Reg. ord. n. 152 del 2025 pubbl. su G.U. del 03/09/2025 n. 36

Ordinanza del Tribunale di Catanzaro  del 30/06/2025

Tra: S.M.

Oggetto:

Esecuzione penale – Sospensione della esecuzione delle pene detentive brevi – Esclusione della possibilità per il pubblico ministero di sospendere l’esecuzione della pena per il reato di cui all’art. 609-quater cod. pen. (Atti sessuali con minorenne) anche nel caso di riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al comma 6 del medesimo articolo (ipotesi di minore gravità) – Disparità di trattamento rispetto alla fattispecie di violenza sessuale di minore gravità di cui all’art. 609-bis, comma 3, cod. pen. e rispetto a fattispecie che, in ragione del relativo trattamento sanzionatorio, sono indice di maggiore pericolosità – Violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza – Violazione del principio della finalità rieducativa della pena.

- Codice di procedura penale, art. 656, comma 9, lettera a).

- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.

Ordinamento penitenziario – Benefici penitenziari – Concessione ai detenuti condannati per determinati delitti solo sulla base dei risultati dell’osservazione scientifica della personalità condotta collegialmente per almeno un anno – Omessa esclusione dal novero di tali reati del reato di atti sessuali con minorenne di cui all’art. 609-quater cod. pen., allorché sia stata riconosciuta l’ipotesi di minore gravità di cui al comma 6 del medesimo articolo  – Disparità di trattamento rispetto alla fattispecie di violenza sessuale di minore gravità di cui all’art. 609-bis, comma 3, cod. pen. e rispetto a fattispecie che, in ragione del relativo trattamento sanzionatorio, sono indice di maggiore pericolosità – Violazione dei principi di eguaglianza e ragionevolezza – Violazione del principio della finalità rieducativa della pena.

- Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, comma 1-quater.

- Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.

Norme impugnate:

codice di procedura penale  del  Num.  Art. 656  Co. 9

legge  del 26/07/1975  Num. 354  Art. 4  Co. 1



Parametri costituzionali:

Costituzione  Art.  Co.  

Costituzione  Art. 27   Co.




Testo dell'ordinanza

                        N. 152 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 giugno 2025

Ordinanza  del  30  giugno  2025  del  Tribunale  di  Catanzaro   nel
procedimento penale a carico di S. M.. 
 
Esecuzione penale - Sospensione della esecuzione delle pene detentive
  brevi - Esclusione della possibilita' per il pubblico ministero  di
  sospendere l'esecuzione della pena per il  reato  di  cui  all'art.
  609-quater  cod.  pen.  anche  nel  caso  di  riconoscimento  della
  circostanza attenuante speciale di cui  al  comma  6  del  medesimo
  articolo. 
- Codice di procedura penale, art. 656, comma 9, lettera a). 
Ordinamento penitenziario - Benefici penitenziari  -  Concessione  ai
  detenuti condannati per determinati delitti  solo  sulla  base  dei
  risultati dell'osservazione scientifica della personalita' condotta
  collegialmente per almeno un anno - Omessa esclusione dal novero di
  tali reati del reato di atti sessuali con minorenne di cui all'art.
  609-quater cod. pen., allorche' sia stata riconosciuta l'ipotesi di
  minore gravita' di cui al comma 6 del medesimo articolo. 
- Legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento  penitenziario
  e sulla  esecuzione  delle  misure  privative  e  limitative  della
  liberta'), art. 4-bis, comma 1-quater. 


(GU n. 36 del 03-09-2025)

