Reg. ord. n. 152 del 2025 pubbl. su G.U. del 03/09/2025 n. 36
Ordinanza del Tribunale di Catanzaro del 30/06/2025
Tra: S.M.
Oggetto:
Esecuzione penale – Sospensione della esecuzione delle pene detentive brevi – Esclusione della possibilità per il pubblico ministero di sospendere l’esecuzione della pena per il reato di cui all’art. 609-quater cod. pen. (Atti sessuali con minorenne) anche nel caso di riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al comma 6 del medesimo articolo (ipotesi di minore gravità) – Disparità di trattamento rispetto alla fattispecie di violenza sessuale di minore gravità di cui all’art. 609-bis, comma 3, cod. pen. e rispetto a fattispecie che, in ragione del relativo trattamento sanzionatorio, sono indice di maggiore pericolosità – Violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza – Violazione del principio della finalità rieducativa della pena.
- Codice di procedura penale, art. 656, comma 9, lettera a).
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.
Ordinamento penitenziario – Benefici penitenziari – Concessione ai detenuti condannati per determinati delitti solo sulla base dei risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno – Omessa esclusione dal novero di tali reati del reato di atti sessuali con minorenne di cui all’art. 609-quater cod. pen., allorché sia stata riconosciuta l’ipotesi di minore gravità di cui al comma 6 del medesimo articolo – Disparità di trattamento rispetto alla fattispecie di violenza sessuale di minore gravità di cui all’art. 609-bis, comma 3, cod. pen. e rispetto a fattispecie che, in ragione del relativo trattamento sanzionatorio, sono indice di maggiore pericolosità – Violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza – Violazione del principio della finalità rieducativa della pena.
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, comma 1-quater.
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.
Norme impugnate:
codice di procedura penale
del
Num.
Art. 656
Co. 9
legge
del 26/07/1975
Num. 354
Art. 4
Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione
Art. 3
Co.
Costituzione
Art. 27
Co. 3
Camera di Consiglio del 9 febbraio 2026 rel. PATRONI GRIFFI
Testo dell'ordinanza
N. 152 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 giugno 2025
Ordinanza del 30 giugno 2025 del Tribunale di Catanzaro nel
procedimento penale a carico di S. M..
Esecuzione penale - Sospensione della esecuzione delle pene detentive
brevi - Esclusione della possibilita' per il pubblico ministero di
sospendere l'esecuzione della pena per il reato di cui all'art.
609-quater cod. pen. anche nel caso di riconoscimento della
circostanza attenuante speciale di cui al comma 6 del medesimo
articolo.
- Codice di procedura penale, art. 656, comma 9, lettera a).
Ordinamento penitenziario - Benefici penitenziari - Concessione ai
detenuti condannati per determinati delitti solo sulla base dei
risultati dell'osservazione scientifica della personalita' condotta
collegialmente per almeno un anno - Omessa esclusione dal novero di
tali reati del reato di atti sessuali con minorenne di cui all'art.
609-quater cod. pen., allorche' sia stata riconosciuta l'ipotesi di
minore gravita' di cui al comma 6 del medesimo articolo.
- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario
e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della
liberta'), art. 4-bis, comma 1-quater.
(GU n. 36 del 03-09-2025)
IL TRIBUNALE DI CATANZARO
Sezione I Penale
In composizione collegiale, composto da:
dott.ssa Beatrice Fogari - Presidente;
dott.ssa Marilena Sculco - Giudice Est.;
dott.ssa Elisa Fabio - Giudice;
Vista la richiesta di sospensione dell'ordine di esecuzione n.
SIEP 118/2025 formulata dal Pubblico Ministero nell'interesse di M.
S. nato a il ;
fissata l'udienza all'11 giugno 2025 e datone rituale avviso alle
parti;
sentite le richieste formulate dal Pubblico Ministero e dall'Avv.
Giuseppe Antonio Saladino che. presente in sostituzione dell'Avv.
Sergio Lucisano, ha depositato memoria;
letti gli atti del fascicolo dell'esecuzione e ritenuta la
propria competenza, ha pronunciato la seguente ordinanza.
Il Pubblico Ministero ha chiesto la sospensione dell'ordine di
esecuzione di data 14 maggio 2025, relativo alla pena di anni uno,
mesi uno e giorni dieci di reclusione inflitta a M. S.
condannato per il reato di cui all'art. 609-quater codice penale dal
Tribunale di Catanzaro con sentenza n. 1251 del 13 ottobre 2021,
parzialmente riformata con sentenza della Corte di appello di
Catanzaro del 27 maggio 2024, irrevocabile il 14 aprile 2025.
L'organo dell'accusa ha formulato la richiesta di sospensione in
parola, previo giudizio di rilevanza e non manifesta infondatezza
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 656, comma
9, lett. a), codice procedura penale in relazione all'art. 4-bis,
comma 1-quater, legge n. 354/2975, come interpretato dalla costante
giurisprudenza di legittimita', nella parte in cui esclude la
possibilita' per il Pubblico Ministero di sospendere l'esecuzione
della pena per il reato di cui all'art. 609-quater codice penale
anche nel caso di riconoscimento della circostanza attenuante
speciale di cui al comma 6 del medesimo articolo, per contrasto con
gli artt. 3 e 27, comma 3, Cost. a sostegno della propria tesi, il
Pubblico Ministero ha rappresentato quanto segue:
l'art. 4-bis, comma 1-quater, legge n. 354/2975 prevede che i
condannati per i reati di cui agli artt. 609-bis, 609-ter, 609-quater
e 609-octies codice penale possano accedere ai benefici penitenziari
solo sulla base dei risultati dell'osservazione scientifica della
personalita', condotta collegialmente per almeno un anno; la
disposizione in parola si applica al delitto di cui all'art. 609-bis
del codice penale, salvo che sia stata riconosciuta la circostanza
attenuante prevista dallo stesso articolo;
in applicazione delle richiamate norme, il Pubblico Ministero
non puo' sospendere l'esecuzione a carico di M. S. , che di
conseguenza dovrebbe espiare quasi l'intera pena detentiva applicata,
senza che il Tribunale di sorveglianza possa valutare in concreto
l'idoneita' e l'opportunita' di una misura alternativa;
l'assetto normativo cosi' delineato sarebbe incostituzionale
per contrasto, innanzitutto, con l'art. 3 Cost., atteso che il
divieto di sospensione dell'esecuzione che ci occupa non e'
applicabile ai condannati per il reato di violenza sessuale (art.
609-bis del codice penale) per il quale sia stata riconosciuta
analoga attenuante. Contrasterebbe con il principio di
ragionevolezza, dunque, l'operativita' del divieto rispetto al reato
di atti sessuali con minorenne, nelle ipotesi di minore gravita',
quale quella ritenuta a carico del M a venire in rilievo e' infatti,
nel reato di cui all'art. 609-quaterdel codice penale, una condotta
realizzata in costanza di consenso da parte della persona offesa,
sebbene il consenso sia presunto non valido in ragione della minore
eta' del soggetto passivo. In questo contesto, il Pubblico Ministero
ha evidenziato come la presunzione di maggiore pericolosita' dei
condannati per i reati di cui all'art. 656, comma 9, lett. a), codice
procedura penale , alla quale ha piu' volte fatto riferimento la
Corte costituzionale, non trova riscontro nei caratteri strutturali
dei reati di cui agli arti 609-bis e 609-quater del codice penale;
cio' si verifica a maggior ragione nelle ipotesi, quale quella che ci
occupa, in cui la condotta si sia esaurita in baci e abbracci tra
persone legate da uno spontaneo sentimento e la differenza di eta'
tra soggetto passivo e autore del reato non sia particolarmente
rilevante;
vi sarebbe contrasto, altresi', con l'art. 27, comma 3, codice
procedura penale , che consacra la funzione rieducativa della pena,
attesa l'introduzione di un'aprioristica presunzione di pericolosita'
in relazione al titolo di reato, in assenza di qualsivoglia
valutazione del Tribunale di sorveglianza quanto alla possibilita' di
applicazione di una misura alternativa alla detenzione.
