Reg. ord. n. 153 del 2025 pubbl. su G.U. del 03/09/2025 n. 36
Ordinanza del Tribunale di Firenze del 16/06/2025
Tra: G.M.C.G.S.C.C.N.S.
Oggetto:
Reati e pene – Riunioni in luogo pubblico o aperto al pubblico – Obbligo di preavviso al questore – Denunciata previsione della sanzione penale in caso di inosservanza – Violazione della libertà di riunione, anche convenzionale, e della libertà di manifestazione del pensiero – Inosservanza degli obblighi internazionali.
In subordine: Reati e pene – Riunioni in luogo pubblico – Obbligo di preavviso al questore – Sanzione penale – Previsione, cumulativamente anziché alternativamente, di una pena detentiva e di una pena pecuniaria in caso di inosservanza – Contrasto con il principio di proporzionalità – Violazione della libertà di riunione, anche convenzionale, e della libertà di manifestazione del pensiero.
Norme impugnate:
regio decreto
del 18/06/1931
Num. 773
Art. 18
Co. 3
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 17
Co.
Costituzione
Art. 21
Co.
Costituzione
Art. 117
Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali
Art. 11
Co.
Patto internazionale dei diritti civili e politici adottato a New York
Art. 21
Co.
Testo dell'ordinanza
N. 153 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2025
Ordinanza del 16 giugno 2025 del Tribunale di Firenze nel
procedimento penale a carico di G.M. C. e altri.
Reati e pene - Riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico -
Obbligo di preavviso al questore - Denunciata previsione della
sanzione penale in caso di inosservanza.
In subordine: Reati e pene - Riunione in luogo pubblico o aperto al
pubblico - Obbligo di preavviso al questore - Sanzione penale -
Previsione, cumulativamente anziche' alternativamente, di una pena
detentiva e di una pena pecuniaria in caso di inosservanza.
- Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza), art. 18, terzo comma.
(GU n. 36 del 03-09-2025)
TRIBUNALE DI FIRENZE
Prima sezione penale
Il giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato
a carico di:
C G M , nata a
il ; elettiv. domiciliata in Prato, via Verdi 13;
- Libera assente;
- Difesa dall'avv. di fiducia Luigi Dell'Aquila del Foro di
Pisa;
C C G S , nato
a il ; elett. domiciliato in Empoli, via
Oberdan 55;
- libera assente
- difesa dall'avv. di fiducia Francesca Trasatti;
M M F , nata a
il ; elettiv. domiciliata presso l'avv. Luigi Dell'Aquila
del Foro di Pisa;
- Libera assente;
- Difesa dall'avv. di fiducia Luigi Dell'Aquila del Foro di Pisa;
V G , nato a il
; elett. domiciliato in Camaiore, via Gallino 22;
- libero assente;
- difeso dall'avv. di fiducia Francesca Trasatti del Foro di
Lucca;
S N , nata a il
;
- libera assente;
- difesa dall'avv. di fiducia Francesca Trasatti del Foro di
Lucca;
imputati:
1) Reato previsto e punito dagli artt. 110 cod. pen., art 18
R.D. n 73/1931 perche', in concorso morale e materiale tra loro,
organizzando un presidio di protesta, esibendo uno striscione sul
quale era scritto «ULTIMA GENERAZIONE STOP SUSSIDI AI FOSSILI», senza
alcuna comunicazione preventiva al Questore, promuovevano ed
organizzavano in luogo pubblico una manifestazione di protesta
tenutasi in , innanzi al portone d'ingresso
dell'edificio-sede del .
Fatti commessi in , in data .
2) Reato previsto e punito dagli artt. 110, 639 cod. pen.
Perche' in concorso morale e materiale tra loro, nelle circostanze di
cui al capo 1), utilizzando n. 1 (uno) estintore contenente vernice
rossa nr. 1 (uno) estintore contenente vernice gialla, in
in via , imbrattavano la facciata del piano terra e del
primo piano dell'edificio-sede del .
Fatti commessi in , in data .
Sentite le parti;
premesso che:
- Con decreto del Pm emesso il 4 ottobre 2023 C
G M C C ,
G S M M F
, V G e S N erano
citati a giudizio per la contravvenzione di cui all'art. 18 R.D. n.
73/1931 (TULPS) e per il delitto di cui all'art. 639 c.p.;
- a seguito di alcuni rinvii preliminari, all'udienza
predibattimentale odierna le Difese degli imputati V ,
S e C avanzavano istanza di oblazione con
riguardo alla contravvenzione ex art. 18 TULPS (istanza gia'
anticipata mediante apposita nota difensiva depositata in
cancelleria); il Pm esprimeva parere favorevole;
rilevato che
A) dagli atti d'indagine emerge che in data una
pattuglia dei Carabinieri rilevava la presenza dei cinque attuali
imputati dinanzi all'edificio di , sede del .
I predetti stavano attuando una forma di dimostrazione-protesta
contro le politiche pubbliche di supporto al consumo di energia
ricavata da combustibili fossili. In particolare, quattro di loro
(C , C , C , V e
S ) erano seduti in terra e dietro di loro era steso, in
maniera ben visibile, uno striscione (lungo 118 cm, largo 68 cm) che
recitava «ULTIMA GENERAZIONE STOP SUSSIDI AI FOSSILI»; M
era invece a breve distanza.
La facciata del citato edificio pubblico si presentava - a
livello del piano terra e del primo piano - pitturata di vernice
rossa e gialla.
Tutti e cinque i prevenuti presentavano segni di vernice (rossa
e gialla) sui vestiti, sulla testa e sulle mani.
Le successive perquisizioni consentivano di rinvenire nello
zaino di S N un ulteriore striscione (lungo
145 cm, largo 68 cm) che recava la scritta «ULTIMA GENERAZIONE NO GAS
CARBONE».
I militari nell'occasione sequestravano altresi' due estintori,
contenenti rispettivamente vernice rossa e vernice gialla. Dagli atti
non emerge dove si trovassero i due strumenti, ma la circostanza che
il sequestro degli stessi sia stato verbalizzato a carico di
C , C , C , V e
S (cosi' come lo striscione che era dispiegato a terra
dietro gli imputati e a differenza del diverso striscione rinvenuto
nello zaino di S sequestrato a carico solo di
quest'ultima) porta a ritenere che gli estintori si trovassero a
terra nei pressi e non negli zaini.
Della dimostrazione-protesta in questione non era stato dato
preavviso al Questore ai sensi dell'art. 18 TULPS.
Dalla querela successivamente sporta da G
P - direttore pro tempore della sede in questione
del - emerge che quella impiegata per l'imbrattamento
della facciata del palazzo era vernice lavabile.
B) Quanto all'istanza di oblazione avanzata dai citati imputati
in relazione al reato ex art. 18 TULPS, questo giudice e' chiamato
preliminarmente a verificare ex art. 129 c.p.p. se sussistano cause
di proscioglimento immediato (cosi' Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6919
del 2022: «la domanda di ammissione all'oblazione, pur non potendo
essere ritenuta come ammissione di colpevolezza e' - in ogni caso -
un atto idoneo a dar luogo alla apertura di un sub-procedimento nel
cui ambito il giudice puo' emettere - in ipotesi di manifesta assenza
di prova del fatto di reato o della sua commissione da parte
dell'imputato - sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129
comma 2, cod. proc. pen.»).
C) Nel caso di specie, alla luce degli elementi di fatto sopra
descritti, alla stregua della disciplina in vigore e della
consolidata giurisprudenza di legittimita', non emergono cause di
proscioglimento immediato ex art. 129 c.p.p.
In particolare, quella in corso al momento dell'intervento
della Polizia Giudiziaria era una riunione in luogo pubblico.
Pacifico e' il requisito della pubblicita' del luogo, una
pubblica via.
Quanto alla possibilita' di qualificare la compresenza degli
imputati in detto luogo pubblico, con le citate modalita', come
riunione, si deve rilevare che le Sezioni Unite della Corte di
cassazione nella sentenza n. 46595 del 2019 (punto 13 del Considerato
in diritto) hanno individuato una nozione di «pubblica riunione»
comune a varie norme dell'ordinamento, tra cui l'art. 18 TULPS:
«Questa nozione ristretta e comune a tutte le norme menzionate
esiste: e' la riunione non occasionale di piu' persone in luogo
pubblico».
Quella attuata dagli imputati era una riunione volontaria e non
«occasionale»: in base al comportamento tenuto e alla predisposizione
ed organizzazione dei mezzi necessari non si puo' ritenere che
l'iniziativa fosse estemporanea.
Il numero limitato delle persone partecipanti all'iniziativa
non fa venire meno la natura di riunione e quindi non costituisce
evidenza ex art. 129 c.p.p. dell'esclusione del fatto di reato
contestato. Si deve anzi rilevare che il fine ultimo dell'iniziativa
era chiaramente quello di sensibilizzare la collettivita' rispetto al
pericolo per l'ambiente e per la salute pubblica connesso all'impiego
dei combustibili fossili, unitamente alla protesta per il supporto
economico fornito dalle autorita' pubbliche a detto impiego. La
finalita', dunque, era di richiamare l'attenzione e quindi la
presenza di ulteriori persone, in numero rilevante. Anche le
modalita' seguite erano coerenti e idonee rispetto a tale fine: era
colorata la facciata dell'edificio del con vernice
gialla e rossa (quindi molto vistosa), si' da richiamare l'attenzione
dei passanti, ed era dispiegato uno striscione in cui era
sintetizzato il senso dell'iniziativa.
Si mirava quindi a far convergere e dunque riunire ulteriori
persone; le modalita' erano idonee a tale scopo.