 
                      IL TRIBUNALE DI CATANZARO 
 
 
                          Sezione I Penale 
 
    In composizione collegiale, composto da: 
      dott.ssa Beatrice Fogari - Presidente; 
      dott.ssa Marilena Sculco - Giudice Est.; 
      dott.ssa Elisa Fabio - Giudice; 
    Vista la richiesta di sospensione dell'ordine  di  esecuzione  n.
SIEP 118/2025 formulata dal Pubblico Ministero nell'interesse di  M. 
 S.     nato a    il     ; 
    fissata l'udienza all'11 giugno 2025 e datone rituale avviso alle
parti; 
    sentite le richieste formulate dal Pubblico Ministero e dall'Avv.
Giuseppe Antonio Saladino che.  presente  in  sostituzione  dell'Avv.
Sergio Lucisano, ha depositato memoria; 
    letti gli  atti  del  fascicolo  dell'esecuzione  e  ritenuta  la
propria competenza, ha pronunciato la seguente ordinanza. 
    Il Pubblico Ministero ha chiesto la  sospensione  dell'ordine  di
esecuzione di data 14 maggio 2025, relativo alla pena  di  anni  uno,
mesi uno  e  giorni  dieci  di  reclusione  inflitta  a  M.     S.   
 condannato per il reato di cui all'art. 609-quater codice penale dal
Tribunale di Catanzaro con sentenza n.  1251  del  13  ottobre  2021,
parzialmente  riformata  con  sentenza  della  Corte  di  appello  di
Catanzaro del 27 maggio 2024, irrevocabile il 14 aprile 2025. 
    L'organo dell'accusa ha formulato la richiesta di sospensione  in
parola, previo giudizio di rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza
della questione di legittimita' costituzionale dell'art.  656,  comma
9, lett. a), codice procedura penale  in  relazione  all'art.  4-bis,
comma 1-quater, legge n. 354/2975, come interpretato  dalla  costante
giurisprudenza  di  legittimita',  nella  parte  in  cui  esclude  la
possibilita' per il Pubblico  Ministero  di  sospendere  l'esecuzione
della pena per il reato di  cui  all'art.  609-quater  codice  penale
anche  nel  caso  di  riconoscimento  della  circostanza   attenuante
speciale di cui al comma 6 del medesimo articolo, per  contrasto  con
gli artt. 3 e 27, comma 3, Cost. a sostegno della  propria  tesi,  il
Pubblico Ministero ha rappresentato quanto segue: 
      l'art. 4-bis, comma 1-quater, legge n. 354/2975 prevede  che  i
condannati per i reati di cui agli artt. 609-bis, 609-ter, 609-quater
e 609-octies codice penale possano accedere ai benefici  penitenziari
solo sulla base dei  risultati  dell'osservazione  scientifica  della
personalita',  condotta  collegialmente  per  almeno  un   anno;   la
disposizione in parola si applica al delitto di cui all'art.  609-bis
del codice penale, salvo che sia stata  riconosciuta  la  circostanza
attenuante prevista dallo stesso articolo; 
      in applicazione delle richiamate norme, il  Pubblico  Ministero
non puo' sospendere l'esecuzione a carico di M.     S.     ,  che  di
conseguenza dovrebbe espiare quasi l'intera pena detentiva applicata,
senza che il Tribunale di sorveglianza  possa  valutare  in  concreto
l'idoneita' e l'opportunita' di una misura alternativa; 
      l'assetto normativo cosi'  delineato  sarebbe  incostituzionale
per contrasto, innanzitutto,  con  l'art.  3  Cost.,  atteso  che  il
divieto  di  sospensione  dell'esecuzione  che  ci  occupa   non   e'
applicabile ai condannati per il reato  di  violenza  sessuale  (art.
609-bis del codice  penale)  per  il  quale  sia  stata  riconosciuta
analoga   attenuante.   Contrasterebbe   con    il    principio    di
ragionevolezza, dunque, l'operativita' del divieto rispetto al  reato
di atti sessuali con minorenne, nelle  ipotesi  di  minore  gravita',
quale quella ritenuta a carico del M a venire in rilievo e'  infatti,
nel reato di cui all'art. 609-quaterdel codice penale,  una  condotta
realizzata in costanza di consenso da  parte  della  persona  offesa,
sebbene il consenso sia presunto non valido in ragione  della  minore
eta' del soggetto passivo. In questo contesto, il Pubblico  Ministero
ha evidenziato come la  presunzione  di  maggiore  pericolosita'  dei
condannati per i reati di cui all'art. 656, comma 9, lett. a), codice
procedura penale , alla quale ha  piu'  volte  fatto  riferimento  la
Corte costituzionale, non trova riscontro nei  caratteri  strutturali
dei reati di cui agli arti 609-bis e 609-quater  del  codice  penale;
cio' si verifica a maggior ragione nelle ipotesi, quale quella che ci
occupa, in cui la condotta si sia esaurita in  baci  e  abbracci  tra
persone legate da uno spontaneo sentimento e la  differenza  di  eta'
tra soggetto passivo e  autore  del  reato  non  sia  particolarmente
rilevante; 
      vi sarebbe contrasto, altresi', con l'art. 27, comma 3,  codice
procedura penale , che consacra la funzione rieducativa  della  pena,
attesa l'introduzione di un'aprioristica presunzione di pericolosita'
in  relazione  al  titolo  di  reato,  in  assenza  di   qualsivoglia
valutazione del Tribunale di sorveglianza quanto alla possibilita' di