La Difesa ha depositato memoria nella quale ha espresso
argomentazioni adesive rispetto a quelle del Pubblico Ministero,
evidenziando come la disposizione censurata violi il principio di
offensivita' e si traduca in una disparita' di trattamento
irragionevole, in contrasto con l'art. 3 Cost. E' stato altresi'
evidenziato il contrasto con l'art. 27, comma 3, della Costituzione.
Ancora, e' stato osservato come la disposizione della cui
legittimita' si dubita non sia intangibile, tanto che codesta Corte
e' intervenuta dichiarandone l'illegittimita' costituzionale nella
parte in cui precludeva la sospensione dell'esecuzione per il reato
di incendio boschivo colposo.
Infine, il difensore ha fatto richiamo al par. 40 del Commento
Generale n. 20/2016 del Comitato ONU per i Diritti dell'Infanzia, in
seno al quale e' stato raccomandato di evitare la criminalizzazione
di «adolescenti di eta' simile per attivita' sessuali di fatto
consensuali e non sfruttative», si' da scongiurare automatismi
repressivi, in un'ottica - all'opposto - individualizzante.
Quanto al fatto in ordine al quale M. e' stato ritenuto
colpevole, trattasi di condotta realizzata all'epoca in cui il
predetto era ventenne e, segnatamente, di atti sessuali con la minore
P. G. , allora tredicenne.
La rilevanza della questione.
Ritiene il Tribunale che la prospettata questione di legittimita'
costituzionale sia rilevante poiche', applicando la disposizione
censurata, non vi sarebbe possibilita' di sospendere l'ordine di
esecuzione che grava in capo a M. e cio' alla luce sia del chiaro
tenore letterale dell'art. 656, comma 9, lett. a), codice procedura
penale , sia dell'elaborazione giurisprudenziale relativa alla
disposizione in parola.
Come gia' evidenziato, il menzionato comma 9, lett. a),
nell'operare formale richiamo ai reati di cui all'art. 4-bis legge n.
354/1975, stabilisce che la sospensione dell'esecuzione della
condanna non puo' essere disposta, tra gli altri, per i condannati in
ordine al delitto di cui all'art. 609-quater del codice penale, se
non previa osservazione scientifica della personalita'
dell'interessato, condotta collegialmente per almeno un anno in
regime inframurario (art. 4-bis, comma 1-quater, legge n. 354/1975);
detta regola non subisce eccezioni nell'ipotesi attenuata di cui al
penultimo comma dell'art. 609-quater del codice penale, a differenza
di quanto previsto in relazione ad analoga ipotesi di minore
gravita', se accessoria al delitto di cui all'art. 609-bis codice
penale (art. 4-bis, comma 1-quater, cit., secondo periodo).
Chiara la portata della disposizione in commento, su cui pure la
Suprema Corte si e' soffermata nell'escludere la possibilita' di
un'interpretazione estensiva o analogica dell'art. 4-bis, comma
1-quater, secondo periodo, legge n. 354/1975 all'ipotesi che ci
occupa (Cass., Sez. I, 13 settembre 2022 - dep. 2023, n. 2533, Rv.
284049 - 01, in motivazione).
Nel ribadire il divieto, la Cassazione ha ritenuto manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
4-bis, commi 1-quater e 1-quinquies, legge n. 354/1975, in relazione
agli artt. 3 e 27 della Costituzione, laddove dette disposizioni
prevedono che i benefici di cui al comma 1 del medesimo art. 4-bis
possono essere concessi ai detenuti o internati per il delitto
previsto dall'art. 609-quater codice penale solo sulla base dei
risultati dell'osservazione scientifica della personalita' condotta
collegialmente per almeno un anno e che, ove il reato sia stato
commesso in danno di persona minorenne, il magistrato di sorveglianza
o il Tribunale di sorveglianza valutano la positiva partecipazione al
programma di riabilitazione specifica di cui al successivo art.
13-bis, «in quanto la fissazione di un tempo minimo di osservazione,
maggiore rispetto a quello previsto per gli altri condannati, e'
volta ad assicurare una verifica completa della personalita' del reo
e la valutazione del percorso riabilitativo trova giustificazione
nella finalita' rieducativa del vincolo» (cosi Cass., Sez. I, 22
giugno 2020, n. 23822, Rv. 279444 - 01; in senso analogo Cass., Sez.
I, 22 ottobre 2009, n. 41958, Rv. 245079 - 01; Cass., Sez. I, 29
novembre 2024, n. 5214, n. m.). In tale ottica, e' stato osservato
come si tratti di una «scelta legislativa discrezionale, esercitata
in modo non arbitrario [...], che ha inteso colpire piu' severamente
i reati sessuali commessi in danno di minori (con violenza e non),
ritenuti di maggiore gravita' perche' commessi in una delle forme
che l'ordinamento reputa portatrici di accentuato disvalore e che,
percio', richiedono quelle particolari modalita' di osservazione e
trattamento» (Cass., Sez. Sez. I, 13 settembre 2022 - dep. 2023, n.
2533, cit.).
Sotto un concorrente profilo, e' stato rilevato che non spetta
ne' al Pubblico Ministero che emette l'ordine di carcerazione, ne' al
giudice dell'esecuzione in ipotesi adito con incidente di esecuzione,
la valutazione, ai fini della sospensione dell'esecuzione, della
sussistenza o meno dei requisiti normativamente previsti per
l'ammissione ai benefici penitenziari, trattandosi di compito
riservato esclusivamente al Tribunale di sorveglianza, dovendo il
giudice dell'esecuzione limitarsi alla mera constatazione della
presenza dei titoli ostativi alla sospensione (tra le altre Cass.,
Sez. II, 15 aprile 2000, n. 1443, Rv. 215904 - 01).
Alla luce di quanto precede, l'ordine di esecuzione emesso nei
confronti di M. S. non puo' essere sospeso da questo Collegio,
non potendosi, dunque, accogliere la richiesta formulata in tal senso
dal Pubblico Ministero. A tale esito non osta la ritenuta fondatezza
della questione di legittimita' costituzionale che si va a sollevare
atteso che, come chiarito dalla Suprema Corte, «Al giudice
dell'esecuzione che sollevi questione di legittimita' costituzionale
relativamente ad una norma astrattamente idonea ad incidere sul
titolo esecutivo, non e' consentito di sospendere l'esecutivita' del
titolo medesimo, non potendo, in questa situazione. applicarsi in via
analogica ne' l'art. 666, comma 7, codice procedura penale, in quanto
norma eccezionale e come tale insuscettibile di estensione, ne'
l'art. 670, comma 3, codice procedura penale, in quanto il principio
del sindacato accentrato di costituzionalita' impedisce al giudice di
riappropriarsi del procedimento, anche se soltanto a fini cautelari,
e gli preclude la disapplicazione di norme, comunque, vigenti ed
efficaci» (Cass., Sez. F., 27 agosto 2019, n. 45319, Rv. 277636 -
01).
In questo contesto, deve osservarsi che l'art. 23 legge n.
87/1953 prevede che, allorquando venga sollevata questione di
legittimita' costituzionale, il giudice rimettente disponga la sola
sospensione del giudizio, senza alcuna possibilita' di anticipare gli
effetti della (eventuale) declaratoria di illegittimita'
costituzionale, il cui vaglio e' demandato in via esclusiva alla
Corte costituzionale. Su tali basi, la questione di legittimita' che
si intende sollevare si ritiene rilevante nonostante non possa in
questa sede intervenirsi sull'ordine di esecuzione, atteso che la
proposizione della questione comporta, a norma dell'art. 23 legge n.
87/1953, la sospensione del giudizio (nella specie, dell'incidente di
esecuzione) fino alla pronuncia di codesta Corte, si' da
paralizzarsi, nelle more, la concreta attuazione dell'ordine di
esecuzione emesso a carico dell'odierno condannato.
Con specifico riferimento alla possibilita' di intervento della
Corte costituzionale nella materia di interesse, il Tribunale non
puo' fare a meno di confrontarsi con le argomentazioni espresse dalla
Suprema Corte, secondo cui neppure la Corte costituzionale potrebbe
incidere sulla discrezionalita' legislativa che connota scelte di
politica penitenziaria quale quella che ci occupa (in questo senso
Cass., Sez. I, 13 settembre 2022 - dep. 2023, n. 2533, cit.). Tale
assunto, tuttavia, non pare insuperabile e cio' anche alla luce della
piu' recente giurisprudenza costituzionale in tema di sindacato
giurisdizionale sulle scelte di opportunita' del legislatore in
materia penitenziaria.