Anche con riguardo al ruolo di promotore della riunione (non
oggetto del dovuto preavviso) attribuito agli imputati non emergono
cause di proscioglimento immediato. Secondo la giurisprudenza di
legittimita', «ai fini della configurabilita' del reato di omesso
previo avviso al Questore, di cui all'art 18 TULPS, risponde come
promotore di una riunione in luogo pubblico o di un corteo per le
pubbliche vie non soltanto chi progetta, indice, promuove e organizza
la manifestazione, ma anche chi collabora alla realizzazione pratica
e al buon esito della stessa, partecipando alla fase preparatoria»
(cosi' Cass. Sez. 1 - Sentenza n. 3549 del 17 novembre 2020 Rv.
280200 - 01, nello stesso senso Cass. Sez. 1 - Sentenza n. 42488 del
21 ottobre 2009 Rv. 245561 - 01). Nel caso di specie gli imputati ora
richiedenti l'oblazione di verniciatura della facciata del palazzo
(tutti avevano segni di vernice sulla propria persona) l'imputata
S ha anche portato sul posto uno striscione non
concretamente utilizzato, ma del tutto analogo a quello dispiegato a
terra.
C) Ai fini del giudizio circa la sussistenza di una causa di
proscioglimento immediato ex art. 129 c.p.p. e in particolare ai fini
del giudizio circa la rilevanza penale del fatto in questione, pare
pero' necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in
ordine alla legittimita' costituzionale dell'art. 18 comma 3 regio
decreto 18 giugno 1931 n. 773 (Testo Unico delle leggi di Pubblica
Sicurezza);
D) In subordine, nell'ipotesi di non accoglimento della citata
questione ai fini dell'ammissibilita' della domanda di oblazione pare
necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in ordine
alla legittimita' costituzionale della stessa norma nella parte in
cui prevede - cumulativamente anziche' alternativamente - una pena
detentiva e una pena pecuniaria;
cio' premesso;
Osserva:
1. Rilevanza delle questioni
1.1 Come si e' gia' evidenziato, qualora fosse accolta la
questione sollevata in via principale, in relazione al capo 1)
dell'imputazione si dovrebbe emettere una sentenza di non luogo a
procedere ex art. 129 c.p.p. perche' il fatto non e' previsto dalla
legge come reato.
1.2 Qualora la predetta questione non fosse accolta, sarebbe
rilevante la questione subordinata relativa alla pena prevista per il
reato in questione: in base alla formulazione attuale della norma,
che prevede cumulativamente la pena dell'arresto e quella
dell'ammenda, l'istanza di oblazione sarebbe inammissibile, posto che
il citato istituto puo' trovare applicazione solo per contravvenzioni
per le quali sia prevista la sola pena pecuniaria (ai sensi dell'art.
162 c.p.) o per le quali siano previste alternativamente la pena
pecuniaria e quella detentiva (ai sensi dell'art. 162-bis comma l
c.p.).
Viceversa, qualora fosse accolta la questione sollevata in via
subordinata e dunque la norma incriminatrice fosse oggetto di un
intervento manipolativo che rendesse la pena detentiva e la pena
pecuniaria previste in via alternativa, l'istanza di oblazione
sarebbe ammissibile e questo giudice potrebbe ammettere gli istanti
all'oblazione e fissare un termine per l'adempimento dell'obbligo
pecuniario. Non risultano infatti persistere conseguenze dannose o
pericolose del reato ne' la gravita' del fatto di reato e' tale da
giustificare il rigetto dell'istanza (art. 162-bis comma 3 e 4 c.p.).
D'altronde, ai fini della rilevanza della presente questione, si
deve osservare che - stante l'attuale previsione cumulativa della
pena detentiva e pecuniaria - questo giudice dovrebbe arrestarsi al
primo vaglio circa l'ammissibilita' dell'istanza, senza neppure
valutare nel merito la persistenza di conseguenze dannose o
pericolose del reato ne' la gravita' di quest'ultimo (in una
situazione analoga, con riguardo all'istituto della messa alla prova
la Corte costituzionale nella sentenza n. 174 del 2022 ha ritenuto
rilevante la questione proposta dal giudice rimettente e ritenuto non
fondata l'eccezione proposta dall'Avvocatura generale dello Stato,
sottolineando che la rimozione della preclusione prevista dalla norma
censurata avrebbe consentito al giudice a quo di valutare nel merito
la sussistenza degli ulteriori presupposti per l'accesso all'istituto
in questione).
2. Non manifesta infondatezza.
2.1 Appare opportuna una breve ricostruzione del quadro
normativo.
L'art. 18 regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 prevedeva:
«I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al
pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore.
E' considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene
indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sara' tenuto,
o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo
scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata.
I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e
con l'ammenda da lire mille a quattromila. Con le stesse pene sono
puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola.
Il Questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di
ordine pubblico, di moralita' o di sanita' pubblica, puo' impedire
che la riunione abbia luogo e puo', per le stesse ragioni,
prescrivere modalita' di tempo di luogo alla riunione.
I contravventori al divieto o alle prescrizioni dell'Autorita'
sono puniti con l'arresto fino a un anno e con l'ammenda da lire
duemila a quattromila. Con le stesse pene sono puniti coloro che
nelle predette riunioni prendono la parola.
Non e' punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'Autorita' o
per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione.
Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle
riunioni elettorali.»
Successivamente all'adozione della Costituzione repubblicana e
all'inizio dell'operativita' della Corte costituzionale, il citato
articolo del TULPS - a parte i vari adeguamenti della pena pecuniaria
(la cui cornice edittale e' oggi compresa tra 103 euro e 413 euro) -
e' stato oggetto di numerose questioni di costituzionalita', alcune
delle quali accolte.
In particolare, la Corte costituzionale con la sentenza n. 27
del 1958 ha dichiarato l'illegittimita' delle norme del citato
articolo nella parte relativa alle riunioni non tenute in luogo
pubblico; con la sentenza n. 90 del 1970 ha dichiarato
l'incostituzionalita' dell'art. 18 comma 3 nella parte in cui non
limita la previsione punitiva a coloro che prendono la parola essendo
a conoscenza dell'omissione del preavviso previsto dal primo comma
dello stesso articolo; con la sentenza n. 11 del 1979 ha dichiarato
l'incostituzionalita' dell'art. 18 comma 3 nella parte in cui prevede
la punizione di coloro che prendono la parola essendo a conoscenza
della omissione di preavviso previsto nel primo comma (accogliendo
cosi' una questione precedentemente ritenuta infondata, sia con la
sentenza 90 del 1970, sia con la sentenza n. 51 del 1975).
Attualmente, quindi, l'incriminazione e' circoscritta ai soli
promotori della riunione in luogo pubblico che omettano di darne
avviso al Questore almeno tre giorni prima (oltre che a coloro che
contravvengono al divieto di riunione imposto dal Questore o alle
prescrizioni da questi imposte, ai sensi dell'art. 18 comma 4).
2.2 La questione che ora s'intende proporre in via principale non
attiene alla previsione dell'obbligo del preavviso per le riunioni in
luogo pubblico bensi' alla previsione di una sanzione penale per
l'ipotesi in cui tale obbligo non sia rispettato.
Trattasi - per certi versi - di questione analoga a quella
ritenuta infondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 9
del 1956. In tale occasione - a fronte del dedotto contrasto della
norma censurata con l'art. 17 della Costituzione, che non contempla
una sanzione per il mancato preavviso - cosi' la Corte motivava la
propria decisione: «E' normale che il precetto costituzionale non
copra, per tutta la sua estensione, la materia regolata dalle norme
ad essa sottordinate nella scala dei valori normativi. L'art. 17
della Costituzione, per le riunioni in luogo pubblico - come
chiaramente risulta da tutti i lavori preparatori -, e' confermativo
della disciplina preesistente. Pertanto la sanzione penale contenuta
nell'art. 18 del T.U. delle leggi di p.s., nella parte che si
riferisce alle riunioni in luogo pubblico, integra e completa, sotto
il relativo profilo, la disposizione costituzionale, non essendo
nemmeno pensabile che il precetto costituzionale possa, se veramente
se ne vuole il rispetto, essere sprovvisto di sanzione». L'assunto e'
stato poi confermato in numerose ordinanze successive (ordinanze 27
del 1956, 31 del 1956, 32 del 1956, 86 del 1957, 87 del 1957, 88 del
1957, 89 del 1957, 90 del 1957, 10 del 1960).
2.3 La citata conclusione non appare condivisibile.
2.3.1 Da un lato, la circostanza che il principio costituzionale
non sia meramente confermativo della disciplina precedente (dettata
in periodo particolarmente infausto per le liberta' fondamentali)
emerge gia' solo dal fatto che con le tre sentenze sopra citate (27
del 1958, 90 del 1970 e 11 del 1979) la stessa Corte costituzionale
ha rilevato il contrasto in piu' punti della disciplina dettata
dall'art. 18 TULPS con il combinato disposto degli articoli 17 e 21
della Costituzione.
2.3.2 Dall'altro - premesso che l'art. 17 comma 3 della
Costituzione prevede che delle riunioni in luogo pubblico debba
essere dato preavviso alle autorita', senza fare alcun riferimento a
pene - se non e' logicamente corretto desumere da tale mancanza un
divieto di sanzione penale, risulta pero' eccessivo dedurre che il
precetto debba essere necessariamente accompagnato da una sanzione e,
in particolare, che la sanzione debba essere di natura penale (per di
piu' di tipo detentivo); a maggior ragione ove si consideri che
l'obbligo di preavviso costituisce una limitazione all'esercizio di
un diritto fondamentale e quindi la relativa previsione pare doversi
interpretare restrittivamente.