applicazione di una misura alternativa alla detenzione. 
    La  Difesa  ha  depositato  memoria  nella  quale   ha   espresso
argomentazioni adesive rispetto  a  quelle  del  Pubblico  Ministero,
evidenziando come la disposizione censurata  violi  il  principio  di
offensivita'  e  si  traduca  in  una   disparita'   di   trattamento
irragionevole, in contrasto con l'art.  3  Cost.  E'  stato  altresi'
evidenziato il contrasto con l'art. 27, comma 3, della Costituzione. 
    Ancora,  e'  stato  osservato  come  la  disposizione  della  cui
legittimita' si dubita non sia intangibile, tanto che  codesta  Corte
e' intervenuta dichiarandone  l'illegittimita'  costituzionale  nella
parte in cui precludeva la sospensione dell'esecuzione per  il  reato
di incendio boschivo colposo. 
    Infine, il difensore ha fatto richiamo al par.  40  del  Commento
Generale n. 20/2016 del Comitato ONU per i Diritti dell'Infanzia,  in
seno al quale e' stato raccomandato di evitare  la  criminalizzazione
di «adolescenti di  eta'  simile  per  attivita'  sessuali  di  fatto
consensuali  e  non  sfruttative»,  si'  da  scongiurare  automatismi
repressivi, in un'ottica - all'opposto - individualizzante. 
    Quanto al fatto in ordine al  quale  M.       e'  stato  ritenuto
colpevole, trattasi  di  condotta  realizzata  all'epoca  in  cui  il
predetto era ventenne e, segnatamente, di atti sessuali con la minore
P.    G.     , allora tredicenne. 
La rilevanza della questione. 
    Ritiene il Tribunale che la prospettata questione di legittimita'
costituzionale sia  rilevante  poiche',  applicando  la  disposizione
censurata, non vi sarebbe  possibilita'  di  sospendere  l'ordine  di
esecuzione che grava in capo a M.    e cio' alla luce sia del  chiaro
tenore letterale dell'art. 656, comma 9, lett. a),  codice  procedura
penale  ,  sia  dell'elaborazione  giurisprudenziale  relativa   alla
disposizione in parola. 
    Come  gia'  evidenziato,  il  menzionato  comma  9,   lett.   a),
nell'operare formale richiamo ai reati di cui all'art. 4-bis legge n.
354/1975,  stabilisce  che  la  sospensione   dell'esecuzione   della
condanna non puo' essere disposta, tra gli altri, per i condannati in
ordine al delitto di cui all'art. 609-quater del  codice  penale,  se
non    previa    osservazione    scientifica    della    personalita'
dell'interessato, condotta  collegialmente  per  almeno  un  anno  in
regime inframurario (art. 4-bis, comma 1-quater, legge n.  354/1975);
detta regola non subisce eccezioni nell'ipotesi attenuata di  cui  al
penultimo comma dell'art. 609-quater del codice penale, a  differenza
di  quanto  previsto  in  relazione  ad  analoga  ipotesi  di  minore
gravita', se accessoria al delitto di  cui  all'art.  609-bis  codice
penale (art. 4-bis, comma 1-quater, cit., secondo periodo). 
    Chiara la portata della disposizione in commento, su cui pure  la
Suprema Corte si e'  soffermata  nell'escludere  la  possibilita'  di
un'interpretazione  estensiva  o  analogica  dell'art.  4-bis,  comma
1-quater, secondo periodo,  legge  n.  354/1975  all'ipotesi  che  ci
occupa (Cass., Sez. I, 13 settembre 2022 - dep. 2023,  n.  2533,  Rv.
284049 - 01, in motivazione). 
    Nel ribadire il divieto, la Cassazione ha ritenuto manifestamente
infondata  la  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
4-bis, commi 1-quater e 1-quinquies, legge n. 354/1975, in  relazione
agli artt. 3 e 27  della  Costituzione,  laddove  dette  disposizioni
prevedono che i benefici di cui al comma 1 del  medesimo  art.  4-bis
possono essere concessi  ai  detenuti  o  internati  per  il  delitto
previsto dall'art. 609-quater  codice  penale  solo  sulla  base  dei
risultati dell'osservazione scientifica della  personalita'  condotta
collegialmente per almeno un anno e  che,  ove  il  reato  sia  stato
commesso in danno di persona minorenne, il magistrato di sorveglianza
o il Tribunale di sorveglianza valutano la positiva partecipazione al
programma di riabilitazione  specifica  di  cui  al  successivo  art.
13-bis, «in quanto la fissazione di un tempo minimo di  osservazione,
maggiore rispetto a quello previsto  per  gli  altri  condannati,  e'
volta ad assicurare una verifica completa della personalita' del  reo
e la valutazione del  percorso  riabilitativo  trova  giustificazione
nella finalita' rieducativa del vincolo»  (cosi  Cass.,  Sez.  I,  22
giugno 2020, n. 23822, Rv. 279444 - 01; in senso analogo Cass.,  Sez.
I, 22 ottobre 2009, n. 41958, Rv. 245079 -  01;  Cass.,  Sez.  I,  29
novembre 2024, n. 5214, n. m.). In tale ottica,  e'  stato  osservato
come si tratti di una «scelta legislativa  discrezionale,  esercitata
in modo non arbitrario [...], che ha inteso colpire piu'  severamente
i reati sessuali commessi in danno di minori (con  violenza  e  non),
ritenuti di maggiore gravita' perche' commessi  in  una  delle  forme