In questo senso, non si ritiene inconferente il richiamo alla
pronuncia con cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 656, comma 9, lett. a), codice procedura penale , nella
parte in cui stabilisce che non puo' essere disposta la sospensione
dell'esecuzione nei confronti delle persone condannate per il delitto
di furto con strappo di cui all'art. 624-bis codice penale (Corte
costituzionale, 1° giugno 2016, n. 125).
Parimenti, codesta Corte e' intervenuta sulla discrezionalita'
del legislatore in materia d penitenziaria allorquando ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 656, comma 9, lett. a),
codice procedura penale , nella parte in cui preclude la sospensione
dell'esecuzione nei confronti dei condannati per il delitto di
incendio boschivo colposo di cui all'art. 423-bis, comma 2, codice
penale (Corte costituzionale, 20 gennaio 2023, n. 3).
Con tali richiami non si intende certo trascurare la differenza
tra le ipotesi oggetto delle citate declaratorie di illegittimita' e
quella che ci occupa, in relazione alla quale il legislatore ha
inteso subordinare l'accesso ai benefici penitenziari alla stringente
condizione della previa osservazione scientifica della personalita'
del condannato per almeno un anno; preme, in via generale, rimarcare
come il vaglio di legittimita' costituzionale ben possa avere ad
oggetto la legislazione in tema di politica penitenziaria, cosi'
come, del resto, quella in punto di politica criminale e dosimetria
della pena, come e' agevole constatare alla luce dei sempre piu'
frequenti interventi della Consulta su scelte sanzionatorie ritenute
manifestamente arbitrarie o irragionevoli (tra le piu' recenti, Corte
costituzionale, 15 giugno 2023, n. 120; Corte costituzionale, 13
maggio 2024, n. 86).
La non manifesta infondatezza della questione.
Tanto premesso in punto di rilevanza della questione, ritiene il
Collegio che l'art. 656, comma 9, lett. a), codice procedura penale
in relazione all'art. 4-bis, comma 1-quater, legge n. 354/2975
nonche', a monte, lo stesso art. 4-bis cit., si pongano in contrasto
con gli artt. 3 e 27, comma 3, della Costituzione per la violazione
dei principi di uguaglianza e ragionevolezza nonche' della funzione
rieducativa della pena, nella parte in cui escludono che il Pubblico
Ministero possa sospendere l'esecuzione della pena per il reato di
cui all'art. 609-quater codice penale anche nel caso di
riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al comma
6 del medesimo articolo.
Quanto alla violazione del principio di uguaglianza, si ritiene
che essa discenda dalla disparita' di trattamento, da un lato,
rispetto alla fattispecie di cui all'art. 609-bis, comma 3, del
codice penale, posta a protezione di un bene giuridico analogo a
quello tutelato dall'art. 609-quater codice penale e, dall'altro,
rispetto a fattispecie che, in ragione del relativo trattamento
sanziodel natorio, sono indice di maggiore pericolosita' rispetto al
reo di atti sessuali con minorenne e per le quali, nondimeno. non e'
previsto analogo divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione.
La fattispecie di cui all'art. 609-quater del codice penale, in
ordine alla quale e' intervenuta la condanna del M. , e' posta a
tutela della liberta' personale, come suggerisce la collocazione
sistematica della norma all'interno del codice penale; a venire in
rilievo e', concretamente, la liberta' sessuale. Il bene giuridico in
parola costituisce altresi' oggetto di tutela della fattispecie di
cui all'art. 609-bis del codice penale, che contempla - analogamente
a quanto avviene per gli atti sessuali con minorenne - la fattispecie
di minore gravita'. Come sopra evidenziato, il divieto di sospensione
dell'ordine di esecuzione non opera soltanto in relazione a tale
ultima ipotesi, rispetto alla quale l'art. 4-bis, secondo
periodo, legge n. 354/1975 neutralizza la regola della necessaria,
previa osservazione scientifica inframuraria per almeno un anno
affinche' il condannato possa accedere ai benefici di cui al comma 1
della stessa norma.
In questo contesto, sul piano generale, preme evidenziare che la
disparita' di trattamento rilevante ai sensi dell'art. 3 della
Costituzione ricorre a fronte del diverso trattamento di situazioni -
per cio' che rileva in questa sede - di gravita' non solo analoga, ma
anche differente, laddove ad una fattispecie meno grave venga
riservato un trattamento in concreto piu' rigoroso di quello previsto
per ipotesi piu' gravi (cfr., ad es.. Corte costituzionale, 17 marzo
1988, n. 304, in tema di condizioni per la non menzione della
condanna a pena pecuniaria nel certificato del casellario giudiziale
rispetto alle ipotesi di condanna a pena detentiva, solo o congiunta
a pena pecuniaria; Corte costituzionale, 14 aprile 2022, n. 95, in
tema di sanzioni amministrative).
Venendo alla denunciata disparita' di trattamento deve osservarsi
che, se il reato di atti sessuali con minorenne di cui all'art.
609-quater codice penale riveste particolare gravita' in ragione
dell'eta' della persona offesa e della sua correlata condizione in
punto di consapevole autodeterminazione - cio' che induce a
presumerne viziato il consenso - non meno grave (come suggerisce, del
resto, il relativo trattamento sanzionatorio) e' la violenza sessuale
punita dall'art. 609-bis del codice penale, che presuppone il
dissenso (o anche la mera mancanza di consenso) della vittima. Stanti
le caratteristiche delle fattispecie poste a raffronto, entrambe a
tutela della liberta' sessuale, non si ritiene implausibile affermare
che, talvolta, la condotta riconducibile al paradigma dell'art.
609-quater codice penale puo' rivelarsi meno grave della violenza
sessuale (nelle rispettive forme attenuate, che rilevano in questa
sede): il riferimento va alle ipotesi di atti sessuali con minorenne
realizzate a fronte del consenso di una persona offesa che mostri un
grado di maturazione non troppo distante da quello proprio del
maggiorenne (quanto alla, sia pur limitata, rilevanza del consenso in
relazione alla fattispecie che ci occupa, cfr. Cass., Sez. III, 20
aprile 2016, n. 48320, Rv. 268571 - 01), come nel caso di specie,
descritto dalla persona offesa in termini che vale la pena
richiamare. Nel dettaglio, la predetta affermava: «ci siamo scambiati
qualche coccola diciamo, niente di che... due succhiotti e qualche
bacio» e ancora «magari la mano e' stata un pochino piu' allungata,
pero' non e' andato nulla oltre, non e' andato nulla oltre le
aspettative normali». E' evidente, ad avviso del Collegio rimettente,
come una ipotesi del genere denoti, in capo all'agente, una
pericolosita' minore rispetto al reo di violenza sessuale, nelle
rispettive forme attenuate; da qui la denunciata disparita' di
trattamento, nei termini di cui in premessa.
Venendo a fattispecie poste a tutela di beni giuridici diversi,
da considerare piu' gravi del reato di cui all'art. 609-quater del
codice penale, o analogamente gravi rispetto ad esso (in ragione del
trattamento sanzionatorio), ed in relazione alle quali non opera il
divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione (escluso il richiamo
ai reati aggravati dall'evento), vengono in rilievo diverse
fattispecie. L'argomento e' speso sulla scorta della considerazione
per cui il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione e'
talvolta legato alla pericolosita' di cui e' indice il reato che di
volta in volta viene in rilievo (per tali argomentazioni v. Corte
costituzionale, 2 marzo 2018, n. 41). Limitandosi, per brevita', a
richiamare le fattispecie ugualmente o maggiormente gravi sulla base
del raffronto con la pena prevista per la condotta base (e non per
quella attenuata) di cui all'art. 609-quater del codice penale,
vengono in rilievo, tra gli altri, i reati di cui alle seguenti norme
incriminatrici: art. 287 codice penale (Usurpazione di potere
politico o di comando militare, punito con la reclusione da sei a
quindici anni); art. 375, comma 3, codice penale (Frode in processo
penale e depistaggio. punito con la reclusione da sei a dodici anni);
art. 579 codice penale (Omicidio del consenziente, punito con la
reclusione da sei a quindici anni); art. 629, comma 3, codice penale
(Estorsione, punita, per tale ipotesi, con la reclusione da sei a
dodici anni). Tali fattispecie sono richiamate soltanto a titolo di
esempio, essendo al tempo stesso agevole comprendere come, nei casi
di riconoscimento della diminuente di cui all'art. 609-quater, comma
6, del codice penale,la pena in concreto applicata possa giungere a
due anni di reclusione e, dunque, denotare una pericolosita' ancora
piu' contenuta e senz'altro minore rispetto a quella propria del
colpevole dei menzionati reati o di reati puniti piu' gravemente
degli atti sessuali con minorenne, nell'ipotesi di minore gravita'.