Si consideri anche che nel frattempo il quadro normativo
complessivo e' mutato notevolmente, per cui da una logica
panpenalistica si e' passati ad una concezione del diritto penale
come extrema ratio. Inoltre, si e' diffusa ampiamente la figura
dell'illecito amministrativo con finalita' punitiva, sicche' molte
ipotesi di illecito che in passato avevano natura penale hanno ora
una rilevanza soltanto amministrativa.
Del resto, il mancato preavviso gia' trova una possibile sanzione
(di tipo non punitivo) nella dispersione della riunione ad opera
delle forze di polizia (dispersione che costituisce una mera
eventualita' e non l'oggetto di un obbligo, come gia' sottolineato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 90 del 1970).
L'art. 17 della Costituzione non impone dunque affatto
l'incriminazione dell'omesso preavviso da parte dei promotori della
riunione in luogo pubblico.
2.4 Dall'epoca delle citate pronunce della Corte costituzionale
e' inoltre maturata una maggiore sensibilita' rispetto alla tutela
dei diritti fondamentali, anche con riguardo all'esigenza che le
limitazioni ai diritti fondamentali rispettino sempre il canone della
proporzionalita', «in quanto la proporzionalita' e' "requisito di
sistema nell'ordinamento costituzionale italiana, in relazione a ogni
atto dell'autorita' suscettibile di incidere sui diritti fondamentali
dell'individuo"» (cosi' la sentenza n. 203 del 2024, che richiama a
sua volta precedenti pronunce).
A questo riguardo, l'art. 18 comma 3 TULPS pare violare gli artt.
17 e 21 della Costituzione (la liberta' di riunione e la liberta' di
manifestazione del pensiero paiono strettamente collegate, come
riconosciuto sia dalla Corte costituzionale sia dalla Corte EDU in
plurime pronunce), posto che pare sproporzionata la previsione
dell'incriminazione per tutte le ipotesi di omesso preavviso da parte
degli organizzatori, a prescindere dalla tipologia di riunione,
dall'entita' della stessa, dal luogo e dai mezzi di svolgimento,
nonche' dalle conseguenze che ne derivino.
Il raduno di centinaia di manifestanti a bordo di trattori sulla
tangenziale di una grande citta' e' situazione radicalmente diversa
rispetto al ritrovo di una decina di giovani a piedi: una
manifestazione nei pressi della sede del Parlamento e' situazione
radicalmente diversa da una riunione in un parco cittadino.
In ogni caso, la previsione della possibilita' per le autorita'
di impedire lo svolgimento della riunione pare sufficiente alla
salvaguardia dell'ordine pubblico, per cui la configurazione come
reato dell'omesso preavviso appare inutilmente limitativa delle
liberta' di riunione e di manifestazione del pensiero.
2.5 La norma censurata pare violare altresi' l'art. 117 della
Costituzione in relazione all'art. 21 del Patto internazionale
relativo ai diritti civili e politici di New York.
Detto articolo del Patto adottato a New York il 16 dicembre 1966
(reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881),
cosi' recita: «E' riconosciuto il diritto di riunione pacifica.
L'esercizio di tale diritto non puo' formare oggetto di restrizioni
tranne quelle imposte in conformita' alla legge e che siano
necessarie in una societa' democratica, nell'interesse della
sicurezza nazionale, della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico o
per tutelare la sanita' o la morale pubbliche, o gli altrui diritti e
liberta'.»
Quanto al concetto di «restrizioni [...] necessarie in una
societa' democratica» - che evoca il principio di proporzionalita' -
risulta fondamentale l'interpretazione fornita dal Comitato per i
Diritti Umani dell'ONU nel Commento Generale n. 37 sul diritto di
riunione pacifica.
2.5.1 Preliminarmente nel citato Commento Generale, il Comitato
precisa: che «riunione pacifica» e' sinonimo di «riunione non
violenta», ove per violenza si deve intendere l'uso ad opera dei
partecipanti di una forza fisica suscettibile di cagionare delle
lesioni o la morte o dei danni gravi ai beni (paragrafo 15); che il
confine tra riunione pacifica e riunione non pacifica puo' talora non
essere chiaro, ma esiste una presunzione in favore del carattere
pacifico della riunione e gli eventuali atti sporadici di violenza
posti in essere da alcuni partecipanti non possono essere attribuiti
agli altri o agli organizzatori o far qualificare come violenta la
riunione (par. 17).
Ai paragrafi 70 e seguenti e' trattato il tema del preavviso. In
particolare e' previsto che l'adozione di un sistema di preavviso non
deve diventare un fine in se'. Al par. 71 il Comitato afferma che la
mancanza di preavviso, ove richiesto, non puo' rendere illegale la
partecipazione ad una riunione, non puo' di per se' legittimare la
dispersione della riunione o l'arresto dei partecipanti o degli
organizzatori o l'intenzione di sanzioni ingiustificate, come ad
esempio accusare gli organizzatori o i partecipanti di illeciti
penali; anche le eventuali sanzioni amministrative devono essere
giustificate dalle autorita'; la mancanza di preavviso non esonera le
autorita' dal dovere, nella misura in cui sia loro possibile, di
agevolare la riunione e di proteggere i partecipanti (1) .
Dunque, per quel che qui piu' strettamente interessa, secondo
l'interpretazione fornita dall'apposito Comitato ONU, la mancanza di
preavviso di una riunione, pur quando lo stesso sia richiesto non
puo' costituire l'oggetto di un'infrazione penalmente rilevante nei
confronti degli organizzatori.
2.5.2 Le interpretazioni del Patto fornite dal Comitato per i
Diritti dell'Uomo dell'ONU non sono di per se' vincolanti.
Il citato Commento Generale tuttavia - per l'autorevolezza e la
specializzazione dell'organo da cui promana e per il livello di
approfondimento - costituisce una interpretazione molto autorevole da
cui non vi e' motivo di discostarsi.
In proposito, si rilevi che la Corte europea dei diritti
dell'uomo molto spesso cita le osservazioni e i Commenti Generali del
Comitato ONU per i diritti dell'uomo come fonte autorevole
d'interpretazione del Patto di New York: cosi', ad esempio, nella
sentenza del 25 giugno 2013 nel caso YOUTH INITIATIVE FOR HUMAN
RIGHTS v. SERBIA al par. 13 a proposito del commento generale
sull'art 19 del Patto; nella sentenza del 28 marzo 2006 nel caso
SUKHOVETSKYY c. UKRAINE al par. 41 in materia di diritti elettorali;
nella sentenza del 21 settembre 2006 nel caso MASZNI c. ROUMANIE ai
par. 28-30 a proposito dell'art. 14 del patto; nella sentenza del 20
febbraio 2018 nel caso KROMBACH c. France ai par. 19-20 a proposito
del principio del bis in idem; nella sentenza del 27 novembre 2014
nel caso HRVATSKI LIJEČNIČKI SINDIKAT v. CROATIA nella concurring
opinion del giudice Pinto De Albuquerque a proposito del diritto di
sciopero.
Anche il Presidente del Consiglio dei Ministri nei propri ricorsi
in via principale dinanzi alla Corte costituzionale ha talora
invocato gli articoli del Patto di New York per come interpretati dal
comitato per i diritti umani dell'Organizzazione delle Nazioni Unite
nei propri Commenti Generali: si veda ad esempio il ricorso n. 47 del
2015 Reg. Ric. (G.U. 019 del 13 maggio 2015) in relazione alla
legittimita' costituzionale degli artt. 70 e 72 della legge della
Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, nell'ambito del quale al par.
4 della motivazione il Governo ha invocato il General Comment
all'art. 18 del Patto di New York e in particolare l'indicazione del
Comitato circa l'interpretazione necessariamente restrittiva delle
limitazioni alla liberta' dei religione di cui all'art. 18 comma 3 e
il principio di proporzionalita' (2) .
Infine, i Commenti Generali del Comitato dei Diritti Umani
dell'ONU costituiscono un importante parametro per l'interpretazione
delle disposizioni del Patto di New York anche nella giurisprudenza
delle Corti nazionali di vari Paesi europei: vi hanno fatto
riferimento, ad esempio, il Tribunale Costituzionale spagnolo nella
sentenza 26/2024 del 14 febbraio 2024 a proposito della liberta' di
religione e la Corte costituzionale federale tedesca nella sentenza
del 29 gennaio 2019 (2 BvC 62/14) in materia elettorale.
2.6 Analoga questione si prospetta rispetto alla possibile
violazione dell'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 11
della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (letto anche in
correlazione all'art. 10 della stessa Convenzione).
L'art. 11 CEDU al primo comma riconosce il diritto di ogni
persona alla liberta' di riunione pacifica. Il secondo comma prevede
poi che l'esercizio di tale diritto (e degli altri diritti
riconosciuti al primo comma) «non puo' essere oggetto di restrizioni
diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono
misure necessarie, in una societa' democratica, alla sicurezza
nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell'ordine e alla
prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale e
alla protezione dei diritti e delle liberta' altrui».
2.6.1 La giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha ritenuto che
la richiesta di preavviso per le riunioni in luogo pubblico - da
parte della legge nazionale di uno Stato membro - costituisca una
interferenza con il diritto di riunione, che puo' tuttavia essere
compatibile con il citato articolo laddove ricorrano i requisiti
sopra indicati.