che l'ordinamento reputa portatrici di accentuato  disvalore  e  che,
percio', richiedono quelle particolari modalita'  di  osservazione  e
trattamento» (Cass., Sez. Sez. I, 13 settembre 2022 - dep.  2023,  n.
2533, cit.). 
    Sotto un concorrente profilo, e' stato rilevato  che  non  spetta
ne' al Pubblico Ministero che emette l'ordine di carcerazione, ne' al
giudice dell'esecuzione in ipotesi adito con incidente di esecuzione,
la valutazione, ai  fini  della  sospensione  dell'esecuzione,  della
sussistenza  o  meno  dei  requisiti  normativamente   previsti   per
l'ammissione  ai  benefici  penitenziari,  trattandosi   di   compito
riservato esclusivamente al Tribunale  di  sorveglianza,  dovendo  il
giudice  dell'esecuzione  limitarsi  alla  mera  constatazione  della
presenza dei titoli ostativi alla sospensione (tra  le  altre  Cass.,
Sez. II, 15 aprile 2000, n. 1443, Rv. 215904 - 01). 
    Alla luce di quanto precede, l'ordine di  esecuzione  emesso  nei
confronti di M.   S.   non puo' essere sospeso  da  questo  Collegio,
non potendosi, dunque, accogliere la richiesta formulata in tal senso
dal Pubblico Ministero. A tale esito non osta la ritenuta  fondatezza
della questione di legittimita' costituzionale che si va a  sollevare
atteso  che,  come  chiarito  dalla  Suprema   Corte,   «Al   giudice
dell'esecuzione che sollevi questione di legittimita'  costituzionale
relativamente ad una  norma  astrattamente  idonea  ad  incidere  sul
titolo esecutivo, non e' consentito di sospendere l'esecutivita'  del
titolo medesimo, non potendo, in questa situazione. applicarsi in via
analogica ne' l'art. 666, comma 7, codice procedura penale, in quanto
norma eccezionale e  come  tale  insuscettibile  di  estensione,  ne'
l'art. 670, comma 3, codice procedura penale, in quanto il  principio
del sindacato accentrato di costituzionalita' impedisce al giudice di
riappropriarsi del procedimento, anche se soltanto a fini  cautelari,
e gli preclude la disapplicazione  di  norme,  comunque,  vigenti  ed
efficaci» (Cass., Sez. F., 27 agosto 2019, n.  45319,  Rv.  277636  -
01). 
    In questo contesto,  deve  osservarsi  che  l'art.  23  legge  n.
87/1953  prevede  che,  allorquando  venga  sollevata  questione   di
legittimita' costituzionale, il giudice rimettente disponga  la  sola
sospensione del giudizio, senza alcuna possibilita' di anticipare gli
effetti   della   (eventuale)    declaratoria    di    illegittimita'
costituzionale, il cui vaglio e'  demandato  in  via  esclusiva  alla
Corte costituzionale. Su tali basi, la questione di legittimita'  che
si intende sollevare si ritiene rilevante  nonostante  non  possa  in
questa sede intervenirsi sull'ordine di  esecuzione,  atteso  che  la
proposizione della questione comporta, a norma dell'art. 23 legge  n.
87/1953, la sospensione del giudizio (nella specie, dell'incidente di
esecuzione)  fino  alla  pronuncia   di   codesta   Corte,   si'   da
paralizzarsi, nelle  more,  la  concreta  attuazione  dell'ordine  di
esecuzione emesso a carico dell'odierno condannato. 
    Con specifico riferimento alla possibilita' di  intervento  della
Corte costituzionale nella materia di  interesse,  il  Tribunale  non
puo' fare a meno di confrontarsi con le argomentazioni espresse dalla
Suprema Corte, secondo cui neppure la Corte  costituzionale  potrebbe
incidere sulla discrezionalita' legislativa  che  connota  scelte  di
politica penitenziaria quale quella che ci occupa  (in  questo  senso
Cass., Sez. I, 13 settembre 2022 - dep. 2023, n.  2533,  cit.).  Tale
assunto, tuttavia, non pare insuperabile e cio' anche alla luce della
piu' recente  giurisprudenza  costituzionale  in  tema  di  sindacato
giurisdizionale sulle  scelte  di  opportunita'  del  legislatore  in
materia penitenziaria. 
    In questo senso, non si ritiene  inconferente  il  richiamo  alla
pronuncia con cui e' stata dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 656, comma 9, lett. a), codice  procedura  penale  ,  nella
parte in cui stabilisce che non puo' essere disposta  la  sospensione
dell'esecuzione nei confronti delle persone condannate per il delitto
di furto con strappo di cui all'art.  624-bis  codice  penale  (Corte
costituzionale, 1° giugno 2016, n. 125). 
    Parimenti, codesta Corte e'  intervenuta  sulla  discrezionalita'
del legislatore in materia d penitenziaria allorquando ha  dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 656,  comma  9,  lett.  a),
codice procedura penale , nella parte in cui preclude la  sospensione
dell'esecuzione nei  confronti  dei  condannati  per  il  delitto  di
incendio boschivo colposo di cui all'art. 423-bis,  comma  2,  codice
penale (Corte costituzionale, 20 gennaio 2023, n. 3). 
    Con tali richiami non si intende certo trascurare  la  differenza
tra le ipotesi oggetto delle citate declaratorie di illegittimita'  e
