 17 luglio 2007 nel caso BUKTA  ET  AUTRES  c.  HONGRIE,
par. 34-38; sentenza del 12 giugno 2014 nel caso PRIMOV AND OTHERS v.
RUSSIA,  par.  118-119;  sentenza  del  15  ottobre  2015  nel   caso
KUDREVIČIUS AND OTHERS v. LITHUANIA, par.  149-153)  -  ne'  rispetto
alle possibili sanzioni per il mancato preavviso. Sotto  quest'ultimo
profilo, piu' strettamente rilevante ai fini in esame, la  Corte  EDU
ha richiamato la  propria  costante  giurisprudenza  secondo  cui  la
natura e l'entita' delle sanzioni inflitte sono elementi da tenere in
considerazione nel valutare il  carattere  proporzionato  o  meno  di
un'interferenza rispetto al  fine  dalla  stessa  perseguito  tra  le
altre, sentenza del 28 settembre 1999 nel  caso  ÖZTÜRK  c.  TURQUIE;
sentenza dell'11 ottobre 2022 nel  caso  OSMANI  AND  OTHERS  v.  THE
FORMER YUGOSLAV REPUBLIC OF MACEDONIA). 
    Piu' precisamente, con riguardo alla  liberta'  di  riunione,  la
Corte ha affermato che la previsione di una sanzione penale (e  ancor
piu' di una pena  detentiva)  per  l'omesso  preavviso  richiede  una
giustificazione particolare, posto che «una  manifestazione  pacifica
non dovrebbe, in linea di principio, essere  soggetta  alla  minaccia
duna sanzione penale» (sentenza del 17 maggio 2011 nel caso AKGÖL AND
GÖL v.  TURKEY,  par.  43),  «in  particolare  una  privazione  della
liberta'» (sentenza del 18 giugno 2013 nel  caso  GÜN  ET  AUTRES  c.
TURQUIE, par. 83). 
    Ad esempio,  nel  caso  RAI  and  EVANS  v.  THE  UNITED  KINGDOM
(sentenza del  17  novembre  2009)  la  Corte  riteneva  giustificata
l'interferenza posto che la norma nazionale prevedeva sanzioni penali
(detentiva  e/o  pecuniaria)  soltanto  per  le  manifestazioni   non
autorizzate che si svolgessero in  zone  limitate  e  particolarmente
sensibili dal punto di  vista  della  sicurezza  (era  inoltre  stata
concretamente inflitta solo una pena pecuniaria). 
    Viceversa, nel caso OBOTE v. RUSSIA  (sentenza  del  19  novembre
2019, par. 43-45) - relativo  a  sette  soggetti  che  avevano  posto
interesse in «flash mob» di fronte ad un ufficio governativo senza la
prescritta previa comunicazione - la Corte EDU  ha  ritenuto  che  la
condotta delle autorita' nazionali, che avevano inflitto una sanzione
amministrativa pecuniaria sostanzialmente punitiva,  costituisse  una
interferenza sproporzionata e quindi illegittima ai  sensi  dell'art.
11 della Convenzione. Piu' precisamente, la Corte ha ritenuto che  il
semplice  fatto  di  avere   omesso   il   previsto   preavviso   non
giustificasse una sanzione di natura penale. 
    2.6.2 Alla luce di quanto precede, ad avviso dello  scrivente  la
norma di cui all'art.  18  comma  3  r.d.  n.  773/1931  si  pone  in
contrasto con l'art. 11 CEDU, come interpretato dalla  giurisprudenza
della  Corte  EDU.  La  citata  norma  nazionale,  infatti,   punisce
(peraltro con una pena sia detentiva, sia pecuniaria) l'organizzatore
di una riunione in luogo  pubblico  per  il  solo  fatto  dell'omesso
preavviso, sulla base del solo dato formale e a prescindere  da  ogni
giustificazione ulteriore. 
    2.7 D'altro canto, a parere dello scrivente la  dichiarazione  di
illegittimita'  della  norma  censurata  non  darebbe  luogo  ad   un
intollerabile vuoto di tutela del bene giuridico protetto:  a  fronte
di un mancato preavviso della riunione sarebbe comunque possibile  la
dispersione della  stessa  ad  opera  delle  forze  di  polizia  (ove
giustificata e proporzionata). 
    2.8 Quanto alla questione subordinata, in  ragione  degli  stessi
argomenti sopra esposti, si ritiene che contrasti con il principio di
proporzionalita' e quindi con gli artt. 17 e 21  della  Costituzione,
21 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici  di
New York e 11  della  CEDU  (e  quindi  117  della  Costituzione)  la
previsione di una pena cumulativa detentiva e pecuniaria per il reato
in questione. 
    Una simile  previsione,  che  porta  in  caso  di  condanna  alla
necessaria  applicazione  anche   di   una   pena   detentiva,   pare
sproporzionata rispetto al fine legittimo perseguito dal legislatore,
in quanto non necessaria e inutilmente  limitativa  di  una  liberta'
fondamentale. 
    Paiono poi pertinenti le  medesime  argomentazioni  svolte  dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 150 del 2021 in relazione alla
previsione  di  una  pena  detentiva  e  pecuniaria  per  il  delitto
aggravato di diffamazione a mezzo stampa. 
    Come la liberta' di stampa, anche  la  liberta'  di  riunione  e'
infatti strettamente collegata alla liberta'  di  manifestazione  del
pensiero. Entrambe le liberta' inoltre costituiscono «pietra angolare
di ogni ordinamento democratico», svolgendo la funzione essenziale di
presidio o cane da guardia delle liberta' e della  democrazia  contro
possibili  abusi  dei  pubblici  poteri,  informando,  stimolando   e
orientando l'opinione pubblica (la Corte EDU ha ad esempio in plurime
pronunce   riconosciuto   il   ruolo   di   «watchdog»   anche   alle
Organizzazioni  Non  Governative  (3)  ).  Entrambe  le  liberta'  in
questione vi  e'  il  rischio  che  siano  compresse  eccessivamente,
determinando  un  effetto  dissuasivo  rispetto  all'esercizio  delle
stesse, con conseguente pregiudizio per la stessa democrazia. 
    La previsione  di  una  pena  alternativa  (detentiva/pecuniaria)
consentirebbe  viceversa  di  limitare  l'applicazione   della   pena
detentiva ai soli casi di  eccezionale  gravita'  (in  ragione  delle
dimensioni della riunione o del peculiare luogo in cui la  stessa  si
svolga o per altri motivi). 
    3. Possibilita' di un'interpretazione conforme 
    Con riguardo tanto alla richiesta in  via  principale,  quanto  a
quella in via subordinata, non risultano percorribili interpretazioni
conformi  della  norma  ora  censurata  ai  parametri  costituzionali
indicati, chiaro e univoco essendo il dato normativo.  