Anche rispetto a tali fattispecie si ravvisa, dunque, una
irragionevole disparita' di trattamento, stante la possibilita', ove
la pena in concreto irrogata lo consenta, di sospendere l'ordine di
esecuzione ai fini di cui all'art. 656, comma 5, codice procedura
penale in relazione a condotte che, attesa la pari o maggiore
gravita' rispetto a quella tipica dell'art. 609-quater del codice
penale, sono ben suscettibili di denotare una maggiore pericolosita'
in capo al soggetto agente.
Ulteriore profilo di attrito delle disposizioni denunciate con
l'art. 3 Cost. si ravvisa nell'avere il legislatore previsto una
presunzione di pericolosita' in relazione al mero titolo di reato,
includendo nel catalogo delle condotte senz'altro meritevoli di
carcerazione anche quella di atti sessuali con minorenne nei casi di
minore gravita'. Tale scelta si ritiene priva di ragionevole
fondamento poiche', in tal modo, il Pubblico Ministero e' costretto a
dar corso all'esecuzione della pena, non potendo sospendere l'ordine
di esecuzione e dare modo, cosi', al condannato di accedere ad una
misura alternativa alla detenzione senza un previo passaggio in
carcere e cio' anche nelle ipotesi in cui la pericolosita' del
condannato si riveli assai contenuta, evenienza - questa - verosimile
in relazione a condotte quale quella che ci occupa. Ne discende, ad
avviso del Tribunale rimettente, la violazione del principio di
ragionevolezza. essendo l'esecuzione della pena irrogata per il reato
di cui all'art. 609-quater codice penale non ragionevolmente
differenziata in relazione alla gamma delle concrete condotte
riconducibili al modello legale.
Ulteriore norma che in questa sede si ritiene violata e' l'art.
27, comma 3, Cost., che consacra la funzione rieducativa della pena.
E' utile richiamare l'argomento speso dalla Corte costituzionale
in tema di ragioni che hanno indotto il legislatore ad imporre un
periodo di carcerazione in attesa che l'organo competente decida
sull'istanza di accesso alla misura alternativa alla detenzione. Nel
dettaglio, e' stato osservato come cio' possa dipendere «dalla
particolare pericolosita' di cui, secondo il legislatore, sono indice
i reati in questione, alla quale si intende rispondere inizialmente
con il carcere». Ancora, e' stato evidenziato che «il legislatore
potrebbe anche prendere atto che l'accesso alla misura alternativa e'
soggetto a condizioni cosi stringenti da rendere questa eventualita'
meramente residuale, sicche' appare tollerabile che venga incarcerato
chi all'esito del giudizio relativo alla misura alternativa potra'
con estrema difficolta' sottrarsi alla detenzione: e' quanto (oltre
che per la gravita' dei reati) accade per i delitti elencati
dall'art. 4-bis della legge n. 354 del 1975» (Corte costituzionale, 2
marzo 2018, n. 41).
Non si intende, con tali richiami, affermare che l'attenuante
della minore gravita' comporti necessariamente, per cio' solo, una
minore pericolosita' in capo al condannato per il reato di atti
sessuali con minorenne; si vuole, pero', evidenziare che presumere,
in maniera rigida ed automatica, in capo al condannato un grado di
pericolosita' contenibile solo con il carcere., per un periodo di
almeno un anno. e' opzione legislativa suscettibile di contrasto con
il richiamato finalismo rieducativo della pena, posta la funzione
eminentemente rieducativa della sanzione penale.
Offre la dimensione di quanto argomentato proprio la vicenda che
riguarda l'odierno condannato: M. deve scontare una pena pari ad anni
uno, mesi uno e giorni dieci di reclusione e, sulla base della
normativa vigente, potrebbe fruire di una misura alternativa alla
detenzione soltanto per un mese e dieci giorni, dopo un anno di
restrizione inframuraria. Cio' potrebbe rappresentare un sacrificio
inutile e vanificatore del processo rieducativo, al quale il reo
tenderebbe a non prestare adesione, percependo di subire un
trattamento penitenziario svincolato dalla gravita' della propria
condotta e dalla pericolosita' sottesa alla stessa. Si rammenta,
ancora una volta, che la condotta dell'odierno condannato consisteva
prevalentemente in baci con la persona offesa, di eta' non
eccessivamente inferiore alla sua.
Su tali basi, si ritiene che le modalita' esecutive della pena
che il M. si troverebbe ad affrontare assumerebbero, nell'ottica del
condannato, i profili di una mera punizione. Tale riflessione la si
coglie appieno rammentando la giurisprudenza di legittimita'
richiamata in esordio, secondo cui la scelta legislativa censurata
«ha inteso colpire piu' severamente i reati sessuali commessi in
danno di minori ritenuti di maggiore gravita' perche' commessi in una
delle forme che l'ordinamento reputa portatrici di accentuato
disvalore» (Cass., Sez. Sez. I, 13 settembre 2022 - dep. 2023, n.
2533, cit.): non puo' farsi a meno di osservare come, in sede
esecutiva, debba aversi riguardo allo scopo della pena (quello
rieducativo). piu' che ad una funzione punitiva. Il disvalore del
fatto merita l'incriminazione ed una conseguente, adeguata sanzione,
come nel caso del M. , che ha posto in essere una condotta
evidentemente meritevole di sanzione, poiche' il consenso agli atti
sessuali prestato dal minorenne si presume viziato, a nulla rilevando
la concreta gravita' del contegno, ne', evidentemente, la sempre
maggiore disinvoltura che, in relazione ad ipotesi quale quella che
ci occupa. consegue al mutare del costume sociale. Altro, pero', e'
la modalita' esecutiva della pena, che deve tendere alla finalita' di
cui all'art. 27, comma 3, Cost. e - ferma l'innegabile rilevanza
della gravita' del fatto, che pure incide sul giudizio di
pericolosita' del reo - deve necessariamente sganciarsi, a parere di
questo Collegio, da un automatismo che attribuisca perentoriamente,
obliterando le peculiarita' dei singoli casi concreti, una
pericolosita' meritevole di carcerazione all'autore di una condotta
di gravita' contenuta, quale quella che rileva nel caso di specie.
La questione di costituzionalita' che qui si sottopone alla Corte
appare, dunque, rilevante e non manifestamente infondata avuto
riguardo ai parametri indicati di cui agli artt. 3 e 27, comma 3,
della Costituzione.
P.Q.M.
Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante e
non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 656, comma 9, lett. a), codice procedura
penale in relazione all'art. 4-bis, comma 1-quater, legge
n. 354/1975, nella parte in cui esclude la possibilita', per il
pubblico ministero, di sospendere l'esecuzione della pena per il
reato di cui all'art. 609-quater del codice penale anche nel caso di
riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al comma
6 del medesimo articolo, nonche' dell'art. 4-bis, comma 1-quater,
legge n. 354/1975, nella parte in cui non esclude dal novero dei
reati ivi compresi quello di atti sessuali con minorenne, allorche'
sia stata riconosciuta l'ipotesi di minore gravita' di cui all'art.
609- quater, comma 6, del codice penale;
ordina la sospensione del procedimento in corso e l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
dispone che la presente ordinanza, depositata in cancelleria
all'esito della riserva assunta all'udienza di data 11 giugno 2025,
sia notificata a M. S. , al suo difensore, al Pubblico
Ministero e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al
Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei Deputati.