quella che ci occupa, in  relazione  alla  quale  il  legislatore  ha
inteso subordinare l'accesso ai benefici penitenziari alla stringente
condizione della previa osservazione scientifica  della  personalita'
del condannato per almeno un anno; preme, in via generale,  rimarcare
come il vaglio di legittimita'  costituzionale  ben  possa  avere  ad
oggetto la legislazione in  tema  di  politica  penitenziaria,  cosi'
come, del resto, quella in punto di politica criminale  e  dosimetria
della pena, come e' agevole constatare  alla  luce  dei  sempre  piu'
frequenti interventi della Consulta su scelte sanzionatorie  ritenute
manifestamente arbitrarie o irragionevoli (tra le piu' recenti, Corte
costituzionale, 15 giugno 2023,  n.  120;  Corte  costituzionale,  13
maggio 2024, n. 86). 
La non manifesta infondatezza della questione. 
    Tanto premesso in punto di rilevanza della questione, ritiene  il
Collegio che l'art. 656, comma 9, lett. a), codice  procedura  penale
in relazione  all'art.  4-bis,  comma  1-quater,  legge  n.  354/2975
nonche', a monte, lo stesso art. 4-bis cit., si pongano in  contrasto
con gli artt. 3 e 27, comma 3, della Costituzione per  la  violazione
dei principi di uguaglianza e ragionevolezza nonche'  della  funzione
rieducativa della pena, nella parte in cui escludono che il  Pubblico
Ministero possa sospendere l'esecuzione della pena per  il  reato  di
cui  all'art.  609-quater   codice   penale   anche   nel   caso   di
riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al  comma
6 del medesimo articolo. 
    Quanto alla violazione del principio di uguaglianza,  si  ritiene
che essa discenda  dalla  disparita'  di  trattamento,  da  un  lato,
rispetto alla fattispecie di  cui  all'art.  609-bis,  comma  3,  del
codice penale, posta a protezione di  un  bene  giuridico  analogo  a
quello tutelato dall'art. 609-quater  codice  penale  e,  dall'altro,
rispetto a fattispecie  che,  in  ragione  del  relativo  trattamento
sanziodel natorio, sono indice di maggiore pericolosita' rispetto  al
reo di atti sessuali con minorenne e per le quali, nondimeno. non  e'
previsto analogo divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione. 
    La fattispecie di cui all'art. 609-quater del codice  penale,  in
ordine alla quale e' intervenuta la condanna del M.    , e'  posta  a
tutela della liberta'  personale,  come  suggerisce  la  collocazione
sistematica della norma all'interno del codice penale;  a  venire  in
rilievo e', concretamente, la liberta' sessuale. Il bene giuridico in
parola costituisce altresi' oggetto di tutela  della  fattispecie  di
cui all'art. 609-bis del codice penale, che contempla -  analogamente
a quanto avviene per gli atti sessuali con minorenne - la fattispecie
di minore gravita'. Come sopra evidenziato, il divieto di sospensione
dell'ordine di esecuzione non opera  soltanto  in  relazione  a  tale
ultima  ipotesi,  rispetto   alla   quale   l'art.   4-bis,   secondo
periodo, legge n. 354/1975 neutralizza la  regola  della  necessaria,
previa osservazione  scientifica  inframuraria  per  almeno  un  anno
affinche' il condannato possa accedere ai benefici di cui al comma  1
della stessa norma. 
    In questo contesto, sul piano generale, preme evidenziare che  la
disparita' di  trattamento  rilevante  ai  sensi  dell'art.  3  della
Costituzione ricorre a fronte del diverso trattamento di situazioni -
per cio' che rileva in questa sede - di gravita' non solo analoga, ma
anche  differente,  laddove  ad  una  fattispecie  meno  grave  venga
riservato un trattamento in concreto piu' rigoroso di quello previsto
per ipotesi piu' gravi (cfr., ad es.. Corte costituzionale, 17  marzo
1988, n. 304, in  tema  di  condizioni  per  la  non  menzione  della
condanna a pena pecuniaria nel certificato del casellario  giudiziale
rispetto alle ipotesi di condanna a pena detentiva, solo o  congiunta
a pena pecuniaria; Corte costituzionale, 14 aprile 2022,  n.  95,  in
tema di sanzioni amministrative). 
    Venendo alla denunciata disparita' di trattamento deve osservarsi
che, se il reato di atti  sessuali  con  minorenne  di  cui  all'art.
609-quater codice penale  riveste  particolare  gravita'  in  ragione
dell'eta' della persona offesa e della sua  correlata  condizione  in
punto  di  consapevole  autodeterminazione  -  cio'  che   induce   a
presumerne viziato il consenso - non meno grave (come suggerisce, del
resto, il relativo trattamento sanzionatorio) e' la violenza sessuale
punita  dall'art.  609-bis  del  codice  penale,  che  presuppone  il
dissenso (o anche la mera mancanza di consenso) della vittima. Stanti
le caratteristiche delle fattispecie poste a  raffronto,  entrambe  a
tutela della liberta' sessuale, non si ritiene implausibile affermare
che, talvolta,  la  condotta  riconducibile  al  paradigma  dell'art.
609-quater codice penale puo' rivelarsi  meno  grave  della  violenza