La Corte di Strasburgo ha in particolare sottolineato
reiteratamente che la semplice assenza di notifica preliminare, pur
prevista dalla legge per un fine legittimo, non dia carta bianca alle
autorita', ne' rispetto alla dispersione di una riunione pacifica -
che potrebbe comunque costituire una reazione sproporzionata e quindi
un interferenza illegittima con il diritto fondamentale in questione
(sentenza del 17 luglio 2007 nel caso BUKTA ET AUTRES c. HONGRIE,
par. 34-38; sentenza del 12 giugno 2014 nel caso PRIMOV AND OTHERS v.
RUSSIA, par. 118-119; sentenza del 15 ottobre 2015 nel caso
KUDREVIČIUS AND OTHERS v. LITHUANIA, par. 149-153) - ne' rispetto
alle possibili sanzioni per il mancato preavviso. Sotto quest'ultimo
profilo, piu' strettamente rilevante ai fini in esame, la Corte EDU
ha richiamato la propria costante giurisprudenza secondo cui la
natura e l'entita' delle sanzioni inflitte sono elementi da tenere in
considerazione nel valutare il carattere proporzionato o meno di
un'interferenza rispetto al fine dalla stessa perseguito tra le
altre, sentenza del 28 settembre 1999 nel caso ÖZTÜRK c. TURQUIE;
sentenza dell'11 ottobre 2022 nel caso OSMANI AND OTHERS v. THE
FORMER YUGOSLAV REPUBLIC OF MACEDONIA).
Piu' precisamente, con riguardo alla liberta' di riunione, la
Corte ha affermato che la previsione di una sanzione penale (e ancor
piu' di una pena detentiva) per l'omesso preavviso richiede una
giustificazione particolare, posto che «una manifestazione pacifica
non dovrebbe, in linea di principio, essere soggetta alla minaccia
duna sanzione penale» (sentenza del 17 maggio 2011 nel caso AKGÖL AND
GÖL v. TURKEY, par. 43), «in particolare una privazione della
liberta'» (sentenza del 18 giugno 2013 nel caso GÜN ET AUTRES c.
TURQUIE, par. 83).
Ad esempio, nel caso RAI and EVANS v. THE UNITED KINGDOM
(sentenza del 17 novembre 2009) la Corte riteneva giustificata
l'interferenza posto che la norma nazionale prevedeva sanzioni penali
(detentiva e/o pecuniaria) soltanto per le manifestazioni non
autorizzate che si svolgessero in zone limitate e particolarmente
sensibili dal punto di vista della sicurezza (era inoltre stata
concretamente inflitta solo una pena pecuniaria).
Viceversa, nel caso OBOTE v. RUSSIA (sentenza del 19 novembre
2019, par. 43-45) - relativo a sette soggetti che avevano posto
interesse in «flash mob» di fronte ad un ufficio governativo senza la
prescritta previa comunicazione - la Corte EDU ha ritenuto che la
condotta delle autorita' nazionali, che avevano inflitto una sanzione
amministrativa pecuniaria sostanzialmente punitiva, costituisse una
interferenza sproporzionata e quindi illegittima ai sensi dell'art.
11 della Convenzione. Piu' precisamente, la Corte ha ritenuto che il
semplice fatto di avere omesso il previsto preavviso non
giustificasse una sanzione di natura penale.
2.6.2 Alla luce di quanto precede, ad avviso dello scrivente la
norma di cui all'art. 18 comma 3 r.d. n. 773/1931 si pone in
contrasto con l'art. 11 CEDU, come interpretato dalla giurisprudenza
della Corte EDU. La citata norma nazionale, infatti, punisce
(peraltro con una pena sia detentiva, sia pecuniaria) l'organizzatore
di una riunione in luogo pubblico per il solo fatto dell'omesso
preavviso, sulla base del solo dato formale e a prescindere da ogni
giustificazione ulteriore.
2.7 D'altro canto, a parere dello scrivente la dichiarazione di
illegittimita' della norma censurata non darebbe luogo ad un
intollerabile vuoto di tutela del bene giuridico protetto: a fronte
di un mancato preavviso della riunione sarebbe comunque possibile la
dispersione della stessa ad opera delle forze di polizia (ove
giustificata e proporzionata).
2.8 Quanto alla questione subordinata, in ragione degli stessi
argomenti sopra esposti, si ritiene che contrasti con il principio di
proporzionalita' e quindi con gli artt. 17 e 21 della Costituzione,
21 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di
New York e 11 della CEDU (e quindi 117 della Costituzione) la
previsione di una pena cumulativa detentiva e pecuniaria per il reato
in questione.
Una simile previsione, che porta in caso di condanna alla
necessaria applicazione anche di una pena detentiva, pare
sproporzionata rispetto al fine legittimo perseguito dal legislatore,
in quanto non necessaria e inutilmente limitativa di una liberta'
fondamentale.
Paiono poi pertinenti le medesime argomentazioni svolte dalla
Corte costituzionale nella sentenza n. 150 del 2021 in relazione alla
previsione di una pena detentiva e pecuniaria per il delitto
aggravato di diffamazione a mezzo stampa.
Come la liberta' di stampa, anche la liberta' di riunione e'
infatti strettamente collegata alla liberta' di manifestazione del
pensiero. Entrambe le liberta' inoltre costituiscono «pietra angolare
di ogni ordinamento democratico», svolgendo la funzione essenziale di
presidio o cane da guardia delle liberta' e della democrazia contro
possibili abusi dei pubblici poteri, informando, stimolando e
orientando l'opinione pubblica (la Corte EDU ha ad esempio in plurime
pronunce riconosciuto il ruolo di «watchdog» anche alle
Organizzazioni Non Governative (3) ). Entrambe le liberta' in
questione vi e' il rischio che siano compresse eccessivamente,
determinando un effetto dissuasivo rispetto all'esercizio delle
stesse, con conseguente pregiudizio per la stessa democrazia.
La previsione di una pena alternativa (detentiva/pecuniaria)
consentirebbe viceversa di limitare l'applicazione della pena
detentiva ai soli casi di eccezionale gravita' (in ragione delle
dimensioni della riunione o del peculiare luogo in cui la stessa si
svolga o per altri motivi).
3. Possibilita' di un'interpretazione conforme
Con riguardo tanto alla richiesta in via principale, quanto a
quella in via subordinata, non risultano percorribili interpretazioni
conformi della norma ora censurata ai parametri costituzionali
indicati, chiaro e univoco essendo il dato normativo.
(1) 71. A failure to notify the authorities of an upcoming assembly,
where required, does not render the act of participation in the
assembly unlawful, and must not in itself be used as a basic for
dispersing the assembly or arresting the participants or
organizers, or for imposing undue sanctions, such as charging the
participants or organizers with criminal offences. Where
administrative sanctions are imposed on organizers for failure to
notify, this must be justified by the authorities. Lack of
notification does not absolve the authorities from the
obligation, within their abilities, to facilitate the assembly
and to protect the participants.
(2) «Anche il Comitato diritti umani delle Nazioni Unite,
nell'esercizio della sua funzione di interprete del Patto
internazionale sui diritti civili e politici, ha chiarito che la
liberta' di religione e il diritto di manifestare il proprio
credo comprendono una vasta gamma di atti. [...] Il diritto di
professare liberamente la propria religione si traduce, quindi,
anche nell'utilita' concreta relativa alla costruzione e/o
utilizzo di luoghi appositamente dedicati alla preghiera e alla
discussione delle questioni riguardanti gli interessi sociali e
culturali della comunita' cui l'individuo appartiene, (par. 4 del
General Comment all'art. 18 del Patto internazionale sui diritti
civili e politici (30.VII.1993). [...] Il Comitato dei diritti
umani delle Nazioni Unite ha osservato (Par. 8) che il terzo
comma dell'art. 18 deve essere interpretato restrittivamente: non
sono ammesse restrizioni se non per i motivi sopra specificati e
tali limitazioni possono essere applicate solo per gli scopi cui
sono stati prescritti e devono essere proporzionate e
direttamente correlate a tali specifici scopi. Le restrizioni,
inoltre, non possono essere imposte o applicate per fini
discriminatori».
(3) Cosi' nella sentenza CASE OF ÖSTERREICHISCHE VEREINIGUNG ZUR
ERHALTUNG, STÄRKUNG UND SCHAFFUNG EINES WIRTSCHAFTLICH GESUNDEN
LAND- UND FORST-WIRTSCHAFTLICHEN GRUNDBESITZES v. AUSTRIA (par.
34): «the function of creating forums for public debate is not
limited to the press. That function may also be exercised by
non-governmental organisations, the activities of which are an
essential element of informed public debate. The Court has
therefore accepted that non-governmental organisations, like the
press, may be characterised as social "watchdogs". In that
connection their activities warrant similar Convention protection
to that afforded to the press (see Tarsasag a Szabadsagjogokert,
cited above, § 27, and Animal Defenders International v. the
United Kingdom [GC], n. 48876/08, § 103, 22 April 2013)».
P.Q.M.
Visti gli articoli 134 Cost., 23 ss legge n. 87/1953,
Ritenuta la questione rilevante e non manifestatamente infondata,
Solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale - per
violazione degli art. 17, 21 e 117 della Costituzione (quest'ultimo
in relazione all'art. 21 del Patto internazionale relativo ai diritti
civili e politici di New York e all'art. 11 della CEDU) - della norma
di cui all'art. 18 co. 3 regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 (Testo
Unico delle leggi di pubblica sicurezza),
e, in subordine,
della citata norma di cui all'art. 18 co. 3 T.U.L.P.S. nella
parte in cui prevede - cumulativamente anziche' alternativamente -
una pena detentiva e una pena pecuniaria;
Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di
prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di
legittimita' costituzionale.
Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della
presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della
documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte
comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso.
Manda alla cancelleria per la notificazione della presente
ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' per la
comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato
della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo
processuale alla Corte costituzionale.
Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23 co. 4 legge n 87/1953,
che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che, pertanto,
essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono
considerarsi presenti, ex art. 148 comma 5 c.p.p.
Firenze, 16 giugno 2025
Il Giudice: Attina'
Oggetto:
Reati e pene – Riunioni in luogo pubblico o aperto al pubblico – Obbligo di preavviso al questore – Denunciata previsione della sanzione penale in caso di inosservanza – Violazione della libertà di riunione, anche convenzionale, e della libertà di manifestazione del pensiero – Inosservanza degli obblighi internazionali.
In subordine: Reati e pene – Riunioni in luogo pubblico – Obbligo di preavviso al questore – Sanzione penale – Previsione, cumulativamente anziché alternativamente, di una pena detentiva e di una pena pecuniaria in caso di inosservanza – Contrasto con il principio di proporzionalità – Violazione della libertà di riunione, anche convenzionale, e della libertà di manifestazione del pensiero.
Norme impugnate:
regio decreto del 18/06/1931 Num. 773 Art. 18 Co. 3
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 17 Co.
Costituzione Art. 21 Co.
Costituzione Art. 117 Co. 1
Convenzione per la salvaguardia diritti dell'uomo e libertà fondamentali Art. 11 Co.
Patto internazionale dei diritti civili e politici adottato a New York Art. 21 Co.
Testo dell'ordinanza
N. 153 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 giugno 2025 Ordinanza del 16 giugno 2025 del Tribunale di Firenze nel procedimento penale a carico di G.M. C. e altri. Reati e pene - Riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico - Obbligo di preavviso al questore - Denunciata previsione della sanzione penale in caso di inosservanza. In subordine: Reati e pene - Riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico - Obbligo di preavviso al questore - Sanzione penale - Previsione, cumulativamente anziche' alternativamente, di una pena detentiva e di una pena pecuniaria in caso di inosservanza. - Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), art. 18, terzo comma. (GU n. 36 del 03-09-2025) TRIBUNALE DI FIRENZE Prima sezione penale Il giudice, dott. Franco Attina', nel procedimento sopra indicato a carico di: C G M , nata a il ; elettiv. domiciliata in Prato, via Verdi 13; - Libera assente; - Difesa dall'avv. di fiducia Luigi Dell'Aquila del Foro di Pisa; C C G S , nato a il ; elett. domiciliato in Empoli, via Oberdan 55; - libera assente - difesa dall'avv. di fiducia Francesca Trasatti; M M F , nata a il ; elettiv. domiciliata presso l'avv. Luigi Dell'Aquila del Foro di Pisa; - Libera assente; - Difesa dall'avv. di fiducia Luigi Dell'Aquila del Foro di Pisa; V G , nato a il ; elett. domiciliato in Camaiore, via Gallino 22; - libero assente; - difeso dall'avv. di fiducia Francesca Trasatti del Foro di Lucca; S N , nata a il ; - libera assente; - difesa dall'avv. di fiducia Francesca Trasatti del Foro di Lucca; imputati: 1) Reato previsto e punito dagli artt. 110 cod. pen., art 18 R.D. n 73/1931 perche', in concorso morale e materiale tra loro, organizzando un presidio di protesta, esibendo uno striscione sul quale era scritto «ULTIMA GENERAZIONE STOP SUSSIDI AI FOSSILI», senza alcuna comunicazione preventiva al Questore, promuovevano ed organizzavano in luogo pubblico una manifestazione di protesta tenutasi in , innanzi al portone d'ingresso dell'edificio-sede del . Fatti commessi in , in data . 2) Reato previsto e punito dagli artt. 110, 639 cod. pen. Perche' in concorso morale e materiale tra loro, nelle circostanze di cui al capo 1), utilizzando n. 1 (uno) estintore contenente vernice rossa nr. 1 (uno) estintore contenente vernice gialla, in in via , imbrattavano la facciata del piano terra e del primo piano dell'edificio-sede del . Fatti commessi in , in data . Sentite le parti; premesso che: - Con decreto del Pm emesso il 4 ottobre 2023 C G M C C , G S M M F , V G e S N erano citati a giudizio per la contravvenzione di cui all'art. 18 R.D. n. 73/1931 (TULPS) e per il delitto di cui all'art. 639 c.p.; - a seguito di alcuni rinvii preliminari, all'udienza predibattimentale odierna le Difese degli imputati V , S e C avanzavano istanza di oblazione con riguardo alla contravvenzione ex art. 18 TULPS (istanza gia' anticipata mediante apposita nota difensiva depositata in cancelleria); il Pm esprimeva parere favorevole; rilevato che A) dagli atti d'indagine emerge che in data una pattuglia dei Carabinieri rilevava la presenza dei cinque attuali imputati dinanzi all'edificio di , sede del . I predetti stavano attuando una forma di dimostrazione-protesta contro le politiche pubbliche di supporto al consumo di energia ricavata da combustibili fossili. In particolare, quattro di loro (C , C , C , V e S ) erano seduti in terra e dietro di loro era steso, in maniera ben visibile, uno striscione (lungo 118 cm, largo 68 cm) che recitava «ULTIMA GENERAZIONE STOP SUSSIDI AI FOSSILI»; M era invece a breve distanza. La facciata del citato edificio pubblico si presentava - a livello del piano terra e del primo piano - pitturata di vernice rossa e gialla. Tutti e cinque i prevenuti presentavano segni di vernice (rossa e gialla) sui vestiti, sulla testa e sulle mani. Le successive perquisizioni consentivano di rinvenire nello zaino di S N un ulteriore striscione (lungo 145 cm, largo 68 cm) che recava la scritta «ULTIMA GENERAZIONE NO GAS CARBONE». I militari nell'occasione sequestravano altresi' due estintori, contenenti rispettivamente vernice rossa e vernice gialla. Dagli atti non emerge dove si trovassero i due strumenti, ma la circostanza che il sequestro degli stessi sia stato verbalizzato a carico di C , C , C , V e S (cosi' come lo striscione che era dispiegato a terra dietro gli imputati e a differenza del diverso striscione rinvenuto nello zaino di S sequestrato a carico solo di quest'ultima) porta a ritenere che gli estintori si trovassero a terra nei pressi e non negli zaini. Della dimostrazione-protesta in questione non era stato dato preavviso al Questore ai sensi dell'art. 18 TULPS. Dalla querela successivamente sporta da G P - direttore pro tempore della sede in questione del - emerge che quella impiegata per l'imbrattamento della facciata del palazzo era vernice lavabile. B) Quanto all'istanza di oblazione avanzata dai citati imputati in relazione al reato ex art. 18 TULPS, questo giudice e' chiamato preliminarmente a verificare ex art. 129 c.p.p. se sussistano cause di proscioglimento immediato (cosi' Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6919 del 2022: «la domanda di ammissione all'oblazione, pur non potendo essere ritenuta come ammissione di colpevolezza e' - in ogni caso - un atto idoneo a dar luogo alla apertura di un sub-procedimento nel cui ambito il giudice puo' emettere - in ipotesi di manifesta assenza di prova del fatto di reato o della sua commissione da parte dell'imputato - sentenza di proscioglimento ai sensi dell'art. 129 comma 2, cod. proc. pen.»). C) Nel caso di specie, alla luce degli elementi di fatto sopra descritti, alla stregua della disciplina in vigore e della consolidata giurisprudenza di legittimita', non emergono cause di proscioglimento immediato ex art. 129 c.p.p. In particolare, quella in corso al momento dell'intervento della Polizia Giudiziaria era una riunione in luogo pubblico. Pacifico e' il requisito della pubblicita' del luogo, una pubblica via. Quanto alla possibilita' di qualificare la compresenza degli imputati in detto luogo pubblico, con le citate modalita', come riunione, si deve rilevare che le Sezioni Unite della Corte di cassazione nella sentenza n. 46595 del 2019 (punto 13 del Considerato in diritto) hanno individuato una nozione di «pubblica riunione» comune a varie norme dell'ordinamento, tra cui l'art. 18 TULPS: «Questa nozione ristretta e comune a tutte le norme menzionate esiste: e' la riunione non occasionale di piu' persone in luogo pubblico». Quella attuata dagli imputati era una riunione volontaria e non «occasionale»: in base al comportamento tenuto e alla predisposizione ed organizzazione dei mezzi necessari non si puo' ritenere che l'iniziativa fosse estemporanea. Il numero limitato delle persone partecipanti all'iniziativa non fa venire meno la natura di riunione e quindi non costituisce evidenza ex art. 129 c.p.p. dell'esclusione del fatto di reato contestato. Si deve anzi rilevare che il fine ultimo dell'iniziativa era chiaramente quello di sensibilizzare la collettivita' rispetto al pericolo per l'ambiente e per la salute pubblica connesso all'impiego dei combustibili fossili, unitamente alla protesta per il supporto economico fornito dalle autorita' pubbliche a detto impiego. La finalita', dunque, era di richiamare l'attenzione e quindi la presenza di ulteriori persone, in numero rilevante. Anche le modalita' seguite erano coerenti e idonee rispetto a tale fine: era colorata la facciata dell'edificio del con vernice gialla e rossa (quindi molto vistosa), si' da richiamare l'attenzione dei passanti, ed era dispiegato uno striscione in cui era sintetizzato il senso dell'iniziativa. Si mirava quindi a far convergere e dunque riunire ulteriori persone; le modalita' erano idonee a tale scopo. Anche