Catanzaro, 11 - 30 giugno 2025
Il Presidente: Fogari
Il Giudice Est.: Sculco
Oggetto:
Esecuzione penale – Sospensione della esecuzione delle pene detentive brevi – Esclusione della possibilità per il pubblico ministero di sospendere l’esecuzione della pena per il reato di cui all’art. 609-quater cod. pen. (Atti sessuali con minorenne) anche nel caso di riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al comma 6 del medesimo articolo (ipotesi di minore gravità) – Disparità di trattamento rispetto alla fattispecie di violenza sessuale di minore gravità di cui all’art. 609-bis, comma 3, cod. pen. e rispetto a fattispecie che, in ragione del relativo trattamento sanzionatorio, sono indice di maggiore pericolosità – Violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza – Violazione del principio della finalità rieducativa della pena.
- Codice di procedura penale, art. 656, comma 9, lettera a).
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.
Ordinamento penitenziario – Benefici penitenziari – Concessione ai detenuti condannati per determinati delitti solo sulla base dei risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno – Omessa esclusione dal novero di tali reati del reato di atti sessuali con minorenne di cui all’art. 609-quater cod. pen., allorché sia stata riconosciuta l’ipotesi di minore gravità di cui al comma 6 del medesimo articolo – Disparità di trattamento rispetto alla fattispecie di violenza sessuale di minore gravità di cui all’art. 609-bis, comma 3, cod. pen. e rispetto a fattispecie che, in ragione del relativo trattamento sanzionatorio, sono indice di maggiore pericolosità – Violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza – Violazione del principio della finalità rieducativa della pena.
- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, comma 1-quater.
- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.
Norme impugnate:
codice di procedura penale del Num. Art. 656 Co. 9
legge del 26/07/1975 Num. 354 Art. 4 Co. 1
Parametri costituzionali:
Costituzione Art. 3 Co.
Costituzione Art. 27 Co. 3
Camera di Consiglio del 9 febbraio 2026 rel. PATRONI GRIFFI
Testo dell'ordinanza
N. 152 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 giugno 2025
Ordinanza del 30 giugno 2025 del Tribunale di Catanzaro nel
procedimento penale a carico di S. M..
Esecuzione penale - Sospensione della esecuzione delle pene detentive
brevi - Esclusione della possibilita' per il pubblico ministero di
sospendere l'esecuzione della pena per il reato di cui all'art.
609-quater cod. pen. anche nel caso di riconoscimento della
circostanza attenuante speciale di cui al comma 6 del medesimo
articolo.
- Codice di procedura penale, art. 656, comma 9, lettera a).
Ordinamento penitenziario - Benefici penitenziari - Concessione ai
detenuti condannati per determinati delitti solo sulla base dei
risultati dell'osservazione scientifica della personalita' condotta
collegialmente per almeno un anno - Omessa esclusione dal novero di
tali reati del reato di atti sessuali con minorenne di cui all'art.
609-quater cod. pen., allorche' sia stata riconosciuta l'ipotesi di
minore gravita' di cui al comma 6 del medesimo articolo.
- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario
e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della
liberta'), art. 4-bis, comma 1-quater.
(GU n. 36 del 03-09-2025)
IL TRIBUNALE DI CATANZARO
Sezione I Penale
In composizione collegiale, composto da:
dott.ssa Beatrice Fogari - Presidente;
dott.ssa Marilena Sculco - Giudice Est.;
dott.ssa Elisa Fabio - Giudice;
Vista la richiesta di sospensione dell'ordine di esecuzione n.
SIEP 118/2025 formulata dal Pubblico Ministero nell'interesse di M.
S. nato a il ;
fissata l'udienza all'11 giugno 2025 e datone rituale avviso alle
parti;
sentite le richieste formulate dal Pubblico Ministero e dall'Avv.
Giuseppe Antonio Saladino che. presente in sostituzione dell'Avv.
Sergio Lucisano, ha depositato memoria;
letti gli atti del fascicolo dell'esecuzione e ritenuta la
propria competenza, ha pronunciato la seguente ordinanza.
Il Pubblico Ministero ha chiesto la sospensione dell'ordine di
esecuzione di data 14 maggio 2025, relativo alla pena di anni uno,
mesi uno e giorni dieci di reclusione inflitta a M. S.
condannato per il reato di cui all'art. 609-quater codice penale dal
Tribunale di Catanzaro con sentenza n. 1251 del 13 ottobre 2021,
parzialmente riformata con sentenza della Corte di appello di
Catanzaro del 27 maggio 2024, irrevocabile il 14 aprile 2025.
L'organo dell'accusa ha formulato la richiesta di sospensione in
parola, previo giudizio di rilevanza e non manifesta infondatezza
della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 656, comma
9, lett. a), codice procedura penale in relazione all'art. 4-bis,
comma 1-quater, legge n. 354/2975, come interpretato dalla costante
giurisprudenza di legittimita', nella parte in cui esclude la
possibilita' per il Pubblico Ministero di sospendere l'esecuzione
della pena per il reato di cui all'art. 609-quater codice penale
anche nel caso di riconoscimento della circostanza attenuante
speciale di cui al comma 6 del medesimo articolo, per contrasto con
gli artt. 3 e 27, comma 3, Cost. a sostegno della propria tesi, il
Pubblico Ministero ha rappresentato quanto segue:
l'art. 4-bis, comma 1-quater, legge n. 354/2975 prevede che i
condannati per i reati di cui agli artt. 609-bis, 609-ter, 609-quater
e 609-octies codice penale possano accedere ai benefici penitenziari
solo sulla base dei risultati dell'osservazione scientifica della
personalita', condotta collegialmente per almeno un anno; la
disposizione in parola si applica al delitto di cui all'art. 609-bis
del codice penale, salvo che sia stata riconosciuta la circostanza
attenuante prevista dallo stesso articolo;
in applicazione delle richiamate norme, il Pubblico Ministero
non puo' sospendere l'esecuzione a carico di M. S. , che di
conseguenza dovrebbe espiare quasi l'intera pena detentiva applicata,
senza che il Tribunale di sorveglianza possa valutare in concreto
l'idoneita' e l'opportunita' di una misura alternativa;
l'assetto normativo cosi' delineato sarebbe incostituzionale
per contrasto, innanzitutto, con l'art. 3 Cost., atteso che il
divieto di sospensione dell'esecuzione che ci occupa non e'
applicabile ai condannati per il reato di violenza sessuale (art.
609-bis del codice penale) per il quale sia stata riconosciuta
analoga attenuante. Contrasterebbe con il principio di
ragionevolezza, dunque, l'operativita' del divieto rispetto al reato
di atti sessuali con minorenne, nelle ipotesi di minore gravita',
quale quella ritenuta a carico del M a venire in rilievo e' infatti,
nel reato di cui all'art. 609-quaterdel codice penale, una condotta
realizzata in costanza di consenso da parte della persona offesa,
sebbene il consenso sia presunto non valido in ragione della minore
eta' del soggetto passivo. In questo contesto, il Pubblico Ministero
ha evidenziato come la presunzione di maggiore pericolosita' dei
condannati per i reati di cui all'art. 656, comma 9, lett. a), codice
procedura penale , alla quale ha piu' volte fatto riferimento la
Corte costituzionale, non trova riscontro nei caratteri strutturali
dei reati di cui agli arti 609-bis e 609-quater del codice penale;
cio' si verifica a maggior ragione nelle ipotesi, quale quella che ci
occupa, in cui la condotta si sia esaurita in baci e abbracci tra
persone legate da uno spontaneo sentimento e la differenza di eta'
tra soggetto passivo e autore del reato non sia particolarmente
rilevante;
vi sarebbe contrasto, altresi', con l'art. 27, comma 3, codice
procedura penale , che consacra la funzione rieducativa della pena,
attesa l'introduzione di un'aprioristica presunzione di pericolosita'
in relazione al titolo di reato, in assenza di qualsivoglia
valutazione del Tribunale di sorveglianza quanto alla possibilita' di
applicazione di una misura alternativa alla detenzione.
La Difesa ha depositato memoria nella quale ha espresso
argomentazioni adesive rispetto a quelle del Pubblico Ministero,
evidenziando come la disposizione censurata violi il principio di
offensivita' e si traduca in una disparita' di trattamento
irragionevole, in contrasto con l'art. 3 Cost. E' stato altresi'
evidenziato il contrasto con l'art. 27, comma 3, della Costituzione.