(1) 71. A failure to notify the authorities of an upcoming  assembly,
    where required, does not render the act of participation  in  the
    assembly unlawful, and must not in itself be used as a basic  for
    dispersing  the  assembly  or  arresting  the   participants   or
    organizers, or for imposing undue sanctions, such as charging the
    participants  or  organizers  with   criminal   offences.   Where
    administrative sanctions are imposed on organizers for failure to
    notify, this must  be  justified  by  the  authorities.  Lack  of
    notification  does  not  absolve   the   authorities   from   the
    obligation, within their abilities, to  facilitate  the  assembly
    and to protect the participants. 

(2) «Anche  il  Comitato   diritti   umani   delle   Nazioni   Unite,
    nell'esercizio  della  sua  funzione  di  interprete  del   Patto
    internazionale sui diritti civili e politici, ha chiarito che  la
    liberta' di religione e il  diritto  di  manifestare  il  proprio
    credo comprendono una vasta gamma di atti. [...]  Il  diritto  di
    professare liberamente la propria religione si  traduce,  quindi,
    anche  nell'utilita'  concreta  relativa  alla  costruzione   e/o
    utilizzo di luoghi appositamente dedicati alla preghiera  e  alla
    discussione delle questioni riguardanti gli interessi  sociali  e
    culturali della comunita' cui l'individuo appartiene, (par. 4 del
    General Comment all'art. 18 del Patto internazionale sui  diritti
    civili e politici (30.VII.1993). [...] Il  Comitato  dei  diritti
    umani delle Nazioni Unite ha osservato  (Par.  8)  che  il  terzo
    comma dell'art. 18 deve essere interpretato restrittivamente: non
    sono ammesse restrizioni se non per i motivi sopra specificati  e
    tali limitazioni possono essere applicate solo per gli scopi  cui
    sono  stati  prescritti   e   devono   essere   proporzionate   e
    direttamente correlate a tali specifici  scopi.  Le  restrizioni,
    inoltre,  non  possono  essere  imposte  o  applicate  per   fini
    discriminatori». 

(3) Cosi' nella sentenza  CASE  OF  ÖSTERREICHISCHE  VEREINIGUNG  ZUR
    ERHALTUNG, STÄRKUNG UND SCHAFFUNG EINES  WIRTSCHAFTLICH  GESUNDEN
    LAND- UND FORST-WIRTSCHAFTLICHEN GRUNDBESITZES v.  AUSTRIA  (par.
    34): «the function of creating forums for public  debate  is  not
    limited to the press. That function  may  also  be  exercised  by
    non-governmental organisations, the activities of  which  are  an
    essential element  of  informed  public  debate.  The  Court  has
    therefore accepted that non-governmental organisations, like  the
    press, may  be  characterised  as  social  "watchdogs".  In  that
    connection their activities warrant similar Convention protection
    to that afforded to the press (see Tarsasag a  Szabadsagjogokert,
    cited above, § 27, and  Animal  Defenders  International  v.  the
    United Kingdom [GC], n. 48876/08, § 103, 22 April 2013)». 

 
                               P.Q.M. 
 
    Visti gli articoli 134 Cost., 23 ss legge n. 87/1953, 
    Ritenuta la questione rilevante e non manifestatamente infondata, 
    Solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale -  per
violazione degli art. 17, 21 e 117 della  Costituzione  (quest'ultimo
in relazione all'art. 21 del Patto internazionale relativo ai diritti
civili e politici di New York e all'art. 11 della CEDU) - della norma
di cui all'art. 18 co. 3 regio decreto 18 giugno 1931 n.  773  (Testo
Unico delle leggi di pubblica sicurezza), 
    e, in subordine, 
    della citata norma di cui all'art.  18  co.  3  T.U.L.P.S.  nella
parte in cui prevede - cumulativamente  anziche'  alternativamente  -
una pena detentiva e una pena pecuniaria; 
    Sospende  il  giudizio  in  corso,  ed  i  relativi  termini   di
prescrizione, fino  alla  definizione  del  giudizio  incidentale  di
legittimita' costituzionale. 
    Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale  della
presente ordinanza e degli atti del procedimento,  comprensivi  della
documentazione  attestante  il   perfezionamento   delle   prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. 
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri,  nonche'  per  la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati  e  del  Senato
della Repubblica e  per  la  successiva  trasmissione  del  fascicolo
processuale alla Corte costituzionale. 
    Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23 co. 4 legge n 87/1953,
che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che,  pertanto,
essa  deve  intendersi  notificata  a  coloro  che  sono   o   devono
considerarsi presenti, ex art. 148 comma 5 c.p.p. 
      Firenze, 16 giugno 2025 
 
                         Il Giudice: Attina'