con riguardo al ruolo di promotore della riunione (non oggetto del dovuto preavviso) attribuito agli imputati non emergono cause di proscioglimento immediato. Secondo la giurisprudenza di legittimita', «ai fini della configurabilita' del reato di omesso previo avviso al Questore, di cui all'art 18 TULPS, risponde come promotore di una riunione in luogo pubblico o di un corteo per le pubbliche vie non soltanto chi progetta, indice, promuove e organizza la manifestazione, ma anche chi collabora alla realizzazione pratica e al buon esito della stessa, partecipando alla fase preparatoria» (cosi' Cass. Sez. 1 - Sentenza n. 3549 del 17 novembre 2020 Rv. 280200 - 01, nello stesso senso Cass. Sez. 1 - Sentenza n. 42488 del 21 ottobre 2009 Rv. 245561 - 01). Nel caso di specie gli imputati ora richiedenti l'oblazione di verniciatura della facciata del palazzo (tutti avevano segni di vernice sulla propria persona) l'imputata S ha anche portato sul posto uno striscione non concretamente utilizzato, ma del tutto analogo a quello dispiegato a terra. C) Ai fini del giudizio circa la sussistenza di una causa di proscioglimento immediato ex art. 129 c.p.p. e in particolare ai fini del giudizio circa la rilevanza penale del fatto in questione, pare pero' necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale dell'art. 18 comma 3 regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 (Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza); D) In subordine, nell'ipotesi di non accoglimento della citata questione ai fini dell'ammissibilita' della domanda di oblazione pare necessario il pronunciamento della Corte costituzionale in ordine alla legittimita' costituzionale della stessa norma nella parte in cui prevede - cumulativamente anziche' alternativamente - una pena detentiva e una pena pecuniaria; cio' premesso; Osserva: 1. Rilevanza delle questioni 1.1 Come si e' gia' evidenziato, qualora fosse accolta la questione sollevata in via principale, in relazione al capo 1) dell'imputazione si dovrebbe emettere una sentenza di non luogo a procedere ex art. 129 c.p.p. perche' il fatto non e' previsto dalla legge come reato. 1.2 Qualora la predetta questione non fosse accolta, sarebbe rilevante la questione subordinata relativa alla pena prevista per il reato in questione: in base alla formulazione attuale della norma, che prevede cumulativamente la pena dell'arresto e quella dell'ammenda, l'istanza di oblazione sarebbe inammissibile, posto che il citato istituto puo' trovare applicazione solo per contravvenzioni per le quali sia prevista la sola pena pecuniaria (ai sensi dell'art. 162 c.p.) o per le quali siano previste alternativamente la pena pecuniaria e quella detentiva (ai sensi dell'art. 162-bis comma l c.p.). Viceversa, qualora fosse accolta la questione sollevata in via subordinata e dunque la norma incriminatrice fosse oggetto di un intervento manipolativo che rendesse la pena detentiva e la pena pecuniaria previste in via alternativa, l'istanza di oblazione sarebbe ammissibile e questo giudice potrebbe ammettere gli istanti all'oblazione e fissare un termine per l'adempimento dell'obbligo pecuniario. Non risultano infatti persistere conseguenze dannose o pericolose del reato ne' la gravita' del fatto di reato e' tale da giustificare il rigetto dell'istanza (art. 162-bis comma 3 e 4 c.p.). D'altronde, ai fini della rilevanza della presente questione, si deve osservare che - stante l'attuale previsione cumulativa della pena detentiva e pecuniaria - questo giudice dovrebbe arrestarsi al primo vaglio circa l'ammissibilita' dell'istanza, senza neppure valutare nel merito la persistenza di conseguenze dannose o pericolose del reato ne' la gravita' di quest'ultimo (in una situazione analoga, con riguardo all'istituto della messa alla prova la Corte costituzionale nella sentenza n. 174 del 2022 ha ritenuto rilevante la questione proposta dal giudice rimettente e ritenuto non fondata l'eccezione proposta dall'Avvocatura generale dello Stato, sottolineando che la rimozione della preclusione prevista dalla norma censurata avrebbe consentito al giudice a quo di valutare nel merito la sussistenza degli ulteriori presupposti per l'accesso all'istituto in questione). 2. Non manifesta infondatezza. 2.1 Appare opportuna una breve ricostruzione del quadro normativo. L'art. 18 regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 prevedeva: «I promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico devono darne avviso, almeno tre giorni prima, al Questore. E' considerata pubblica anche una riunione, che, sebbene indetta in forma privata, tuttavia per il luogo in cui sara' tenuto, o per il numero delle persone che dovranno intervenirvi, o per lo scopo o l'oggetto di essa, ha carattere di riunione non privata. I contravventori sono puniti con l'arresto fino a sei mesi e con l'ammenda da lire mille a quattromila. Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle riunioni predette prendono la parola. Il Questore, nel caso di omesso avviso ovvero per ragioni di ordine pubblico, di moralita' o di sanita' pubblica, puo' impedire che la riunione abbia luogo e puo', per le stesse ragioni, prescrivere modalita' di tempo di luogo alla riunione. I contravventori al divieto o alle prescrizioni dell'Autorita' sono puniti con l'arresto fino a un anno e con l'ammenda da lire duemila a quattromila. Con le stesse pene sono puniti coloro che nelle predette riunioni prendono la parola. Non e' punibile chi, prima dell'ingiunzione dell'Autorita' o per obbedire ad essa, si ritira dalla riunione. Le disposizioni di questo articolo non si applicano alle riunioni elettorali.» Successivamente all'adozione della Costituzione repubblicana e all'inizio dell'operativita' della Corte costituzionale, il citato articolo del TULPS - a parte i vari adeguamenti della pena pecuniaria (la cui cornice edittale e' oggi compresa tra 103 euro e 413 euro) - e' stato oggetto di numerose questioni di costituzionalita', alcune delle quali accolte. In particolare, la Corte costituzionale con la sentenza n. 27 del 1958 ha dichiarato l'illegittimita' delle norme del citato articolo nella parte relativa alle riunioni non tenute in luogo pubblico; con la sentenza n. 90 del 1970 ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 18 comma 3 nella parte in cui non limita la previsione punitiva a coloro che prendono la parola essendo a conoscenza dell'omissione del preavviso previsto dal primo comma dello stesso articolo; con la sentenza n. 11 del 1979 ha dichiarato l'incostituzionalita' dell'art. 18 comma 3 nella parte in cui prevede la punizione di coloro che prendono la parola essendo a conoscenza della omissione di preavviso previsto nel primo comma (accogliendo cosi' una questione precedentemente ritenuta infondata, sia con la sentenza 90 del 1970, sia con la sentenza n. 51 del 1975). Attualmente, quindi, l'incriminazione e' circoscritta ai soli promotori della riunione in luogo pubblico che omettano di darne avviso al Questore almeno tre giorni prima (oltre che a coloro che contravvengono al divieto di riunione imposto dal Questore o alle prescrizioni da questi imposte, ai sensi dell'art. 18 comma 4). 2.2 La questione che ora s'intende proporre in via principale non attiene alla previsione dell'obbligo del preavviso per le riunioni in luogo pubblico bensi' alla previsione di una sanzione penale per l'ipotesi in cui tale obbligo non sia rispettato. Trattasi - per certi versi - di questione analoga a quella ritenuta infondata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 9 del 1956. In tale occasione - a fronte del dedotto contrasto della norma censurata con l'art. 17 della Costituzione, che non contempla una sanzione per il mancato preavviso - cosi' la Corte motivava la propria decisione: «E' normale che il precetto costituzionale non copra, per tutta la sua estensione, la materia regolata dalle norme ad essa sottordinate nella scala dei valori normativi. L'art. 17 della Costituzione, per le riunioni in luogo pubblico - come chiaramente risulta da tutti i lavori preparatori -, e' confermativo della disciplina preesistente. Pertanto la sanzione penale contenuta nell'art. 18 del T.U. delle leggi di p.s., nella parte che si riferisce alle riunioni in luogo pubblico, integra e completa, sotto il relativo profilo, la disposizione costituzionale, non essendo nemmeno pensabile che il precetto costituzionale possa, se veramente se ne vuole il rispetto, essere sprovvisto di sanzione». L'assunto e' stato poi confermato in numerose ordinanze successive (ordinanze 27 del 1956, 31 del 1956, 32 del 1956, 86 del 1957, 87 del 1957, 88 del 1957, 89 del 1957, 90 del 1957, 10 del 1960). 2.3 La citata conclusione non appare condivisibile. 2.3.1 Da un lato, la circostanza che il principio costituzionale non sia meramente confermativo della disciplina precedente (dettata in periodo particolarmente infausto per le liberta' fondamentali) emerge gia' solo dal fatto che con le tre sentenze sopra citate (27 del 1958, 90 del 1970 e 11 del 1979) la stessa Corte costituzionale ha rilevato il contrasto in piu' punti della disciplina dettata dall'art. 18 TULPS con il combinato disposto degli articoli 17 e 21 della Costituzione. 