Ancora, e' stato osservato come la disposizione della cui
legittimita' si dubita non sia intangibile, tanto che codesta Corte
e' intervenuta dichiarandone l'illegittimita' costituzionale nella
parte in cui precludeva la sospensione dell'esecuzione per il reato
di incendio boschivo colposo.
Infine, il difensore ha fatto richiamo al par. 40 del Commento
Generale n. 20/2016 del Comitato ONU per i Diritti dell'Infanzia, in
seno al quale e' stato raccomandato di evitare la criminalizzazione
di «adolescenti di eta' simile per attivita' sessuali di fatto
consensuali e non sfruttative», si' da scongiurare automatismi
repressivi, in un'ottica - all'opposto - individualizzante.
Quanto al fatto in ordine al quale M. e' stato ritenuto
colpevole, trattasi di condotta realizzata all'epoca in cui il
predetto era ventenne e, segnatamente, di atti sessuali con la minore
P. G. , allora tredicenne.
La rilevanza della questione.
Ritiene il Tribunale che la prospettata questione di legittimita'
costituzionale sia rilevante poiche', applicando la disposizione
censurata, non vi sarebbe possibilita' di sospendere l'ordine di
esecuzione che grava in capo a M. e cio' alla luce sia del chiaro
tenore letterale dell'art. 656, comma 9, lett. a), codice procedura
penale , sia dell'elaborazione giurisprudenziale relativa alla
disposizione in parola.
Come gia' evidenziato, il menzionato comma 9, lett. a),
nell'operare formale richiamo ai reati di cui all'art. 4-bis legge n.
354/1975, stabilisce che la sospensione dell'esecuzione della
condanna non puo' essere disposta, tra gli altri, per i condannati in
ordine al delitto di cui all'art. 609-quater del codice penale, se
non previa osservazione scientifica della personalita'
dell'interessato, condotta collegialmente per almeno un anno in
regime inframurario (art. 4-bis, comma 1-quater, legge n. 354/1975);
detta regola non subisce eccezioni nell'ipotesi attenuata di cui al
penultimo comma dell'art. 609-quater del codice penale, a differenza
di quanto previsto in relazione ad analoga ipotesi di minore
gravita', se accessoria al delitto di cui all'art. 609-bis codice
penale (art. 4-bis, comma 1-quater, cit., secondo periodo).
Chiara la portata della disposizione in commento, su cui pure la
Suprema Corte si e' soffermata nell'escludere la possibilita' di
un'interpretazione estensiva o analogica dell'art. 4-bis, comma
1-quater, secondo periodo, legge n. 354/1975 all'ipotesi che ci
occupa (Cass., Sez. I, 13 settembre 2022 - dep. 2023, n. 2533, Rv.
284049 - 01, in motivazione).
Nel ribadire il divieto, la Cassazione ha ritenuto manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art.
4-bis, commi 1-quater e 1-quinquies, legge n. 354/1975, in relazione
agli artt. 3 e 27 della Costituzione, laddove dette disposizioni
prevedono che i benefici di cui al comma 1 del medesimo art. 4-bis
possono essere concessi ai detenuti o internati per il delitto
previsto dall'art. 609-quater codice penale solo sulla base dei
risultati dell'osservazione scientifica della personalita' condotta
collegialmente per almeno un anno e che, ove il reato sia stato
commesso in danno di persona minorenne, il magistrato di sorveglianza
o il Tribunale di sorveglianza valutano la positiva partecipazione al
programma di riabilitazione specifica di cui al successivo art.
13-bis, «in quanto la fissazione di un tempo minimo di osservazione,
maggiore rispetto a quello previsto per gli altri condannati, e'
volta ad assicurare una verifica completa della personalita' del reo
e la valutazione del percorso riabilitativo trova giustificazione
nella finalita' rieducativa del vincolo» (cosi Cass., Sez. I, 22
giugno 2020, n. 23822, Rv. 279444 - 01; in senso analogo Cass., Sez.
I, 22 ottobre 2009, n. 41958, Rv. 245079 - 01; Cass., Sez. I, 29
novembre 2024, n. 5214, n. m.). In tale ottica, e' stato osservato
come si tratti di una «scelta legislativa discrezionale, esercitata
in modo non arbitrario [...], che ha inteso colpire piu' severamente
i reati sessuali commessi in danno di minori (con violenza e non),
ritenuti di maggiore gravita' perche' commessi in una delle forme
che l'ordinamento reputa portatrici di accentuato disvalore e che,
percio', richiedono quelle particolari modalita' di osservazione e
trattamento» (Cass., Sez. Sez. I, 13 settembre 2022 - dep. 2023, n.
2533, cit.).
Sotto un concorrente profilo, e' stato rilevato che non spetta
ne' al Pubblico Ministero che emette l'ordine di carcerazione, ne' al
giudice dell'esecuzione in ipotesi adito con incidente di esecuzione,
la valutazione, ai fini della sospensione dell'esecuzione, della
sussistenza o meno dei requisiti normativamente previsti per
l'ammissione ai benefici penitenziari, trattandosi di compito
riservato esclusivamente al Tribunale di sorveglianza, dovendo il
giudice dell'esecuzione limitarsi alla mera constatazione della
presenza dei titoli ostativi alla sospensione (tra le altre Cass.,
Sez. II, 15 aprile 2000, n. 1443, Rv. 215904 - 01).
Alla luce di quanto precede, l'ordine di esecuzione emesso nei
confronti di M. S. non puo' essere sospeso da questo Collegio,
non potendosi, dunque, accogliere la richiesta formulata in tal senso
dal Pubblico Ministero. A tale esito non osta la ritenuta fondatezza
della questione di legittimita' costituzionale che si va a sollevare
atteso che, come chiarito dalla Suprema Corte, «Al giudice
dell'esecuzione che sollevi questione di legittimita' costituzionale
relativamente ad una norma astrattamente idonea ad incidere sul
titolo esecutivo, non e' consentito di sospendere l'esecutivita' del
titolo medesimo, non potendo, in questa situazione. applicarsi in via
analogica ne' l'art. 666, comma 7, codice procedura penale, in quanto
norma eccezionale e come tale insuscettibile di estensione, ne'
l'art. 670, comma 3, codice procedura penale, in quanto il principio
del sindacato accentrato di costituzionalita' impedisce al giudice di
riappropriarsi del procedimento, anche se soltanto a fini cautelari,
e gli preclude la disapplicazione di norme, comunque, vigenti ed
efficaci» (Cass., Sez. F., 27 agosto 2019, n. 45319, Rv. 277636 -
01).
In questo contesto, deve osservarsi che l'art. 23 legge n.
87/1953 prevede che, allorquando venga sollevata questione di
legittimita' costituzionale, il giudice rimettente disponga la sola
sospensione del giudizio, senza alcuna possibilita' di anticipare gli
effetti della (eventuale) declaratoria di illegittimita'
costituzionale, il cui vaglio e' demandato in via esclusiva alla
Corte costituzionale. Su tali basi, la questione di legittimita' che
si intende sollevare si ritiene rilevante nonostante non possa in
questa sede intervenirsi sull'ordine di esecuzione, atteso che la
proposizione della questione comporta, a norma dell'art. 23 legge n.
87/1953, la sospensione del giudizio (nella specie, dell'incidente di
esecuzione) fino alla pronuncia di codesta Corte, si' da
paralizzarsi, nelle more, la concreta attuazione dell'ordine di
esecuzione emesso a carico dell'odierno condannato.
Con specifico riferimento alla possibilita' di intervento della
Corte costituzionale nella materia di interesse, il Tribunale non
puo' fare a meno di confrontarsi con le argomentazioni espresse dalla
Suprema Corte, secondo cui neppure la Corte costituzionale potrebbe
incidere sulla discrezionalita' legislativa che connota scelte di
politica penitenziaria quale quella che ci occupa (in questo senso
Cass., Sez. I, 13 settembre 2022 - dep. 2023, n. 2533, cit.). Tale
assunto, tuttavia, non pare insuperabile e cio' anche alla luce della
piu' recente giurisprudenza costituzionale in tema di sindacato
giurisdizionale sulle scelte di opportunita' del legislatore in
materia penitenziaria.