sessuale (nelle rispettive forme attenuate, che  rilevano  in  questa
sede): il riferimento va alle ipotesi di atti sessuali con  minorenne
realizzate a fronte del consenso di una persona offesa che mostri  un
grado di maturazione  non  troppo  distante  da  quello  proprio  del
maggiorenne (quanto alla, sia pur limitata, rilevanza del consenso in
relazione alla fattispecie che ci occupa, cfr. Cass.,  Sez.  III,  20
aprile 2016, n. 48320, Rv. 268571 - 01), come  nel  caso  di  specie,
descritto  dalla  persona  offesa  in  termini  che  vale   la   pena
richiamare. Nel dettaglio, la predetta affermava: «ci siamo scambiati
qualche coccola diciamo, niente di che... due  succhiotti  e  qualche
bacio» e ancora «magari la mano e' stata un pochino  piu'  allungata,
pero' non e' andato  nulla  oltre,  non  e'  andato  nulla  oltre  le
aspettative normali». E' evidente, ad avviso del Collegio rimettente,
come  una  ipotesi  del  genere  denoti,  in  capo  all'agente,   una
pericolosita' minore rispetto al  reo  di  violenza  sessuale,  nelle
rispettive forme  attenuate;  da  qui  la  denunciata  disparita'  di
trattamento, nei termini di cui in premessa. 
    Venendo a fattispecie poste a tutela di beni  giuridici  diversi,
da considerare piu' gravi del reato di cui  all'art.  609-quater  del
codice penale, o analogamente gravi rispetto ad esso (in ragione  del
trattamento sanzionatorio), ed in relazione alle quali non  opera  il
divieto di sospensione dell'ordine di esecuzione (escluso il richiamo
ai  reati  aggravati  dall'evento),  vengono   in   rilievo   diverse
fattispecie. L'argomento e' speso sulla scorta  della  considerazione
per cui il  divieto  di  sospensione  dell'ordine  di  esecuzione  e'
talvolta legato alla pericolosita' di cui e' indice il reato  che  di
volta in volta viene in rilievo (per  tali  argomentazioni  v.  Corte
costituzionale, 2 marzo 2018, n. 41). Limitandosi,  per  brevita',  a
richiamare le fattispecie ugualmente o maggiormente gravi sulla  base
del raffronto con la pena prevista per la condotta base  (e  non  per
quella attenuata) di  cui  all'art.  609-quater  del  codice  penale,
vengono in rilievo, tra gli altri, i reati di cui alle seguenti norme
incriminatrici:  art.  287  codice  penale  (Usurpazione  di   potere
politico o di comando militare, punito con la  reclusione  da  sei  a
quindici anni); art. 375, comma 3, codice penale (Frode  in  processo
penale e depistaggio. punito con la reclusione da sei a dodici anni);
art. 579 codice penale (Omicidio  del  consenziente,  punito  con  la
reclusione da sei a quindici anni); art. 629, comma 3, codice  penale
(Estorsione, punita, per tale ipotesi, con la  reclusione  da  sei  a
dodici anni). Tali fattispecie sono richiamate soltanto a  titolo  di
esempio, essendo al tempo stesso agevole comprendere come,  nei  casi
di riconoscimento della diminuente di cui all'art. 609-quater,  comma
6, del codice penale,la pena in concreto applicata possa  giungere  a
due anni di reclusione e, dunque, denotare una  pericolosita'  ancora
piu' contenuta e senz'altro minore  rispetto  a  quella  propria  del
colpevole dei menzionati reati o  di  reati  puniti  piu'  gravemente
degli atti sessuali con minorenne, nell'ipotesi di minore gravita'. 
    Anche  rispetto  a  tali  fattispecie  si  ravvisa,  dunque,  una
irragionevole disparita' di trattamento, stante la possibilita',  ove
la pena in concreto irrogata lo consenta, di sospendere  l'ordine  di
esecuzione ai fini di cui all'art. 656,  comma  5,  codice  procedura
penale in relazione  a  condotte  che,  attesa  la  pari  o  maggiore
gravita' rispetto a quella tipica  dell'art.  609-quater  del  codice
penale, sono ben suscettibili di denotare una maggiore  pericolosita'
in capo al soggetto agente. 
    Ulteriore profilo di attrito delle  disposizioni  denunciate  con
l'art. 3 Cost. si ravvisa  nell'avere  il  legislatore  previsto  una
presunzione di pericolosita' in relazione al mero  titolo  di  reato,
includendo nel  catalogo  delle  condotte  senz'altro  meritevoli  di
carcerazione anche quella di atti sessuali con minorenne nei casi  di
minore  gravita'.  Tale  scelta  si  ritiene  priva  di   ragionevole
fondamento poiche', in tal modo, il Pubblico Ministero e' costretto a
dar corso all'esecuzione della pena, non potendo sospendere  l'ordine
di esecuzione e dare modo, cosi', al condannato di  accedere  ad  una
misura alternativa alla  detenzione  senza  un  previo  passaggio  in
carcere e cio' anche  nelle  ipotesi  in  cui  la  pericolosita'  del
condannato si riveli assai contenuta, evenienza - questa - verosimile
in relazione a condotte quale quella che ci occupa. Ne  discende,  ad
avviso del Tribunale  rimettente,  la  violazione  del  principio  di
ragionevolezza. essendo l'esecuzione della pena irrogata per il reato
di  cui  all'art.  609-quater  codice  penale   non   ragionevolmente