2.3.2 Dall'altro - premesso che l'art. 17 comma 3 della Costituzione prevede che delle riunioni in luogo pubblico debba essere dato preavviso alle autorita', senza fare alcun riferimento a pene - se non e' logicamente corretto desumere da tale mancanza un divieto di sanzione penale, risulta pero' eccessivo dedurre che il precetto debba essere necessariamente accompagnato da una sanzione e, in particolare, che la sanzione debba essere di natura penale (per di piu' di tipo detentivo); a maggior ragione ove si consideri che l'obbligo di preavviso costituisce una limitazione all'esercizio di un diritto fondamentale e quindi la relativa previsione pare doversi interpretare restrittivamente. Si consideri anche che nel frattempo il quadro normativo complessivo e' mutato notevolmente, per cui da una logica panpenalistica si e' passati ad una concezione del diritto penale come extrema ratio. Inoltre, si e' diffusa ampiamente la figura dell'illecito amministrativo con finalita' punitiva, sicche' molte ipotesi di illecito che in passato avevano natura penale hanno ora una rilevanza soltanto amministrativa. Del resto, il mancato preavviso gia' trova una possibile sanzione (di tipo non punitivo) nella dispersione della riunione ad opera delle forze di polizia (dispersione che costituisce una mera eventualita' e non l'oggetto di un obbligo, come gia' sottolineato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 90 del 1970). L'art. 17 della Costituzione non impone dunque affatto l'incriminazione dell'omesso preavviso da parte dei promotori della riunione in luogo pubblico. 2.4 Dall'epoca delle citate pronunce della Corte costituzionale e' inoltre maturata una maggiore sensibilita' rispetto alla tutela dei diritti fondamentali, anche con riguardo all'esigenza che le limitazioni ai diritti fondamentali rispettino sempre il canone della proporzionalita', «in quanto la proporzionalita' e' "requisito di sistema nell'ordinamento costituzionale italiana, in relazione a ogni atto dell'autorita' suscettibile di incidere sui diritti fondamentali dell'individuo"» (cosi' la sentenza n. 203 del 2024, che richiama a sua volta precedenti pronunce). A questo riguardo, l'art. 18 comma 3 TULPS pare violare gli artt. 17 e 21 della Costituzione (la liberta' di riunione e la liberta' di manifestazione del pensiero paiono strettamente collegate, come riconosciuto sia dalla Corte costituzionale sia dalla Corte EDU in plurime pronunce), posto che pare sproporzionata la previsione dell'incriminazione per tutte le ipotesi di omesso preavviso da parte degli organizzatori, a prescindere dalla tipologia di riunione, dall'entita' della stessa, dal luogo e dai mezzi di svolgimento, nonche' dalle conseguenze che ne derivino. Il raduno di centinaia di manifestanti a bordo di trattori sulla tangenziale di una grande citta' e' situazione radicalmente diversa rispetto al ritrovo di una decina di giovani a piedi: una manifestazione nei pressi della sede del Parlamento e' situazione radicalmente diversa da una riunione in un parco cittadino. In ogni caso, la previsione della possibilita' per le autorita' di impedire lo svolgimento della riunione pare sufficiente alla salvaguardia dell'ordine pubblico, per cui la configurazione come reato dell'omesso preavviso appare inutilmente limitativa delle liberta' di riunione e di manifestazione del pensiero. 2.5 La norma censurata pare violare altresi' l'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 21 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di New York. Detto articolo del Patto adottato a New York il 16 dicembre 1966 (reso esecutivo in Italia con la legge 25 ottobre 1977, n. 881), cosi' recita: «E' riconosciuto il diritto di riunione pacifica. L'esercizio di tale diritto non puo' formare oggetto di restrizioni tranne quelle imposte in conformita' alla legge e che siano necessarie in una societa' democratica, nell'interesse della sicurezza nazionale, della sicurezza pubblica, dell'ordine pubblico o per tutelare la sanita' o la morale pubbliche, o gli altrui diritti e liberta'.» Quanto al concetto di «restrizioni [...] necessarie in una societa' democratica» - che evoca il principio di proporzionalita' - risulta fondamentale l'interpretazione fornita dal Comitato per i Diritti Umani dell'ONU nel Commento Generale n. 37 sul diritto di riunione pacifica. 2.5.1 Preliminarmente nel citato Commento Generale, il Comitato precisa: che «riunione pacifica» e' sinonimo di «riunione non violenta», ove per violenza si deve intendere l'uso ad opera dei partecipanti di una forza fisica suscettibile di cagionare delle lesioni o la morte o dei danni gravi ai beni (paragrafo 15); che il confine tra riunione pacifica e riunione non pacifica puo' talora non essere chiaro, ma esiste una presunzione in favore del carattere pacifico della riunione e gli eventuali atti sporadici di violenza posti in essere da alcuni partecipanti non possono essere attribuiti agli altri o agli organizzatori o far qualificare come violenta la riunione (par. 17). Ai paragrafi 70 e seguenti e' trattato il tema del preavviso. In particolare e' previsto che l'adozione di un sistema di preavviso non deve diventare un fine in se'. Al par. 71 il Comitato afferma che la mancanza di preavviso, ove richiesto, non puo' rendere illegale la partecipazione ad una riunione, non puo' di per se' legittimare la dispersione della riunione o l'arresto dei partecipanti o degli organizzatori o l'intenzione di sanzioni ingiustificate, come ad esempio accusare gli organizzatori o i partecipanti di illeciti penali; anche le eventuali sanzioni amministrative devono essere giustificate dalle autorita'; la mancanza di preavviso non esonera le autorita' dal dovere, nella misura in cui sia loro possibile, di agevolare la riunione e di proteggere i partecipanti (1) . Dunque, per quel che qui piu' strettamente interessa, secondo l'interpretazione fornita dall'apposito Comitato ONU, la mancanza di preavviso di una riunione, pur quando lo stesso sia richiesto non puo' costituire l'oggetto di un'infrazione penalmente rilevante nei confronti degli organizzatori. 2.5.2 Le interpretazioni del Patto fornite dal Comitato per i Diritti dell'Uomo dell'ONU non sono di per se' vincolanti. Il citato Commento Generale tuttavia - per l'autorevolezza e la specializzazione dell'organo da cui promana e per il livello di approfondimento - costituisce una interpretazione molto autorevole da cui non vi e' motivo di discostarsi. In proposito, si rilevi che la Corte europea dei diritti dell'uomo molto spesso cita le osservazioni e i Commenti Generali del Comitato ONU per i diritti dell'uomo come fonte autorevole d'interpretazione del Patto di New York: cosi', ad esempio, nella sentenza del 25 giugno 2013 nel caso YOUTH INITIATIVE FOR HUMAN RIGHTS v. SERBIA al par. 13 a proposito del commento generale sull'art 19 del Patto; nella sentenza del 28 marzo 2006 nel caso SUKHOVETSKYY c. UKRAINE al par. 41 in materia di diritti elettorali; nella sentenza del 21 settembre 2006 nel caso MASZNI c. ROUMANIE ai par. 28-30 a proposito dell'art. 14 del patto; nella sentenza del 20 febbraio 2018 nel caso KROMBACH c. France ai par. 19-20 a proposito del principio del bis in idem; nella sentenza del 27 novembre 2014 nel caso HRVATSKI LIJEČNIČKI SINDIKAT v. CROATIA nella concurring opinion del giudice Pinto De Albuquerque a proposito del diritto di sciopero. Anche il Presidente del Consiglio dei Ministri nei propri ricorsi in via principale dinanzi alla Corte costituzionale ha talora invocato gli articoli del Patto di New York per come interpretati dal comitato per i diritti umani dell'Organizzazione delle Nazioni Unite nei propri Commenti Generali: si veda ad esempio il ricorso n. 47 del 2015 Reg. Ric. (G.U. 019 del 13 maggio 2015) in relazione alla legittimita' costituzionale degli artt. 70 e 72 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, nell'ambito del quale al par. 4 della motivazione il Governo ha invocato il General Comment all'art. 18 del Patto di New York e in particolare l'indicazione del Comitato circa l'interpretazione necessariamente restrittiva delle limitazioni alla liberta' dei religione di cui all'art. 18 comma 3 e il principio di proporzionalita' (2) . Infine, i Commenti Generali del Comitato dei Diritti Umani dell'ONU costituiscono un importante parametro per l'interpretazione delle disposizioni del Patto di New York anche nella giurisprudenza delle Corti nazionali di vari Paesi europei: vi hanno fatto riferimento, ad esempio, il Tribunale Costituzionale spagnolo nella sentenza 26/2024 del 14 febbraio 2024 a proposito della liberta' di religione e la Corte costituzionale federale tedesca nella sentenza del 29 gennaio 2019 (2 BvC 62/14) in materia elettorale. 2.6 Analoga questione si prospetta rispetto alla possibile violazione dell'art. 117 della Costituzione in relazione all'art. 11 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (letto anche in correlazione all'art. 10 della stessa Convenzione). L'art. 11 CEDU al primo comma riconosce il diritto di ogni persona alla liberta' di riunione pacifica. Il secondo comma prevede poi che l'esercizio di tale diritto (e degli altri diritti riconosciuti al primo comma) «non puo' essere oggetto di restrizioni diverse da quelle che sono stabilite dalla legge e che costituiscono misure necessarie, in una societa' democratica, alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale e alla protezione dei diritti e delle liberta' altrui». 