In questo senso, non si ritiene inconferente il richiamo alla
pronuncia con cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 656, comma 9, lett. a), codice procedura penale , nella
parte in cui stabilisce che non puo' essere disposta la sospensione
dell'esecuzione nei confronti delle persone condannate per il delitto
di furto con strappo di cui all'art. 624-bis codice penale (Corte
costituzionale, 1° giugno 2016, n. 125).
Parimenti, codesta Corte e' intervenuta sulla discrezionalita'
del legislatore in materia d penitenziaria allorquando ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 656, comma 9, lett. a),
codice procedura penale , nella parte in cui preclude la sospensione
dell'esecuzione nei confronti dei condannati per il delitto di
incendio boschivo colposo di cui all'art. 423-bis, comma 2, codice
penale (Corte costituzionale, 20 gennaio 2023, n. 3).
Con tali richiami non si intende certo trascurare la differenza
tra le ipotesi oggetto delle citate declaratorie di illegittimita' e
quella che ci occupa, in relazione alla quale il legislatore ha
inteso subordinare l'accesso ai benefici penitenziari alla stringente
condizione della previa osservazione scientifica della personalita'
del condannato per almeno un anno; preme, in via generale, rimarcare
come il vaglio di legittimita' costituzionale ben possa avere ad
oggetto la legislazione in tema di politica penitenziaria, cosi'
come, del resto, quella in punto di politica criminale e dosimetria
della pena, come e' agevole constatare alla luce dei sempre piu'
frequenti interventi della Consulta su scelte sanzionatorie ritenute
manifestamente arbitrarie o irragionevoli (tra le piu' recenti, Corte
costituzionale, 15 giugno 2023, n. 120; Corte costituzionale, 13
maggio 2024, n. 86).
La non manifesta infondatezza della questione.
Tanto premesso in punto di rilevanza della questione, ritiene il
Collegio che l'art. 656, comma 9, lett. a), codice procedura penale
in relazione all'art. 4-bis, comma 1-quater, legge n. 354/2975
nonche', a monte, lo stesso art. 4-bis cit., si pongano in contrasto
con gli artt. 3 e 27, comma 3, della Costituzione per la violazione
dei principi di uguaglianza e ragionevolezza nonche' della funzione
rieducativa della pena, nella parte in cui escludono che il Pubblico
Ministero possa sospendere l'esecuzione della pena per il reato di
cui all'art. 609-quater codice penale anche nel caso di
riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al comma
6 del medesimo articolo.
Quanto alla violazione del principio di uguaglianza, si ritiene
che essa discenda dalla disparita' di trattamento, da un lato,
rispetto alla fattispecie di cui all'art. 609-bis, comma 3, del
codice penale, posta a protezione di un bene giuridico analogo a
quello tutelato dall'art. 609-quater codice penale e, dall'altro,
rispetto a fattispecie che, in ragione del relativo trattamento
sanziodel natorio, sono indice di maggiore pericolosita' rispetto al
reo di atti sessuali con minorenne e per le quali, nondimeno. non e'
previsto analogo divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione.
La fattispecie di cui all'art. 609-quater del codice penale, in
ordine alla quale e' intervenuta la condanna del M. , e' posta a
tutela della liberta' personale, come suggerisce la collocazione
sistematica della norma all'interno del codice penale; a venire in
rilievo e', concretamente, la liberta' sessuale. Il bene giuridico in
parola costituisce altresi' oggetto di tutela della fattispecie di
cui all'art. 609-bis del codice penale, che contempla - analogamente
a quanto avviene per gli atti sessuali con minorenne - la fattispecie
di minore gravita'. Come sopra evidenziato, il divieto di sospensione
dell'ordine di esecuzione non opera soltanto in relazione a tale
ultima ipotesi, rispetto alla quale l'art. 4-bis, secondo
periodo, legge n. 354/1975 neutralizza la regola della necessaria,
previa osservazione scientifica inframuraria per almeno un anno
affinche' il condannato possa accedere ai benefici di cui al comma 1
della stessa norma.
In questo contesto, sul piano generale, preme evidenziare che la
disparita' di trattamento rilevante ai sensi dell'art. 3 della
Costituzione ricorre a fronte del diverso trattamento di situazioni -
per cio' che rileva in questa sede - di gravita' non solo analoga, ma
anche differente, laddove ad una fattispecie meno grave venga
riservato un trattamento in concreto piu' rigoroso di quello previsto
per ipotesi piu' gravi (cfr., ad es.. Corte costituzionale, 17 marzo
1988, n. 304, in tema di condizioni per la non menzione della
condanna a pena pecuniaria nel certificato del casellario giudiziale
rispetto alle ipotesi di condanna a pena detentiva, solo o congiunta
a pena pecuniaria; Corte costituzionale, 14 aprile 2022, n. 95, in
tema di sanzioni amministrative).
Venendo alla denunciata disparita' di trattamento deve osservarsi
che, se il reato di atti sessuali con minorenne di cui all'art.
609-quater codice penale riveste particolare gravita' in ragione
dell'eta' della persona offesa e della sua correlata condizione in
punto di consapevole autodeterminazione - cio' che induce a
presumerne viziato il consenso - non meno grave (come suggerisce, del
resto, il relativo trattamento sanzionatorio) e' la violenza sessuale
punita dall'art. 609-bis del codice penale, che presuppone il
dissenso (o anche la mera mancanza di consenso) della vittima. Stanti
le caratteristiche delle fattispecie poste a raffronto, entrambe a
tutela della liberta' sessuale, non si ritiene implausibile affermare
che, talvolta, la condotta riconducibile al paradigma dell'art.
609-quater codice penale puo' rivelarsi meno grave della violenza
sessuale (nelle rispettive forme attenuate, che rilevano in questa
sede): il riferimento va alle ipotesi di atti sessuali con minorenne
realizzate a fronte del consenso di una persona offesa che mostri un
grado di maturazione non troppo distante da quello proprio del
maggiorenne (quanto alla, sia pur limitata, rilevanza del consenso in
relazione alla fattispecie che ci occupa, cfr. Cass., Sez. III, 20
aprile 2016, n. 48320, Rv. 268571 - 01), come nel caso di specie,
descritto dalla persona offesa in termini che vale la pena
richiamare. Nel dettaglio, la predetta affermava: «ci siamo scambiati
qualche coccola diciamo, niente di che... due succhiotti e qualche
bacio» e ancora «magari la mano e' stata un pochino piu' allungata,
pero' non e' andato nulla oltre, non e' andato nulla oltre le
aspettative normali». E' evidente, ad avviso del Collegio rimettente,
come una ipotesi del genere denoti, in capo all'agente, una
pericolosita' minore rispetto al reo di violenza sessuale, nelle
rispettive forme attenuate; da qui la denunciata disparita' di
trattamento, nei termini di cui in premessa.
Venendo a fattispecie poste a tutela di beni giuridici diversi,
da considerare piu' gravi del reato di cui all'art. 609-quater del
codice penale, o analogamente gravi rispetto ad esso (in ragione del
trattamento sanzionatorio), ed in relazione alle quali non opera il
divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione (escluso il richiamo
ai reati aggravati dall'evento), vengono in rilievo diverse
fattispecie. L'argomento e' speso sulla scorta della considerazione
per cui il divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione e'
talvolta legato alla pericolosita' di cui e' indice il reato che di
volta in volta viene in rilievo (per tali argomentazioni v. Corte
costituzionale, 2 marzo 2018, n. 41). Limitandosi, per brevita', a
richiamare le fattispecie ugualmente o maggiormente gravi sulla base
del raffronto con la pena prevista per la condotta base (e non per
quella attenuata) di cui all'art. 609-quater del codice penale,
vengono in rilievo, tra gli altri, i reati di cui alle seguenti norme
incriminatrici: art. 287 codice penale (Usurpazione di potere
politico o di comando militare, punito con la reclusione da sei a
quindici anni); art. 375, comma 3, codice penale (Frode in processo
penale e depistaggio. punito con la reclusione da sei a dodici anni);
art. 579 codice penale (Omicidio del consenziente, punito con la
reclusione da sei a quindici anni); art. 629, comma 3, codice penale
(Estorsione, punita, per tale ipotesi, con la reclusione da sei a
dodici anni). Tali fattispecie sono richiamate soltanto a titolo di
esempio, essendo al tempo stesso agevole comprendere come, nei casi
di riconoscimento della diminuente di cui all'art. 609-quater, comma
6, del codice penale,la pena in concreto applicata possa giungere a
due anni di reclusione e, dunque, denotare una pericolosita' ancora
piu' contenuta e senz'altro minore rispetto a quella propria del
colpevole dei menzionati reati o di reati puniti piu' gravemente
degli atti sessuali con minorenne, nell'ipotesi di minore gravita'.