differenziata  in  relazione  alla  gamma  delle  concrete   condotte
riconducibili al modello legale. 
    Ulteriore norma che in questa sede si ritiene violata  e'  l'art.
27, comma 3, Cost., che consacra la funzione rieducativa della pena. 
    E' utile richiamare l'argomento speso dalla Corte  costituzionale
in tema di ragioni che hanno indotto il  legislatore  ad  imporre  un
periodo di carcerazione in  attesa  che  l'organo  competente  decida
sull'istanza di accesso alla misura alternativa alla detenzione.  Nel
dettaglio, e'  stato  osservato  come  cio'  possa  dipendere  «dalla
particolare pericolosita' di cui, secondo il legislatore, sono indice
i reati in questione, alla quale si intende  rispondere  inizialmente
con il carcere». Ancora, e' stato  evidenziato  che  «il  legislatore
potrebbe anche prendere atto che l'accesso alla misura alternativa e'
soggetto a condizioni cosi stringenti da rendere questa  eventualita'
meramente residuale, sicche' appare tollerabile che venga incarcerato
chi all'esito del giudizio relativo alla  misura  alternativa  potra'
con estrema difficolta' sottrarsi alla detenzione: e'  quanto  (oltre
che per  la  gravita'  dei  reati)  accade  per  i  delitti  elencati
dall'art. 4-bis della legge n. 354 del 1975» (Corte costituzionale, 2
marzo 2018, n. 41). 
    Non si intende, con tali  richiami,  affermare  che  l'attenuante
della minore gravita' comporti necessariamente, per  cio'  solo,  una
minore pericolosita' in capo al  condannato  per  il  reato  di  atti
sessuali con minorenne; si vuole, pero', evidenziare  che  presumere,
in maniera rigida ed automatica, in capo al condannato  un  grado  di
pericolosita' contenibile solo con il carcere.,  per  un  periodo  di
almeno un anno. e' opzione legislativa suscettibile di contrasto  con
il richiamato finalismo rieducativo della  pena,  posta  la  funzione
eminentemente rieducativa della sanzione penale. 
    Offre la dimensione di quanto argomentato proprio la vicenda  che
riguarda l'odierno condannato: M. deve scontare una pena pari ad anni
uno, mesi uno e giorni  dieci  di  reclusione  e,  sulla  base  della
normativa vigente, potrebbe fruire di  una  misura  alternativa  alla
detenzione soltanto per un mese e  dieci  giorni,  dopo  un  anno  di
restrizione inframuraria. Cio' potrebbe rappresentare  un  sacrificio
inutile e vanificatore del processo  rieducativo,  al  quale  il  reo
tenderebbe  a  non  prestare  adesione,  percependo  di   subire   un
trattamento penitenziario svincolato  dalla  gravita'  della  propria
condotta e dalla pericolosita'  sottesa  alla  stessa.  Si  rammenta,
ancora una volta, che la condotta dell'odierno condannato  consisteva
prevalentemente  in  baci  con  la  persona  offesa,  di   eta'   non
eccessivamente inferiore alla sua. 
    Su tali basi, si ritiene che le modalita'  esecutive  della  pena
che il M. si troverebbe ad affrontare assumerebbero, nell'ottica  del
condannato, i profili di una mera punizione. Tale riflessione  la  si
coglie  appieno  rammentando  la   giurisprudenza   di   legittimita'
richiamata in esordio, secondo cui la  scelta  legislativa  censurata
«ha inteso colpire piu' severamente  i  reati  sessuali  commessi  in
danno di minori ritenuti di maggiore gravita' perche' commessi in una
delle  forme  che  l'ordinamento  reputa  portatrici  di   accentuato
disvalore» (Cass., Sez. Sez. I, 13 settembre 2022  -  dep.  2023,  n.
2533, cit.): non puo'  farsi  a  meno  di  osservare  come,  in  sede
esecutiva, debba  aversi  riguardo  allo  scopo  della  pena  (quello
rieducativo). piu' che ad una funzione  punitiva.  Il  disvalore  del
fatto merita l'incriminazione ed una conseguente, adeguata  sanzione,
come nel caso del M.     ,  che  ha  posto  in  essere  una  condotta
evidentemente meritevole di sanzione, poiche' il consenso  agli  atti
sessuali prestato dal minorenne si presume viziato, a nulla rilevando
la concreta gravita' del  contegno,  ne',  evidentemente,  la  sempre
maggiore disinvoltura che, in relazione ad ipotesi quale  quella  che
ci occupa. consegue al mutare del costume sociale. Altro,  pero',  e'
la modalita' esecutiva della pena, che deve tendere alla finalita' di
cui all'art. 27, comma 3, Cost.  e  -  ferma  l'innegabile  rilevanza
della  gravita'  del  fatto,  che  pure  incide   sul   giudizio   di
pericolosita' del reo - deve necessariamente sganciarsi, a parere  di
questo Collegio, da un automatismo che  attribuisca  perentoriamente,
obliterando  le  peculiarita'  dei   singoli   casi   concreti,   una
pericolosita' meritevole di carcerazione all'autore di  una  condotta
di gravita' contenuta, quale quella che rileva nel caso di specie. 
    La questione di costituzionalita' che qui si sottopone alla Corte
appare,  dunque,  rilevante  e  non  manifestamente  infondata  avuto
riguardo ai parametri indicati di cui agli artt. 3  e  27,  comma  3,
della Costituzione. 