2.6.1 La giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha ritenuto che la richiesta di preavviso per le riunioni in luogo pubblico - da parte della legge nazionale di uno Stato membro - costituisca una interferenza con il diritto di riunione, che puo' tuttavia essere compatibile con il citato articolo laddove ricorrano i requisiti sopra indicati. La Corte di Strasburgo ha in particolare sottolineato reiteratamente che la semplice assenza di notifica preliminare, pur prevista dalla legge per un fine legittimo, non dia carta bianca alle autorita', ne' rispetto alla dispersione di una riunione pacifica - che potrebbe comunque costituire una reazione sproporzionata e quindi un interferenza illegittima con il diritto fondamentale in questione (sentenza del 17 luglio 2007 nel caso BUKTA ET AUTRES c. HONGRIE, par. 34-38; sentenza del 12 giugno 2014 nel caso PRIMOV AND OTHERS v. RUSSIA, par. 118-119; sentenza del 15 ottobre 2015 nel caso KUDREVIČIUS AND OTHERS v. LITHUANIA, par. 149-153) - ne' rispetto alle possibili sanzioni per il mancato preavviso. Sotto quest'ultimo profilo, piu' strettamente rilevante ai fini in esame, la Corte EDU ha richiamato la propria costante giurisprudenza secondo cui la natura e l'entita' delle sanzioni inflitte sono elementi da tenere in considerazione nel valutare il carattere proporzionato o meno di un'interferenza rispetto al fine dalla stessa perseguito tra le altre, sentenza del 28 settembre 1999 nel caso ÖZTÜRK c. TURQUIE; sentenza dell'11 ottobre 2022 nel caso OSMANI AND OTHERS v. THE FORMER YUGOSLAV REPUBLIC OF MACEDONIA). Piu' precisamente, con riguardo alla liberta' di riunione, la Corte ha affermato che la previsione di una sanzione penale (e ancor piu' di una pena detentiva) per l'omesso preavviso richiede una giustificazione particolare, posto che «una manifestazione pacifica non dovrebbe, in linea di principio, essere soggetta alla minaccia duna sanzione penale» (sentenza del 17 maggio 2011 nel caso AKGÖL AND GÖL v. TURKEY, par. 43), «in particolare una privazione della liberta'» (sentenza del 18 giugno 2013 nel caso GÜN ET AUTRES c. TURQUIE, par. 83). Ad esempio, nel caso RAI and EVANS v. THE UNITED KINGDOM (sentenza del 17 novembre 2009) la Corte riteneva giustificata l'interferenza posto che la norma nazionale prevedeva sanzioni penali (detentiva e/o pecuniaria) soltanto per le manifestazioni non autorizzate che si svolgessero in zone limitate e particolarmente sensibili dal punto di vista della sicurezza (era inoltre stata concretamente inflitta solo una pena pecuniaria). Viceversa, nel caso OBOTE v. RUSSIA (sentenza del 19 novembre 2019, par. 43-45) - relativo a sette soggetti che avevano posto interesse in «flash mob» di fronte ad un ufficio governativo senza la prescritta previa comunicazione - la Corte EDU ha ritenuto che la condotta delle autorita' nazionali, che avevano inflitto una sanzione amministrativa pecuniaria sostanzialmente punitiva, costituisse una interferenza sproporzionata e quindi illegittima ai sensi dell'art. 11 della Convenzione. Piu' precisamente, la Corte ha ritenuto che il semplice fatto di avere omesso il previsto preavviso non giustificasse una sanzione di natura penale. 2.6.2 Alla luce di quanto precede, ad avviso dello scrivente la norma di cui all'art. 18 comma 3 r.d. n. 773/1931 si pone in contrasto con l'art. 11 CEDU, come interpretato dalla giurisprudenza della Corte EDU. La citata norma nazionale, infatti, punisce (peraltro con una pena sia detentiva, sia pecuniaria) l'organizzatore di una riunione in luogo pubblico per il solo fatto dell'omesso preavviso, sulla base del solo dato formale e a prescindere da ogni giustificazione ulteriore. 2.7 D'altro canto, a parere dello scrivente la dichiarazione di illegittimita' della norma censurata non darebbe luogo ad un intollerabile vuoto di tutela del bene giuridico protetto: a fronte di un mancato preavviso della riunione sarebbe comunque possibile la dispersione della stessa ad opera delle forze di polizia (ove giustificata e proporzionata). 2.8 Quanto alla questione subordinata, in ragione degli stessi argomenti sopra esposti, si ritiene che contrasti con il principio di proporzionalita' e quindi con gli artt. 17 e 21 della Costituzione, 21 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di New York e 11 della CEDU (e quindi 117 della Costituzione) la previsione di una pena cumulativa detentiva e pecuniaria per il reato in questione. Una simile previsione, che porta in caso di condanna alla necessaria applicazione anche di una pena detentiva, pare sproporzionata rispetto al fine legittimo perseguito dal legislatore, in quanto non necessaria e inutilmente limitativa di una liberta' fondamentale. Paiono poi pertinenti le medesime argomentazioni svolte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 150 del 2021 in relazione alla previsione di una pena detentiva e pecuniaria per il delitto aggravato di diffamazione a mezzo stampa. Come la liberta' di stampa, anche la liberta' di riunione e' infatti strettamente collegata alla liberta' di manifestazione del pensiero. Entrambe le liberta' inoltre costituiscono «pietra angolare di ogni ordinamento democratico», svolgendo la funzione essenziale di presidio o cane da guardia delle liberta' e della democrazia contro possibili abusi dei pubblici poteri, informando, stimolando e orientando l'opinione pubblica (la Corte EDU ha ad esempio in plurime pronunce riconosciuto il ruolo di «watchdog» anche alle Organizzazioni Non Governative (3) ). Entrambe le liberta' in questione vi e' il rischio che siano compresse eccessivamente, determinando un effetto dissuasivo rispetto all'esercizio delle stesse, con conseguente pregiudizio per la stessa democrazia. La previsione di una pena alternativa (detentiva/pecuniaria) consentirebbe viceversa di limitare l'applicazione della pena detentiva ai soli casi di eccezionale gravita' (in ragione delle dimensioni della riunione o del peculiare luogo in cui la stessa si svolga o per altri motivi). 3. Possibilita' di un'interpretazione conforme Con riguardo tanto alla richiesta in via principale, quanto a quella in via subordinata, non risultano percorribili interpretazioni conformi della norma ora censurata ai parametri costituzionali indicati, chiaro e univoco essendo il dato normativo. (1) 71. A failure to notify the authorities of an upcoming assembly, where required, does not render the act of participation in the assembly unlawful, and must not in itself be used as a basic for dispersing the assembly or arresting the participants or organizers, or for imposing undue sanctions, such as charging the participants or organizers with criminal offences. Where administrative sanctions are imposed on organizers for failure to notify, this must be justified by the authorities. Lack of notification does not absolve the authorities from the obligation, within their abilities, to facilitate the assembly and to protect the participants. (2) «Anche il Comitato diritti umani delle Nazioni Unite, nell'esercizio della sua funzione di interprete del Patto internazionale sui diritti civili e politici, ha chiarito che la liberta' di religione e il diritto di manifestare il proprio credo comprendono una vasta gamma di atti. [...] Il diritto di professare liberamente la propria religione si traduce, quindi, anche nell'utilita' concreta relativa alla costruzione e/o utilizzo di luoghi appositamente dedicati alla preghiera e alla discussione delle questioni riguardanti gli interessi sociali e culturali della comunita' cui l'individuo appartiene, (par. 4 del General Comment all'art. 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici (30.VII.1993). [...] Il Comitato dei diritti umani delle Nazioni Unite ha osservato (Par. 8) che il terzo comma dell'art. 18 deve essere interpretato restrittivamente: non sono ammesse restrizioni se non per i motivi sopra specificati e tali limitazioni possono essere applicate solo per gli scopi cui sono stati prescritti e devono essere proporzionate e direttamente correlate a tali specifici scopi. Le restrizioni, inoltre, non possono essere imposte o applicate per fini discriminatori». (3) Cosi' nella sentenza CASE OF ÖSTERREICHISCHE VEREINIGUNG ZUR ERHALTUNG, STÄRKUNG UND SCHAFFUNG EINES WIRTSCHAFTLICH GESUNDEN LAND- UND FORST-WIRTSCHAFTLICHEN GRUNDBESITZES v. AUSTRIA (par. 34): «the function of creating forums for public debate is not limited to the press. That function may also be exercised by non-governmental organisations, the activities of which are an essential element of informed public debate. The Court has therefore accepted that non-governmental organisations, like the press, may be characterised as social "watchdogs". In that connection their activities warrant similar Convention protection to that afforded to the press (see Tarsasag a Szabadsagjogokert, cited above, § 27, and Animal Defenders International v. the United Kingdom [GC], n. 48876/08, § 103, 22 April 2013)». P.Q.M. Visti gli articoli 134 Cost., 23 ss legge n. 87/1953, Ritenuta la questione rilevante e non manifestatamente infondata, Solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale - per violazione degli art. 17, 21 e 117 della Costituzione (quest'ultimo in relazione all'art. 21 del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici di New York e all'art. 11 della CEDU) - della norma di cui all'art. 18 co. 3 regio decreto 18 giugno 1931 n. 773 (Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza), e, in subordine, della citata norma di cui all'art. 18 co. 3 T.U.L.P.S. nella parte in cui prevede - cumulativamente anziche' alternativamente - una pena detentiva e una pena pecuniaria; Sospende il giudizio in corso, ed i relativi termini di prescrizione, fino alla definizione del giudizio incidentale di legittimita' costituzionale. Dispone l'immediata trasmissione alla Corte costituzionale della presente ordinanza e degli atti del procedimento, comprensivi della documentazione attestante il perfezionamento delle prescritte comunicazioni e notificazioni di cui al successivo capoverso. Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche' per la comunicazione ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e per la successiva trasmissione del fascicolo processuale alla Corte costituzionale. Da' atto, anche ai fini di cui all'art. 23 co. 4 legge n 87/1953, che la presente ordinanza e' stata letta in udienza e che, pertanto, essa deve intendersi notificata a coloro che sono o devono considerarsi presenti, ex art. 148 comma 5 c.p.p. Firenze, 16 giugno 2025 Il Giudice: Attina'