Anche rispetto a tali fattispecie si ravvisa, dunque, una
irragionevole disparita' di trattamento, stante la possibilita', ove
la pena in concreto irrogata lo consenta, di sospendere l'ordine di
esecuzione ai fini di cui all'art. 656, comma 5, codice procedura
penale in relazione a condotte che, attesa la pari o maggiore
gravita' rispetto a quella tipica dell'art. 609-quater del codice
penale, sono ben suscettibili di denotare una maggiore pericolosita'
in capo al soggetto agente.
Ulteriore profilo di attrito delle disposizioni denunciate con
l'art. 3 Cost. si ravvisa nell'avere il legislatore previsto una
presunzione di pericolosita' in relazione al mero titolo di reato,
includendo nel catalogo delle condotte senz'altro meritevoli di
carcerazione anche quella di atti sessuali con minorenne nei casi di
minore gravita'. Tale scelta si ritiene priva di ragionevole
fondamento poiche', in tal modo, il Pubblico Ministero e' costretto a
dar corso all'esecuzione della pena, non potendo sospendere l'ordine
di esecuzione e dare modo, cosi', al condannato di accedere ad una
misura alternativa alla detenzione senza un previo passaggio in
carcere e cio' anche nelle ipotesi in cui la pericolosita' del
condannato si riveli assai contenuta, evenienza - questa - verosimile
in relazione a condotte quale quella che ci occupa. Ne discende, ad
avviso del Tribunale rimettente, la violazione del principio di
ragionevolezza. essendo l'esecuzione della pena irrogata per il reato
di cui all'art. 609-quater codice penale non ragionevolmente
differenziata in relazione alla gamma delle concrete condotte
riconducibili al modello legale.
Ulteriore norma che in questa sede si ritiene violata e' l'art.
27, comma 3, Cost., che consacra la funzione rieducativa della pena.
E' utile richiamare l'argomento speso dalla Corte costituzionale
in tema di ragioni che hanno indotto il legislatore ad imporre un
periodo di carcerazione in attesa che l'organo competente decida
sull'istanza di accesso alla misura alternativa alla detenzione. Nel
dettaglio, e' stato osservato come cio' possa dipendere «dalla
particolare pericolosita' di cui, secondo il legislatore, sono indice
i reati in questione, alla quale si intende rispondere inizialmente
con il carcere». Ancora, e' stato evidenziato che «il legislatore
potrebbe anche prendere atto che l'accesso alla misura alternativa e'
soggetto a condizioni cosi stringenti da rendere questa eventualita'
meramente residuale, sicche' appare tollerabile che venga incarcerato
chi all'esito del giudizio relativo alla misura alternativa potra'
con estrema difficolta' sottrarsi alla detenzione: e' quanto (oltre
che per la gravita' dei reati) accade per i delitti elencati
dall'art. 4-bis della legge n. 354 del 1975» (Corte costituzionale, 2
marzo 2018, n. 41).
Non si intende, con tali richiami, affermare che l'attenuante
della minore gravita' comporti necessariamente, per cio' solo, una
minore pericolosita' in capo al condannato per il reato di atti
sessuali con minorenne; si vuole, pero', evidenziare che presumere,
in maniera rigida ed automatica, in capo al condannato un grado di
pericolosita' contenibile solo con il carcere., per un periodo di
almeno un anno. e' opzione legislativa suscettibile di contrasto con
il richiamato finalismo rieducativo della pena, posta la funzione
eminentemente rieducativa della sanzione penale.
Offre la dimensione di quanto argomentato proprio la vicenda che
riguarda l'odierno condannato: M. deve scontare una pena pari ad anni
uno, mesi uno e giorni dieci di reclusione e, sulla base della
normativa vigente, potrebbe fruire di una misura alternativa alla
detenzione soltanto per un mese e dieci giorni, dopo un anno di
restrizione inframuraria. Cio' potrebbe rappresentare un sacrificio
inutile e vanificatore del processo rieducativo, al quale il reo
tenderebbe a non prestare adesione, percependo di subire un
trattamento penitenziario svincolato dalla gravita' della propria
condotta e dalla pericolosita' sottesa alla stessa. Si rammenta,
ancora una volta, che la condotta dell'odierno condannato consisteva
prevalentemente in baci con la persona offesa, di eta' non
eccessivamente inferiore alla sua.
Su tali basi, si ritiene che le modalita' esecutive della pena
che il M. si troverebbe ad affrontare assumerebbero, nell'ottica del
condannato, i profili di una mera punizione. Tale riflessione la si
coglie appieno rammentando la giurisprudenza di legittimita'
richiamata in esordio, secondo cui la scelta legislativa censurata
«ha inteso colpire piu' severamente i reati sessuali commessi in
danno di minori ritenuti di maggiore gravita' perche' commessi in una
delle forme che l'ordinamento reputa portatrici di accentuato
disvalore» (Cass., Sez. Sez. I, 13 settembre 2022 - dep. 2023, n.
2533, cit.): non puo' farsi a meno di osservare come, in sede
esecutiva, debba aversi riguardo allo scopo della pena (quello
rieducativo). piu' che ad una funzione punitiva. Il disvalore del
fatto merita l'incriminazione ed una conseguente, adeguata sanzione,
come nel caso del M. , che ha posto in essere una condotta
evidentemente meritevole di sanzione, poiche' il consenso agli atti
sessuali prestato dal minorenne si presume viziato, a nulla rilevando
la concreta gravita' del contegno, ne', evidentemente, la sempre
maggiore disinvoltura che, in relazione ad ipotesi quale quella che
ci occupa. consegue al mutare del costume sociale. Altro, pero', e'
la modalita' esecutiva della pena, che deve tendere alla finalita' di
cui all'art. 27, comma 3, Cost. e - ferma l'innegabile rilevanza
della gravita' del fatto, che pure incide sul giudizio di
pericolosita' del reo - deve necessariamente sganciarsi, a parere di
questo Collegio, da un automatismo che attribuisca perentoriamente,
obliterando le peculiarita' dei singoli casi concreti, una
pericolosita' meritevole di carcerazione all'autore di una condotta
di gravita' contenuta, quale quella che rileva nel caso di specie.
La questione di costituzionalita' che qui si sottopone alla Corte
appare, dunque, rilevante e non manifestamente infondata avuto
riguardo ai parametri indicati di cui agli artt. 3 e 27, comma 3,
della Costituzione.
P.Q.M.
Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante e
non manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 656, comma 9, lett. a), codice procedura
penale in relazione all'art. 4-bis, comma 1-quater, legge
n. 354/1975, nella parte in cui esclude la possibilita', per il
pubblico ministero, di sospendere l'esecuzione della pena per il
reato di cui all'art. 609-quater del codice penale anche nel caso di
riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al comma
6 del medesimo articolo, nonche' dell'art. 4-bis, comma 1-quater,
legge n. 354/1975, nella parte in cui non esclude dal novero dei
reati ivi compresi quello di atti sessuali con minorenne, allorche'
sia stata riconosciuta l'ipotesi di minore gravita' di cui all'art.
609- quater, comma 6, del codice penale;
ordina la sospensione del procedimento in corso e l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
dispone che la presente ordinanza, depositata in cancelleria
all'esito della riserva assunta all'udienza di data 11 giugno 2025,
sia notificata a M. S. , al suo difensore, al Pubblico
Ministero e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al
Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei Deputati.
Catanzaro, 11 - 30 giugno 2025
Il Presidente: Fogari
Il Giudice Est.: Sculco