 
                                P.Q.M. 
 
    Letto l'art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante  e
non   manifestamente   infondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale dell'art. 656, comma 9,  lett.  a),  codice  procedura
penale  in  relazione   all'art.   4-bis,   comma   1-quater,   legge
n. 354/1975, nella parte in  cui  esclude  la  possibilita',  per  il
pubblico ministero, di sospendere  l'esecuzione  della  pena  per  il
reato di cui all'art. 609-quater del codice penale anche nel caso  di
riconoscimento della circostanza attenuante speciale di cui al  comma
6 del medesimo articolo, nonche'  dell'art.  4-bis,  comma  1-quater,
legge n. 354/1975, nella parte in cui  non  esclude  dal  novero  dei
reati ivi compresi quello di atti sessuali con  minorenne,  allorche'
sia stata riconosciuta l'ipotesi di minore gravita' di  cui  all'art.
609- quater, comma 6, del codice penale; 
    ordina la sospensione del procedimento  in  corso  e  l'immediata
trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; 
    dispone che la  presente  ordinanza,  depositata  in  cancelleria
all'esito della riserva assunta all'udienza di data 11  giugno  2025,
sia notificata a M.     S.       ,  al  suo  difensore,  al  Pubblico
Ministero e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata  al
Presidente del Senato e al Presidente della Camera dei Deputati. 
      Catanzaro, 11 - 30 giugno 2025 
 
                        Il Presidente: Fogari 
 
 
                                              Il Giudice Est.: Sculco